Archivio del Tag ‘gruppo Bilderberg’
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Bufera su Visco, ma silenzio sul retroscena (supermassonico)
Si può anche chiamarla massoneria, ma la definizione è imprecisa: perché non tutti gli affiliati alle superlogge internazionali sono stati iniziati all’obbedienza massonica. Forse non ha mai indossato il grembiulino neppure l’uomo attualmente nella bufera, Ignazio Visco, in quota alla Ur-Lodge reazionaria “Edmund Burke”, difeso da Giorgio Napolitano (superloggia “Three Eyes”, come il ministro Padoan) e attaccato da Matteo Renzi, «che non è massone ma ha ripetutamente bussato – invano, finora – alle stesse reti: quelle della aristocrazia supermassonica neo-conservatrice, attraverso entità paramassoniche come il potentissimo Council on Foreign Relations, di Washington». L’autore di queste indicazioni sulla presunta identità supermassonica del vero potere è Gioele Magaldi, già gran maestro del Goi e poi affiliato alla Ur-Lodge progressista “Thomas Paine”. Nel 2014 Magaldi ha dato alle stampe “Massoni, società a responsabilità illimitata”, edito da Chiarelettere e trasformatosi in bestseller-fantasma: solo il “Fatto Quotidiano” l’ha adeguatamente recensito, nel silenzio assordante dei grandi media. Che peraltro continunano a ignorare Magaldi, anche quando parla di massoneria italiana e di casi scottanti come l’affare Mps, su cui pesa tra l’altro anche lo strano “suicidio” di David Rossi.«Anziché attaccare il Grande Oriente per le vicende provinciali di Banca Etruria – afferma Magaldi, oggi presidente del Movimento Roosevelt – giornali e televisioni farebbero meglio a interrogarsi sul ruolo di Mario Draghi e Anna Maria Tarantola, poi ministra di Monti: erano al vertice di Bankitalia quando la banca centrale avrebbe dovuto vigilare sull’operato del Montepaschi». Analoga polemica con Ferruccio De Bortoli, già direttore del “Corriere della Sera”: «Si parla genericamente di massoneria, in relazione a piccole vicende locali, mentre si continua a ignorare il ruolo supermassonico di primo piano rivestito in Italia, per conto di reti internazionali, da personalità come Monti, Draghi, la stessa Tarantola, l’ex presidente Napolitano e l’attuale ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan». Sotto il fuoco renziano è ora finito Ignazio Visco? Non una parola, dal mainstream, sul possibile retroterra comune dei contendenti, legati a influenti “salotti” non italiani. Silenzio anche sul ruolo della banca centrale, a cui un altro supermassone, l’eurocrate Carlo Azeglio Ciampi, “staccò la spina” nel 1980, facendo in modo che Bankitalia cessasse di fungere da “bancomat del governo”, a costo zero, costringendo lo Stato – per finanziare il debito pubblico – a rivolgersi all’esosa finanza internazionale, mettendo all’asta i propri bond. Risultato: una falla rovinosa nel debito italiano, perfetta per indebolire il paese di fronte all’eurocrazia.«La messa alla berlina del governatore Visco ad opera della maggioranza piddina rappresenta un patetico scaricabarile politico», scrive Alberto Bagnai sul blog “Goofynomics”, che parla di «modus paraculandi». Bankitalia non vigilava adeguatamente sulla crisi delle banche italiane? Consob neppure? Chi, onestamente, può dire il contrario? «Ma pensiamo davvero che Visco e Fazio fossero degli incompetenti, dei dilettanti? Se così fosse – aggiunge Bagnai – la loro nomina ad opera della classe dirigente che ancora oggi si ripropone come insostituibile oligarchia dovrebbe suscitare alcune domande anche nell’elettore più superficiale». Forse, continua Bagnai, la causa di tante “sviste” ad opera degli organismi di controllo esterni e interni alle banche italiane «era imputabile non all’umana pochezza ma ad un’altra causa: ad un vincolo esterno». Più precisamente «a un chiaro e inequivocabile ordine di scuderia», emanato in sede europea. «Un ordine al quale tutti, ma proprio tutti, dai vertici Bce fin al più passivo sindaco e revisore della più piccola banca territoriale», dovevano sottostare. Ovvero: «Non intralciare l’enorme arbitraggio finanziario reso possibile dal Trattato di Maastricht e dall’unione monetaria».Arbitraggio? «Così si chiama il prendere a prestito nel nucleo e prestare con spread ai mal-investitori della periferia senza subire rischi di cambio e senza alcun controllo sui movimenti dei capitali», spiega l’economista. «Una colossale macchina da soldi, la cui già enorme potenza era ulteriormente amplificata dal mercato dei derivati, grazie al quale si diluivano i rischi di credito nell’oceano degli ignari e polverizzati investitori globali». In pratica, una droga: «Come nel narcotraffico fisico, nel narcotraffico finanziario tutti si sono sporcati le mani: i coltivatori (ingegneri e top manager finanziari), i cartelli dei trafficanti (le grandi banche del nucleo, cresciute in “Germagna” sino a diventare uno Stato nello Stato), i cartelli degli spacciatori e la loro rete di “down the line dealers” (le grandi banche commerciali periferiche e le numerose banchette che le contornano)». E poi anche «i governi, i responsabili dei controlli a tutti i livelli: pubblici e privati, nazionali e internazionali, i partiti e le forze politiche, tutti pro-Maastricht e pro-euro (ricordo che la “Costituzione europea” da noi fu votata all’unanimità e il Fiscal Compact con dibattito praticamente zero»).E’ stato questo il “miracolo” dell’euro, sintetizza Bagnai con sarcasmo: «È stata questa la fonte di accumulo di capitale finanziario che ora permette la fase due: sfruttare la mobilità incontrollata del lavoro». Quindi, «cari moralisti falliti e vigliacchi – chiosa l’economista – chi di voi è senza Maastricht scagli la prima pietra». Se è difficile leggere analisi di questo tenore sulla grande stampa, o tantomeno ascoltarle in televisione, è addirittura impensabile imbattersi in spiegazioni dettagliate su quello che Bagnai chiama “vincolo esterno”. La piaga del neoliberismo finanziario in versione europea ha drasticamente impoverito centinaia di milioni di persone? Certamente, osserva Magaldi, ma bisogna pur sapere che ogni piano – compreso questo – cammina sulle gambe di individui precisi, accuratamente selezionati da un’élite occulta per occupare posti-chiave. Rarissimo che l’oligarchia si dichiari: è accaduto di recente in Francia, quando il supermassone reazionario Jacques Attali ha rivendicato la partenità del progetto che ha portato all’Eliseo la sua creatura, Emmanuel Macron, già dirigente della Banca Rothschild. In Italia, invece, si sorvola regolarmente anche su un altro difensore di Ignazio Visco: Romano Prodi. «Ne parlerò nel sequel di “Massoni”, di prossima uscita», annuncia Magaldi.«Pessimo interprete di questa globalizzazione privatizzatrice», l’ex premier ulivista, ex presidente della Commissione Europea nonché advisor di Goldman Sachs: benché ufficialmente “progressista” sarebbe anch’esso «affiliato a quelle potenti reti supermassoniche internazionali che hanno progettato la grande crisi, in termini di svuotamento della democrazia e colossale trasferimento della ricchezza dal basso verso l’alto», sostiene Magaldi. La stampa ne coglie sempre e solo gli effetti terminali – la disoccupazione, la crisi dei risparmiatori colpiti dai crack bancari – evitando però sempre di inquadrare il disegno, i suoi architetti occulti e i relativi interpreti locali. Non stupisce che giornali e televisioni continuino a ignorare le rivelazioni di Magaldi, che forniscono un’inedita geografia del vero potere. Tra le 36 superlogge mondiali, da cui dipendono entità paramassoniche come il Bilderberg e la stessa Trilaterale, spicca il ruolo nefasto svolto negli ultimi decenni dalle Ur-Lodges neoaristocratiche e oligarchiche, come la “Edmund Burke”, la “Compass Star-Rose”, la “Leviathan”, la “White Eagle”, senza contare la potentissima “Three Eyes” (Kissinger, Rockefeller, Rothschild) e la “Hathor Pentalpha” fondata dai Bush, secondo Magaldi con intenti addirittura terroristici (11 Settembre, Al-Qaeda, Isis).A valle, la mappa del back-office del potere si rifletterebbe in Italia – come in ogni altro paese, non solo occidentale – nel reticolo dei leader locali: Magaldi ha ripetutamente indicato l’appartenenza di Giorgio Napolitano alla “Three Eyes” (la stessa di Attali). Della “Three Eyes” farebbero parte anche Padoan e Draghi, Gianfelice Rocca (Techint) e Giuseppe Recchi (costruzioni), Marta Dassù (Finmeccanica), Enrico Tommaso Cucchiani (banchiere, già a capo di Intesa Sanpaolo) e l’ex ministra renziana Federica Guidi. Altri circuiti della stessa supermassoneria neo-conservatrice sarebbero rappresentati da uomini affiliati a Ur-Lodges come la “Babel Tower” (Mario Monti), la “Compass Star-Rose” (Fabrizio Saccomanni, Massimo D’Alema, Vittorio Grilli), la “Atlantis-Aletheia” (Corrado Passera), la “Pan-Europa” (Alfredo Ambrosetti, Emma Marcegaglia). Ignazio Visco, l’attuale governatore di Bankitalia, sarebbe invece legato alla “Edmund Burke” (insieme all’ex ministro dell’economia Domenico Siniscalco). Ma non c’è caso che ne si faccia cenno, nelle cronache: tutto finirà, come sempre, attorno alle chiacchiere di Renzi, più quelle su Renzi e quelle contro Renzi, senza spiegare verso quali scogli sta andando la nave, e per ordine di chi.Si può anche chiamarla massoneria, ma la definizione è imprecisa: perché non tutti gli affiliati alle superlogge internazionali sono stati iniziati all’obbedienza massonica. Forse non ha mai indossato il grembiulino neppure l’uomo attualmente nella bufera, Ignazio Visco, in quota alla Ur-Lodge reazionaria “Edmund Burke”, difeso da Giorgio Napolitano (superloggia “Three Eyes”, come il ministro Padoan) e attaccato da Matteo Renzi, «che non è massone ma ha ripetutamente bussato – invano, finora – alle stesse reti: quelle della aristocrazia supermassonica neo-conservatrice, attraverso entità paramassoniche come il potentissimo Council on Foreign Relations, di Washington». L’autore di queste indicazioni sulla presunta identità supermassonica del vero potere è Gioele Magaldi, già gran maestro del Goi e poi affiliato alla Ur-Lodge progressista “Thomas Paine”. Nel 2014 Magaldi ha dato alle stampe “Massoni, società a responsabilità illimitata”, edito da Chiarelettere e trasformatosi in bestseller-fantasma: solo il “Fatto Quotidiano” l’ha adeguatamente recensito, nel silenzio assordante dei grandi media. Che peraltro continunano a ignorare Magaldi, anche quando parla di massoneria italiana e di casi scottanti come l’affare Mps, su cui pesa tra l’altro lo strano “suicidio” di David Rossi.
