Archivio del Tag ‘golpe’
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Appello eversivo ai grandi elettori: negate il voto a Trump
I grandi elettori non sono obbligati a convalidare per forza l’elezione popolare di Trump, il 19 dicembre: questo il “golpe parlamentare” a cui mira “Change.org”, che sull’onda delle oceaniche proteste di piazza in alcune grandi città come New York ha già ottenuto due milioni di firme per sostenere la sua petizione eversiva. Obiettivo: annullare il risultato delle elezioni e ribaltarlo, consegnando la vittoria a Hillary Clinton. «Negare a Trump l’incarico che ha ottenuto, come esorta a fare “Change.org”, rasenterebbe l’insurrezione: forse darebbe il via ad un’agitazione nazionale e allo spargimento di sangue nelle strade», scrive un osservatore indipendente come Stephen Lendman su “Global Research”, l’osservatorio canadese per i diritti politici fondato dal professor Michel Chossudovsky. La situazione è dunque pericolosissima: da un lato l’establishment sta lottando per paralizzare Trump dall’interno, imponendogli i suoi per gli incarichi-chiave, e dall’altro spinge apertamente perché sia cestinato il voto elettorale, rifiutando di riconoscere la vittoria di Trump, cioè della democrazia. A rischio la tenuta del sistema civile, negli Usa?«“Change.org” è un’impresa a scopo di lucro, non una Ong, e svia i suoi sostenitori usando il dominio “org” invece di quello “com”, come dovrebbe fare», scrive Lendman nella sua analisi, tradotta e ripresa da “Come Don Chisciotte”. Questa organizzazione tutt’altro che trasparente «fa affari facendo firmare petizioni alle persone, vendendo nel contempo spazi pubblicitari e dati personali per incrementare i profitti». E ora ha già raccolto quasi due milioni di firmatari, che chiedono al collegio elettorale americano «di far diventare presidentessa la dea della guerra, truffatrice e spergiura Hillary, annullando l’elezione di Trump». Continua Lendman: «La democrazia in America è pura fantasia, e “Change.org” vuole danneggiarla più di quanto non sia già danneggiata». Ecco quello che chiede: “Il 19 dicembre gli elettori del collegio elettorale esprimeranno le loro preferenze, e se voteranno tutti nel modo in cui hanno votato gli Sstati che rappresentano, Donald Trump vincerà. Tuttavia – aggiunge il testo – possono votare per Hillary, se vogliono: perfino negli Stati in cui questo non è permesso, il loro voto verrebbe comunque contato». I trasgressori “pagherebbero semplicemente una piccola sanzione, sanzione che i sostenitori della Clinton saranno sicuramente lieti di pagare!”.Per cui, “Change.org” chiede ai grandi elettori di “ignorare i voti dei loro Stati ed esprimere la loro preferenza per il Segretario Clinton”. La falsa Ong «dice che Trump non è adatto a fare il presidente, al contrario di Hillary, citando una vasta gamma ragioni espresse dalla propaganda anti-Trump». Lendman cita, al riguardo, la “National Archives and Records Administration”: durante la storia degli Stati Uniti, “più del 99% degli elettori ha votato come promesso”, ovvero per il vincitore del voto popolare negli Stati che rappresentano. “Non ci sono clausole costituzionali o leggi federali che chiedono agli elettori di votare in accordo col voto popolare, solo alcuni Stati hanno richieste simili”. Di fatto, però, solo il Nebraska e il Maine non seguono la regola “il vincente si prende tutto”. «Se nessun candidato riceve la maggioranza dei voti degli elettori – precisa Lendman – i membri della Camera dei Rappresentanti scelgono il presidente fra i tre candidati che hanno ricevuto più voti, e in questo caso ogni Stato ottiene un voto». E oggi, sbarrare a Trump la via della Casa Bianca significherebbe gettare l’America nel caos, sull’orlo di un’insurrezione fuori controllo.«Trump non sarà un presidente del popolo», secondo Lendman, anche perché «nessuno dei precedenti leader della storia americana lo è stato: non lo sono stati né Washington, né Jefferson, né Lincoln, né i due Roosevelt; solo John F. Kennedy ci è andato vicino, ma è stato assassinato dalla Cia per aver fatto la cosa giusta». Per Lendam, comunque, chi punta sulla sedizione sarà sconfitto: «Trump si insedierà il 20 gennaio come 45° presidente degli Stati Uniti». Non sarà il miglior presidente possibile, ma intanto «ha salvato il mondo dal possibile flagello di una guerra nucleare», conflitto suicida «che Hillary avrebbe scatenato nel caso lo avesse sconfitto». Lendman crede nella svolta in politica estera annunciata da Trump: «Il suo desiderio di relazioni migliori con la Russia è il segnale più promettente di relazioni geopolitiche americane possibilmente migliori di quelle che abbiamo adesso col partito della guerra al comando. E Hillary, suo membro di spicco in qualità di first lady, senatrice americana, segretario di Stato e due volte aspirante presidente, ora è politicamente morta: che rimanga tale!». Un’ultima domanda: «Chi ha pagato “Change.org” per far circolare questa petizione: la Convention nazionale democratica o gli organizzatori della campagna di Hillary Clinton?».I grandi elettori non sono obbligati a convalidare per forza l’elezione popolare di Trump, il 19 dicembre: questo il “golpe parlamentare” a cui mira “Change.org”, che sull’onda delle oceaniche proteste di piazza in alcune grandi città come New York ha già ottenuto due milioni di firme per sostenere la sua petizione eversiva. Obiettivo: annullare il risultato delle elezioni e ribaltarlo, consegnando la vittoria a Hillary Clinton. «Negare a Trump l’incarico che ha ottenuto, come esorta a fare “Change.org”, rasenterebbe l’insurrezione: forse darebbe il via ad un’agitazione nazionale e allo spargimento di sangue nelle strade», scrive un osservatore indipendente come Stephen Lendman su “Global Research”, l’osservatorio canadese per i diritti politici fondato dal professor Michel Chossudovsky. La situazione è dunque pericolosa: da un lato l’establishment sta lottando per paralizzare Trump dall’interno, imponendogli i suoi uomini per gli incarichi-chiave, e dall’altro spinge apertamente perché sia cestinato il voto elettorale, rifiutando di riconoscere la vittoria di Trump, cioè della democrazia. A rischio la tenuta del sistema civile, negli Usa?
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Media bugiardi, rottamati dal voto degli americani
Puoi imbrogliare qualcuno una volta, ma non puoi fregare sempre tutti. Un vecchio adagio, su cui ora sorride, imperscrutabile e beffarda, la parrucca dell’impresentabile Donald Trump, incidentalmente eletto presidente degli Stati Uniti d’America proprio il 9 novembre, anniversario del crollo del Muro di Berlino. L’uomo che tra stracciato la terribile Hillary, che ha reso patetica l’ultima recita di Obama, e che – soprattutto – ha smascherato la cialtroneria universale dei media mainstream, dalla “Cnn” al “New York Times”, tutti schierati – in modo plumbeo, come in un regime totalitario – con la signora Clinton. E’ uno smacco che getta nel ridicolo giornalisti, anchorman, editori, analisti, inviati, reporter, celebrati esperti. Tutti fuori strada, disastrosamente. E quasi tutti in palese malafede: hanno finto di non vedere cosa covava nel ventre profondo dell’America. Hanno ignorato le notizie principali: come i sondaggi pro-Hillary ampiamente truccati, secondo le email intercettate da Wikileaks. E le rilevazioni decisive, secondo cui il 70% del campione, sette americani su dieci, non si fida più della narrazione ufficiale, delle grandi testate. Bingo.Anche gli americani, nel loro piccolo, s’incazzano – se continui a raccontare frottole, mentre l’economia va a rotoli e la middle class scivola sempre più in basso. In attesa di vedere come se la caverà Trump, che ha promesso una svolta estremamente impegnativa, ai limiti della fantascienza (nuovo miracolo economico, fine della globalizzazione imperiale), gli elettori non vedevano l’ora, intanto, di punire i super-bugiardi al potere da troppo tempo, da Barack Obama (che nel 2011 raccontò alla nazione e al mondo, senza uno straccio di prova, di aver ucciso Osama Bin Laden) a Hillary Rodham, che voleva insediarsi alla Casa Bianca dopo aver definito il presidente russo “il nuovo Hitler” e aver accumulato, col marito Bill, qualcosa come 230 milioni di dollari in conferenze pagate dai colossi di Wall Street, Goldman Sachs in testa. L’elenco degli sconfitti è sterminato: da George W. Bush, che si è vantato di non appoggiare Trump, all’attore Robert De Niro, che l’ha definito “un cane, un maiale”, candidandosi a “prenderlo a pugni in faccia”.Lo spettacolo è finito, cala il sipario sulla campagna elettorale più “cattiva” della storia americana. Ha vinto Trump, hanno perso i media. Gli stessi che in Francia lavorano per oscurare Marine Le Pen, che in Gran Bretagna hanno presentato la Brexit come l’apocalisse. Gli stessi media che, nel 2013, in Italia davano Grillo al 12%, fino a poche prima che il Movimento 5 Stelle, col 25% del voi, diventasse il primo partito alla Camera. La sensazione è che stia davvero finendo un’epoca, nel cui ultimo frangente il sistema mainstream ha fatto da grancassa anche alla guerra, in tutto il mondo. La catastrofe in Libia, le menzogne sul golpe in Ucraina, le fiabe nere sulla Siria, la vera origine dell’Isis. Zero verità, sui grandi media. Ma i cittadini si sono informati lo stesso, racconta Marcello Foa, grazie a media indipendenti come “InfoWars”. E hanno misurato la distanza tra le breaking news e la verità vera, quella che l’establishment si è rifiutato di raccontare: per questo ora subisce una rottamazione storica, epocale.Fine dalla guerra fredda con la Russia? E’ quello che tutti si augurano, tranne i businessman del Pentagono e della Nato, e che lo stesso Trump lascia intravedere, già dal suo primo discorso da vincitore. Ma, ammesso che sia davvero solido il suo programma geopolitico, bisogna capire se e quanto potrà attuarlo: nel suo staff si è insinuato un super-falco come Michael Ledeen, uno specialista della strategia della tensione, come anche il neo-vicepresidente, Mike Pence, l’uomo che gestì la montatura dell’antrace come falso alibi per poter invadere l’Iraq di Saddam. All’inizio delle primarie, “The Donald” era dato al 6%. «In realtà – svela Gioele Magaldi, autore del libro “Massoni” – è stato segretamente appoggiato dalla super-massoneria progressista per sbarrare la strada al candidato repubblicano più pericoloso, Jeb Bush, esponente della superloggia “Hathor Pentalpha”, implicata negli attentati dell’11 Settembre e nella “fabbricazione” dell’Isis». Trump però è andato molto oltre, sbaragliando anche la Clinton. «Comunque sia – sottolineava lo stesso Magaldi, alla vigilia dell’election-day – l’esito del voto americano non potrà che “svegliare” chi ha dormito per così tanto tempo, gettando finalmente le basi per la rinascita di una autorevole leadership progressista per gli Stati Uniti, assente dalla scena dai tempi dei Kennedy e di Martin Luther King».Puoi imbrogliare qualcuno una volta, ma non puoi fregare sempre tutti. Un vecchio adagio, su cui ora sorride, imperscrutabile e beffarda, la parrucca dell’impresentabile Donald Trump, incidentalmente eletto presidente degli Stati Uniti d’America proprio il 9 novembre, anniversario del crollo del Muro di Berlino. L’uomo che ha stracciato la terribile Hillary, che ha reso patetica l’ultima recita di Obama, e che – soprattutto – ha smascherato la cialtroneria universale dei media mainstream, dalla “Cnn” al “New York Times”, tutti schierati – in modo plumbeo, come in un regime totalitario – con la signora Clinton. E’ uno smacco che getta nel ridicolo giornalisti, anchorman, editori, analisti, inviati, reporter, celebrati esperti. Tutti fuori strada, disastrosamente. E quasi tutti in palese malafede: hanno finto di non vedere cosa covava nel ventre profondo dell’America. Hanno ignorato le notizie principali: come i sondaggi pro-Hillary ampiamente truccati, secondo le email intercettate da Wikileaks. E le rilevazioni decisive, secondo cui il 70% del campione, sette americani su dieci, non si fida più della narrazione ufficiale, delle grandi testate. Bingo.
