Archivio del Tag ‘guerra’
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Carotenuto: inquietante Conte-bis, è in guerra contro di noi
Dobbiamo tornare a parlare di Conte come il successore di Andreotti: pur essendo un tipo molto diverso, è il portatore dello stesso enorme potere curiale di cui beneficiava Andreotti. Un personaggio così importante è diventato anche presidente del Consiglio di un secondo governo, con un equilibrio politico completamente differente dal precedente. Com’è che un personaggio portatore di un potere così importante si occupa anche di questo governo? Di dirigerlo e di controllarlo, per conto del suo potere. E cos’è, questo nuovo governo? E’ un governo pericolosissimo: per la libertà, per la sovranità, per le nostre coscienze e anche per le nostre tasche. I governi precedenti erano meglio? No, erano sempre governi fatti principalmente da burattini dei poteri che contano, nel mondo. Tutti i partiti italiani, in questo momento, sono burattini di quei poteri, anche se fingono di non esserlo. Quello precedente era un governo “bau-bau”, serviva a protestare contro il sistema in modo da raccogliere la protesta antisistema (che è crescente), ma poi doveva anche “andare a male” per dimostrare che questo sovranismo non ce la fa, che è becero, in modo da creare – per reazione – un raggruppamento che fosse maggioritario, in questo Parlamento. E questo ha funzionato.Quindi si è riusciti a mettere insieme 5 Stelle e Pd, che prima – con tutti i loro elettorati – non sarebbero mai stati insieme. Quindi, la mossa di far fare a Salvini il “bau-bau” è servita. Ma lo stesso vale in tutto il mondo. Berlusconi ha fatto il “bau-bau” precedentemente, Trump lo sta facendo in questo momento. Ogni tanto, quando comincia a deteriorarsi un certo potere fortemente collegato ai grandi poteri di manipolazione, quando cioè gli uomini bravi a fare gli interessi del potere cominciano a non essere più accettabili per i cittadini (che hanno capito chi sono) allora bisogna sostituirli, perché il potere ha bisogno del consenso della gente. E allora si inventano nuovi partiti di destra e di sinistra, nuovi partiti fintamente libertari come il Movimento 5 Stelle, o fintamente al servizio del popolo come la Lega. Ma questi, prima o poi, servono solamente per fare una manovra che riporti le cose nelle mani dei più efficienti uomini del potere, che poi sono quelli dei vecchi schemi (in questo caso, gli uomini del Pd). Le posizioni più importanti di questo governo sono state tutte date a esponenti del vecchio potere, che ormai era indigesto. E gli uomini nuovi (come Di Maio) servono a fare da copertura, ma non contano niente – anche perché in effetti non sono capaci di fare niente, non hanno mai fatto niente.Quelli efficientisi invece li hanno messi nelle posizione di rilievo. Al ministero dell’economia hanno messo un funzionario europeo molto efficace, uno di quelli che hanno lavorato al Mes, al Trattato di Lisbona, al Patto di Stabilità: uno di quelli che sanno come si incastra e come si schiavizza la gente. E poi Gentiloni: un uomo della curia romana, molto vicino a Mattarella e agli stessi ambienti da cui, guarda un po’, viene Conte. E quest’uomo è diventato ministro europeo dell’economia. E un altro uomo di ambienti curiali, giornalista, David Sassoli, è diventato presidente del Parlamento Europeo. Una formazione molto forte: in questo momento, questo governo è molto forte in Europa. I suoi uomini (tipo Prodi, Ciampi, Monti: lo stesso tipo di persone, derivanti dallo stesso potere) adesso sono diventati tra i più potenti, tra Italia ed Europa. Ma questo governo, che è stato possibile creare solo dopo aver fatto fare a Salvini il “bau-bau”, è un governo molto pericoloso, più forte del normale. Ha dentro persone più abili (come il ministro dell’economia Gualtieri), più connesse al potere vero, finanziario, ai poteri oscuri, e quindi più capaci di portare avanti l’agenda mondialisa verticalizzatrice (l’agenda anti-coscienza, come la chiamiamo noi da tempo).Questo è quindi un governo “da guerra”: è come aver messo su una forza armata, capace non solo di portare avanti con molta più forza l’agenda europea, ma forse di fare qualcosa in più. Con questo governo, l’agenda che già c’era prenderà fiato: questo governo applicherà molte cose che prima non si applicavano. Anche perché questo governo rafforza enormemente il fronte verticalizzante dei paesi europei che sono connessi ai poteri finanziari. E adesso, anche in Europa, c’è una maggioranza di governi fortemente capaci di portare avanti l’agenda peggiore, accentratrice. E l’Italia dà un contributo incredibile, con questo improvviso cambiamento di posizione. Quindi, tutti di dossier europei che sono in campo verranno applicati con molta più forza, senza esitazioni. Quali? Uno dei più importanti è questo: si sta discutendo il bilancio europeo dal 2021 al 2027. Come dovranno contribuirvi, gli Stati? E cosa si farà, di questo bilancio europeo? Le previsioni non sono simpatiche. Ci sarà un trasferimento di fondi dagli Stati all’Europa, e l’Europa si occuperà di molte più cose, senza più passare dagli Stati.E questo velocizzerà il processo di verticalizzazione e accentramento: più speditamente di farà l’Unione Bancaria, si procederà verso una politica estera comune più forte, verso un esercito comune, verso una polizia comune, verso servizi segreti comuni. Tutti passi finora fatti in maniera non molto forte. Questo tipo di governo Ue lo può fare in modo assai più deciso. Può dare più fondi ai Meccanismo Europeo di Stabilità, rafforzare il Fiscal Compact, realizzare più facilmente il Ceta, far entrare più facilmente gli Ogm e toglierci i contanti. Tantissime sono le cose che questa formazione “da guerra”, pericolosissima, può fare; cose che prima erano più difficili da realizzare. Però non c’è solo questo. Non per dare una cattiva notizia, ma questa formazione è talmente forte, sia un Europa che in Italia, che potrebbe anche essere sfruttata per fare qualche deciso passo in più verso la verticalizzazione e la schiavizzazione. Come si fanno, in genere, questi passi? Scatenando delle crisi. Però bisogna avere governi capaci di sfruttarle: e adesso ci sono.Crisi come l’11 Settembre, che ha portato un cambiamento – voluto – delle strategie, a livello mondiale, grazie alla strategia della tensione del falso attentato alle Torri Gemelle. Oppure il conflitto con l’Islam, creato apposta da forze occidentali: potremmo vedere una ripresa del terrorismo. Potremmo vedere un’azione strana, qualche paese che esplode nel Mediterraneo o nel Medio Oriente. Potremmo vedere qualche paese che va fortemente in crisi economica, perché no? Potrebbe essere qualcosa che ci riguarda da vicino – spero non direttamente anche l’Italia, visto che a Bruxelles avremo un ministro dell’economia italiano e a Roma un governo molto forte in senso europeista. Mi aspetto quindi la possibilità che questo governo “da guerra”, da battaglia, che lavora per conto dei poteri oscuri, possa essere adoperato per gestire un ulteriore passo di schiavizzazione, a seguito della creazione di qualche momento di tensione (e alla strategia della tensione ci hanno abituati). Mentre faranno questo, chiaramente, ci terranno ancora nella famosa tenaglia: emergenze, stress, mancanza di lavoro, tasse, penuria di soldi, e dall’altra parte divertimenti, il frivolo, l’effimero. Obiettivo: fare in modo che le nostre coscienze non si risveglino, e siano di fronte o al dramma o al calcio e alla televisione.Coscienze da una parte impaurite e dall’altra addormentate: questo continuerà, naturalmente, mentre loro attueranno un’agenda sempre più pericolosa. Del resto, l’umanità si sveglia solo attraverso il dolore. Vuol dire che tassi di dolore crescenti aiuteranno l’umanità a un ulteriore risveglio, come è successo finora. A seguito di guerre, stragi e olocausti, l’umanità si è svegliata sempre un po’ di più. Adesso non può più essere comandata a bacchetta, va manopolata: democrazia e libertà devono essere mantenute, in qualche modo, perché la gente reagisce. La gente è cresciuta, nei secoli, attraverso il dolore, lasciando il campo parzialmente libero alle forze oscure. Speriamo che non duri, questo governo. Se invece dovesse durare, apprestiamoci a ricevere cattive notizie. Che però genereranno risvegli: se questo accade è perché siamo in grado di farvi fronte, e di uscirne spiritualmente vincitori.(Fausto Carotenuto, “Un governo pericolosissimo”, video-intervento su YouTube ripreso da “Coscienze in Rete” il 21 novembre 2019, dove si sottolinea la nefasta azione del Conte-bis che emerge dai retroscena sul Mes).Dobbiamo tornare a parlare di Conte come il successore di Andreotti: pur essendo un tipo molto diverso, è il portatore dello stesso enorme potere curiale di cui beneficiava Andreotti. Un personaggio così importante è diventato anche presidente del Consiglio di un secondo governo, con un equilibrio politico completamente differente dal precedente. Com’è che un personaggio portatore di un potere così importante si occupa anche di questo governo? Di dirigerlo e di controllarlo, per conto del suo potere. E cos’è, questo nuovo governo? E’ un governo pericolosissimo: per la libertà, per la sovranità, per le nostre coscienze e anche per le nostre tasche. I governi precedenti erano meglio? No, erano sempre governi fatti principalmente da burattini dei poteri che contano, nel mondo. Tutti i partiti italiani, in questo momento, sono burattini di quei poteri, anche se fingono di non esserlo. Quello precedente era un governo “bau-bau”, serviva a protestare contro il sistema in modo da raccogliere la protesta antisistema (che è crescente), ma poi doveva anche “andare a male” per dimostrare che questo sovranismo non ce la fa, che è becero, in modo da creare – per reazione – un raggruppamento che fosse maggioritario, in questo Parlamento. E questo ha funzionato.
