Archivio del Tag ‘governo’
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Fukushima, Tokyo ammette: il rischio-apocalisse è adesso
Era tutto vero: il pericolo Fukushima comincia solo adesso e il Giappone non sa come affrontarlo. Le autorità hanno finora mentito, ai giapponesi e al mondo intero: Fukushima era una struttura a rischio, degradata dall’incuria. Un impianto che andava chiuso molti anni fa, ben prima del disastro nucleare del marzo 2011. Da allora, la situazione non è mai stata sotto controllo: la centrale non ha smesso di emettere radiazioni letali. Tokyo finalmente ammette che, da mesi, si sta inquinando il mare con sversamenti continui di acqua radioattiva, utilizzata per tentare di raffreddare l’impianto. Ma il peggio è che nessuno sa esattamente in che stato siano i reattori collassati: si teme addirittura una imminente “liquefazione” del suolo. L’operazione più pericolosa comincerà a novembre, quando sarà avviata la rimozione di 400 tonnellate di combustibile nucleare. Operazione mai tentata prima su questa scala, avverte la “Reuters”: si tratta di contenere radiazioni equivalenti a 14.000 volte la bomba atomica di Hiroshima. Enormità: bonificare Fukushima – ammesso che ci si riesca – richiederà 11 miliardi di dollari. Se tutto va bene, ci vorranno 40 anni.
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Bagnai: chi svende l’Italia fa un regalo alle banche estere
Italia svendesi: Enel, Eni, Finmeccanica. Tra i “gioielli di famiglia” che potrebbero essere ceduti, il presidente della Cassa Depositi e Prestiti, Franco Bassanini, include anche l’Ansaldo. Svendere i pezzi pregiati della nostra industria strategica: operazione sensata? «Dal punto di vista economico, no», risponde Alberto Bagnai, economista dell’università di Pescara: «Il tentativo di abbattere il debito tramite la cessione di attività pubbliche si è sempre rivelato un fallimento: ogni volta che si è proceduto in questa maniera, lo stock di debito non è stato sensibilmente intaccato; in compenso, lo Stato si è privato di una importante fonte di entrate». È evidente, aggiunge Bagnai, che se un’azienda viene ceduta all’estero (il governo Letta infatti parla di “afflusso di capitali esteri”) i suoi profitti andranno fuori dall’Italia. Lo ha ammesso persino Romano Prodi, regista delle prime grandi svendite degli anni ’90.
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Strategia della tensione: l’ombra della violenza-fantasma
«Attorno alla Tav ci sono anche vicende torbide: siamo convinti che non tutti gli attacchi di questi mesi siano riconducibili a persone che fanno parte del movimento». Con queste parole è il sindaco di Venaus, Nilo Durbiano, a evocare il pericoloso clima della strategia della tensione, dopo i recenti incendi notturni che a Bussoleno, Salbertrand e Gravere hanno colpito aziende coinvolte nel cantiere di Chiomonte. Tra le “vicende torbide” a cui Durbiano fa riferimento, probabilmente, ci sono anche i 12 attentati incendiari e dinamitardi che già nella seconda metà degli anni ’90 scossero la valle di Susa, rivendicati da strane sigle come “Lupi grigi” che spinsero i media a parlare di “eco-terroristi”. In carcere finirono – e morirono – i due giovani anarchici “Sole e Baleno”, Edoardo Massari e Maria Soledad Rosas, poi riconosciuti estranei agli attentati, sui quali peraltro non è mai stata fatta piena luce. Fantasmi che tornano tristemente d’attualità, nel clima di scontro che oppone i No-Tav e i promotori dell’opera, senza che la politica si sia ancora degnata di spiegare la presunta necessità di realizzare la contestatissima Torino-Lione.
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Foa: disastro Obama, in mano a un’élite avida e miope
A quanto pare l’intervento militare in Siria non ci sarà, almeno per ora. Ed è un bene: prevale la ragione. Ma la vicenda resta inquietante. Chi segue questo blog sa cosa pensi di Obama: sin dall’inizio – addirittura già durante campagna elettorale del 2008 – espressi, in quasi assoluta solitudine, il mio scetticismo sulla statura politica di un presidente che veniva salutato come il Messia di un Mondo Migliore e più Giusto. Oggi non posso che ribadire il mio giudizio: non è uno statista, non è il Salvatore. Quel che è emerso in queste settimane, però, rivela un disagio e, verosimilmente, un’inettitudine, che non riguarda solo Obama ma l’élite che lo attornia e che di fatto governa l’America. Fino a pochi anni fa, la Corte dei consiglieri era composta da personalità con cui si poteva o meno essere d’accordo, ma che erano indubbiamente dotate di un’intelligenza, di una preparazione, di una raffinatezza intellettuale superiori alla media. Molto ciniche, all’occorrenza, ma in grado di contrastare e alla fine sconfiggere l’Unione sovietica e, soprattutto, i cervelli piû raffinati del Kgb.
