Archivio del Tag ‘grandi opere’
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No Tav, eresia e orgoglio di una valle in fondo al vento
Vorrei riuscire a scrivere di questo romanzo senza dilungarmi sulla questione del Tav. Del treno ad alta velocità (o capacità) s’è parlato e scritto e la mia posizione contro questo progetto è chiara. D’altronde le ragioni di chi è contro sono esorbitanti rispetto a quelle di chi vuole imporcelo. Un romanzo dovrebbe innanzitutto attenersi a dei parametri letterari, perché se in esso si prende una posizione troppo precisa, a favore o contro un argomento, allora siamo di fronte a un’opera militante che col romanzo (genere letterario che si diffonde con l’avvento del relativismo) ha poco a che vedere. È palese che all’amico Giorgio Cattaneo il Tav non piace, come non piace a me e alle persone che considerano la Valle di Susa qualcosa in più di una zona di passaggio; tuttavia, se il suo romanzo si limitasse ad esprimere un dissenso, tale dissenso potrebbe esprimersi in un ennesimo saggio sull’argomento, o in uno degli innumerevoli instant-book che occupano gli scaffali delle librerie.
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Anche Mosca rinuncia al Tav, e risparmia 100 miliardi
Dopo la rinuncia ufficiale del Portogallo e i recenti tentennamenti francesi, sul progetto Tav anche la Russia fa retromarcia: costi troppo elevati. Mosca ha annunciato che non finanzierà la costruzione delle linee ad alta velocità inizialmente previste per i Mondiali di calcio del 2018. Taglio netto: rinunciando al Tav, il Cremlino opta per una spettacolare “spending review” e risparmia in un colpo solo qualcosa come 103 miliardi di euro. Solo poche settimane fa, riferisce il network antagonista “Infoaut”, al governo russo era stato presentato un progetto di costruzione per gradi, che avrebbe dovuto ridurre il peso economico dell’opera, ma tanto gli investitori privati quanto lo Stato hanno ormai reso noti i propri ripensamenti. Motivo: l’efficienza economica dell’opera non è tale da giustificare una spesa così abnorme. E i Mondiali di calcio? Per il vicepremier Igor Shuvalov, basterà migliorare le linee esistenti.
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Mistero italiano: l’addio al Pendolino, super-treno perfetto
«Siamo unici al mondo: devastiamo il paese per aprire la strada agli Eurostar ma avevamo il Pendolino, che era un gioiello tecnologico veloce e super-confortevole, perfettamente adatto all’accidentata orografia italiana». Luca Giunti, guardiaparco in valle di Susa e attivissimo militante-divulgatore No-Tav, osserva lo stretto corridoio alpino della sua valle, già intasata dalle infrastrutture: due strade statali ai lati del fiume, poi l’autostrada, la linea ferroviaria internazionale Torino-Modane, i paesi, le fabbriche, l’autoporto, le aree commerciali. Là in mezzo, da qualche parte, dovrebbe passare un giorno anche la futura pista ferroviaria superveloce, il tracciato della fantomatica Torino-Lione. «E dire che il Pendolino andava benissimo. Inclinandosi in curva, offriva il massimo comfort. E soprattutto: poteva correre anche molto veloce sulle linee storiche, senza bisogno di nuove costosissime ferrovie».
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No-Tav, Formenti: la sinistra ha tradito la valle di Susa
Butto giù questa breve nota sull’onda delle emozioni che mi hanno suscitato i due giorni che ho avuto modo di trascorrere al campeggio No Tav di Chiomonte. Voglio ringraziare prima di tutto i ragazzi che mi hanno invitato a parlare su lotte, democrazia e rete in uno dei loro workshop. Era la prima volta che andavo in Val Susa e si è trattato di un’esperienza straordinaria. Credo che tutti coloro che, pur e considerandosi di sinistra, nutrissero il minimo dubbio sulla giustezza e sull’importanza politica della battaglia che da quasi vent’anni si combatte lassù o, peggio, fossero tentati di prendere per buone le motivazioni con cui i media e la maggioranza dei partiti appioppano ai No Tav l’etichetta di estremisti (se non di terroristi), nonché di nemici del progresso economico e della democrazia, dovrebbero andare di persona a vedere che cosa succede da quelle parti e, soprattutto, dovrebbero andare a parlare con i valsusini, oltre che con le forze “esterne” che ne appoggiano in vari modi la lotta.
