Archivio del Tag ‘globalizzazione’
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Punire i migranti, legge infame: e il M5S boccia Grillo
«Siamo diventati oltre sette miliardi, e siamo tutti su un pianerottolo. Grillo e Casaleggio pensano davvero che il problema si risolverà cacciando via i sei miliardi che stanno arrivando? Se lo pensano vuol dire che pensano di farlo con la forza. Il fatto è che, ogni giorno che passa, anche quelli stanno diventando sempre più forti. E tra un po’ potremmo essere noi a dover scendere dal pianerottolo». Giulietto Chiesa, che ha sempre sostenuto con entusiasmo la capacità di mobilitazione civica espressa dal “Movimento 5 Stelle” contro gli abusi antidemocratici della casta, quella dei grandi partiti ridotti al ruolo di semplici “maggiordomi” dei poteri forti, ora si schiera senza riserve coi parlamentari grillini, “fulminati” dal tandem Grillo-Casaleggio per aver promosso l’emendamento sull’abolizione del reato di clandestinità all’indomani della strage di Lampedusa. Catastrofe umanitaria che ha costretto persino l’Unione Europea di Barroso – fischiato dagli abitanti dell’isola – ad ammettere che non è più possibile continuare a trincerarsi nell’ipocrisia della “Fortezza Europa”, prima responsabile della disperazione dei profughi per lo storico sfruttamento dei loro paesi.«Non entro nel merito degli argomenti che riguardano i metodi interni del M5S: non mi riguardano, ciascuno sceglie i criteri di disciplina interna che ritiene opportuni, e se ne assume la responsabilità», premette Chiesa, che tuttavia aggiunge: identificare il Movimento 5 Stelle coi milioni di italiani che l’hanno votato «è una evidente sciocchezza»: basta leggere l’ondata di proteste piovute sul blog di Grillo. Pretendere che il vertice abbia sempre ragione, dice Chiesa in un intervento su “Megachip”, «a me fa venire in mente “l’unità indistruttibile di partito e popolo” di sovietica memoria: sappiamo com’è andata a finire». Parole come “opinione pubblica” e “volontà popolare” sono da maneggiare con cura, specie in una società manipolata: Grillo e Casaleggio pensano forse che la grande massa di cittadini elettori sia già bell’e pronta ad affrontare le drammatiche trasformazioni della loro vita che questa crisi comporta e comporterà?«Peggio ancora là dove si ammette che una norma gravemente illegale, anticostituzionale, antiumana, irrazionale e controproducente viene considerata – da Grillo e Casaleggio – utile a prendere voti», continua Chiesa, presidente del laboratorio politico “Alternativa”. «Pensare poi – e scriverlo – che i disgraziati che salgono sui barconi lo facciano dopo avere studiato il nostro sistema giuridico e, dunque, concludere che togliere il reato di clandestinità equivalga a un invito ai candidati migranti a imbarcarsi per l’Italia, significa non rendersi conto di una elementare realtà: l’ondata migratoria ha cause ben più profonde, non esorcizzabili da una legge italiana, per quanto feroce essa sia». Quando nel 2009 «quella legge infame era ancora in discussione», giuristi come Rodotà e Zagrebelski fecero presente che l’introduzione di quel reato avrebbe paralizzato il sistema penale, citando la Corte Costituzionale: la crisi produce emarginazione, “nasconde” la miseria e tende a criminalizzare le persone in condizione di povertà come pericolose e colpevoli. Grillo e Casaleggio vanno oltre queste tentazioni: «Le impugnano come armi in difesa degli italiani poveri, in base alla logica dei polli a testa in giù nelle mani di Renzo», conclude Chiesa. «Non si va lontano con queste idee, purtroppo, e ce ne dispiace».«Siamo diventati oltre sette miliardi, e siamo tutti su un pianerottolo. Grillo e Casaleggio pensano davvero che il problema si risolverà cacciando via i sei miliardi che stanno arrivando? Se lo pensano vuol dire che pensano di farlo con la forza. Il fatto è che, ogni giorno che passa, anche quelli stanno diventando sempre più forti. E tra un po’ potremmo essere noi a dover scendere dal pianerottolo». Giulietto Chiesa, che ha sempre sostenuto con entusiasmo la capacità di mobilitazione civica espressa dal “Movimento 5 Stelle” contro gli abusi antidemocratici della casta, quella dei grandi partiti ridotti al ruolo di semplici “maggiordomi” dei poteri forti, ora si schiera senza riserve coi parlamentari grillini, “fulminati” dal tandem Grillo-Casaleggio per aver promosso l’emendamento sull’abolizione del reato di clandestinità all’indomani della strage di Lampedusa. Catastrofe umanitaria che ha costretto persino l’Unione Europea di Barroso – fischiato dagli abitanti dell’isola – ad ammettere che non è più possibile continuare a trincerarsi nell’ipocrisia della “Fortezza Europa”, prima responsabile della disperazione dei profughi per lo storico sfruttamento dei loro paesi.
