Archivio del Tag ‘Gran Bretagna’
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L’agenda news e i figli del Capitano Merryl, fedeli a Londra
Abbiamo più volte spiegato come l’attuale dittatura eurocratica produca i suoi malsani effetti al riparo di un sistema mediatico complessivamente addomesticato alla bisogna. Senza inseguire fesserie e complotti non provati, spesso veicolati con l’obiettivo di distogliere l’attenzione dalle porcherie effettivamente verificate e verificabili, è facile notare come il connubio tra grande finanza e grande informazione (con magistratura a traino, pronta cioè ad azzannare i nemici del sistema indicati dalla stampa) influenzi e determini le scelte di indirizzo politico che condizionano poi nei fatti la vita di milioni di persone. Prima domanda: chi seleziona le notizie che il “mainstream” quotidianamente propone? Seconda domanda: chi sceglie il taglio informativo da offrire rispetto ai diversi fatti che giornalmente nel mondo si verificano? Sembrerebbero domande banali e scontate, e invece non lo sono affatto.Rispetto al primo quesito le anime candide sono propense a ritenere che la scelta delle notizie da valorizzare rientri nei poteri di indirizzo esercitati da un qualsiasi direttore responsabile posto a capo di un giornale o di una rete televisiva; sul “taglio” da dare alle notizie, poi, i più pensano altrettanto ingenuamente che dipenda in larga misura dalla specifica sensibilità del singolo giornalista che scrive il pezzo. Entrambe le risposte sono sbagliate. Avete mai notato come i grandi giornali, con sfumature minime, propongano sempre le stesse notizie nonostante la varietà pressoché infinita di fatti ipoteticamente raccontabili? Avete mai notato come l’operato di alcune figure, vedi Mario Draghi, non venga mai criticato neppure per sbaglio da nessuno dei tanti “giornali liberi” che affollano inutilmente le nostre edicole?Di fronte a due premesse certe come quelle appena evidenziate, esistono solo due risposte possibili. Una, irrazionale, così sfacciata da voler far credere ai cittadini che la sostanziale omogeneità di scelte e vedute che accomuna tutta l’informazione sia frutto del caso o del libero convincimento stranamente coincidente dei diversi direttori; la seconda, più verosimile e razionale, spiega come dietro il paravento di un pluralismo informativo che serve solo ad ingannare i tonti, si muovano con perizia alcune note centrali di intelligence che “imboccano” gli editorialisti più prestigiosi, sempre felici di farsi teleguidare dall’esterno nella certezza di ricevere in prospettiva sicuri vantaggi in termini di denaro o di carriera. Fantasie? Calunnie complottiste? Non direi. Se avete la pazienza di leggere l’ottimo libro “Colonia Italia”, scritto da Cereghino e Fasanella per Chiarelettere editore, troverete nomi, cognomi, prassi e documenti che finiranno per insinuare un sacrosanto dubbio perfino nel piddino più incallito.Scoprirete un mondo, fatto di spie e penne compiacenti, che non lascia nulla al caso; un mondo popolato da uomini spregiudicati e senza scrupoli, pronti a scrivere senza pudore che “il bianco è nero” e “il nero è bianco” per difendere i padroni. Fasanella e Cereghino, avendo avuto la bontà di leggere e studiare una serie di documenti di recente desecretati dal governo inglese, si sono imbattuti in una sfilza di nomi, fatti e storie del passato che, rivalutati alla luce di una consapevolezza finalmente matura, assumono ora un significato diverso. Ma le storie di ieri ci parlano dell’Italia e dell’Europa di oggi. Nulla induce a ritenere che le atmosfere e i compromessi raccontati nel libro di Cereghino e Fasanella, precisi nello spiegare ratio e genesi di alcune campagna di stampa così aggressive da deviare dolosamente il corso degli eventi politici (si pensi al “caso Montesi” o alla violenza strumentale e fasulla di alcune inchieste pensate per colpire Enrico Mattei), riguardino soltanto il passato. Perché oggi le cose dovrebbero funzionare diversamente? Magari tra trenta o quaranta anni, spulciando le carte immagazzinate dai diversi servizi di intelligence, capiremo come mai alcuni “illuminati” intellettuali nostrani continuino con sommo sprezzo del ridicolo a proporre analisi già smentite dalla realtà fattuale e dal buon senso.Ieri, in conclusione, ho casualmente ascoltato Mario Monti e Paolo Mieli ospiti negli studi de la7. Paolo Mieli, giorni fa, pubblicò un editoriale sulle pagine del “Corriere della Sera” titolato “Le accuse di troppo all’Europa”. Mieli propone alcune chiavi di lettura palesemente sgangherate che non meriterebbero troppa attenzione. Infatti, alla luce di quanto premesso,più che entrare nel merito delle cose dette e scritte, sarebbe forse più importante capire quali siano i mondi di riferimento di personaggi alla Paolo Mieli, figlio del leggendario “capitano Meryll”– al secolo Renato Mieli – già “press officer” dello “Psychological Warfare Branch” (Divisione per la guerra psicologica, ndm), allestito al tempo della seconda guerra mondiale dal “Comando generale delle forze alleate” per deviare, condizionare e indirizzare le scelte italiane in direzione del raggiungimento degli interessi inglesi. Chi può escludere che anche oggi predominino, mutatis mutandis, le stesse identiche dinamiche? Nessuno onesto intellettualmente, ritengo. E’ arrivato quindi il momento di ricostruire carte alla mano vicende che, pur sembrando antiche, sono quanto mai attuali.(Francesco Maria Toscano, “Ascoltando il figlio Capitano Merryl si capisce come la Divisione per la Guerra Psicologica non abbia mai levato le tende dall’Italia”, dal blog “Il Moralista” del 17 febbraio 2016).Abbiamo più volte spiegato come l’attuale dittatura eurocratica produca i suoi malsani effetti al riparo di un sistema mediatico complessivamente addomesticato alla bisogna. Senza inseguire fesserie e complotti non provati, spesso veicolati con l’obiettivo di distogliere l’attenzione dalle porcherie effettivamente verificate e verificabili, è facile notare come il connubio tra grande finanza e grande informazione (con magistratura a traino, pronta cioè ad azzannare i nemici del sistema indicati dalla stampa) influenzi e determini le scelte di indirizzo politico che condizionano poi nei fatti la vita di milioni di persone. Prima domanda: chi seleziona le notizie che il “mainstream” quotidianamente propone? Seconda domanda: chi sceglie il taglio informativo da offrire rispetto ai diversi fatti che giornalmente nel mondo si verificano? Sembrerebbero domande banali e scontate, e invece non lo sono affatto.
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Umberto Eco: erudito e noioso, stimatissimo solo in Italia
“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”.Durante un incontro con i giornalisti nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale a Torino in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Comunicazione e Cultura dei media“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… Perché la lettura è un’immortalità all’indietro”.Dall’articolo “Perché i libri allungano la vita” pubblicato sulla rubrica La bustina di Minerva, L’Espresso, 2 giugno 1991“Il computer non è una macchina intelligente che aiuta le persone stupide, anzi, è una macchina stupida che funziona solo nelle mani delle persone intelligenti”.Dalla prefazione a Claudio Pozzoli “Come scrivere una tesi di laurea di laurea con il personal computer”“Di qualsiasi cosa i mass media si stanno occupando oggi, l’università se ne è occupata venti anni fa e quello di cui si occupa oggi l’università sarà riportato dai mass media tra vent’anni. Frequentare bene l’università vuol dire avere vent’anni di vantaggio. È la stessa ragione per cui saper leggere allunga la vita. Chi non legge ha solo la sua vita, che, vi assicuro, è pochissimo. Invece noi quando moriremo ci ricorderemo di aver attraversato il Rubicone con Cesare, di aver combattuto a Waterloo con Napoleone, di aver viaggiato con Gulliver e incontrato nani e giganti. Un piccolo compenso per la mancanza di immortalità. Auguri”.Da un discorso alle matricole del corso di laurea in Scienze della Comunicazione a Bologna nel 2009.Troppo difficile e raffinato, inaccessibile alla massa, a quel volgo profano che, da Orazio in poi, ogni intellettuale d’élite che si rispetti si vanta di odiare e tenere accuratamente a distanza? No, solo troppo noioso. Irrimediabilmente noioso. Talmente noioso da risultare illeggibile, “Il cimitero di Praga”. Raramente, però, compaiono sulla stampa italiana aggettivi così semplici e diretti come “noioso” e “illeggibile” quando un romanzo porta la firma di Umberto Eco; per trovarli bisogna sfogliare le rassegne stampa internazionali. Nel lontano 1995, per citare un esempio che risale a 16 anni fa, in pochi hanno avuto il coraggio di tradurre “boring” con il suo sinonimo italiano, paralizzati da una sorta di timore reverenziale: nelle recensioni italiane a “L’isola del giorno prima” vennero sistematicamente ignorati i commenti poco entusiasti della stampa inglese, e taciute del tutto le spietate e circostanziate diagnosi di “Sunday Telegraph” e “Independent”.In tanti articoli – tra le poche eccezioni, il commento di Riccardo Orizio uscito sul “Corriere della Sera” il 2 ottobre 1995 – veniva censurato perfino l’elegante epiteto “L’Armani dell’Accademia” coniato da Noel Malcolm, che contemperava stima e critica, arguzia e perfidia, in difficile equilibrio tra il complimento e la stroncatura, una definizione “sbianchettata” forse per non rischiare di offendere in un colpo solo due figure simbolo del Made in Italy, il guru della moda e l’intellettuale italiano non necessariamente più apocalittico ma certamente più integrato nel mercato globale. Tanta acqua e altrettanti fiumi di inchiostro sono passati sotto i ponti, molte cose sono cambiate dagli anni Novanta a oggi ma non l’eccesso di prudenza – per usare un eufemismo – dei letterati italiani, la cronica difficoltà a chiamare le cose con il loro nome che rende provinciale e prevedibile gran parte della critica militante (non solo italiana).Nel dilagare del conformismo automatico di giornalisti e recensori, spesso generato più dalla pigrizia che da un opportunismo consapevole, spiccano mosche bianche che confermano la regola con la loro eccezione, come la spericolata sincerità di Alfonso Berardinelli – «Se fosse per le mie opinioni critiche, i romanzi di Umberto Eco e il libro di filosofia di Severino potrebbero sprofondare nella pattumiera» – o la sfrontatezza ironica di Ken Follett («Preferirei non essere così noioso», è la battuta ad effetto che riserva a chi crede di lusingarlo paragonando i suoi romanzi a quelli del semiologo italiano). Last but not least, l’articolo uscito il 9 ottobre scorso su “La Repubblica” alla vigilia della fiera del libro di Francoforte, in cui Andrea Tarquini osa citare una doppia critica all’ultimo libro appena uscito in Germania, una stroncatura bipartisan si direbbe in politichese, perché firmata dai critici letterari della liberalprogressista “Süddeutsche Zeitung” e della liberalconservatrice “Frankfurter Allgemeine Zeitung”. Secondo la prima, “Il cimitero di Praga” «è, nel migliore dei casi, un fallimento di alto livello, un noioso ammasso di inverosimiglianze grottesche».Non appena ci si addentra nella storia reale, continua il quotidiano di Monaco, il romanzo smette di interessare; come testo letterario non è né particolarmente avvincente né divertente e come opera storica risente di un errore strutturale. Non meno duro è il giudizio della “Frankfurter Allgemeine Zeitung”: dopo le prime trecento pagine «non si tratta più di un romanzo ma di uno schedario di persone, mappe stradali e bibliografia», mentre «si leggono di continuo note a pié di pagina senza notare altra cosa se non che il libro prima o poi dà sui nervi, poiché hai capito da tempo ciò che voleva dirti». Umberto Eco, chiosa Gustav Seibt sul quotidiano di Monaco, questa volta se l’è presa comoda: «Il cimitero di Praga non centra quello che è proprio il punto più importante del materiale: la storia collettiva della nascita e l’effetto collettivo dei Protocolli dei Savi di Sion».«Alla scrittura di questo testo tremendo hanno collaborato tre generazioni, e i suoi effetti perdurano da oltre un secolo. Dinanzi alla bassezza dello scritto, questo è molto più misterioso perfino della cloaca di Parigi, nella quale l’assassino Simonini getta i cadaveri. Umberto Eco ha sempre voluto essere uno scrittore dell’illuminismo, ma questa volta si è reso le cose troppo facili». Cadendo nella trappola dello sfoggio di erudizione fine a se stesso ed esponendosi al rischio già chiaramente percepito e oggetto di dibattito tra gli “oulipienes” più seri negli anni Sessanta del Novecento (OuLiPo è l’acronimo di Ouvroir de Littérature Potentielle, l’officina matematico-artistica nata dal sogno di fondere letteratura e scienze esatte): quello di comporre un’opera che diverte molto chi la scrive ma pochissimo chi la legge.(Silvia Guidi, “Il cimitero di Praga e i critici tedeschi, un fallimento di lusso”, da “L’Osservatore Romano” del 13 ottobre 2011, ripreso su “Facebook” dopo la morte di Umberto Eco, avvenuta il 20 febbraio 2016).Troppo difficile e raffinato, inaccessibile alla massa, a quel volgo profano che, da Orazio in poi, ogni intellettuale d’élite che si rispetti si vanta di odiare e tenere accuratamente a distanza? No, solo troppo noioso. Irrimediabilmente noioso. Talmente noioso da risultare illeggibile, “Il cimitero di Praga”. Raramente, però, compaiono sulla stampa italiana aggettivi così semplici e diretti come “noioso” e “illeggibile” quando un romanzo porta la firma di Umberto Eco; per trovarli bisogna sfogliare le rassegne stampa internazionali. Nel lontano 1995, per citare un esempio che risale a 16 anni fa, in pochi hanno avuto il coraggio di tradurre “boring” con il suo sinonimo italiano, paralizzati da una sorta di timore reverenziale: nelle recensioni italiane a “L’isola del giorno prima” vennero sistematicamente ignorati i commenti poco entusiasti della stampa inglese, e taciute del tutto le spietate e circostanziate diagnosi di “Sunday Telegraph” e “Independent”.