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Chi comanda il mondo: ecco il Council on Foreing Relations
Ha un potere immenso, spesso evocato ma mai visibile. E’ il Cfr, Council on Foreign Relations, potentissimo think-tank mondialista fondato negli Usa nel lontano 1921 da John Davis, allora a capo della super-banca Jp Morgan. «Il denaro erogato per la costituzione di questa organizzazione fu fornito dalla famiglia Rockefeller, da Jp Morgan, Bernard Baruch, Otto Kahn, Jacob Schiff, Paul Warburg, le stesse persone coinvolte nella fondazione della Federal Reserve», ricorda “AgoraVox”. Rappresenta il nuovo ordine mondiale pienamente realizzato, quello del business neoliberista, grazie alla globalizzazione universale e ai suoi politici di complemento, tra cui gli italiani Amato e Prodi, D’Alema, Emma Bonino. «Quello del Cfr è un salotto che conta davvero, attraverso il quale, finora inutilmente, Matteo Renzi ha tentato di essere introdotto nel network supermassonico internazionale», sostiene Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni”, uscito a fine 2014. «Il Cfr è un salotto tecnicamente paramassonico, cioè fondato da massoni ma aperto a non-massoni, e di chiaro orientamento neo-conservatore e neo-aristocratico».Il Cfr mtte insieme finanza, grande industria, politica, editoria, università, magistrati e militari. In altre parole, “suggerisce” le linee-guida della politica internazionale, sulla base degli studi prodotti dai suoi analisti, finanziati dal super-capitale. Tra gli attuali finanziatori, segnala “AgoraVox”, figurano colossi finanziari come American Express, American Security Bank, Chase Manhattan Bank, e poi McKinsey, Manufacturers Honover Trust, Coopers & Librand, Hill & Knowlton, e – fino al 2011 – anche Lehman Brothers. Accanto ad essi, compaiono più importanti marchi industriali del mondo. Tra questi Coca Cola e Pepsi Cola, Rjr Nabisco (tabacco), le multinazionali del cibo (Cargill, Archer Daniel Midland), il gigante pubblicitario Young & Rubicam, quindi la Itt telecomunicazioni e primattori della farmaceutica (Johnson & Johnson, Glaxo Smithkline Beecham). Senza contare Elf, Mobil ed Exxon (petrolio), Volvo Usa e General Motors, General Electric, Salomon e Levi’s, più l’italiana Finmeccanica.Folta, nel board europeo, la presenza di connazionali: da Giampiero Auletta Armenise della Rothschild Bank a Marta Dassù (Aspen, Aspenia, governi Monti e Letta), passando per Franco Frattini, il renziano Sandro Gozi, la presidente Rai Monica Maggioni, l’europarlamentare Pd Alessia Mosca, Lapo Pistelli (Eni). Ci sono due ambasciatori – Pasquale Salzano (Qatar) e Stefano Sannino (Spagna) – più politici come Lia Quartapelle e il sottosegretario agli esteri Vincenzo Amendola, entrambi del Pd, nonché Marco Margheri (Edison), Nicolò Russo Perez (Compagnia di San Paolo) e Giuseppe Scognamiglio (Unicredit), la finanziera Luisa Todini e Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto Affari Internazionali. Tra i big europei figurano il francese Pierre Moscovici, “ministro delle finanze” della Commissione Europea, il tedesco Joschka Fischer, già ministro degli esteri e vice di Gerhard Schröder, l’ex presidente finlandese Martti Ahtisaari, il greco George Papandreou (già primo ministro), l’inglese Timothy Garton Ash (Oxford) e due spagnoli, Joaquín Almunia (vicepresidente della Commissione Ue) e l’intramontabile Javier Solana, già “ministro degli esteri” Ue ed ex segretario generale della Nato.«Perchè pochissime persone conoscono il Cfr?», si domanda “AgoraVox”, ricordando che ne hanno fatto parte anche Angela Merkel e Tony Blair, il sovrano svedese Carl Gustav XVI nonché Bill Clinton e Margaret Thatcher, insieme a Mario Draghi, Berlusconi, George W. Bush, Corrado Passera, Gianni Riotta, Giulio Tremonti e Marco Tronchetti Provera. Insieme a strutture istituzionali (Fmi, Banca Mondiale e Bis, Bank of International Settlements) nonché organismi paralleli di vertice, dalla Commissione Trilaterale al Gruppo Bilderberg, il Council on Foreign Relations, al pari del suo corrispettivo inglese (Chatam House, “The Royal Institute of International Affairs) rappresenta il massimo punto d’incontro, in Occidente, tra economia, finanza e politica. Un super-salotto, dove si affronta in anticipo qualsiasi risvolto geopolitico, per poi “indirizzare” in modo preciso i vari leader locali, quelli che poi gli elettori voteranno, giudicandoli in base agli slogan delle loro campagne elettorali nazionali.Ha un potere immenso, spesso evocato ma mai visibile. E’ il Cfr, Council on Foreign Relations, potentissimo think-tank mondialista fondato negli Usa nel lontano 1921 da John Davis, allora a capo della super-banca Jp Morgan. «Il denaro erogato per la costituzione di questa organizzazione fu fornito dalla famiglia Rockefeller, da Jp Morgan, Bernard Baruch, Otto Kahn, Jacob Schiff, Paul Warburg, le stesse persone coinvolte nella fondazione della Federal Reserve», ricorda “AgoraVox”. Rappresenta il nuovo ordine mondiale pienamente realizzato, quello del business neoliberista, grazie alla globalizzazione universale e ai suoi politici di complemento, tra cui gli italiani Amato e Prodi, D’Alema, Emma Bonino. «Quello del Cfr è un salotto che conta davvero, attraverso il quale, finora inutilmente, Matteo Renzi ha tentato di essere introdotto nel network supermassonico internazionale», sostiene Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni”, uscito a fine 2014. «Il Cfr è un salotto tecnicamente paramassonico, cioè fondato da massoni ma aperto a non-massoni, e di chiaro orientamento neo-conservatore e neo-aristocratico».
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Potere e denaro, dal caso Moro all’Isis fino al Russiagate
Andreotti e Cossiga: sarebbero stati soprattutto loro a impedire che Aldo Moro venisse liberato dai Gis dei carabinieri del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, insieme ai Nocs della polizia. Reparti speciali che, si dice, avevano individuato la prigione romana dello statista democristiano. E’ la tesi, più volte esposta (anche in libri di successo) da un magistrato di lungo corso come Ferdinando Imposimato, già pm e poi presidente onorario della Cassazione. La sua versione, suffragata da testimoni-chiave delle forze dell’ordine: il blitz decisivo fu impedito da Andreotti e Cossiga. Movente: ambivano entrambi alla carica alla quale sarebbe stato destinato Moro, il Quirinale. Gli americani? C’entrano, ma fino a un certo punto: perché poi, al dunque, “ritirarono” il loro uomo, Steve Pieczneick, in un primo momento inviato a Roma per controllare (e depistare) le indagini. Regia dell’operazione Moro: affidata alla Gladio, costola dell’intelligence Nato, in Italia gestita da uomini della P2 come il generale Giuseppe Santovito, allora a capo del Sismi. Nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, Gianfranco Carpeoro aggiunge un nome, quello del politologo statunitense Michael Leeden, tuttora attivissimo: sarebbe stato il vero burattinaio di Gelli. Per Gioele Magaldi, autore del besteller “Massoni”, la P2 era il terminale italiano della Ur-Lodge “Three Eyes”, potentissima superloggia internazionale di stampo antidemocratico.
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Potere terrorista: teme il nostro risveglio e sa che perderà
Il mondo sta saltando in aria? No: stanno cercando di far saltare in aria noi, che è diverso. «Ma non ci riusciranno. Saranno loro, invece, ad arrendersi. E questa è la buona notizia: la migliore, da duemila anni a questa parte». Fausto Carotenuto, analista geopolitico di lungo corso, esibisce un incrollabile ottimismo: da quando ha abbandonato la sua vita precedente, di consigliere “senior” a livello mondiale per le reti di intelligence della Nato, ha imboccato una via senza ritorno, quella che definisce «il risveglio delle coscienze, cioè la cosa che i grandi poteri più temono, in assoluto». E avverte: «Siamo di fronte a un evento storico inedito, senza precedenti: un terzo dell’umanità si sta semplicemente risvegliando. E non era mai accaduto, in passato, con queste proporzioni, a livello di massa». E’ una tesi sulla quale Carotenuto, fondatore del network “Coscienze in Rete”, insiste ormai da anni, forte anche delle ammissioni di organismi internazionali come il Club di Budapest: è tutto vero, almeno il 30% dell’umanità, in ogni continente, ha smesso di “farsi la guerra”, alla competizione preferisce la collaborazione. Non si fida più della politica e dell’economia. Pratica la solidarietà, ama la natura, fa precise scelte di vita. Va verso un orizzonte che al potere fa orrore: ed è per questo che i grandi poteri, oggi più che mai, puntano sulla guerra e sul terrorismo. Hanno paura.In una lunga conversazione con David Gramiccioli ai microfoni di “Radio Roma Capitale”, già qualche anno fa, Carotenuto esponeva dati precisi: «Fino a vent’anni fa, a puntare consapevolmente sull’impulso a migliorare le cose era solo il 7-8% della popolazione, piccoli gruppi, nicchie, mistici. Oggi invece siamo alla riscoperta diffusa dell’ecologia, del cibo sano a chilometri zero, delle terapie alternative, dei “corpi sottili”. Fino a due o tre generazioni fa, un animale era soltanto cibo, per noi. E un albero era destinato solo a diventare un mobile, o legna da ardere». E’ cambiato tutto, alla velocità della luce, per almeno un essere umano su tre: «Si sta diffondendo una enorme cultura nuova. E’ l’ingresso dell’amore nel pensiero: si chiama coscienza. E questa rivoluzione avanza, cresce del 3% ogni anno». Attenzione: «Quella della coscienza non è l’unica rivoluzione che può cambiare il mondo: è l’unica che lo sta cambiando. Sta già avvenendo». Secondo Carotenuto, la “voglia di migliorare il mondo” è qualcosa di epocale: «E’ l’evento storico di massa più importante dell’umanità in duemila anni, anche se nessun talkshow ne parla. Al contrario: i media sono intasati di notizie infernali: crisi, guerra, terrorismo. Non a caso, secondo Carotenuto: «Il sistema dei poteri oscuri sta cercando di difendersi, mettendoci paura. Ma non ci riuscirà. E’ lui ad avere paura, perché vede benissimo quello che sta accadendo, e che i media non raccontano».Poteri oscuri: quelli per cui lo stesso Carotenuto ha lavorato, dapprima inconsapevolmente, per molti anni. Oggi, nella visione spiritualistica a cui è approdato, li chiama “forze dell’ostacolo”. E spiega: «In fondo, il male è una tattica del bene. In qualche modo ci aiuta a svegliarci. Se non avessimo qualcuno che ci dà il cattivo esempio, la nostra coscienza continuerebbe a dormire». Traduzione politico-spirituale: anche se l’élite “oscura” è ben lontana dal capirlo, «il ruolo ultimo di questa minoranza così cattiva, che ci governa da millenni, è proprio quello di svegliare la nostra coscienza». Un “training” involontario nonché spietato, feroce: «Dai campi magnetici, ai vaccini, alla politica: tutto è fatto per impedire il nostro risveglio». Ma i super-poteri sono in difficoltà: stanno verticalizzando i centri di controllo proprio per sottrarre sovranità e democrazia a questa nuova umanità “pericolosa”, che si starebbe svegliando. «Riducono i partiti, svuotano le Province, tolgono potere ai Comuni, alle Regioni. Ma è un’operazione difensiva: stanno perdendo pezzi. Questi poteri sono gli stessi che, ieri, controllavano le mafie, le lobby, la corruzione locale, i politici. Pur di verticalizzare, stanno obiettivamente combattendo lobby, mafie, scandali: per dare una