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Scalea: soldi facili, così la finanza ha rovinato l’economia
Il problema è che la finanza, da strumento dell’economia, ne è divenuta il cuore. La banca, a sua volta, da strumento dell’impresa ne è diventata proprietaria. E la Borsa non è più lo strumento degli investitori, ma il tempio degli speculatori. Così la speculazione ha superato l’investimento, e la rendita i profitti: questo, riassume Daniele Scalea, è il problema a monte che rende qualsiasi ripresa fragile, e il sistema economico globale squilibrato e instabile. Difficile, per il sistema politico mondiale, porre un freno al disastro. Ci ha provato la Russia al G-20 di San Pietroburgo, fissando come priorità «lo sviluppo di una serie di misure volte a promuovere una crescita sostenibile, inclusiva ed equilibrata, e la creazione di posti di lavoro nel mondo». Secondo Putin, il benessere va ottenuto tramite investimenti in posti di lavoro di qualità, condizioni di trasparenza e fiducia, nonché un’efficace regolamentazione: cioè una retromarcia completa rispetto allo spettacolo messo in scena dall’Occidente negli ultimi trent’anni.«La deregulation, parola d’ordine lanciata negli anni ‘70, ha rappresentato un mantra del neoliberalismo, almeno finché non è divenuto evidente il ruolo da essa avuto nel provocare la crisi finanziaria del 2008», scrive su “Huffington Post” lo stesso Scalea, condirettore della rivista “Geopolitica” e direttore dell’Isag di Roma, istituto di alti studi in geopolitica e scienze ausiliarie. «L’episodio più importante fu rappresentato, negli Usa, dal Gramm-Leach-Bliley Act, proposto dai tre parlamentari repubblicani eponimi ma approvato nel 1999 con un’ampia maggioranza bipartisan». Fine delle regole: «La legge era nata per rispondere all’esigenza creatasi con la nascita di Citigroup, l’anno precedente, e abolì una parte del Glass-Steagall Act del 1933», la famosa legge varata dopo la Grande Depressione del ’29, che aveva separato le banche d’investimento dalle banche commerciali, impedendo alle prime – impegnate nelle speculazioni più rischiose – di raccogliere depositi dai risparmiatori.Dal fatidico ’99, dunque, anche i risparmi delle famiglie sono finiti nelle speculazioni a più alto rischio, in particolare quelle legate alle cartolarizzazioni, fattesi sempre più sofisticate dagli anni ‘80 in poi. «La cartolarizzazione – spiega Scalea – altro non è che la cessione di crediti o attività di una società tramite l’emissione di titoli obbligazionari». Nei primi anni ‘90 divennero popolari i famigerati derivati: titoli il cui prezzo è legato al valore di mercato di uno o più beni, e la cui ratio è la copertura da un rischio finanziario connesso a quei beni stessi. Proprio i derivati «sono divenuti lo strumento prediletto della speculazione, in particolare tramite le vendite allo scoperto», cioè l’impegno a vendere, in una certa data, un determinato bene che ancora non si possiede nel momento in cui si sigla il contratto. Tuttavia, aggiunge Scalea, la deregolamentazione e i “fantasiosi” nuovi strumenti finanziari (creati non da economisti, ma da matematici) rappresentano «solo il corso finale d’una più grande problematica che scorre a monte: quella della finanziarizzazione dell’economia».Quando la finanza prende il sopravvento, sottolinea il condirettore di “Geopolitica”, l’economia reale finisce sempre per risentirne. Accadde così anche nel ’29: «Nel primo dopoguerra, l’economia mondiale era ripartita grazie a uno schema triangolare tra Usa, Germania e altri paesi dell’Europa Occidentale. Washington garantiva alla Germania gl’investimenti per ricostruirne l’economia (non a caso, la tensione postbellica tra Parigi e Berlino fu risolta dal Piano Dawes, che deve il suo nome non a un abile diplomatico bensì a un ricco banchiere); la Germania poteva così pagare le riparazioni