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Pallante: come tagliare il debito senza far soffrire nessuno
Uscire dalla crisi? La soluzione ci sarebbe: tagliare gli sprechi, quelli veri. Non certo la spesa sociale, che i tecno-devastatori stanno minando dalle fondamenta col risultato di far crollare la sicurezza quotidiana degli italiani, impoverendo il paese. Gli sprechi da tagliare – vere fabbriche di debito – sono le grandi opere inutili, l’immensa dispersione di energia e la peste chimica dell’agricoltura industriale, quella della grande distribuzione che oggi ci alimenta. Maurizio Pallante, fondatore del Movimento per la Decrescita Felice, ha le idee chiare: si può creare nuova occupazione senza fare nuovo debito, ma addirittura tagliandolo. Lo dimostra uno studio pubblicato dal “Sole 24 Ore” il 13 febbraio: per ogni 10 miliardi di euro investiti nella riduzione degli sprechi si possono ricavare 130.000 posti di lavoro di buona qualità, mentre investendo la stessa cifra in grandi opere si darebbe lavoro al massimo a 7.300 persone.
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Matrimoni da film: “Nozze d’agosto”, alla faccia della crisi
Si conoscono in spiaggia, si danno appuntamento in campagna. Il primo bacio, le scorribande in Vespa. E’ tutto vero, si chiama: amore. Ma i due non sono soli. Fuori campo, li spiano le telecamere della troupe di Mauro, regista pirotecnico di film matrimoniali. E alle spalle di Mauro, altre telecamere: quelle dirette da Andrea Parena, che a sua volta filma l’uomo che filma il matrimonio. E’ il copione di “Nozze d’agosto”, documentario che la Mostra del Cinema di Venezia definisce “tenero e buffo”, presentandolo alle Giornate degli Autori, “Venice Days”. Un tuffo al cuore, letteralmente: «Venezia ha apprezzato il nostro lavoro – dice Andrea – pur avendo ricevuto solo una copia provvisoria appena montata, in formato dvd, senza ancora neppure il mix audio e la correzione-colore. Hanno capito lo spirito del film, la sua intenzione: esplorare un mondo con ironia affettuosa, senza scadere nel facile folklore, nel trash dei matrimoni organizzati».
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Derubare i poveri: ieri il terzo mondo, oggi tocca a noi
Attenti, siamo al capolinea: dietro al crac mondiale della finanza, quello che oggi ci opprime con tagli drammatici al nostro benessere, c’è la fine di un’epoca, quella del capitalismo che si è globalizzato per sopravvivere e ora si ritorce contro i lavoratori dell’Occidente, ormai impoveriti e ridotti a consumatori con le tasche vuote. «Per spiegare la crisi si parla sempre di banche e di debito pubblico, di finanza piratesca e di speculazioni, ma tutto questo non è che la deriva di un’economia: come le metastasi di un tumore, non sono che lo sviluppo “naturale” del cancro stesso», afferma la saggista Sonia Savioli. Alla base di qualsiasi economia ci sono due cose: risorse e lavoro umano. «In un’economia capitalista, e cioè in una società di dominio e competizione, le risorse materiali vengono sottratte all’ambiente e ai popoli che di esse vivevano senza alcuno scrupolo e senza alcun limite». Quanto al lavoro, «significa il maggior sfruttamento possibile, considerati i rapporti di forza».
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Romanzo di una valle che resiste in fondo al vento
Un giovane giornalista riluttante e già disilluso sul proprio mestiere viene inviato nella valle di Susa in rivolta contro il Tav. Dietro alle barricate della più anomala protesta popolare d’Italia scoprirà un oscuro retroterra di misteri irrisolti che ancora inquinano un orizzonte di tensioni. E’ il tema di “Una valle in fondo al vento”, romanzo che Giorgio Cattaneo – esponente del network creativo torinese “Libre” – dedica alla lunga controversia, tuttora in corso, sull’alta velocità ferroviaria Torino-Lione. Sullo sfondo dell’opaco business delle grandi opere, fra strani depistaggi e attentati fantasma, emerge la voce corale di una comunità esasperata dagli abusi subiti e pienamente consapevole del respiro storico della propria terra, eterno crocevia europeo fin dall’antichità. Tra le ombre inquietanti di vicende frettolosamente archiviate, il protagonista scopre che, proprio come in guerra, la prima vittima della cronaca è sempre la verità.
