Archivio del Tag ‘guerriglia’
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Adonis: caro Obama, perché ti sei alleato col demonio?
E’ comprensibile che, per il petrolio, gli Usa difendano alcuni sgradevoli regimi arabi. Ma come possono accettare di scendere in guerra al fianco di dittature brutali e spietate, proprio mentre dichiarano di voler portare pace e democrazia in Siria? «Così facendo – afferma il grande poeta siriano Adonis – l’America apparirà parte del gioco politico, tribale e confessionale in Medio Oriente: complice fondamentale nell’ostacolarne la liberazione, nell’impedire la costruzione di una società moderna, di un uomo moderno, di una cultura moderna». In altre parole, «la più importante forza mondiale verrà considerata come il paese che fonda e difende tirannia e schiavitù, intento a proteggere i regimi che su tirannia e schiavitù si reggono, a cominciare dai regimi arabi islamici: se non ne prendono coscienza, gli Stati Uniti diventeranno uno strumento al servizio dei tiranni in Medio Oriente», dopo che nel 2003 – con la guerra in Iraq contro Saddam – hanno terremotato anche i pochi equilibri che ancora tenevano a bada il fanatismo religioso.
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Raid sulla Siria? La cosa sbagliata, al momento sbagliato
E’ sempre difficile dire cosa si può fare in casi disperati come quello siriano, dove da due anni è in corso una insopportabile mattanza della popolazione civile. Ma quello che si prepara sembra «la cosa sbagliata, nel momento sbagliato, nel modo sbagliato». In primo luogo, sostiene Aldo Giannuli, è inaccettabile che ad intervenire sia, una mini-coalizione di “volenterosi”, ormai ridottisi a Usa e Francia, senza nemmeno uno straccio di risoluzione Onu che autorizzi l’intervento: «E questo lo capisce perfino la Bonino, che non è esattamente Camillo Benso di Cavour». In Libia, erano modesti i rischi di allargamento del conflitto: Russia e Cina restarono defilate. Qui invece siamo fra tre confini caldissimi – Israele, Turchia e Iraq – seduti sul barile di dinamite iraniana, con Cina e Russia apertamente coinvolte in funzione filo-Assad. Sarebbe forse servita una forza multinazionale di interposizione, estesa anche al fantasma-Europa, da mobilitare però almeno 20 mesi fa, prima della “macelleria” alla quale hanno contribuito “ribelli” non più così genuini, ma manipolati e armati sottobanco dall’Occidente.
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I sauditi a Putin: terrorismo sui Giochi se difendi Assad
Tu chiamala, se vuoi, Terza Guerra Mondiale. Se gli Usa attaccano la Siria, dice lo stato maggiore libanese, Assad è in grado di reagire col lancio dei micidiali missili Iskander, che arrivano fino a 270 chilometri oltre i confini siriani. Peggio: in caso di attacco, Putin potrebbe far alzare i suoi caccia dalla base mediterranea di Tartus. Obiettivo: l’Arabia Saudita, grande manovale – sul terreno – della destabilizzazione pluriennale segretamente armata dagli Usa per rovesciare il regime di Damasco e assediare finalmente l’Iran. Nel braccio di ferro, anche i sauditi minacciano i russi: sui Giochi Olimpici di Sochi potrebbe incombere l’incubo del terrorismo. Inizialmente sottovalutata dai media, di giorno in giorno si rivela appieno la reale portata del drammatico appello lanciato da Papa Francesco: attenti, il mondo è davvero in pericolo. Nessun’altra guerra, negli ultimi cinquant’anni, presentava questi rischi di deflagrazione internazionale. Sullo sfondo, la resa dei conti tra Washington e Pechino per il controllo strategico delle risorse planetarie si sta avvicinando. E in Siria la partita è affidata largamente al terzo incomodo, la Russia, mentre per ora l’Europa resta a guardare.
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Siria, come regalare il Medio Oriente a sauditi e terroristi
E’ il 1990 quando la giovane kuwaitiana Nayirah racconta di aver aver visto i soldati iracheni «strappare i bambini dalle incubatrici per lasciarli morire sul pavimento». Indignazione mondiale, rafforzata dalla conferma di Amnesty International. Quanto basta a George Bush per scatenare la prima guerra contro Saddam. Poi, a cose fatte, si scopre che quella testimonianza era falsa, inventata di sana pianta: i soldati iracheni non avevano mai allungato le mani sui neonati. Peggio: la giovane “testimone” Nayirah al-Sabah era in realtà la figlia dell’ambasciatore kuwaitiano, e aveva «recitato un pezzo preparato dalla società di comunicazione Hill & Knowlton, ingaggiata dall’emirato per favorire la liberazione del paese». Ancor più celebre, ricorda il condirettore di “Geopolitica”, Daniele Scalea, è il caso delle “armi di distruzione di massa” attribuite all’Iraq, cioè il casus belli la seconda Guerra del Golfo, nel 2003. Un copione che ricorda quello di oggi a Damasco: gli ispettori Onu che non trovano prove di responsabilità e Washington che punta sull’uso unilaterale della forza.