di guerra ai paesi europei vincitori del conflitto, e quest’ultimi acquistavano grosse quantità di beni di consumo dagli Usa». La macchina, continua Scalea, s’inceppò proprio quando i profitti a Wall Street divennero così elevati che risparmiatori, imprenditori e banchieri americani cominciarono a trovare più profittevole speculare tutto in Borsa, piuttosto che investire qualcosa nell’economia reale europea. «Quest’ultima rallentò, facendo calare bruscamente gli ordinativi di beni dagli Usa, con conseguente crisi di sovrapproduzione e successivo crollo della Borsa».Analogamente, anche la crisi del 2008 trova la sua genesi nella supremazia della finanza sull’economia reale. Dopo la “stagflazione” degli anni ‘70, ricorda Scalea, la ripresa della crescita economica ha visto quest’ultima concentrarsi sempre più nel segmento finanziario, con parallelo esplodere però anche dei debiti pubblici e il fabbisogno statale crescentemente affidato ai mercati per la sua copertura. Crescita che è stata alimentata da una serie di bolle: prima quella dell’information technology (2000-2001), poi quella dei mutui immobiliari Usa (2007). «L’esigenza di immettere sul mercato titoli da negoziare ha spinto a trascurare la solidità dei sottostanti (vedi mutui subprime): il derivato finanziario è divenuto la ragion d’essere, l’economia reale un semplice strumento». Idem la Borsa: era «il luogo ideale in cui far incontrare i risparmiatori desiderosi d’investire i loro capitali e gl’imprenditori capaci di farli fruttare», quindi in un orizzonte fatto di economia reale, e invece è divenuta una realtà a sé stante: «Le azioni non si comprano più per partecipare dell’impresa e dei suoi utili, ma per speculare sulle variazioni del prezzo di mercato dei titoli stessi».La Borsa, scrive Scalea, ha preso a pullulare di strumenti finanziari, come i derivati, solo debolmente connessi alla realtà economica: «Gli azionisti non guardano più al bene a lungo termine dell’azienda, ma alla possibilità a breve termine di realizzare plusvalenze uscendo dall’azionariato». Complici di questo gioco, i manager: «Per compiacere gli azionisti, hanno indugiato nella pratica di distribuire generosi dividendi anche quando i conti della società non erano positivi, col semplice fine di rendere le azioni più appetibili e dunque farne crescere il valore di mercato a breve, anche se questo minava la solidità aziendale sul lungo periodo». Fenomeno aggravato dall’abitudine di concedere ai manager bonus in azioni della società. Pratiche state denunciate anche dai media all’indomani del crollo borsistico del 2008, eppure continuano ad essere messe in atto. Se fino a ieri la finanza era un mezzo per supportare l’economia, ora è l’unico vero fine a cui mira chi dovrebbe occuparsi del benessere generale, a cominciare dai posti di lavoro.Il problema è che la finanza, da strumento dell’economia, ne è divenuta il cuore. La banca, a sua volta, da strumento dell’impresa ne è diventata proprietaria. E la Borsa non è più lo strumento degli investitori, ma il tempio degli speculatori. Così la speculazione ha superato l’investimento, e la rendita i profitti: questo, riassume Daniele Scalea, è il problema a monte che rende qualsiasi ripresa fragile, e il sistema economico globale squilibrato e instabile. Difficile, per il sistema politico mondiale, porre un freno al disastro. Ci ha provato la Russia al G-20 di San Pietroburgo, fissando come priorità «lo sviluppo di una serie di misure volte a promuovere una crescita sostenibile, inclusiva ed equilibrata, e la creazione di posti di lavoro nel mondo». Secondo Putin, il benessere va ottenuto tramite investimenti in posti di lavoro di qualità, condizioni di trasparenza e fiducia, nonché un’efficace regolamentazione: cioè una retromarcia completa rispetto allo spettacolo messo in scena dall’Occidente negli ultimi trent’anni.