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Ue, ricatto Italia: se vince il No torna l’agguato dello spread
Ci sono due modi per commentare la lettera della Commissione europea con cui si fanno le pulci alla manovra italiana, finalmente arrivata al Tesoro. Sorridere, perché è davvero singolare che un’istituzione così importante perda il tempo col calcolo dei decimali nella legge di bilancio, quando in mare muoiono centinaia di persone, l’Italia ne accoglie 153.000 da inizio anno e altri paesi, a partire dall’Ungheria, meriterebbero molto più di una tirata d’orecchie perché di questi disperati non ne vuole vedere l’ombra. Oppure preoccuparsi. Di fronte al dramma della giungla di Calais sgombrata, ai quotidiani morti nel “Mare Mostrum”, al veto della minuscola Vallonia a un accordo internazionale, Bruxelles si sarebbe premurata di comunicare solo il 5 dicembre la sua risoluzione sulla legge di bilancio da 27 miliardi, non certo in odore di santità e perfettibile quanto si voglia. La tempestività o meno di una comunicazione comunque così rilevante può avere effetti nefasti sui mercati finanziari, che già hanno cerchiato di rosso il primo lunedì dell’ultimo mese del 2016, perché quel giorno sarà noto il risultato del referendum costituzionale.Ci mancava anche la solita pagella comunitaria. Difficile che quella sarà una giornata tranquilla, a prescindere dal contenuto della stessa comunicazione, già ampiamente anticipata peraltro da fonti di vario genere: si preannuncia un giorno del giudizio, per giunta probabilmente negativo. Gli economisti le chiamano profezie auto-avveranti e di precedenti analoghi ce ne sono. Possibile che nessuno ricordi infatti lo smottamento che provocò la diffusione, nell’agosto del 2011, di un’altra lettera, quella della Bce e della Banca d’Italia al governo Berlusconi, in cui di fatto si annunciava la fine degli acquisti dei titoli di stato se non si fosse messo mano ad un decreto legge lacrime e sangue? Con quella disclosure improvvisa sui diktat dei banchieri centrali – spedita anche a Madrid ma in questo caso rimasta riservata – si posero le basi per la tirannia dello spread, che poco dopo sarebbe arrivato a 575 punti base rispetto ai bund tedeschi, comportando un traumatico cambio di esecutivo.È di qualche giorno fa la decisione dell’agenzia di rating Fitch di mantenere a livello quasi spazzatura il voto sull’Italia, Bbb+, con prospettive, guarda caso, non più stabili ma negative, nel mentre la Francia, che è già da anni in procedura d’infrazione per disavanzo eccessivo e lotta contro un debito in crescita, ha mantenuto la sua doppia A. Un divario enorme ed ingiustificato. Se non fosse per il paracadute della Bce, che col suo Quantitative Easing mette al riparo dalla speculazione i titoli di Stato del Belpaese, ci sarebbe da allacciare le cinture, perché annunciare il verdetto Ue per il 5 dicembre è un po’ come aver dato appuntamento a tutti gli hedge fund del mondo.(Roberto Sommella, “La Commissione dà appuntamento agli speculatori il 5 dicembre”, dall’“Huffington Post” del 5 dicembre 2016).Ci sono due modi per commentare la lettera della Commissione europea con cui si fanno le pulci alla manovra italiana, finalmente arrivata al Tesoro. Sorridere, perché è davvero singolare che un’istituzione così importante perda il tempo col calcolo dei decimali nella legge di bilancio, quando in mare muoiono centinaia di persone, l’Italia ne accoglie 153.000 da inizio anno e altri paesi, a partire dall’Ungheria, meriterebbero molto più di una tirata d’orecchie perché di questi disperati non ne vuole vedere l’ombra. Oppure preoccuparsi. Di fronte al dramma della giungla di Calais sgombrata, ai quotidiani morti nel “Mare Mostrum”, al veto della minuscola Vallonia a un accordo internazionale, Bruxelles si sarebbe premurata di comunicare solo il 5 dicembre la sua risoluzione sulla legge di bilancio da 27 miliardi, non certo in odore di santità e perfettibile quanto si voglia. La tempestività o meno di una comunicazione comunque così rilevante può avere effetti nefasti sui mercati finanziari, che già hanno cerchiato di rosso il primo lunedì dell’ultimo mese del 2016, perché quel giorno sarà noto il risultato del referendum costituzionale.
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Crisi e guerra, la grande paura. E l’Fbi azzoppa la Clinton
Non è strano che, a una settimana dal voto, l’Fbi riapra le indagini sullo staff di Hillary Clinton, terremotando inevitabilmente i sondaggi, già in fibrillazione? Non è strano che il direttore della prestigiosa polizia federale osi un gesto simile, alla vigilia dell’election day, come se non ne temesse le conseguenze? Forse non è così strano, se si rileggono – oggi, a qualche mese di distanza – alcune ricostruzioni provenienti dall’Italia: Trump non è (solo) la “bomba a mano” incontrollabile descritta dai media mainstream, ma è anche e soprattutto una “scommessa coperta”, un Cavallo di Troia abilmente lanciato nel campo repubblicano alla stessa élite super-massonica “progressista” che, nel campo opposto, aveva appoggiato il socialista Bernie Sanders. Trump doveva servire a fermare Jeb Bush, Sanders a ostacolare l’ascesa della Clinton. Oggi questo ruolo è stato ereditato dallo stesso Trump, ma il copione non cambia. E il “pericolo” non è Hillary, ma i poteri fortissimi che l’hanno scelta come esecutrice del loro volere, così come scelsero personaggi “neocon” come Victoria Nuland, introdotta nel team di Obama con l’obiettivo di destabilizzare la Russia attraverso la sfida alle frontiere, cominciando dal golpe in Ucraina travestito da rivoluzione.L’escalation a Kiev fu decisa in risposta alla decisione di Putin di schierarsi in difesa della Siria: un cambio di rotta radicale, dopo che il Cremlino aveva assistito passivamente all’ultima puntata della “guerra infinita”, la demolizione della Libia. Dietro le quinte, a Washington, a fare la prima mossa sono sempre loro, gli uomini del Pnac, quelli del “nuovo secolo americano”, protagonisti delle guerre di Bush innescate dall’11 Settembre. E’ il famigerato super-vertice globalizzatore, finanziario e militare, “l’Impero”. Non tollera l’idea che gli Stati Uniti possano perdere i propri immensi privilegi, che sorreggono il tenore di vita (e i clamorosi profitti dell’élite), e per questo è pronto a tutto – anche una Terza Guerra Mondiale, nucleare? Ne è convinto l’ex viceministro di Reagan, Paul Craig Roberts, secondo cui i grandi media – sotto Obama – hanno coperto una sostanziale “dittatura” instauratasi alla Casa Bianca, dove il presidente non è il che il terminale, sempre più opaco, di micidiali gruppi di interesse, completamente irresponsabili e ormai anche in preda al panico, ossessionati dalla paura di perdere il loro immenso potere. Recenti sondaggi, dice Marcello Foa, rivelano che il 70% degli elettori statunitensi non credono più ai grandi media, dai network televisivi al “New York Times”, tutti schierati con la Clinton e ridotti a mero strumento di propaganda dell’establishment, di cui Trump è visto come antagonista.«Illusionismo, puro gioco delle parti», sostiene Fausto Carotenuto, analista internazionale, ai microfoni di “Border Nights”: «Si scontrano due gruppi di potere, sempre gli stessi: uno è definito conservatore, quello che appoggia la Clinton, e l’altro si definisce progressista ma è ancora più ipocrita del primo». Super-massoneria occulta: quella che Gioele Magaldi, progressista, ha messo in piazza tra le pagine del libro “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere). Un altro esponente della cultura massonica italiana, Gianfranco Carpeoro, autore del recentissimo saggio “Dalla massoneria al terrorismo” (Uno Editori), avverte: «La novità è che il vertice di quel potere è spaccato, come dimostra l’appoggio dato a un candidato come Sanders». Grandi defezioni, nelle alte sfere, avrebbero propiziato la stessa candidatura Trump. Diserzioni così preoccupanti, secondo Carpeoro, da spingere “l’ala destra” del super-potere a ricorrere in modo sistematico anche alla strategia della tensione, come si deduce dal moltiplicarsi di sanguinosi attentati in Europa, organizzati da quella che Carpeoro chiama “sovragestione”, ovvero: elementi di vertice che si avvalgono di settori dei servizi segreti, che all’occorenza reclutano kamikaze jihadisti.Il vertice della piramide è diviso? Lo dimostra il testa a testa fra Hillary e Trump. E una delle massime eminenze grigie del super-potere massonico, Zbigniew Brezinzki, qualche settimana fa aveva avvertito: ora basta con la guerra fredda, è tempo di sedersi attorno a un tavolo con Putin e coi cinesi, perché questa escalation porta solo al rischio di una catastrofe. Attenzione: Brzezinski è stato uno dei massimi architetti della globalizzazione “imperiale”. Il pericolo di un collasso è concreto, sostiene Giulietto Chiesa: «I padroni universali sanno quello che sta succedendo, e più o meno – tra di loro – se lo dicono». Chiesa cita dichiarazioni recenti, molto inquietanti: da Rockefeller, secondo cui «la Terza Guerra Mondiale è inevitabile: dovremmo metterci d’accordo coi russi, ma temo che non ce la faremo», a Rotschild, che avverte: «Sta per terminare il più grande esperimento finanziario mai realizzato nella storia», la finanza monetarista svincolata dall’economia reale, «e adesso stiamo entrando in acque inesplorate». E Larry Summers, ex segretario al Tesoro, aveva profetizzato: la crescita del Pil mondiale si fermerà attorno al 2005. «Ci stanno dicendo che si sta avvicinando una catastrofe, la fine di questo capitalismo finanziario. Non c’è da stupirsi, quindi, dei preparativi di guerra cui stiamo assistendo».Tra i nuovi “catastrofisti” si iscrive anche il finanziere Carlo De Benedetti, che al “Corriere della Sera” dichiara: «Sta arrivando una crisi gigantesca, che metterà in forse tutta la democrazia nel mondo». Giulietto Chiesa è pessimista: «Tutti quelli che pensano che non succederà niente, perché alla fine ci si metterà d’accordo, si sbagliano. Non sono “i cattivi” che vogliono la guerra, è la situazione che non è sanabile: siamo governati da imbecilli, in un mondo totalmente diviso tra ricchi e poveri come mai nella storia dell’umanità». Lo stesso Carpeoro, nei mesi scorsi, è tornato più volte sul tema: «Il nuovo ordine mondiale è fatalmente incompiuto, provano sempre a realizzarlo ma non ci riescono mai fino in fondo, perché litigano tra loro». Una rissa pericolosa, che può anche esplodere – sotto forma di terrorismo e bombe, domani anche atomiche? Difficile credere che tutto sia appeso, davvero, al solo parrucchino di Trump: non può essere un caso che un super-potente come James Comey, capo dell’Fbi, scenda in campo – a due passi dal voto – per tentare di sbarrare la strada della Casa Bianca ai “padroni” di Hillary Clinton, i “signori della guerra”. Zero fair-play, dicono i commentatori mainstream: la campagna più brutta della storia delle elezioni Usa. Forse anche la più drammatica, cruciale, pericolosa.Non è strano che, a una settimana dal voto, l’Fbi riapra le indagini sullo staff di Hillary Clinton, terremotando inevitabilmente i sondaggi, già in fibrillazione? Non è strano che il direttore della prestigiosa polizia federale osi un gesto simile, alla vigilia dell’election day, come se non ne temesse le conseguenze? Forse non è poi così sorprendente, se si rileggono – oggi, a qualche mese di distanza – alcune ricostruzioni provenienti dall’Italia: Trump non è (solo) la “bomba a mano” incontrollabile descritta dai media mainstream, ma è anche e soprattutto una “scommessa coperta”, un Cavallo di Troia abilmente lanciato nel campo repubblicano alla stessa élite super-massonica “progressista” che, nel campo opposto, aveva appoggiato il socialista Bernie Sanders. Trump doveva servire a fermare Jeb Bush, Sanders a ostacolare l’ascesa della Clinton. Oggi questo ruolo è stato ereditato dallo stesso Trump, ma il copione non cambia. E il “pericolo” non è Hillary, ma i poteri fortissimi che l’hanno scelta come esecutrice del loro volere, così come scelsero personaggi “neocon” come Victoria Nuland, introdotta nel team di Obama con l’obiettivo di destabilizzare la Russia attraverso la sfida alle frontiere, cominciando dal golpe in Ucraina travestito da rivoluzione.