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Meyssan: ma gli occidentali sono pronti a colpire Damasco?
Chi ha usato le armi chimiche alla periferia di Damasco il 21 agosto 2013? Riuniti in emergenza all’Onu su richiesta degli occidentali, racconta il giornalista francese Thierry Meyssan, gli ambasciatori sono rimasti sorpresi nel vedere il loro collega russo presentar loro delle foto satellitari che mostrano il tiro di due obici alle ore 01:35 del mattino, dalla zona ribelle di Duma verso le zone ribelli colpite dai gas, cioè Jobar e l’area compresa tra Arbin e Zamalka, in orari coincidenti con la strage. Le foto, aggiunge Meyssan, non ci consentono di sapere se quei cannoni fossero stati dotati di proiettili chimici, ma lasciano pensare che la “Brigata dell’Islam” che occupa Duma abbia preso ben tre piccioni con una fava: rimuovere il sostegno dei suoi rivali in seno all’opposizione, far accusare la Siria di aver fatto ricorso alle armi chimiche e interrompere l’offensiva dell’esercito siriano volta a liberare la capitale.
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Pentagono 2011: un bel massacro, poi l’attacco alla Siria
«Niente raid aerei, a meno che i media non si interessino ad un massacro, come fu a Bengasi per la Libia». Era solo il 2011, ma i cialtroni stragisti della “guerra umanitaria”, a porte chiuse, parlavano così. Volevano il massacro? Eccolo: è la carneficina dei bambini soffocati dai gas tossici, sparati non si sa ancora da chi ma più che sufficienti a invadere i media di immagini spaventose. Quelli che oggi fingono di commuoversi per quei bambini sono gli stessi che, già due anni fa, avevano accuratamente pianificato l’invasione della Siria, “scudo” occidentale dell’Iran e, probabilmente, ultimo baluardo del mondo sull’orlo della Terza Guerra Mondiale. «Per tutti quelli che sono rimasti scioccati dallo “sviluppo degli eventi” in Siria – scrive Tyler Durden – ecco il resoconto completo di come tutto è stato orchestrato nel 2011», e poi divulgato l’anno seguente da WikiLeaks. Sul blog “Zero Hedge”, Durden pubblica il report di una riunione strategica di due anni fa, nella quale al Pentagono si lascia intendere che forze Usa sono già “sul terreno”, per destabilizzare il regime di Assad e trasformare la Siria in un mattatoio. Obiettivo: preparare lo scenario che, due anni dopo, renderà “inevitabile” quello che l’ipocrisia dei media chiama ancora “intervento umanitario”.
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Siria, gas nervini: la sinistra efficacia di un evidente falso
Potrebbe avere conseguenze ancora peggiori delle “solite” l’attuale, ancora virulenta, campagna condotta da numerosi media mainstream (in testa, ovviamente, le “anime belle” della “sinistra”) sull’uso di gas nervini da parte del governo Assad. Le solite stantie “notizie” sulle “armi di distruzioni di massa” in mano al Saddam di turno per giustificare un ennesimo intervento dell’Occidente, una guerra? Forse, questa volta, non è così. Partiamo dalle considerazioni più ovvie. Intanto, cui prodest? Che interesse avrebbe oggi Assad, sotto gli occhi degli osservatori dell’Onu appena arrivati in Siria, a usare i gas alla periferia di Damasco? E poi per ottenere militarmente cosa? Dopo due anni di guerra l’esercito siriano sta riconquistando tutte le roccaforti prese dai “ribelli” (che, tra l’altro, si stanno letteralmente scannando tra di loro) e gli stessi media mainstream occidentali sono costretti a riprendere, sempre di più, il vero volto di questa guerra di invasione.
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Chi tifa per piazza Taksim, ben oltre i confini della Turchia
«Io dalla Bulgaria non passo, grande problema». Mehmet Demir, camionista turco di 36 anni che da 58 giorni non vede sua moglie e i suoi due bambini, non ne vuole sapere di portarci a Istanbul lungo la vecchia via camionabile, quella che dalla Slovenia passa da Croazia e Serbia per poi rientrare in Europa per il boccaporto più marcio, Romania e Bulgaria. Ha paura che la polizia gli chieda una mazzetta. «Sempre fanno questo», biascica in un italiano stentato. E se sul Tir ci sono anche due giornalisti, è ancora più probabile che ci fermino. Così ci guarda, con gli occhi neri cerchiati di sangue, e col dito disegna nell’aria un nuovo itinerario: dopo Belgrado si va giù in picchiata verso la Macedonia, si passa in Grecia e si imbocca la via Egnatia, che di storia ne ha vista passare certamente anche più della vecchia pista camionabile.