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Whitney: gli Usa sono la più grande piaga del mondo
Gli Stati Uniti sono la più grande piaga del mondo. Non importa dove vivi o cosa fai, gli Stati Uniti troveranno sempre qualche scusa per ficcare il naso negli affari tuoi e per renderti la vita infelice. Ecco perché gli Stati Uniti hanno tanti nemici, perché si mettono sempre in mezzo, in qualsiasi impiccio che capiti, in qualsiasi parte del mondo. Quelli di Washington proprio non riescono a sopportare l’idea che ci sia qualcuno, non importa dove, che potrebbe vivere una vita normale e felice senza doversi aspettare di essere bombardato per un attacco di “drone” o di essere sbattuto dentro qualche buco nero, dove la Cia può strapparti le unghie o farti diventare nero e blu. Questo è tutto quello che ha prodotto questa guerra globale al terrorismo – solo questo.
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Delors e l’euro, la moneta-mostro ideata da Goldman Sachs
Alle elementari avevo un maestro perverso. Questo bruto dalla chioma fiammeggiante si divertiva a colpire i suoi allievi con due canne di vimini scuro, che aveva battezzato Katie e Maggie, però quando Mr C. non stava frustandoci il palmo delle mani, ci teneva delle dotte lezioni per spiegarci tutti i motivi che non ci dovevano mai indurre ad usare la violenza. Ecco José Manuel Barroso, mi ricorda proprio Mr C. – anche se i due uomini non hanno nessuna somiglianza fisica tra di loro. Il capo della Commissione Europea sta tenendo le fila di un esperimento sadico che ha inflitto sofferenze a milioni di persone che non avevano avuto niente a che vedere con la crisi finanziaria, oggi però vuol farci credere di aver trovato una sua coscienza sociale. Questo mese Barroso e soci stanno presentandoci un cinico esperimento di austerità – addolcita. Un nuovo documento politico emesso dalla Commissione ricorda che ci dovrebbe essere un maggior controllo sulle politiche occupazionali nei paesi della zona euro.
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La cena segreta: Draghi da Scalfari con Letta e Napolitano
«Mancava soltanto Francesco, il Papa. Lo aspettavano per il caffè ma poi ha dato buca. Tutti gli altri erano lì», racconta Paolo Guzzanti sul “Giornale”. Metti una sera a cena: con Napolitano, Letta e nientemeno che sua maestà Mario Draghi. Dove? A casa di Eugenio Scalfari, il fondatore di “Repubblica”. Che, tra un colloquio e l’altro col Pontefice, trova anche il tempo di occuparsi del destino della nazione. Non in qualità di giornalista, come forse ci si aspetterebbe, e neppure di “consigliere del principe”. Anche perché in questo caso i principi sono addirittura tre. E il consigliato è lui, che riceve precise istruzioni da trasmettere alla plebe dei lettori. Loro, gli italiani incorreggibili che dimostrano «l’incapacità della massa di fare progressi» e cedono di fronte all’altro grande male che affligge il paese, «la caparbietà di Berlusconi nel privilegiare se stesso». Un racconto lunare, quello che offre “Dapospia” attingendo al “Fatto Quotidiano”, sulla famosa cena (ovviamente informale, dunque top secret) del 20 settembre: la folla di agenti in borghese e l’inattesa processione di auto blu in piazza della Minerva, nel cuore di Roma, alla vigilia del tremebondo ricatto berlusconiano contro il governo Letta.«Non sapremo mai cosa si sono detti», ma possiamo desumerlo dall’articolo in cui Scalfari, due giorni dopo, “spiega” che il governo Letta, così come l’esecutivo Monti, non è stato una scelta, ma solo «il prodotto necessario d’una situazione priva di alternative». Napolitano, Letta e Draghi? Sono «lo scudo Italia-Europa». Cioè «i nostri tre punti di forza, che hanno l’Europa come obiettivo preminente per l’avvenire di tutti». Ben più drastica, e di segno diametralmente opposto, l’interpretazione di “Movisol”, il movimento internazionale per i diritti civili presieduto da Liliana Gorini: «L’Ue trama un altro golpe in Italia per prorogare lo “stato di necessità”». Enrico Letta, sostiene “Movisol” nel suo sito, ha superato il voto di fiducia alle Camere anche grazie ai meccanismi di “stabilizzazione” politica messi in atto da Bruxelles per «assicurare che saranno prese decisioni conformi allo “stato di necessità”» decretato dall’Unione Europea. Traduzione: «Le elezioni vanno evitate a tutti i costi e il golpe avviato con la nomina di Mario Monti deve proseguire, per assicurare che gli italiani si immolino per salvare l’euro».