ripulita, altrimenti la verticalizzazione non si può fare. Abbattono una classe politica corrotta, che era la loro, per sostituirla con una classe politica più pulita, più verticale e più forte contro le coscienze».Inforcando gli occhiali del suo vecchio mestiere, Carotenuto osserva l’evoluzione geopolitica in corso: «Hanno distrutto il laicismo nei paesi islamici. Iran, Egitto, Iraq, Siria, Tunisia, persino Libia. Obiettivo: radicalizzare l’Islam per fabbricare nemici, indispensabili per giustificare guerre e armamenti. Dopo il crollo dell’Urss dovevamo smontarla, la Nato. E invece quella struttura è cresciuta ancora, grazie a nemici artificiali: molti paesi islamici sono stati assegnati ai peggiori nemici dell’Occidente». L’ultima “invenzione” si chiama Isis. Serviva, «per rimpiazzare quella cosa ormai ridicola, non credibile, che era Al-Qaeda». Ma è tutto inutile, giura Carotenuto: «La gente, ad ogni latitudine, continua a svegliarsi giorno per giorno. Capisce che non può più fidarsi del mondo del potere. Si sta creando un mondo parallelo, solidale, senza più commistioni. Tutti ormai capiscono che il livello decisionale non è quello dei politici: la stanza dei bottoni è altrove». Il politico si limita a eseguire decisioni superiori, imposte da chi «decide di autorizzare un vaccino particolare, o un Ogm», anche con l’aiuto di «forme-pensiero orribili, devastanti», quotidianamente alimentate dal mainstream, «in trasmissioni come quelle di Bruno Vespa».Controllo dei circuiti e delle strategie: sono «coperture culturali, che poi vengono affiancate ai capi politici per guidarne i passi». Il frontman di turno magari si chiama Giuliano Amato o Romano Prodi, ma ha alle spalle «think-tanks politici, culturali e finanziari». Insiste Carotenuto: «Non se ne parla mai. Ma sopra il livello della politica c’è quello dei professori. Quando la politica viene ritenuta inadatta, si prende un professore e lo si mette a fare il politico. Ciampi, Prodi, Monti. In altri paesi si mette un Kissinger vicino a Nixon, un Brzezinski vicino a Carter. Proprio Brzeziznki l’ha detto chiaramente: il principale pericolo, per il potere, è il risveglio delle coscienze. E’ stato lucido: per la prima volta, una cosa così vera è stata affermata da un professore del potere», cioè del circuito universitario internazionale, «controllato da elementi religiosi e massonici», che svolge «un’operazione di fondo, molto forte, sulle forme-pensiero: e noi viviamo, in quelle forme-pensiero». Come sottrarsi alla morsa di questa manipolazione? «Basta guardarsi intorno, e dire: voglio migliorare la scuola dei miei figli, il parco vicino a casa. Voglio fare un’associazione che lo protegga, voglio alimentare il biologico. Mettiamo l’amore nella nostra vita quotidiana. Questa è l’unica arma per rivoluzionare veramente il mondo. E sta già funzionando: non facciamoci distrarre».Sul piano ufficiale e pubblico è una rivoluzione ben poco visibile, ammette Carotenuto: «Sui media non c’è, perché su questo c’è una congiura del silenzio. Non ci fanno talkshow, non ne parlano i giornali. Ma noi abbiamo occhi e orecchie. Se guardiamo le nostre famiglie, vediamo benissimo quanta gente ha cambiato orientamento o lo sta facendo. Anni fa, se facevi questi discorsi ti prendevano per matto. Adesso invece c’è sempre qualcuno che ti ascolta. Questa è la rivoluzione». Il risveglio è così forte, dice Carotenuto, da spingere i poteri a cercare in ogni modo di controllarlo. E’ stato fatto fin dall’inizio, infiltrando le associazioni pionere, portatrici di valori positivi. «Hanno detto: facciamole noi, le organizzazioni che si occupano dei loro temi. E così, appena nato l’ecologismo, hanno preso il principe Filippo (cacciatore) e il principe Bernardo d’Olanda (fondatore del Bilderberg, commerciante d’armi, piduista, petroliere Shell) e gli hanno fatto fondare il Wwf nel 1961».Carotenuto poi accende i riflettori su una «figura stranissima» come quella di Maurice Strong, grande petroliere canadese, «condannato negli Usa perché voleva appropriarsi di risorse idriche». Bene, quel signore è stato al vertice per 30-40 anni dell’ecologismo in sede Onu: è stato lui a organizzare le conferenze sul clima, da Kyoto a Stoccolma. Sono tutte fallite? «Logico: erano state create apposta per fallire. Per indurre l’idea che gli Stati sono incapaci. Per risolvere i grandi problemi, dicono, serve il super-Stato mondiale, il loro vero obiettivo». Sempre Strong ha redatto anche la Carta della Terra insieme a Gorbaciov, «che tutti considerano un santo», e di cui invece Carotenuto fornisce un profilo in controluce: «Era il pupillo di Andropov, ha messo ovunque uomini del Kgb trasformando l’Urss nel regno dei servizi segreti. Poi, con la Perestrojka, ha dato loro – privatamente – le risorse del paese. Adesso chi governa la Russia? Putin, che era un uomo del Kgb. Questa è stata l’operazione di Gorbaciov, e gli hanno dato il Nobel per la Pace».Gorbaciov se non altro ha “liberato” l’Est Europa, contribiendo ad archiviare l’incubo della guerra fredda. Ma il Nobel per la Pace l’hanno dato anche a Obama, «che per la pace nel mondo non ha fatto assolutamente niente». La vera funzione del Nobel? «Creare dei “santi” laici, con una credibilità fittizia». Il problema sta nel manico: Alfred Nobel, l’industriale della dinamite, aveva pessima fama. «Si era sparsa la voce, falsa, che fosse improvvisamente morto. Lui lesse i “coccodrilli” sui giornali: l’avevano trattato malissimo. Così, con l’Accademia di Stoccolma istituì il premio, per “ripulire” la propria immagine. Quindi il Nobel, in partenza, nasce da una non-verità». E’ l’ennesima maschera dei lupi che si travestono da agnelli: il potere che si accaparra il monopolio dei buoni sentimenti. Dal Nobel ai grandi think-tanks, stessa dinamica: centralizzare il futuro, sottrarlo alle persone comuni. Aurelio Peccei, braccio destro di Vittorio Valletta, esportò la Fiat nell’Urss. Poi negli anni ‘70 venne incaricato di fondare il Club di Roma. Tanti professori, grandi esponenti politici. E spuntò la tesi del super-Stato mondiale.«Verticalizzare il potere per frenare le coscienze, vecchia storia», osserva Carotenuto. «Dalla Prima Guerra Mondiale si uscì con la Società delle Nazioni, che non funzionò. Dalla Seconda si uscì con l’Onu. Il Club di Roma disse: non ce la faremo, la sovrappopolazione esplode, i consumi esauriranno le risorse della Terra in pochi anni. Ne avessero azzeccata una… Così, avendo sbagliato tutte le previsioni, si sono dedicati ad altro: il mutamento climatico, con Al Gore, uno dei loro». Beninteso: «Non è che questi problemi non esistano, sono importanti. Ma vengono forzati nel ragionamento: catastrofe assicurata, se in pochi anni non si arriva al super-Stato mondiale». Cioè la tattica in apparenza autolesionista di Maurice Strong all’Onu: far fallire le conferenze sul clima. Il guaio è che «il potere è in tutti i poteri», sintetizza Carotenuto. «Più è centrale e multinazionale, e più è facile che lobby, massonerie e congreghe varie riescano a determinare le nomine, figurarsi a livello di Ue. Ma voi Van Rompuy l’avete mai conosciuto? E Barroso? Chi sono? Perché stavano lì? Sono stati imposti da poteri che non si possono definire chiari».Peccano di scarsa chiarezza, secondo Carotenuto, anche movimenti che sembrano trasparenti come quello di Grillo: «I militanti sono bravi ragazzi, vorrebbero davvero migliorare il mondo. Ma non vedono che la “casa” del loro leader non è di vetro. E il non chiaro, il non conosciuto, è sempre lo spazio di una coscienza che non è la tua, ma è quella di qualcun altro». Certo il Belpaese è un po’ un caso a parte: «L’Italia è veramente un rebus, per il mondo dei poteri, perché è quasi incontrollabile. Gli italiani hanno una immensa risorsa, che è la fantasia». In qualche modo, sono riusciti a sopravvivere anche all’attacco più duro, l’omicidio di Aldo Moro, che per Carotenuto «era rimasto il coagulo di quello straordinario gruppo di uomini usciti dalla Resistenza, gli artefici della Costituzione: tutto volevano, tranne che svendere l’indipendenza dell’Italia, la sovranità e la dignità umana». Eliminato Moro, «c’è stato il dilagare dei poteri oscuri, che volevano togliere di mezzo l’indipendenza e la dignità italiana, la dignità umana in Italia». Hanno vinto? No, perché «tutti noi, oggi, siamo in grado di raccogliere quel messaggio: sempre di più vediamo chi sono questi poteri. E quindi la risposta è: mettiamo più amore in quello che facciamo».Non è una passeggiata: «Una delle cose che vogliono questi poteri è suscitare l’odio. Se uno odia, pensa che la colpa è sempre degli altri, e non fa mai niente. Pensa sempre di essere migliore, e non si migliora. E così il suo livello di coscienza rimane basso». La soluzione più semplice? «Amare di più, intorno a sé. E questo distrugge il mondo del potere, veramente». Un grande intellettuale dissidente come il linguista Noam Chomsky si chiede spesso: cosa possiamo fare? «La differenza rispetto a me – dice Carotenuto – è che Chomsky non ha una visione spirituale, quindi non ha speranza, in fondo. Io ho più di una speranza: ho una certezza. Perché il risveglio è già in corso. L’amore sta già trasformando il mondo: ce ne dobbiamo solo accorgere. E organizzarlo un po’ alla volta, senza la pretesa di abbattere il potere: perché il potere si scioglie dal di dentro». Qual è la base delle grandi piramidi di potere? Siamo noi: «Sono le nostre stesse scelte quotidiane, in favore del potere: compro il prodotto sbagliato, esprimo il voto sbagliato». Il rimedio? La crescita della coscienza: «Man mano che noi cresciamo, le piramidi crollano. E i grandi poteri lo sanno: per questo hanno paura, e stanno diventando sempre più violenti. Basta non farsi impressionare dal loro frastuono: stanno per cadere a pezzi, travolti dalla nostra rivoluzione inarrestabile, fondata sulla consapevolezza». Conclude Carotenuto: l’arma segreta si chiama amore, ed è invincibile: «Amore significa: voler fare un bene che ancora non c’è. E’ una forza inarrestabile, che silenziosamente sta già trionfando».Il mondo sta saltando in aria? No: stanno cercando di far saltare in aria noi, che è diverso. «Ma non ci riusciranno. Saranno loro, invece, ad arrendersi. E questa è la buona notizia: la migliore, da duemila anni a questa parte». Fausto Carotenuto, analista geopolitico di lungo corso, esibisce un incrollabile ottimismo: da quando ha abbandonato la sua vita precedente, di consigliere “senior” a livello mondiale per le reti di intelligence della Nato, ha imboccato una via senza ritorno, quella che definisce «il risveglio delle coscienze, cioè la cosa che i grandi poteri più temono, in assoluto». E avverte: «Siamo di fronte a un evento storico inedito, senza precedenti: un terzo dell’umanità si sta semplicemente risvegliando. E non era mai accaduto, in passato, con queste proporzioni, a livello di massa». E’ una tesi sulla quale Carotenuto, fondatore del network “Coscienze in Rete”, insiste ormai da anni, forte anche delle ammissioni di organismi internazionali come il Club di Budapest: è tutto vero, almeno il 30% dell’umanità, in ogni continente, ha smesso di “farsi la guerra”, alla competizione preferisce la collaborazione. Non si fida più della politica e dell’economia. Pratica la solidarietà, ama la natura, fa precise scelte di vita. Va verso un orizzonte che al potere fa orrore: ed è per questo che i grandi poteri, oggi più che mai, puntano sulla guerra e sul terrorismo. Hanno paura.