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Game over, l’orrida Europa non digerisce il pessimo Renzi
Prosegue imperterrita la “danza degli schiaffoni” fra Renzi e l’Unione Europea. In prima linea ci sono i popolari, ma il silenzio sprezzante dei socialisti pesa ancora di più. Quel povero diavolo di Pittella (per sua sfortuna capogruppo socialista a Strasburgo) cerca di sostenere il suo signore e padrone italiano, giungendo a minacciare la crisi dell’accordo popolari-socialisti che regge la Commissione, mentre i suoi compagni di gruppo francesi, tedeschi e olandesi lo guardano come lo scemo del villaggio con l’aria di pensare “Ma che stai dicendo?”. Da dove nasce questa inedita replica della Cavalleria Rusticana? I punti veri di dissenso sono due: l’applicazione del bail-in e la riduzione delle tasse. Renzi ha bisogno di margini di flessibilità molto più ampi (e usa l’emergenza rifugiati) perché vuol fare un taglio di tasse prima delle elezioni. Sul primo punto, Renzi, che non aveva mosso paglia contro la formazione della direttiva sul bail-in e neppure sulla sua immediata applicazione dal 1° gennaio 2016, aveva pensato di cavarsela con qualche furbata all’italiana (tipo il “salvabanche”), ma gli “europei” non glielo permettono, dando della direttiva l’interpretazione più restrittiva possibile (e ci vuol, poco perché la lettera è già più che sufficiente a bloccare il giullare).E questa rigidezza dipende dal fatto che i nostri valenti alleati tedeschi e francesi hanno già forchette in pugno e tovagliolo al collo per banchettare suo beni italiani. Sul secondo punto, Renzi ha bisogno di fare qualcosa sul fisco per non arrivare alle elezioni con un bilancio fatto solo di promesse mancate. Magari, poi le tasse le raddoppierebbe un minuto dopo la vittoria elettorale. Ma anche qui gli europei non mollano: “Niente tagli fiscali, devi pagare gli interessi sul debito e non puoi fare altro disavanzo”. Ma perché tanta indisponibilità, mentre all’Inghilterra è stato concesso tutto o quasi? I soci di maggioranza della Ue non vogliono perdere Londra che (sbagliando) ritengono un punto di forza dell’alleanza, mentre non hanno alcuna particolare propensione a tenersi Roma che (ricordiamolo sempre) è il terzo debito pubblico mondiale. Se a minacciare un referendum sull’uscita dalla Ue fosse il governo italiano, a fare la campagna elettorale a favore dell’uscita, giungerebbe in Italia Juncker.In secondo luogo, proprio perché all’Uk è stato concesso tutto, poi non si può dare niente all’Italia, pena un assalto alla diligenza di tutti gli altri. L’Italia non è la Grecia, è uno dei 4 principali contraenti il patto e, dal punto di vista di Strasburgo ed Amburgo, sta dando un pessimo esempio agli altri. Se non si dà una lezione all’Italia, poi verranno la Spagna, il Portogallo, l’Estonia, Cipro, magari di nuovo la Grecia. In breve la Ue sarebbe solo una marmellata, mentre qui gli “alleati” intendono ribadire che nella Ue c’è chi comanda (la Germania), chi è capo in seconda (la Francia), chi ha diritto a privilegi (l’Inghilterra) e tutti gli altri che devono obbedire. Questo ordine interno non deve essere turbato per nessuna ragione e Renzi deve piantarla. Questo è il modo di vedere dei nostri ineffabili alleati. Beninteso: l’Italia se lo merita. Non si può mandare in giro per il mondo rappresentanti impresentabili come Berlusconi e Renzi, proni come Monti o Letta o deboli come Prodi e pretendere che gli altri ti prendano sul serio. O vigliamo parlare dei ministri degli esteri che abbiamo espresso?Lo scontro fra Renzi e la Commissione Europea è uno scontro fra un branco di squali feroci ed uno squalo scemo, impossibile fare il tifo per nessuno dei due. D’altro canto, ho l’impressione che l’elenco dei nemici di Renzi sia già molto lungo e cresce di giorno in giorno: la magistratura, le grandi banche italiane, ora la Farnesina, la tecnocrazia europea, il Consiglio di Stato, infine buona parte del mondo ecclesiale inviperito per la legge sulle unioni civili… E molto è dovuto all’arroganza personale dell’uomo, splendido esempio del “fiorentino spirito bizzarro” andato a male. Forse sono troppo ottimista ma ho l’impressione che, per Renzi, il cronometro della Ue abbia già iniziato a scorrere verso l’ora zero.(Aldo Giannuli, “Perché l’Europa non digerisce Renzi”, dal blog di Giannuli del 10 febbraio 2016).Prosegue imperterrita la “danza degli schiaffoni” fra Renzi e l’Unione Europea. In prima linea ci sono i popolari, ma il silenzio sprezzante dei socialisti pesa ancora di più. Quel povero diavolo di Pittella (per sua sfortuna capogruppo socialista a Strasburgo) cerca di sostenere il suo signore e padrone italiano, giungendo a minacciare la crisi dell’accordo popolari-socialisti che regge la Commissione, mentre i suoi compagni di gruppo francesi, tedeschi e olandesi lo guardano come lo scemo del villaggio con l’aria di pensare “Ma che stai dicendo?”. Da dove nasce questa inedita replica della Cavalleria Rusticana? I punti veri di dissenso sono due: l’applicazione del bail-in e la riduzione delle tasse. Renzi ha bisogno di margini di flessibilità molto più ampi (e usa l’emergenza rifugiati) perché vuol fare un taglio di tasse prima delle elezioni. Sul primo punto, Renzi, che non aveva mosso paglia contro la formazione della direttiva sul bail-in e neppure sulla sua immediata applicazione dal 1° gennaio 2016, aveva pensato di cavarsela con qualche furbata all’italiana (tipo il “salvabanche”), ma gli “europei” non glielo permettono, dando della direttiva l’interpretazione più restrittiva possibile (e ci vuol, poco perché la lettera è già più che sufficiente a bloccare il giullare).
