Archivio del Tag ‘Gran Bretagna’
-
Morte dell’Italia: aziende svendute, messe ko dal lockdown
Si calcola che vi siano 250.000 aziende italiane, piccole e medie, tutte in difficoltà: tra qualche mese avrebbero convenienza a vendere la loro realtà a quelli per cui già lavorano e forniscono “pezzi” per grandi realizzazioni industriali. «Passeremmo così, nel giro di un trentennio circa, dalla “stagione delle privatizzazioni” alla “grande svendita”», avverte Gianluigi Da Rold. «È un disastro da evitare a tutti i costi». A questo punto, aggiunge Da Rold, gli Stati Generali non ricorderebbero neppure quelli del 1789, né quelli di Richelieu del 1650, ma quelli del 1302, «tenuti dal più catastrofico re dei Capetingi, Filippo IV, detto il “bello”, ma anche il simbolo dell’assolutismo più ignobile». In una ricognizione giornalistica sul “Sussidiario“, Da Rold – già storico inviato del “Corriere della Sera” – lancia l’allarme: se col passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica abbiamo svenduto l’hardware statale che fungeva da volano per l’economia, ora – di fronte all’inazione del governo Conte alle prese col disastro Covid – rischiamo di perdere anche il software, cioè il grande patrimonio nazionale rappresentato dalla manifattura di qualità: aziende che fanno gola al mercato, e che tra qualche mese potrebbero chiudere o essere cedute a prezzi di saldo.
-
Speranza si dimetta: ignorò i medici che salvano dal Covid
Ministro Speranza, faccio questo video per chiedere pubblicamente le sue dimissioni, in quanto lei si è dimostrato palesemente incompetente nello svolgere il ruolo che gli è stato assegnato nell’attuale governo. Il motivo è molto semplice: il 24 aprile 2020, ovvero quasi due mesi fa, lei ha ricevuto una lettera a lei personalmente indirizzata, firmata da oltre 30 medici e operatori del Sistema Sanitario. Questa lettera iniziava dicendo: «Onorevole ministro, le rivolgiamo questo appello poiché riteniamo importante richiamare la sua attenzione su alcune nostre considerazioni finalizzate ad un miglior contenimento o ad una possibile più rapida soluzione della patologia che colpisce i pazienti coinvolti nella pandemia Covid-19». Dopo le dovute premesse, la lettera diceva: «Questo appello è quindi volto a richiamare la sua attenzione sulla necessità di promuovere l’adozione tempestiva e precoce, all’inizio della sintomatologia respiratoria e sospetta, rispetto all’odierna prassi, di una semplice terapia antinfiammatoria efficace, come quella cortisonica a medio o alto dosaggio. I cortisonici rappresentano i farmaci antinfiammatori che, quando utilizzati, stanno dando ottimi risultati anche nella Covid-19 in base ai dati rilevati nei pazienti trattati e alle evidenze che le alleghiamo – e che, se lo riterrà opportuno, le mostreremo più in dettaglio».In altre parole, questi medici le dicevano di aver ottenuto risultati incoraggianti, con i loro pazienti, utilizzando dei cortisonici nella prima fase della malattia, e si rendevano disponibili a farne conoscere la relativa documentazione. Dopodiché seguivano nella lettera tutte le spiegazioni di tipo scientifico che illustravano perché questa fosse, secondo loro, una terapia valida. Ora, in una fase acuta della crisi del Covid, dove le persone (secondo i dati ufficiali) morivano a centinaia ogni giorno, una lettera del genere – firmata da una trentina di specialisti del settore – avrebbe dovuto farla saltare sulla sedia, e farle interpellare immediatamente questi medici, per verificare appunto se la cura da loro proposta avesse o meno una validità. Io avrei fatto così: ho centinaia di cittadini che mi muoiono ogni giorno e, se dei medici mi scrivono di aver trovato un modo per curare i pazienti, io come minimo li faccio venire al ministero a spiegarmi bene di cosa si tratta. Questi non sono dei cretini qualunque: tra i vari firmatari ci sono professori di farmacologia, neurologi, medici pneumologi, medici chirurghi, anestesisti, cardiologi, professori di medicina, professori di farmacologia e tossicologia, ricercatori, professori di biologia farmaceutica, anatomopatologi. Eccetera, eccetera.Invece lei che cosa ha fatto? La lettera l’ha completamente ignorata: non solo non ha fatto convocare questi medici, ma non li ha nemmeno degnati di una risposta. Come se avesse ricevuto – non una lettera di 30 professionisti del settore – ma la lettera di un rompiscatole qualunque. Bene, facciamo adesso un salto in avanti. “Adnkronos” di oggi, 17 giugno 2020 – seconda notizie in home page: “Coronavirus, Oms: desametasone è svolta scientifica. L’Organizzazione Mondiale della Sanità accoglie con favore i risultati dei primi studi clinici condotti nel Regno Unito sul desametasone, un corticosteroide (quindi cortisone) che si è dimostrato salvavita per i pazienti con forme gravi di Covid-19″. «È il primo trattamento che ha dimostrato di ridurre la mortalità nei pazienti con Covid-19 che richiedono supporto per ossigeno o ventilatore», ha affermato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms. «Questa è una grande notizia», ha detto, «e mi congratulo con il governo del Regno Unito, l’Università di Oxford e i numerosi ospedali e pazienti nel Regno Unito che hanno contribuito a questa svolta scientifica salvavita».È contento, adesso, signor ministro? Non solo lei ha lasciato passare quasi due mesi, nei quali chissà quante delle persone morte magari potevano essere salvate con i cortisonici; ma adesso c’è pure la beffa, che il merito per questa scoperta se lo prendono gli inglesi, quando i nostri medici italiani erano arrivati alle stesse conclusioni già nel mese di aprile. Complimenti sinceri. Io, fossi in lei, darei le dimissioni domani mattina, perché qui i casi sono due: nella migliore delle ipotesi, lei è un totale incompetente che non ha minimamente capito l’importanza della lettera che ha ricevuto (e in una situazione come quella attuale, questo è un lusso che in Italia non ci possiamo permettere); nella peggiore delle ipotesi, invece, lei è vittima di pressioni da parte delle case farmaceutiche, le quali ovviamente non sono minimamente interessate a trovare una cura per il virus, perché loro vogliono a tutti i costi vendere il vaccino, appena sarà pronto, a tutta la popolazione mondiale. Io ovviamente voglio credere che il suo caso sia il primo, ovvero che lei sia semplicemente un incompetente. Ma in ciascuno dei due casi è chiaro che lei debba dare le dimissioni al più presto. Spero davvero che migliaia di cittadini le scrivono, nei prossimi giorni, per chiederle di andarsene, esattamente come sto facendo io in questo momento con questo video.(Massimo Mazzucco, video-editoriale tratto da “Contro Tv” del 17 giugno 2020, pubblicato anche su YouTube e ripreso sul blog “Luogo Comune”).Ministro Speranza, faccio questo video per chiedere pubblicamente le sue dimissioni, in quanto lei si è dimostrato palesemente incompetente nello svolgere il ruolo che gli è stato assegnato nell’attuale governo. Il motivo è molto semplice: il 24 aprile 2020, ovvero quasi due mesi fa, lei ha ricevuto una lettera a lei personalmente indirizzata, firmata da oltre 30 medici e operatori del Sistema Sanitario. Questa lettera iniziava dicendo: «Onorevole ministro, le rivolgiamo questo appello poiché riteniamo importante richiamare la sua attenzione su alcune nostre considerazioni finalizzate ad un miglior contenimento o ad una possibile più rapida soluzione della patologia che colpisce i pazienti coinvolti nella pandemia Covid-19». Dopo le dovute premesse, la lettera diceva: «Questo appello è quindi volto a richiamare la sua attenzione sulla necessità di promuovere l’adozione tempestiva e precoce, all’inizio della sintomatologia respiratoria e sospetta, rispetto all’odierna prassi, di una semplice terapia antinfiammatoria efficace, come quella cortisonica a medio o alto dosaggio. I cortisonici rappresentano i farmaci antinfiammatori che, quando utilizzati, stanno dando ottimi risultati anche nella Covid-19 in base ai dati rilevati nei pazienti trattati e alle evidenze che le alleghiamo – e che, se lo riterrà opportuno, le mostreremo più in dettaglio».
-
“Contro il Covid vaccinatevi voi, che a me viene da ridere”
Come era facile immaginare, qualcuno, dopo aver terrorizzato tre miliardi di persone sulla presunta pandemia del Covid-19, ora vuole imporre il vaccino a tutti. È un affare da qualche trilione di dollari che certamente i globocrati cercheranno di non farsi scappare. Il piano, finora, sembra essere riuscito: generare un virus non letale ma pericoloso per la società in quanto contagiosissimo e in grado di paralizzare uno Stato se non addirittura uno o più continenti; spaventare a morte la gente per il pericolo di contagio; lanciare l’allarme per il crollo dell’economia nazionale invitando tutti a tirare la cinghia per il bene comune; chiedere a tutti, per lo stato di necessità, di farsi spiare dai servizi segreti con la App “Immuni”; obbligare la popolazione a farsi vaccinare; rendere tutti docili e sottomessi come neppure fu nel Medioevo. I fatti si sono susseguiti secondo copione sotto i nostri occhi. Così siamo diventati facili prede della psicosi alimentata ad arte dai mass media, a loro volta finanziati da “filantropi” esperti in terrorismo globale, perché la paura è l’arma più potente per annichilire le masse.L’Italia è la più colpita (dopo la Cina e la Corea del Sud) in quanto priva di indipendenza a qualsiasi livello nonché la più debole in senso politico dell’intero Occidente, a causa di governanti – spesso analfabeti – palesemente eterodiretti e telecomandati dall’estero. Ma quando tutto sembrava riuscito alla perfezione, molti medici e virologi hanno detto che si trattava della più grande bufala della storia dell’umanità, che si trattava di un virus influenzale ancora sconosciuto ma per il quale, finalmente, le cure ci sono e il vaccino non serve. Alcuni di loro sono Zangrillo, Tarro, Montanari, De Donno, insieme a Paolo Ascierto che col Tocilizumab – un farmaco utilizzato per curare l’artrite reumatoide – ha sconfitto il Covid-19 rendendo Napoli l’unica metropoli italiana sanificata (da quando c’è l’epidemia, in tutta la Campania ci sono stati circa 5.000 casi e un migliaio di morti; a Napoli ci sono stati tanti morti quanti ve ne sono stati a Tortona).Il dubbio resta, poiché in tutta questa storia qualcosa non torna. Anche perché si parla di vaccino pur sapendo che il coronavirus è mutevole, e un vaccino finirebbe per non avere altro effetto se non quello di renderne dipendente chi lo fa, con grande piacere di chi, coi richiami, glielo venderà a vita. Che il vaccino possa essere inutile, tra i tanti, lo dice anche Mike Ryan, responsabile delle emergenze dell’Oms, il quale in questi giorni ha dichiarato ufficialmente: «Speriamo di trovare un vaccino efficace, ma non è garantito che questo accada». Eppure la quasi totalità della stampa nazionale continua imperterrita a terrorizzare gli italiani sul pericolo Covid-19, sulla inevitabile ricaduta d’autunno, sulla necessità improrogabile di vaccinarsi. C’è addirittura un piano europeo per finanziare il vaccino anti-Covid in forza d’un accordo tra i ministri della salute europei, mentre l’alleanza a quattro, Italia, Germania, Francia e Olanda, ha già in tasca il contratto con la multinazionale britannica AstraZeneca, che entro l’anno permetterà di vaccinare tutti gli over 65, più sanitari e forze dell’ordine.Ebbene, che il vaccino l’avrebbe venduto AstraZeneca, noi di “Alessandria Oggi” l’abbiamo pubblicato esattamente tre mesi fa. Profeti? Chissà. Gli è che qualcosa puzza, perché tutto potrebbe far parte di un piano molto ben congegnato che sta funzionando alla perfezione. E avrebbe potuto chiudersi con successo se non ci fosse stato chi gridava: “Il Re è nudo!”, mentre ci sarà certamente chi, come chi scrive, rifiuterà di farsi vaccinare. Il vaccino sarà reso obbligatorio? E io me ne frego. Vaccinatevi pure voi, che a me vien da ridere.(Andrea Guenna, “Vaccinatevi voi, che a me vien da ridere”, da “Alessandria Oggi” del 13 giugno 2020).Come era facile immaginare, qualcuno, dopo aver terrorizzato tre miliardi di persone sulla presunta pandemia del Covid-19, ora vuole imporre il vaccino a tutti. È un affare da qualche trilione di dollari che certamente i globocrati cercheranno di non farsi scappare. Il piano, finora, sembra essere riuscito: generare un virus non letale ma pericoloso per la società in quanto contagiosissimo e in grado di paralizzare uno Stato se non addirittura uno o più continenti; spaventare a morte la gente per il pericolo di contagio; lanciare l’allarme per il crollo dell’economia nazionale invitando tutti a tirare la cinghia per il bene comune; chiedere a tutti, per lo stato di necessità, di farsi spiare dai servizi segreti con la App “Immuni”; obbligare la popolazione a farsi vaccinare; rendere tutti docili e sottomessi come neppure fu nel Medioevo. I fatti si sono susseguiti secondo copione sotto i nostri occhi. Così siamo diventati facili prede della psicosi alimentata ad arte dai mass media, a loro volta finanziati da “filantropi” esperti in terrorismo globale, perché la paura è l’arma più potente per annichilire le masse.