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Il “fratello” Romano Prodi, globalizzatore in grembiulino
Caro, vecchio Romano Prodi? Macchè: «Non è certo quel pacioccone bonaccione, quel bravo curato e padre di famiglia che è stato presentato all’immaginario collettivo degli italiani». Nonostante il piglio bonario, il professore bolognese «è un personaggio molto tagliente, molto abile, anche molto attento al proprio “particulare”». Un soggetto a tutto tondo, da raccontare: il Prodi “segreto” sarà tra gli argomenti del secondo volume di “Massoni”, che Gioele Magaldi sta per stare alle stampe. Con una sorpresa: «Prodi è anche lui parte di una rete massonica sovranazionale». Presidente dell’Iri e grande privatizzatore, poi capo del governo, presidente della Commissione Europea, advisor della Goldman Sachs. E, nel frattempo, anche massone: «Tra coloro che hanno contribuito in senso pessimo, per l’Italia e per l’Europa, agli svolgimenti politico-economici nell’era della globalizzazione, cioè nel post-1992, c’è il “fratello” Romano Prodi», il cattolico democristiano che nel 1978 evocò il nome “Gradoli” – per indicare il luogo della prigione di Moro – raccontando di averlo ricevuto nell’ambito di una seduta spiritica. Prodi supermassone? Ebbene sì: parola di Gioele Magaldi. Che, per il secondo volume della serie, potrebbe avvalersi del contributo di una superstar della massoneria mondiale, come il controverso George Soros.Nel “primo round” delle sue clamorose rivelazioni – silenziate dal mainstrem in modo tombale – Magaldi ha scontato una critica ricorrente: non aver documentato le sue affermazioni, spesso esplosive, al punto da ridisegnare la mappa del vero potere, mettendo in relazione personaggi come Monti, Draghi e Napolitano con il mondo internazionale delle 36 Ur-Lodges che rappresentano il supremo vertice delle grandi decisioni. In realtà, Magaldi è stato chiaro dal principio: «Ogni mia affermazione è documentabile, dispongo di 6.000 pagine di dossier. Sono pronto a esibirle, se qualcuno contesterà quanto ho scritto». Ma gli interessati, naturalmente, si sono ben guardati dal fiatare: molto meglio la congiura del silenzio. E ora, dopo “La scoperta delle Ur-Lodges”, si avvicina la pubblicazione del sequel, “Globalizzazione e massoneria”, con retroscena sulla svolta oligarchica che ha svuotato le democrazie occidentali, imponendo politiche di rigore (e oggi anche terrorismo targato Isis) affidate a docili esecutori: come lo stesso Prodi, la cui vera identità – secondo Magaldi – è sfuggita alla maggior parte degli italiani. Un uomo di potere, in grembiulino. L’elettorato di sinistra lo ricorda con nostalgia? Sbaglia: il primo a metterlo in croce, quand’era a capo della Commissione Ue, fu Paolo Barnard su “Report”, che presentò il ritratto di un cinico tecnocrate, schierato con i peggiori oligarchi.Prodi è stato l’unico a battere Berlusconi, due volte su due? Vero, ammette Magaldi, parlando a “Colors Radio”: all’inizio, «quel grande carrozzone che è stato l’Ulivo individuò in modo perfetto, in Prodi, il suo leader». E Berlusconi, «grazie ai buoni uffici della Lega di Bossi, fu defenestrato, nel ‘94». Poi l’interregno di Lamberto Dini e quindi l’arrivo di Prodi nel ‘96. Con che esito? «L’effetto del governo Prodi è stato così ottimo, traghettandoci così bene in Europa, che nel 2001 Berlusconi ha rivinto». Poi c’è stata la seconda vittoria prodiana del 2006, di stretta misura, presto naufragata tra il Pd veltroniano, Bertinotti e Mastella, fino a rimettere Berlusconi al potere nel 2008. Certo, «Berlusconi si è rovinato con le sue mani: non è stato all’altezza della situazione». Ma a pesare, nel fallimento di Prodi, «sono state le pessime azioni di governo, da parte di Prodi e di tutti coloro che l’hanno accompagnato: il centrosinistra italiano, con Prodi e gli altri, non ha saputo produrre una politica lungimirante per questo paese». In altre parole, per Magaldi, «Prodi non ha saputo interpretare il post-1992 in un senso utile a costruire benessere, non dico uguale ma almeno di poco inferiore a quello della Prima Repubblica».Al pari del centrodestra di Berlusconi, il centrosinistra «ha fatto scempio dell’interesse del popolo italiano», piegandosi all’élite eurocratica. E quindi, «che benemerenza c’è nel fatto che Prodi si sia alternato a Berlusconi, battendolo?». In pratica, «sono due facce della stessa medaglia: centrodestra e centrosinistra si sono alternati senza nessuna vera differenza nella gestione di un paese che dipendeva da linee progettate altrove: costoro hanno soltanto fatto da esecutori, secondo una commedia dell’arte per cui, magari, apparentemente, mettevano ingredienti diversi, ma la sostanza rimaneva la medesima». Linee progettate altrove: nei santuari dell’oligarchia finanziaria, industriale, militare, che – partendo dai circuiti esclusivi delle superlogge internazionali – dirama vere e proprie direttive, declinate attraverso think-tank e organismi paramassonici (Trilaterale, Bilderberg, World Bank, Fmi) per poi scendere, a cascata, fino ai governi nazionali, ai leader come D’Alema, Prodi, Renzi. A volte, poi, l’élite supermassonica “commissaria” direttamente un paese: è accaduto con il “fratello” Monti, «che rappresenta quanto di peggio può offrire la rete massonica sovranazionale in senso neo-aristocratico».«Ho più rispetto e stima per un Mario Draghi, che reputo più pericoloso», dice Magaldi. «Monti è un massone che è stato vittima della propria tracotanza, della propria retorica manipolatoria. E appena ha avuto l’occasione di passare dal “back-office” al “front-office”, ha fallito miseramente per eccesso di narcisismo, avendo creduto lui stesso alla retorica che i media italiani avevano creato attorno alla sua figura e alle meraviglie presunte del suo governo». Per Magaldi, Mario Monti è comunque «un grande sconfitto, in questo tentativo di devastazione industriale, economica e sociale dell’Italia: ci ha provato, ha fatto dei danni, ma poi è stato preso a calci nel sedere dall’elettorato». Dopo di lui, è arrivato Enrico Letta, che secondo Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, è un “paramassone”, in realtà in quota all’Opus Dei. «Non ne sentiamo la mancanza», assicura Magaldi. «Nessun rimpianto: se c’è una cosa buona che ha fatto Renzi, a parte la legge sulle unioni civili, è stata quella di aver mandato a casa Enrico Letta e il suo soporifero governo, che peraltro riprendeva e ricalcava pienamente le politiche di Monti». Quanto alle tentazioni massoniche dell’ex premier, Magaldi si è già espresso più volte: «Renzi ha ripetutamente bussato alle porte della supermassoneria reazionaria, attraverso il Council on Foreign Relations, ma non gli è stato aperto». A differenza del “fratello” Romano Prodi, che invece – secondo Magaldi – siede da lunghi anni nel salotto buono della super-massoneria di potere.Caro, vecchio Romano Prodi? Macchè: «Non è certo quel pacioccone bonaccione, quel bravo curato e padre di famiglia che è stato presentato all’immaginario collettivo degli italiani». Nonostante il piglio bonario, il professore bolognese «è un personaggio molto tagliente, molto abile, anche molto attento al proprio “particulare”». Un soggetto a tutto tondo, da raccontare: il Prodi “segreto” sarà tra gli argomenti del secondo volume di “Massoni”, che Gioele Magaldi sta per stare alle stampe. Con una sorpresa, tra le tante: «Prodi è anche lui parte di una rete massonica sovranazionale». Presidente dell’Iri e grande privatizzatore, poi capo del governo, presidente della Commissione Europea, advisor della Goldman Sachs. E, nel frattempo, anche massone: «Tra coloro che hanno contribuito in senso pessimo, per l’Italia e per l’Europa, agli svolgimenti politico-economici nell’era della globalizzazione, cioè nel post-1992, c’è il “fratello” Romano Prodi», il cattolico democristiano che nel 1978 evocò il nome “Gradoli” – per indicare il luogo della prigione di Moro – raccontando di averlo “ricevuto” nell’ambito di una seduta spiritica. Prodi supermassone? Ebbene sì: parola di Gioele Magaldi. Che, per il secondo volume della serie, potrebbe avvalersi del contributo di una superstar della massoneria mondiale, come il controverso George Soros.