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Colonia Italia, i media pro-austerity controllati da Londra
Un bel libro di Fasanella e Cereghino, “Colonia Italia” edito da Chiarelettere, offre uno squarcio decisivo per comprendere il rapporto che lega politica e informazione. Dietro il paravento di una libertà di stampa brandita a mo’ di slogan si cela sempre una realtà differente e puzzolente, fatta di corruzione, manipolazione e compromessi che nulla hanno a che vedere conl’informazione. Non si tratta, badate bene, di singole devianze ma di un sistema rodato e collaudato: solo chi è disposto a prostituirsi intellettualmente può sperare di entrare nell’empireo del giornalismo. Partendo dallo spaccato preciso e puntuale preparato da Fasanella, offrirò un affresco del panorama informativo italiano, dominato da dinastie di “venduti con la penna” che mentono di generazione in generazione per indole, sport, interesse, malvagità e pavidità. Ma, badate bene di nuovo, non si tratta di storie del passato raccontate solo ora a bocce ferme. Tutt’altro. I metodi svelati nel libro in argomento sono attualissimi e tutt’ora dominanti.Ma per davvero c’è ancora in giro qualcuno che può credere alla buona fede di chi predica il “successo delle politiche di austerità” volute dalla Merkel? Fino a qualche anno fa, prima dello scempio assoluto che oggi è sotto gli occhi di tutti, qualche allocco intimamente convinto del fatto che Monti e quelli come lui lavorassero al “risanamento dei conti nell’interesse dell’Italia e degli italiani” esisteva per davvero. Ora no. Nessuno è così stupido da non accorgersi che il fuoco brucia dopo avere visto per dieci volte di fila qualcuno ustionarsi maneggiando lo stesso braciere. I giornali italiani sono in malafede. Peggio: sono etero-diretti da centrali di intelligence occulte e deviate che tengono a libro paga la gran parte dei principali editorialisti nostrani, lautamente retribuiti in denaro o altre utilità in misura direttamente proporzionale alla mancanza di scrupoli, amore di verità e deontologia professionale ripetutamente dimostrata. I giornali italiani, da destra a sinistra, scrivono tutti le stesse cose.Ricordate i fiumi di bava che accompagnarono nel 2011 l’ascesa al potere di Monti per volontà del divino Napolitano? Ci vuole molto a capire che il nostro sistema informativo, formalmente plurale, si abbevera in realtà nascostamente presso le stesse identiche e velenose fonti? Una volta sedimentata simile ovvietà sarà allora giusto e possibile riconoscere l’esistenza di due categorie principali che separano i maggiori “intellettuali” italiani. Da un lato esistono quelli che scrivono a pagamento sotto dettatura del sistema massonico dominante; dall’altro ci sono quelli che raccontano le stesse cose gratis, per mero servilismo o innata subalternità nei confronti del potere. Mi viene difficile capire quale delle due categorie faccia più schifo. E’ pur vero che è possibile manipolare solo gli ingenui e gli ignoranti. Un popolo colto e fiero non si farà facilmente impressionare dalle tante menzogne scritte solo perché ripetute all’infinito da un manipolo di giullari al servizio dell’oligarchia finanziaria di comando.Paradossalmente, dopo avere aperto gli occhi ai troppi ciechi ancora in circolazione, le manipolazioni pacchiane cucinate nelle redazioni de “Il Corriere della Sera”, “La Stampa”, e “La Repubblica”– solo per citare i manganelli più grossi usati dai padroni – finiranno per agevolare il nostro compito. Quando tutti sapranno che simili quotidiani difendono costitutivamente interessi malvagi e privati, esperti nell’arte della bugia e del raggiro per meglio realizzare i sottesi obiettivi massonici perseguiti nell’ombra, la credibilità di ciascuno di loro finirà necessariamente sottoterra, rendendo automaticamente più forti e preganti le posizioni di tutti quelli che sostengono il contrario, divenuti adesso degni di attenzione e di rispetto per il solo fatto di non condividere – neppure casualmente e sporadicamente – le linee di indirizzo sposate da note centrali di disinformazione finalmente smascherate e offerte al pubblico ludibrio e all’ignominia eterna.La dittatura eurocratica imposta dai vari Merkel, Schaueble e Draghi – quest’ultimo così ridicolo da denunciare la presenza di complotti globali che ne ostacolerebbero l’operato – non potrebbe reggersi senza il sostegno indispensabile dell’informazione corrotta e prezzolata. Nulla viene lasciato al caso. E’ bello tuttavia constatare come oggettivamente aumenti il livello di consapevolezza di tanti cittadini non più disposti ad accettare acriticamente l’interessato punto di vista offerto dalle élite. Siamo dentro un passaggio storico decisivo. Troppi lestofanti cercano disperatamente di salvare uno schema che non regge più. E’ solo questione di tempo, ma la perfida piramide costruita dagli apprendisti stregoni che ancora (per poco) guidano l’Europa è destinata ad affondare. Ognuno di loro raccoglierà quanto seminato e a nulla varranno i cambi di casacca dell’ultima ora. I ripetuti attentati contro le democrazie dei diversi Stati europei costituiscono una prassi pericolosissima da sanzionare con la massima severità a scopo paradigmatico. Cosicché nessuno, nel prossimo futuro, immagini di poter a cuor leggero rispolverare le gesta di Merkel, Schaueble e Draghi, tristi epigoni del reich autentico, finiti anch’essi nella polvere e nel disonore nonostante le maggiori cautele adottate rispetto ai più truci predecessori.(Francesco Maria Toscano, “L’informazione putrida e corrotta tiene in piedi ancora per poco il tecnonazismo di Draghi e Schaeuble”, dal blog “Il Moralista” sel 6 gennaio 2016. Il libro: Mario Cereghino e Giovanni Fasanella, “Colonia Italia. Giornali, radio e tv: così gli inglesi ci controllano. Le prove nei documenti top secret di Londra”, Chiarelettere, 483 pagine, euro 18,60).Un bel libro di Fasanella e Cereghino, “Colonia Italia” edito da Chiarelettere, offre uno squarcio decisivo per comprendere il rapporto che lega politica e informazione. Dietro il paravento di una libertà di stampa brandita a mo’ di slogan si cela sempre una realtà differente e puzzolente, fatta di corruzione, manipolazione e compromessi che nulla hanno a che vedere conl’informazione. Non si tratta, badate bene, di singole devianze ma di un sistema rodato e collaudato: solo chi è disposto a prostituirsi intellettualmente può sperare di entrare nell’empireo del giornalismo. Partendo dallo spaccato preciso e puntuale preparato da Fasanella, offrirò un affresco del panorama informativo italiano, dominato da dinastie di “venduti con la penna” che mentono di generazione in generazione per indole, sport, interesse, malvagità e pavidità. Ma, badate bene di nuovo, non si tratta di storie del passato raccontate solo ora a bocce ferme. Tutt’altro. I metodi svelati nel libro in argomento sono attualissimi e tutt’ora dominanti.
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Come blindare un segreto, da Hiroshima all’uomo sulla Luna
Nei giorni scorsi “Il Fatto Quotidiano” ha pubblicato un articolo intitolato “Cospirazioni, l’equazione matematica che smentisce i complottisti”, nel quale si racconta che il fisico inglese David Grimes «ha elaborato una formula con cui si può ipotizzare la possibile durata nel tempo di una cospirazione: dovrebbero essere meno di mille gli individui coinvolti affinché il segreto resista per più di dieci anni. E così, viene dimostrato – prosegue l’articolo – che il “finto” sbarco degli americani sulla Luna è una delle tante infondate teorie di complotti che circolano su Internet. Lo studio di Grimes dell’Università di Oxford confuta questa e le altre presunte cospirazioni ricorrendo a una formula matematica. Si è scoperto infatti che sarebbe impossibile mantenere all’oscuro il mondo intero, anche per pochi anni, riguardo a fatti che hanno visto coinvolte migliaia di persone, qualcuna delle quali prima o poi avrebbe denunciato l’inganno. Nel progetto per la conquista della Luna, ad esempio, la Nasa aveva oltre 410mila addetti. Prima o poi qualcuno avrebbe parlato se ci fosse stata una messa in scena dello sbarco».Il nostro Grimes sarà certamente un ottimo fisico, ma forse conosce poco la storia (specialmente quella americana). Se la conoscesse, infatti, saprebbe come queste complesse operazioni – specialmente quelle segrete – vengano compartimentalizzate in modo tale da evitare proprio che i segreti più preziosi si diffondano involontariamente. L’esempio più classico è quello del Manhattan Project, il progetto militare segreto che portò, fra il 1942 e il 1945, alla costruzione delle prime bombe atomiche, poi utilizzate su Hiroshima e Nagasaki. Come è noto, il Manhattan Project coinvolse circa 130.000 persone, sparpagliate in tutta la nazione. Eppure… Da Wikipedia leggiamo: «In un articolo di “Life” del 1945 si stimava che prima del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki “probabilmente non più di poche dozzine di persone in tutta la nazione conoscessero il significato reale del Manhattan Project, e forse al massimo un migliaio di loro erano appena a conoscenza del fatto che il lavoro svolto riguardasse la ricerca sugli atomi”. La rivista ha scritto che gli altri 100.000 ed oltre impiegati del progetto “lavoravano come topi al buio”. Avvisati che la rivelazione di qualunque segreto sarebbe stata punita con 10 anni di prigione o una multa di $ 10.000 ($ 130.000 di oggi), costoro vedevano delle enormi quantità di materiale grezzo entrare nelle fabbriche da cui non usciva nulla, e manovravano leve e comandi protetti da spesse mura, dietro alle quali avvenivano delle reazioni misteriose” senza conoscere lo scopo ultimo del loro lavoro».Dopo la guerra, uno dei manager del progetto Manhattan dichiarò: «Nessuno sapeva che cosa accadesse a Oak Ridge [il quartier generale del Progetto Manhattan, ndr], nemmeno io lo sapevo, e molta gente pensava semplicemente di stare sprecando il proprio tempo in quel posto. Era mio compito dire a questi impiegati insoddisfatti che stavano svolgendo un lavoro molto importante, e quando loro mi chiedevano cosa fosse, io dovevo dirgli che era un segreto. Ma io stesso sono quasi diventato pazzo nel cercare di capire che cosa stesse accadendo lì dentro». Quindi, caro Grimes: se vogliamo usare una logica da supermercato, nella quale “siccome 400.000 persone lavorarono al progetto Apollo, allora vuol dire che 400.000 persone sapevano dell’inganno” facciamolo pure, ma intratterremo al massimo le platee più stupide di persone che vogliono sentirsi raccontare che i complotti non esistono. Se invece vogliamo affrontare seriamente questi problemi cominciamo a studiare la storia, lasciando da parte per un attimo le ridicole formulette matematiche.(Massimo Mazzucco, “Complottismo e numeri da circo”, dal blo “Luogo Comune del 3 febbraio 2016).Nei giorni scorsi “Il Fatto Quotidiano” ha pubblicato un articolo intitolato “Cospirazioni, l’equazione matematica che smentisce i complottisti”, nel quale si racconta che il fisico inglese David Grimes «ha elaborato una formula con cui si può ipotizzare la possibile durata nel tempo di una cospirazione: dovrebbero essere meno di mille gli individui coinvolti affinché il segreto resista per più di dieci anni. E così, viene dimostrato – prosegue l’articolo – che il “finto” sbarco degli americani sulla Luna è una delle tante infondate teorie di complotti che circolano su Internet. Lo studio di Grimes dell’Università di Oxford confuta questa e le altre presunte cospirazioni ricorrendo a una formula matematica. Si è scoperto infatti che sarebbe impossibile mantenere all’oscuro il mondo intero, anche per pochi anni, riguardo a fatti che hanno visto coinvolte migliaia di persone, qualcuna delle quali prima o poi avrebbe denunciato l’inganno. Nel progetto per la conquista della Luna, ad esempio, la Nasa aveva oltre 410mila addetti. Prima o poi qualcuno avrebbe parlato se ci fosse stata una messa in scena dello sbarco».
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Crescita, l’Europa senza euro surclassa i paesi della Bce
Se l’euro non fosse stato adottato, la crisi sarebbe da tempo alle nostre spalle. Lo sostiene l’insigne economista danese Lars Christensen, che sostiene che la crisi greca non riguarda la Grecia, ma è il sintomo di un problema più grande, cioè l’euro stesso. Se non fosse stato per la moneta della Bce, «non saremmo stati obbligati ad affrontare massicci salvataggi di Stati, non ci saremmo trovati con sette anni di recessione nell’Eurozona e la disoccupazione sarebbe stata molto più bassa». Tutto questo sarebbe avvenuto «se in Europa avessimo avuto un tasso di cambio flessibile invece di quello che potremmo chiamare il Meccanismo di Strangolamento Monetario (Mms)». Fortunatamente, non tutti i paesi europei sono entrati nell’euro: «L’andamento economico dei paesi che non sono entrati potrebbe darci qualche suggerimento su come le cose avrebbero potuto andare se l’euro non fosse mai stato introdotto». Per questo, Christensen ha esaminato i risultati della crescita nei paesi dell’area euro e in quelli che in Europa hanno avuto tassi di cambio flessibili (o quasi flessibili), per mettere a confronto paesi “agganciati” con paesi “flessibili”. Inutile dire che la differenza è impressionante: chi è fuori dall’euro se la cava, gli altri hanno un Pil inferiore a quello che avevano nel 2007.