-
Il Corriere: gli Stati Generali di Francheschiello, il Re Sòla
«Tornassi indietro, rifarei tutto uguale». Il primo segnale che qualcosa non andava avremmo forse dovuto coglierlo il giorno che Conte andò per la prima volta in Lombardia, il 27 aprile, un paio di mesi dopo il primo caso di Codogno. Insomma, dal premier di un paese che piange 35 mila morti e conta 235 mila casi di Covid-19 ci si sarebbe potuto aspettare qualche dubbio in più sulla propria performance. Ma gli indizi, da allora, si sono succeduti e moltiplicati: un tratto sovrano, non sovranista ma proprio sovrano, una leggera megalomania, una folie de grandeur sembra essersi impadronita dell’ex avvocato del popolo, trasformando la narrazione dell’umile figlio della patria strappato alla sua amata professione, in quella del padre della patria vocato a una missione salvifica. «Rifarei tutto uguale» l’aveva detto solo Trump. E anche «tutto il mondo ci copia». «Renderò edotto il Parlamento», invece, l’avrebbe potuto dire Trump perché lui è presidente, non del Consiglio ma degli Stati Uniti. Invece neanche Trump l’ha detto. Conte sì, quando ha annunciato, con grazia, che dal sistema emergenziale dei Dpcm sarebbe passato a informare le Camere a scadenze fisse. Ma le frasi non dicono tutto. E poi ci vuole un orecchio allenato per coglierne la progressiva enfasi monarchica.Le immagini contano di più. Il cortile di Palazzo Chigi addobbato con guida rossa e standing portavoce per una conferenza stampa aveva una innegabile assonanza presidenziale con la coreografia dell’Eliseo. E il concedersi a microfoni e telecamere del press pack in Piazza Colonna, beh, quello sembra preso pari pari dai meeting informali con la stampa e le tv del premier inglese davanti a Downing Street. Manca il giardino della Casa Bianca, ma forse a Villa Pamphilj si potrà riparare. Naturalmente è bastato dire «Stati Generali» per evocare un sospetto di sovranità, anche se in realtà molto sfortunata, perché l’esito della manovra politica di Luigi XVI per risolvere la grande emergenza del suo regno fu così orribile da restare proverbiale. Ma siamo certi che Conte non avesse di certo in mente quel Borbone quando ha usato la fatidica immagine. Secondo alcuni dei suoi critici si immaginava piuttosto come un predecessore del decapitato, il Re Sole. Secondo altri, più cattivi, il Borbone cui rischia di assomigliare è di un altro ramo: Franceschiello, l’ultimo re delle Due Sicilie.C’è chi dice che Conte lo fa perché si è messo in testa di dotarsi di un suo partito, che i sondaggi danno tra il 12 e il 15, un po’ meno di quanto davano al partito di Monti mentre questi era a Palazzo Chigi, giusto per memoria di quanto transit gloria mundi. C’è chi invece insinua che nella sua testa siano state piantate ambizioni più grandi, visto che nel 2022 si elegge il Capo dello Stato, e se il Parlamento tiene fino ad allora ad eleggerlo dovrebbe essere l’attuale maggioranza. Confesso che non credo a queste maldicenze. La minaccia di farsi un partito, fatta circolare in queste settimane, sembra più che altro un’assicurazione per tenersi i partiti che ha: come minaccia verso i Cinquestelle per esempio funziona, attenti che se andiamo alle urne vi rubo un po’ di voti. E la storia del Capo dello Stato, beh, se uno vuole fare il Capo dello Stato la prima attività cui si applica è quella di conquistarsi qualche amico nell’opposizione, perché la maggioranza politica del momento non è mai bastata per salire al Quirinale, e questa volta meno che mai, visto che dovrebbe contare sulla lealtà di Renzi.Forse le cose sono più semplici, e più casuali. Forse non è estraneo un elemento di improvvisazione che nella cultura politica di Conte è quasi inevitabile, viste le origini. Non si vuol qui dire che possa essere paragonato al personaggio di un dramma romantico di Victor Hugo, Ruy Blas, valletto di un altro conte che si ritrova a fare il primo ministro di Spagna per una somiglianza. Ma certo il nostro Conte è un premier per caso, asceso a Palazzo Chigi per mancanza di un leader vincente alle elezioni, e rimastoci grazie a un ribaltamento di maggioranza. Il fatto è che l’uomo ha un eloquio indubbiamente fluente, forse retaggio di oratoria da avvocato, è intelligente e ha una certa simpatia fisica, e certe volte ci si affida un po’ troppo. Si dovrà dunque essere comprensivi per qualche stonatura istituzionale. Come quando, l’altro giorno, ha risposto al centrodestra che chiedeva di essere consultato nelle sedi istituzionali, che Villa Pamphilj lo è, visto che è sede di rappresentanza, mentre quelli intendevano la sede dei rappresentanti, il Parlamento.Se di qualcosa Conte aveva bisogno per dare forza istituzionale ai suoi Stati Generali quella era proprio la partecipazione delle opposizioni; darne l’annuncio senza averli prima conquistati all’idea è stata dunque più ingenuità e fregola mediatica che arroganza. Né, se il mestiere politico fosse stato più radicato, il premier si sarebbe mai fatto scappare, per descrivere il programma dei lavori, che la prima serata avrebbe visto la partecipazione di «grandi ospiti internazionali», mutuando alla perfezione il lessico di Amadeus. Ma queste sono nuances. Più pericoloso per un aspirante sovrano, soprattutto quando incontra vis-à-vis il popolo come ha fatto l’altra sera parlando con un contestatore in piazza, è mostrare di non sapere che il reddito di cittadinanza non è di 800 euro per tutti, ma molto, molto meno per tanti. Perché ricorda troppo da vicino la storia delle brioche di un’altra personalità coinvolta nella storia degli Stati Generali: Maria Antonietta.(Antonio Polito, “Conte, frasi e scenografie solenni: l’enfasi da Re Sole dell’avvocato del popolo”, dal “Corriere della Sera” del 12 giugno 2020).«Tornassi indietro, rifarei tutto uguale». Il primo segnale che qualcosa non andava avremmo forse dovuto coglierlo il giorno che Conte andò per la prima volta in Lombardia, il 27 aprile, un paio di mesi dopo il primo caso di Codogno. Insomma, dal premier di un paese che piange 35 mila morti e conta 235 mila casi di Covid-19 ci si sarebbe potuto aspettare qualche dubbio in più sulla propria performance. Ma gli indizi, da allora, si sono succeduti e moltiplicati: un tratto sovrano, non sovranista ma proprio sovrano, una leggera megalomania, una folie de grandeur sembra essersi impadronita dell’ex avvocato del popolo, trasformando la narrazione dell’umile figlio della patria strappato alla sua amata professione, in quella del padre della patria vocato a una missione salvifica. «Rifarei tutto uguale» l’aveva detto solo Trump. E anche «tutto il mondo ci copia». «Renderò edotto il Parlamento», invece, l’avrebbe potuto dire Trump perché lui è presidente, non del Consiglio ma degli Stati Uniti. Invece neanche Trump l’ha detto. Conte sì, quando ha annunciato, con grazia, che dal sistema emergenziale dei Dpcm sarebbe passato a informare le Camere a scadenze fisse. Ma le frasi non dicono tutto. E poi ci vuole un orecchio allenato per coglierne la progressiva enfasi monarchica.
-
5G alla Camera e sul comodino di Colao, poi ne riparliamo
Alzi la mano chi ancora crede ai numeri quotidiani della Protezione Civile e alle promesse di Conte, alla religione delle mascherine e a quella dei guanti – prima raccomandati e poi sconsigliati dai misteriosi burloni dell’Oms, il gotha tecno-sanitario che a Wuhan se c’era dormiva, quando gli stregoni della genetica pasticciavano attorno all’Rna di un virus del raffreddore, probabilmente con l’intento di ricavarne un chimerico vaccino contro l’Aids. Questa almeno è la versione suggerita da paesi come gli Usa e la Francia, nonché da luminari della medicina come il professor Luc Montagnier, Premio Nobel, primo scopritore del virus Hiv. Alzi la mano chi seguita a immaginare che sia del tutto casuale la catastrofe piovutaci addosso, che ha spinto i governi a trasformarci prontamente in sudditi spaventati e ricattati, destinati a non tornare liberi mai più, lungo un orizzonte post-democratico dove i ministri spariscono, e al loro posto parlano oscuri tecnocrati e rinomati capitani di ventura come Vittorio Colao, principe europeo del 5G, e infatti lestissimo nel proporre il wireless di quinta generazione come elisir miracoloso per resuscitare l’Italia messa in coma farmacologico da Conte. Antenne pericolose? «Facciamo così: prima piazziamo un dispositivo 5G in Parlamento e un altro sul comodino di Colao, poi ne riparliamo».Autore della provocazione è il video-reporter Massimo Mazzucco, regista di documentari dirompenti come “Inganno globale”, sull’11 Settembre, trasmesso in prima serata da Canale 5. Mazzucco ha fama di piantagrane, da quando i giornalisti hanno smesso di fare il loro mestiere in un’Italia in cui gli editori si chiamano Berlusconi, Elkann e Cairo. Ha firmato video-denunce accurate: sul terrorismo fatto in casa, sulle “cure proibite” contro il cancro (che guariscono i pazienti) e sulla guerra dei petrolieri contro la marijiuana (per sbarazzarsi della canapa, concorrente ecologica della plastica). Comodo, liquidare Mazzucco con l’etichetta di complottista: peccato che siano i maggiori fotografi del mondo, da Oliviero Toscani e Peter Lindbergh, a confermare – nel documentario “American Moon” – che le immagini del mitico “sbarco sulla Luna” siano state girate in studio, con luci disposte in modo da simulare il riflesso naturale del sole. In prima linea, Mazzucco, anche contro l’obbligo vaccinale imposto da Beatrice Lorenzin (senza alcuna emergenza sanitaria in corso) e confermato dalla grillina Giulia Grillo, dopo che i 5 Stelle avevano fatto il pieno di voti, nel 2018, anche con la promessa di abolire l’improvvisa e ingiustificata overdose di vaccinazioni obbligatorie.In automatico, il mainstream ha calunniato Mazzucco con l’etichetta No-Vax. «Mai stato contro i vaccini, in linea di principio», chiarisce il reporter. «Sono per la libertà vaccinale, e per vaccini sicuri e puliti: sapendo che gli Usa hanno già speso 4 miliardi di dollari per indennizzare i danneggiati da vaccino, dopo aver garantito – stranamente – la completa impunità delle case farmaceutiche, che evidentemente non sono in grado di assicurare che non vada incontro a rischi, chi accetta di farsi vaccinare». Discorsi scivolosi? Certo: la condanna per eresia (cospirazionismo) è scontata. Da parte di chi? «Dei media mainstream, che hanno permesso alla Lorenzin di raccontare impunemente che a Londra, in un anno, sarebbero morti di morbillo oltre 200 bambini. Ho controllato: non era vero. Eppure, l’anno seguente, Corrado Formigli su La7 ha consentito alla “ministra” di ripetere la stessa, identica notizia falsa». Chi è il complottista, allora? Mazzucco che fa le pulci alle frottole del governo o il sistema dei media, che ha messo la sordina a tutte le notizie allarmanti, in materia? Esempio: i militari italiani morti e ammalati dopo vaccini inappropriati (fonte, la commissione difesa del Parlamento). O i vaccini “sporchi” scoperti dall’Ordine dei biologi. O i test eseguiti in Puglia, che hanno rivelato “reazioni avverse” nel 40% dei bambini vaccinati.Dalle siringhe al 5G, il passo è breve. Perché il metodo è lo stesso: subdolo, non trasparente. «Se la cosa è buona e giusta, che bisogno c’è di nasconderla?». Il parallelo è impietoso: radere al suolo le alberate di mezza Italia e occultare i trasmettitori 5G persino nei tombini, ragiona Mazzucco, fa il paio con le bufale della Lorenzin sulla strage degli innocenti (mai avvenuta) a Londra, per colpa del morbillo. Ancora ci si interroga sulla strana incidenza del Covid nella Lombardia orientale, distretto inquinatissimo. Coincidenze: elevata percentuale di anziani vaccinati contro l’influenza, in un’aera gremita di antenne 5G. Non abbiamo nessuna prova che queste cose siano collegate all’ecatombe-coronavirus, chiarisce Mazzucco, il primo a scoprire – comunque – la correlazione fra il taglio degli alberi la diffusione del 5G: «Lo comprovano due documenti ufficiali del governo inglese: le fronde ostacolano la propagazione del wireless». Mentre Mazzucco avviava la sua ricerca sulla strage