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Corbyn tallona la May? Urge attentato elettorale, a Londra
Finiti i botti, si può anche sospendere la campagna elettorale. Se lo devono essere detti l’Mi5, l’Mi6, la loro dependance Scotland Yard, i fratelloni Mossad, Cia e i suoi 14 nipotini in Usa, i cugini delle varie marche imperiali europee, alla vista di uno che s’impegnava per un apocalittico cambio «dalla politica per i pochi alla politica per i tanti» (Jeremy Corbyn). Roba mai vista da quando l’Ue è entrata in funzione su mandato Rothschild, Rockefeller, Bilderberg e galassia finanziaria globale. Anatema. E così, dopo gli impiegati e il poliziotto sul ponte di Westminster e i ragazzetti al concerto di Manchester, è toccata ai flaneur e alle flaneuses serali sul London Bridge e nei pub sottostanti a finire, come va il trend di questi tempi, sotto un veicolo e tra le lame dei servizi. Quattro morti, più 22, più sette = 33, più parecchie decine di feriti, mutilati, menomati. Esito di una battaglia elettorale sul destino dei pochi e dei tanti. La May, primo ministro, ha cancellato quanto restava della campagna dei tanti. Se ne poteva fare a meno. Forse.A Torino, nel tempo accuratamente costruito dal terrorismo di regime e media, in cui, se cade per terra un mazzo di chiavi, o esplode una miccetta, o qualcuno starnuta forte, scatta il panico da attentato e conseguente fuga tumultuosa che travolge e schiaccia chi non corre abbastanza veloce, o non trova varchi, o è inciampato, per una partita virtuale su maxischermo si contano mille feriti e alcuni a portata di Caronte. In entrambi i casi, come in tutti quelli del prima e del dopo, il risultato è raggiunto. Colpendo nel mucchio. Di quelli che non c’entrano niente. Di quelli spendibili. Non una volta che si spari una bazookata contro le finestre di Goldman Sachs, o si faccia saltare la corrente alla Nato a Bruxelles, o si infili un candelotto sotto il sedile dell’ambasciatore saudita. Che sia mai. Non facciamoci del male da soli.A cui si aggiunge un’altra considerazione. Social, vanterie degli specialisti e dei ministri della “sicurezza”, gole profonde della Nsa, perfino il “Report” disinquinato di Sigfrido Ranucci (Rai 3), o le voci alternative di Gianluigi Paragone (La7), ci informano a valanga di quanto tutti siamo controllati, di come non sfuggiamo neanche al cesso o nell’alcova, di come il nostro cellulare racconti al collegato di che pasta siamo fatti e che pasta consumiamo, insomma come nulla di nessuno sfugga al Grande Occhio. Grande Occhio onnivedente e onniconoscente che resta cieco o chiuso quando gli formicolano davanti migliaia di reclute dell’Isis (chiamiamole così, per non disturbare), istruite nelle carceri o nei campi di Siria e Iraq, pendolari tra sgozzamenti a Mosul e Raqqa e deflagrazioni o piraterie stradali in Europa. «Li conoscevamo, li abbiamo anche registrati, ma poi li abbiamo persi di vista…». Volatilità, volubilità, spensieratezze, disattenzioni, dei servizi di intelligence. Son ragazzi. Sempre meglio che farsi scoprire mandanti. «Tanto poi li secchiamo tutti». Basterebbe sparare alle gambe, o tirare una siringa come alle pantere randagie, o un po’ di gas come i russi nel teatro di Mosca… Ma i morti non parlano.(Fulvio Grimaldi, estratto dal post “Corbyn tallona May? Urge attentato”, pubblicato dal blog di Grimaldi il 4 giugo 2017).Finiti i botti, si può anche sospendere la campagna elettorale. Se lo devono essere detti l’Mi5, l’Mi6, la loro dependance Scotland Yard, i fratelloni Mossad, Cia e i suoi 14 nipotini in Usa, i cugini delle varie marche imperiali europee, alla vista di uno che s’impegnava per un apocalittico cambio «dalla politica per i pochi alla politica per i tanti» (Jeremy Corbyn). Roba mai vista da quando l’Ue è entrata in funzione su mandato Rothschild, Rockefeller, Bilderberg e galassia finanziaria globale. Anatema. E così, dopo gli impiegati e il poliziotto sul ponte di Westminster e i ragazzetti al concerto di Manchester, è toccata ai flaneur e alle flaneuses serali sul London Bridge e nei pub sottostanti a finire, come va il trend di questi tempi, sotto un veicolo e tra le lame dei servizi. Quattro morti, più 22, più sette = 33, più parecchie decine di feriti, mutilati, menomati. Esito di una battaglia elettorale sul destino dei pochi e dei tanti. La May, primo ministro, ha cancellato quanto restava della campagna dei tanti. Se ne poteva fare a meno. Forse.
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Hanno mangiato la brioche: Macron, capolavoro del potere
Oggi sono tutti contenti che Macron sia riuscito a sconfiggere il fascismo. Non è stato da meno di Reagan, Thatcher, Sarkozy, Merkel, Hollande, i Chicago boys e Pinochet i quali di volta in volta hanno salvato il popolo dalle insidie dell’“estrema sinistra”, del “populismo” del “castro-chavismo”, del “sovranismo”, del comunismo. Ora i francesi hanno la loro brioche e dunque potranno continuare la guerra in Siria, aiutare i nazisti ucraini, continuare a fare stragi in Africa per sostenere dittature tribali, non mettere mai più in dubbio la Nato, ma soprattutto potranno finalmente lasciarsi alle spalle gli obsoleti diritti del lavoro. Ben presto ci si accorgerà che in Francia ha vinto comunque la destra e dopo le legislative di giugno, Macron mostrerà il suo vero volto facendo scoprire che la sostanza marroncina con la quale è farcita la brioche non è precisamente crema al cioccolato. Del resto cosa ci si può attendere da uno la cui candidatura al potere è stata di fatto avanzata dal seguace dell’eugenetica Jacques Attali, a una riunione di Bilderberg nel 2014?E cosa ci si può aspettare da corpi elettorali sistematicamente frastornati da un’informazione divenuta cane da guardia del gregge e sempre più composti dalle generazioni perdute, rassegnate alla precarietà, votate al dilettantismo e orgogliose di “spiccicare” in inglese per poter imitare modelli di subordinazione e di primitivismo antropologico? Cosa ci si può attendere da giovani di apparente sinistra che affermano di aver dovuto scegliere tra fascismo e capitalismo? Nemmeno si accorgono che i capitalisti hanno scelto per loro fin dall’inizio, che hanno creato le condizioni per una dicotomia così ridicola tra una signora di provincia piuttosto confusa e dunque anche erratica sui temi della campagna e un giovanotto ricco, arrogante e del tutto irrilevante sul piano della politica e dell’intelligenza. Li hanno messi nel recinto lasciando che fossero loro stessi a chiuderlo; il vecchio fascismo è usato da quello nuovo come un’arma per la lotta di classe.Per quanta generosità e per quanta abilità possano avere i dirigenti che vengono da un altro mondo come Mélenchon, cosa possono mai fare con questa creta antropologica creata dal neoliberismo? E’ come se Michelangelo dovesse creare la Pietà col pongo e dipingere la Sistina con le bombolette. Infatti chi non voleva scegliere il capitalismo poteva astenersi invece di andare a fornire il proprio contributo, negare quanto meno il consenso, relativizzando la vittoria di Macron. E di certo non si ci saranno difficoltà per la potente macchina mediatica a riproporre lo stesso rozzo schema dicotomico alle legislative tra poco più di un mese. Sarà ancora capitalismo contro fascismo, democrazia contro comunismo, crescita contro i fantasmi di recessione annunciata, sicurezza contro libertà (magari con qualche sollecitato apporto del Califfo), il giovane presidente contro il vecchio Parlamento anche se a Macron non dovrebbe poi dispiacere: insomma la caricatura della dialettica, quella che è stata così efficace specie dopo il crollo del comunismo e il contemporaneo crollo della cultura politica.Mélenchon, il leader della sinistra, aveva rifiutato di cadere in questo semplicistico tranello, evitando la logica del meno peggio nella speranza di poter mettere un argine ai poteri finanziari almeno alle legislative, condizionando l’Eliseo, ma dai risultati che vediamo, dalla demonizzazione e dal ricatto che è stato esercitato su di lui e dalla esiguità della pattuglia dei non macronisti per necessità, si può legittimamente dare per fallito anche questo progetto. C’è chi pensa che questa situazione di impotenza porterà a una serie di secessioni interne nella sinistra, tra Francia periferica e Francia metropolitana, tra Francia repubblicana e Francia mussulmana, tra Francia operaia e Francia borghese, insomma a una decostruzione del paese. Ma questo è per l’appunto l’obiettivo del capitale globale: fare in modo che vi sia meno società collettiva possibile per potere dominare meglio: più un paese è spaccato all’interno, meglio è, nonostante i problemi che questo può creare. Quindi è vero che Macron all’Eliseo finirà per radicalizzare la battaglia politica, ma nel contesto attuale questo non potrà che portare acqua al mulino dei suoi burattinai.(“Hanno mangiato la brioche”, dal blog “Il Simplicissimus” dell’8 maggio 2017).Oggi sono tutti contenti che Macron sia riuscito a sconfiggere il fascismo. Non è stato da meno di Reagan, Thatcher, Sarkozy, Merkel, Hollande, i Chicago boys e Pinochet i quali di volta in volta hanno salvato il popolo dalle insidie dell’“estrema sinistra”, del “populismo” del “castro-chavismo”, del “sovranismo”, del comunismo. Ora i francesi hanno la loro brioche e dunque potranno continuare la guerra in Siria, aiutare i nazisti ucraini, continuare a fare stragi in Africa per sostenere dittature tribali, non mettere mai più in dubbio la Nato, ma soprattutto potranno finalmente lasciarsi alle spalle gli obsoleti diritti del lavoro. Ben presto ci si accorgerà che in Francia ha vinto comunque la destra e dopo le legislative di giugno, Macron mostrerà il suo vero volto facendo scoprire che la sostanza marroncina con la quale è farcita la brioche non è precisamente crema al cioccolato. Del resto cosa ci si può attendere da uno la cui candidatura al potere è stata di fatto avanzata dal seguace dell’eugenetica Jacques Attali, a una riunione di Bilderberg nel 2014?