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La nostra storia non regge: sta per venircelo a spiegare E.T.
Non sono certo le mille fregnacce del governo e dell’opposizione a rendermi perplesso, e nemmeno le mille disgrazie economiche: previste, annunciate, poi scorporate, quindi riammesse…nel gran calderone della politica e dell’economia: si sta muovendo qualcosa di serio da tutt’altre parti. La prima notizia è giunta dalla Nasa, poche settimane or sono: d’ora in avanti, non vogliamo più sentir parlare di Oggetti Non Identificati in cielo…beh…consideriamoli come “elementi non censiti nelle aeronautiche terrestri” o qualcosa del genere; insomma, ci sono cose che volano in cielo che non sappiamo cosa siano. E non sono, sia chiaro, palloncini sfuggiti ai bambini al luna park né palloni aerostatici dispersi dai meteorologi: non possiamo dirvi chiaro e tondo che sono extraterrestri – perché, ad onor del vero, non lo sappiamo nemmeno noi (?) – però ‘sta roba può essere pericolosa per il traffico aereo, quindi – cari piloti – state accuorti. La comunicazione della Nasa giunge a proposito, perché – grazie alle mille diavolerie informatiche oggi possibili – nessuno prendeva più troppo sul serio i filmati degli Ufo, giacché il sospetto veniva: questi, tanto per guadagnare contatti su YouTube, macchineranno chissà che cosa. Invece è proprio la Nasa a dirlo: non sono roba nostra e ci sono veramente. Aggiunge anche, a pochi giorni di distanza, che su Marte c’è acqua ed una quantità “interessante” di ossigeno: partiamo?
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Pino Aprile: truccati gli archivi, nascosto il genocidio del Sud
Come nasce la storiografia italiana? Nasce con un atto del 1830 da un piccolo, ristrettissimo gruppetto – parliamo di 2-3 famiglie: nessuno di loro aveva mai scritto o insegnato storia. Persone di buona cultura, normalmente di ambiente cattolico molto tradizionalista, alla De Maistre; individui nobili, possidenti terrieri, di strettissima osservanza sabauda. Le regole sono: vanno distrutti tutti i documenti che gettano ombre sulla dinastia. Quelli che non vengono distrutti devono essere classificati e collocati in un archivio segreto, inviolabile. Un’altra parte deve finire in archivi controllati da loro. Quella mostrata dev’essere una piccola parte. Saranno gli archivisti a scegliere a chi far vedere i documenti, controllando (in corso d’opera) come li usano. E chi poi scriverà di quei documenti dovrà prima sottoporre ai controllori l’elaborato, in modo che si decida se potrà essere pubblicato oppure no. Tutto questo è documentato dall’Istituto Studi Storici del Risorgimento (la massima autorità, il professor Umberto Levra, già docente all’università di Torino e presidente dell’associazione dei docenti di storia risorgimentale). Viene documentato come il Re in persona, per “aggiustare” la storia, strappasse documenti e lettere dei suoi familiari.
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Moiso: l’illusione del sovranismo, funzionale al neoliberismo
E’ grazie agli amici sovranisti che, oggi, si sente parlare di neoliberismo: dalle parti della sedicente sinistra non si sono proprio accorti di cosa sta succedendo nel mondo. Soprattutto non hanno visto la relazione che c’è tra democrazia ed economia, e come certi modelli economici possano ostacolare i processi democratici. Ma è interessante anche vedere l’analisi che gli amici sovranisti fanno del neoliberismo. Cos’è il neoliberismo? E’ una dottrina economica che poi diventa ideologia, con dogmi quasi religiosi, e – a cascata – una serie di conseguenze a livello valoriale e sociale. E’ una teoria che nasce dall’austriaco Friedrich von Hayek nel dopoguerra. Von Hayek ha un interesse nobile: non ritiene che la politica e gli Stati possano evitare le guerre. Cerca di dare questa responsabilità a dei processi economici: vuole una teoria economica che si sostituisca ai governi nel garantire la pace tra gli Stati. Ma non fa i conti con quello che questo comporta a livello di democrazia, di sovranità popolare sostanziale. Il suo erede sarà Milton Friedman, dell’università di Chicago. Al neoliberismo di von Hayek si oppone un altro pensiero economico: quello liberale tradizionale, dell’inglese John Maynard Keynes (uno dei suoi maggiori allievi è stato John Kenneth Galbraith).E il pensiero keynesiano, di fatto, è quello su cui è stato fondato il benessere della società occidentale. Dal dopoguerra agli anni ‘70, la società occidentale si è sviluppata grazie al pensiero di Keynes e di persone come William Beveridge, che hanno organizzato in Inghilterra il Welfare State poi replicato in tutto il mondo. Quel pensiero rovesciò l’analisi dei fattori che contribuiscono a un’economia florida. Fino a quel momento si pensava che la cosa più importante fossero i mezzi di produzione. Da Keynes in poi il ragionamento si inverte: il grande economista britannico è il primo a mettere l’accento sull’importanza che ha il potere d’acquisto, il consumo, nel determinare il benessere di un’economia. Queste teorie sono quelle su cui si è basato il mondo occidentale fino agli anni Settanta. Poi dai Settanta succede qualcos’altro: partendo dall’Africa, come spiega molto bene Ilaria Bifarini, si cominciano a testare le teorie economiche neoliberiste, che poi sono arrivate in Europa negli anni ‘90. E sono teorie che vedono un ruolo sovraordinato dei mercati rispetto alla politica. Von Hayek dice: le ideologie servono a far capire alle persone che è nel loro interesse utilizzare lo Stato per mantenere il controllo per esempio sui beni pubblici e sull’industria, sulla siderurgia (pensiamo all’Ilva), sull’agricoltura. E dice: questa cosa va eliminata, i mercati devono essere liberi. E lo Stato non si deve più intromettere nell’economia.Oggi sentiamo spesso ripetere che le ideologie sono morte. Guardate che la definizione di ideologia nel dizionario Treccani è interessante: un’ideologia non è altro che un sistema di valori che serve a ordinare il pensiero. Senza un’ideologia, come si fa a valutare se le idee politiche sono buone o no? Se non c’è uno schema di riferimento, non abbiamo nulla da utilizzare per valutare la bontà delle nostre idee. Ovvio: solo chi pensa che la politica non debba svolgere un ruolo all’interno della società può dire che le ideologie non servono, perché dev’essere il mercato a dettare l’intero funzionamento della società. Dico questo pensando agli amici sovranisti, per parlare di Europa: è von Hayek che teorizza un’Europa esattamente come quella che esiste oggi. Lui dice: bisogna creare un mercato unico, in modo che la politica degli Stati nazionali venga depotenziata. In sostanza: creato il mercato unico, entrano in competizione le forze produttive e il mercato del lavoro di diverse nazioni; gli Stati non possono più agire sulla società, e così creiamo le condizioni migliori per liberare il mercato.L’argomento di Hayek, poi ripreso dalla Thatcher, è questo: non bisogna sostituire gli Stati nazionali con un sovra-Stato, cioè un nuovo contenitore politico. Bisogna lasciare che i popoli vengano amministrati a livello territoriale dai governi locali, mentre l’economia deve viaggiare a livello comunitario. In alternativa, aggiunge Hayek, in caso di problemi sociali bisogna tornare al ruolo degli Stati sovrani: perché ormai l’economia si è globalizzata, e uno Stato sovrano non avrebbe comunque più i sistemi e le leve per combattere le dinamiche dei mercati globali. Addirittura la Thatcher, nel suo libro “Statecraft” del 2002, usa molto bene gli argomenti classici che oggi sentiamo utilizzare dai sovranisti. Dice: in Europa parliamo lingue diverse, abbiamo culture diverse, abbiamo economie diverse, e quindi non dobbiamo creare gli Stati Uniti d’Europa. Questo risponde sempre alla visione neoliberista, che non vuole uno Stato che si intrometta nell’economia per tutelare gli interessi dei popoli. Questa è esattamente la visione neoliberista.Tutto il pensiero sovranista, quindi, è strumentale al pensiero neoliberista – al punto che è stato proprio teorizzato da loro, da von Hayek, dalla Thatcher, da Friedman. Se ne parla in tutti gli scritti di filosofia economica degli autori neoliberisti: o l’Europa diventa un mercato unico, con gli Stati nazionali al di sotto di esso, incapaci di tutelare gli interessi del popolo, o in alternativa si deve ritornare agli Stati nazionali, a quel punto costretti a competere con dinamiche sovranazionali, verso le quali non possono fare nulla. Lo si capisce perfettamente leggendo l’economista belga Philippe Van Parijs, che ha avuto una fitta corrispondenza con John Rawls. Discutevano di questo: come combattere il neoliberismo su scala globale. E Parijs parla proprio di un’Europa federale, che deve servire a dimostrare la validità di un diverso modello economico. Dice Van Parijs: se oggi vogliamo creare una società prospera, in Europa, dobbiamo tornare a politiche keynesiane (post-keynesiane), e soprattutto rivendicare la sovranità dei popoli, e la sovranità del popolo all’interno delle istituzioni europee. E in questo modo potremo anche dimostrare che altre teorie economiche sono credibili e realizzabili su scala globale.Agli amici sovranisti vorrei solo dire che, nonostante siano gli unici ad aver analizzato negli ultimi tempi il pensiero neoliberista, in realtà continuano a proporre soluzioni che sono proprio strumentali all’affermazione dei valori e del modello neoliberista. Forse bisogna rivalutare il tema della differenza di lingua e di cultura. Chiunque abbia viaggiato sa bene che i popoli europei sono molto simili, perché hanno una cultura profondamente umanistica. Al centro delle nostre priorità noi mettiamo ancora l’uomo: non l’economia, non il profitto, non la collettività in senso aleatorio. E questo è il cardine che deve guidare il cambiamento: l’idea di uno Stato sociale e della rappresentatività della volontà popolare, che sono peculiarità dell’eredità dei popoli europei. E questo è un collante fortissimo, che va usato per lanciare un progetto alternativo per il futuro.(Marco Moiso, “Il sovranismo nazionalista è strumentale al neoliberismo”, video-intervento pubblicato sul canale YouTube del Movimento Roosevelt il 18 novembre 2019).E’ grazie agli amici sovranisti che, oggi, si sente parlare di neoliberismo: dalle parti della sedicente sinistra non si sono proprio accorti di cosa sta succedendo nel mondo. Soprattutto non hanno visto la relazione che c’è tra democrazia ed economia, e come certi modelli economici possano ostacolare i processi democratici. Ma è interessante anche vedere l’analisi che gli amici sovranisti fanno del neoliberismo. Cos’è il neoliberismo? E’ una dottrina economica che poi diventa ideologia, con dogmi quasi religiosi, e – a cascata – una serie di conseguenze a livello valoriale e sociale. E’ una teoria che nasce dall’austriaco Friedrich von Hayek nel dopoguerra. Von Hayek ha un interesse nobile: non ritiene che la politica e gli Stati possano evitare le guerre. Cerca di dare questa responsabilità a dei processi economici: vuole una teoria economica che si sostituisca ai governi nel garantire la pace tra gli Stati. Ma non fa i conti con quello che questo comporta a livello di democrazia, di sovranità popolare sostanziale. Il suo erede sarà Milton Friedman, dell’università di Chicago. Al neoliberismo di von Hayek si oppone un altro pensiero economico: quello liberale tradizionale, dell’inglese John Maynard Keynes (uno dei suoi maggiori allievi è stato John Kenneth Galbraith).