degli alberi nei centri storici, tanto per cambiare, i sindaci mentivano (raccontando la storiella degli alberi “malati”, di colpo e tutti insieme) e i giornali tacevano, insieme alle televisioni. Poi succede che la polvere, nascosta sotto il tappeto, a un certo punto diventa troppa. E oggi sono oltre 500, i sindaci italiani che si oppongono all’installazione di quelle antenne. E Colao cosa fa? Vuole togliere ai sindaci il potere di interdizione.Trattandosi di “riforme” all’amatriciana, Mazzucco segnala pure l’immancabile conflitto d’interessi: l’ex manager di Vodafone reclutato da Conte è anche il capo di Verizon, primo investitore europeo nel business “cinese” del 5G. Il piano: finire di riempire l’Italia di antenne, innalzando anche l’intensità delle emissioni. A garantire che si tratti di irradiazioni innocue è l’Ipnirc, un “panel” di scienziati e tecnici «che in realtà provengono dall’industria delle antenne, secondo il sistema delle “porte girevoli” che, anche nella farmaceutica, mette insieme controllori e controllati: addio indipendenza, autorevolezza dei controlli e tutele della salute». Centinaia di scienziati autonomi lanciano l’allarme: non sappiamo ancora quali effetti produca, il 5G, sul corpo umano. Il consiglio: tre anni di test, prima di adottare il nuovo wireless (certamente utilissimo, sul piano tecnologico). E invece: si tende a trasformare i cittadini in potenziali cavie, a loro insaputa. «I promotori del 5G giurano che sia innocuo. Lo dimostrino – dice Mazzucco – e ne saremo felicissimi». Il problema: nessuno è in grado di dimostrare niente, per ora. Tant’è vero che paesi come la Svizzera e la Slovenia hanno imposto l’alt: vogliono prima che la scienza ne comprovi la sicurezza effettiva. «Se i nostri paladini del 5G sono così sicuri che non rappresenti un pericolo per la salute – ecco la provocazione di Mazzucco – i parlamentari facciano un bel gesto: installino antenne alla Camera e al Senato».Stranamente, l’unica grande città europea che ha rifiutato il 5G è Bruxelles, sede dell’Unione Europea. Il sindaco non vuol sentir parlare, di wireless di quinta generazione, nella città che ospita gli uffici Ue, la Commissione, il Parlamento Europeo. I contro-complottisti in buona fede, quelli che accusano di infantilismo i cosiddetti cospirazionisti, ricordano che anche quando venne introdotta l’energia elettrica non mancavano gli agitatori di incubi. Verissimo, ma qui siamo di fronte a qualcos’altro: e se sono “paranoie”, quelle di Mazzucco e soci, certo a fugarle non aiutano le informazioni finora a disposizione, né il metodo semi-clandestino con cui il 5G è stato introdotto in Italia e bandito da Bruxelles. «Se è davvero innocuo – chiosa Mazzucco, tra il serio e il faceto – il suo grande sponsor Colao compia un atto plateale: si installi un’antenna 5G sul suo comodino e ci dorma accanto per anno intero. A quel punto, ne potremmo riparlare». Sì, ma dove? Su quali media? «Gli avvocati del senatore renziano Andrea Marcucci – racconta Mazzucco, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” – mi hanno appena invitato a rimuovere un video in cui mettevo in relazione la messa alla bando della sieroterapia anti-Covid con la possibilità di produrre siero sintetico in laboratorio, materia in cui è specializzata l’azienda farmaceutica della famiglia Marcucci».Ecco il punto: più che il cosa, il come. Perché si deve aspettare che l’Italia sia in ginocchio, stroncata dal lockdown di Conte, per far uscire il 5G dalle catacombe della clandestinità? E’ troppo, pretendere chiarezza e trasparenza? Domanda retorica, in un paese in cui il ministero della sanità – di fronte all’emergenza Covid – ha fatto l’unica cosa che non doveva fare: dissuadere i medici dal compiere autopsie. Risultato: ci sono volute settimane, per scoprire che non si moriva di polmonite ma di trombo-flebite, e quindi l’ossigenazione forzata era letale, per i malati alle prese con problemi di coagulazione sanguigna. Altra vergogna nazionale, il caso De Donno: il medico di Mantova scopre che la sieroterapia funziona, il sangue dei guariti salva la vita ai malati trasmettendo gli anticorpi, ma invece di adottare il suo protocollo (richiesto da mezzo mondo, a partire dagli Usa) lo si emargina, arrivando poi a proibirlo, mentre il ministro si affretta a prenotare tonnellate di vaccino per un virus che ormai non fa più paura, perché i medici ora sanno finalmente come affrontarlo. Questa, dunque, sarebbe l’Italia in cui i cittadini dovrebbero dormire sonni tranquilli, nel momento in cui un grande privatizzatore della telefonia racconta ai cittadini che del 5G non c’è da aver paura?Alzi la mano chi ancora crede ai numeri quotidiani della Protezione Civile e alle promesse di Conte, alla religione delle mascherine e a quella dei guanti – prima raccomandati e poi sconsigliati dai misteriosi burloni dell’Oms, il gotha tecno-sanitario che a Wuhan se c’era dormiva, quando gli stregoni della genetica pasticciavano attorno all’Rna di un virus del raffreddore, probabilmente con l’intento di ricavarne un chimerico vaccino contro l’Aids. Questa almeno è la versione suggerita da paesi come gli Usa e la Francia, nonché da luminari della medicina come il professor Luc Montagnier, Premio Nobel, primo scopritore del virus Hiv. Alzi la mano chi seguita a immaginare che sia del tutto casuale la catastrofe piovutaci addosso, che ha spinto i governi a trasformarci prontamente in sudditi spaventati e ricattati, destinati a non tornare liberi mai più, lungo un orizzonte post-democratico dove i ministri spariscono, e al loro posto parlano oscuri tecnocrati e rinomati capitani di ventura come Vittorio Colao, principe europeo del 5G, e infatti lestissimo nel proporre il wireless di quinta generazione come elisir miracoloso per resuscitare l’Italia messa in coma farmacologico da Conte. Antenne pericolose? «Facciamo così: prima piazziamo un dispositivo 5G in Parlamento e un altro sul comodino di Colao, poi ne riparliamo».
-
Magaldi: avviso a Conte, in autunno la Rivoluzione Italiana
E bravo “Giuseppi”: non lo sa che gli Stati Generali portano male a chi li convoca, specie se non è esattamente in buona fede? Nel 1789, in Francia, condussero velocemente alla Presa della Bastiglia: oggi il piccolo capo di questo Governo della Paura vuol proprio fare, il prossimo settembre, la stessa fine di Luigi XVI? «Anche noi lo aspetteremo al varco: ma anziché il 14 luglio, anniversario dell’inizio della Rivoluzione Francese, gli daremo tempo per meditare sull’ultimatum che riceverà entro una decina di giorni. Gliene chiederemo conto il 20 settembre, ricorrenza della Breccia di Porta Pia. E se non saremo stati ascoltati, scenderemo in piazza il 5 ottobre: data che ricorda la Marcia delle Donne, quando anche le cittadine francesi nel fatidico 1789 fecero rotta sulla reggia di Versailles per reclamare i loro diritti». Gioca con le date, Gioele Magaldi: ma il titolo del gioco è inequivocabile, si chiama rivoluzione. «Grandi cose accadranno, in questi mesi, dietro le quinte del potere: ci saranno botte da orbi, grazie alle manovre intraprese dalla massoneria progressista». Ma la notizia è un’altra: «Nessuna rivoluzione ha mai avuto successo, senza il determinante contributo del popolo».«E’ vero, le élite le progettano: ma poi le rivoluzioni le fa la gente, se capisce che deve scendere in strada al momento giusto. Che nel nostro caso si sta rapidamente avvicinando», assicura Magaldi. «Parlo di un riscatto nazionale, civile ed economico: in palio c’è l’Italia, esattamente come nel Risorgimento, di cui il 20 settembre 1870 rappresenta l’epilogo, con la conquista di Roma». Premessa: il presidente del Movimento Roosevelt, entità metapartitica nata nel 2015 per tentare di rimettere insieme i cocci della politica italiana, di massoneria se ne intende. «Il mondo in cui viviamo è stato interamente progettato da massoni: lo Stato diritto, le istituzioni laiche, il suffragio universale. La democrazia non ce l’ha portata la cicogna: è stata un’idea dei massoni che nel ‘700 rovesciarono l’Ancien Régime, in Francia e in America, dando inizio alla modernità politica». Queste cose, Magaldi le ha ricordate nel saggio “Massoni”, edito nel 2014 da Chiarelettere. Un bestseller italiano, trasformatosi in long-seller e – dice l’autore – costato il trono a Giorgio Napolitano, nientemeno, indicato come appartenente alla superloggia “Three Eyes”.Grande regista, Napolitano, dell’imbarazzante operazione (interamente massonica) che portò il “fratello” Mario Monti a Palazzo Chigi con l’incarico di inguaiare il paese, tagliando la spesa sociale e quindi determinando deliberatamente una crisi terribile, tale da far crollare il gettito fiscale fino a far esplodere il debito pubblico. Obiettivo: rendere l’Italia sempre più debole, facile preda dei suoi avidi “becchini”. Francia e Germania? «Non esattamente: si tratta di gruppi apolidi, supermassonici, che usano in modo cinico le istituzioni – Ue, singoli paesi – per i loro scopi inconfessabili, speculativi e privatistici. E’ un’élite sovranazionale, economicamente neoliberista e politicamente reazionaria, post-democratica». Di fronte a questo, avverte Magaldi, le antiche distinzioni ideali (destra-sinistra) non contano più niente, da quando – archiviate le ideologie – i politici della sinistra si sono rassegnati, proprio come quelli della destra, ad eseguire ordini impartiti dall’alto: dalla stessa élite senza patria che, dagli anni Settanta in poi, ha cominciato a “smontare” la democrazia sociale dei diritti in tutto l’Occidente, attraverso entità paramassoniche come la Trilaterale, fino ad arrivare, oggi, a guardare alla Cina come modello.Una società autoritaria, quella cinese, basata sulla sorveglianza orwelliana del cittadino-suddito. «Non a caso – fa osservare Magaldi – il disastro Covid è esploso a Wuhan all’indomani della cocente umiliazione inflitta a Xi Jinping dall’unico politico capace di opporsi al dilagare dell’egemonia di Pechino: Donald Trump, oggi infatti assediato dai manifestanti antirazzisti alla vigilia delle elezioni, e alle prese con la drammatica crisi economica indotta dal lockdown, che ha cancellato gli ottimi risultati ottenuti dalla Casa Bianca nel far volare l’economia americana». Beninteso: «Trump farebbe meglio ad ascoltare i manifestanti genuinamente indignati per lo scandalo del razzismo che serpeggia tra i poliziotti stratunitensi: una piaga rispetto alla quale, peraltro, lo stesso Barack Obama, primo presidente “nero”, in otto anni non ha fatto assolutamente niente». Ma attenzione: «I manifestanti violenti sono manipolati: imputano assurdamente a Trump l’omicidio di George Floyd».Ecco perché, aggiunge Magaldi, sarebbe da ciechi non scorgere i manovratori: a loro, del razzismo non importa nulla. «Vogliono solo impedire che Trump venga rieletto, perché ha osato sfidare la loro “creatura”, la Cina, e anche l’opaca Oms foraggiata da Pechino, braccio operativo del “terrorismo sanitario” che ha usato il Covid come un’arma», con obiettivi plurimi: mettere ko l’economia per indebolire i politici, e confiscare – in modo inaudito, in Occidente – le libertà democratiche nelle quali siamo cresciuti. E’ una specie di inferno, quello che si sta spalancando: qualcuno sta cercando di far apparire “normale” il coprifuoco, il distanziamento, la chiusura irreparabile di aziende e negozi. Scenario che in Italia si sta traducendo nella morte civile di interi settori strategici, come il turismo. «E se domani qualcuno si inventa un altro virus, fabbricandolo in laboratorio? Che facciamo: richiudiamo tutto?». Il primo a sentire puzza di bruciato è stato Bob Dylan: con la canzone “Murder Most Foul”, il grande cantautore (Premio Nobel per la Letteratura) a fine marzo ha messo in relazione la pandemia – e i “falsi profeti” del vaccino universale – con la cupola di potere che nel 1963 assassinò John Kennedy a Dallas. Addirittura?Ebbene sì. «Un’unica filiera – dice Magaldi – collega la fine dei Kennedy al manifesto “La crisi della democrazia”, promosso dalla Trilaterale di Kissinger: il primo a sdoganare il regime