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Nazionalizzare il denaro, l’unica rivoluzione per noi schiavi
Noi uomini siamo portati a pensare che sia possibile risolvere un problema, una crisi, un’ingiustizia, attraverso un’azione collettiva delle persone interessate e consapevoli. Se scopriamo quello che ci sembra essere la causa di un grave male che affligge la società (questa causa potrebbe essere il signoraggio o un certo uso delle onde elettromagnetiche o i vaccini o le registrazioni anagrafiche, tanto per fare qualche esempio), siamo portati a pensare che, diffondendo la consapevolezza di questa nostra scoperta fondamentale, susciteremo una reazione collettiva e coordinata dei nostri simili che potrà risolvere il problema dal basso, con un’azione di massa, magari rivoluzionaria. Solo che tale reazione collettiva e coordinata, nel mondo reale, non vuole partire: il grosso della popolazione non si interessa, se si interessa non capisce, se capisce presto dimentica, se non dimentica comunque non si coordina e non agisce. Questa è l’umanità reale, con i suoi reali comportamenti. Mi obietterete che però, di fatto, l’umanità è capace di fare rivoluzioni. Lo ha dimostrato. Avete ragione.L’attuale situazione della società è veramente molto grave e con pessime prospettive, soprattutto perché la cosiddetta crisi economica appare ormai chiaramente come uno strumento volontariamente attivato e mantenuto per concentrare il reddito e la ricchezza, ma anche il potere politico, nelle mani di pochi grandi finanzieri che si deresponsabilizzano celandosi dietro istituzioni politiche ufficiali che essi hanno svuotato di potere effettivo; e al contempo per far accettare alla gente di avere meno diritti, meno libertà, meno dignità, meno benessere, e di essere governata da lontano e da soggetti irresponsabili. Insomma è una crisi indotta a scopi di ingegneria sociale. Appare altrettanto chiaro che, pertanto, non è possibile risolverla per le vie interne dell’ordinamento giuridico nazionale o internazionale, cioè ad esempio attraverso le elezioni e i parlamenti, dato che esse sono interamente controllate dall’oligarchia al potere su scala globale. Quindi solo un’azione rivoluzionaria dal basso, una rivoluzione popolare, parrebbe idonea a risolvere il problema.Lo conferma il fatto che sono rimasti e rimangono completamente inascoltati, anche di fronte all’avverarsi delle loro previsioni, gli autorevoli economisti che, dagli anni ’70 ad oggi, hanno preavvertito le istituzioni dei disastri che sarebbero stati causati dalle riforme monetarie e bancarie in cantiere, perché hanno proposto e stanno proponendo rimedi razionali. Sono rimasti inascoltati perché parlavano dal punto di vista dell’interesse collettivo, non di quello dell’élite decidente. Molto semplice. Ed eccoci ritornati all’opzione rivoluzionaria. Ma questa opzione deve fare i conti con i dati della realtà storica seguenti. Pensiamo alle grandi rivoluzioni popolari: quella francese, quella sovietica, quella cinese, quella nazista, quella khomeinista in Persia. Tutte sono avvenute a furor di popolo, il popolo si aspettava di risolvere i suoi problemi, ma le cose sono andate diversamente, nel senso che il popolo ha subito un forte peggioramento della sua situazione.In Francia, dopo la rivoluzione, vi fu un ventennio di stragi, con il periodo del Terrore, poi delle guerre contro le coalizioni monarchiche, poi delle guerre napoleoniche, e intere generazioni di giovani furono annientate sui campi di battaglia. Alla fine, in Francia ritornò la monarchia – non è buffo? – e per giunta la Francia si ritrovò subalterna al Regno Unito, cioè perse la sua indipendenza politica. Certo, la rivoluzione francese pose fine al feudalesimo e mise al potere il capitalismo. Negli altri esempi citati, sappiamo tutti che cosa avvenne a quelle nazioni dalle loro rivoluzioni popolari in termini di guerre, distruzioni, dittature, arretratezza. Alle volte, in periodi di acuta crisi, nei quali era evidente una qualche particolare causa della crisi, gli interessi collettivi hanno ottenuto riforme a loro tutela contro gli interessi delle classi sfruttatrice dominanti. Cito come esempi le riforme dei Gracchi nella Roma antica e il Glass-Steagall Act a seguito della crisi del ’29, entrambe tese a porre freno al saccheggio della società da parte della classe finanziaria.Ma poi, in tutti i casi di questo tipo, le classi dominanti, attraverso una pianificazione politica di medio e lungo termine, con azione di lobbying e corruzione, approfittando della cronica distrazione del popolo, hanno sempre recuperato le posizioni perdute e hanno portato avanti i loro interessi contro la popolazione subalterna. Ciò avvenne al tempo dei Gracchi, ed è avvenuto anche ultimamente, con l’abolizione del Glass Steagall Act nel 1999 e tutta una serie di riforme del diritto finanziario e bancario, che hanno permesso le megafrodi bancarie con cui i banchieri hanno realizzato e stanno realizzando enormi profitti a danno della collettività anche oggi e praticamente senza mai pagare il fio. Gli interessi concentrati e consapevoli vincono su sempre su quelli diffusi, nel medio e lungo periodo. Di solito però già anche nel breve periodo.La via rivoluzionaria, nel mondo odierno, è peraltro impraticabile, sia perché l’oligarchia al potere a un enorme vantaggio tecnologico e militare su qualsiasi movimento popolare, disponendo non solo di argomenti ma anche di strumenti di monitoraggio e intervento capillari nella vita di ciascuno, il sogno di tutti i dittatori della storia; sia perché è un mondo interdipendente, perciò, quand’anche un paese insorgesse e se liberasse dai suoi oppressori finanziari e politici, verrebbe bloccato e messo in ginocchio nel giro di pochi giorni. Pensiamo inoltre che l’Italia è un paese e militarmente occupato dagli Stati Uniti con oltre 130 basi militari. E che dipende da forniture esterne per sopravvivere, innanzitutto dal petrolio, che si paga in dollari.Siamo insomma condannati a restare stabilmente in questa situazione e in questo trend peggiorativo, che ci porta verso abissi di insicurezza, di privazione di diritti e libertà, di invasione delle nostre vite da parte di un potere tecnologico incontenibile, entro un regime alla Orwell? Con ragionevole sicurezza, in base all’osservazione dei fatti storici, a questa domanda si può rispondere di no, poiché la storia ci mostra che i sistemi di potere, regni, imperi e repubbliche, così come le costituzioni e le condizioni giuridiche ed economiche, non sono mai stati stabili, non sono mai durati a lungo, soprattutto da quando l’umanità si è messa a commerciare e ha sviluppato varie tecnologie. Cioè da più di 25 secoli. Anche gli imperi apparentemente più solidi, più forti, più invincibili, sono crollati, si sono frantumati, perlomeno a causa di processi disorganizzati ivi interni. Senza bisogno di rivoluzioni popolari.Se esaminate per esempio la storia di Roma, dall’epoca monarchica a quella repubblicana a quella del principato e a quella del dominatus, cioè da Diocleziano in poi, vedrete che gli assetti costituzionali, economici, organizzativi, demografici, si trasformano incessantemente, e che le cose più costanti sono proprio i meccanismi che alimentano squilibri: la lenta demolizione dell’agricoltura e della popolazione in Italia, il trasferimento della ricchezza e del potere dall’aristocrazia terriera senatoriale alla classe finanziaria equestre, il travaso di oro da occidente a oriente (causato dal passivo della bilancia commerciale). Insomma, i grandi cambiamenti avvengono, sono sempre avvenuti, nella storia. Sono avvenuti non solo per effetto di azioni volontarie (collettive o individuali), ma pure e soprattutto per il concorso di forze e di processi molteplici, impersonali, perlopiù incompresi o fraintesi, perlopiù irresistibili, e solitamente con esiti diversi da quelli previsti, progettati, desiderati. Fattori di tipo climatico, economico, demografico o tecnico-scientifico. Pensate all’inaridimento delle fertili pianure nordafricane, al declino demografico della Grecia antica, al declino tecnologico dell’Impero romano, alla divaricazione economica operata dall’introduzione dell’euro tra i paesi che lo usano.Altra illusione abituale: l’uomo pensa che le cose continueranno ad andare in futuro nel modo in cui sono andate in passato, e mira sempre a raggiungere qualche assetto definitivo e sicuro, nel privato come nel pubblico: l’amore per sempre, il matrimonio indissolubile, il posto fisso, i diritti umani inalienabili, un’organizzazione statale perenne, definitiva, perfetta, come la repubblica progettata da Platone. O almeno destinata a durare 1000 anni, come il Reich vagheggiato da Hitler. Ma, al contrario, tutti gli assetti prodotti dall’uomo sono impermanenti, caduchi, transeunti, provvisori. Come l’uomo stesso. Tutto scorre, giustamente osserva Eraclito. Non riusciamo a stabilizzare un tubo. Il grande Cesare Ottaviano Augusto aveva capito i difetti strutturali del possente sistema-paese che governava, e cercò di correggerli, ma non vi riuscì, e come lui non vi riuscirono molti, a Roma e altrove.I grandi cambiamenti, le trasformazioni sistemiche, avvengono, ma solitamente sono molto diversi dai progetti di coloro che li causano: il divenire storico sfugge dal controllo e dalla pianificazione. Pensate per esempio alla I Guerra Mondiale: ognuna delle potenze che vi parteciparono aveva i suoi piani, le sue previsioni, le sue intenzioni, e tutte furono smentite dallo svilupparsi dei fatti. La guerra stessa assunse caratteri che nessuno aveva immaginato. Il suo esito fu… di innescare fascismo, nazismo e una seconda guerra mondiale. Invero, nessuno è mai riuscito a governare la storia, né a prevederla. Tanto meno ci sono riuscite le rivoluzioni popolari, le quali hanno bensì dato colpi e prodotto effetti, ma non gli effetti voluti e progettati, bensì gli altri e impreveduti – almeno per esse. Il comportamento collettivo è sempre miope e ottuso. I popoli non riescono a evitare fallimenti prevedibili.Anche l’attuale tecnocrazia globalizzata, come sistema di potere, è destinata a deteriorarsi, e a cadere, magari proprio perché primo poi le sfuggirà di mano la stessa tecnologia, che si sviluppa e moltiplica le sue capacità in modo praticamente è miracoloso – come Skynet della serie Terminator. Oppure forse cadrà per la sua contrarietà ai bisogni oggettivi, fisiologici, degli esseri umani: essa, guidata com’è dalla logica del bilancio, del rendimento annuale o comunque di brevissimo termine, sta forzando l’uomo e la comunità ad adattarsi a vivere secondo questo brevissimo termine, accettando la precarietà, la discontinuità, l’instabilità come caratteri di fondo dell’esistenza, e rinunciando alla sicurezza, alla progettabilità di lungo termine, alla stabilità, che sono esigenze oggettivamente insite nell’essere umano. E’ una violenza radicale e protratta, implementata attraverso il controllo delle istituzioni. Se scoppiamo, allora potremo dire davvero di essere noi il cambiamento. Oppure ancora è una catastrofe geofisica, climatica, ecologica, il fattore che sta per rimescolare le carte.La popolazione generale, anche buona parte di quelli con istruzione superiore, è consapevole del suo malessere, dell’insicurezza oggettiva in cui sempre più vive, di alcune malefatte compiute da certi potenti; ha una consapevolezza aneddotica, episodica, spesso personificata, dei mali del