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Della Luna: la lotta all’odio nasconde la schiavitù per debiti
«Le persistenti campagne istituzionali e mediatiche contro l’espressione di idee e sentimenti di odio, razzismo, nazismo, fascismo, stanno producendo effetti contrari a quelli dichiarati, cioè stimolano e confermano nella gente proprio quelle idee e quei sentimenti». Secondo Marco Della Luna, «la gente sembra percepire che si tratta di montature strumentali ed esagerazioni isteriche adoperate dalla casta e dai suoi ‘intellettuali’ per non parlare dei mali veri e presenti, di cui essa è responsabile: disoccupazione, impoverimento, continua perdita di efficienza, di prospettive, e i continui fallimenti di governanti incapaci e falsi». Per l’avvocato e saggista, autore di “Euroschiavi”, la causa di questi mali socio-economici italiani sta in alcuni precisi fattori di moneta e mercato: l’Italia è inserita in un sistema in cui, partendo da condizioni di svantaggio in quanto a debito pubblico e liquidità di sistema, deve competere con paesi più efficienti, con un cambio monetario bloccato (cioè senza poter svalutare la propria moneta per recuperare competitività), subendo un mercato commerciale non protetto da barriere doganali. Impossibile limitare la fuga di capitali, né concedere aiuti di Stato alle proprie industrie, tentate di vendersi agli stranieri o emigrare all’estero.L’Italia deve competere «sottostando al potere legislativo, fiscale e politico di un’Unione Europea diretta proprio dai paesi competitori controinteressati (che adattano le regole ai propri interessi), e senza nemmeno il meccanismo federale della condivisione del debito pubblico con redistribuzione dei surplus verso le aree in difficoltà (come avviene negli Usa)». Ovvio che, in queste condizioni, per Della Luna «l’Italia non ha speranze di risanarsi e risollevarsi: è matematicamente spacciata, chiunque sia al governo, e la gente starà sempre peggio, sarà sempre più povera, più tassata, più privata di servizi, più esclusa dalle decisioni, più gestita da investitori e decisori stranieri». A un livello più profondo e globale, di cui non si parla nei mass media, la causa dei mali economici è sempre nel sistema monetario, ma in un senso ulteriore: «Per scambiare i beni e i servizi che producono, i soggetti economici (persone, aziende, enti pubblici) sono costretti a servirsi, prendendola a prestito contro interesse, di moneta», la quale «è prodotta (a costo zero) in regime di monopolio da un cartello bancario in mano a poche persone».Dato che tutta la moneta è immessa nel mercato come prestito (debito) soggetto a interesse composto, costantemente deve essere presa a prestito ulteriore moneta. Questo rende i produttori di ricchezza reale, nell’insieme (quindi anche la società nel suo complesso e lo Stato stesso) sempre più indebitati verso i produttori di moneta, sia in termini di capitale che in termini di interessi, «finché il debito capitale espropria tutto il risparmio e gli interessi espropriano tutto il reddito, e si finisce a lavorare come schiavi per pagare gli interessi su un debito inestinguibile». L’obiettivo del capitalismo neoliberista, cioè il modello dominante e adottato dalla Ue, «è la generale schiavitù per debito, e ci siamo vicini», sostiene della Della Luna. «Questo esito viene accelerato dai banchieri con le note manovre di “pump and dump”, cioè di allargamento-restringimento del credito, organizzati ad arte: le bolle di mercato». Ovviamente, la posizione di monopolio dei “padroni della moneta” è tutt’uno con una posizione di potere politico «soprastante a quello dei governi e dei parlamenti (e di potere culturale soprastante a quello dell’accademia)».Matematico: «Uno Stato che, per funzionare (per finanziarsi), dipende da una moneta che non controlla e che gli deve essere prestata da speculatori internazionali privati, riceve la politica economica ed estera da questi medesimi speculatori come condizionalità: non ha alcuna autonomia decisionale sostanziale». Questo tipo di Stato, osserva Della Luna, non fa neppure più le privatizzazioni: è già esso stesso privatizzato. Essenzialmente, «non è al servizio dei cittadini e non li può rappresentare, bensì è al servizio dei suoi finanziatori, che lo usano come schermo e capro espiatorio per deresponsabilizzarsi dei mali che essi causano alle popolazioni nel perseguire i propri interessi e disegni globali». Per queste ragioni, il modello socioeconomico in atto è imposto senza alternative. «Il sovranismo, il populismo, il socialismo, la dottrina sociale della Chiesa, come ogni critica del suddescritto modello di potere monetario sulla politica, possono aver successo sul piano teorico, ma non hanno alcuna possibilità di affermarsi su quello politico e concreto», perché per farlo dovrebbero abbattere, su scala perlomeno continentale, «un sistema immensamente potente di interessi contrari».Consci di ciò, Salvini e di Maio, che erano partiti da posizioni incompatibili con alcuni aspetti (peraltro secondari) del sistema, «avvicinandosi al potere si sono ravveduti e allineati ideologicamente ad esso, dichiarandosi per l’euro, per l’Unione Europea e per la sua dottrina economica». Inutile illudersi che la politica – almeno, quella in campo oggi, con l’attuale offerta elettorale – possa davvero risollevare le sorti di un paese come l’Italia, da decenni costretto all’avanzo primario: lo Stato incamera con le tasse più soldi di quanti ne spenda per famiglie e aziende, in termini di servizi. Un siffatto sistema di dominio, conclude Della Luna, «potrà cadere solo per effetto di una rottura interna, oppure di una catastrofe globale climatica o geofisica o biologica o bellica». Ma la sua naturale evoluzione, che l’autore ha descritto nel saggio “Tecnoschiavi”, ormai procede «verso la tecnocrazia assoluta, zootecnica».«Le persistenti campagne istituzionali e mediatiche contro l’espressione di idee e sentimenti di odio, razzismo, nazismo, fascismo, stanno producendo effetti contrari a quelli dichiarati, cioè stimolano e confermano nella gente proprio quelle idee e quei sentimenti». Secondo Marco Della Luna, «la gente sembra percepire che si tratta di montature strumentali ed esagerazioni isteriche adoperate dalla casta e dai suoi ‘intellettuali’ per non parlare dei mali veri e presenti, di cui essa è responsabile: disoccupazione, impoverimento, continua perdita di efficienza, di prospettive, e i continui fallimenti di governanti incapaci e falsi». Per l’avvocato e saggista, autore di “Euroschiavi”, la causa di questi mali socio-economici italiani sta in alcuni precisi fattori di moneta e mercato: l’Italia è inserita in un sistema in cui, partendo da condizioni di svantaggio in quanto a debito pubblico e liquidità di sistema, deve competere con paesi più efficienti, con un cambio monetario bloccato (cioè senza poter svalutare la propria moneta per recuperare competitività), subendo un mercato commerciale non protetto da barriere doganali. Impossibile limitare la fuga di capitali, né concedere aiuti di Stato alle proprie industrie, tentate di vendersi agli stranieri o delocalizzarsi scappando all’estero.