“Movisol”, che si richiama all’economista statunitense Lyndon LaRouche, più volte candidato alla presidenza Usa e autore di una proposta per la ristrutturazione democratica del sistema finanziario mondiale, attribuisce grande importanza al vertice informale del 20 settembre, nel quale include anche la presidente della Camera, Laura Boldrini, eletta in Parlamento dal partito di Vendola. Scalfari e i suoi commensali? «Tutti membri della corrente spinelliana del “partito britannico”». Chiari i riferimenti al padre nobile del federalismo europeo, l’intellettuale antifascista Altiero Spinelli, e ad un’altra famosa cena, tristemente nota: quella del ’92 in cui, a bordo del panfilo Britannia ormeggiato a Civitavecchia, l’allora direttore del Tesoro, Mario Draghi, fu messo a parte del primo grande piano di privatizzazioni selvagge ai danni del patrimonio pubblico italiano. Sul vascello dei reali inglesi, insieme a Draghi, il gotha della finanza anglosassone: è lo stesso super-clan planetario – oggi Gruppo dei Trenta, Bilderberg, Goldman Sachs – di cui allora l’opinione pubblica non aveva praticamente mai sentito parlare.«Ciò che il partito britannico teme – scrive “Movisol” – è che il sentimento anti-austerità nella popolazione italiana (che Berlusconi sicuramente sfrutta per salvarsi, ma questo è solo una complicazione per gli smarriti) possa sfociare in un definitivo voto anti-euro in caso di nuove elezioni». Attenzione: il fronte anti-euro si sta finalmente organizzando su scala pan-europea. Il 23 settembre a Roma si è tenuto il primo incontro degli euroscettici del nord e del sud del continente. Presenze importanti: da Hans-Olaf Henkel dell’università di Mannheim, già capo della Confindustria tedesca, a Brigitte Granville, economista della Queen Mary University di Londra. Fra gli italiani, oltre a Carlo Borghi e Alberto Bagnai, anche l’ex ministro Giuseppe Guarino, secondo cui la politica “zero deficit” dell’Ue non solo è sbagliata, ingiusta e suicida, ma è pure illegale persino per la stessa normativa comunitaria.«Per giustificare l’illegalità – sostiene “Movisol” – l’Ue ha costantemente usato l’argomentazione dello “stato di necessità”, che secondo Karl Schmitt autorizza a sospendere la Costituzione». In realtà, «lo stato di necessità è dettato dall’imperativo di salvare il sistema oligarchico», e nell’estate 2011 Bruxelles lo ha imposto all’Italia «manipolando il valore dei suoi titoli di Stato: la Bce ha prima lasciato cadere i titoli, ed è intervenuta successivamente ad acquistarli per sostenere il governo Monti». Si ripeterà il giochetto con Letta? Altra domanda: è questo che Draghi ha discusso nella “cena delle trame”? E il suo annuncio al Parlamento Europeo che la Bce è pronta ad un’altra mega-iniezione di liquidità per le banche (Ltro) ha a che fare con questo? Ma soprattutto: Draghi cosa avrebbe chiesto, in cambio, ai suoi illustri commensali? «Il Financial Stability Assessment del Fmi per l’Italia, rilasciato il 27 settembre – conclude “Movisol” – raccomanda l’applicazione del bail-in (prelievo forzoso) per soccorrere le banche italiane. È quanto ha chiesto Draghi? O si è limitato a sollecitare le privatizzazioni, in consueto “stile Britannia”?». Magari lo si potrebbe chiedere a Scalfari, se solo facesse ancora il giornalista.«Mancava soltanto Francesco, il Papa. Lo aspettavano per il caffè ma poi ha dato buca. Tutti gli altri erano lì», racconta Paolo Guzzanti sul “Giornale”. Metti una sera a cena: con Napolitano, Letta e nientemeno che sua maestà Mario Draghi. Dove? A casa di Eugenio Scalfari, il fondatore di “Repubblica”. Che, tra un colloquio e l’altro col Pontefice, trova anche il tempo di occuparsi del destino della nazione. Non in qualità di giornalista, come forse ci si aspetterebbe, e neppure di “consigliere del principe”. Anche perché in questo caso i principi sono addirittura tre. E il consigliato è lui, che riceve precise istruzioni da trasmettere alla plebe dei lettori. Loro, gli italiani incorreggibili che dimostrano «l’incapacità della massa di fare progressi» e cedono di fronte all’altro grande male che affligge il paese, «la caparbietà di Berlusconi nel privilegiare se stesso». Un racconto lunare, quello che offre “Dapospia” attingendo al “Fatto Quotidiano”, sulla famosa cena (ovviamente informale, dunque top secret) del 20 settembre: la folla di agenti in borghese e l’inattesa processione di auto blu in piazza della Minerva, nel cuore di Roma, alla vigilia del tremebondo ricatto berlusconiano contro il governo Letta.