sistema; ma non è consapevole delle cause strutturali e non manifeste. Non saprebbe dove intervenire, anche potendo. Quindi, mi direte, tu stai dicendo che non c’è niente da fare, per uscire dall’attuale situazione, perché non abbiamo la capacità di correggerla, e del resto essa prima o poi finirà da sé. In effetti, più o meno è così. Più o meno, perché razionalmente e realisticamente ci sono alcune cose da fare, anche per cercare di fare in modo che l’uscita dall’attuale condizione sia verso una condizione non peggiore, magari migliore. Innanzitutto, bisogna fare cose per mettersi al riparo, per difendersi, a livello privato, personale. L’azione politica è pressoché inutile o controproducente, come dimostrano i casi di quei movimenti e di quei partiti che, dopo avere iniziato con grande promesse di rottura, o si sono spenti, oppure si sono omologati al sistema che dovevano abbattere, come in Grecia e in Spagna. Anche tra i grilli nostrani molti danno segni di volersi alleare col Partito Democratico per stabilizzarsi nel potere e nei suoi vantaggi.L’azione collettiva raramente parte e ancora più raramente è efficace, ma l’azione individuale o su scala di piccoli gruppi è fattibile, sul fronte della tutela della salute, del patrimonio, della libertà, considerando sempre anche l’opzione dell’emigrazione verso paesi che consentono una migliore tutela di questi valori. Certamente, di fronte a un drastico e rapido peggioramento della condizione di vita e del livello di dignità, a breve potrebbe anche porsi fortemente l’opzione del suicidio, del suicidio stoico, cioè dell’uomo che rifiuta di vivere privato della libertà e della dignità: pensiamo a Lucio Anneo Seneca che si suicida per non soggiacere agli arbitri e ai capricci di Nerone. Ma non preoccupatevi: pochissimi seguiranno Seneca, in ogni caso, perché gli uomini si adattano facilmente a una vita di pecore schiave, o di topi che sopravvivono arrangiandosi negli angoli bui.Che cosa resta da fare, in positivo, dopo tanti “non podemos”? Proprio grazie a ciò che dicevo all’inizio, ossia alla indeterminatezza e libertà del divenire storico, alla sua apertura, non può mai venir meno la possibilità di entrare in modo rilevante in questo divenire. Poche verità storiche sono certe e comprovate come la potenza esercitata dalle idee nei millenni: Platone, Aristotele, Gesù, Galileo, Marx, Freud, Einstein, e Fra’ Luca Pacioli, l’inventore della partita doppia – solo per fare qualche nome – sono più che mai attuali e attivi, sono potentissimi… La Rivoluzione Francese mancò gli obiettivi pratici di breve e medio termine, ma nel lunghissimo termine essa è – si può ben dire – ancora in svolgimento… nei cambiamenti nel pensiero, nella coscienza collettiva, nelle dinamiche sociali… nell’aver creato una cosa che cosa prima assente, in Europa, dai tempi di Atene, ossia il pubblico dibattito politico.Assieme all’amico psichiatra Paolo Cioni, col saggio “Neuroschiavi”, ho cercato di dare un contributo mirato all’analisi e al contrasto ai mezzi di rimbecillimento e irreggimentazione di massa che tanta parte hanno nella governance sociale, nella compressione della libertà mentale e critica che è l’anima di quel dibattito. E in altri saggi, in solitaria oppure in cooperazione con qualche amico, ho diretto i riflettori su quello strumento di dominazione e sfruttamento sociale che è il potere monetario vestito nelle banche private, e sui suoi meccanismi occultati dalle prassi contabili oggi applicate, e la cui comprensione da qualche anno si viene ora diffondendo. La sua comprensione a livello perlomeno di classi imprenditoriali e intellettuali sarebbe un presupposto per un possibile rivolgimento strutturale della società, per una possibile fine del regime parassitario imposto dal capitalismo finanziario attraverso proprio quelle prassi contabili false, le quali sono alla base del fatto che esso è divenuto un perfetto strumento di dominio sociale: uno strumento che, da un lato, rende la società e l’economia e le istituzioni sempre più dipendenti da sé stesso e sempre più forzatamente obbedienti ai suoi dettami, perché sotto permanente ricatto di fatali conseguenze; e che, dall’altro lato, attraverso l’uso di moneta-debito progressivamente indebitante, sottrae alla società una quota sempre crescente di reddito, pubblico e privato, sotto forma di interessi, di bail out (saccheggio dell’erario) e bail in (saccheggio dei risparmi o investimenti finanziari).E’ una prigionia estorsiva sistemica, in via di perfezionamento, rispetto a cui le truffette del tipo Banca Popolare dell’Etruria sono soltanto incidenti dovuti all’avidità di banchieri locali, incidenti da coprire subito in qualche modo al fine di poter proseguire col perfezionamento del sistema, col piano di lungo periodo. Prima della rivoluzione del 1789, i popolani francesi, sfruttati dai signori feudali, avevano fatto jacqueries, ossia assalti ai depositi di granaglie dei castelli sotto la spinta della fame – cioè avevano attaccato la sola superficie del problema. Questo equivale ai nostri movimentisti, agli indignados, a quelli che oggi manifestano contro i banchieri che li hanno fregati e chiedono rimborsi da parte dello Stato e carcere ai furbetti del credito e le dimissioni della bella ministra Boschi. Niente di risolutivo.Il salto di qualità che dalle jacqueries (le quali lasciano il tempo che trovano) portò alla vera rivoluzione (che cambia invece il tempo), sia pur nel senso che abbiamo visto, avvenne allorquando, nell’agosto del 1789, alla guida del popolino, si misero intellettuali che sapevano dove mettere le mani, e allora gli insorti penetrarono nei castelli non per rubare la farina, ma per aprire i forzieri e distruggere gli atti di proprietà dei fondi terrieri in essi custoditi, facendo così crollare il sistema latifondista. L’equivalente di questa operazione, oggi, potrebbe essere – dico: potrebbe – il pubblico smascheramento dei sistematici falsi in bilancio con cui i banchieri privati creano la quasi totalità dei mezzi monetari circolanti senza pagare su tale creazione alcuna tassa e senza assumersi le responsabilità politiche e sociali dell’esercizio di un tale primario potere pubblico, e la conseguente nazionalizzazione del sistema monetario-creditizio con la liberazione della società dalla moneta indebitante ora in uso. Ma ciò non credo possa partire dall’Italia, la quale non ha alcuna tradizione o predisposizione rivoluzionaria.(Marco Della Luna, estratto da “Crisi, rottura del sistema e trasformazione”, testo preparato per la conferenza organizzata dalla casa editrice Nexus a Cagliari il 17 gennaio 2016 e ripreso dal blog di Della Luna).Noi uomini siamo portati a pensare che sia possibile risolvere un problema, una crisi, un’ingiustizia, attraverso un’azione collettiva delle persone interessate e consapevoli. Se scopriamo quello che ci sembra essere la causa di un grave male che affligge la società (questa causa potrebbe essere il signoraggio o un certo uso delle onde elettromagnetiche o i vaccini o le registrazioni anagrafiche, tanto per fare qualche esempio), siamo portati a pensare che, diffondendo la consapevolezza di questa nostra scoperta fondamentale, susciteremo una reazione collettiva e coordinata dei nostri simili che potrà risolvere il problema dal basso, con un’azione di massa, magari rivoluzionaria. Solo che tale reazione collettiva e coordinata, nel mondo reale, non vuole partire: il grosso della popolazione non si interessa, se si interessa non capisce, se capisce presto dimentica, se non dimentica comunque non si coordina e non agisce. Questa è l’umanità reale, con i suoi reali comportamenti. Mi obietterete che però, di fatto, l’umanità è capace di fare rivoluzioni. Lo ha dimostrato. Avete ragione.
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Obama, scie chimiche e la folle scienza genocida di Holdren
Scie chimiche ed ecologismo manicomiale, John Holdren e Barack Obama. In America se ne parla liberamente. Ma, nella colonia Italia, bocche rigorosamente cucite. Ne parla persino il consigliere scientifico di Obama. Da 15 anni negli Stati Uniti, ed anche in Italia, colonia degli Usa a tutti i livelli, vengono effettuate nei cieli irrorazioni di sostanze altamente velenose. Mentre questi apprendisti stregoni provano a cambiare il clima, avvelenano e ammalano la gente che vive in superficie. Da dove sono usciti questi assassini? Da sotto terra? Respirano con polmoni o con branchie? Sono del tutto umani coloro che avvelenano il pianeta e non si preoccupano delle conseguenze? John Holdren non è per niente uno stinco di santo. Ma quanto ad autorevolezza non è certo sguarnito. Parliamo dell’uomo scelto da Obama come Director of the White House Office of Science and Tecnhology Policy. In una pubblica intervista del 15 novembre 2011 ha candidamente ammesso, come nulla fosse, che il governo americano da 15 anni sta irrorando i cieli d’America e d’Europa, specie Italia, viste le tante basi aeree, a favore della geoingegneria e della manipolazione climatica.Irrorazioni cariche di danni e di pericoli, con notevoli influenze sulla qualità delle coltivazioni e della nostra salute. La scienza, la meteoreologia e i media di regime fanno passare queste scie come semplici scie di condensa. Spiegazioni strane e assurde visto che le scie di condensa si formano solo nel 2% dei casi e seguono determinate leggi fisiche, riassumibili in 3 condizioni che sono: quote superiori a 8000 metri, umidità relativa non inferiore al 70%, temperatura non inferiore ai -40°C. Le scie chimiche sono molto lunghe e persistenti, a differenze delle scie di condensa, e permangono nell’aria per molte ore. Gli aerei coinvolti non sono di linea e non portano contrassegni, si incrociano nei voli e non vengono segnalati dai radar. Ricercatori, scienziati e singoli cittadini hanno effettuato analisi chimiche dei terreni, delle polveri e delle acque.Si è accertata la presenza in cielo e sul suolo di bario, alluminio, calcio, potassio, torio, magnesio, quarzo, bario, tutte sostanze atte a coadiuvare la geo-ingegneria e le onde elettromagnetiche emesse dal sistema Haarp, le cui funzioni sono molteplici e alquanto discutibili. Temi scomodi che spesso vengono etichettati come teorie complottiste, o meglio come teorie da complottologhi, ignorate del tutto dai nostri media nazionali, mentre paradossalmente nell’America imperialistica autrice dei misfatti se ne parla come si trattasse di una banale partita di rugby. John Holdren, oltre che maggiore consulente scientifico di Obama, è co-autore di un libro del 1977 dove invoca la formazione di un “regime planetario” dotato di una “forza di polizia mondiale” per far rispettare le misure totalitarie di controllo della popolazione, compresi aborti forzati, programmi di sterilizzazione di massa condotti attraverso cibo e acqua, e altre cose aberranti.I concetti illustrati nel libro di Holdren, “Ecoscience”, del 1977, scritto insieme ai colleghi Paul Ehrlich e Anne Ehrlich, sono così sconvolgenti che il rapporto Front Page Magazine del febbraio 2009 sul tema è stato respinto come stravagante e imbarazzante. La faccenda è quanto mai premonitrice perché Holdren e i suoi colleghi sono ora in prima linea negli sforzi volti a combattere il “cambiamento climatico” attraverso programmi altrettanto folli incentrati sulla geoingegneria del pianeta. Holdren ha recentemente sostenuto “progetti di geoingegneria su vasta scala volti a raffreddare la Terra”, come “sparare particelle inquinanti in atmosfera per riflettere i raggi del sole”, che come molti hanno sottolineato sta già avvenendo attraverso le “chemtrails” (scie chimiche, per l’appunto).