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Moncalvo: silenzio assordante sulla fuga della Fiat in Francia
«Tutti parlano giustamente del problema dell’Ilva e dei posti di lavoro a rischio a Taranto, ma nessuno – sottolineo, nessuno – parla dei posti che salteranno per la vicenda Fca-Psa». Perché nessuno ne parla? Molto semplice, risponde Gigi Moncalvo: «Nessuno osa rispondere al seguente interrogativo: quando ci sarà da decidere la sorte, la chiusura degli stabilimenti in Italia (Pomigliano d’Arco, Termini Imerese, Melfi e chi più ne ha, più ne metta), secondo voi prevarrà la volontà e la decisione dei 6 consiglieri (su 11) della corporation francese, oppure prevarrà la tesi di una società che ormai è olandese, londinese e americana?». Ormai l’ex Fiat – per decenni sorretta finanziariamente dallo Stato italiano – è infatti una società di diritto olandese con domiciliazione fiscale nel Regno Unito (e domiciliazione borsistica negli Usa). Insiste Moncalvo, dai microfoni della trasmissione web-radio “Forme d’Onda”: «Che cosa gliene importerà, all’ex Fiat, ormai olandese, londinese e americana, della sorte di Pomigliano d’Arco, Melfi, Termini Imerese e tutto il resto?». L’accusa di Moncalvo è esplicita: «I media tacciono, sull’accordo franco-italiano, perché la Fiat continua a riversare fior di soldi, in termini pubblicitari, su giornali e televisioni». Un modo per avere “buona stampa”, cioè in questo caso stimolare il silenzio dei giornalisti?Categoria alla quale peraltro appartiene lo stesso Moncalvo, cronista di rango, già attivo su alcune tra le maggiori testate italiane (collaboratore di Maurizio Costanzo, Piero Ottone e Guglielmo Zucconi) nonché giornalista sulle reti Mediaset e infine dirigente Rai. Negli ultimi anni, con esplosivi libri-inchiesta (”I lupi e gli Agnelli”, “Agnelli segreti”, spariti dalle librerie ma disponibili attraverso il sito dell’autore), Moncalvo si è concentrato nello scavare tra “ombre e misteri della famiglia più potente d’Italia”. Fino a scoprire cosa? Questo: che un potere-ombra, finanziario e anglosassone, si sarebbe impossessato del controllo politico della Fiat già dal dopoguerra, fino poi a “imporre” che l’eredità di Gianni Agnelli finisse a John Elkann, il quale – giovanissimo – alla scomparsa dell’Avvocato mise l’impero Fiat nelle mani del manager finanziario Sergio Marchionne, campione del neoliberismo americano. Moncalvo evoca anche «rabbini francesi e grembiulini» nell’orbita di John Elkann, alludendo al ruolo del padre, il giornalista e scrittore Alain Elkann, membro del potentissimo Jewish Institute e figlio del banchiere, industriale e rabbino francese Jean-Paul Elkann. Dietro alla “real casa” torinese, attraverso il ramo Elkann oggi al comando, aleggia il potere del B’nai B’rith, elusiva massoneria sionista?Ne parlò il saggista e massone Gianfranco Carpeoro, a proposito della strana fine di Edoardo Agnelli nel 2000: il figlio “ribelle” dell’Avvocato, che in un’intervista al “Manifesto” aveva annunciato l’intenzione di volersi occupare del destino della Fiat, si sarebbe convertito all’Islam, e addirittura alla confraternita mistica dei Sufi. Una foto lo ritrae a Teheran in una sessione di preghiera guidata dall’ayatollah Alì Khamenei, guida suprema della ierocrazia sciita. Fu proprio l’Iran ad accusare il Mossad, il servizio segreto israeliano, della morte di Edoardo Agnelli, precipitato da un viadotto autostradale in circostanze mai del tutto chiarite. Forse per motivi di pura propaganda politica anti-sionista, Teheran accusò la “lobby ebraica” di aver sostanzialmente propiziato l’eliminazione di Edoardo Agnelli (caso archiviato come suicidio) per poter poi mettere completamente le mani sull’impero Fiat dopo la morte di Gianni Agnelli. Dietrologie, semplici illazioni, addirittura insinuazioni senza fondamento? Dal lavoro di Moncalvo, incentrato per lo più sulla imbarazzante “guerra” familiare per l’eredità dell’Avvocato (seguita dall’ancora più imbarazzante silenzio dei media), emerge in sostanza l’impenetrabilità della governance Fiat, retta da logiche che ricordano quelle delle antiche monarchie.Carte giudiziarie alla mano, Moncalvo ha scoperto che il grosso del “tesoro” degli Agnelli è depositato all’estero, lontano dall’Agenzia delle Entrate (a Panama e in un caveau dell’aeroporto di Ginevra), e che i due uomini-ombra dell’Avvocato, Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens, manovrarono – insieme ai notai, e d’intesa con la vedova Agnelli, Marella Caracciolo – per favorire in modo esclusivo l’allora giovanissimo John Elkann, entrato nel board Fiat a soli 21 anni. Oggi, ragiona Moncalvo, la Exxor (finanziaria di famiglia) è stata stra-premiata con un “bonus” di oltre 5 miliardi dai futuri partner francesi, che in cambio però prenotano il controllo del colosso Fca-Psa, che verrebbe affidato a Carlos Tavares, l’uomo-Peugeot. Una maxi-buonuscita agli Elkann per lasciare il timone alla Francia, il cui governo oltretutto controlla il 13% del gruppo che include Peugeot, Citroen e Opel? Secondo “Money.it”, Fca porta in dote 102 stabilimenti e un fatturato da oltre 110 miliardi, con marchi come Fiat e Jeep, Lancia, Abarth, Alfa Romeo, Maserati, Chrysler, Dodge, Fiat Professional e Ram. Da canto suo, Psa (che possiede anche Ds Automobiles e Vauxhall) mette sul piatto appena 45 stabilimenti e un giro d’affari da 74 miliardi, inferiore quindi a quello dell’ex Fiat.In sostanza: i francesi offrirebbero di meno ma otterrebbero di più, dopo aver “premiato” a suon di miliardi i torinesi, forse ansiosi – da tempo – di disimpegnarsi dal settore auto? Se è presto per trarre conclusioni, visto che ogni giorno emergono precisazioni sullo sviluppo dell’accordo, ancora in corso nella sua definizione, è sconcertante – rileva Moncalvo – il silenzio assordante del sistema-Italia, di fronte a una notizia di questa portata. Gli stessi sindacati si limitato a mormorare: forse, auspica Landini, la fusione rafforzerà il comparto industriale. Certezze, nessuna: quand’era a capo della Fiom, Landini si vide beffare dall’inesistente Fabbrica Italia, il piano di rilancio solo vagheggiato da Marchionne. Ma ancora più clamoroso è il silenzio dei media nazionali e della stessa politica, evidenziato dall’assenza totale – nella vicenda – del governo Conte. E se chiuderanno gli stabilimenti del centro-sud? Visto che a decidere saranno i francesi, come possono dormire sonni tranquilli gli operai di Melfi, Pomigliano e Termini Imerese? Nessuno sembra domandarselo: silenzio di tomba. Muti i giornali, zitti i partiti, non pervenuto Palazzo Chigi. Purtroppo, la cosa non stupisce: solo in Italia, ricorda Moncalvo con amarezza, nel 1991 – per timore di dispiacere ai signori della Fiat – fu tradotto col titolo “Il silenzio degli innocenti” il film-kolossal di Jonathan Demme, con Jodie Foster e Anthony Hopkins. Nel resto del mondo, il titolo originale (”The silence of the lambs”) fu tradotto correttamente: il silenzio degli agnelli.«Tutti parlano giustamente del problema dell’Ilva e dei posti di lavoro a rischio a Taranto, ma nessuno – sottolineo, nessuno – parla dei posti che salteranno per la vicenda Fca-Psa». Perché nessuno ne parla? Molto semplice, risponde Gigi Moncalvo: «Nessuno osa rispondere al seguente interrogativo: quando ci sarà da decidere la sorte, la chiusura degli stabilimenti in Italia (Pomigliano d’Arco, Termini Imerese, Melfi e chi più ne ha, più ne metta), secondo voi prevarrà la volontà e la decisione dei 6 consiglieri (su 11) della corporation francese, oppure prevarrà la tesi di una società che ormai è olandese, londinese e americana?». Ormai l’ex Fiat – per decenni sorretta finanziariamente dallo Stato italiano – è infatti una società di diritto olandese con domiciliazione fiscale nel Regno Unito (e domiciliazione borsistica negli Usa). Insiste Moncalvo, dai microfoni della trasmissione web-radio “Forme d’Onda“, ripreso anche su YouTube: «Che cosa gliene importerà, all’ex Fiat, ormai olandese, londinese e americana, della sorte di Pomigliano d’Arco, Melfi, Termini Imerese e tutto il resto?». L’accusa di Moncalvo è esplicita: «I media tacciono, sull’accordo franco-italiano, perché la Fiat continua a riversare fior di soldi, in termini pubblicitari, su giornali e televisioni». Un modo per avere “buona stampa”, cioè in questo caso stimolare il silenzio dei giornalisti?