cinese con l’idea di farne un’alternativa, mostruosa, per un Occidente non più libero, e oggi infatti ricattato dalla paura grazie a un virus “cinese” che, in questo, è ancora più efficace del terrorismo “islamico”, anch’esso coltivato da menti massoniche». Magaldi sa di cosa parla: già “venerabile” della prestigiosa loggia romana Monte Sion del Grande Oriente d’Italia, oggi è il “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, circuito massonico progressista collegato con le superlogge sovranazionali più avanzate, sul piano dell’impegno sociale democratico, come la “Thomas Paine”. Altra notizia: a quel circuito appartiene lo stresso Dylan, «massone ultra-progressista, oggi sceso in campo in prima persona perché il pericolo che stiamo correndo è veramente grande: il mondo rischia di non essere più lo stesso, se gli oligarchi avranno mano libera nel gestire l’emergenza Covid a modo loro».La sensazione è che l’attacco sferrato – l’imposizione del lockdown “cinese”, l’avvento della nuova polizia sanitaria – sia un riflesso di autodifesa, da parte di un’élite che teme di perdere il potere. Parlano da sole le clamorose diserzioni in atto, ai piani alti, tutte annunciate con largo anticipo proprio da Magaldi: Mario Draghi e Christine Lagarde hanno abbandonato il fronte reazionario (dominio finanziario, privatizzazioni) e oggi parlano un’altra lingua, insieme alla stessa dirigenza del Fmi, fino a ieri schierata dalla parte del rigore. «Fine dell’austerity», raccomandò Draghi, a marzo, sul “Financial Times”: se non si inonda l’economia di miliardi a costo zero, che non si trasformino in debito, il nostro sistema produttivo crollerà. «Oggi, gli unici soldi veri che l’Italia sta ricevendo sono quelli della Bce assicurati dalla “sorella” Lagarde», sfidando i falchi tedeschi. E’ così l’importante, l’Italia? Eccome: «Ci crediate o meno, è il luogo in cui si combattono e si combatteranno alcune battaglie decisive per la democrazia e la libertà, per il futuro della globalizzazione», assicura Magaldi.Spiegazione: fuggita la Gran Bretagna, in Ue – a parte il Belpaese – restano solo due grandi player, Germania e Francia: ma i rigidi assetti politici di Berlino e Parigi non consentono margini di manovra. Che l’Italia fosse l’unico laboratorio possibile, per riformare la governance continentale, lo si era già visto nel 2018, col Parlamento nel caos dopo il voto: il boom dell’incognita 5 Stelle, il Pd umiliato tra le macerie del renzismo (riformatore solo a chiacchiere) e l’impennata della Lega, ad archiviare l’obsoleto centrodestra. Come sarebbe andata a finire lo si capì da subito: «Saranno i mercati a insegnare agli italiani come votare», proclamò l’eurocommissario tedesco Günther Oettinger, «massone reazionario», mentre lo spread saliva prontamente. Poteri forti: «Fu Bankitalia – dice Magaldi – a convincere Mattarella a negare il ministero dell’econonia a Paolo Savona, che era lì apposta per provare a cambiare le regole che ci penalizzano da decenni». Il resto è cronaca: lo stesso Salvini la buttò in caciara enfatizzando il problema-migranti, per nascondere il fallimento gialloverde. «Lui e Di Maio dovettero ingoiare il rospo: a loro, Bruxelles non concesse neppure un irrisorio incremento del deficit».Unico accenno di riforma, l’alleggerimento fiscale vagheggiato dal leghista Armando Siri, messo però fuori gioco da un semplice avviso di garanzia. «Salvini si arrese, staccando la spina». Elezioni? Macché: i 5 Stelle – pur di non perdere la poltrona – si aggrapparono al «partito di Bibbiano», abbracciando uno Zingaretti che, fino a tre giorni prima, giurava: «Mai, con quei populisti». Cambiarono i suonatori, ma non lo spartito: ancora e sempre rigore, vigilato dall’emissario di turno dei soliti poteri (Roberto Gualteri, Pd, forgiato dall’eterna tecnocrazia di Bruxelles). Obiettivo: tirare a campare, in un’Italia sempre più precaria e impoverita, senza nessuna speranza nell’unica svolta politico-economica ormai drammaticamente indispensabile: la rottamazione della grande bugia neoliberista, del debito pubblico come colpa nazionale. «Il “fratello” Draghi si è ricordato delle sue origini, citando il New Deal di Roosevelt: senza un massiccio intervento statale, l’economia frana nella spirale della crisi». E’ la lezione di Keynes, oggi rispolverata dal fronte massonico progressista che si oppone alle restrizioni catastrofiche imposte con l’alibi del Covid, tra le mille opacità della gestione italiana della pandemia più strana e più sospetta della storia. Un disastro, per gli italiani. Ma per “Giuseppi”, una grande occasione.Il piccolo, oscuro “avvocato del popolo” – mai sentito nominare da nessuno, prima del 2018 – si è trasformato di colpo in mini-dittatore, miracolato dal coronavirus proprio quando il suo governicchio incolore stava per cadere. «Conte ha sbagliato tutto quello che poteva: ha agito in ritardo nel creare zone rosse e ha permesso la grande “fuga” dalla Lombardia contaminata, poi ha chiuso gli italiani in casa facendo crollare l’economia e in più li ha lasciati senza aiuti: c’è ancora chi aspetta la cassa integrazione». Su che pianeta vive, il Conte che l’11 giugno si è stupito di essere accolto in piazza al grido di “buffone”? Ci tiene proprio, a replicare le gesta delle varie Maria Antonietta della storia? Non si era accorto, che l’esaperazione popolare sta per esplodere? Cattive notizie, per “Giuseppi”: un sondaggio di inizio giugno svela che è Mario Draghi l’italiano che oggi riscuote più fiducia. «Credo che a volte la storia sia sarcastica, ironica, beffarda», commenta Magaldi. «Il Conte che convoca gli Stati Generali, richiamando la Francia del ‘700, non sa che quell’assemblea portò direttamente alla rivoluzione contro chi l’aveva convocata?».«La storia dell’appello agli Stati Generali non andrà a finire bene nemmeno stavolta», dice Magaldi in web-streaming su YouTube. Una pessima suggestione storica: «Chi li aveva convocati nel 1789 credeva di poter manipolare il popolo, fingendo di concedere una consultazione vasta per il bene collettivo: in realtà si volevano propinare le solite ricette, che non concedevano significative riforme – economiche, politiche e sociali». La storia si ripete? «A un sempre più stralunato Giuseppe Conte (e ai suoi consigliori ancor più stralunati, tanto per le questioni comunicative che per quelle economiche e legislative), quella storia avrebbe dovuto consigliare di scegliersi un altro titolo, per questa convocazione», aggiunge Magaldi. «Ma credo ci sia una sorta di “cupio dissolvi”: ognuno persegue il proprio destino – e questo vale anche per Giuseppe Conte e i suoi, che avranno un destino di disfatta. Dunque, se ci sono gli Stati Generali, andranno a finire come nel caso della Rivoluzione Francese. E’ davvero uno scivolone clamoroso: significa quasi attribuirsi in partenza un esito catastrofico, come quello degli Stati Generali parigini».Magaldi annuncia un ultimatim che il Movimento Roosevelt presenterà a Conte entro una decina di giorni: «Faremo una proposta precisa, facile da attuare in tempi brevissimi, per ognuno degli attuali ministeri: c’è bisogno di sostenere gli italiani, subito, con azioni chiare e immediate». Precisa Magaldi: «Noi siamo laici, non “tribali”: non ci interessa chi fa le cose che servono, l’importante è che le faccia». Conte? «Deve liberarsi – testualmente – di tutte le pervicaci e rapaci cazzate che vengono anche dal piano Colao». Privatizzare quel che ancora ci resta: «Tutte storie già viste, stroncate molto bene da Giulio Sapelli, ottimo economista italiano che tiene alta la fiaccola keynesiana: Sapelli ha ricordato che le proposte di Colao assomigliano alle cose che si insegnano nelle scuole per manager, mal digerite e certamente poco adatte alla realtà concreta». Se il governo si libererà «dalle elaborazioni irrisorie che verranno da questi Stati Generali», tanto meglio: «Non ci sarà bisogno, il 5 ottobre, di scendere in piazza». Il problema è anche come affrontarla, la piazza: Magaldi sta creando la Milizia Rooseveltiana, qualcosa che in Italia non sè ancora visto.«Sarà un teatro nonviolento ma fermo, scomodo e inflessibile nel denunciare quello che non va e nel proporre soluzioni ragionevoli». Milzia? Ovvio il riferimento, autoironico, al fascismo delle origini, specularmente capovolto a partire dallo slogan: “Dubitare, disobbedire, osare”, anziché “Credere, obbedire e combattere”. «Mobilitare il popolo è un’operazione complicata, difficile: la maggior parte dei manifestanti sono irrisori, nelle loro dimostrazioni di piazza». Magaldi pensa ai Gilet Arancioni di Pappalardo: «I media li sfottono, come se ormai fosse una follia il solo fatto di protestare civilmente. Ma gli obiettivi che indicano – riforme costituzionali, uscita dall’Ue e dalla Nato – richiedono decenni, a prescindere da come li si giudichi». Sul fronte opposto, c’è l’increscioso modello-Sardine: «Molto rumore per nulla: proposte irrisorie se non pericolose per la democrazia, come la pretesa della censura sui social per i ministri». Magaldi ha le idee chiare: «Non è più tempo di analisi, ma neppure di manifestazioni inutili: si sfila e si intonano cori, ma non si porta a casa niente. Vedrete: finiranno nel nulla anche le manifestazioni contro Trump».Da dove deriva, Magaldi, le sue sicurezze? Ovvio, dalle informazioni riservate di cui dispone: il back-office del grande potere, che oggi è spaccato in due. Da una parte il “partito del lockdown” e della polizia sanitaria, dall’altra i partigiani della democrazia. Gli uni hanno usato il sistema-Cina per forzare la mano e deformare l’Occidente, mentre i loro avversari hanno investito sul più impensabile degli alleati – l’orco Donald Trump – per sfrattare dai piani alti i supermassoni “golpisti”, travestiti da democratici. Esempi? I Clinton: Bill ha relagato i pieni poteri a Wall Street, stracciando il Glass-Steagall Act (voluto da Roosevelt mezzo secolo prima) che impediva alla finanza speculativa di mettere in pericolo in risparmio privato. Quanto a Hillary, ha orchestrato le bolle di sapone dei vari Russiagate, obbedendo al “partito della guerra”. Di mezzo c’è stata la strategia della tensione planetaria gestita, secondo Magaldi, dalla superloggia “Hathor Pentalpha” creata dai Bush: roba loro, l’11 Settembre. Bottino: il saccheggio del Medio Oriente, grazie all’alibi del terrosismo islamico.