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Bonnal: è un lager digitale. Vale tutto, tranne pensare
«Siamo tutti contenti di perdere il nostro tempo nella rete, di pescare qua e là dei pesci d’oro e delle informazioni, di perdere il tempo che avremmo potuto impiegare coltivando il nostro vero giardino. Ma come nel paese dei balocchi di Pinocchio, c’è un prezzo da pagare. Infatti si vive avvolti nella tela del ragno». Secondo Nicolas Bonnal, la Terra è ormai diventata una sorta di “campo di concentramento elettronico” monitorato su web. Lo scrittore francese cita la Bibbia, il libro di Giobbe: «L’empio si è costruito una casa simile alla tela di un ragno». Accusa: non ci sono più contadini, sono stati intrappolati dai trattati internazionali come il Gatt. «È Carl Schmitt a constatare come il guerrigliero o il resistente perdano tutto il potere dal momento che non è più terrestre ma tecnodipendente». Una resistenza è ancora possibile? «I progressi del totalitarismo elettronico attuale si basano sul web, che rafforza il potere mefitico dei veri cospiratori», accusa Bonnal, in un post su “Defensa” tradotto da “Come Don Chisciotte”. I cospiratori? «Sono le amministrazioni delle democrazie impopolari, le banche, i servizi segreti, la polizia parallela (non quella destinata a proteggervi), oggi diventati onnipresenti».Un analista indipendente come Michael Snyder ricorda che la polizia statunitense ha fermato dei cittadini di ritorno da un breve viaggio in Canada per controllare il contenuto, dopo averlo confiscato, del loro cellulare. «Questa polizia detiene tutti i doveri, tranne quello di poteggervi», scrive Bonnal. «È la polizia messa in piazza all’indomani degli attentati. Domandatevi innanzitutto a chi giova il terrorismo. Aboliscono il cash per ostacolare il terrorismo, e accusano i russi di hackerare le elezioni, avendo così una buona scusa per annullarle davvero». Il progresso tecnologico, continua Bonnal citando Guy Debord, ha permesso la creazione di un “presente informativo permanente” che annega tutta la verità «nell’idiota liquidità visiva». E’ un presente nel quale «la moda stessa, l’abbigliamento o la musica, si è fermata», perché «vuole dimenticare il passato e non sembra credere più in un avvenire». Questo “eterno presente” lo si ottiene «dall’incessante passaggio circolare dell’informazione, il ripetersi in un qualsiasi momento delle stesse inezie, annunciate appassionatamente come si trattasse di notizie importanti; mentre raramente passano, e per brevi momenti, le notizie veramente importanti, che riguardano ciò che cambia realmente».Autodistruzione programma del mondo? «Il problema è che, prima di autodistruggersi, questa macchina mondiale distruggerà noi: come lo scorpione di Orson Welles». Secondo Bonnal, «l’attuale Stato mondiale è ebbro della propria potenza e trasforma la Terra in un campo di concentramento elettronico: ovunque l’abolizione del cash, in Giappone per i suoi Giochi olimpici, a Taiwan, in India e in Europa. Controllo dell’oro e del denaro, controllo del vostro pensiero, censura dell’informazione grazie ai servili canali della disinformazione; tutto diventa possibile, per questo Stato Profondo che è anche uno Stato di superficie, uno Stato dello spettacolo (il presidente turco ha visitato i massoni, i rifugiati di Calais, i resistenti siriani, gli amici del Bilderberg) e una società di facciata. E il pubblico, come nella favola di Platone, se la gode». Anche le fondazioni di Bill Gates festeggiano, come scrive Lucien Cerise: «L’iniziativa comune di un Bill Gates e di un Rockefeller di creare sull’isola norvegese Svalbard una sorta di bunker “arca di Noè” contenente tutti i grani e le sementi del mondo è piuttosto inquietante. Perché lo fanno, cosa stanno combinando? Domande retoriche, il progetto è molto chiaro: si tratta di cominciare a privatizzare tutta la biosfera, cosa che permetterà di controllarla integralmente dopo averla distrutta. Siamo al cuore di Gestell e dell’ingegneria cibernetica, che condivide lo stesso orizzonte: l’automatizzazione completa del globo terrestre»Siamo arrivati ai televisori coreani Samsung «che rivelano i vostri pensieri e i vostri sussurri». Non li comprerete? «Ma “loro” potranno sempre inviare questa neopolizia, questa polizia parallela per controllare il vostro oro, il vostro giardino, il vostro consumo di acqua». Per Debord, la mondializzazione è stata facilitata dalla «pericolosa espansione tecnologica», che è sempre stata al servizio del potere. Lo conferma Paul Virilio. Oggi, “governo” è essenzialmente “controllo”: «La parola viene da rotula, che indica il rotolo, il cilindro in latino», scrive Bonnal. «È stato introdotto in Inghilterra dai terribili normanni conquistatori di Guglielmo. E serve, questo controllo a redigere il “Domesday book”, che calcola la ricchezza di questi poveri anglosassoni gallina per gallina, uovo per uovo». Il problema, per Bonnal è che «ci connettiamo, per lamentarci, invece di organizzarci nelle piazze: e il web, come vi suggerisce il suo nome, ci intrappola più facilmente nella rete. L’informatica ci blocca in casa invece di farci uscire». Poi, ovviamente, «ci sono cretini che scorrazzano per strada sopportando i quaranta gradi (li ho visti a Madrid) per correre dietro a un Pokémon».Non dimentichiamoci, aggiunge Bonnal, che i campioni della mondializzazione si considerano i pensatori globali. Neo-aristocratici, oligarchi. «Esagero? Pensate a come vi tratta il fisco. Pensate a come la polizia elettorale tratta il 96% dei francesi che non vogliono più il socialismo e cerca il proprio candidato con l’aiuto di un motore di ricerca. Guardate come vi tratta la polizia stradale. Pensate come la banca o l’aeroporto vi trattano. Guardate come vi trattano in Germania (in prigione) se siete contrari all’educazione della teoria gender per il vostro bambino. Pensate a come il tribunale vi tratterà se siete europei qui, americani laggiù». Questa civilizzazione, continua Bonnal, «è come il volo terrificante della GermanWings: è guidata da folli suicidi, non si può scendere in corsa e allora si schianterà in volo». Il giovane ribelle Étienne La Boétie, filosofo del ‘500, aveva le idee chiare: «Povera gente insensata, vi lasciate portar via sotto gli occhi tutti i vostri migliori guadagni, permettete che saccheggino i vostri campi, rubino nelle vostre case spogliandole dei vecchi mobili paterni! Vivete in condizione da non poter più vantare di possedere una cosa che sia vostra; e vi sembrerebbe addirittura di ricevere un gran favore se vi si lasciasse la metà dei vostri beni, delle vostre famiglie, delle vostre vite».Mentre noi «lavoriamo per pagare le imposte ai nostri super-Stati, profondi e superficiali», continua Bonnal, «abbiamo dimezzato il numero dei nostri bambini». E attenzione: «E’ la democrazia ad aver realizzato questo miracolo: il numero delle nascite si è dimezzata nella Germania dell’est postcomunisma e nella Spagna postfranchista. Fu Orson Welles a dichiarare in un’intervista che la Spagna tradizionale era stata distrutta dalla democrazia». Alexis de Tocqueville l’aveva chiamato «un potere immenso e tutelare», un potere «assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite». Somiglierebbe all’autorità paterna, se solo avesse lo scopo di «preparare gli uomini alla virilità», e invece «cerca di fissarli irrevocabilmente all’infanzia: ama che i cittadini si divertano, purché non pensino che a divertirsi». Un potere che «lavora volentieri al loro benessere, ma vuole esserne l’unico agente e regolatore». Provvede alla loro sicurezza e ai loro bisogni, facilita i loro piaceri, «tratta i loro principali affari, dirige le loro industrie, regola le loro successioni, divide le loro eredità». A quel punto, «non potrebbe allora togliergli interamente la fatica di pensare e la pena di vivere? Così ogni giorno esso rende meno necessario e più raro l’uso del libero arbitrio, restringe l’azione della volontà e toglie a poco a poco a ogni cittadino perfino l’uso di se stesso».«Siamo tutti contenti di perdere il nostro tempo nella rete, di pescare qua e là dei pesci d’oro e delle informazioni, di perdere il tempo che avremmo potuto impiegare coltivando il nostro vero giardino. Ma come nel paese dei balocchi di Pinocchio, c’è un prezzo da pagare. Infatti si vive avvolti nella tela del ragno». Secondo Nicolas Bonnal, la Terra è ormai diventata una sorta di “campo di concentramento elettronico” monitorato su web. Lo scrittore francese cita la Bibbia, il libro di Giobbe: «L’empio si è costruito una casa simile alla tela di un ragno». Accusa: non ci sono più contadini, sono stati intrappolati dai trattati internazionali come il Gatt. «È Carl Schmitt a constatare come il guerrigliero o il resistente perdano tutto il potere dal momento che non è più terrestre ma tecnodipendente». Una resistenza è ancora possibile? «I progressi del totalitarismo elettronico attuale si basano sul web, che rafforza il potere mefitico dei veri cospiratori», accusa Bonnal, in un post su “Defensa” tradotto da “Come Don Chisciotte”. I cospiratori? «Sono le amministrazioni delle democrazie impopolari, le banche, i servizi segreti, la polizia parallela (non quella destinata a proteggervi), oggi diventati onnipresenti».
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Thurn und Taxis: la birra dei Padroni di Tutto, dal medioevo
Sul menù del Bounty Pub c’è una birra che si chiama Thurn und Taxis. Delizia. Ma tu lo sai che della dinastia Thurn und Taxis ne parlò Benjamin Franklin, Karl Marx? E tu lo sai che i Thurn und Taxis sono ancora oggi quelli che hanno il potere di sussurrare nell’orecchio di Mario Draghi, di Juncker e della Merkel cosa fare (poi a cascata sul pollitalico pollaio)? Ops! Non lo sapevi? Ma fanno anche birre, nel passatempo. Sai chi sono? Sono per caso una marca come Moretti o Heineken? No, no. Pochi poveri intellettuali disperati come l’immenso Alain Parguez, professore emerito di storia dell’economia all’università di Besançon in Francia, o come la storica Lacroix-Riz, o come Paolo Barnard, vi avevano raccontato chi sono i Thurn und Taxis anni fa, e cosa succede a causa loro, e di altri come loro, in Unione Europea. I pochi poveri intellettuali disperati come noi vi avevano raccontato che il disegno neoliberista – su cui ancora si vomitano migliaia di inutili papers accademici e libri e ragliate di ‘belle anime’ – è stato totalmente superato, e oggi l’Unione Europea è in mano al neofeudalesimo dei Thurn und Taxis e soci.Poche famiglie nobili, una minuta élite, persino più ristretta della Commissione Europea, dettano ancora nel 2017 ogni secondo della vostra vita, voi sperduti di Latina, Cuneo, Catanzaro e Bari, e prima fra tutte troneggia la famiglia tedesca proprio dei Thurn und Taxis, poi i belgi Davignon, e i Boel, e la miriade di discendenti della casa Hohenstaufe (le birre le fanno solo i primi, devo essere onesto). Ciò che le élite di questi ‘rentiers’ (feudatari) come i Thurn und Taxis, e dell’Opus Dei, hanno creato in Europa e che oggi si chiama Unione Europea, Patto di Stabilità, Banca Centrale Europea, direttive Ue, Eurozona, è precisamente un percorso di ritorno a condizioni di tale panico economico da riportare milioni di persone all’abbruttimento e alla paura caratteristiche delle epoche feudali. La Politica della Carenza, da Paolo Barnard descritta qui due anni fa: be’, non è più neoliberismo, è neofeudalesimo, il territorio dei Thurn und Taxis, quelli della tua birra al pub, sì, loro.Ma chi sono i ‘rentiers’ esattamente? Vi ricordate a scuola le lezioni sui nobili, i feudatari? Oggi la cosa è più complessa. I marchesi, i Borboni, i duchi si sono dovuti eclissare, essi erano i ‘rentiers’. Ma non hanno mai ceduto, mai. Si sono solo modernizzati. La famiglia Agnelli in Italia fu un esempio. Furono i più inetti produttori di auto del mondo occidentale per quasi un secolo, ma sono sopravvissuti, gli Agnelli, e hanno goduto di immensi privilegi, grazie allo sfruttamento di generazioni di immigrati meridionali e ai sussidi di denaro pubblico in quantità grottesca. Eccoli i rentiers, neofeudali. I ‘rentiers’ più potenti oggi sono la più ricca dinastia di Germania, i Thurn und Taxis, proprietari immobiliari e terrieri da epoca feudale, con un ramo italiano di tutto rispetto, che viene da Ruggiero de Tassis del 1443. Sì, loro, quelli della birra sul menù del tuo pub. Sapete, il precursore di Karl Marx, Benjamin Franklin, ci raccontò che i Thurn und Taxis furono la prima dinastia che emerse dal Sacro Impero Romano grazie all’invenzione del servizio postale. Furono i primi a farsi pagare per spedire lettere.Il, tragicamente male interpretato, filosofo morale Adam Smith, un vero eroe dalla Vera Sinistra pre-illuminista, sempre svenduto al mondo come l’esatto opposto, denunciò i Thurn und Taxis come autori del primo progetto mercantile d’Europa. Oggi la Germania naviga falciando vite umane su un progetto neo-mercantile, quel progetto che ha devastato l’economia italiana come mai dal 1948, ma che marcia diligente sugli ordini dei Thurn und Taxis. Quelli della tua birra al pub. Ok, avete capito, spero. I Grandi Disegni sulle vostre vite a Macerata, Torio o a Comacchio non li fanno Renzi, Grilli, Grillo, Poletti, la Boldrini, né la Mafia. Vado a letto. Notte.(Paolo Barnard, “Bevi una birra Thurn und Taxis? Fotti la vita di tuo figlio”, dal blog di Barnard del 25 febbraio 2017).Sul menù del Bounty Pub c’è una birra che si chiama Thurn und Taxis. Delizia. Ma tu lo sai che della dinastia Thurn und Taxis ne parlò Benjamin Franklin, Karl Marx? E tu lo sai che i Thurn und Taxis sono ancora oggi quelli che hanno il potere di sussurrare nell’orecchio di Mario Draghi, di Juncker e della Merkel cosa fare (poi a cascata sul pollitalico pollaio)? Ops! Non lo sapevi? Ma fanno anche birre, nel passatempo. Sai chi sono? Sono per caso una marca come Moretti o Heineken? No, no. Pochi poveri intellettuali disperati come l’immenso Alain Parguez, professore emerito di storia dell’economia all’università di Besançon in Francia, o come la storica Lacroix-Riz, o come Paolo Barnard, vi avevano raccontato chi sono i Thurn und Taxis anni fa, e cosa succede a causa loro, e di altri come loro, in Unione Europea. I pochi poveri intellettuali disperati come noi vi avevano raccontato che il disegno neoliberista – su cui ancora si vomitano migliaia di inutili papers accademici e libri e ragliate di ‘belle anime’ – è stato totalmente superato, e oggi l’Unione Europea è in mano al neofeudalesimo dei Thurn und Taxis e soci.