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No Tav, nemico pubblico: lupi, pecorelle e sciacalli
I valsusini sono abituati a rovinarsi pranzi e cene ascoltando i vari Tg, sicuramente un po’ masochisti; nel tempo hanno verificato una “professionalità” nel costruire servizi menzogneri, vere montature e tutta la gamma delle notizie farlocche. Il “caso pecorella” è davvero emblematico (febbraio 2012, occupazione dell’autostrada): Marco sfotte un poliziotto soprannominandolo “pecorella”. Per giorni e giorni quel video, postato sul sito del “Corriere della Sera” (debitamente tagliato nel punto in cui Marco conclude il suo ragionamento e si spinge a dire: «Comunque vi vogliamo bene lo stesso»), diventa un mantra, l’ossessione dei Tg. Non c’è guerra al mondo, emergenza umanitaria, crisi politica, disastro in grado di superare quella notizia che diventa: La notizia del giorno. E ancora nei giorni successivi. L’intento è chiaro: strappare di dosso al movimento NoTav quella simpatia istintiva che da qualche tempo l’avvolge e fa proseliti di ribellione in tutta Italia.
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Datagate: i falchi della cyber-guerra con Obama dal 2008
Quattro anni e mezzo dopo la sua prima, trionfale elezione, Barack Obama è nella burrasca: i suoi piani di cyber-guerra sono stati smascherati dall’ex analista della Cia e dell’Nsa, Edward Snowden, per catturare il quale la Casa Bianca è giunta a “sequestrare” l’aereo presidenziale di Evo Morales, imponendo ai paesi satelliti – Italia compresa – di negare il diritto di sorvolo al presidente della Bolivia, “atto di guerra” senza precedenti nella storia, in tempo di pace. Rilette oggi, assumono tutt’altro sapore le tempestive cautele che Paolo Barnard espresse già nel novembre del lontano 2008, all’indomani dell’avvento di Obama: «Una delle regole più note del giornalismo anglosassone è “follow the money”». Cioè: “segui i soldi”, se vuoi capire la vera ragione delle cose. Era già tutto scritto, nell’elenco dei sostenitori del “primo presidente nero”: tra i suoi massimi sponsor, figurava il complesso militare-industriale incaricato di fronteggiare l’ascesa della Cina ricorrendo all’arma decisiva della “guerra informatica”, quella che ora il dissidente Snowden ha messo in piazza così clamorosamente.
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Siria, strano silenzio sul rapimento di Domenico Quirico
Lo stranissimo silenzio dei media e del governo italiano sul sequestro del cronista della “Stampa”, Domenico Quirico, si accompagna a un “raffreddamento” occidentale verso i “ribelli” siriani. Un po’ troppo qaedisti per essere i “freedom fighters” della propaganda. Una svolta nella guerra alla Siria? Si direbbe proprio di sì. E così, sbaragliate le bande dei “ribelli”, il regime di Assad ricomincia a trovare credito addirittura sui media mainstream, dal giornale di Quirico alla stessa “Reuters”, nonché in non poche cancellerie occidentali, ormai fredde di fronte alla “guerra per procura” finora condotta in Siria, soprattutto attraverso mercenari coordinati dalla Nato. Esercitare pressioni sull’Italia? Potrebbe essere uno degli obiettivi di un simile rapimento. Una cosa è certa: i cosiddetti ribelli sono ormai alle corde e Assad stravincerà le elezioni nel 2014: secondo un sondaggio della Cia, il presidente ha con sé il 75% della popolazione siriana.
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I genitori: Navy Seals uccisi per coprire la bufala Bin Laden
Le famiglie dei militari del commando Usa uccisi nell’estate 2011 in occasione dell’abbattimento del loro elicottero nell’Afghanistan orientale ora accusano Washington per l’attentato e il successivo “insabbiamento”: secondo il “Washington Times”, i parenti delle vittime addossano alla Casa Bianca la responsabilità per l’abbattimento del Chinook che trasportava 38 persone, tra cui 17 membri del “Team Six” dei Navy Seals, unità speciale indicata come autrice del blitz in Pakistan, dove – secondo Washington – avrebbe ucciso Osama Bin Laden il 2 maggio 2011. Secondo i familiari delle vittime, decisi ora a ricorrere al Congresso Usa per avere giustizia, l’amministrazione Obama e altri funzionari della Casa Bianca «hanno trasformato in bersagli» i loro cari, poco dopo aver dichiarato che fu proprio il “Team Six” dei Seals ad uccidere il fondatore di Al-Qaeda, che nessuna prova – peraltro – può collegare direttamente ai devastanti attentati dell’11 Settembre, che diedero inizio alla guerra in Afghanistan e poi anche nell’Iraq di Saddam Hussein, inchiodato dalle (inesistenti) “armi di distruzione di massa”.