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Questo è un golpe di fatto, e va fermato con il nostro No
Mentre Obama sbaracca, la pacchiana cena di propaganda alla Casa Bianca conclude la sua disastrosa presidenza su una nota particolarmente squallida. Come Verdini e Alfano anche Obama sostiene la riforma renziana. L’appoggio del Supercazzaro degli Stati Uniti uscente, anzi ormai quasi uscito, potrebbe però essere controproducente per il sì almeno quanto quelli della Merkel, e della finanza internazionale. La riforma renziana, che sapeva chiaramente di sóla fin dall’inizio, adesso ha la stessa credibilità d’un farmaco consigliato da una ditta di pompe funebri. Non ci sono più dubbi su chi siano i mandanti di Renzi: abbiamo le rivendicazioni. Anche il fronte opposto ha purtroppo qualche Captain Boomerang, Monti, D’Alema, Brunetta, la Suicide Squad del no: un gruppo di bastardi costretti dalle circostanze a combattere dalla parte giusta, contro un bastardo ancora peggiore. Per quanto sia difficile immaginarsi Giorgia Meloni nei panni di Harley Quinn, la vittoria del no rimane comunque più che mai necessaria.L’endorsement di Obama al sì di Renzi è infatti direttamente condizionato all’impegno militare italiano in Libia e in Lettonia. Il no alla truffaldina riforma renziana è quindi anche un indispensabile no alla dissennata deriva neocoloniale. Un no alla guerra. Non a caso una delle modifiche, della quale il governo non parla, riguarda proprio l’articolo 78, che cambierebbe così: «Art. 78. – La Camera dei deputati delibera a maggioranza assoluta lo stato di guerra e conferisce al Governo i poteri necessari». Con l’Italicum, il partito che vince il ballottaggio ottiene automaticamente la maggioranza assoluta alla Camera, quindi sia il governo, che il potere esclusivo di dichiarare guerra indisturbato come un monarca assoluto. Questo è un golpe di fatto, e deve essere fermato.Per la prima volta da anni un nostro voto potrà davvero fare la differenza. E non certo per merito dell’attuale classe dirigente, è la Costituzione che vuole rottamare a prevedere questo obbligatorio passaggio referendario, un fail safe che Renzi non è riuscito ad aggirare, benché ci abbia provato col Patto del Nazareno. Per la prima, e probabilmente ultima volta abbiamo l’occasione di scaraventare la Boschituzione – Costituzione Boschi – nel cassonetto dell’indifferenziata al quale appartiene, e liberarci d’un governo di cazzari arroganti, incapaci, guerrafondai, completamente asserviti alla finanza internazionale e all’industria bellica, che è diventato anche fisicamente pericoloso. Perdere questa occasione per noi sarebbe il vero suicidio.(Alessandra Daniele, “Sbarack Oboomerang”, da “Megachip” del 23 ottobre 2016)Mentre Obama sbaracca, la pacchiana cena di propaganda alla Casa Bianca conclude la sua disastrosa presidenza su una nota particolarmente squallida. Come Verdini e Alfano anche Obama sostiene la riforma renziana. L’appoggio del Supercazzaro degli Stati Uniti uscente, anzi ormai quasi uscito, potrebbe però essere controproducente per il sì almeno quanto quelli della Merkel, e della finanza internazionale. La riforma renziana, che sapeva chiaramente di sóla fin dall’inizio, adesso ha la stessa credibilità d’un farmaco consigliato da una ditta di pompe funebri. Non ci sono più dubbi su chi siano i mandanti di Renzi: abbiamo le rivendicazioni. Anche il fronte opposto ha purtroppo qualche Captain Boomerang, Monti, D’Alema, Brunetta, la Suicide Squad del no: un gruppo di bastardi costretti dalle circostanze a combattere dalla parte giusta, contro un bastardo ancora peggiore. Per quanto sia difficile immaginarsi Giorgia Meloni nei panni di Harley Quinn, la vittoria del no rimane comunque più che mai necessaria.
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Foa: Hillary ci trascina in guerra con Putin. Renzi? Esegue
Fra Donald Trump e Hillary Clinton io non mi chiedo chi è il migliore dei due, ma chi è il meno peggio, il meno pericoloso. Paradossalmente, conoscendo bene Hillary e vedendo i disastri che ha fatto in Libia, nel mondo arabo e in Siria all’inizio della guerra, quando era segretario di Stato, e sapendo che Hillary Clinton in realtà è una “neocon”, ovvero una rappresentante degli orientamenti del neo-conservatorismo estremo che ha guidato la politica Usa dal 2011 a oggi coi risultati disastrosi che vediamo, ebbene io dico che tra i due è molto meno rischioso Trump, non foss’altro perché vuole una distensione con la Russia, mentre Hillary – come Obama – preme per un conflitto con la Russia. E io rabbrividisco al solo pensiero di un conflitto tra Stati Uniti e Russia, in Europa, con il rischio che vengano usate le armi atomiche. E’ veramente una follia, e per questo penso che Trump sarebbe meno pericoloso di Hillary.I soldati italiani che saranno inviati al confine con la Russia? E’ gravissimo, ma purtroppo non è sorprendente. Renzi, che fa le sue sparate pubbliche contro l’Unione Europea e qualche tempo fa, anche con un certo coraggio, si era schierato con posizioni favorevoli o simpatizzanti nei confronti della Russia, poi quando l’America ti dice (tramite la Nato) che bisogna mandare soldati in Lituania, Estonia, al confine con la Russia, non ha il coraggio di opporsi, perché alla fine chi comanda sono gli Stati Uniti – e nessun leader europeo, tranne poche eccezioni, ha il coraggio di dire no, di anteporre gli interessi nazionali. Questo è un altro aspetto che non viene dibattuto, e invece è molto significativo: per me questa decisione è scandalosa, perché ci espone al rischio di una rappresaglia diretta da parte della Russia, rischio che non possiamo permetteci di correre, e soprattutto lancia un messaggio sbagliatissimo: l’Italia è amica della Russia e deve evitare queste forme di provocazione. Purtroppo, invece, l’evidenzia dimostra che, se Washington dice “bisogna che voi mandiate i soldati”, l’Italia poi china la testa e manda i soldati. Dovremmo veramente chiederci se tutto questo è davvero nel nostro interesse.La Russia non ha fatto nulla per provocare gli Stati Uniti. Ma gli americani, nei loro disegni strategici, sono convinti che la Russia debba essere controllata. Sono convinti che, controllando lo spazio eurasiatico, possano mantenere la leadership nel mondo e mettere in un angolo la Cina. Putin non è un leader allineato. Inizialmente lo era; ma poi, quando l’America ha iniziato a occuparsi dell’Ucraina, si è reso conto che non poteva fidarsi degli americani ed è cominciata questa schermaglia, inizialmente verbale, e poi sfociata nelle sanzioni. Il vero obiettivo degli Stati Uniti è provocare l’uscita di scena di Putin: sostituirlo con un leader russo che sia in realtà molto amico degli Usa, come peraltro era Eltsin. E per far questo sono disposti a tutto: l’arma delle sanzioni, l’arma delle minacce.Ma attenzione: i russi non sono un piccolo paese come l’Iraq, o un paese che può essere facilmente messo sotto pressione come qualunque piccolo paese occidentale. La Russia resta una grande potenza, dotata di una certa intelligenza e di un servizio di intelligence raffinato. E infatti le risposte che vediamo sono veramente fuori dagli schemi. Il problema è che questo disegno degli americani rischia di portare il mondo a una nuova guerra mondiale, a una guerra nucleare. Il rischio, purtroppo, è molto concreto. E io sono davvero preoccupato: se fino a oggi non ci siamo arrivati è perché la Russia è riuscita a mantenere i nervi molto saldi. Ma, mi chiedo: c’è davvero bisogno di spingerci fino a questo punto? La risposta, ovviamente, potere immaginarla.(Marcello Foa, dichiarazioni rilasciate alla trasmissione web-radio “Border Nights” del 18 ottobre 2016, condotta da Fabio Frabetti in collaborazione con Stefania Nicoletti – un lungo colloquio radiofonico, in cui Foa si è espresso in modo approfondito e circostanziato sulla scandalosa reticenza dei media mainstream soprattutto in relazione ai gravissimi abusi commessi da Hillary Clinton).Fra Donald Trump e Hillary Clinton io non mi chiedo chi è il migliore dei due, ma chi è il meno peggio, il meno pericoloso. Paradossalmente, conoscendo bene Hillary e vedendo i disastri che ha fatto in Libia, nel mondo arabo e in Siria all’inizio della guerra, quando era segretario di Stato, e sapendo che Hillary Clinton in realtà è una “neocon”, ovvero una rappresentante degli orientamenti del neo-conservatorismo estremo che ha guidato la politica Usa dal 2011 a oggi coi risultati disastrosi che vediamo, ebbene io dico che tra i due è molto meno rischioso Trump, non foss’altro perché vuole una distensione con la Russia, mentre Hillary – come Obama – preme per un conflitto con la Russia. E io rabbrividisco al solo pensiero di un conflitto tra Stati Uniti e Russia, in Europa, con il rischio che vengano usate le armi atomiche. E’ veramente una follia, e per questo penso che Trump sarebbe meno pericoloso di Hillary, che attraverso la Fondazione Clinton si è fatta finanziare dall’Arabia Saudita e dal Qatar, i due paesi arabi accusati di sostenere l’Isis.