“Ecoscience” parla di una serie di modi in cui la popolazione mondiale potrebbe essere ridotta per la lotta contro ciò che gli autori vedono come la maggiore minaccia per la specie umana, la sovrappopolazione. In ogni caso, le proposte sono formulate con una sobria retorica accademica, ma la raccapricciante consistenza di quello che Holdren ed i suoi co-autori sostengono è chiara. Tali proposte comprendono: 1) Sterilizzazione forzata della popolazione aggiungendo farmaci al cibo e alle acque, 2) Aborti forzati, 3) Stacco forzato dei figli dalle famiglie irregolari, 4) Applicazione delle regole draconiane tipo cinese con pesanti penalizzazioni verso il secondo figlio, 5) Istituzione di una forza di polizia mondiale a sostegno delle misure appena citate.Holdren e i suoi co-autori ritengono che la crisi demografica sia così grave da “mettere a rischio la società”. Arrivano a sostenere che le madri single dovrebbero vedere i loro bambini portati via dal governo, oppure potrebbero essere costrette ad aborti. Speculano su soluzioni inconcepibilmente draconiane per quella che loro avvertono come una crisi di sovrappopolazione. Ma ciò che è particolarmente preoccupante è che Holdren non si è limitato a fare proposte orripilanti tipo strappare bambini dalle braccia delle loro madri e portarli via, o costringere le donne ad avere aborti, che lo vogliano o no. Quello che più scandalizza è il modo compassato, spigliato ed impudente col quale egli presenta le sue schizofreniche soluzioni.Il mondo si scandalizzò per i giochini erotici di Bill Clinton all’interno dello Studio Ovale con la sua segretaria Monica Lewinsky. Giornali e televisioni ne parlarano per mesi e per anni, scandalizzati per delle cose tutto sommato banali. Niente si dice invece su questi abominevoli piani che trasformano la Casa Bianca non più in un innocente postribolo presidenziale, ma in una casa diabolica dove vengono intessute le più aberranti trame contro l’umanità intera. Altro che Khomeini, altro che Kim Jong e Corea del Nord, altro che Saddam e Gheddafi, giustiziati per cose assai meno infami. John Holdren prevede una società in cui il governo impianti una capsula per la sterilizzazione a lungo termine in tutte le ragazze non appena raggiungono la pubertà, che poi devono chiedere il permesso ufficiale di rimuovere temporaneamente la capsula e avere la possibilità di avere una gravidanza in un momento successivo. In alternativa, vuole una società che sterilizzi tutte le donne che hanno due figli. Che tipo di società infernale ha in testa questo losco individuo?Le persone corrette e dignitose, sarebbero lasciate tranquille, continua Holdren, ma coloro che “contribuiscono al deterioramento della coesione sociale” potrebbero essere “costrette ad esercitare la responsabilità riproduttiva”, che potrebbe significare soltanto una cosa, aborto coatto o involontario, sterilizzazione. Che alternativa sarebbe forzare la gente a non avere figli? Possono essere piazzati monitor governativi nelle camere da letto delle persone irresponsabili per garantire l’uso dei preservativi? Porteremo di nuovo la cintura di castità Ma che follia è mai questa? “Deterioramento sociale”? Holdren sta seriamente suggerendo che alcune persone contribuiscono al degrado sociale, più di altri, e quindi dovrebbero essere sterilizzate o costrette ad abortire, per impedire loro di riprodursi? Non è questa eugenetica, pura e semplice? Qui andiamo oltre alle bestialità del dottor Josef Mengele (1911-1979). Esistono gli estremi per ricoverare il professor Holdren in una clinica psichiatrica, con tanto di camicia di forza.Si è squarciato l’ultimo velo. Ci si aspetta che noi cediamo volontariamente la sovranità nazionale a un regime di tipo militar-sanitario che sarà armato e avrà la capacità di agire come una forza di polizia. Polizia internazionale pronta a far rispettare le nuove leggi con le armi. Vaccinazioni obbligatorie, obbligatorio controllo delle nascite, e controllo furibondo di tutte le attività economiche. Il bello è che Holdren non la mette sul piano delle battute ironiche e provocatorie. Sostiene le sue teorie in modo dannatamente serio. Ed è, non dimentichiamolo per un solo attimo, responsabile della scienza e della tecnologia degli Stati Uniti, il paese che ci manovra e ci dirige a bacchetta. «Siamo di fronte a una catastrofe globale, la sovrappopolazione, che deve essere risolta a tutti i costi entro il 2000». Questo scriveva Holdren nel 1977, pensando che fossimo in bilico sull’orlo di una catastrofe globale, e che fosse necessaria l’attuazione di regole fasciste per evitare l’imminente disastro.È importante sottolineare che John Holdren non ha mai preso pubblicamente le distanze da se stesso, da una qualsiasi di queste posizioni, pur avendo avuto 32 anni a disposizione per farlo, da quando il libro è stato pubblicato per la prima volta. Occorre anche sottolineare che queste non sono solo le opinioni di un essere disumano. Sono opinioni che riecheggiano quelle sostenute da numerose altre personalità di spicco della politica americana, del mondo accademico e del movimento ambientalista da decenni. Si consideri il fatto che gente come David Rockefeller, Ted Turner, e Bill Gates, tre uomini che hanno legami con il movimento eugenetista integralista, di recente si sono incontrati con altri miliardari filantropi a New York per discutere di “come la loro ricchezza potrebbe essere utilizzata per rallentare la crescita della popolazione mondiale”, come riportato dal quotidiano londinese “Times”. Ted Turner ha pubblicamente sostenuto scioccanti programmi per la riduzione della popolazione che dovrebbero abbattere la popolazione umana di uno sconcertante 95%. Ha anche chiesto, in stile comunista, la politica del figlio unico da parte dei governi in Occidente.Naturalmente, Turner non segue affatto il suo stesso regolamento su come tutti gli altri devono vivere la loro vita, avendo cinque figli e possedendo non meno di 2 milioni di acri di terra. Nel terzo mondo, Turner ha contribuito letteralmente alla riduzione di miliardi di individui attraverso i programmi delle Nazioni Unite, aprendo la strada a persone del calibro di Bill Gates, di Melinda Gates e di Warren Buffett. Gates padre, top eugenista, è stato a lungo uno dei principali membri del Consiglio di Amministrazione di Planned Parenthood). Rallentare la crescita della popolazione del mondo e migliorarne la salute sono due concetti inconciliabili per l’élite. Elitari come David Rockefeller non hanno alcun interesse a “rallentare la crescita della popolazione mondiale” con metodi naturali. Il loro ordine del giorno è radicato nella pseudo-scienza eugenetica. Essi puntano a un semplice abbattimento dell’eccedenza di popolazione attraverso mezzi draconiani, con tutti i metodi e in tutte le salse possibili ed immaginabili.L’eredità di David Rockefeller non è derivata da una ben intenzionata “filantropica” voglia di migliorare la salute nei paesi del terzo mondo, ma è nata da una spinta Malthusiana per eliminare i poveri e quelli considerati inferiori dal punto di vista razziale, con la giustificazione del darwinismo sociale. Come documentato nel film “Endgame” di Alex Jones, Rockefeller padre, John D. Rockefeller, ha esportato l’eugenetica in Germania dalla sua origine in Gran Bretagna, finanziando l’Istituto Kaiser Wilhelm che poi sarebbe diventato un pilastro centrale dell’ideologia nazista della super razza del Terzo Reich. Dopo la caduta del nazismo, importanti eugenetisti tedeschi sono stati protetti dagli alleati in modo che la parte vincente potesse beneficiare di più della loro “esperienza” nel mondo del dopoguerra. La motivazione per l’attuazione di misure drastiche di controllo della popolazione è cambiata per soddisfare le mode e le tendenze contemporanee. Ciò che una volta era mascherato come preoccupazione per la sovrappopolazione è tornato sotto le spoglie del cambiamento climatico e del movimento per il riscaldamento globale.Quello che non è cambiato è il fatto che nella sua essenza, questo rappresenta nient’altro che l’arcana pseudo-scienza dell’eugenetica prima costruita dagli Stati Uniti e dall’élite britannica alla fine del 19 ° secolo, e poi abbracciata dal leader nazista Adolf Hitler. Nel 21° secolo, il movimento eugenetista ha cambiato identità ancora una volta. Tutto verte sulle emissioni di carbonio e sull’idea l’idea che avere troppi figli o godere di un certo standard di vita stia distruggendo il pianeta attraverso il riscaldamento globale. Si crea così l’alibi e il pretesto per regolare e controllare in modo dittatoriale e disumano ogni aspetto della nostra vita. Il fatto che il principale consulente scientifico del presidente degli Stati Uniti, un uomo con il dito sul polso della politica ambientale, sostenga la sterilizzazione di massa degli attraverso la catena alimentare e la fornitura di acqua è qualcosa di terrificante, degna di futuristico e fantascientifico film horror. Ideologia diabolica vestita da movimento ecologico ed ambientalista. Ambientalista di nome ma criminoso e manicomiale di fatto.Solo portando alla luce gli sconvolgenti piani di controllo sulla popolazione di Holdren possiamo veramente segnalare alle persone gli orrori che l’élite ha previsto per noi attraverso il controllo della popolazione, la sterilizzazione e i genocidi. Programmi di abbattimento che sono già in corso. Un presidente di Stato si valuta attraverso la scelta dei suoi massimi collaboratori. Obama si è distinto non solo andando a pescare nel torbido questo scienziato pazzoide che da noi, anche col peggior parlamento possibile sarebbe stato mandato in casa di cura, ma anche per altre scelte deliranti, come quella dell’avvocato Michael Taylor alla direzione del Food Safety Working Group (Codex Alimentarius americano), un Azzeccagarbugli legato alla Fda e alla Monsanto, come segnalato nella mia tesina “I magna-magna planetari dell’avvocato Taylor” del 10/5/09.(Valdo Vaccaro, estratti da “Scie chimiche ed ecologismo manicomiale, John Holdren e Barack Obama” dal blog di Vaccaro del 12 agosto 2013).Scie chimiche ed ecologismo manicomiale, John Holdren e Barack Obama. In America se ne parla liberamente. Ma, nella colonia Italia, bocche rigorosamente cucite. Ne parla persino il consigliere scientifico di Obama. Da 15 anni negli Stati Uniti, ed anche in Italia, colonia degli Usa a tutti i livelli, vengono effettuate nei cieli irrorazioni di sostanze altamente velenose. Mentre questi apprendisti stregoni provano a cambiare il clima, avvelenano e ammalano la gente che vive in superficie. Da dove sono usciti questi assassini? Da sotto terra? Respirano con polmoni o con branchie? Sono del tutto umani coloro che avvelenano il pianeta e non si preoccupano delle conseguenze? John Holdren non è per niente uno stinco di santo. Ma quanto ad autorevolezza non è certo sguarnito. Parliamo dell’uomo scelto da Obama come Director of the White House Office of Science and Tecnhology Policy. In una pubblica intervista del 15 novembre 2011 ha candidamente ammesso, come nulla fosse, che il governo americano da 15 anni sta irrorando i cieli d’America e d’Europa, specie Italia, viste le tante basi aeree, a favore della geoingegneria e della manipolazione climatica.