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Magaldi: è stato il libro ‘Massoni’ a far dimettere Napolitano
Pensateci: chi meglio di Mario Draghi, per smontare il rigore eurocratico? Se fosse sinceramente pentito dei suoi trent’anni di neoliberismo privatizzatore, e ora orientato da una visione neoaristocratica della politica, l’ex presidente della Bce potrebbe fare molto, per l’Italia, se ad esempio fosse eletto presidente della Repubblica dopo Mattarella. Gioele Magaldi, frontman italiano del circuito massonico progressista mondiale, conferma: insieme a Christine Lagarde, che ora ne ha ereditato la poltrona al vertice dell’Eurotower, lo stesso Draghi ha bussato alle porte della massoneria rivale, promotrice dei diritti sociali e ostile al rigore Ue. Tradotto: lui e la Lagarde offrirebbero la loro piena collaborazione per cominciare a rimediare ai disastri che l’élite oligarchica (di cui sono stati leader) ha finora combinato, mettendo alla frusta gli Stati e creando a tavolino una crisi che sembra senza vie d’uscita. L’altra notizia – che Magaldi affida a una video-chat con Fabio Frabetti di “Border Nights” – è che fu proprio lui, con il libro “Massoni” edito da Chiarelettere a fine 2014, a costringere alle dimissioni Giorgio Napolitano all’inizio del 2015, avendone svelato l’imbarazzante cifra massonica occulta e il ruolo di vettore strategico di nefasti poteri extra-italiani.Napolitano, dice Magaldi, «si è dovuto dimettere in seguito all’uscita del mio libro», un besteller (e long-seller, tuttora vendutissimo) preceduto da decine di migliaia di prenotazioni, prima ancora del debutto in libreria. Magaldi ha fondato il Movimento Roosevelt, entità metapartitica trasversale creata per rianimare in senso democratico la politica italiana, sclerotizzata nell’apparente opposizione destra-sinistra (a valle dell’obbedienza trentennale ai poteri forti dell’oligarchia europea). Già inziato alla superloggia “Thomas Paine” e ora gran maestro del Grande Oriente Democratico, lo stesso Magaldi fornisce una lettura esclusiva del back-office del vero potere, che descrive come interamente massonico, dominato da decine di superlogge apolidi e transnazionali che ispirano le scelte politiche a monte dei governi eletti. Secondo questa rappresentazione, una faglia profonda oppone le due galassie supermassoniche: da una parte la corrente progressista rooseveltiana, che detenne la leadership dell’Occidente fino alla fine dgli anni ‘60 preparandosi a lanciare verso la Casa Bianca il ticket rappresentato da Bob Kennedy e Martin Luther King, e dall’altra il filone neo-conservatore che avrebbe messo in campo politici come Reagan e Thatcher, per arrivare fino all’estremismo “terroristico” del clan Bush.Obiettivo della regia supermassonica del neoliberismo: demolire il welfare e la mobilità sociale, in nome dei dogmi economico-filosofici di Milton Friedman, Robert Nozick e Friedriech von Hayek, figli di una concezione neo-feudale della società. Di qui la politica post-democratica dell’ordoliberismo Ue: predisporre la scarsità artificiosa della moneta, sostanzialmente “privatizzata”, per ricattare gli Stati (leggasi spread) togliendo loro sovranità democratica e capacità di spesa, a esclusivo vantaggio della grande finanza speculativa. I rottami di questa lunghissima stagione, aperta in Italia dallo storico divorzio fra Tesoro e Bankitalia (retta allora dal massone Ciampi), sono sotto i nostri occhi. Il dramma dell’Ilva non è che l’ultimo capitolo di una tragedia a puntate, avviata dallo smembramento dell’Iri affidato a Romano Prodi (che Magaldi definisce “globalizzatore in grembiulino”). Sintomatico l’episodio del Britannia, 2 giugno ‘92, col massone Draghi raccontato come grande protagonista occulto della presunta cospirazione finanziaria anglosassone per la svendita del paese. «Più che le suggestioni complottistiche – avverte Magaldi – pesano i lunghi anni in cui Draghi, da direttore generale del Tesoro, agevolò le disastrose privatizzazioni all’italiana che minarono il futuro del paese».Qualche anno dopo, Massimo D’Alema (per Magaldi, altro supermassone neoaristocratico) si vantò di aver trasformato Palazzo Chigi in una merchant bank, realizzando il record europeo delle privatizzazioni. Ma D’Alema non era un leader della sinistra? Se è per questo lo erano anche Bill Clinton, Tony Blair e Gerhard Schroeder, fautori della “terza via” teorizzata dall’inglese Anthony Giddens come formula a metà strada tra capitalismo e socialismo. In realtà, i “terzisti” erano arruolati nella supermassoneria reazionaria – e tra questi anche Napolitano, iniziato alla superloggia “Three Eyes”, quella di Kissinger, Rockefeller e Brzezinski. Un uomo di cui Magaldi offre un ritratto piuttosto ruvido: «Negli anni ‘50, il comunista Napolitano era stalinista e difese la repressione sovietica della rivolta ungherese, e ancora negli anni ‘70 era un ostinato avversario della prospettiva europeista». Cambiò idea su tutto, capovolgendo le sue posizioni politiche: «Nel 2011, insieme a Draghi, predispose il “golpe bianco” di Mario Monti, eseguendo le direttive della supermassoneria oligarchia e post-democratica europea». Oggi tocca a Draghi cambiare bandiera, stavolta in direzione opposta?C’è chi lo indica candidato al Quirinale addirittura dalla Lega, in cambio del suo appoggio a un eventuale governo Salvini, qualora il Conte-bis saltasse per aria nei prossimi mesi. In molti diffidano del super-banchiere, solo ieri osannato dai peggiori esponenti dell’euro-sistema, Macron e Merkel in testa. Da parte sua, Magaldi ribalta il ragionamento: proprio per il prestigio di cui Super-Mario gode, da Bruxelles a Berlino, chi potrebbe smentire altrettanto autorevolmente i suoi ex sodali? Del resto, far passare dalla tua parte un generale nemico può essere il modo migliore per vincere una guerra. Non c’è bisogno di scomodare il paragone con la lotta alla mafia, dove sono stati i pentiti a svolgere un ruolo decisivo. Proprio la compravendita di colonnelli è lo sport nel quale ha primeggiato il fronte neoliberista, reclutando leader della sinistra e dirigenti sindacali. Era una prescrizione del geniale memorandum scritto nel 1971 da Lewis Powell: “comprare” i capi della sinistra riformista, lasciando a loro il compito di spiegare all’elettorato che l’austerity sarebbe stata cosa buona e giusta. Nel caso di Draghi, in realtà, saremmo di fronte a un ripensamento spontaneo: si è ricordato dell’antico insegnamento progressista del maestro Federico Caffè? In ogni caso, Magaldi è ottimista: gli oligarchi dell’euro-sistema, dice, hanno capito perfettamente che la loro “teologia” del rigore non potrà durare, viste le sofferenze sociali che sta infliggendo ai popoli europei.Pensateci: chi meglio di Mario Draghi, per smontare il rigore eurocratico? Se fosse sinceramente pentito dei suoi trent’anni di neoliberismo privatizzatore, e non più orientato da una visione neoaristocratica della politica, l’ex presidente della Bce potrebbe fare molto, per l’Italia, specie nel caso in cui, ad esempio, fosse eletto al Colle dopo Mattarella. Gioele Magaldi, frontman italiano del circuito massonico progressista mondiale, conferma: insieme a Christine Lagarde, che ora ne ha ereditato la poltrona al vertice dell’Eurotower, lo stesso Draghi ha bussato alle porte della massoneria rivale, promotrice dei diritti sociali e ostile al rigore Ue. Tradotto: lui e la Lagarde offrirebbero la loro piena collaborazione per cominciare a rimediare ai disastri che l’élite oligarchica (di cui sono stati leader) ha finora combinato, mettendo alla frusta gli Stati e creando a tavolino una crisi che sembra senza vie d’uscita. L’altra notizia – che Magaldi affida a una video-chat su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” – è che fu proprio lui, con il libro “Massoni” edito da Chiarelettere a fine 2014, a costringere alle dimissioni Giorgio Napolitano all’inizio del 2015, avendone svelato l’imbarazzante cifra massonica occulta e il ruolo di vettore strategico di nefasti poteri extra-italiani.
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Russia derubata: l’imbroglio americano del Muro di Berlino