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Carpeoro: a colpire Palermo non sarà la mafia, ma l’Isis-P1
Se smarrisci la tua missione, poi ti riduci a essere un mero strumento di potere. Fino a mettere in atto il terrorismo, oggi travestito da “fondamentalismo islamico”. Ma, al di là degli esecutori, gli organizzatori risiedono nell’intelligence. Che a sua volta risponde a personaggi del massimo potere, interamente massonico. E’ la tesi del recentissimo libro “Dalla massoneria al terrorismo”, nel quale Gianfranco Carpeoro – già gran maestro della loggia “Serenissima”, del rito scozzese, nonché studioso di Giordano Bruno e grande esperto di simbologia – affronta il tema cruciale dell’attualità di oggi: la politica di rigore dell’élite finanziaria, imposta anche “con le cattive”, cioè gli attentati, per rispondere a una logica di puro dominio e sottomissione di Stati e popoli. Charlie Hebdo, Batalclan, Bruxelles, Nizza. Le stesse “firme”, leggibili da chi conosce il linguaggio esoterico, consentono di risalire ai veri mandanti. Che, secondo Carpeoro, oggi colpiscono con crescente ferocia perché stanno iniziando ad avere paura di perdere il loro potere, da quando settori dell’élite – lo si vede negli Usa, con l’appoggio alla candidatura Sanders – si sono sfilati dal super-vertice globalizzatore, in preda al delirio di onnipotenza e ormai pronto a tutto: forse anche a colpire l’Italia, a Palermo.Tempo fa, Carpeoro aveva avvertito del possibile pericolo per il nostro paese, legato a una data particolare, il 10 agosto: «Dovete sapere che Federico II ebbe un ruolo di protettore dell’Islam, visto che fu protagonista dell’unica crociata che finì con degli accordi riguardanti la restituzione pacifica di Gerusalemme ai cristiani», racconta Carpeoro a Marcus Mason, che l’ha intervistato per il blog “Lo Sciacallo”. L’imperatore-esoterista, però, subito dopo la pace per Gersusalemme avviò una persecuzione violentissima contro gli islamici siciliani, sterminandoli: «Questa persecuzione culminò il 10 agosto del 1222, quando catturò i capi, lo sceicco e i due figli, decapitandoli in piazza a Palermo». L’autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo” conferma i suoi timori: «Prima o poi, qualcosa combineranno». Lo dice la logica, se si interpreta in chiave simbolica il corredo di informazioni attorno agli attentati in Francia e in Belgio, a partire dal massacro di Nizza il 14 luglio, data “sacra” per la massoneria progressista, vero “bersaglio” (tra gli altri) degli organizzatori dell’attentato. Poi la strage del Bataclan attuata il 13 novembre, giorno in cui i Templari messi al bando nel 1308 riuscirono a lasciare Parigi riparando in Scozia, dove contribuirono a fondare la massoneria moderna. E il doppio attacco a Bruxelles contro aeroporto e metropolitana, come a sottolineare il motto “così in cielo, come in terra”.Quanto a Charlie Hebdo, parla la cronaca: indagini “seppellite” dal governo Hollande con l’imposizione del segreto militare dopo la scoperta, da parte della magistratura, della strana triangolazione che collegava il commando “jihadista” ai servizi segreti parigini, attraverso il trafficante belga che fornì loro le armi. Meccanismo che Carpeoro, nel suo libro, chiama “sovragestione”: esponenti del massimo potere utilizzano settori dell’intelligence per reclutare, all’occorrenza, anche dei kamikaze, a volte completamente all’oscuro del piano, a differenza di quanto avviene nella mafia, dove almeno è possibile risalire ai mandanti, una volta catturati i killer. «E’ Cosa Nostra che ha copiato il metodo. Se uno si va a studiare come agiva Cosa Nostra, può notare che gli anelli superiori li conoscevano. La caratteristica di questo protocollo dell’intelligence, invece, è quella che gli anelli bassi non conoscono nemmeno l’esistenza degli anelli superiori. Questi bombaroli si fanno esplodere senza conoscere i vertici che dirigono questo tipo di operazioni. Molti sono convinti di agire come autonomi».“Sovragestione” non è sempre sinonimo di terrorismo: si tratta di una modalità di potere che collega elementi in apparenza lontani. Come Enrico Cuccia, ad esempio, a torto ritenuto «portabandiera della finanza laica», quando invece era di fede templarista: «Mediobanca era organizzata in capitoli templari e il Consiglio d’amministrazione era composto da 13 membri», racconta Carpeoro allo “Sciacallo”. Il gran capo «presenziava alle riunioni secondo una ritualità templare. Io sono in possesso della lettera che Cuccia scrisse a Romiti quando quest’ultimo fu inquisito, e vi posso assicurare che è una lettera templare al 100%». Il suo braccio destro, Raffaele Mattioli, contribuì alla ricostruzione dell’abbazia di Chiaravalle, alle porte di Milano, e chiese di esservi sepolto, «unico laico in un cimitero di frati». Nella lapide «è sdraiato con le mani incrociate, vestito da templare, con tanto di squadra e compasso». Templari, come quelli a cui ammiccherebbero gli “architetti” della strage del Bataclan? Cristiani “eretici”, nella doppia veste di monaci e guerrieri – allora, certo. Ma oggi?«La gente dà poco peso ai simboli e ai miti», premette Carpeoro nell’intervista. «Nel medioevo spesso venivano raffigurati dei draghi: ciò non significa che bisogna credere ai draghi, ma ai dinosauri sì. Questo significa che le leggende e i miti hanno le loro radici da un archetipo, e l’archetipo è una storia vera, reale. Il ricercatore saggio sa decifrare questi simboli fino a coglierne il vero significato, senza fermarsi a un’analisi superficiale». Il suo libro parte dalla spiegazione di questi simboli, dei riti, e poi si snoda indagando la parabola di potere del network massonico, di cui Carpeoro non fa più parte. «La massoneria e la Chiesa cattolica raggiungono insieme l’apogeo: l’apogeo della Chiesa viene raggiunto nel medioevo con la costruzione delle grandi cattedrali, tramite la manovalanza dei massoni». Poi, le due entità parallele si ritrovano su fronti opposti, perché «la Chiesa diventa potere: cessa di essere conoscenza e potere, abbracciando unicamente il secondo». Lo dimostra la stessa soppressione dell’ordine dei Templari. «D’altro canto, la massoneria comincia a mettere in discussione i dogmi, rendendo per questo fragile la costruzione della Chiesa cattolica, che in quegli anni si fondava sul dogma».Quello che ai più sfugge spesso – ma ora, libri come quello di Carpeoro contribuiscono a recuperare il gap di informazione – è il nesso profondissimo che lega il vertice del massimo potere ai simulacri della simbologia esoterica medievale. Dinamiche sempre parallele, che coinvolgono sia il mondo massonico che quello cattolico, ad esempio attraverso l’Opus Dei. «Lo scontro nacque perché la massoneria decise di prendere le difese dello gnosticismo: da quel momento la Chiesa comincia a scomunicare. E la massoneria diventa anticlericale, sbagliando, nella stessa misura in cui la Chiesa si proclamava antimassonica». Poi, però, ci fu una storica saldatura, a cominciare dal livello finanziario, come dimostrano le vicende di Calvi, Sindona e Gelli – su quest’ultimo, Carpeoro si sofferma a lungo, rivelando il ruolo della P2 nei tentativi di golpe di Italia, “sovragestiti” da una struttura-ombra che l’autore chiama P1. Grande burattinaio, un super-massone come il politologo statunitense Michael Ledeen, prima legato a Craxi e poi al suo demolitore, Di Pietro (oggi, si dice, a Matteo Renzi ma anche al grillino Luigi Di Maio). Già ai tempi di Craxi, ricorda Carpeoro, la “sovragestione” affondò le mani nella strategia della tensione, fino al caso Moro, nel quale Ledeen fu direttamente coinvolto, introdotto al Viminale come super-consulente di Cossiga.Terrorismo e mondo arabo, già allora. Nel mirino, Craxi: amico dei palestinesi (che cercò di finanziare, anche attraverso Gelli) e poi di Moro, che tentò di salvare. Tutto inutile, la “sovragestione” aveva deciso altrimenti: Bettino in esilio ad Hammamet, Moro ucciso. E oggi? L’Italia gode ancora di una «protezione speciale da parte dell’Islam», dice Carpeoro. C’è chi ricorda del Conto Protezione, istituito in Svizzera da Craxi per sostenere Arafat. «Perciò l’Italia ha un po’ di benemerenza nei confronti degli islamici. E’ vero che esiste la sovragestione, ma anche questa non può non tener conto che gli italiani non sono odiati dagli arabi. Non come i francesi». Certo, «abbiamo la macchia della Libia, ma è pur vero che è una macchia sbiadita, a differenza del colonialismo francese e di quello che hanno fatto poi gli americani: pensate che Sarkozy ha voluto la morte di Gheddafi perché erano soci e aveva paura che questi potesse parlare». Quindi, «escluso il Vaticano, dove l’Isis ha minacciato di colpire, a meno di clamorosi scenari politici, se l’Italia non parteciperà ai giochi francesi e americani difficilmente verrà colpita». Se invece gli strateghi della “sovragestione” sceglieranno di devastare il nostro paese, Carpeoro scommette che gli stragisti vorranno «invocare una motivazione strumentalmente forte, come i fatti di Palermo del 1222», il fatidico 10 agosto.(Il libro: Gianfranco Carpeoro, “Dalla massoneria al terrorismo”, sottotitolo “Come alcune logge massoniche sono divenute deviate e come con i servizi segreti vogliono controllare il mondo”, Uno Editori, 189 pagine, 13 euro).Se smarrisci la tua missione, poi ti riduci a essere un mero strumento di potere. Fino a mettere in atto il terrorismo, oggi travestito da “fondamentalismo islamico”. Ma, al di là degli esecutori, gli organizzatori risiedono nell’intelligence. Che a sua volta risponde a personaggi del massimo potere, interamente massonico. E’ la tesi del recentissimo libro “Dalla massoneria al terrorismo”, nel quale Gianfranco Carpeoro – già gran maestro della loggia “Serenissima”, del rito scozzese, nonché studioso di Giordano Bruno e grande esperto di simbologia – affronta il tema cruciale dell’attualità di oggi: la politica di rigore dell’élite finanziaria, imposta anche “con le cattive”, cioè gli attentati, per rispondere a una logica di puro dominio e sottomissione di Stati e popoli. Charlie Hebdo, Batalclan, Bruxelles, Nizza. Le stesse “firme”, leggibili da chi conosce il linguaggio esoterico, consentono di risalire ai veri mandanti. Che, secondo Carpeoro, oggi colpiscono con crescente ferocia perché stanno iniziando ad avere paura di perdere il loro potere, da quando settori dell’élite – lo si vede negli Usa, con l’appoggio alla candidatura Sanders – si sono sfilati dal super-vertice globalizzatore, in preda al delirio di onnipotenza e ormai pronto a tutto: forse anche a colpire l’Italia, a Palermo.
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Navi e missili, e se questa guerra ora ci esplode addosso?