«Osama Bin Laden – ricorda Magaldi – fu reclutato da Zbigniew Brezisinski in funzione antisovietica ai tempi dell’invasione dell’Afghanistan. Quello che pochi sanno – aggiunge l’autore di “Massoni” – è che Bin Laden fu iniziato alla superloggia “Three Eyes”, la stessa di Brzesinki e Kissinger». Poi i Bush lo dirottarono nella “Hathor”, «che più tardi affiliò anche Abu-Bakr Al Baghdadi, a cui venne dato il compito di mettere in piedi l’Isis, le stragi in Iraq e in Siria, i sanguinosi attentati in Europa». Fu lì, dice sempre Magaldi, che la piramide del potere occulto iniziò a incrinarsi: allo stesso saggio “Massoni”, forte di 6.000 pagine di documenti riservatissimi, hanno contribuito “grandi pentiti” del fronte oligharchico. Massonicamente, Magaldi li comprende: «Se sei consapevole del fatto che è stata la tua organizzazione, a fondare la modernità a colpi di rivoluzioni, un bel giorno puoi anche pensare di farne quello che vuoi, del mondo che hai fabbricato». Grave errore: «Noi progressisti li chiamiamo contro-iniziati: hanno tradito l’impegno massonico, che è per il bene di tutti, non di pochi. La loro è una filosofia: si sentono appartenenti a una sorta di “aristocrazia dello spirito”, si credono gli unici autorizzati a decidere i destini dell’umanità».Per questo, Magaldi li definisce neoaristocratici: «Vorrebbero ereditare il potere assoluto dell’aristocrazia di un tempo, che proprio i massoni abbatterono – in Francia, peraltro, anche con il contributo di elementi della stessa aristocrazia, e persino del clero: le logge del ‘700 erano davvero interclassiste». Discorsi che potrebbero sembrare lunari, non avessimo di fronte un tizio come “Giuseppi”, che qualcuno continua a scambiare per un politico dotato di un qualche spessore, e che ora s’è messo in testa di convocare a settembre gli Stati Generali, come quelli che nel 1789 scavarono la fossa alla corte di Parigi. Magaldi è drasticamente esplicito: «C’è un lavoro possente, condotto ai piani alti: aspettatevi di tutto, nelle prossime settimane». Qualcosa, a dire il vero, s’è già visto: in tempo di pace, non sarebbero mai circolate intercettazioni come quelle che imbarazzano Renzi (i servizi italiani utilizzati per fabbricare prove false contro Trump per il Russiagate) e che travolgono il capo dell’Anm, Palamara, impegnato a trescare col Pd per tagliare le gambe a «quella merda di Salvini», in una palude maleodorante di favori. Ma il bello deve ancora arrivare, assicura Magaldi: crolleranno pezzi interi di establishment.La partita italiana ha rilievo mondiale, insiste Magaldi: solo da qui si può pensare di scardinare l’attuale euro-sistema, che lascia Conte in mutande e gli italiani in bolletta persino di fronte al Covid. «Il governo va incalzato con proposte che non potrà rifiutare: soluzioni ragionevoli, da attuare subito». Giorno per giorno, gli italiani vedono la reale dimensione del dramma: il Mes è un piccolo imbroglio, il Recovery Fund resta un miraggio. Serve qualcuno che, finalmente, prenda il toro per le corna e pretenda quello che ci spetta: miliardi, per uscire dal coma. E non solo: va sfidato, una volta per tutte, il regime bugiardo dell’austerity. Nessuna legge economica vita di metter mano a una super-spesa pubblica, in tempi di crisi. Occorre agire. Se non ora, quando? «Il 5 ottobre, se Conte non ci avrà ascoltato, scenderà in campo la Milizia Rooseveltiana», annuncia Magaldi. «Le nostre idee devono camminare sulle baionette (nonviolente) della nostra capacità rivoluzionaria, pacifica e gandhiana, che però si esercita in piazza».«Occorre mobilitare sempre più persone, in modo costante e veemente, che gridino il loro “basta”. Persone accigliate, severe. Persone che non hanno più voglia di ridere, perché c’è poco da ridere. Questo è un momento gravissimo, per le sorti dell’umanità e del popolo italiano». Non è più tempo di blog e video su YouTube, di manifestazioni innocue e velleitarie, di analisi acute e controcorrente. «Il punto vero è che poi, queste cose, devono diventano azione (nonviolenta), perché solo nell’azione ci si unisce, e si diventa popolo sovrano». L’azione vera – scandisce Magaldi – è quella di chi dice, «di fronte al potere, al popolo e a quei giornalisti che hanno ancora la schiena diritta», quali sono le cose che si potrebbero fare in uno, due o tre mesi. «La soluzione, oggi, non è nell’infinita analisi e nell’infinito racconto: arriva un momento, che è quello dell’azione». Per inciso: mezzo mondo sta osservando l’Italia, che finora a subito ogni imposizione ma sta cominciando ad agitarsi. Gli Stati Generali a settembre? Brutta storia: per Conte e Colao finirà malissimo, profetizza Magaldi. A una condizione: che a scendere in campo, finalmente, siano gli italiani. Non bastano, le élite democratiche: serve il popolo, per rivoluzionare la governance. Per chi non l’avesse ancora capito: la sgangherata Italia è l’epicentro di questo terremoto mondiale.E bravo “Giuseppi”: non lo sa che gli Stati Generali portano male a chi li convoca, specie se non è esattamente in buona fede? Nel 1789, in Francia, condussero velocemente alla Presa della Bastiglia: oggi il piccolo capo di questo Governo della Paura vuol proprio fare, il prossimo settembre, la stessa fine di Luigi XVI? «Anche noi lo aspetteremo al varco: ma anziché il 14 luglio, anniversario dell’inizio della Rivoluzione Francese, gli daremo tempo per meditare sull’ultimatum che riceverà entro una decina di giorni. Gliene chiederemo conto il 20 settembre, ricorrenza della Breccia di Porta Pia. E se non saremo stati ascoltati, scenderemo in piazza il 5 ottobre: data che ricorda la Marcia delle Donne, quando anche le cittadine francesi nel fatidico 1789 fecero rotta sulla reggia di Versailles per reclamare i loro diritti». Gioca con le date, Gioele Magaldi: ma il titolo del gioco è inequivocabile, si chiama rivoluzione. «Grandi cose accadranno, in questi mesi, dietro le quinte del potere: ci saranno botte da orbi, grazie alle manovre intraprese dalla massoneria progressista». Ma la notizia è un’altra: «Nessuna rivoluzione ha mai avuto successo, senza il determinante contributo del popolo».
-
De Bortoli: gli invidiosi incapaci ora attaccano la Lombardia
Ancora oggi mi sento un po’ appestato. Non esco da Milano. Rimango a casa il più possibile. Ascolto racconti di amici che sono andati fuori dalla Lombardia e sono stati accolti da battutine, insinuazioni, cattiverie. Alcuni hanno dovuto subire anche un cartellone che diceva: “Torna a casa tua”. Sono cose che mettono a disagio e feriscono le persone. Uno spirito anti-lombardo è emerso nel paese. Come se vedere colpita questa Regione, sempre definita un modello, anziché suscitare vicinanza, desse un piacere che i tedeschi definiscono con una parola precisa: “schadenfreude”, gioia per le disgrazie altrui. Non è più inaccettabile. Bisogna reagire. Dire basta. Credo che si tratti di un pregiudizio radicato, che ha moventi sociali, politici, economici. Come spesso accade con i pregiudizi, essi sono degli strumenti straordinari per costruire alibi. Ti consentono di non guardare dentro casa tua. Ti levano la fatica di misurare i risultati che hai raggiunto, confrontandoli con quelli altrui. La Lombardia e Milano rappresentano l’Italia che ce la fa nel mondo. Il paese che riesce a competere nella globalizzazione. Puntare il dito contro di esse, alleggerisce la coscienza di chi non è riuscito a fare altrettanto. Gli consente di non guardarsi allo specchio, scaricando tutta la responsabilità altrove.Anche la Lombardia ha commesso degli errori. Soprattutto, di comunicazione. La giunta farebbe bene a riconoscerli e spiegare perché li ha commessi. Io però – da lombardo – mi faccio anche un’altra domanda. Mi chiedo: perché siamo diventati antipatici? Credo che, a volte, siamo stati troppo orgogliosi dei nostri primati, esaltando le nostre virtù fino a sfiorare l’arroganza. Forse, abbiamo avuto anche un atteggiamento semi-colonialista, proiettando un’immagine di noi stessi che chiedeva un adeguamento ai nostri numeri. Senz’altro, abbiamo sbagliato qualcosa anche noi. Però la Lombardia è stata investita dal contagio con una violenza inusitata. Si è trovata di fronte un nemico che nessuno conosceva e, all’inizio, tutti abbiamo sottovalutato, incluso io. La giustizia deve andare sino in fondo, perché i familiari delle vittime e il paese devono conoscere la verità. Non si può però accettare la criminalizzazione preventiva che è stata fatta. Stiamo parlando di una terra che è stata martoriata, con decine di migliaia di morti. Dobbiamo avere rispetto. Un conto è capire cosa non ha funzionato. Un altro conto è alimentare processi sommari. Che sono inaccettabili.Le posizioni sbrigative e sprezzanti contro Milano e la Lombardia nascondono un’invidia sociale nei confronti di chi è stato sempre ritenuto migliore. Sta succedendo in Italia qualcosa di simile a quello che accade in Spagna con la Catalogna ed è successo in Gran Bretagna con Londra, ed è all’origine della Brexit: si detesta chi è più ricco, chi è riuscito a cavarsela nel mondo, chi ha espresso al meglio le proprie capacità. Perché non scatta, invece, l’emulazione? Perché bisognerebbe partire dal riconoscere le proprie mancanze, dandosi come obiettivo quello di colmarle. L’Italia, invece, è un paese di continui e incessanti dualismi. Quello tra Nord e Sud è uno dei più longevi. Negli ultimi anni, il dislivello si è tradotto in un risentimento del Sud verso il Nord. Infatti, già prima della pandemia, il ministro Provenzano aveva detto che Milano non restituisce nulla. Ora, questo rancore si è manifestato più platealmente. Dentro, ci vedo un disprezzo dell’impresa, una diffidenza nei confronti dell’industria, una rivincita della statalizzazione contro il mercato. Sottilmente, il liberismo viene ritenuto responsabile di quello che è successo. Non ci sono prove che sia così. Però lasciarlo intendere serve a proporre un ritorno al ruolo dello Stato, il cui luogo d’elezione naturale è Roma.Gli ospedali privati, in Lombardia, si sono dati da fare, come si sono dati da fare tutti. La solidarietà con il pubblico è scattata. Forse si può rimproverare un ritardo, ma non si può attaccare il privato in quanto privato, il modello lombardo in quanto lombardo. Dimenticando che ogni anno 165.000 persone vengono a curarsi qui da altre Regioni. In Italia, la sanità di sette Regioni è stata commissariata. Abbiamo visto malcostume, ruberie, cattive gestioni scaricate sulle spalle dei contribuenti. E ora il problema italiano sarebbe la sanità lombarda? Il pregiudizio anti-lombardo è radicato in una parte della sinistra italiana. Politicamente, Milano è percepita come la città di Craxi, di Berlusconi, di Bossi, ora di Salvini. È qualcosa di estraneo, che la sinistra non è mai riuscita ad afferrare fino in fondo. Anche Sala, che oggi è sindaco della città, è come se venisse da fuori, non facendo parte della tradizione Pd. C’è anche il fatto che la sinistra non ha mai parlato la lingua delle imprese piccole e grandi che costituiscono l’economia del Nord. Però, anziché interrogarsi sul perché, cercando di rimediare, oggi imbocca la scorciatoia della diffidenza.Ma non si può risollevare il paese coltivando un sentimento anti-industriale, sospettando chi intraprende e produce. La Lombardia vale il 22% del Pil italiano. Ha 54 miliardi di residuo fiscale, pur contando il 16% della popolazione nazionale. Come si fa a non capire che senza Milano e la Lombardia l’Italia non si metterà mai in piedi? Propongo una tregua. Sospendiamo le polemiche. Rimettiamo insieme il paese. Cerchiamo di comprendere cosa è successo, non per colpire l’uno o l’altro, ma per riparare gli errori e farci trovare pronti in autunno, se ce ne sarà bisogno. Nel frattempo, la giustizia farà il suo dovere. Quel che so – e che mi addolora – è che ci stiamo lasciando andare alle piccinerie. Alla volgarità di frasi come ‘Milano da bare’. Alla grettezza regionalistica. Tanti piccoli noi contro voi. Ma veramente vogliamo tornare ai pregiudizi? Al milanese bauscia, al ligure tirchio, al calabrese scansafatiche? C’è davvero qualcuno che crede che si possa uscire dall’angolo così?(Ferruccio De Bortoli, dichiarazioni rilasciate a Nicola Mirenzi nell’intervista “Nel paese c’è un inaccettabile spirito anti-lombardo”, pubblicata dall’”Huffington Post” il 7 giugno 2020. Milanese, giornalista e saggista, De Bortoli è stato per due volte direttore del “Corriere della Sera”, di cui oggi è uno dei principali editorialisti).Ancora oggi mi sento un po’ appestato. Non esco da Milano. Rimango a casa il più possibile. Ascolto racconti di amici che sono andati fuori dalla Lombardia e sono stati accolti da battutine, insinuazioni, cattiverie. Alcuni hanno dovuto subire anche un cartellone che diceva: “Torna a casa tua”. Sono cose che mettono a disagio e feriscono le persone. Uno spirito anti-lombardo è emerso nel paese. Come se vedere colpita questa Regione, sempre definita un modello, anziché suscitare vicinanza, desse un piacere che i tedeschi definiscono con una parola precisa: “schadenfreude”, gioia per le disgrazie altrui. Non è più inaccettabile. Bisogna reagire. Dire basta. Credo che si tratti di un pregiudizio radicato, che ha moventi sociali, politici, economici. Come spesso accade con i pregiudizi, essi sono degli strumenti straordinari per costruire alibi. Ti consentono di non guardare dentro casa tua. Ti levano la fatica di misurare i risultati che hai raggiunto, confrontandoli con quelli altrui. La Lombardia e Milano rappresentano l’Italia che ce la fa nel mondo. Il paese che riesce a competere nella globalizzazione. Puntare il dito contro di esse, alleggerisce la coscienza di chi non è riuscito a fare altrettanto. Gli consente di non guardarsi allo specchio, scaricando tutta la responsabilità altrove.