Torgau, 25 aprile 1945: si abbracciavano commossi, su un ponte dell’Elba, i soldati russi e americani che avevano combattuto insieme per liberare l’Europa dal nazismo. Ma la storia li avrebbe traditi: la pace sarebbe svanita, perché l’Occidente non sarebbe stato ai patti. Altre lacrime, stavolta in mondovisione, il 9 novembre 1989. Cadeva il Muro di Berlino, che aveva diviso in due l’ex capitale di Hitler per 28 anni. Altro tradimento: gli Usa non avrebbero rispettato la solenne promessa fatta a Gorbaciov di non estendere la Nato verso l’Est Europa. Da allora, finita la guerra fredda e franato l’argine geopolitico dell’Urss, è svanita la pace vagheggiata dall’uomo della Perestrojka: e il mondo è precipitato nel feroce caos della guerra asimmetrica universale, terroristica e senza più frontiere, scatenata dall’élite occidentale globalista e neoliberista contro il resto del mondo. Doveva essere una festa della riconciliazione, il crollo del Muro, e invece è stato l’inizio di un trennennio buio per moltissimi popoli, travolti dalle “guerre americane” (e in Europa, dall’austerity). Ma il destino del pianeta era segnato, da quando scomparve Franklin Delano Roosevelt il 12 aprile 1945. A differenza di Truman, che ne prese il posto, il presidente del New Deal non avrebbe ingannato l’Unione Sovietica, riconoscendole anzi il merito storico di aver stroncato il nazismo a Stalingrado, invertendo il corso della storia oltre un anno prima dello Sbarco in Normandia.E’ la tesi che Giulietto Chiesa espone del provocatorio saggio “Chi ha costruito il muro di Berlino?”, che esplora i decisivi albori del dopoguerra – da Hiroshima alla guerra fredda – frugando, carte alla mano, tra i segreti della nostra storia più recente. Al punto in cui erano, chiusi nell’angolo – sostiene Chiesa – nel 1961 i sovietici non potevano far altro che innalzare quell’odioso, maledetto muro: non avevano i soldi per rispondere ad armi pari alla micidiale offensiva statunitense in Germania Est, realizzata violando tutti gli accordi tra le superpotenze. Per esempio, la decisione (condivisa da Roosevelt e Stalin) di progettare insieme il futuro della Germania, in modo bilaterale. Via Roosevelt, il voltafaccia americano si fece palese. E Berlino, insieme alla Germania Ovest, divenne il perno su cui investire per puntare all’unico crollo che interessasse davvero a Washington: quello di Mosca. Se a Yalta i vincitori si erano accordati lealmente per co-gestire l’imminente dopoguerra, a Potsdam nell’estate del ‘45 gli americani decisero di cambiare passo: le atomiche sul Giappone sarebbero state una minaccia diretta all’Unione Sovietica. Un anno prima, del resto, a Bretton Woods il sistema capitalista (”miracolato” dal New Deal ma pronto a emarginare lo stratega progressista Keynes) aveva stabilito il gold standard, la supremazia del dollaro come valuta internazionale e il ruolo “imperiale” del Fmi rispetto alle banche centrali, tranne quella americana.Non c’è bisogno di dichiararsi anticomunisti per ammettere che, ovunque abbia conquistato il potere, quell’ideologia abbia sistematicamente deluso, tradito e represso il popolo, imponendo un’oligarchia dittatoriale capace di macchiarsi dei peggiori crimini. Preoccupa, semmai, che il Parlamento Europeo abbia appena votato una mozione che equipara il comunismo al nazismo: in 150 anni, ricorda lo storico Alessandro Barbero, la parola “comunismo” ha unito milioni di persone che speravano in un modo migliore, più giusto e solidale, mentre – com’è noto – il nazismo aveva come primo obiettivo il primato “razziale” germanico e lo sterminio degli ebrei. L’aspetto più inquietante, nel caotico dopoguerra (secondo Giulietto Chiesa, e non solo) riguarda lo strano feeling tra l’élite statunitense e la Germania nazista sconfitta: subito dopo lo spettacolare Processo di Norimberga, scrive Chiesa, furono almeno 20.000 i criminali nazisti reclutati da Washington per dar vita ai propri apparati di sicurezza come la Cia, ma anche la Nato e lo stesso esercito della Germania Occidentale, paese scelto – almeno dal 1947, a quanto pare – come leva strategica per scardinare la presa sovietica sull’Est Europa, fino poi a far crollare il regime di Mosca.Eterogenesi dei fini: paradossalmente, osserva Chiesa, è proprio “grazie a Hitler” (aiutato sottobanco dalla finanza facente capo a Rockefeller e Allen Dulles, poi capo della Cia) che l’America ha potuto diventare la superpotenza “imperiale”, unica padrona dei destini europei. «L’Europa che abbiamo ereditato – sostiene Giulietto Chiesa, già militante comunista e a lungo corrispondente da Mosca per “L’Unità” – è il risultato della sottrazione della vittoria alla Russia, dell’impossessarsi della vittoria da parte degli Usa e della fine dell’impero britannico, sostituito dall’impero americano». La sua ricostruzione della crisi di Berlino – culminata con la costruzione del Muro – è decisamente inconsueta. Nel 1946, subito dopo Norimberga, gli Usa decidono di rivalutare il marco della Germania Occidentale di quasi 5 volte il suo valore, nonostante gli accordi iniziali sulla co-gestione, con i russi, del futuro del paese. Tra parentesi: la battaglia di Berlino, culminata il 2 maggio del ‘45, aveva messo l’Armata Rossa nelle condizioni di dilagare in gran parte del territorio tedesco. «Stalin invece si fermò a Berlino, fedele al patto siglato a Yalta con Roosevelt». Salito Truman alla Casa Bianca, «di colpo l’Occidente vuole mezza Germania per sé, inclusa la parte occidentale di Berlino». E cosa fa? Rivaluta la moneta. «Risultato: a Berlino Ovest, da un giorno all’altro, si guadagna 4 volte tanto».Chiesa parla di «banconote preparate segretamente già dal 1947». A Berlino, alla vigilia della costruzione del Muro, 50-60.000 lavoratori dell’Est fanno i pendolari: lavorano nella zona Ovest, passando liberamente da un settore all’altro. All’improvviso, con l’impennata valutaria del marco occidentale, succede questo: all’Est, pane e benzina costano 4 volte meno, quindi i berlinesi dell’Ovest corrono a svuotare i negozi dell’Est. In parallelo, comincia l’esodo: 200.000 tedeschi lasciano Berlino Est per trasferirsi a Berlino Ovest. «In due anni e mezzo, traslocarono quasi 2 milioni di persone». L’Urss, ancora devastata dall’invasione nazista, non aveva i soldi per reagire sul piano economico-finanziario: «Nella Germania Orientale, Mosca aveva promosso infrastrutture avanzate: ospedali, università, centri di ricerca. Ma il livello di vita era quello socialista, come in Urss». Conclusione: «Il Muro di Berlino fu un atto elementare difensivo, al quale non ci si poteva sottrarre (se non arrendendosi)». Si dirà: ha stravinto, in ultima analisi, il modello economico più convincente. L’unico (dei due) capace di motivare gli individui, lasciandoli liberi di parlare, pensare ed esprimersi democraticamente, e soprattutto di conquistare in tempi brevi una condizione di notevole benessere.Giulietto Chiesa non si nasconde, ovviamente, le aberrazioni dello stalinismo: «C’erano stati milioni di arresti, le deportazioni in Siberia, l’industrializzazione mediante lavoro forzato». Eppure, aggiunge, «in quel momento la dirigenza sovietica aveva un enorme consenso popolare: finita la guerra, i russi pensavano che sarebbe cessata anche la repressione, e che si sarebbe cominciato finalmente a vivere, anche in Russia, in condizioni diverse». Attenzione: «La Russia aveva vinto la guerra, sul suo territorio. Aveva avuto 20 milioni di morti: non voleva, né poteva, considerarsi battuta». Orgoglio, e non solo: l’Unione Sovietica aveva sconfitto il nazismo, ereditando solo macerie. Città distrutte, industrie rase al suolo: un sacrificio immenso. L’America? Intatta. Nello Sbarco in Normandia, il 6 giugno 1944, gli alleati ebbero 4.400 morti e quasi 8.000 feriti. Cifre che impallidiscono di fronte a Stalingrado, battaglia decisiva per le sorti della Seconda Guerra Mondiale, protrattasi dal 17 luglio 1942 al 2 febbraio dell’anno seguente. Bilancio: mezzo milione di soldati sovietici uccisi e 650.000 feriti, oltre un milione di perdite inflitte ai tedeschi e ai loro alleati. L’attuale demonizzazione del comunismo pretesa (per legge) dall’Unione Europea finisce per mettere in ombra la storia, scippando un’altra volta la Russia: che, secondo Chiesa, quel dannato Muro fu costretta a erigerlo, dopo esser stata ingannata dall’ex alleato americano.(Il libro: Giulietto Chiesa, “Chi ha costruito il muro di Berlino? Dalla guerra fredda alla nascita della bomba atomica sovietica, i segreti della nostra storia più recente”, Uno Editori, 160 pagine, euro 13,90).Torgau, 25 aprile 1945: si abbracciavano commossi, su un ponte dell’Elba, i soldati russi e americani che avevano combattuto insieme per liberare l’Europa dal nazismo. Ma la storia li avrebbe traditi: la pace sarebbe svanita, perché l’Occidente non sarebbe stato ai patti. Altre lacrime, stavolta in mondovisione, il 9 novembre 1989. Cadeva il Muro di Berlino, che aveva diviso in due l’ex capitale di Hitler per 28 anni. Altro tradimento: gli Usa non avrebbero rispettato la solenne promessa fatta a Gorbaciov di non estendere la Nato verso l’Est Europa. Da allora, finita la guerra fredda e franato l’argine geopolitico dell’Urss, è svanita la pacificazione vagheggiata dall’uomo della Perestrojka: siamo precipitati nel feroce caos della guerra asimmetrica universale, terroristica e senza più frontiere, scatenata dall’élite occidentale globalista e neoliberista contro il resto del mondo e contro le stesse democrazie. Doveva essere una festa della riconciliazione, il crollo del Muro, e invece è stato l’inizio di un trentennio buio per moltissimi popoli, travolti dalle “guerre americane” (e in Europa, dall’austerity). Ma il destino del pianeta era segnato, da quando scomparve Franklin Delano Roosevelt il 12 aprile 1945. A differenza di Truman, che ne prese il posto, il presidente del New Deal non avrebbe ingannato l’Unione Sovietica, riconoscendole anzi il merito storico di aver stroncato il nazismo a Stalingrado, invertendo il corso della storia oltre un anno prima dello Sbarco in Normandia.
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Oltre a Hitler, chi ha sulla coscienza quei milioni di ebrei?