Giochi di guerra, sempre più pericolosi, a cui il mondo sembra assistere in modo apatico e distratto. Alla vigilia delle elezioni presidenziali, Washington non fa che alzare la posta, contro Mosca, da quando Putin ha osato opporsi alla demolizione della Siria dopo aver assistito a quella della Libia. La situazione sembra stia rapidamente precipitando, in uno scenario in cui i media russi parlano apertamente del rischio di una guerra nucleare, la Casa Bianca minaccia di colpire la Russia anche con un attacco cibernetico e il Cremlino spedisce nel Mediterraneo la più potente flotta da guerra mai uscita in missione dai tempi dell’Urss. E un grande giornalista come Robert Fisk sospetta che l’improvvisa liberazione di Mosul decisa dagli americani “serva” a trasferire in Siria i miliziani jihadisti: «L’esercito siriano, Hezbollah e gli alleati iraniani si stanno preparando a una a massiccia invasione di migliaia di “Isis fighters” che saranno cacciati dall’Iraq dopo la caduta di Mosul», scrive Fisk sull’“Independent”. «Il sospetto dell’esercito siriano è che il vero scopo, dietro la tanto strombettata “liberazione” della città irachena programmata dagli Usa, sia quello di sommergere la Siria con orde di combattenti Isis che devono abbandonare le loro capitale irachena per raggiungere la loro “mini-capitale” Raqqa all’interno della Siria stessa».E’ come se si stesse rapidamente scivolando verso il baratro: lo si capisce dalla successione degli eventi che affollano la stampa mainstream, e meglio ancora dal preciso monitoraggio offerto dal blog “Come Don Chisciotte”, che presenta lo stesso reportage di Fisk insieme a molti altri retroscena. Su “Zero Hedge”, Tyler Durden rivela che, secondo un diplomatico Nato, la Russia sta schierando nel Mediterraneo orientale la più grande forza navale dalla fine della guerra fredda, capitanata dalla portaerei Admiral Kuznetsov: oltre ai caccia Mig-29 e Sukhoi Su-33, secondo l’agenzia Tass l’ammiraglia imbarca midiciali elicotteri d’attacco come i Ka-52 Alligator, cioè la massima dotazione dell’armamento convenzionale russo, con il quale Putin proverà a chiudere la partita con l’Isis in Siria: «Vedremo un crescendo di attacchi aerei su Aleppo come parte di una strategia della Russia che vuol dichiarare vittoria», secondo la Nato. «Intensificare una campagna aerea su Aleppo orientale, dove sono intrappolate 275 mila persone, potrebbe ulteriormente peggiorare i legami tra Mosca e l’Occidente», secondo la fonte diplomatica. «Questo assalto dovrebbe essere sufficiente per consentire una strategia di uscita della Russia, se Mosca dovesse ritenere che Assad sia ormai abbastanza stabile per sopravvivere da solo».Proprio l’andamento della guerra in Siria, paese largamente riconquistato dalle forze governative dopo la discesa in campo di Mosca, sembra preoccupare i protettori occulti dell’Isis, cioè gli Stati Uniti, che hanno appoggiato sottobanco le milizie “islamiste” soprattutto attraverso l’Arabia Saudita, il Qatar e, fino a ieri, la Turchia. La Russia è sotto pressione, a partire dal golpe in Ucraina con la destabilizzazione dei confini e la rivolta del Donbass. Quello che Obama non perdona a Putin – da qui le sanzioni autolesionistiche che l’Ue è stata costretta ad adottare – è il fatto di aver osato reagire al colpo di Stato a Kiev riappropriandosi della Crimea, strategica per il controllo del Mar Nero. Una partita a scacchi: persa la Crimea, l’Occidente ha puntato tutto sull’Isis in Siria fino a minacciare la sopravvivenza di Assad. E il nuovo intervento difensivo russo, a sostegno di Damasco, è stato ancora una volta coronato dal successo. Nei piani del Cremlino, l’attacco finale su Aleppo dovrebbe disarticolare definitivamente le milizie dell’Isis, mandando all’aria i piani dei “signori della guerra” che, a partire dalla demolizione dell’Iraq, hanno continuamente gettato benzina sul fuoco in tutta la regione, sfruttando il conflitto tra sciiti e sunniti.Il pericolo cresce, quanto più si avvicina la possibile vittoria di Putin – inaccettabile, per Obama, specie alla vigilia delle elezioni, su cui incombe la “minaccia” di Trump, l’outsider che promette di porre fine alla “guerra permanente” in Medio Oriente. Così, “Nbc News” avverte che «la Cia si prepara a un possibile attacco cibernetico contro la Russia». Interrogato in proposito da Chuck Todd a “Meet the press”, il vicepresidente Joe Biden conferma: gli Usa colpiranno. «Ne abbiamo le capacità», ha detto. E l’attacco «avverrà nel momento che riteniamo opportuno e sotto le circostanze che giudichiamo garantire il maggiore impatto», come riferisce Michael Snyder su “The Economic Collapse”. In più, la “Reuters” afferma che Obama sta contemplando l’ipotesi di «un intervento militare americano diretto» contro obiettivi militari siriani, ben sapendo che i russi hanno già messo in chiaro che reagiranno coi loro missili a qualunque aggressione diretta contro le forze di Assad. Nelle televisioni moscovite, intanto, si ricomincia a parlare apertamente di rifugi antiatomici. E il Mediterrano si va riempiendo di navi da guerra, armate con testate di ogni tipo.Giochi di guerra, sempre più pericolosi, a cui il mondo sembra assistere in modo apatico e distratto. Alla vigilia delle elezioni presidenziali, Washington non fa che alzare la posta, contro Mosca, da quando Putin ha osato opporsi alla demolizione della Siria dopo aver assistito a quella della Libia. La situazione sembra stia rapidamente precipitando, in uno scenario in cui i media russi parlano apertamente del rischio di una guerra nucleare, la Casa Bianca minaccia di colpire la Russia anche con un attacco cibernetico e il Cremlino spedisce nel Mediterraneo la più potente flotta da guerra mai uscita in missione dai tempi dell’Urss. E un grande giornalista come Robert Fisk sospetta che l’improvvisa liberazione di Mosul decisa dagli americani “serva” a trasferire in Siria i miliziani jihadisti: «L’esercito siriano, Hezbollah e gli alleati iraniani si stanno preparando a una massiccia invasione di migliaia di “Isis fighters” che saranno cacciati dall’Iraq dopo la caduta di Mosul», scrive Fisk sull’“Independent”. «Il sospetto dell’esercito siriano è che il vero scopo, dietro la tanto strombettata “liberazione” della città irachena programmata dagli Usa, sia quello di sommergere la Siria con orde di combattenti Isis che devono abbandonare le loro capitale irachena per raggiungere la loro “mini-capitale” Raqqa all’interno della Siria stessa».
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Perkins: dopo il terzo mondo, ora stanno depredando noi
La situazione è molto peggiorata negli ultimi 12 anni, rispetto a quando pubblicai “Confessioni di un sicario dell’economia”. Gli assassini economici e gli sciacalli si sono diffusi tremendamente, anche in Europa e negli Stati Uniti. In passato si concentravano essenzialmente sul cosiddetto Terzo Mondo, o sui paesi in via di sviluppo, ma ormai vanno dappertutto. E infatti, il cancro dell’impero delle multinazionali ha metastasi in tutta quella che chiamo la moribonda economia fallita globale. Questa economia è basata sulla distruzione di quelle stesse risorse da cui dipende, e sul potere militare. E’ ormai completamente globalizzata, ed è fallimentare. Siamo passati da essere beneficiari di questa economia assassina ad essere ora le sue vittime. In passato, questa economia di assassini economici era propagandata per poter rendere l’America più ricca e presumibilmente per arricchire tutti i cittadini, ma nel momento in cui questo processo si è esteso agli Stati Uniti e all’Europa, il risultato è stato una enorme beneficio per i molto ricchi a spese di tutti gli altri. Su scala globale sappiamo che 62 persone hanno ormai in mano gli stessi mezzi della metà più povera del mondo.Naturalmente in America vediamo come il governo sia paralizzato, semplicemente non funziona. Viene controllato dalle grandi multinazionali. Queste hanno capito che il nuovo obiettivo, la nuova risorsa, sono gli Usa e l’Europa, e gli orribili avvenimenti successi in Grecia, e Irlanda e Islanda, stanno ormai avvenendo anche da noi, negli Usa. Le statistiche ci mostrano una crescita economica, ma allo stesso tempo aumentano i pignoramenti di case e la disoccupazione. Si tratta della stessa dinamica debitoria che porta a amministratori di emergenza, i quali consegnano le redini dell’economia alle multinazionali private: lo stesso meccanismo che vediamo nei paesi del terzo mondo. Quando ero un “sicario dell’economia”, una delle cose che facevamo era concedere enormi prestiti a questi paesi, ma quei soldi non finivano mai davvero ai paesi, finivano alle nostre stesse multinazionali che vi costruivano le infrastrutture. E quando i paesi non riuscivano a ripagare i loro debiti, imponevamo la privatizzazione della gestione dell’acqua, delle fognature e della distribuzione elettrica. Ormai vediamo succedere la stessa cosa negli Stati Uniti. Flint nel Michigan ne è un ottimo esempio.Non stiamo parlando di un impero degli Stati Uniti, si tratta di un impero delle multinazionali protette e appoggiate dall’esercito Usa e dalla Cia. Ma non è un impero degli americani, non aiuta gli americani. Ci sfrutta nella stessa maniera in cui noi abbiamo sfruttato gli altri paesi del mondo. Viaggiando attraverso gli Usa e nel mondo, vedo davvero che la gente si sta svegliando. Stiamo capendo. Capiamo che viviamo in una stazione spaziale molto fragile: non abbiamo alcuna navetta spaziale, e non possiamo andarcene. Dobbiamo risolvere la situazione, dobbiamo prendercene carico, perché stiamo distruggendo la stazione spaziale. Le grandi multinazionali la stanno distruggendo, ma queste vengono gestite da persone, e queste sono vulnerabili. Se ci pensiamo bene, i mercati sono una democrazia, se li usiamo nel modo giusto. Certo, gli accordi come il Ttip sono devastanti, danno alle multinazionali la sovranità sui governi. E’ ridicolo. Vediamo i popoli dell’America Centrale terribilmente disperati, cercano di uscire da un sistema marcio, in primo luogo a causa degli accordi commerciali e delle nostre politiche nei confronti dell’America Latina.E naturalmente vediamo queste stesse politiche nel Medio Oriente e in Africa, queste onde migratorie che stanno investendo l’Europa dal Medio Oriente. Questi problemi terribili sono stati creati dall’ingordigia delle multinazionali. Sono appena stato in America Centrale e quello che da noi viene definito un problema di immigrazione, in realtà è un problema di accordi commerciali. Non si possono imporre dazi a causa degli accordi commerciali – Nafta e Cafta – ma gli Usa possono dare aiuti di Stato ai loro agricoltori. Gli altri governi non si possono permettere di aiutare i propri agricoltori. Perciò i nostri agricoltori riescono ad avere la meglio sui loro, a questo distrugge le altre economie, e anche altre cose, ed ecco perché si creano problemi di immigrazione. Tre o quattro anni fa la Cia ha organizzato un colpo di Stato contro il presidente democraticamente eletto dell’Honduras, Zelaya, perché non si è piegato a multinazionali grandi, globali e con legami con gli Usa come Dole e Chiquita.Il presidente voleva alzare il salario minimo a un livello ragionevole, e voleva una riforma agraria che garantisse che queste persone riuscissero a guadagnare dalla loro terra, anziché assistere alle multinazionali che lo facevano. Le multinazionali non l’hanno potuto tollerare. Non è stato assassinato, ma è stato disarcionato con un colpo di Stato, e spedito in un altro paese, rimpiazzandolo con un dittatore brutale. Oggi l’Honduras è uno dei paesi più violenti e sanguinari dell’emisfero. Quello che abbiamo fatto fa paura. E quando una cosa così accade a un presidente, manda un messaggio a tutti gli altri presidenti dell’emisfero, e anzi di tutto il mondo: non intralciate i nostri piani. Non intralciate le multinazionali. O cooperate e vi arricchite, e tutti i vostri amici e le vostre famiglie si arricchiscono, oppure verrette disarcionati o assassinati. Si tratta di un messaggio molto forte.(John Perkins, dichiarazioni rilasciate a Sarah van Gelder per l’intervista “Nuove confessioni di un sicario dell’economia: stavolta vengono a prendersi la democrazia”, pubblicata da “Yes Magazine” e ripresa da “Voci dall’Estero” il 6 ottobre 2016. Perkins è celebre per il bestseller “Confessioni di un sicario dell’economia”, ora aggiornato con una nuova edizione).La situazione è molto peggiorata negli ultimi 12 anni, rispetto a quando pubblicai “Confessioni di un sicario dell’economia”. Gli assassini economici e gli sciacalli si sono diffusi tremendamente, anche in Europa e negli Stati Uniti. In passato si concentravano essenzialmente sul cosiddetto Terzo Mondo, o sui paesi in via di sviluppo, ma ormai vanno dappertutto. E infatti, il cancro dell’impero delle multinazionali ha metastasi in tutta quella che chiamo la moribonda economia fallita globale. Questa economia è basata sulla distruzione di quelle stesse risorse da cui dipende, e sul potere militare. E’ ormai completamente globalizzata, ed è fallimentare. Siamo passati da essere beneficiari di questa economia assassina ad essere ora le sue vittime. In passato, questa economia di assassini economici era propagandata per poter rendere l’America più ricca e presumibilmente per arricchire tutti i cittadini, ma nel momento in cui questo processo si è esteso agli Stati Uniti e all’Europa, il risultato è stato una enorme beneficio per i molto ricchi a spese di tutti gli altri. Su scala globale sappiamo che 62 persone hanno ormai in mano gli stessi mezzi della metà più povera del mondo.