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Italia vicina al collasso voluto dall’Ue, e la casta obbedisce
Svalutazione interna del 10%, vale a dire: l’Italia deve “costare” meno. Meno soldi per salari, pensioni e servizi, mettendo mano alle “riforme strutturali” neoliberiste invocate da Mario Monti e ora sul tavolo di Letta, Alfano e Saccomanni, cioè la “squadra” messa insieme da Napolitano. E’ la drammatica “ricetta” avanzata dall’élite finanziaria mondiale per tramite del famigerato Fmi, che nella settimana della crisi-burla ha recapitato a Roma un dossier di 300 pagine in cui il braccio armato della Troika disegna l’imminente fallimento del nostro paese, prenotandone la resa: cessione dello Stato a prezzi di realizzo, smantellamento di quel che resta del welfare, ulteriore compressione degli stipendi. Il rapporto rivela che il saldo della nostra bilancia dei pagamenti è migliorato solo “per disgrazia ricevuta”: spendiamo meno per le importazioni perché stanno franando i consumi sotto la scure dell’austerità, mentre le aziende chiudono e il 25% dei giovanissimi vive in famiglie che non sanno più come arrivare alla fine del mese.
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11/9, ora l’America sa che il governo le ha mentito
Hanno davvero assassinato tremila innocenti per poi avere l’alibi per invadere il mondo? I retroscena sull’11 Settembre, ancora giudicati “puro delirio cospirazionista” dal mainstream, stanno facendo passi da gigante: di fronte all’aggressione della Siria, l’ex deputato Dennis Kucinich ha detto che gli Stati Uniti «diventeranno ufficialmente l’aeronautica militare di Al-Qaeda», ma l’America ne ha avuto abbastanza: nove americani su dieci erano contrari all’invasione. E a proposito dell’11 Settembre, un incredibile 84% delle persone oggi dice che il governo sta mentendo. «Disponiamo di precedenti documentati storicamente che dimostrano come il governo sia pronto a commettere i peggiori crimini contro la propria stessa popolazione». Grazie a “Consensus 9/11”, il board di tecnici indipendenti che ha smontato la verità ufficiale, emerge in tutta la sua minacciosa potenza la tesi peggiore, quella della strategia della tensione: senza esplosivo, le Torri Gemelle non sarebbero mai crollate. Lo dicono ex funzionari dell’intelligence, ingegneri, vigili del fuoco.
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Dal sangue di Lampedusa nasca una Carta del Futuro
Incredibile nella sua ipocrisia, il mainstream italiano – politica e media – non si fa scrupolo di criticare la sordità dell’Europa di fronte all’ennesima strage degli innocenti, a Lampedusa, continuando a tacere sulla strage economica che la stessa Europa sta organizzando ai danni di altri innocenti, i popoli dei paesi mediterranei, strangolati nella spirale senza fine del ricatto finanziario che produce povertà, disperazione e suicidi. «È stato molto significativo che il primo viaggio apostolico di Papa Francesco, a luglio, sia stato proprio a Lampedusa, lungo una riva che è snodo di tragedie planetarie, tradotte in infinite tragedie umane individuali», scrive Giulietto Chiesa, presidente del laboratorio politico “Alternativa”. «Si attende ancora, invece, un risveglio di tutte le classi dirigenti europee, che però, in quelle acque, vedrebbero rispecchiarsi le proprie facce, ossia le cause delle tragedie».