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Può finire il Pd, non il romanzo criminale che sabota l’Italia
In “Romanzo criminale”, la saga della Banda della Magliana ripercorsa da Giancarlo De Cataldo, nessuno riesce mai neppure a sfiorare il supremo potere del Grande Vecchio, il burattinaio che agisce nell’ombra e, dal Palazzo, manovra i fili che tengono insieme una sceneggiatura anche atroce, in cui si muovono guardie e ladri, terroristi e affaristi, servizi segreti e malavita imprenditrice. Nel saggio “Il più grande crimine”, il giornalista Paolo Barnard ricostruisce in chiave criminologica quello che chiama “economicidio” dell’Italia, in tre mosse: divorzio tra governo e Bankitalia, adesione all’Unione Europea, ingresso nell’Eurozona. Matematico: crisi, disoccupazione, super-tasse, taglio del welfare e dei salari, crollo dei consumi, sofferenze bancarie ed esplosione del debito pubblico, che diviene improvvisamente “tossico” perché non più ripagabile, non più denominato in moneta sovrana liberamente disponibile. A monte: il Memorandum Powell, la guerra storica contro la sinistra dei diritti del lavoro (dalla legge Biagi al Jobs Act), la “crisi della democrazia” evocata dai cantori della Trilaterale, fino alla spazzatura terminale dell’Ue, il Fiscal Compact, la morte clinica del bilancio pubblico degli Stati, ridotti a esattori per la più colossale operazione di money-transfer della storia moderna, dal basso verso l’alto, attraverso la privatizzazione universale neoliberista.Nella sua visione da criminologo, Barnard fa i nomi: Beniamino Andreatta e Carlo Azeglio Ciampi vietarono alla Banca d’Italia di continuare a fare da “bancomat del governo” a costo zero, imponendo allo Stato, da quel momento, di finanziarsi diversamente: ricorrendo cioè alla finanza privata attraverso l’emissione di bond, a beneficio della grande finanza, cui da allora lo Stato avrebbe riconosciuto lauti interessi, facendo esplodere il debito pubblico. Poi l’euro, cioè l’istituzionalizzazione definitiva della “trappola finanziaria”: lo Stato non può più fare retromarcia, deve “prendere in prestito” la moneta emessa da un soggetto esterno, la Bce, i cui azionisti sono le banche centrali non più pubbliche, ma controllate da cartelli bancari privati. A quel punto è l’euro a imporre la sua legge, attraverso la Commissione Europea, cioè il governo non-eletto dell’Europa. E la Commissione Europea vara la norma finale, esiziale, per qualsiasi governo democratico: il pareggio di bilancio, che equivale al decesso finanziario dello Stato. In regime di sovranità (Usa, Giappone, resto del mondo) il debito pubblico misura la salute del paese: più il deficit è alto, più l’economia è prospera. L’Unione Europea inverte i termini del paradigma: taglia la spesa pubblica, e ottiene crisi. L’Italia, addirittura, ha inserito il pareggio di bilancio in Costituzione. E, peggio ancora, da anni il bilancio italiano è in “avanzo primario”: per i cittadini, lo Stato spende meno di quanto i contribuenti versino in tasse.Come si è arrivati a questo? Smantellando la sinistra, risponde Barnard, citando l’avvocato Lewis Powell, uno stratega di Wall Street incaricato dalla Camera di Commercio Usa, all’inizio degli anni ‘70, di redigere un vademecum per guidare l’élite, spodestata dalla democrazia sociale nel dopoguerra, verso la riconquista dell’atavico potere perduto. Detto fatto, come da manuale: leader radicali stroncati, leader riformisti “comprati” per annacquare i loro partiti e sindacati, rendendoli docili e spingendoli a convincere i loro elettori ad accettare “riforme” concepite per “smontare” le tutele sociali, privatizzando progressivamente l’economia. Campioni assoluti, in Italia: personaggi come Romano Prodi, Giuliano Amato e Massimo D’Alema. Berlusconi? Irrilevante: si è limitato a proteggere i suoi interessi. Gli artefici delle “riforme strutturali” provengono tutti dalla sinistra storica: la più adatta, come insegna Lewis Powell, a convincere la società ad affrontare dolorosi “sacrifici”, magari imposti sulla base di norme senza alcun fondamentio economico, come il famigerato limite alla spesa pubblica, non oltre il 3% del Pil. Una invenzione di François Mitterrand, come ricorda l’economista Alain Parguez, allora consulente del presidente francese. Mitterrand? «Un monarchico, travestito da socialista». L’ennesima maschera della sinistra messasi al servizio del supremo potere oligarchico, neo-feudale, ansioso di sbarazzarsi dell’ingombro della democrazia per tornare all’antico splendore.La “mente” di Mitterrand? Jacques Attali, che Barnard definisce “il maestro” di D’Alema, l’ex comunista italiano che, da Palazzo Chigi, vantò il record europeo delle privatizzazioni. Nel suo libro “Massoni, società a responsabilità illimitata”, Gioele Magaldi aggiunge un ulteriore filtro alla lettura di Barnard, quello super-massonico, derivate dal potere di 36 organizzazioni segrete, denominate Ur-Lodges, in cui gli uomini del massimo vertice mondiale – finanziario, industriale, militare, politico – disegnano le loro trame, per condizionare governi e paesi. Di Jacques Attali, Magaldi e Barnard offrono un ritratto preciso: l’ennesimo uomo di sinistra, “convertitosi” alla causa dell’oligarchia. E’ uno smottamento che investe l’intero Occidente: i Clinton e poi Obama negli Usa, Tony Blair in Gran Bretagna, Mitterrand in Francia, Gerhard Schröder in Germania con la riforma Hartz che introduce la flessibilità nel lavoro dipendente e i mini-salari dei minijob. Poi arrivano le Merkel e i Trump, ma il “lavoro sporco” l’hanno già fatto gli “amici del popolo”, quelli che ancora oggi in Italia cantano Bandiera Rossa e Bella Ciao, dopo aver votato la legge Fornero e le finanziarie-suicidio di Mario Monti, che per Magaldi milita, insieme a Giorgio Napolitano, nella Ur-Lodge “Three Eyes”, la stessa di Attali, storicamente guidata da personalità come quelle di David Rockefeller ed Henry Kissinger, fondatori della Trilaterale.Anche in Italia, il cortocircuito finanziario introdotto con l’euro (lo Stato improvvisamente in bolletta) si è trasformato in crisi economica, quindi sociale. Ma, ovviamente, il “più grande crimine”, il sabotaggio della sovranità e quindi della democrazia, non è mai stato neppure lontanamente sfiorato dalla cosiddetta sinistra radicale dei Bertinotti e dei Vendola, né tantomeno dalla Cgil. Era tanto comodo il “demonio” Berlusconi, per catalizzare i mali del Balpaese, fino a insediare a Palazzo Chigi direttamente la Trojka, il commissario Monti (Trilaterale, Bilderberg, Goldman Sachs) tra gli applausi di tutti i Bersani di Montecitorio. Poi è arrivato Grillo, poi Renzi: come se il Grande Vecchio, lassù, si divertisse un mondo con il suo giocattolo preferito, l’Italia, cioè il paese in cui nessuno denuncia mai il vero problema, e dunque non può trovare soluzioni. Oggi si sbriciola il Pd, ma nulla lascia supporre che finisca il “romanzo criminale”, con i suoi personaggi-marionetta e le loro piccole partite, fatte di primarie e poltrone, correnti e sigle, bullismi, rancori, rivincite e vendette. Vacilla persino l’Unione Europea, sono in atto rivolgimenti di portata mondiale che mettono in discussione i caposaldi della globalizzazione neoliberista. E in Italia sono in campo Renzi ed Emiliano, Di Maio e la Raggi, Salvini e D’Alema, Prodi e Berlusconi, Pisapia e la Boldrini. Ancora una volta, gli amici del Grande Vecchio potranno dormire sonni tranquilli: l’Europa sta per franare, a cominciare dalla Francia, ma non sarà certo l’Italia a impensierire i grandi architetti della crisi.In “Romanzo criminale”, la saga della Banda della Magliana ripercorsa da Giancarlo De Cataldo, nessuno riesce mai neppure a sfiorare il supremo potere del Grande Vecchio, il burattinaio che agisce nell’ombra e, dal Palazzo, manovra i fili che tengono insieme una sceneggiatura anche atroce, in cui si muovono guardie e ladri, terroristi e affaristi, servizi segreti e malavita imprenditrice. Nel saggio “Il più grande crimine”, il giornalista Paolo Barnard ricostruisce in chiave criminologica quello che chiama “economicidio” dell’Italia, in tre mosse: divorzio tra governo e Bankitalia, adesione all’Unione Europea, ingresso nell’Eurozona. Matematico: crisi, disoccupazione, super-tasse, taglio del welfare e dei salari, crollo dei consumi, sofferenze bancarie ed esplosione del debito pubblico, che diviene improvvisamente “tossico” perché non più ripagabile, non più denominato in moneta sovrana liberamente disponibile. A monte: il Memorandum Powell, la guerra storica contro la sinistra dei diritti del lavoro (dalla legge Biagi al Jobs Act), la “crisi della democrazia” evocata dai cantori della Trilaterale, fino alla spazzatura terminale dell’Ue, il Fiscal Compact, la morte clinica del bilancio pubblico degli Stati, ridotti a esattori per la più colossale operazione di money-transfer della storia moderna, dal basso verso l’alto, attraverso la privatizzazione universale neoliberista.