-
Lisi: App Immuni inutile e rischiosa, non in mano allo Stato
«Spiace dirlo, ma oggi l’App Immuni non serve a niente: intanto arriva tardi, quando ormai la pademia sta finendo. E per mappare in tempo reale la nostra salute ha bisogno di un sistema sanitario che verifichi i dati in tempo reale. Improbabile, in un paese che non è stato capace nemmeno di garantire a tutti le mascherine, quando c’era l’emergenza Covid». Una bocciatura senza mezzi termini, quella dell’avvocato Andrea Lisi, specialista in materia di privacy e presidente di Anorc Professioni, l’Associazione Nazionale Operatori e Responsabili della Custodia di contenuti digitali. Dal 2007, l’Anorc è un punto di riferimento nazionale per le aziende e i professionisti impegnati nel campo della digitalizzazione e protezione del patrimonio informativo e documentale in ambito pubblico e privato. In web-streaming su YouTube con Marco Moiso, vicepresidente del Movimento Roosevelt, l’avvocato Lisi stronca il dispositivo messo a punto da Bending Spoons, la cui sperimentazione è ora al via in alcune Regioni. «Secondo vari studi, tra cui quelli dell’università di Oxford – premette Lisi – per essere efficace, Immuni dovrebbe essere usata almeno dal 60% degli italiani, e quindi dovrebbe superare la diffusione di WhatsApp, che è l’applicazione più utilizzata nel nostro paese».Non solo: «Non basta scaricare Immuni, bisogna anche usarla attivando il Bluetooth. E lo stesso ministero della Difesa ci mette in guardia dal farlo, visto che il Bluetooth è facilmente hackerabile. La nostra Difesa consiglia di attivare il Bluetooth solo quando lo si usa: peccato che, per far funzionare Immuni, il Bluetooth dovrebbe essere costantemente acceso». E non è tutto: «Se anche moltissimi italiani usassero Immuni, l’operazione avrebbe senso solo a patto che i dati forniti sul proprio stato di salute venissero immediatamente verificati dal sistema sanitario, che oggi non pare in grado di assolvere a questo compito». Altro tasto dolente, per l’avvocato Lisi, l’incapacità dello Stato di dotarsi di un sistema autonomo per la diffusione dell’App: «Francia e Gran Bretagna si sono attrezzate creando dispositivi pubblici. Noi invece siamo costretti ad affidarci agli “store” di Apple e Google, di cui lo Stato non ha il controllo, e che già ospitano App ancora più invasive, nel tracciamento dei nostri dati: una prospettiva decisamente inquietante, per chi come me si occupa di trasparenza e tutela dei diritti in ambito digitale».Al netto delle buone intenzioni, aggiunge Lisi, «lo Stato finisce per diventare complice e addirittura schiavo dei grandi player privati», piegandosi alla loro logica commerciale. «Comincio a spaventarmi: significa che stiamo proprio cedendo tutto, ai grossi player, che di per sé abusano già della loro posizione di potere: Stati democratici come l’Italia dovrebbero riflettere, prima di piegarsi a questa sorta di resa, di fronte alla cessione di intere parti della nostra esistenza». Lisi critica anche la procedura «farlocca» per l’assegnazione della commessa: «Lo Stato non aveva le idee chiare sul prodotto che gli serviva. E ancora oggi siamo di fronte a una fase sperimentale, in cui i cittadini saranno cavie». Secondo il legale, «la nostra rassegnazione di fronte al digitale è dettata dall’ignoranza: nemmeno ci proviamo, a governare il sistema con normative serie: ed è sconcertante che lo Stato accetti di far gestire la sua applicazione per il coronavirus da multinazionali che già tracciano i cittadini, a loro insaputa, per scopi commerciali. O addirittura – come si è visto in questi giorni negli Usa – possono rivelare l’identità di chi partecipa a manifestazioni di protesta».Per definire meglio il dispositivo e il suo assetto giuridico, Andrea Lisi chiede al governo di avere un po’ di pazienza: «Ne abbiamo avuta tanta noi, durante il lockdown, e quindi la possono avere anche coloro che stanno sviluppando l’applicativo. Tra qualche mese, chiarito il ruolo di ciascun player, potremo verificare se quest’App è effettivamente utile per noi italiani. Speriamo che il governo riesca ad acquisire la piena titolarità almeno dell’App – conclude Lisi – perché quella degli “store” di Apple e Google non ce l’avrà mai. Quanto ai contratti con Apple e Google non li vedremo mai, perché non ci saranno: anzi, sarà il governo a bussare alla loro porta, timidamente, per chiedere a Apple e Google il permesso di posizionare la sua App nei loro “store”».«Spiace dirlo, ma oggi l’App Immuni non serve a niente: intanto arriva tardi, quando ormai la pademia sta finendo. E per mappare in tempo reale la nostra salute ha bisogno di un sistema sanitario che verifichi i dati in tempo reale. Improbabile, in un paese che non è stato capace nemmeno di garantire a tutti le mascherine, quando c’era l’emergenza Covid». Una bocciatura senza mezzi termini, quella dell’avvocato Andrea Lisi, specialista in materia di privacy e presidente di Anorc Professioni, l’Associazione Nazionale Operatori e Responsabili della Custodia di contenuti digitali. Dal 2007, l’Anorc è un punto di riferimento nazionale per le aziende e i professionisti impegnati nel campo della digitalizzazione e protezione del patrimonio informativo e documentale in ambito pubblico e privato. In web-streaming su YouTube con Marco Moiso, vicepresidente del Movimento Roosevelt, l’avvocato Lisi stronca il dispositivo messo a punto da Bending Spoons, la cui sperimentazione è ora al via in alcune Regioni. «Secondo vari studi, tra cui quelli dell’università di Oxford – premette Lisi – per essere efficace, Immuni dovrebbe essere usata almeno dal 60% degli italiani, e quindi dovrebbe superare la diffusione di WhatsApp, che è l’applicazione più utilizzata nel nostro paese».
-
Dal Fmi 400 miliardi a costo zero, però l’Italia non li vuole
Quando la Grecia nel 2010 entrò nel programma del Fondo Monetario, il suo rapporto debito-Pil era del 146%. L’Italia, fatte le debite differenze, quest’anno raggiungerà il 170%. Non lo possiamo certamente ridurre con l’avanzo primario tirando la cinghia. Bisogna parlare di come generare risorse addizionali. Siamo davanti a un shock unico nel suo genere. Come si dice in econometria, c’è un “regime change”. Il problema non è tanto e solo la fine del lockdown, ma quello che verrà fatto nei prossimi mesi. Servono due cose. La prima è incidere in modo sostanziale sulle aspettative di imprenditori e consumatori. La seconda è creare un parallelismo virtuoso, per nulla scontato, tra fine dell’emergenza sanitaria e riaperture. L’unicità di questa crisi dipende anche dal fatto che riaprire le attività commerciali non vuol dire che i consumatori andranno necessariamente a spendere, in assenza di aspettative più favorevoli. Gli strumenti messi in campo dal Decreto Rilancio? Non sono adeguati. Nei primi tempi della pandemia sono stati promessi aiuti a pioggia. Ma interventi di questo genere mi sembrano finalizzati a stabilizzare i consensi piuttosto che favorire la ripartenza nel medio termine. Per costruire quest’ultima occorre una strategia, che manca.Bisogna incidere sulle aspettative, dicendo chiaramente su quante risorse gli italiani possono contare, in quali tempi e a che condizioni. Ci dev’essere, poi, uno effetto shock sulle aspettative. Per semplificare: se metto nel sistema un euro, è un euro buttato; se ci metto un trilione, quel trilione agisce sulle aspettative, perché crea sicurezza intorno ai flussi di reddito che si materializzeranno nel futuro prossimo amplificandone l’impatto. Merkel e Macron hanno trovato un’intesa sul Recovery Fund: 500 miliardi di trasferimenti a fondo perduto dal bilancio Ue. Innanzitutto mi limito ad osservare che Austria, Olanda, Finlandia e Danimarca per ora si oppongono. Sono gli stessi paesi che finora hanno impedito l’accordo. E senza unanimità non se ne fa nulla. Un altro requisito chiave sono le dimensioni: di 100 miliardi in 100 miliardi non andremo da nessuna parte. E poi, ammesso che l’operazione riesca, che fondo sarà? Che tipo di condizionalità imporrà esplicitamente o implicitamente? Un fondo “emasculated”, come dicono gli americani, o che invece ha “grinta e denti”, sono due realtà completamente diverse. Come sarà il Recovery Fund non lo sappiamo e probabilmente occorrerà ancora parecchio tempo per capirlo.Il livello di cooperazione europea è molto importante, ma potrebbe non bastare. Molti dettagli del nuovo strumento sono ancora indeterminati, come quelli di altri strumenti europei. Un fatto è certo: i nostri spazi di finanza pubblica sono angusti e i debiti vanno sempre restituiti. Da dove cominciare? All’Italia serve una modernizzazione della propria economia. Una semplificazione della normativa ci consentirebbe di rilanciare le opere pubbliche e creare posti di lavoro. L’esempio virtuoso è il nuovo ponte di Genova: va riprodotto quel modello. La competitività dei paesi non si misura solo dal rapporto debito-Pil, ma anche dai giorni necessari per attivare i permessi regolamentari necessari, per accedere al credito, o per la risoluzione di una disputa contrattuale. Intervenire su questi parametri non necessariamente comporta l’esborso di risorse finanziarie; e oggi diventa ancora più urgente, visto che le nuove norme anti–Covid hanno l’effetto netto di aumentare ancor più il peso di burocrazie e codicilli sulle attività economiche, per le quali già il nostro paese vantava un considerevole primato.Insieme all’ex segretario al Tesoro britannico Jim O’Neill, io ho elaborato una proposta. Chiediamo che il Fmi emetta dei diritti speciali di prelievo (Dsp, Special Drawing Rights). Il “Financial Times” ha proposto di emettere Dsp per 1,250 trilioni di euro. Noi sviluppiamo una proposta per moltiplicare la capacità di questa allocazione. I Dsp sono assegnati ai paesi membri del Fmi sulla base delle quote detenute nella base di capitale del Fondo. All’Italia, con quota pari al 3,17%, andrebbero circa 40 miliardi di euro. Una cifra superiore alla linea di credito del Mes per la pandemia, e a condizionalità zero. Questi 40 miliardi si possono usare a garanzia per costruire un veicolo finanziario che a sua volta emette obbligazioni acquistabili da altri paesi, utilizzando le rispettive allocazioni di Dsp. Questo eviterebbe l’accumulo di ulteriori passività nel bilancio dello Stato.Prospettive di investimento per l’Italia? Se ipotizziamo un rapporto di leva finanziaria uno a cinque, l’Italia potrebbe aumentare la propria capacità finanziaria da miliardi a 200 miliardi di dollari. Gli altri paesi del Fmi sarebbero d’accordo? Serve l’accordo dell’85% dei paesi membri. Gli Usa, con il 17,45% delle quote, avrebbero potere di veto, ma difficilmente lo userebbero davanti al crollo dell’economia mondiale. Inoltre gli Usa potrebbero acquistare parte di queste obbligazioni senza pesare sul contribuente americano, ma usando parte delle allocazioni che il Tesoro Usa riceverebbe dall’emissione di Dsp. Perché agli investitori dovrebbe convenire sottoscrivere il veicolo? Si tratta di mobilizzare una “coalizione di volenterosi” tra quei paesi con maggiori riserve. Questi mobilizzerebbero parte delle allocazioni di Dsp ricevute per sottoscrivere le obbligazioni del veicolo. Così facendo, beneficerebbero di un interesse positivo, anche se non elevato, sulle loro sottoscrizioni, vedendosi remunerare la loro solidarietà. Ribadisco che utilizzerebbero le risorse addizionali liberate proprio attraverso l’emissione di Dsp, senza pesare sulla fiscalità generale e sui propri contribuenti.E la Cina? Con le sue ingenti riserve, potrebbe essere uno di questi paesi volenterosi, come del resto gli stessi Stati Uniti. Ripeto: non si tratta di chiedere regali, ma piuttosto attivare un meccanismo virtuoso con la creazione di nuove risorse che renda politicamente agevole il sostegno ai paesi maggiormente affetti dalla pandemia, come l’Italia. Che ruolo potrebbe avere la Bce? Potrebbe sottoscrivere parte delle obbligazioni del veicolo insieme ad altri soggetti istituzionali e sovrani. Quello sul Mes non è un reale dibattito. Mi è parso che si trattasse di ratificare una decisione già presa a priori e all’inizio della pandemia. L’impatto della crisi sull’economia italiana è così profondo e avvolgente che non si può arginare con un solo strumento, né il Mes né il nostro. C’è bisogno di più strumenti e della creazione di nuove risorse, che ogni paese dovrebbe o potrebbe coordinare secondo le sue specificità. Ecco, su questo è mancato un dibattito vero, a tutto tondo, nel nostro paese. Perché il governo non ha esplorato altre soluzioni? Questa è un’ottima domanda che giro a voi, fiducioso che interlocutori istituzionali possano raccoglierla.Che cosa mi lascia più perplesso? L’Italia ha chiesto un prestito Mes fino all’altro ieri, addirittura subordinando l’adesione alla scelta di Francia e Spagna. Come se accodarsi ad altri potesse garantire una sorta di immunità di gregge capace di diminuire l’impatto, in termini di responsabilità, associato al programma. Qui nascerebbero molte domande. Perché quei paesi si sono ritirati? L’Italia intende seguirli? Il Mes non era conveniente? Purtroppo, in Italia, si è teso a far coincidere, in modo puramente strumentale, la posizione a favore o contro il Mes come europeismo o anti-europeismo. Dovremmo allora concludere che anche Francia, Spagna, Grecia e Portogallo sono diventati anti-europeisti l’altro giorno, decidendo di non avvalersi del Mes? Io credo che si possa essere europeisti pur avendo qualche riserva su come gli aiuti esterni sono configurati. È vero, stando a come viene presentata, che la linea di credito anti-pandemica del Mes è a bassa condizionalità, per ora. Se a causa del crollo del Pil e del fardello dell’elevato debito pubblico i nostri fondamentali si deteriorassero, scatterebbero clausole di salvaguardia più impegnative. Che impatterebbero sulle tasche dei cittadini. Credo che questo andrebbe spiegato loro.(Domenico Lombardi, dichirazioni rilasciate a Federico Ferraù per l’intervista “Meglio i 200 miliardi (a costo 0) del Fmi che l’Italia non vuole usare”, pubblicata dal “Sussidiario” il 21 maggio 2020. Lombardi è stato un consigliere economico del Fmi).Quando la Grecia nel 2010 entrò nel programma del Fondo Monetario, il suo rapporto debito-Pil era del 146%. L’Italia, fatte le debite differenze, quest’anno raggiungerà il 170%. Non lo possiamo certamente ridurre con l’avanzo primario tirando la cinghia. Bisogna parlare di come generare risorse addizionali. Siamo davanti a un shock unico nel suo genere. Come si dice in econometria, c’è un “regime change”. Il problema non è tanto e solo la fine del lockdown, ma quello che verrà fatto nei prossimi mesi. Servono due cose. La prima è incidere in modo sostanziale sulle aspettative di imprenditori e consumatori. La seconda è creare un parallelismo virtuoso, per nulla scontato, tra fine dell’emergenza sanitaria e riaperture. L’unicità di questa crisi dipende anche dal fatto che riaprire le attività commerciali non vuol dire che i consumatori andranno necessariamente a spendere, in assenza di aspettative più favorevoli. Gli strumenti messi in campo dal Decreto Rilancio? Non sono adeguati. Nei primi tempi della pandemia sono stati promessi aiuti a pioggia. Ma interventi di questo genere mi sembrano finalizzati a stabilizzare i consensi piuttosto che favorire la ripartenza nel medio termine. Per costruire quest’ultima occorre una strategia, che manca.
