Archivio del Tag ‘guerra’
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In Turchia l’uranio di Teheran: crolla l’alibi-guerra
Con l’accordo preso con la Turchia, con la mediazione del presidente brasiliano Lula, l’Iran si è impegnato a far gestire all’estero il ciclo di arricchimento dell’uranio necessario al funzionamento delle sue future centrali. L’accordo spiazza e disarma Stati Uniti ed Israele, che ora rimangono senza argomenti e soprattutto privi della tanto utile “minaccia iraniana”, rispolverata di continuo malgrado la volontà di Teheran di non offrire pretesti per scatenare una guerra. Esemplare in questo senso il titolo del New York Times, sostanzialmente rammaricato per l’accordo che disarma i falchi della crisi: “L’iran acconsente a spedire l’uranio, complicando i colloqui per le sanzioni”.
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Macelleria Afghanistan, altro sangue italiano dal fronte
Ancora morte in Afghanistan fra i soldati italiani: il 17 maggio è toccato a due giovani alpini, dilaniati dall’esplosione di un ordigno che ha sventrato il veicolo blindato “Lince” sul quale viaggiavano, alla testa di un convoglio Isaf diretto a Bala Murghab, verso il principale teatro di combattimento settentrionale delle truppe italiane. Alpini, bersaglieri e paracadutisti sono impegnati da un anno in una lenta avanzata verso nord contro le forze talebane che controllano le aride vallate a ridosso del confine turkmeno, in una guerra che ora fa paura anche agli Usa: popolazione, parlamentari e persino militari sono sempre più critici.
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Iran, rischio guerra: Russia e Cina non la fermeranno
Russia e Cina «stanno sulla riva del fiume a veder passare il cadavere di Obama», se gli Usa cadranno nella trappola della guerra contro l’atomica dell’Iran. Lo afferma Giulietto Chiesa, intervistato da Simone Santini per “Clarissa” sui mobili scenari dell’Asia, scossi da continue crisi, dalla Georgia al Kirghizistan. Sullo sfondo, la lobby di Israele estesa anche a Mosca, l’ansia per l’espansione della Cina e l’eterna partita a scacchi con l’America in crisi per il controllo delle risorse planetarie. Uno scenario pericoloso, che avvicina il mondo a una nuova guerra, nel silenzio assoluto dei media.
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Usa, malati di guerra: 18 suicidi al giorno tra i reduci
Ogni giorno negli Usa diciotto veterani, per lo più reduci di guerra, si suicidano. Lo riferisce “Army Times”, settimanale di militari diffuso fra gli operatori delle forze armate negli Stati Uniti. Ogni giorno sono in trenta a tentare il suicidio, diciotto dei quali, appunto, ci riescono. Degli altri dodici, meno di cinque ricevono assistenza da “Veterans Affairs”, considerato uno dei migliori programmi sanitari del paese. Quelli dei reduci rappresentano oltre un quinto dei 30.000 suicidi annuali degli Usa.
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Petrolio, catastrofe Louisiana: i mandanti siamo noi
Sento il rumore delle grida. Lo sento dentro. Scuote ogni centimetro del mio corpo. Sono grida di dolore, di sconcerto, di paura. Sono le grida degli 11 operai morti e dei 17 feriti (bilancio provvisorio)? Sono le grida degli uccelli, dei pesci, dei cetacei, delle alghe, delle onde del mare, incatramate, soffocate, lentamente uccise dalle tonnellate di petrolio che si stanno riversando nei mari di fronte alla Louisiana. Leggo su Repubblica.it: «La Bp, che inizialmente aveva tranquillizzato sulle conseguenze per l’ambiente, ora lancia allarmi sulla possibilità di bloccare la fuoriuscita di greggio dalle valvole e dalle tubature».
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Gino Strada: chi ha paura del nostro ospedale?