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Pallante: macché Tav, meglio tanti cantieri utili per tutti
Il quotidiano francese “Le Figaro” ha riportato la notizia che la Francia intende riesaminare ed eventualmente rinunciare a dieci progetti di linee ferroviarie ad alta velocità, tra cui la Torino-Lione a causa dei costi elevatissimi e della riduzione del traffico merci. Pare che, finalmente, la crisi economica e la scarsità di risorse costringano a rivedere le priorità: è finito il tempo delle grandi opere pubbliche finanziate con enormi debiti che ricadono sulle spalle della collettività e sulle generazioni future sotto forma di tasse e tagli ai servizi pubblici e allo stato sociale. Per questo, da tempo, il Movimento per la Decrescita Felice afferma che occorre spostare la priorità dalla crescita del Pil alla crescita dell’occupazione in lavori utili.
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Europa, frenata storica sulla Torino-Lione: costa troppo
«E adesso chi glielo dice che avevano ragione loro?». L’epigramma è dell’ex direttore del “Manifesto”, Riccardo Barenghi, in arte “Jena”: gli bastano poche parole, sulla “Stampa” del 13 luglio, per archiviare la contestatissima linea Tav dopo la sortita del ministro del bilancio francese, Jerome Cahuzac, rilanciata il giorno prima da “Le Figaro”: troppi progetti faraonici di dubbia utilità, ormai proibitivi in tempi di crisi. In cima alla lista nera di Parigi c’è proprio la Torino-Lione: solo a fine anno, ha annunciato il ministro, una speciale commissione parlamentare appositamente costituita valuterà se ha davvero senso che la Francia si indebiti fino al collo per spendere i 12 miliardi di euro previsti per la tratta transalpina dell’alta velocità italo-francese. E se le diplomazie tentano di spegnere la polemica (nessun problema con Parigi, dice il ministro Passera: la Torino-Lione si farà) il secondo round della doccia fredda arriva da Bruxelles: Francia e Italia non sperino che l’Europa finanzi la Torino-Lione.
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La video-guerra di Leonardo: No-Tav, la verità è esilarante
La bandiera, il ragazzino e il grande protagonista: il vento. La bora è quella che spazza con frequenza la valle di Susa, uno dei luoghi più ventosi d’Italia, checché ne dicano i tecnici di Ltf, la società per la Torino-Lione che – nel suo stesso dossier – non fa mistero dei grandi rischi connessi all’apertura degli eventuali cantieri dell’alta velocità (uranio, amianto, polveri sottili, taglio delle falde idriche, migliaia di tonnellate di materiali di scavo) senza però spiegare come questi problemi verrebbero risolti, in quella “galleria del vento” che si estende da Torino alla frontiera francese. A volte, basta un minuto per rivelare la verità più imbarazzante: tanto dura, pressappoco, il divertente video girato sul balcone di casa dal giovanissimo Leonardo. E’ lui il ragazzino della clip, ripreso mentre si dibatte inutilmente, come un tragicomico Woody Allen in erba, contro la bandiera No-Tav scatenata dal più indomabile dei venti, quello della protesta popolare.
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Pd al capolinea: espulsa Carla Mattioli, pasionaria No-Tav
Vent’anni di trasparente buongoverno hanno fatto di Avigliana un modello di Comune virtuoso? Forse anche troppo virtuoso, per la nomenklatura “bulgara” del Pd torinese che ha infine espulso dal partito l’ex sindaco Carla Mattioli, colpevole di aver resistito con successo al pressing della lista civica rivale, promossa sottobanco da Pd e Pdl per strappare ai No-Tav la cittadina più importante della valle di Susa. Elezioni al cardiopalma: da una parte “Grande Avigliana”, capitanata da Aristide Sada – sostenuto da Fassino e Bersani oltre che dai berlusconiani – e dall’altra Angelo Patrizio, erede di Carla Mattioli, sotto le insegne di “Avigliana Città Aperta”. Missione compiuta: ma a due mesi dal trionfo di Patrizio è scattata la vendetta del Pd, contro Carla Mattioli nonché l’assessore Andrea Archinà e l’ex vicesindaco Arnaldo Reviglio, altro co-fondatore del Pd valsusino.