-
L’inferno: microchip obbligatorio e vaccini imposti col Tso
Il vaccino è soltanto un passaggio intermedio. L’obiettivo finale non è il vaccino: perché, per quanti soldi si possano fare vaccinando 60 milioni di italiani, non è questo l’obiettivo finale. Certo i vaccini sono una cosa bellissima, per Big Pharma, perché non c’è niente di meglio che curare i sani, nella storia della medicina. Curare a pagamento dei sani è il meglio di qualsiasi business legato alla medicina post-ippocratica. Ma il vero problema è che il vaccino è soltanto una tappa intermedia, verso il pieno controllo bio-tecnologico e bio-politico dell’umanità, con tecnologie che mettano insieme la biologia e la biochimica con l’elettronica. Questo è l’orizzonte di senso a cui personaggi come Bill Gates e le sue aziende lavorano, ormai da molti anni. L’arricchimento della grande élite è secondario, è quasi un effetto collaterale. Il problema fondamentale è il controllo del sistema. Noi dobbiamo fare attenzione, per non cadere nella trappola e non apparire dei dietrologi, dei paranoici deliranti; dobbiamo vedere le cose, ognuna, “iuxta propria principia”. Quando gli Achei salpano per distruggere e conquistare Troia, sono mossi – come ci spiega bene Omero – da una gamma di desideri diversi.Agamennone vuole affermare la sua supremazia su tutti i regni della Grecia. Menelao vuole vendicare il tradimento della moglie, Elena, e recuperarla. Aiace vuole far vedere che è il più forte. Ulisse si piega, pure alla partenza, dovendo realizzare un suo progetto, che non si si risolverà neanche nell’Odissea. E Achille deve riaffermare la sua natura divina-umana. Cioè: sono tutti mossi da finalità diverse, come in fondo ci spiega questa grande epopea psicologica che è l’Iliade; ma tutti convergono su un obiettivo, che è la conquista e la distruzione di Troia. Anche nel nostro caso, evidentemente, ci sono molti interessi, diversi ma convergenti. L’interesse su cui convergono è il fatto di mettere l’umanità sotto controllo. Le ragioni per cui diversi soggetti debbano mettere l’umanità sotto controllo sono svariate, ovviamente. Qualcuno dovrà vendere i microchip per metterli sotto la pelle di tutti, qualcuno dovrà vaccinare tutti, qualcuno dovrà avere un sistema monetario che non risenta di capricci come quelli dei titoli-spazzatura e del problema della monetazione delle monete sovrane. Qualcuno dovrà distruggere ogni principio di sovranità nazionale, alla luce di un diabolico governo globale.Questi interessi convergono: così come nel caso dell’Iliade la distruzione di Troia, in questo caso l’interesse convergente è la distruzione di tutte quelle libertà (costituzionali, civili, giuridiche, individuali e collettive) su cui è nata la grande epopea sorta con la Pace di Westfalia, attraversando poi la Rivoluzione Inglese (quella delle Teste Rotonde), la Rivoluzione Americana di Washington, Franklin e Madison, la Rivoluzione Francese con i suoi esiti, arrivando fino ai Risorgimenti nazionali dell’800, per creare invece un ecumene tecnologico iper-controllato, governato da un’élite platenaria in cui si entra per cooptazione. E’ un disegno luciferino, che sembra marciare con un’agenda implacabile. Anche perché, su questo, convergono molti interessi inconfessabili. Quando oggi si dice, per esempio, che l’unico principio ispiratore, l’unico attrattore strano del caso, l’unico principio organizzatore generale di una società con 9 miliardi di uomini non può che essere la scienza, si perde di vista il fatto che non solo non esiste, una scienza con la S maisucola, neutrale, e non solo gli scienziati non sono gli efori, i sacerdoti della verità metafisica; ma ci sono mille interessi che convergono: quelli delle Big Pharma, di chi vuole mettere sotto controllo il mercato della salute, in tutte le sue implicazioni (il mercato della vita e della morte).E quindi è chiaro che, in questa situazione, non è del tutto scontato che non si possa prendere atto che il dottor Fauci, denunciato anche da sue collaboratrici, non sia guidato soprattutto dal tema dei brevetti dei vaccini o dalle case farmaceutiche, piuttosto che dagli interessi comuni della popolazione degli Stati Uniti d’America. Però, questo blocco storico (uso un termine gramsciano) è saldato in modo talmente forte, che queste idee – che possono sembrare un po’ dietrologiche e paranoiche – in realtà si saldano con un processo storico che è molto forte e molto chiaro. Nel piano della globalizzazione, del mondo senza frontiere, della finanza globalizzata dei Rothschild, dei Rockefeller, dei Soros e dei Bill Gates, è stata già stabilita una divisione internazionale del lavoro. All’estremo Oriente, alla Cina deve andare tutta la manifattura, che con la sua plusvalenza accumulata deve comprarsi il debito americano e la potenza anche militare degli Stati Uniti. L’Europa dev’essere ridotta a qualcosa che è una via di mezzo tra quel po’ di industria che rimane in Germania e un gerontocomio (o una pizzeria) come l’Italia; e comunque, essendo un continente invecchiato, l’Europa deve essere destinata all’afro-islamizzazione demografica, come già aveva preconizzato Oriana Fallaci una trentina d’anni fa.E in questo quadro, chiunque rappresenti un ostacolo dev’essere spazzato via come una formica, e spiaccicato. Non esiste più nessuna libera informazione: c’è un mainstream implacabile. Siamo arrivati al ricorso al Tso, per chi contesta il lockdown? Del trattamento sanitario coatto è sempre stato fatto un uso dovizioso in tutti i regimi, a partire da quello staliniano: se si rifiuta una società “perfetta”, o si è criminali o si è matti, perché si rifiuta il proprio bene. Quella del Tso “per il bene comune” è l’idea che sta alla base di questa filosofia del diritto. In Italia ci sono due modi per costringere qualcuno a subire il trattamento sanitario coatto: uno è psichiatrico e l’altro – guardacaso – è epidemiologico, infettivologico. L’isolamento e la quarantena obbligatoria per chi rischia di propagare una malattia è un intervento coatto, esattamente come il Tso psichiatrico, che viene applicato in modo arbitrario. Il Tso psichiatrico viene prescritto da un medico psichiatra, dipendente pubblico, e confermato da un secondo collega che ne recepisce la diagnosi. Poi deve essere ratificato entro 24 ore dal sindaco, quindi dal giudice tutelare.E’ chiaro che tutto questo implica qualsiasi arbitrio possibile: le ragioni per cui un soggetto possa essere considerato pericoloso a sé e agli altri sono infinite. Potrebbe essere qualcuno che brandisce un’ascia e vorrebbe fare a pezzi la nonna, ma potrebbe essere qualcuno che vuole suicidarsi gettandosi dalla finestra. O qualcuno che non vuole sottoporsi a una terapia, che a quel punto gli viene imposta con la forza. A Testimoni di Geova sono state imposte trasfusioni, col pretesto di salvare una vita. Se lo psichiatra arriva perché il paziente non vuole ricevere quello che è “buono, santo e giusto” per lui, siamo entrati in questa fattispecie. Ed è quella che, credo, verrà usata in modo sistematico: nel nome del pietismo, della filantropia, del benessere individuale e collettivo, e del bene supremo della salvezza della vita – che diventa qualcosa di assoluto, ipostatizzato e mitizzato, anche al di fuori di qualsiasi valutazione razionale. Cioè: se noi abbiamo un vaccino con cui ti puoi salvare da una malattia incombente e tu non te lo vuoi fare, tu non stai facendo il tuo bene; e quindi noi saremo costretti a ricoverarti in ospedale, foss’anche per 48 ore, praticarti il vaccino e poi dimetterti.Ho fatto il primario di psichiatra per tanti anni, e ho visto imporre trattamenti coatti a schizofrenici cronici: rifiutavano la terapia farmacologica, non gliela si poteva praticare in casa, e allora lo psichiatra del territorio (con la copertura dello psichiatra direttore del dipartimento ospedaliero di salute mentale) confermava il Tso anche con un ricovero tipo day hospital, lì veniva praticata l’iniezione – che ha una durata d’efficacia di tre settimane – e dopodiché il paziente veniva dimesso. Ecco: questo è il futuro che si prepara, per noi. Quindi, anche dentro la psichiatria, occorrerà una battaglia serrata. Ma purtroppo ho un’opinione veramente bassa dei miei colleghi, ormai per lo più ridotti a propagandisti di case farmaceutiche, pronti a vendersi anche la nonna per farsi una settimana di vacanza alle Maldive; pur di non perdere il primariato e i premi che ricevono da Big Pharma, saranno pronti a dire: «Ma come, non vuole fare il vaccino? Lei forse non sta bene, è depresso, ha un disturbo ossessivo-compulsivo; noi la ricoveriamo (anche soltanto per 48 ore) le facciamo il vaccino e poi la dimettiamo». Vedrete che finirà così.Conoscendo i miei mediocri colleghi, il Tso sarà uno strumento fortissimo. Su questo, bisognerà organizzare una linea di difesa anche giuridica, da subito, cominciando a castigare i primi che si prestano a fare i “bravi”, i poliziotti di questo sistema. Io mi candido a fare il perito d’accusa della parte civile. Sono a disposizione, gratuitamente, per colpire il primario di quel reparto, cercare di farlo destistituire e mettere in galera, se possibile. Sul caso di Palermo, facciamo subito un esposto in Procura e alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. O sinceriamoci che lo stiano già facendo: bisogna attaccare preventivamente, perché questi personaggi, che si mettono a disposizione del propagandista delle case farmaceutiche, non è che siano dei cuor di leone. Io li conosco bene, è gente che tiene famiglia: se capisce che il potere è una parte, si schiera; ma se capisce che dall’altra parte c’è un contropotere, si defila. Perché sono “minuta gente” manzoniana: è un “popol disperso” che non ha pace, non ha dignità. Basta fargli un “bau”, a volte, per spaventarli.Il problema però non è nemmeno il vaccino, in questo caso. Ci verrà inoculata una qualche sostanza nel momento in cui il Covid non farà più paura neanche a un gatto, perché avrà esaurito la sua funzione e la sua dimensione patogenetica. A un certo punto, per non andare in galera, non finire in manicomio o per non perdere il nostro lavoro, potremmo anche accettare di metterci nel corpo un po’ di acqua sporca, sperando che non ci faccia troppo male. Ma non è questo, l’obiettivo finale, credetemi: fosse tutto qui, sarebbe ancora poca cosa. L’obiettivo finale è la moneta unica platenaria, veicolata da un microchip, collegata alle nostre condizioni di salute. Microchip che tutti dovranno mettersi, come il segno dell’Apocalisse: l’elettrodo sulla fronte, o sotto la pelle della mano, senza il quale nessuno potrà né comprare né vendere (il Segno della Bestia, il 666). Non voglio apparire un mistico pazzo, ma credetemi: quello che si sta delineando è proprio questo. Moneta unica, sistema giuridico unico, salute unica. Tutto questo, per una società filantropica governata da quello che Soloviev definisce l’Anticristo, pacifico filantropo macrobiotico, vegetariano, ecologista, con Greta Thunberg come consulente.E’ un potere pervasivo, perfetto: che non ha bisogno dei nostri soldi, perché li stampa. Il problema è che, perché un sistema di controllo funzioni, di fronte a un capitalismo tradizionale, servono nuove soluzioni: intanto deve ridurre la popolazione mondiale, e poi ha bisogno di una società divisa in caste, come nel “Nuovo mondo” di Huxley, dove c’è un’élite di Alfa che non si vedono neppure. Serve una castizzazione della società che metta gli uomini in condizioni giuridiche, psicologiche e antropologiche diverse. Sotto gli Alfa invisibili ci sono i Beta che si vedono (i Soros, gli Zuckenberg, i Bill Gates), poi ci sono i Gamma, che sono gli esecutori politici (tipo il povero professor Conte, avvocato dello studio Alpa), e poi sotto ci sono i carabinieri, i lavoratori, gli impiegati dell’Agenzia delle Entrate, gli operai. E ancora più sotto ci sono gli Epsilon, che devono vivere con 600 euro al mese prendendosi solo il Soma, che è la droga dell’inebetimento.Questo, credetemi, è il disegno complessivo. Ed è un disegno ben pensato, perché tiene conto dell’ingovernabilità della complessità. L’unica forza che abbiamo non è l’opposizione consapevole, perché in questo siamo sicuramente perdenti. Dobbiamo sperare nelle leggi universali del caos. Il grande imperatore Carlo V, sul cui impero non tramontava mai il sole, dal Messico ai Balcani, dopo aver lasciato le colonie d’America e la Spagna al figlio Filippo II e l’impero asburgico a Ferdinando, si ritirò in un convento benedettino in Germania, dove la sua passione era far funzionare una trentina di orologi meccanici. E passò gli ultimi giorni della sua vita dicendo: «Quanto sono stato pazzo, a pensare di controllare tutti i popoli del mondo, quando non sono riuscito a far marciare insieme nemmeno 30 orologi». E’ su questo, che i luciferini del controllo potrebbero cascare. Una cellula impazzita è Trump, un’altra è Putin, altre ancora siamo noi che facciamo questi discorsi, facendoci passare per pazzi, contro i nostri interessi materiali, accademici, categoriali. Siamo noi stessi delle schegge impazzite: siamo sfide nella complessità. Mattoidi, quasi pronti per il Tso.