Il giorno dopo sembra quasi più duro. Gli operatori di Emergency sono liberi perché innocenti. Ma l’evidenza non basta, ci sono giornalisti che affermano – eh, perbacco, hanno le fonti! – che la liberazione sia avvenuta per uno scambio politico: fuori i tre possibili terroristi in cambio della chiusura dell’ospedale. Un accordo, insomma. L’ipotesi, peraltro già smentita dalla Farnesina, dal governo afghano e da Emergency, è tuttavia affascinante e induce a qualche riflessione. Se fosse vero che la liberazione sia stato il frutto di uno scambio, ciò non sarebbe altro che una conferma di quel che Emergency ha detto e scritto dopo l’aggressione all’ospedale di Lashkargah
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Lilin: conosco l’orrore, per questo stimo Emergency
Desidero unirmi al messaggio di solidarietà per ciò che sta accadendo a Emergency in Afghanistan. Da ex militare conosco la situazione di guerra e so quanto è importante l’impegno di chi fa volontariato nei territori coinvolti da un conflitto armato. Da cittadino italiano sono orgoglioso che proprio dalla mia nazione sia partito il progetto Emergency, e sono contento che nel corso degli anni, grazie all’impegno profuso da parte dei volontari, Emergency si sia guadagnata la reputazione di un’organizzazione seria, importante per l’umanità, un’organizzazione che attraverso i suoi impegni porta valori democratici nei posti difficili, colpiti da guerre, crisi umanitarie, dittature.
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Elicottero-killer: chi passa quei video a Wikileaks
La strage indiscriminata compiuta dal cielo sopra Baghdad non sembra perdersi nel grande e indistinto bagno di sangue mesopotamico. Stavolta si nota subito che quel che vediamo è insolito. Incontriamo da vicino il punto di vista sbrigativo e crudele degli occupanti statunitensi, sentiamo le loro parole irridenti mentre demoliscono ogni ipocrisia sulle “regole d’ingaggio”. Merito di Wikileaks, un sito che fa trapelare molte verità scomode, con una cadenza ormai così fitta da spingere il Pentagono a brigare per chiuderlo: il web è un fronte primario della lotta fra guerra e verità.
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Lilin: vi regalo l’inferno che ho vissuto in Cecenia
«Non sono un eroe, e forse il mio dovere oggi è non fingere di esserlo stato». Nicolai Lilin, su “Repubblica”, spiega con sofferenza perché ha scritto “Caduta libera”, la sconvolgente confessione della sua esperienza di guerra, in Cecenia, dove ha combattuto per due anni come soldato di leva, tiratore scelto in un reparto speciale di paracadutisti: «Volevo far sentire l’orrore della guerra. Sei lì dentro al cento per cento, fai tutto quello che devi fare per sopravvivere e vai fino in fondo. E spesso, scendendo verso il fondo dell’anima, scopri che il fondo non c’è».
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Emergency: l’atroce guerra dei bimbi amputati
Non sorridono più Najib e Naqib, due fratellini di 5 e 7 anni ricoverati all’ospedale di Emergency di Lashkargah. Le infermiere li coccolano e il giovane papà, Abdul Wali, li copre di baci e carezze. Ma a loro sembra non fare effetto. Sono arrivati qui sabato sera dalla base militare britannica di Camp Bastion: il più grande con il piede sinistro maciullato e una brutta ferita al braccio destro, il più piccolo con decine di schegge infilzate ovunque. Tutti e due ancora sotto shock per il dolore, lo spavento e il trauma di aver visto morire, davanti ai loro occhi, i due loro fratelli poco più grandi, Sadiq e Asrat, di 8 e 9 anni. Colpa di un razzo americano
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Povera America, tradita dalla retorica di Obama
Partiamo dalla seguente considerazione: Obama promise un cambiamento al quale possiamo credere e ha mantenuto un non-cambiamento certamente credibile, tradendo coloro che lo hanno votato. Le sue azioni non concordano con la sua retorica, sicché perderà pesantemente alle elezioni di medio termine. Un presidente per una volta? Peggio, forse per mezza volta; la sua presidenza inetta è bell’e finita. Neppure per una volta. Prendiamo lo scudo missilistico in Polonia-Cechia: “annullato”, avevano trovato di meglio. La Polonia è di nuovo coinvolta, in uno schieramento molto anti-russo, con in più la Romania, il Salt non procede.
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Afghanistan, all’Italia la guerra costa 50 milioni al mese
Una guerra da 50 milioni di euro al mese. Questi i costi della missione italiana in Afghanistan, del cui rifinanziamento si è inziato a ridiscutere alla Camera. Per i primi sei mesi del 2010, osserva “PeaceReporter”, sono stati stanziati 308 milioni di euro (51 milioni al mese) che serviranno per mantenere operativi sul fronte afgano 3.300 soldati, 750 mezzi terrestri (tra carri armati, blindati, camion e ruspe) e 30 velivoli, ossia 4 caccia-bombardieri, 8 elicotteri da attacco, 4 da sostegno al combattimento, 10 da trasporto truppe e 4 droni.