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Berlusconi affondato perché voleva portaci fuori dall’euro
Comincio a pensare che la Bce non sia una banca centrale, ma la vera sede del governo italiano, visto le sempre maggiori conferme che giungono in tal senso. L’ultima, a dir poco inquietante, è contenuta nel nuovo libro dell’ex membro del consiglio esecutivo dell’Eurotower, Lorenzo Bini Smaghi, “Morire di austerity”. Ovvero, nell’ottobre-novembre 2011 Silvio Berlusconi stava seriamente ponendo in essere un piano per far uscire l’Italia dall’euro, ragione che portò al suo immediato allontanamento da Palazzo Chigi per volontà dei “gendarmi” dell’Eurozona. A seguito, «nel 2011 l’Italia aveva formulato dei piani per uscire dall’euro» (Ambrose Evans-Pritchard, blogs.telegraph.co.uk). Nello specifico, il Cavaliere avrebbe discusso del ritiro italiano dalla moneta unica durante meeting privati con altri governanti europei, con ogni probabilità Angela Merkel e Nicolas Sarkozy.
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Via le banche dalla Cdp, quei soldi sono il nostro futuro
Il 14 giugno del 2011 oltre 26 milioni di italiani dichiarano che l’acqua non deve sottostare alle leggi del mercato, chiedendone una gestione pubblica e partecipata. A due anni di distanza poco o nulla è stato fatto. Il ritornello è sempre lo stesso: non ci sono i soldi. La crisi colpisce, dobbiamo accettare sacrifici e piani di austerità per rimettere in sesto i conti pubblici. Ma è proprio vero che i soldi non ci sono? La Cassa Depositi e Prestiti è l’ente che raccoglie il risparmio di milioni di italiani tramite i libretti di risparmio e i buoni fruttiferi delle Poste Italiane. Una raccolta che supera i 230 miliardi di euro, con una liquidità di oltre 140 miliardi. Per decenni la Cassa, sotto il diretto controllo del ministero del Tesoro, ha avuto il compito principale di sostenere gli enti locali per investimenti di lungo periodo, in particolare tramite prestiti a condizioni favorevoli rispetto ai tassi di mercato.
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Debito pubblico insostenibile? Non certo per colpa nostra
Notizia sensazionale: il debito pubblico italiano non è più ripagabile, perché ormai supera i 2.000 miliardi di euro, oltre il 130% del Pil. Per assorbirlo, l’Italia dovrebbe fare due cose, entrambe estreme: non fare più deficit (assoluto pareggio di bilancio: parità tra spesa pubblica e introito fiscale) e in più varare, per molti anni, ulterori manovre “lacrime e sangue” da 100 miliardi l’anno, irrealistiche perché palesemente insostenibili. «La verità che nessun politico è disposto ad ammettere è che il debito pubblico italiano non è più ripagabile», avverte Marcello Foa. Ma c’è di peggio. La tragedia è che nessun politico – parafrasando Foa – è disposto ad ammettere che il debito pubblico non dovrebbe mai essere un problema, essendo infatti il vero “mestiere” dello Stato: che solo attraverso il deficit – la spesa pubblica, o spesa a deficit positiva – può continuare a pagare stipendi a medici e insegnanti e costruire strade, ferrovie, scuole e ospedali, cioè strutture e servizi avanzati senza cui non potrebbe vivere neppure l’economia di mercato.
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Zero prove nel ridicolo dossier-Siria presentato da Obama
Solo sospetti, senza uno straccio di prova. Motivo: i siriani le avrebbero cancellate, bombardando a lungo, nelle ore seguenti, i quartieri di Damasco che sarebbero stati attaccati con armi chimiche il 21 agosto. Il governo Obama «valuta altamente probabile» che il regime di Assad abbia sferrato l’attacco, dichiara di avere indizi precisi ma rifiuta di diffonderli per «proteggere le fonti». Fine. Altro non ha dire, l’amministrazione che – sulla base di queste scarne note – pretende di coinvolgere il mondo in una guerra pericolosa, fondata sulla propaganda e sull’ipocrisia oltre che sulla menzogna: il regime di Washington infatti continua a definire “opposizione” le milizie che ha reclutato, armato e addestrato sul campo, da almeno due anni, con l’obiettivo di rovesciare il governo di Damasco trasformando in sanguinosa guerra civile l’iniziale rivolta democratica e pacifica dei cittadini siriani ostili al potere autoritario di Assad.