Perché per far rientrare gli ebrei (esiliati) nella terra promessa sarebbero dovuti morire sei milioni di loro? Perché avrebbero dovuto pagare questa pesante “tassa”? Sono loro stessi a dirlo: lo dice il giudaismo, in particolare. Ovviamente non è una profezia contenuta nella Bibbia, come alcuni vorrebbero far credere, giocando sulle parole (soprattutto sull’assenza della lettera waw all’interno del termine che indica “ritornerete”, che si si trova in Levitico), ma è qualcosa che è stato deciso successivamente. Peraltro, ricordo anche espressioni di sionisti che dicevano: «In fondo, una nazione val bene qualche milione di morti». E quindi era la “tassa” da pagare (o da far pagare) per poter avanzare con forza la richiesta di poter tornare in quella che loro ritengono essere la loro nazione. Quando dico “loro” intendo i sionisti, perché non tutti gli ebrei sono d’accordo: penso ad esempio al movimento dei Naturei Karta, che sono diverse centinaia di migliaia di ebrei, che ritengono questo Stato di Israele assolutamente illegittimo perché non fondato dal messia (questo sì, sarebbe scritto nell’Antico Testamento e farebbe parte della tradizione ebraica; invece questo Stato di Israele non è stato fondato dal messia, dunque da questi è ritenuto illegittimo).Quella dei cosiddetti sei milioni era la tassa da pagare per poter avanzare questa richiesta al mondo. E non è un caso che di sei milioni si sia iniziato a parlare ben prima della nascita di Hitler: il che vuol dire che era qualcosa di già deciso in precedenza. Quello sulla Shoah è un discorso estremamente delicato, che va trattato veramente con le pinze. Partiamo dal presupposto che questo sia avvenuto, e non mettiamo neppure in discussione l’ammontare delle vittime: in fondo, che siano sei milioni o seicentomila, fra virgolette poco conta (anche perché poi è difficile contarle esattamente). Ma supponiamo pure che siano sei milioni. Ora, ciò che è difficile pensare è che questo sia stato pianificato in modo autonomo e improvviso dal nazionalsocialismo. E’ un qualcosa di cui si parlava molto prima: la pianificazione è partita molto prima della nascita di Hitler. Ci sono addirittura delle chiavi di lettura che la danno come “inevitabile” perché già prevista nella Bibbia, attraverso particolari riletture (del Levitico, appunto) da cui risulterebbe che condizione essenziale per il ritorno degli ebrei in terra d’Israele era la scomparsa di sei milioni di loro.Ora, secondo me, il problema (più importante ancora di quello che pone il revisionismo) è questo: diamo per scontato che la Shoah ci sta stata e che abbia avuto quelle dimensioni, con la quale ci viene raccontata. Il problema è: chi l’ha veramente voluta? Chi l’ha pianificata? Da quando l’ha pianificata? Di chi sono stati vittima, questi ebrei? Questi ebrei che sono stati uccisi erano davvero tutti ebrei o, come come li chiamavano i tedeschi, erano dei giudei? Il che non significa esere necessariamente ebrei, ma essere una parte che poteva essere “sacrificata”, in quanto ritenuta non pura dal punto di vista del sangue. Ecco, questa secondo me è la direzione nella quale bisogna procedere con la ricerca, per capire quali sono le vere responsabilità: che non possono essere interamente ed esclusivamente attribuite al nazionalsocialismo, perché la pianificazione sicuramente è partita prima. Tornando alla Bibbia: perché gli Elohim più potenti che circondavano gli israeliti hanno avuto la peggio e non sono divenuti così famosi come Yahweh? Le riposte possono essere tante: possono aver lasciato campo libero a Yahweh, se ne possono essere andati, oppure Yahweh può essere risultato il più bravo, cioè quello che ha saputo imporsi al di sopra degli altri.Oppure c’è anche un’altra spiegazione: a un certo punto tutti loro, gli Elohim, si sono di fatto disinteressati del rapporto diretto con l’umanità. E poi, da un certo momento in avanti (nei secoli più vicini a noi: 1600, 1700), qualcuno è stato talmente bravo da riprendere in mano tutta questa storia e ricostruire una situazione, gestendola e programmandola a suo uso e consumo, facendola risalire (e quindi legandola) a racconto biblico. Quindi, il tutto potrebbe essere nelle mani di – diciamo così – usurpatori: cioè persone che, in origine, non avevano nulla a che vedere con la Bibbia. Non sarebbero neanche discendenti delle 12 tribù di Israele, ma sarebbero un altro popolo, di guerrieri e di usurai, che si è convertito al giudaismo e ha preso in mano le redini del tutto, e ha saputo imporre e gestire quel regime finanziario che ci sta governando. Questa cosa spiegherebbe anche come mai, durante la Seconda Guerra Mondiale, la pianificazione dell’uccisione di alcuni milioni di essi fosse diretta soprattutto alla cosiddetta “razza giudaica”, più che alla “razza ebrea”. E quindi questo richiede uno studio accurato, che dovrà portare forse ad un riesame della storia così come ci è stata raccontata.(Mauro Biglino, video-dichiarazioni rilasciate sul proprio sito il 4 ottobre 2019 rispondendo a domande dei lettori. Biblista e già traduttore ufficiale dell’Antico Testamento per le Edizioni San Paolo, l’autore ha intrapreso una pubblicazione saggistica basata sulla scoperta della rilettura letterale del testo biblico, da cui sono testualmente assenti i concetti teologici e metafisici. Yahweh sarebbe solo uno dei tanti Elohim menzionati dalla Bibbia: dominatori alieni, cioè diversi e distinti dagli umani, potenti ma non onnipotenti né immortali. Riguardo alle possibili origini pre-hitleriane del progetto della Shoah, immane strage che Biglino si guarda bene dal negare, l’autore fa riferimento alla letteratura giornalistica anglosassone, di pubblico dominio, che a partire dalla fine del 1800, con crescente insistenza, allude all’imminente sterminio di sei milioni di ebrei in Europa, ben prima dell’avvento del nazismo. Mentre il negazionismo tende a ridimensionare le spaventose responsabilità della Germania, Biglino – al contrario – ipotizza che il regime di Hitler sia stato utilizzato come spietato strumento di morte, a insaputa dei tedeschi e degli stessi ebrei, da mostruosi manipolatori occulti della geopolitica mondiale).Perché per far rientrare gli ebrei (esiliati) nella terra promessa sarebbero dovuti morire sei milioni di loro? Perché avrebbero dovuto pagare questa pesante “tassa”? Sono loro stessi a dirlo: lo dice il giudaismo, in particolare. Ovviamente non è una profezia contenuta nella Bibbia, come alcuni vorrebbero far credere, giocando sulle parole (soprattutto sull’assenza della lettera waw all’interno del termine che indica “ritornerete”, che si si trova in Levitico), ma è qualcosa che è stato deciso successivamente. Peraltro, ricordo anche espressioni di sionisti che dicevano: «In fondo, una nazione val bene qualche milione di morti». E quindi era la “tassa” da pagare (o da far pagare) per poter avanzare con forza la richiesta di poter tornare in quella che loro ritengono essere la loro nazione. Quando dico “loro” intendo i sionisti, perché non tutti gli ebrei sono d’accordo: penso ad esempio al movimento dei Naturei Karta, che sono diverse centinaia di migliaia di ebrei, che ritengono questo Stato di Israele assolutamente illegittimo perché non fondato dal messia (questo sì, sarebbe scritto nell’Antico Testamento e farebbe parte della tradizione ebraica; invece questo Stato di Israele non è stato fondato dal messia, dunque da questi è ritenuto illegittimo).
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5 Stelle ricattati dal potere che utilizza tutti, anche la Lega
Nelle elezioni in Umbria, la coalizione Pd-M5S la preso una legnata terribile. Lo si sapeva, era attesa. Ma probabilmente è andata al di là delle proporzioni che tutti si aspettavano. A parte quello che dicono i talkshow, sempre manipolati, ora cosa ci si può attendere, realisticamente? L’alleanza tra 5 Stelle e Pd è stata facilitata dal “babau” Salvini che “creava un sacco di problemi per l’Italia” (il che era anche vero, perché tutto il mondo del potere si era esercitato – coi mercati, con l’Europa – contro il governo precedente). Salvini, per qualche motivo (qualche ricatto, o qualcosa del genere) è stato costretto a buttare all’aria il governo gialloverde, e così si è formato quello che prima non si poteva formare: senza il “babau” Salvini, Pd e 5 Stelle non avrebbero mai fatto maggioranza insieme. Certo non è facile, la coesistenza di questi due soggetti: bisogna che ci siano delle contingenze esterne che la rendano sempre più possibile. Ora, elezioni regionali sembrano essere state una legnata, per i due alleati (e lo sono), ma d’altra parte li costringono – ancora di più – a stare insieme fino alla fine della legislatura, perché se si va alle elezioni prendono una batosta anche a livello nazionale e perdono il governo.Quindi, invece di chiarire se questo governo deve rimanere in carica o no, queste elezioni lo rafforzano – a meno che (il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi) qualche gruppo di grillini o di renziani non immagini una strada diversa e mandi tutto all’aria. Vedremo, ma innnazitutto: perché si è verificata, questa batosta? I grillini hanno tradito la loro base. Come nel resto d’Italia, anche in Umbria il Movimento 5 Stelle si era formato combattendo contro Berlusconi e contro il Pd. Questa è stata la loro storia. In Umbria avevano lottato soprattutto contro il Pd, in tutti i modi. In Umbria, il Pd era l’arroganza del potere, il rapporto con il capitale e con i poteri forti, e nessun ascolto dei territori. Questo è stato, il gruppo incarnato dal Pd, per decine di anni. E gli uomini del Movimento 5 Stelle (consiglieri regionali, comunali) erano cresciuti in Umbria facendo questa battaglia. Ho parlato con tanti di loro. Quando il M5S si è alleato col Pd, dicevano: «E adesso noi che facciamo? Ci avevamo messo la faccia, e adesso la perdiamo». Aggiungevano: «Speriamo che il disastro elettorale sia di proporzioni limitate». Ma secondo me nemmeno loro se l’aspettavano, che finisse proprio così.C’è stato il tradimento di tutta una classe di attivisti 5 Stelle (come anche nel resto d’Italia, peraltro: quindi, se la stressa cosa viene riproposta in giro per l’Italia, immaginatevi cosa succede). Ma ormai la gente cominicia a non credere più ai burattini di Grillo. In mezzo a loro ci sono tante persone per bene, ma ormai lo si è capito: Grillo ha deciso di andare col Pd, coi poteri forti. Ha deciso di favorire la finta rivoluzione fatta dai poteri forti attraverso l’elettronica, l’industria del “green new deal”, e così il Tap, il Tav, il Muos, i vaccini. Quindi la gente ormai se n’è accorta. Ci vorrà un po’ di tempo, ma diciamo che il Movimento 5 Stelle è in via di spegnimento. A favore di chi? Dei poteri forti, ovviamente. Attualmente, in Parlamento il M5S ha una massa enorme di deputati e senatori che non avrebbe, se si fosse votato adesso, ma insieme a quelli del Pd (che anch’essi prenderebbero una discreta legnata) hanno tutto l’interesse a portare a termine la legislatura, a maggior ragione dopo la batosta in Umbria. Ma pensate al potere oscuro che li controlla entrambi: è un potere verticista, mondializzante, europeista. Pensate a come li controlla meglio, adesso. Non possono sgarrare, né protestare, perché rischiano di andare tutti a casa.E allora farà ancora più disastri, il pericolosissimo governo Conte-bis. E’ stato formato da gente del Club di Roma, dell’Unione Europea, di Goldman Sachs e da gente dei peggiori poteri, inclusi i gesuiti e certe massonerie. E’ un governo di guerra, muove guerra alle coscienze, e trasferirà ancora più fondi dalle nazioni all’Ue: è punta di lancia dell’europeismo e della maggioranza europea verticalizzante. Farà ancora più danni, perché costringerà facilmente a stare zitti i deputati e i senatori che lo sostengono: dovranno accettare tutto, altrimenti andranno a casa. Riuscirà, questa operazione? Speriamo di no. Se non riuscisse, cosa succederebbe? Magari, la destra andrebbe al governo. Ma non aspettiamoci rivoluzioni: la destra dipende dagli stessi poteri, il suo mestiere è solo di fare “bau-bau”. Quindi avremmo un governo di destra che verrebbe attaccato in tutti i modi. Verrebbe messa in crisi l’Italia, fino a ricondurci all’ovile dei funzionari del potere. Quello che è stato fatto adesso verrebbe riproposto. Cosa dobbiamo fare? Svegliarci, non credergli più. E continuare a fare quello che diciamo sempre: lavoriamo, non pensando a questi felloni, ma a quello che possiamo fare attorno a noi. Organizziamoci in piccole comunità e associazioni, gruppi d’acquisto etico-solidali. Facciamo il lavoro in orizzontale: è dal livello orizzontale che sorgerà una società nuova, non da questi felloni.(Fausto Carotenuto, “Elezioni in Umbria: la batosta Pd e M5S. Perché? Cosa cambia in Parlamento?”, video-editoriale su YouTube registrato il 29 ottobre 2019. Già analista politico dei servizi segreti Nato, Carotenuto è ora animatore del network “Coscienze in Rete”).Nelle elezioni in Umbria, la coalizione Pd-M5S la preso una legnata terribile. Lo si sapeva, era attesa. Ma probabilmente è andata al di là delle proporzioni che tutti si aspettavano. A parte quello che dicono i talkshow, sempre manipolati, ora cosa ci si può attendere, realisticamente? L’alleanza tra 5 Stelle e Pd è stata facilitata dal “babau” Salvini che “creava un sacco di problemi per l’Italia” (il che era anche vero, perché tutto il mondo del potere si era esercitato – coi mercati, con l’Europa – contro il governo precedente). Salvini, per qualche motivo (qualche ricatto, o qualcosa del genere) è stato costretto a buttare all’aria il governo gialloverde, e così si è formato quello che prima non si poteva formare: senza il “babau” Salvini, Pd e 5 Stelle non avrebbero mai fatto maggioranza insieme. Certo non è facile, la coesistenza di questi due soggetti: bisogna che ci siano delle contingenze esterne che la rendano sempre più possibile. Ora, elezioni regionali sembrano essere state una legnata, per i due alleati (e lo sono), ma d’altra parte li costringono – ancora di più – a stare insieme fino alla fine della legislatura, perché se si va alle elezioni prendono una batosta anche a livello nazionale e perdono il governo.