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Gli americani frodati dall’élite che mette in pericolo il mondo
Negli ultimi anni del XXesimo secolo, la frode diventò un elemento stabile della politica estera Usa sotto una nuova forma. Sotto falsi pretesti Washington smantellò la Jugoslavia, poi la Serbia, tutto allo scopo di portare avanti una agenda mai dichiarata. Nel XXIesimo secolo la stessa frode si è replicata molteplici volte: Afghanistan, Iraq, Somalia e Libia sono state distrutte; l’Iran e la Siria avrebbero fatto certamente la stessa fine se il presidente russo non avesse preso misure preventive affinchè ciò che ciò accadesse. Washington è inoltre dietro alla distruzione dello Yemen in corso, senza dimenticare che ha consentito ed attivamente finanziato la dustruzione della Palestina per mano israeliana. In aggiunta si è consentito frequenti operazioni militari in Pakistan senza che alcuna guerra fosse stata dichiarata, uccidendo donne, bambini e anziani sotto la sigla di “lotta al terrorismo”. I crimini di Washington possono rivaleggiare con quelli di qualsiasi nazione in qualsiasi momento storico.Personalmente ho sempre lavorato a documentare questi crimini nei miei articoli e nei mei libri (pubblicati da Clarity Press). Chiunque creda ancora nella purezza delle intenzioni della politica estera di Washington è semplicemente un caso perso. Russia e Cina adesso hanno forgiato una allenza che è semplicemente troppo forte per Washington. Russia e Cina insieme non consentiranno a Washington nessun ulteriore ingerenza nella loro sicurezza e nei loro interessi nazionali. I paesi che essi ritengono strategicamente importanti saranno protetti dall’alleanza. Mentre il mondo pian piano si sveglia e comprende il male che l’Occidente oggi rappresenta, sempre più paesi cercheranno la protezione di Russia e Cina. L’America, inoltre, sta fallendo sotto il fronte economico. Nei miei articoli ed il mio libro “Il fallimento del capitalismo lassez-faire”, che è stato pubblicato in inglese, cinese, coreano, ceco e tedesco, ho dimostrato come Washington abbia sempre promosso e incoraggiato un processo nel corso del quale i profitti a breve termine di manager e grandi investitori, e Wall Street in senso ampio, svisceravano l’economia reale Usa, delocalizzando la vera produzione, le conoscenze manifatturiere, le tecnologie e annesse posizioni di lavoro qualificato, verso Cina, India ed altri paesi, lasciando l’America con una economia ormai talmente spolpata che la media dei redditi delle famiglie è in costante caduta da anni.Ad oggi il 50% degli americani di 25 anni vivono con genitori o nonni in quanto non riescono a trovare impieghi sufficienti a permettersi una esistenza indipendente. La dura realtà è puntualmente coperta dai media prostituiti Usa, fonte di storielle fantasiose su una fantomatica ripresa economica americana. I fatti reali dell’esistenza sono talmente dissimili da ciò che i media vorrebbero far apparire che non posso che restare perplesso. Avendo insegnato economia, essendo stato editore del “Wall Street Journal” e assistente del segretario per la politica economica del ministero del Tesoro Usa, non posso che essere perplesso dalla corruzione sistematica che governa il settore finanziario, il Tesoro, le agenzie preposte alla regolamentazione finanziaria e la Federal Reserve. Ai miei tempi sarebbero fioccati avvisi di garanzia e sentenze di tribunale contro banchieri e burocrati di alto rango.Nell’America di oggi non esistono mercati finanziari liberi. Tutti i mercati sono manipolati dalla Federal Reserve e dal Tesoro in concerto. Le agenzie di regolamentazione, controllate dalle stesse persone ed entità sulle quali dovrebbero teoricamente vigilare, chiudono un occhio su qualunque cosa, e anche nei rari casi in cui non lo fanno è tutto ugualmente inutile poichè non hanno alcun potere di far rispettare la legge dal momento che gli interessi privati sono sempre, immensamente, più forti delle leggi. Anche le agenzie statistiche del governo sono state corrotte. Manipolazioni sono state messe in atto allo scopo di sottostimare il tasso di inflazione. La bugia non soltanto risparmia a Washington l’onere di reindicizzare i sussidi adeguandoli al costo della vita reale, liberando altri soldi per le infinite guerre, ma specialmente, sottostimando l’inflazione il governo fa apparire dal nulla incrementi del Pil spacciati come reali, contando l’inflazione come crescita reale, allo stesso modo, d’altronde, in cui il governo fa figurare un 5% di disoccupazione escludendo dal computo tutti gli scoraggiati che hanno cercato troppo a lungo e per i quali continuare a cercare rappresenta ormai solo una perdita di tempo.Come mai la quota di disoccupati ufficiale è del 5% ma nessuno riesce a trovare un lavoro? Come fa ad essere del 5% quando la metà delle persone di 25 anni sono costrette a vivere in casa dei parenti perchè non riescono a permettersi una vita indipendente? Come riferisce John Williams di “Shadowfacts”, se il tasso di disoccupazione includesse i cosiddetti “scoraggiati” che non cercano più attivamente impiego (perchè non ci sono lavori da trovare) il tasso di disoccupazione sarebbe al 23%. La Federal Reserve, strumento privato nelle mani di un gruppetto di grosse banche, è riuscita a creare l’illusione di una ripresa economica almeno da giugno 2009 ad oggi, semplicemente stampando migliaia di miliardi di dollari dei quali non un centesimo è confluito ad alimentare l’economia, ma tutti a gonfiare i prezzi delle azioni delle multinazionali. Le gonfiature artificiali dei prezzi di azioni e obbligazioni sono le “prove” di una economia rigogliosa che la stampa finanziaria prostituita continua senza sosta a sciorinare.Quelle pochissime persone di cultura e buon senso rimaste in America, e dico per esperienza diretta che parliamo davvero di pochissime persone, capiscono benissimo che non è mai esistita una ripresa dall’ultima recessione e che, al contrario, una ulteriore recessione è alle porte. John Williams ha evidenziato come la produzione industriale Usa, debitamente parametrata all’inflazione, non ha mai recuperato i livelli del 2008 ed è ben lontana dal picco del 2000, ed è in costante calo. Il consumatore americano è esausto, schiacchiato da debiti contratti e impossibilità a guadagnare di più. L’intera politica economica americana è concentrata sulla tutela costante di qualche banca a New York, non nel salvataggio dell’economia americana. Economisti blasonati e compari di Wall Street liquiderebbero il problema del declino della produzione industriale con il fatto che “l’America ormai è una economia dei servizi”. Gli economisti pretendono che tali servizi siano servizi altamente tecnologici della New Economy, ma la realtà è che camerieri, baristi, commessi part-time e servizi sanitario-inferimieristici hanno rimpiazzato gli impeghi manufatturieri ed ingegneristici e pagano una frazione rispetto a quest’ultimi, cosa che provoca un collasso della domanda aggregata in tutti gli Usa.Se gli economisti neoliberali (cosa che non accade quasi mai pubblicamente) vengono messi spalle al muro e costretti ad ammettere i problemi, si arrampicano sugli specchi cercando il colpevole nella Cina. Non è chiaro se a questo stadio esistano possibilità di rivitalizzare l’economia americana. Rivitalizzarla richiederebbe una ri-regolamentazione del settore finanziario e fare di tutto per riportare a casa i posti di lavoro e la produzione che sono state svendute a paesi d’oltremare. Richiederebbe, come Michael Hudson sa dimostrare nel suo ultimo libro “Killing the Host”, una rivoluzione nelle politiche fiscali che impedirebbe al settore finanziario di appropiarsi in maniera parassitaria dei surplus generati dall’attività economica reale, poi capitalizzandoli in obbligazione debitorie che garantiscono la perpetua percezione di interessi per il settore finanziario. Il governo Usa, controllato com’è da interessi economici tra i più sporchi e immorali, non permetterebbe mai politiche che anche soltanto si azzardino a sfiorare i bonus faraonici dei managers e i profitti di Wall Street.Il capitalismo Usa di oggi basa i suoi profitti sulla vendita dell’economia americana e con essa tutta la gente che ne dipende per il proprio sostentamento. Nell’ America della “libertà e democrazia” il governo e i poteri economici servono interessi che non hanno assolutamente nessun punto di contatto con gli interessi del popolo americano. La svendita in corso è protetta e mascherata da un panopticon propagandistico fornito dagli economisti neoliberali, prostituti finanziari ed editoriali che si guadagnano da vivere solo e soltanto mentendo dalla mattina alla sera. Quando l’America fallirà, a ruota la seguiranno i vassalli di Washington in Europa, Canada, Australia e Giappone. A meno che nella peggiore delle ipotesi Washington non distrugga il mondo con un conflitto nucleare, a quel punto i rapporti mondiali di forza saranno interamente ridefiniti, e l’Occidente corrotto e dissoluto non sarà nient’altro che la parte più insignificante di questo nuovo mondo.(Paul Craig Roberts, “Ventunesimo secolo, un’epoca di frodi”, dal blog di Craig Roberts del 18 gennaio 2016, tradotto da “Come Don Chisciotte”).Negli ultimi anni del XXesimo secolo, la frode diventò un elemento stabile della politica estera Usa sotto una nuova forma. Sotto falsi pretesti Washington smantellò la Jugoslavia, poi la Serbia, tutto allo scopo di portare avanti una agenda mai dichiarata. Nel XXIesimo secolo la stessa frode si è replicata molteplici volte: Afghanistan, Iraq, Somalia e Libia sono state distrutte; l’Iran e la Siria avrebbero fatto certamente la stessa fine se il presidente russo non avesse preso misure preventive affinché ciò che ciò accadesse. Washington è inoltre dietro alla distruzione dello Yemen in corso, senza dimenticare che ha consentito ed attivamente finanziato la distruzione della Palestina per mano israeliana. In aggiunta si è consentito frequenti operazioni militari in Pakistan senza che alcuna guerra fosse stata dichiarata, uccidendo donne, bambini e anziani sotto la sigla di “lotta al terrorismo”. I crimini di Washington possono rivaleggiare con quelli di qualsiasi nazione in qualsiasi momento storico.
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Progettista: l’F-35 è un bidone, lo abbatte anche un Mig-21
Ho definito l’F-35 un bidone, assolutamente. E’ un bidone. E’ essenzialmente un pessimo aereo, perché è costruito su un’idea stupida. Nel momento in cui provi a progettare un aereo multi-missione, hai già fallito. Nel momento in cui cerchi di costruire un aereo che faccia supporto ravvicinato, combattimenti aria-aria, bombardamenti di interdizione profonda, e che voglia compiere una lista pressoché illimitata di compiti tecnologici, hai già fallito. Non otterrai mai un buon aereo, otterrai un catafalco tecnologico che porterà a un fallimento dietro l’altro. Per fare un esempio, ultimamente i marines hanno sviluppato una passione insensata per gli aerei a decollo verticale, da quando hanno avuto gli Harrier inglesi. Questo rende l’aereo molto tozzo, perché deve ospitare una ventola centrale che spinga l’aria verticalmente, per farlo decollare e atterrare in verticale. Ma con una sezione centrale così grossa ti ritrovi con troppa resistenza aerodinamica. Le ali molto piccole aiutano il decollo verticale, ma impediscono le manovre in combattimento: niente ali, niente virate. Nel duello aereo non ha speranze.Potete star certi che un Mig-21 progettato negli anni ‘50, oppure un vecchio Mirage francese, farebbe fuori in modo impietoso un F-35. Un velivolo da supporto aereo per le truppe? Questo è l’aspetto più ridicolo di tutti, perché per supportare le truppe devi poterti avvicinare molto, devi poter manovrare per riuscire a scoprire bersagli ben camuffati. Devi poter virare a velocità molto bassa. Devi avere una grossa mitragliatrice, come quella che ad esempio ha l’A-10, e devi poter restare nelle vicinanze delle truppe per 4-6 ore. Devi poter gironzolare nella zona, in modo da dargli veramente una copertura per tutta la giornata, fino a quando ce n’è bisogno. Questo è disperatamente impossibile con l’F-35, perché consuma decisamente troppo carburante: ti va bene se riesce a restare in zona per un’ora, un’ora e mezza al massimo. La sua manovrabilità è ridicola: con quell’aereo non si può certo “scendere tra i fili d’erba”, come dicono i piloti, né virare in tempo per individuare un carro armato.Alla velocità in cui deve viaggiare, per via delle ali molto piccole, questo aereo non può manovrare. E non può nemmeno volare lentamente – né dovrebbe farlo, in combattimento, perché si renderebbe vulnerabile. A cosa serve, allora, l’F-35? Assolutamente a niente: è un bidone. E’ anche un pessimo bombardiere. Essendo uno stealth, è progettato per trasportare le bombe al suo interno. Peraltro, va detto che la tecnologia stealth è una fregatura: semplicemente, non funziona. I radar costruiti nel 1942 potrebbero rilevare qualsiasi aereo stealth oggi esistente al mondo – i radar della “battaglia d’Inghilterra”: non che avessero qualcosa di speciale, ma funzionavano sulle onde molto lunghe. Qualunque radar della “battaglia d’Inghilterra” sarebbe in grado di avvistare l’F-35, ma anche l’F-22 e il bombardiere B-2. Qual è allora il compito dell’F-35? Far spendere soldi: questa è la sua unica missione. Serve a fare in modo che il Parlamento Usa mandi dei soldi alla Lockeed. E’ il vero compito dell’aereo.(Pierre Sprey, “L’F-35 è un bidone”, video-intervista pubblicata su YHo definito l’F-35 un bidone, assolutamente. E’ un bidone. E’ essenzialmente un pessimo aereo, perché è costruito su un’idea stupida. Nel momento in cui provi a progettare un aereo multi-missione, hai già fallito. Nel momento in cui cerchi di costruire un aereo che faccia supporto ravvicinato, combattimenti aria-aria, bombardamenti di interdizione profonda, e che voglia compiere una lista pressoché illimitata di compiti tecnologici, hai già fallito. Non otterrai mai un buon aereo, otterrai un catafalco tecnologico che porterà a un fallimento dietro l’altro. Per fare un esempio, ultimamente i marines hanno sviluppato una passione insensata per gli aerei a decollo verticale, da quando hanno avuto gli Harrier inglesi. Questo rende l’aereo molto tozzo, perché deve ospitare una ventola centrale che spinga l’aria verticalmente, per farlo decollare e atterrare in verticale. Ma con una sezione centrale così grossa ti ritrovi con troppa resistenza aerodinamica. Le ali molto piccole aiutano il decollo verticale, ma impediscono le manovre in combattimento: niente ali, niente virate. Nel duello aereo non ha speranze.