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L’Italia è sovragestita dalla P1, massoni traditori e terroristi
Dietro la nascita del 5 Stelle ci sono degli equivoci, e dei personaggi equivoci. Chi sta dietro Grillo si è abbastanza impegnato, coinvolgendo i livelli più alti dei 5 Stelle, in una frequentazione abituale di luoghi, ambasciate e consolati americani dove ricevono indicazioni che purtroppo poi mettono in pratica. Quindi il problema è che noi in Italia siamo sovragestiti. Non mi riferisco a tutto il mondo americano, ma a delle massonerie reazionarie che sono specializzate nel controllo delle rivoluzioni: praticano le contro-rivoluzioni controllando le rivoluzioni. E’ una vecchia pratica, è un’operazione riuscita a grandissimi livelli. Se pensate che in questo momento, tramite ambienti americani piuttosto precisi, figure come Michael Ledeen e compagnia cantante sponsorizzano tanto Renzi che Di Maio, ho l’impressione che il voto del referendum per certi aspetti sia inutile. Perché se Renzi vince (Renzi, non la riforma) diventa forte e ce lo dobbiamo tenere. Se Renzi perde, e diventa debole, ce lo teniamo lo stesso. Non cambia niente: perché un Renzi debole viene gestito in un modo, un Renzi forte viene gestito in un altro.Tra l’altro, vorrei smentire che Renzi sia a tutt’oggi massone. Ha fatto più volte domanda, e non l’hanno mai fatto entrare: perché questa sua graziosa abitudine di “fottere” il prossimo e di non mantenere mai un impegno politico spinge tutti quanti a tenerlo sulla soglia. La prossima volta che Renzi vuol fare un accordo con una forza politica, deve ipotecare la casa dal notaio, perché tutti sanno che non mantiene mai nulla. E dopo aver “fregato” una pletora di persone con lo stesso metodo – Berlusconi, Enrico Letta, Bersani – capirai se qualcuno fa più accordi con lui… Il problema della nostra posizione politica attuale è che noi, in ogni caso, siamo sovragestiti – ma talmente sovragestiti che, ai suoi tempi, questo personaggio che vorrei far conoscere ai più, che si chiama Michael Ledeen, ha sponsorizzato diversi personaggi. Il primo, nell’ordine? Craxi. E siccome poi l’ha fregato in una straordinaria telefonata relativa a Sigonella, quando se ne parlava, poi a Craxi prendeva l’orticaria. Poi ha sponsorizzato Di Pietro. E poi ha sponsorizzato Grillo.Purtroppo noi siamo sovragestiti. Dobbiamo prescindere dai personaggi. Adesso tutta l’Italia è convinta che Renzi sia il male assoluto. E non sa che quello che prenderà il posto di Renzi è sovragestito. Se non smantelliamo la sovragestione, non abbiamo sovranità – non ce l’abbiamo più, da quarant’anni. E’ possibile abbatterla, la sovragestione? Se Galileo e Giordano Bruno si fossero posti il problema e avessero ragionato solo nei termini delle loro esistenze, noi saremmo ancora alla Controriforma. Anche se il gioco del potere pretende il contrario, noi dobbiamo prescindere dalla nostra esistenza: dobbiamo fare questa battaglia perché bisogna farla. Se uno non lotta per la sua libertà, per che cosa lotta? Poi non necessariamente raggiunge l’obiettivo relativamente alla sua libertà. Ma scopre, nel percorso, che la lotta è per la libertà. Ed è una lotta per gradi, perché il potere è uno schema astratto. Il potere ti compra, ti coinvolge, ti gestisce, magari a volte senza che neanche te ne accorga. Ha gestito personaggi di un’intelligenza straordinaria. Ma è una battaglia che dobbiamo fare, prescindendo dalle nostre esistenze. Guai se non la facciamo, pensando che, tanto, nell’arco della nostra vita non succede niente.Cos’è che ha smantellato il potere nel corso del XX Secolo, e c’è parzialmente riuscito? Le ideologie. Sono le ideologie che ti consentono di superare – con la speranza, la convinzione, la coerenza – l’arco breve della tua vita. Tutti coloro che iniziano una rivoluzione pensando di usufruire dei suoi effetti, in realtà sono destinati a non farla, la rivoluzione. E’ questo il problema: dobbiamo tornare ad avere progetti che prescindono anche da noi stessi. Serve un progetto nel quale si possa credere, non una tattica per la quale si possa vivere bene. La tattica prevede che tu debba magiare e star bene il giorno stesso, al massimo il giorno dopo. La strategia è quella che mira a costruire. E’ quello che la massoneria ha perso, negli anni. La catatteristica dei massoni medievali qual era? Costruivano cose che sfidavano i secoli – con un sistema, una filosofia, una dottrina di vita. Nel momento in cui la massoneria ha perso la “mission” del costruire, era inevitabilmente assoggettabile al potere, perché mancava il suo progetto. I Templari hanno perso Gerusalemme per colpa loro: e a cosa servivano, dei Templari, senza tempio? Erano destinati a morire, non potevano sopravvivere all’aver perso la loro “mission”. Poi sono stati sterminati, certo, ma era sopraggiunto anche un certo degrado presso di loro. Succede alle realtà, quando perdono il motivo per cui esistevano.La politica ha perso il suo motivo di esistere. Ieri, la politica fabbricava progetti, idee, modelli di società. Li pensava. Si scontrava, ma per quelli – non per chi si aggiudicava una maggior fetta di potere. Il potere non è una cosa negativa di per sé, ma quando diventa astratto, quando diventa un fine anziché un mezzo, dove vai? Le cose non sono mai come sembrano. In un recente studio ho provato – con ragionamenti e documenti – che c’è stato un periodo in cui Mussolini, da mangiapreti, è diventato l’uomo dei Patti Lateranensi. In quel periodo, prendeva uno stipendio dai servizi segreti inglesi – quelli che poi dicono di essere laici. La cultura anglosassone, in nome di un potere astratto, si allea con chi le conviene. E chi le conviene, in Italia? Il Vaticano, che è il suo contrario – è il contrario della massoneria illuministica. Il problema, quindi, è che il potere è diventato qualcosa di astratto. Non puoi più giudicarlo in funzione di appartenenze: non gli conviene avere appartenenze. Oggi bisogna prescindere dalle appartenenze, e valutare il potere per quello che è: non esiste più la religione, esiste la religione del potere.Il fatto che ci siano personaggi dei servizi segreti (anche esteri) che operano all’interno di istituzioni non mi meraviglia, perché noi, in realtà, servizi segreti nostri non li abbiamo mai avuti. Il Sismi ha sempre avuto una struttura sovragestita, che io ho chiamato P1, ammessa da tutti. Francesco Pazienza, attualmente ancora in carcere, è uno che si è salvato la pelle parlando a metà. C’è un suo memoriale che praticamente lo ammette: dice che c’era una struttura Super-Sismi, collegata a sovragestioni connesse con la P2 in maniera non ufficiale (quella che io chiamo P1, e di cui nessuno parla) e praticamente questo organismo era autorizzato a entrare in tutti i nostri ministeri, perché figuravano come pratiche di intelligence nazionali, e non lo erano. Chi si era indotto a smantellare questo tipo di struttura, collegata peraltro a una struttura finanziaria italiana che si chiama Banca d’Italia, era stato proprio Craxi. Il progetto di privatizzare la Banca d’Italia rispondeva a questa volontà. E difatti, l’attacco frontale a Craxi è iniziato – combinazione – quando ha mostrato ufficialmente questo progetto. Nel momento in cui Craxi ha detto “voglio smantellare, privatizzare la Banca d’Italia”, è stato organizzato l’assalto – assalto che lui si è andato anche a cercare con i suoi errori, per carità. Non voglio avviare impropriamente una mitizzazione del personaggio: lui ha favorito tutto questo. Ma è pratica costante del potere approfittare delle debolezze e degli errori altrui – se no come potrebbe, il potere, essere veramente un potere?Noi in Italia siamo tuttora gestiti tramite la P1. Il potere le cose le fa sotto gli occhi di tutti. Tutti i giornali e i media parlano tranquillamente della P2 (della P3, della P4, della P5, della P6), ma nessuno si è mai chiesto fino in fondo perché si chiamasse P2. L’avete mai letta la spiegazione della Commissione Anselmi sul perché la P2 si chiamasse così? E’ una spiegazione ridicola: la vecchia loggia “Propaganda” sarebbe stata ricostruita secondo la nuova numerazione delle logge del Goi. E’ stata accettata acriticamente una evidente bugia del Grande Oriente d’Italia sui suoi archivi. Che aspettarsi, se la situazione sta in questi termini? E’ solo con la connivenza di tante persone che il potere può realizzare progetti così ambiziosi. E noi in Italia ci teniamo tuttora la P1, esattamente come negli anni Sessanta, senza che nessuno faccia un fiato. La massoneria aveva una mission di libertà, di indipendenza, di tutela dei diritti. Da quando quella missione si è smarrita, le cose sono andate come sappiamo. Gelli? E’ stato uno strumento di poteri infinitamente più alti. Coinvolgendo rapporti internazionali e il Super-Sismi, in Italia c’era una struttura al di sopra di Gelli, che ha utilizzato la P2 solo per le “pulizie di casa”.Quando dagli archivi del Goi è emersa una ricostruzione della P2 che comincia dalla data in cui Gelli diventa “venerabile”, io francamente non ci ho creduto. E non ci credo tuttora. Anche perché nessuna documentazione è stata raccolta, dalla Commissione Anselmi, su cosa sia successo – in quella che il Goi dice essere P2 – fino al 1970. Chi era il “venerabile” della P2 prima del 1970? Quando è stata ricostituita la loggia? Dov’è la bolla che ha ricostituito la “Propaganda” come “Propaganda 2”? Tutte domande rimaste senza risposta. Non sappiamo chi era il “venerabile” prima di Gelli, non sappiamo dell’attività della P2 prima del 1970, non sappiamo nulla. E allora mi pongo questo interrogativo: non è che si comincia da Gelli perché, quando è stata costruita la vicenda P2, probabilmente bisognava nascondere qualcos’altro? Sicuramente c’era una sovragestione.Una sovragestione la vedo anche nella nascita del Movimento 5 Stelle – una sovragestione parallela all’operazione Di Pietro. Ma ho fiducia nel fatto che, con i giusti sviluppi e gli opportuni accorgimenti, il Movimento 5 Stelle possa essere un bene. Ho visto dirigenti capaci – molti li ho conosciuti anche personalmente. Hanno quello che serve nella politica: il progetto. Questo è un momento in cui la gente tende a disperarsi, a pensare che non ci siano soluzioni. E invece bisogna sempre sperare di poter cambiare le cose, perché altrimenti la vita diventa una cosa molto piccola – e rischiamo anche noi, inconsapevolmente, di essere il frutto di una sovragestione. Quindi in realtà il Movimento 5 Stelle io lo vedo come una grande speranza, anche nel senso di riuscire a portare un movimento nato in un certo modo in qualcosa di diverso. In questo c’è una visione alchimistica della massoneria: gli alchimisti veri non trasformano il piombo in oro, sanno perfettamente che nel piombo è già contenuto l’oro. Il Movimento 5 Stelle è una grande possibilità di rinnovamento del paese. E’ un grande movimento anche etico, che si sviluppa su basi etiche e progettuali.Nel libro “Dalla massoneria al terrorismo” parto dalle origini leggendarie e poi storiche della massoneria, cito questa sua vocazione a essere costruttrice di civiltà, e amaramente arrivo alla condizione attuale, dove la massoneria stessa è diventata strumento di chi vuole dedicarsi alla distruzione. La caratteristica della sovragestione terroristica – che non è un’idea massonica, ma putroppo passa in questo momento storico tramite la complicità di una serie di realtà massoniche o para-massoniche – evidenzia questo paradosso: qualcosa che storicamente ha regalato all’umanità bellissime cattedrali e bellissime realtà, è diventato sostanziale strumento organizzativo della distruzione: il terrorismo è qualcosa che distrugge. Un massone come me lo sottolinea con dolore. Ma era inevitabile, vista l’evoluzione che c’è stata rispetto al tradimento delle origini della massoneria. Quando una serie di persone tradiscono le loro origini e il posto da cui vengono, le conseguenze sono queste.Poi arrivo anche a descrivere come avviene, questa sovragestione, com’è cresciuta nel tempo, quali personaggi ne sono stati protagonisti – citavo prima Michael Ledeen, ma parlo anche di Gelli, che pure accettò il ruolo ancillare della P2. Nel libro parlo delle scorribande compiute dagli anni ‘60 agli anni ‘90. Ledeen è un personaggio di cui nessuno parla, ma è stato protagonista della vita pseudo-politica non solo del suo paese, ma