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Matolcsy No-Euro, Magaldi: chi vuole quest’Europa debole
«Dobbiamo ammettere che l’euro è stato un errore. È giunto il momento di cercare una via d’uscita». Nel giorno del primo discorso della neopresidente della Bce, Christine Lagarde, fanno rumore le parole di György Matolcsy, governatore della banca centrale ungherese, che dalle colonne del “Financial Times” chiede l’introduzione di un meccanismo di uscita dalla «trappola dell’euro». Per Matolcsy, come riporta l’“Huffinfton Post”, è necessario liberarsi dal «dogma nocivo» secondo cui l’euro sarebbe stato un passo “naturale” verso l’unificazione dell’Europa occidentale. «Due decenni dopo il lancio dell’euro, mancano ancora i pilastri necessari per una moneta globale di successo: uno Stato comune, un budget che copra almeno il 15-20% del Pil dell’Eurozona e un ministro delle finanze dell’area euro». Tra chi plaude alla sortita di Matolcsy (che giunge dopo la dichiazione della stessa Lagarde, secondo cui la moneta andrebbe “restituita” al popolo), c’è Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt: «Le parole del banchiere centrale ungherese sono musica, per le nostre orecchie: piuttosto che restare in questa Disunione Europea, tanto vale tornare alla sovranità nazionale per poi ripensare da zero, in modo democratico, la prospettiva confederale degli Stati Uniti d’Europa».Rompere con Bruxelles? A un patto: che si dica tutta la verità. Anche quella che Matolcsy per ora non inquadra. Ovvero: alla Russia – cui l’Ungheria guarda – questa Ue disastrosa sta benissimo così, litigiosa e debole, in crisi perenne. «Sia in Russia che negli Usa esistono ambienti massonici conservatori che lavorano perché l’Europa resti prigioniera dei suoi problemi», afferma Magaldi, esponente dei circuiti massonici progressisti sovranazionali. Gran maestro del Grande Oriente Democratico e autore del saggio “Massoni” (Chiarelettere), Magaldi accusa: «La Bce è gestita in modo privatistico da quegli stessi ambienti massonici che operano affinché l’Europa, di fatto, continui a non esistere, a non avere una politica estera autonoma né un budget federale». Occorrerebbe una svolta radicale: «Fine dell’austerity, investimenti robusti per l’occupazione senza paura di ricorrere al deficit. Servirebbero gli eurobond, per far sparire il ricatto dello spread. E ci vorrebbe una Costituzione europea finalmente politica». Viceversa, stando così le cose, l’Ue continua a non esistere, se non come “fiction”.«È giunto il momento di svegliarsi da questo sogno dannoso e infruttuoso», dice Matolcsy. «Un buon punto di partenza sarebbe riconoscere che la moneta unica è una trappola praticamente per tutti i suoi membri – per ragioni diverse – e non una miniera d’oro». Gli Stati dell’Ue, fuori e dentro l’Eurozona, «dovrebbero ammettere che l’euro è stato un errore strategico». L’obiettivo di costruire una valuta occidentale globale che competesse con il dollaro «era una sfida verso gli Stati Uniti», secondo il banchiere centrale ungherese. «La visione europea degli Stati Uniti d’Europa – aggiunge – negli ultimi due deceni ha portato a una guerra americana, aperta e nascosta, contro l’Ue e l’Eurozona». Magaldi non concorda: purtroppo, sostiene, i vecchi occhiali con cui osservare la geopolitica non bastano più. Dietro a espressioni come “l’America”, “la Russia” e “l’Europa” si nascondono fazioni precise e contrapposte, interamente massoniche: massoni progressisti e reazionari. «Proprio la componente neoaristicratica, incarnata da uomini come Mario Draghi, ha finora gestito Ue e Bce, in perfetto accordo con i circoli oligarchici – russi e americani – contrari a uno sviluppo sostanziale e democratico dell’Europa».Il vento sta cambiando? Lo lascerebbero supporre le recenti uscite di massoni come Draghi e la Lagarde, per decenni personaggi-simbolo della massoneria neoaristicratica: alla “moneta del popolo” della tecnocrate francese si aggiunge l’evocazione della Mmt da parte del super-banchiere italiano. Ora, a sparigliare le carte si aggiunge Matolcsy: «Dobbiamo capire come liberarci da questa trappola», dice. «I membri dell’Eurozona dovrebbero essere autorizzati a lasciare la zona di valuta nei prossimi decenni, e quelli rimanenti dovrebbero costruire una valuta globale più sostenibile». Da Matolcsy, una provocazione che lascerà il segno: nel 2022, per il trentesimo anniversario del Trattato di Maastricht, propone di «riscrivere il patto che ha generato l’euro». Magaldi l’aveva preannunciato: tutto sta per cambiare, perché il vecchio blocco di potere massonico (incarnato da politici come Merkel e Macron) è entrato in crisi. «Il neoliberismo ha un ben misero bilancio da vantare, e il malessere dei popoli europei sta crescendo». Possibile aspettarsi colpi di scena, in una situazione sempre più instabile in cui ora anche l’Ungheria sembra pronta a dire la sua.«Dobbiamo ammettere che l’euro è stato un errore. È giunto il momento di cercare una via d’uscita». Nel giorno del primo discorso della neopresidente della Bce, Christine Lagarde, fanno rumore le parole di György Matolcsy, governatore della banca centrale ungherese, che dalle colonne del “Financial Times” chiede l’introduzione di un meccanismo di uscita dalla «trappola dell’euro». Per Matolcsy, come riporta l’“Huffington Post”, è necessario liberarsi dal «dogma nocivo» secondo cui l’euro sarebbe stato un passo “naturale” verso l’unificazione dell’Europa occidentale. «Due decenni dopo il lancio dell’euro, mancano ancora i pilastri necessari per una moneta globale di successo: uno Stato comune, un budget che copra almeno il 15-20% del Pil dell’Eurozona e un ministro delle finanze dell’area euro». Tra chi plaude alla sortita di Matolcsy (che giunge dopo la dichiazione della stessa Lagarde, secondo cui la moneta andrebbe “restituita” al popolo), c’è Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt: «Le parole del banchiere centrale ungherese sono musica, per le nostre orecchie: piuttosto che restare in questa Disunione Europea, tanto vale tornare alla sovranità nazionale per poi ripensare da zero, in modo democratico, la prospettiva confederale degli Stati Uniti d’Europa».
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ControTv, in diretta: Chiesa e Mazzucco aggirano YouTube
Attenti a quei due: da anni sfidano il mainstream, smontando le sue leggende, e non hanno ancora smesso di impensierire il Grande Fratello. Tant’è vero che, non appena la nuova iniziativa è finita su una pagina Facebook con oltre 40.000 contatti, la segnalazione è stata trasmessa in automatico solo a 9.000 follower. Già si annusano guai in vista, ipotizza Massimo Mazzucco, titolare della pagina stranamente “filtrata”: il mitico algoritmo di Zuckerberg sospetta che il suo nome, unito a quello di Giulietto Chiesa, possa essere sinonimo di grane? Del resto, quello è il sistema che dispensa sonni tranquilli al cittadino, magari invitandolo a rifugiarsi nel politically correct come nel caso del polverone attorno alla commissione Liliana Segre. Sacrosanto condannare chi insulta i reduci della Shoah, beninteso: purché questo poi non venga usato per silenziare chiunque la pensi diversamente, sui temi più disparati. «Vale anche per il revisionismo: un conto è oltraggiare i reduci, un altro è avere idee differenti sulla storia. Proibirle non è forse contrario alla libertà di parola tutelata dalla Costituzione?». E poi: «Perché la versione ufficiale dovrebbe essere obbligatoria solo per la Shoah, di cui si stabilisce il numero di vittime senza mai interrogarsi sulle vere cause del nazismo e sui sostenitori occulti di Hitler?». A quel punto, dice Mazzucco, si emani una verità ufficiale su ogni altro tema, e buonanotte a tutti.