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Trivelle e banditi alle Tremiti: a chi diamo il nostro mare?
Petroceltic, chi è costei? Se uno legge la lista delle ditte che vogliono, vorrebbero o hanno già trivellato l’Italia, ci si accorgerà che molte di queste hanno nomi sconosciuti, sono piccole, con pochi capitali sociali, e che pensano di venire in Italia a fare il salto di qualità perché abbiamo “regimi fiscali favorevoli”. Lo dicono loro. Fra queste la Petroceltic di Dublino, la ditta a cui il nostro governo ha deciso di affidare i mari attorno alle isole Tremiti con la concessione Br 274 El. A leggere i comunicati degli investitori emerge che questa Petroceltic è assolutamente piegata in due, da debiti, azionisti senza scrupoli, accuse di frode e corruzione, crollo dei prezzi del petrolio e non sanno più dove andare a parare. Hanno debiti per 200 milioni di dollari che non sono riusciti a ripagare. Basta solo dire che il 23 dicembre 2015, il giorno dopo la firma dei nostri decreti ministeriali, ha iniziato a cercare potenziali acquirenti. La liquidità finirà entro gennaio 2016. Cioè abbiamo dato il mare delle Tremiti a una ditta sul lastrico che sta quasi per fallire.Le banche che si occupano della messa in vendita della Petroceltic sono la Bank of America Merrill Lynch e la Davy Corporate Finance. Stanno vagliando tutte le opzioni: la vendita in toto dei vari permessi di ricerca al miglior offerente, la fusione con altre ditte, o anche l’infusione di capitale con altri debiti e offerte pubbliche. Il valore delle azioni nel solo 2015 è crollato del 77%. Ma come si è arrivati fin qui? Il principale investitore della Petroceltic si chiama Worldview Capital Management ed è una ditta di hedge funds. Detiene il 29% di azioni della Petroceltic ed è guidata da Angelo Moskov. A febbraio 2015 la Petroceltic, a causa dei troppi debiti, decide di vendere obbligazioni per 175 milioni di dollari usando come collaterale Ain Tsila, un campo di gas in Algeria e forse il suo progetto più ambizioso.Moskov si oppone: secondo la Worldview questo passo questo avrebbe lasciato gli azionisti con guadagni derisori. Disse: «Come previsto dalla Worldview nella sua circolare Emg emessa nel febbraio 2015, Petroceltic sembra essere ora a corto di soldi. Di conseguenza si propone di impegnare il fiore all’occhiello della società, vale a dire la sua partecipazione all’attività Ain Tsila, per $ 175.000.000 emissioni obbligazionarie come garanzia. A nostro avviso, questo si tradurrà in un valore sperperato per gli azionisti.Alla luce della storia passata della società fatta di gestione finanziaria molto scadente e false affermazioni, Worldview è estremamente preoccupata che tale emissione di obbligazioni sarà pericolosa per gli azionisti. A causa della costante incapacità della società di produrre flussi finanziari sufficienti, di procedere con l’emissione di obbligazioni nei termini annunciati sarebbe, a nostro avviso, probabilmente risultato in obbligazionisti infine garantire l’attività di classe mondiale per una somma irrisoria».La Petroceltic rinuncia. Le azioni crollano ancora. La Worldview denuncia la Petroceltic in tribunali d’Irlanda e d’Inghilterra per errori nelle revisioni interne. La causa è ancora aperta.Il 20 agosto 2015 la Worldview accusa la Petroceltic di frode e di corruzione in seguito alla creazione di schemi per defraudare la compagnia dall’interno, con fatture gonfiate a Ain Tsila in Algeria. La Petroceltic risponde accusando il suo principale investitore Worldview di una campagna di denigrazione e di sottrarsi al dialogo. Hanno paura che la Worldview possa accaparrarsi il 100% delle azioni e che questa sia una campagnia per l’acquisizione della Petroceltic a pochi spiccioli. Il 17 settembre 2015 la Worldview accusa ancora la Petroceltic di irregolarità in Bulgaria: dirigenti di medio livello avrebbero creato anche qui canali per il trasferimento illegale di fondi della compagnia in mano di terzi, tramite sussidiarie egiziane, bulgare e lussembughesi. E poi il 23 dicembre 2015 finiscono i soldi e si mettono in vendita.Ecco, questa è la Petroceltic d’Irlanda in questo momento. Perché le abbiamo affidato le isole Tremiti senza neanche indagare su che fondi avessero, che o chi fossero? Io non so chi abbia ragione in questa lotta fraticida fra la casa madre e Worldview, ma certo è che è assolutamente folle dare loro un pezzo del nostro mare. Caro Matteo Renzi, veramente vogliamo una ditta squattrinata, guidata da gente senza scrupoli a trivellare in uno dei mari più belli d’Italia?(Maria Rita d’Orsogna, “Trivellazioni alle Tremiti: debiti e accuse di frode per la Petrolceltic. A chi diamo il nostro mare?”, da “Il Fatto Quotidiano” del 12 gennaio 2016).Petroceltic, chi è costei? Se uno legge la lista delle ditte che vogliono, vorrebbero o hanno già trivellato l’Italia, ci si accorgerà che molte di queste hanno nomi sconosciuti, sono piccole, con pochi capitali sociali, e che pensano di venire in Italia a fare il salto di qualità perché abbiamo “regimi fiscali favorevoli”. Lo dicono loro. Fra queste la Petroceltic di Dublino, la ditta a cui il nostro governo ha deciso di affidare i mari attorno alle isole Tremiti con la concessione Br 274 El. A leggere i comunicati degli investitori emerge che questa Petroceltic è assolutamente piegata in due, da debiti, azionisti senza scrupoli, accuse di frode e corruzione, crollo dei prezzi del petrolio e non sanno più dove andare a parare. Hanno debiti per 200 milioni di dollari che non sono riusciti a ripagare. Basta solo dire che il 23 dicembre 2015, il giorno dopo la firma dei nostri decreti ministeriali, ha iniziato a cercare potenziali acquirenti. La liquidità finirà entro gennaio 2016. Cioè abbiamo dato il mare delle Tremiti a una ditta sul lastrico che sta quasi per fallire.
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Tasse: maxi-sconto a Apple (tanto, il resto lo paghiamo noi)
La propaganda di regime presenta come un grande successo del governo il fatto che la Apple si sia accordata con il fisco italiano per pagare una parte delle tasse finora eluse. Vediamo i conti. Con il trucco della sede fiscale all’estero, pare in Irlanda, la casa della mela morsa non ha pagato allo stato italiano 880 milioni di euro. Ora l’accordo raggiunto prevede il saldo di 318 milioni di euro. Cioè la Apple risparmia definitivamente 562 milioni di euro di tasse dovute che non pagherà mai… Sono una montagna di soldi con cui si potrebbero sostenere un bel po’ di servizi pubblici che invece dovranno subire altri tagli. Quello della Apple non è un caso isolato, la Fca di Marchionne ha trasferito sede fiscale in Gran Bretagna, anche se promette di pagare le tasse in Italia per la produzione locale. Tutte le imprese multinazionali produttive e finanziarie fanno così e sia chiaro che l’evasione fiscale in Europa non avviene trasferendo le sedi alle Isole Cayman, ma giocando tra i paesi della stessa Unione.L’Ikea, con un semplice meccanismo di sedi legali e scatole cinesi tra le sue società tutte dentro la Ue è riuscita a pagare su alcuni miliardi di profitti lo 0,08 % di tasse. Il presidente della commissione Ue Juncker è stato capo del governo in quel Lussemburgo sotto inchiesta per la colossale evasione multinazionale che ha fatto del Granducato la sua patria. Insomma il grande capitale non paga le tasse, e quando proprio gli tocca, lo fa sempre a condizioni di favore. Come del resto succede a tutti i ricchi evasori che portano i soldi a Montecarlo o in Svizzera e che, se scoperti o se si pentono e decidono di tornare alla legalità, se la cavano come la Apple versando un terzo del dovuto. Pensiamo ora invece a Giuseppe Pintossi, operaio metalmeccanico a cui per varie ragioni Equitalia abbia inviato una cartella con la richiesta di 880 euro di tasse arretrate e non pagate. Pintossi vorrebbe anche lui fare come la Apple e quindi vorrebbe chiedere all’agenzia di chiuderla con 318 euro. Anche perché quei 562 euro di tasse risparmiate, alla sua famiglia servirebbero proprio per vivere.Invece sappiamo benissimo come andrà a finire. L’operaio metalmeccanico se fortunato se la caverà pagando 1000 euro di tasse e multe. Se poi dovesse ostinarsi a tirarla in lungo, finirebbe per pagare molto, molto di più delle tasse che gli vengono contestate. Il nostro fisco oggi opera secondo un regime di classe brutale, che ha lo stesso metro di misura dello sceriffo di Nottingham. L’Unione Europea, contrariamente a quanto afferma la propaganda di regime, ha accentuato, razionalizzato e generalizzato quella regola: rubare ai poveri per donare ai ricchi. E così le tasse diventano sempre di più il costosissimo lusso imposto a chi non ce la fa ad arrivare alla fine del mese.(Giorgio Cremaschi, “Le tasse sono il lusso dei poveri”, da “Micromega” dell’8 gennaio 2016).La propaganda di regime presenta come un grande successo del governo il fatto che la Apple si sia accordata con il fisco italiano per pagare una parte delle tasse finora eluse. Vediamo i conti. Con il trucco della sede fiscale all’estero, pare in Irlanda, la casa della mela morsa non ha pagato allo stato italiano 880 milioni di euro. Ora l’accordo raggiunto prevede il saldo di 318 milioni di euro. Cioè la Apple risparmia definitivamente 562 milioni di euro di tasse dovute che non pagherà mai… Sono una montagna di soldi con cui si potrebbero sostenere un bel po’ di servizi pubblici che invece dovranno subire altri tagli. Quello della Apple non è un caso isolato, la Fca di Marchionne ha trasferito sede fiscale in Gran Bretagna, anche se promette di pagare le tasse in Italia per la produzione locale. Tutte le imprese multinazionali produttive e finanziarie fanno così e sia chiaro che l’evasione fiscale in Europa non avviene trasferendo le sedi alle Isole Cayman, ma giocando tra i paesi della stessa Unione.