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Dopo la Siria, sollevazione anti-Usa: non fate più paura
Nel 1991, gli Stati Uniti avevano considerato che la fine del loro grande rivale liberava il loro budget militare e permetteva loro di sviluppare la propria prosperità. Il presidente George H. Bush (il padre) aveva cominciato, dopo l’operazione Desert Storm, a ridurre le dimensioni delle sue forze armate. Il suo successore, Bill Clinton, rafforzò questa tendenza. Tuttavia, il Congresso repubblicano, eletto nel 1995, rimise in questione questa scelta e impose un riarmo senza nemici da combattere. I neo-conservatori lanciarono il loro paese all’assalto del mondo per creare il primo impero globale. Fu solo in occasione degli attentati dell’11 settembre 2001 che il presidente George W. Bush (il figlio ) decise di invadere successivamente l’Afghanistan e l’Iraq, la Libia e la Siria, poi la Somalia e il Sudan, e di terminare con l’Iran, prima di volgersi verso la Cina.
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Giovani, addio lavoro: spezzare l’Italia, missione compiuta
Allarme, dramma, tragedia. Sono i vocaboli con cui giornali, sindacati e Confindustria definiscono la catastrofe della disoccupazione indotta dalle politiche di rigore volute da Bruxelles. In Italia quasi un giovane su due non ha lavoro e, nel complesso, gli italiani disoccupati sono oltre 3 milioni. Un dato in continuo aumento: situazione desolante, fotografata dall’Istat e da Eurostat. Un record storico, addirittura, per i giovanissimi tra i 15 e i 24 anni: la massa dei senza lavoro supera il 40%, raggiungendo una soglia mai toccata dal 1977, anno d’inizio delle rilevazioni trimestrali. Peggio di noi, solo Spagna e Grecia. E’ la resa del Sud Europa al micidiale “economicidio” decretato dall’Eurozona: niente moneta sovrana e quindi tagli alla spesa pubblica, terremoto sul sistema di welfare, frana del credito, crollo dei consumi, agonia delle aziende e lavoratori a spasso. Da Monti a Letta, la musica non cambia: anzi, rispetto allo scorso anno la disoccupazione è cresciuta ancora, dell’1,4%, mentre la politica non accenna a riconoscere la causa del problema.
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Dietro alle “lacrime napolitane”, i boss del vero potere
Il governo Letta è andato a gambe all’aria. L’annuncio, con le dimissioni dei ministri Pdl, è arrivato un sabato di settembre e subito è partito il coro greco degli italiani, abituati al pianto a comando. Un governo sciapo, inconsistente, immobile. Perché piangere? Guardi Letta, imbronciato come un bimbo cui sia stato rotto il trenino e pensi, quest’uomo conosce la coerenza? Il 24 giugno 2012, intervistato da Arturo Celletti di “Avvenire”, s’era scagliato contro Berlusconi e Di Pietro parlandone come di «un male per l’Italia» e, della crisi, come «ossigeno per le forze antisistema», tanto da augurarsi un «grande progetto per il paese» sotto forma di «offerta politica capace di attrarre e convincere: noi, Casini e Vendola. Funzionerebbe. Avrebbe appeal europeo. Avrebbe forza». Sappiamo com’è andata a finire. E ancora, il 26 giugno, intervistato da Teresa Bartoli del quotidiano “Il Mattino” di Napoli, eccitato dall’idea di un patto per arginare il populismo incarnato da Berlusconi, Di Pietro e Grillo: «La questione chiave è l’esclusione del populismo.
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Salvare l’Italia? Dimentichiamoci Letta, Renzi e Berlusconi
La parola d’ordine è una sola: vincere. Così Mussolini dal fatale balcone, tanti anni fa. Oggi che il Duce non c’è più, resta comunque una parola d’ordine – un’altra: sopravvivere – ed è sempre l’indizio di un gioco truccato. Chi parla per proclami, oggi più di ieri, sta barando: sa benissimo che la verità è lontana anni luce dalle parole. Non solo non si può “vincere”, ma non si può più nemmeno sopravvivere. E’ matematico, pallottoliere alla mano: se non hai più moneta da creare e quindi da spendere, e se ormai è lo straniero a gestire addirittura la tua borsa, le speranze di continuare a galleggiare – lavoro, consumi, servizi – sono ridotte a zero. La beffa suprema è che la verità seguita e restare fuori dalla porta, oscurata con zelo dai mattatori della disinformazione, oscuri manovali e pallidi eredi del Solista del Balcone. Agli ordini delle grandi lobby che dominano le comparse della democrazia – cartelli elettorali e semi-leader, sindacati e ras industriali complici della finanza – giornali e televisioni parlano di Letta, Napolitano e Berlusconi come di autorità politiche in grado di gestire davvero la crisi italiana, senza mai neppure domandarsi da dove venga, questa maledetta crisi.