(Alessandro Meluzzi, dichiarazioni rilasciate il 16 marzo 2020 nel dibattito “Alla ricerca della verità”, in diretta web-streaming sulla pagina Facebook di Leonardo Leone, con la partecipazione di Ugo Mattei e Massimo Mazzucco; il video è ora disponibile anche su YouTube. Notissimo psichiatra, nonché criminologo, saggista e accademico, Meluzzi – di formazione comunista – è stato poi deputato e quindi senatore eletto con Forza Italia nel 1994 e nel 1996. Massone, ha fatto parte del Grande Oriente d’Italia. Approdato al cristianesimo, è stato diacono cattolico di rito greco-melchita e poi presbitero della Chiesa ortodossa italiana autocefala, divenendone primate).Il vaccino è soltanto un passaggio intermedio. L’obiettivo finale non è il vaccino: perché, per quanti soldi si possano fare vaccinando 60 milioni di italiani, non è questo l’obiettivo finale. Certo i vaccini sono una cosa bellissima, per Big Pharma, perché non c’è niente di meglio che curare i sani, nella storia della medicina. Curare a pagamento dei sani è il meglio di qualsiasi business legato alla medicina post-ippocratica. Ma il vero problema è che il vaccino è soltanto una tappa intermedia, verso il pieno controllo bio-tecnologico e bio-politico dell’umanità, con tecnologie che mettano insieme la biologia e la biochimica con l’elettronica. Questo è l’orizzonte di senso a cui personaggi come Bill Gates e le sue aziende lavorano, ormai da molti anni. L’arricchimento della grande élite è secondario, è quasi un effetto collaterale. Il problema fondamentale è il controllo del sistema. Noi dobbiamo fare attenzione, per non cadere nella trappola e non apparire dei dietrologi, dei paranoici deliranti; dobbiamo vedere le cose, ognuna, “iuxta propria principia”. Quando gli Achei salpano per distruggere e conquistare Troia, sono mossi – come ci spiega bene Omero – da una gamma di desideri diversi.
-
L’ex Fiat pretende 6 miliardi da un paese che sta morendo
Fca chiede un mega-prestito di 6,3 miliardi di euro allo Stato. Gli Agnelli controllano “Repubblica” che ha una linea nettamente pro-Fca (basta vedere la lite tra il cdr e il direttore Molinari). Conflitto di interessi? Sono francamente sconcertato dalla vicenda Fiat e dalla richiesta di finanziamento allo Stato. Poi non so se in questo caso ci sia un conflitto di interessi, è l’eterna storia della Fiat che ha sempre usato i suoi giornali per fare lobbying e per curare i propri interessi. Quello che stiamo vedendo in questi giorni è solo un altro capitolo di una storia antica. Perché sono sconcertato dalla richiesta di finanziamento allo Stato? Quando un’azienda si sgancia dal paese portando il domicilio legale e fiscale all’estero vuol dire che non sopporta l’onere di essere italiana, però ne vuole i vantaggi e torna attraverso la banca che controlla in buona parte, Intesa San Paolo, e pretende un prestito dallo Stato. Poi l’alibi è che riguarda gli stabilimenti italiani.
-
Magaldi: Draghi dopo Conte, per salvare l’Italia dalla paura
Conto alla rovescia, per sfrattare Giuseppe Conte a furor di popolo. Lo annuncia Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, che preme per un governo di salvezza nazionale presieduto da Mario Draghi, con un unico obiettivo: mettere l’economia italiana in terapia intensiva, prima che sia troppo tardi. «I negozi erano vuoti già prima dell’emergenza: figurarsi adesso, che devono restare vuoti per legge. Le attività economiche salteranno: non se ne rende conto, questo governo?». A ricordarglielo provvedono iniziative “rooseveltiane” come il servizio di Sostegno Legale: avvocati gratis per i cittadini che si ritengono vittime di ingiuste sanzioni, subite durante il lockdown. Non solo: Magaldi non esclude azioni legali per chiedere risarcimenti: «Non si possono chiudere le attività economiche, lasciando i lavoratori senza veri aiuti finanziari: quelli di Conte, finora solo promessi, sono una miseria. Spiccioli fuori tempo massimo e soprattutto aria fritta, aiuti immaginari: credito oneroso, che le banche neppure concedono». A mettere sotto pressione la politica sarà anche la Milizia Rooseveltiana, formazione prossima al debutto, nelle piazze: «Sarà un “teatro” nonviolento ma determinato, per rispondere all’ignobile “teatro” che Conte ha imposto agli italiani, con misure restrittive che hanno devastato l’economia senza incidere sul contenimento del coronavirus».Lo confermerebbero i dati: secondo Magaldi, «la situazione italiana è paragonabile a quella di paesi come Svezia, Belgio e Svizzera, che si sono ben guardati dall’imporre un lockdown all’italiana». Per il presidente del Movimento Roosevelt, «è venuto il momento di pretendere che lo Stato di diritto funzioni, con le buone o con le cattive: e per “cattive” intendo una mobilitazione costante e nonviolenta di cittadini organizzati e disciplinati, che sanno quello che vogliono e che inizieranno a lanciare un ultimatum al governo Conte, perché cominciano ad averne abbastanza». Quella che Magaldi annuncia è una “lunga marcia”, a oltranza: «Ci attende una rivoluzione, è venuto il momento di agire: vogliamo presentare le nostre richieste al governo e lottare fino alla fine, fino all’ottenimento dei risultati necessari a cambiare le cose con lungimiranza». Come? Nel modo che Draghi ha spiegato a marzo, nella sua lettera al “Financial Times”: ingenti aiuti di Stato, a fondo perduto. Obiettivo: azzerare il paradigma dell’austerity finanziaria neoliberista. Per avere quei soldi serve un cambio di sistema, e Conte non ne è all’altezza. «L’alternativa, del resto, non esiste: continuare con l’attuale rigore vorrebbe dire condannare l’Italia all’agonia economica o cedere al sistema-Cina, da cui in questo frangente abbiamo pericolosamente mutuato l’autoritarismo assoluto».Attenzione: «Come previsto, la Cina è l’unica potenza a uscire indenne dalla tragedia Covid, “provvidenziale” per resuscitare la sua immagine dopo l’umiliazione inflittale da Trump per mettere un argine alla sua subdola espansione: la Belt and Road Initiative spesso diventa uno strangolamento debitorio, per i paesi coinvolti». Tutto questo, secondo Magaldi, «ci deve far riflettere sulla matrice, sui mandanti della vicenda: è stata dolosa? E in quali momenti? Certamente c’è qualcuno che ci ha guadagnato molto, e questo qualcuno è il sistema cinese, a cui è stato permesso di entrare nel grande gioco della globalizzazione ma senza democratizzarsi». E oggi, aggiunge Magaldi, in Cina la libertà è concessa “a punteggio”, in base al comportamento filogovernativo dei cittadini, strettamente monitorati: «Uno stile a cui tendono ad avvicinarsi le misure adottate in Italia». Democrazia azzerata, economia a pezzi: un disastro epocale. «Nel frattempo, le scimmiette al governo si azzuffano tra loro, non portano soluzioni, deludono le aspettative dei cittadini? Molto bene: aspettiamo che la delusione arrivi al giusto punto di cottura, e poi ci libereremo a calci nel culo di questi signori», avverte Magaldi, sicuro del fatto che a essere chiamato a Palazzo Chigi sarà proprio Draghi, «quando finalmente si capirà che a gestire una situazione come questa non possono essere i Conte, gli Speranza e i Di Maio, tutti figuranti mediocri e inetti».Il presidente del Movimento Roosevelt scommette su «un governissimo a tempo limitato, con alcune cose da fare». Dopodiché, «se Draghi avrà saputo dare concretezza alle cose che ha detto», lo stesso ex numero uno della Bce potrebbe diventare presidente della Repubblica, carica da cui «continuare un’opera di trasformazione radicale del paradigma economico vigente in Italia e in Europa». Secondo Magaldi, Draghi sarà richiamato in servizio «quando i governanti e i partiti avranno il coraggio di ammettere che sono incapaci di trovare un degno rappresentante anche nei consessi internazionali». Nel frattempo, «forse, il popolo italiano (anche radunato nella Milizia Rooseveltiana) potrebbe fare pressione, perché gli attuali governanti se ne vadano». Magaldi li definisce «mascalzoni o piacioni inconcludenti, o addirittura semi-delinquenti: perché poi diventa delinquenza, quella di chi sequestra un paese, senza avere titolo né capacità di governare». Avverte il presidente “rooseveltiano”: «Se poi non se ne vogliono andare, dobbiamo cacciarli a calci in culo, con democratiche manifestazioni di piazza, pacifiche e nonviolente».Conto alla rovescia, per sfrattare “Giuseppi” a furor di popolo: è lo stesso premier a mettersi nei guai, giorno per giorno, rivelando l’inconsistenza assoluta di un governo incapace di sostenere l’economia italiana, dopo averla paralizzata col pretesto del Covid. A grandi passi, di disastro in disastro, sembrano maturare le condizioni per l’avvento di Mario Draghi, ieri grande stratega dell’ordoliberismo eurocratico, ma ora riconvertitosi – clamorosamente – alla filosofia keynesiana. Obiettivo: mettere l’economia italiana in terapia intensiva, prima che sia troppo tardi, con robustissimi aiuti statali a fondo perduto. Servono tanti soldi, centinaia di miliardi: e non è certo il povero Conte a poterli trovare. Occorre qualcosa di rivoluzionario: una svolta che sbaracchi l’attuale sistema Ue, capace solo di produrre crisi. Lo si vede benissimo, oggi più che mai: nessun aiuto all’Italia, a parte il quantative easing della Bce, neppure di fronte alla pandemia. L’unica minestra dell’euro-menù sarebbe il cappio del Mes? Se poi ci si mette anche il Conte-bis, la catastrofe è dietro l’angolo: «I negozi erano vuoti già prima dell’emergenza: figurarsi adesso, che devono restare vuoti per legge. Moltissime attività economiche salteranno: se non se ne rende conto, questo governo, a ricordarglielo saranno gli italiani». E’ così, infatti, che Conte e colleghi si stanno scavando la fossa.