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L’intrepido Albanese, nell’Italia devastata dalla crisi
«Leggo recensioni perplesse de “L’intrepido”, il film di Gianni Amelio con Antonio Albanese, in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Ho la netta impressione – dice Gad Lerner – che il fastidio non dipenda dalla maggiore o minore qualità del film, ma dalla domanda imbarazzante che esso solleva». Il protagonista è un lavoratore precario che accetta tutto, ma proprio tutto: «Cambia continuamente lavoro facendo il tappabuchi». E così, lo imbrogliano ogni giorno: «Lo fregano su paga, normative, orari, fatica». E lui? «Sopporta. Non si ribella mai». Dunque, “non c’è trama”. «Ma proprio questo è il punto. L’Italia è un paese con tassi di disoccupazione elevatissimi, in cui i rapporti di lavoro precari hanno superato fra i nuovi assunti quelli regolari. I giovani che non trovano lavoro sono il 40%. Ce n’è due milioni abbondanti che né studiano né lavorano. Ebbene, con tutto questo, com’è che non scoppia una rivoluzione?».
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Ma Letta che fa, lascia o raddoppia? E chi se ne frega
Ma allora il governo Letta che fa, cade insieme a Berlusconi o tira avanti? Risposta: non ce ne può fregare di meno – del governo Letta, e anche di quello che verrà dopo, fosse pure guidato dal giovane Renzi. Tanto, non sono loro a decidere, si limitano a prendere ordini: quelli che il Cavaliere – amico di Gheddafi e di Putin – non era sempre così propenso ad eseguire, nei ritagli di tempo tra affari, processi e le “cena eleganti” di Arcore. Quisquilie, comunque, di fronte al dramma: l’Italia è totalmente in mani straniere. Al punto che, con questa offerta politica, i cittadini potrebbero fare a meno di votare. Prima Bersani, il Nulla fatto a candidato, e ora il sindaco di Firenze, a fronteggiare – si fa per dire – la corte del vecchio Silvio. Ma è solo teatro. I diktat sono a monte, a prescindere: non possiamo spendere più un soldo di nostra iniziativa, siamo controllati al centesimo. E spediti in guerra, pure, su inziativa del Sommo Potere Egemone. Idee ormai ricorrenti, rarissime però da ascoltare in televisione. A colmare la lacuna, per una volta, provvede Roberto D’Agostino.
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Barnard: la guerra in Siria spiegata alla signora Pina
Prima cosa da capire: nelle forze dei principali Stati coinvolti – cioè Usa, Gran Bretagna, Francia, Russia, paesi del Golfo Persico, Israele, Iran, Libano, Iraq, Turchia e naturalmente Siria – non esistono i “buoni”. Sono tutti – sia che si tratti di forze ufficiali o di ribelli – dei figli di puttana con fiumi di sangue sulla coscienza. Quindi dimentichiamoci che ci sia qualcuno di decente con cui bene o male allearsi. Seconda cosa: tutti i paesi e i popoli musulmani del Medioriente sono caratterizzati da una divisione religiosa fondamentale, assolutamente cruciale. La divisione fra musulmani sunniti e shiiti. I Sunniti odiano gli Shiiti, e vice versa. Sono cane e gatto. In Siria la maggioranza è Sunnita. In Libano sono divisi fra Sunniti e Shiiti. In Iraq uguale. I Paesi del Golfo Persico sono Sunniti. L’Iran è tutto Shiita. In Israele, i palestinesi sono Sunniti.
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Lordon: la moneta salva-Europa che la sinistra non vuole
La sinistra europea è direttamente responsabile del crimine contro la democrazia chiamato Eurozona, organizzato per conto delle élite che avevano un unico obiettivo: far sparire la sovranità popolare dal vecchio continente, precipitandolo in una crisi inaudita, in cui il lavoro scarseggia e i diritti diventano un lontano ricordo. E’ la conclusione cui perviene l’economista francese Frédéric Lordon, che indica una via d’uscita possibile: al posto dell’attuale “moneta unica”, per superare la crisi servirebbe una “moneta comune” europea, governata in modo sovrano dalle banche centrali nazionali e non convertibile all’esterno se non attraverso «una nuova Bce», che non avrebbe più potere in materia di politica monetaria, ma fungerebbe solo da “ufficio cambi” per le transazioni internazionali tra le nuove “euro-monete” e le altre valute mondiali, come il dollaro.