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Bersani non andrà da nessuna parte, ma nemmeno Renzi
Non andranno da nessuna parte, gli scissionisti del Pd: sono figure logore, nonché largamente compromesse con il peggior potere, quello che ha imposto all’Italia il regime dell’austerity. Beninteso: non andranno lontano nemmeno gli altri, i renziani, così come i berlusconiani. I grillini? Domani chissà, ma oggi – di fatto – non hanno vero un Piano-B per ribaltare l’economia italiana cambiando le regole del gioco. E’ la tesi di Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere), che illumina gli imbarazzanti retroscena del “back office” del potere mondiale, con 36 superlogge internazionali che “orientano” le grandi decisioni dei governi, attraverso il controllo della finanza e delle istituzioni “paramassoniche” come Fmi e Banca Mondiale, Bilderberg e Trilaterale, think-tanks e lobby che, di fatto, “dettano” direttive, leggi, tendenze. Una su tutte: la supremazia neoliberista del mercato a danno dello Stato, neutralizzato dai tecnocrati e disabilitato nelle sue capacità di spesa pubblica e investimento economico e sociale.«Si può dire anche molto male di Matteo Renzi, ma è pur sempre meglio di Pier Carlo Padoan, il ministro dell’economia, che – attraverso la Ur-Lodge “Three Eyes”, roccaforte storica della destra internazionale – è il terminale italiano dei super-poteri che predicano la privatizzazione universale». Ai microfoni di “Colors Radio”, Magaldi osserva con scetticismo lo spettacolare smottamento in corso nello scenario politico italiano, non solo nella cosiddetta sinistra, ma anche sul fronte opposto, dove – accanto a Salvini e Giorgia Meloni – emergono pulsioni “sovraniste” dalla ex destra sociale di Alemanno e Storace. Meglio di niente, sembra concludere Magaldi, che è progressista e ha fondato in Italia il Movimento Roosevelt, associazione meta-partitica con l’obiettivo di “inoculare il virus del risveglio”, liberando i partiti dalla loro sudditanza rispetto ai poteri forti. Magaldi ora va anche oltre, annunciando l’apertura di un cantiere politico per dare vita a un nuovo soggetto. Non l’ennesimo partitino, assicura, ma – sulla carta – l’unico strumento su cui far convergere un vero e proprio rovesciamento di valori e priorità, sulla scorta dell’esperienza condotta per la candidatura dell’economista keynesiano Nino Galloni al Comune di Roma.Tradotto: prima viene il recupero della sovranità finanziaria, anche monetaria, e soltanto dopo è possibile ridisegnare leggi e governi, con alle spalle una struttura (pubblica) capace di investire denaro per l’economia reale, quella delle aziende e delle famiglie. Nulla di tutto ciò è in vista, nel campo della sinistra italiana tradizionale: che magari sbatte la porta in faccia a Renzi, ma poi non osa alzare la voce con i veri potenti, cioè i guardiani dell’ortodossia ordoliberista incarnata dall’Unione Europea a trazione tedesca. «Non capisco come facciano, Bersani e compagni, a rinfacciare a Renzi la mancanza di una politica sociale, di sinistra, che parta dalle istanze del popolo, quando loro sono stati i primi, con D’Alema e anche Veltroni, a plaudire al governo Monti, progettato dai grandi poteri con l’aiuto di Napolitano». Dove pensano di andare, Bersani e Speranza? Alla loro sinistra si è accampata Sinistra Italiana, cioè la reincarnazione di Sel, il partito di Vendola, ben lungi – al netto della retorica – dall’aver affrontato il nodo vero della questione: la sovranità democratica dei governi europei, resi “sudditi” da Bruxelles, a danno della comunità nazionale.Più interessante il campo opposto, dove si registra quantomeno la vitalità di Salvini e Meloni, con il limite però di dover fare sempre i conti con l’eterno Berlusconi, che in vent’anni – reso vulnerabile dal ricatto incombente sulle sue aziende – non è riuscito a dire un solo “no” ai nemici dell’Italia. Restano i 5 Stelle: se non l’attuale dirigenza “grillo-replicante”, almeno la sincera disponibilità democratica della base. Per Magaldi, il ogni caso, il Pd è finito: «Marcirà, si estinguerà per putrefazione. Mentre l’Italia ha un disperato bisogno di rigenerazione, attraverso la rinascita del campo progressista», adeguata allo scenario di oggi: un rinascimento politico, che parta dalla battaglia (storica) per denunciare gli abusi dell’oligarchia europea e restituire piena sovranità finanziaria all’economia nazionale, condizione imprescindibile per poi riscrivere le leggi in senso democratico, ridisegnando il paese, dopo aver rimesso al potere politici legittimi, non più maggiordomi dell’élite.Non andranno da nessuna parte, gli scissionisti del Pd: sono figure logore, nonché largamente compromesse con il peggior potere, quello che ha imposto all’Italia il regime dell’austerity. Beninteso: non andranno lontano nemmeno gli altri, i renziani, così come i berlusconiani. I grillini? Domani chissà, ma oggi – di fatto – non hanno vero un Piano-B per ribaltare l’economia italiana cambiando le regole del gioco. E’ la tesi di Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere), che illumina gli imbarazzanti retroscena del “back office” del potere mondiale, con 36 superlogge internazionali che “orientano” le grandi decisioni dei governi, attraverso il controllo della finanza e delle istituzioni “paramassoniche” come Fmi e Banca Mondiale, Bilderberg e Trilaterale, think-tanks e lobby che, di fatto, “dettano” direttive, leggi, tendenze. Una su tutte: la supremazia neoliberista del mercato a danno dello Stato, neutralizzato dai tecnocrati e disabilitato nelle sue capacità di spesa pubblica e investimento economico e sociale.
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Magaldi: “grazie” a Trump risorgerà una sinistra autentica
«Io sono contro tutti i muri, ma non mettiamo in croce Donald Trump: ricordiamoci che quel muro alla frontiera col Messico esisteva già». Gioele Magaldi, esponente italiano della massoneria progressista internazionale, indossa altre “lenti” per valutare i primissimi passi del nuovo inquilino della Casa Bianca. Premessa: «Chi lo attacca è in malafede, oppure ha scambiato per “sinistra” la politica dei Clinton e di Obama». Di fatto, dice Magaldi a “Colors Radio”, un paio di ottime cose “The Donald” le ha già fatte: «Intanto ha tolto di mezzo Jeb Bush, cioè la prosecuzione della narrazione del mondo in salsa terroristica. E poi ha intimato l’alt all’espansione di potere della Cina, che è un colosso retto dalla nomenklatura “fasciocomunista” messa in piedi da Henry Kissinger». Per Magaldi, il maggior risultato strategico del controverso Capitan Fracassa insediato a Washington sarà un “regalo” indiretto alla sinistra, quella vera, oggi ancora dormiente: solo grazie al duro confronto con Trump, sostiene l’autore del bestseller “Massoni, società a responsabilità illimitata”, potrà finalmente emergere una nuova dirigenza politica progressista, consapevole del fatto che «l’unica ideologia non ancora pienamente realizzata è proprio la democrazia».Magaldi, fondatore del Movimento Roosevelt ispirato alla politica keynesiana (lo Stato che investe, promuendo benessere diffuso), ha abituato il suo pubblico a declinare gli scenari geopolitici tenendo conto del «back office del potere» che, sostiene, è interamente massonico, gestito da 36 superlogge internazionali (Ur-Lodges), che a loro volta utilizzano entità “paramassoniche” (Trilaterale, Bilderberg, Fmi e Banca Mondiale, think-tanks) per imporre i loro diktat ai governi eletti, svuotandoli in tal modo di legittimità e riducendo la democrazia a mero esercizio elettorale, sempre più inutile, di fronte alla mancanza di vere alternative al pensiero unico neoliberista, che è fondato sull’austerity per tutti, tranne che per l’élite finanziaria. Dalla politica economica alla geopolitica, per Magaldi tutto si tiene: Jeb Bush è esponente della pericolosa Ur-Lodge “Hathor Pentalpha”, ritenuta “incubatrice” della strategia della tensione internazionale, dall’11 Settembre alla creazione dell’Isis. «Bene ha fatto, la massoneria americana progressista, ad appoggiare Trump alle primarie repubblicane: un gioco certamente spregiudicato, che ha però contribuito a togliere di mezzo quello che sarebbe stato un continuatore degli orrori che hanno destabilizzato il pianeta negli ultimi anni».Magaldi vede poi la longa manus di un’altra “Ur-Lodge” di destra, la “Three Eyes”, nella “fabbricazione in vitro” della nuova Cina, ad economia capitalista ma retta in modo autoritario dal partito unico: «Operazione progettata da Kissinger, autorevole esponente della “Three Eyes”», che pilotò la svolta del “fratello” Deng Xiaoping verso l’economia di mercato, sottoposta però al rigidissimo controllo del regime. Donald Trump? «Vedremo che altro farà, ora, ma non processiamolo prima del tempo». Finirà per usare il suo nuovo potere per diventare ancora più ricco? Magaldi non lo crede: «Ormai è calato nella parte dello statista, la “roba” se l’è lasciata alle spalle». Non come Berlusconi, da più parti definito un “Trump italiano” ante litteram: «Silvio non è mai riuscito a staccarsi dalle sue aziende, Trump sarà più libero di agire». Più che di un “Trump italiano”, secondo Magaldi, il nostro paese ha bisogno di un vero leader di sinistra, autenticamente liberalsocialista e di spessore, non certo alla Renzi. Magaldi giudica «prolifico» il dibattito in corso nel Pd, fatta eccezione per «quel bel tomo di D’Alema, che governò con una spruzzatina di sinistra per abbellire il suo sostanziale neoliberismo di destra fondato sulle privatizzazioni, sulla scorta delle “terze vie” dei vari Clinton e Blair». Merita attenzione chi oggi critica Renzi “da sinistra”, «purché si evitino certe ipocrisie: i vari Bersani votarono tutte le porcherie del governo Monti».«Io sono contro tutti i muri, ma non mettiamo in croce Donald Trump: ricordiamoci che quel muro alla frontiera col Messico esisteva già». Gioele Magaldi, esponente italiano della massoneria progressista internazionale, indossa altre “lenti” per valutare i primissimi passi del nuovo inquilino della Casa Bianca. Premessa: «Chi lo attacca è in malafede, oppure ha scambiato per “sinistra” la politica dei Clinton e di Obama». Di fatto, dice Magaldi a “Colors Radio”, un paio di ottime cose “The Donald” le ha già fatte: «Intanto ha tolto di mezzo Jeb Bush, cioè la prosecuzione della narrazione del mondo in salsa terroristica. E poi ha intimato l’alt all’espansione di potere della Cina, che è un colosso retto dalla nomenklatura “fasciocomunista” messa in piedi da Henry Kissinger». Per Magaldi, il maggior risultato strategico del controverso Capitan Fracassa insediato a Washington sarà un “regalo” indiretto alla sinistra, quella vera, oggi ancora dormiente: solo grazie al duro confronto con Trump, sostiene l’autore del bestseller “Massoni, società a responsabilità illimitata”, potrà finalmente emergere una nuova dirigenza politica progressista, consapevole del fatto che «l’unica ideologia non ancora pienamente realizzata è proprio la democrazia».