anche del nostro: è la riprova del fatto che siamo un paese drammaticamente eterogestito. Per gli aspetti che vedono Gelli coinvolto nel tentato golpe Borghese ho attinto al mio archivio personale, all’archivio della “legittima e storica comunione di Piazza del Gesù”, e racconto un carteggio tra Caradonna e Di Tullio (che è stato il mio precessore), che comprova che – sia pure in buona fede – la massoneria nazionale era stata fortemente coinvolta nel golpe Borghese. E questo coinvolgimento – pensate, i paradossi della storia – non si è perfezionato perché è intervenuto Giulio Andreotti.Cioè, Andreotti è intervenuto quando già erano state occupate le sedi Rai di Roma e Milano, rispettivamente da Giulio Caradonna e dallo stesso Carlo Alberto Di Tullio, e il vice di Gelli, Francesco Cosentino (un ex magistrato) era già nell’ufficio del presidente della Repubblica per convincerlo a firmare i vari decreti di sospensione dei diritti costituzionali. Così arrivò la telefonata di Andreotti, che dice a Gelli (cosa che Gelli ha riferito sia a Caradonna che a Di Tullio). Me lo confermò poi Andreotti stesso, quando lavorai per lui. Andreotti giustificò questa cosa sostenendo che lo avevano chiamato dall’America perché il colpo di Stato non avesse alcun esito.E poi racconto la sovragestione del terrorismo. La verità vera è che in Italia l’ultimo soggetto che si è opposto a questi poteri e a questa realtà è stato Craxi. Dopo di lui, non si è opposto più nessuno – Berlusconi compreso – perché ognuno aveva degli interessi da tutelare: Berlusconi aveva le aziende, Monti comunque era uno della partita. Ognuno, sul prinicipio del “tengo famiglia”, che in Italia è assolutamente dominante, ha deciso di non opporsi più a nessuna manovra di sovragestione. Mentre fino ai tempi di Craxi almeno qualche tentativo di non subire la sovragestione c’era stato – e se pensate a Sigonella capite cosa intendo – da quel momento in poi non c’è stato più nessuno che abbia deciso che l’Italia dovesse prendere decisioni indipendenti. E questa è una realtà difficilmente discutibile, sfido chiunque a dire che non è vero. Nel libro dunque faccio questa “cavalcata”, confermata da una cosa che, una volta, per i massoni, aveva un significato di sacralità, e cioè la tavola sull’architetto di Vitruvio. Era un architetto romano, prestigiosissimo e tuttora studiato nelle università. Cosa fa, Vitruvio? Scrive quali devono essere le caratteristiche dei costruttori.Questi stessi strumenti vengono oggi usati per distruggere, da questi attuali pseudo-massoni reazionari di cui fin dal 2003 avevo percepito drammaticamente l’esistenza e la potenza, prima che arrivasse il libro “Massoni” di Gioele Magaldi, col quale condivido la speranza vivificatrice che queste cose possano essee combattute. Nel mio libro, ricordo i principi di Vitruvio e dimostro come vengano applicati per distruggere, come venga messo in discussione lo stesso nascere della massoneria. Non è una difesa della massoneria, che è una dottrina e non ha bisogno di essere difesa da me. E’ solo un grave attacco a certi massoni, quello sì. Io non attacco mai il Cristianesimo, ma certi cattolici mi permetto di attaccarli: il Cristianesimo è comunque un’ideologia nobile, una filosofia di vita, una fede. Ma di alcuni personaggi del Cristianesimo, anche storici, non ho stima. Il mio è un libro di 200 pagine e contiene una postilla finale di Francesco Saba Sardi, “L’istituzione dell’odio”, fondamentale per capire certe cose.(Gianfranco Carpeoro, dichiarazioni rilasciate a “Border Radio” il 4 ottobre 2016, trasmissione web-radio ripresa anche su YouTube. Il libro “Dalla massoneria al terrorismo” – Uno Editori, 189 pagine, 13 euro – denuncia la “sovragestione” di potere diretta dall’élite massonica internazionale utilizzando i servizi segreti anche per operazioni come quella che oggi porta il nome di Isis).Dietro la nascita del 5 Stelle ci sono degli equivoci, e dei personaggi equivoci. Chi sta dietro Grillo si è abbastanza impegnato, coinvolgendo i livelli più alti dei 5 Stelle, in una frequentazione abituale di luoghi, ambasciate e consolati americani dove ricevono indicazioni che purtroppo poi mettono in pratica. Quindi il problema è che noi in Italia siamo sovragestiti. Non mi riferisco a tutto il mondo americano, ma a delle massonerie reazionarie che sono specializzate nel controllo delle rivoluzioni: praticano le contro-rivoluzioni controllando le rivoluzioni. E’ una vecchia pratica, è un’operazione riuscita a grandissimi livelli. Se pensate che in questo momento, tramite ambienti americani piuttosto precisi, figure come Michael Ledeen e compagnia cantante sponsorizzano tanto Renzi che Di Maio, ho l’impressione che il voto del referendum per certi aspetti sia inutile. Perché se Renzi vince (Renzi, non la riforma) diventa forte e ce lo dobbiamo tenere. Se Renzi perde, e diventa debole, ce lo teniamo lo stesso. Non cambia niente: perché un Renzi debole viene gestito in un modo, un Renzi forte viene gestito in un altro.
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Trump spaventa l’élite della guerra: deve morire, come Jfk
«Donald Trump è entrato in una “kill zone” politica: l’establishment statunitense si sta allineando per eliminarlo». Trump farà la fine di John Fitzgerald Kennedy. Solo che, stavolta, non serviranno pallottole vere: basteranno quelle, virtuali, “sparate” dai media, che rispondono agli ordini dello “Stato Profondo”, cioè il vertice finanziario, l’élite di Wall Street, il Pentagono e i suoi terminali di intelligence, Fbi e Cia. Lo sostiene il britannico Finian Cunningham, osservatore indipendente, già autore di editoriali per il “Mirror”, l’“Irish Times” e l’“Independent”. «Al giorno d’oggi, l’assassinio politico ad opera dell’autorità costituita non comporta necessariamente la liquidazione fisica di un individuo ritenuto un nemico dello Stato», specie se «la diffamazione di un personaggio pubblico raggiunge lo stesso risultato desiderato, vale a dire l’eliminazione del bersaglio dalla scena pubblica». Ma a impressionate Cunningham è l’inquietante parallelismo con Kennedy: anche Trump, infatti (sia pure a suo modo) si candida a interpretare un cambio di rotta radicale, all’insegna della “fine delle ostilità”: smobilitazione dell’Isis e pace con la Russia.«È ovvio che il potere costituito di Washington ha deciso di fare della rivale democratica Hillary Clinton la scelta da preferire per proteggere i loro interessi privilegiati», scrive Cunningham su “Sputnik News”, in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”. Diffamando l’antagonista Trump, i media mainstream divengono «complici dell’assassinio del suo personaggio agli occhi dell’opinione pubblica» Ed è il colmo, aggiunge Cunningham, «dato che ci sono storie molte più sordide sul conto della Clinton», coinvolta fino al collo nella strategia della tensione varata a livello internazionale dall’oligarchia neo-aristocratica statunitense: propaganda di guerra, operazioni clandestine volte ad un cambio di regime, nonché abuso del segreto di Stato per accrescere il proprio prestigio grazie a risorse finanziarie di provenienza estera. Secondo Cunningham, il punto è che la campagna di discredito per annientare Trump dimostra una volontà di «liquidazione politica», specialità «in cui la plutocrazia statunitense eccelle», fino a ieri anche con il ricorso sistematico all’omicidio, «l’effettiva uccisione del bersaglio».Il caso più noto è quello di Kennedy, assassinato a Dallas il 22 novembre 1963. In quel periodo, ricorda Cunningham, diversi altri leader politici stranieri vennero assassinati da agenti di Stato americani, inclusi Patrice Lumumba in Congo, Rafael Trujillo nella Repubblica Dominicana e Ngo Dinh Diem nel Vietnam del Sud. «L’assassinio politico era e continua ad essere la norma, in America». L’allora procuratore di New Orleans, Jim Garrison, che indagò sull’assassinio di Jfk, «sostenne che la ragione primaria per il suo assassinio era che il presidente stava lavorando per portare a conclusione la Guerra Fredda con la Russia: Kennedy stava utilizzando in sordina un canale riservato con la controparte russa Nikita Krushev per implementare piani ambiziosi per il disarmo nucleare». In più, aggiunge Cunningham, Jfk aveva nettamente bocciato le proposte segrete presentate dal Pentagono per un’azione nucleare preventiva ai danni dell’Unione Sovietica. E stava anche chiudendo con le operazioni terroristiche finanziate dalla Cia contro Cuba, preparando il ritiro delle truppe americane dalla nascente guerra in Vietnam.«In questo modo Kennedy era entrato nella “kill zone” politica per quel che riguardava il potente e non-eletto Stato Profondo. Le sue politiche stavano minacciando gli enormi interessi delle imprese degli armamenti militari, le grandi compagnie petrolifere e l’alta finanza di Wall Street. Quindi la Cia e i suoi killer a contratto vennero schierati per eliminare il problema». Oggi tocca a Trump? “The Donald” ha due aspetti in comune con Jfk, scrive Cunningham: «Come Kennedy, il magnate ha grosse disponibilità economiche, il che lo mette in condizione di parlare apertamente, senza il bisogno di doversi ingraziare potenti finanziatori». Il secondo e più importante aspetto è la politica estera: Trump si è ripetutamente scagliato contro l’inarrestabile consolidamento della Nato nell’Europa dell’Est, contro lo schieramento delle truppe americane oltremare e in particolare contro l’ostilità di Washington nei confronti di Mosca. Al contrario, Trump vorrebbe la normalizzazione delle relazioni con la Russia. E così, la sua posizione divenra «un anatema per l’establishment di Washington» che invece richiede, come assoluta necessità, «la demonizzazione delle nazioni straniere come minacce alla sicurezza nazionale, al fine di mantenere la gargantuesca economia militarizzata degli Stati Uniti».In sostanza, insiste Cunningham, lo “Stato Profondo” americano «prospera grazie al perpetuo ricrearsi delle guerre», dove la guerra «è una funzione permanente del fallito capitalismo americano». E questa “disfunzione sistemica” consiste in ciò che era e continua ad essere la Guerra Fredda con la Russia, ovvero «il pompaggio di milioni di dollari nelle casse dell’élite finanziaria e istituzionale, che continua a farla franca nonostante l’imbroglio, grazie ai suoi lacchè che serpeggiano nei canali politici e mediatici». Per questo, «chiunque osi sfidare i potenti interessi americani è esposto all’eliminazione: si entra nella zona di tiro». In passato, i metodi di eliminazione con effetto immediato prevedevano abitualmente l’eliminazione fisica. Cinque decadi dopo il governo Kennedy, continua Cunningham, i metodi di assassinio politico degli Stati Uniti si sono evoluti, divenendo più sofisticati: «Il più delle volte, la diffamazione può dirsi sufficiente. Nessun bisogno di assoldare sicari o invischiarsi in inchieste pubbliche. Saranno i killer mediatici ad occuparsene. Basterà piazzare il bersaglio al centro di un fuoco incrociato di un incessante bombardamento mediatico che non gli lasci scampo». Trump come Putin, un “problema” da eliminare. «Mettere fuori gioco i nemici politici “con effetto immediato” è il metodo americano».«Donald Trump è entrato in una “kill zone” politica: l’establishment statunitense si sta allineando per eliminarlo». Trump farà la fine di John Fitzgerald Kennedy. Solo che, stavolta, non serviranno pallottole vere: basteranno quelle, virtuali, “sparate” dai media, che rispondono agli ordini dello “Stato Profondo”, cioè il vertice finanziario, l’élite di Wall Street, il Pentagono e i suoi terminali di intelligence, Fbi e Cia. Lo sostiene il britannico Finian Cunningham, osservatore indipendente, già autore di editoriali per il “Mirror”, l’“Irish Times” e l’“Independent”. «Al giorno d’oggi, l’assassinio politico ad opera dell’autorità costituita non comporta necessariamente la liquidazione fisica di un individuo ritenuto un nemico dello Stato», specie se «la diffamazione di un personaggio pubblico raggiunge lo stesso risultato desiderato, vale a dire l’eliminazione del bersaglio dalla scena pubblica». Ma a impressionate Cunningham è l’inquietante parallelismo con Kennedy: anche Trump, infatti (sia pure a suo modo) si candida a interpretare un cambio di rotta radicale, all’insegna della “fine delle ostilità”: smobilitazione dell’Isis e pace con la Russia.
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Perso l’Isis, gli Usa puntano sui curdi per restare in Siria
Persa la possibilità di rovesciare Assad e conquistare la Siria, a causa del sostegno che Russia e Iran hanno fornito a Damasco, ora gli Usa puntano sui curdi, fino a ieri massacrati dai jihadisti dell’Isis protetti da Erdogan. Per lo Zio Sam, che ha perso il primo round ed è entrato in rotta anche con la Turchia, i combattenti del Kurdistan siriano – che hanno aiutato Assad a respingere l’Isis, assistiti dai russi – ora per Washington diventano la possibile “mossa del cavallo”, grazie alla promessa di una repubblica indipendente che Damasco non può garantire, e che getterebbe nel panico la Turchia. «Buttata la maschera, l’America minaccia militarmente Siria e Russia», avverte Maurizio Blondet: «Ammette di avere sul territorio siriano commandos e truppe americane che combattono contro il governo di Damasco a favore dei separatisti curdi; crea un “no-fly zone” di fatto sulla particella di territorio siriano che ha promesso ai curdi di rendere indipendente». Il generale Stephen Townsend, comandante delle forze Usa in Iraq e Siria, è esplicito: «Abbiamo informato i russi di cosa siamo pronti a fare: ci difenderemo se minacciati».E’ l’ennesima prova del vero volto della guerra siriana, dove l’Occidente ha sfruttato le prime proteste contro Assad, sul modello della “primavera araba”, per incunearsi in Siria – cioè a ridosso dell’Iran – con feroci milizie islamiste, finanziate e protette da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, nonché Arabia Saudita e Qatar, con il supporto occulto di Israele e lo sfrontato appoggio logistico della Turchia. Il modello operativo: lo stesso della Libia, da cui sono stati fatti affluire molti reparti impiegati contro Gheddafi. Variante: in Siria, dopo la prima versione della guerriglia, targata “Esercito Siriano Libero”, si è passati direttamente al regime terroristico dell’Isis, fino all’impiego di armi di distruzione di massa come il gas Sarin impiegato nella strage di civili alla periferia di Damasco nel settembre 2013. Sviluppi che hanno consentito a Putin di intervenire direttamente, coi bombardieri installati sul suolo siriano. Da qui l’abbattimento del Sukhoi-24 ad opera di un F-16 turco e, pochi mesi dopo, il fallito golpe ad Ankara che ha ribaltato i giochi: oggi, infatti, lo stesso Erdogan stringe la mano a Putin e annuncia che la Turchia si farà garante dell’integrità territoriale della Siria, cioè il paese che proprio i turchi – più di ogni altro – hanno contribuito a devastare, attraverso le armate dell’Isis.Il punto-chiave della svolta, riassume Blondet, sono i combattimenti ora in corso nel nord, ad Hasakah, tra le truppe siriane e la milizia curda dell’Ypg, spalleggiata da centinaia di commandos americani. Una situazione come quella di Aleppo, ma rovesciata: l’esercito siriano occupa la città, ma è circondato dalle milizie curde. Lo Ypg ha intimato ai “regolari” di abbandonare Hasakah, dove l’esercito di Assad è il solo protettore della grossa minoranza cristiana (assira), che teme di dover subire una pulizia etnica se i curdi avessero la meglio. Secondo Blondet, Hasakah potrebbe diventare una delle città del futuro Stato curdo, secondo un programma ben collaudato: “sfratto” delle minoranze e «plebiscito per l’appartenenza allo Stato curdo prossimo venturo, garantito da Usa e Sion». La milizia curda «è assistita dagli americani con la scusa che “combatte lo Stato Islamico” – che nella zona non c’è: combatte invece l’armata legittima di Damasco». I giochi si sono fatti pericolosi quando l’aviazione siriana – intervenuta per aprire vie di rifornimento al suo esercito assediato – ha quasi colpito i militari americani che sostengono l’assedio curdo.Gli aerei di Assad, scrive Blondet, hanno bombardato le posizioni Ypg: nel corso della missione aerea – accusa il Pentagono – poco è mancato che le truppe americane venissero colpite. Reazione immediata: caccia F-22 sono stati lanciati all’inseguimento dei bombardieri siriani. «Il Pentagono ha accusato Mosca, che ha risposto di non entrarci nel bombardamento di Hasakah». Ma, invece di appianare la situazione, «gli americani si sono impegnati in una gravissima escalation, di fatto minacciando di abbattere gli aerei che sorvolano Hasakah, russi o siriani che siano». In base al diritto internazionale, continua Blondet, non c’è alcuna base legale alla presenza di forze armate Usa in Siria. «Per questo, quando l’Air Force (dice) di aver cercato di contattare le forze siriane che stavano colpendo i militari americani sul terreno, Damasco ha ignorato il richiamo – altrimenti sarebbe stato ammettere che gli Usa sono un nemico occupante. Per tutta risposta, il Pentagono – invece di sloggiare le sue truppe da Hasakah, ne ha rafforzato il contingente».L’enormità della situazione, aggiunge Blondet, è stata rilevata dal giornalista tedesco Thomas Wiegold, che ha twittato: “Come? Ora gli Usa praticano il divieto di operare alle forze di un paese sul suo territorio?”. «Il punto è che il voltafaccia di Erdoğan ha messo in grave pericolo la promessa fatta da Usa e Israele ai curdi, di ritagliare per loro uno Stato indipendente (e loro satellite) nella zona tra Turchia, Siria, Iraq e Iran», osserva ancora Blondet. «Erdoğan si è recentemente pronunciato, in inaudita coordinazione con Teheran per “il mantenimento dell’integrità territoriale della Siria”, di cui quindi Turchia e Iran si fanno garanti (insieme ai russi e a Pechino): quindi nessuno smembramento della Siria per linee etniche e religiose; capendo finalmente che la Turchia, dal progetto, ha solo da perdere – un terzo del suo territorio, abitato dai curdi». Lo ha ripetuto qualche giorno fa il nuovo primo ministro turco Yildirim: «Nei prossimi sei mesi giocheremo un ruolo più attivo in Siria, voglio dire non permetteremo che la Siria sia divisa secondo linee etniche: ci assicureremo che il suo governo non sia basato su etnie».Il fatto è che l’anno scorso, i rappresentanti della regione curda (già autonoma sotto la Costituzione siriana) hanno elevato un annuncio di federalizzazione: annuncio unilaterale, non concordato e incostituzionale – su aperta istigazione statunitense. Gli Usa hanno fornito ai secessionisti «addestramento, armi, munizioni e 350 milioni di dollari “per combattere l’Isis”». La traduzione di Blondet: «Ormai è chiaro che, per i neocon che hanno occupato la politica estera Usa, i trattati internazionali sono stracci di carta: la forza è la sola “ragione”», inlcusa la pulizia etnica. «Oltretutto, i folli sentono l’urgenza frenetica di contrastare i successi di Mosca nell’area, di “far pagare un prezzo a Putin e ad Assad”; recuperare il danno inferto ai loro progetti da Erdoğan e vendicarsi di lui». A questo servirebbe la promessa fatta ai curdi, che lottano da decenni – soprattutto in Iraq e in Turchia – per il loro diritto a esistere, come popolo. Washington oggi ne impugna la causa, in modo evidentemente strumentale. E pericoloso: dietro alla Siria ci sono Mosca, Teheran e Pechino. «L’orribile attentato di Gaziantep, che ha sterminato più di cinquanta curdi partecipanti al matrimonio di un capoccia locale, capo del partito curdo rappresentato ad Ankara, si deve situare in questo quadro», conclude Blondet. «Naturalmente Erdoğan ha accusato l’Isis (ha imparato dagli americani); i curdi presenti hanno accusato Erdoğan. Non senza ragione, credo. Nella gara all’escalation irresponsabile, i neocon non sono i soli».Persa la possibilità di rovesciare Assad e conquistare la Siria, a causa del sostegno che Russia e Iran hanno fornito a Damasco, ora gli Usa puntano sui curdi, fino a ieri massacrati dai jihadisti dell’Isis protetti da Erdogan. Per lo Zio Sam, che ha perso il primo round ed è entrato in rotta anche con la Turchia, i combattenti del Kurdistan siriano – che hanno aiutato Assad a respingere l’Isis, assistiti dai russi – ora per Washington diventano la possibile “mossa del cavallo”, grazie alla promessa di una repubblica indipendente che Damasco non può garantire, e che getterebbe nel panico la Turchia. «Buttata la maschera, l’America minaccia militarmente Siria e Russia», avverte Maurizio Blondet: «Ammette di avere sul territorio siriano commandos e truppe americane che combattono contro il governo di Damasco a favore dei separatisti curdi; crea un “no-fly zone” di fatto sulla particella di territorio siriano che ha promesso ai curdi di rendere indipendente». Il generale Stephen Townsend, comandante delle forze Usa in Iraq e Siria, è esplicito: «Abbiamo informato i russi di cosa siamo pronti a fare: ci difenderemo se minacciati».