Archivio del Tag ‘global warming’
-
Franco Prodi: Greta, abbaglio mondiale. Non è colpa nostra
Con Greta siamo di fronte a un abbaglio mondiale: perché questo movimento incanala nella direzione sbagliata, cioè la lotta al riscaldamento globale, quella che è in realtà un’urgenza giusta, ovvero la salvaguardia del pianeta. Al momento, nessuna ricerca scientifica stabilisce una relazione certa tra le attività dell’uomo e il riscaldamento globale. Perciò, dire che siamo noi i responsabili dei cambiamenti climatici è scientificamente infondato. Io non nego affatto che ci siano i cambiamenti climatici. La storia del nostro pianeta è anche la storia dei cambiamenti climatici che si sono susseguiti nel tempo. Nel tardo medioevo, intorno all’anno 1200, è noto che la temperatura della Terra aumentò significativamente. Così come sappiamo che a metà del diciassettesimo secolo ci fu un fenomeno inverso, ovvero una piccola glaciazione. In entrambi i casi, l’uomo non aveva ancora sviluppato tutte quelle attività industriali che oggi sono considerate responsabili dei cambiamenti climatici. Come si può dire, dunque, che per il 95% è colpa dell’uomo?I dati che abbiamo a disposizione dicono che, dai primi anni dell’ottocento (quando sono state state impiantate le prime stazioni meteorologiche in diverse parti del mondo), la temperatura media globale è cresciuta ogni secolo di un decimo di grado. Questo è innegabile, nessuno lo contesta. Ciò che è in discussione, nella comunità scientifica, è la causa di questa crescita. Per certo si sa che il clima terrestre è il risultato dello scambio di due flussi di fotoni: uno che dal Sole va verso la Terra, e l’altro che sale dalla Terra verso l’esterno. Come sa, il Sole è un corpo che misura quasi 6.000 gradi kelvin. La Terra, invece, ha una temperatura di 300 gradi kelvin, circa 25,5 gradi centigradi. È come se da una parte ci fosse una lampada, e dall’altra una palla di vetro. In mezzo a esse, l’atmosfera. Significa che la temperatura della palla di vetro dipende da una molteplicità di fattori, tra cui la distanza che c’è tra la lampada e la palla di vetro. Una distanza che non è sempre costante, e che dipende da una molteplicità di fattori che non sono facilmente calcolabili. Per questo, non possiamo stabilire con esattezza quanto il riscaldamento climatico sia responsabilità dell’uomo e quanto, invece, dipenda da altri fattori.Perché la scienza è così incerta? Perché la scienza del clima è ancora nell’età dell’infanzia. È nata nel 1800. Prima non esisteva nulla di paragonabile. E con i modelli che ha a disposizione, può solo elaborare degli scenari incompleti. Incompleti, soprattutto, se qualcuno intende basare su di essi il destino dell’umanità. Farlo, non sarebbe un atto di coscienza ecologica. Piuttosto, di incoscienza scientifica. Sinceramente non mi allarmo, quando leggo che una parte del Monte Bianco si sta sciogliendo: sono fenomeni che abbiamo già conosciuto. La pianura padana, per dire, era un’enorme ghiacciaio. Poi, la vita è ripresa. Sono uno dei pochi scienziati a dire queste cose, ma non sono l’unico (sia in Italia, sia nel mondo). Peraltro, non è nella mia natura essere controcorrente. Confesso che, a volte, mi sento anche a disagio nel ruolo di grillo parlante. Però non posso fare a meno, quando parlo, di fare riferimento alle conoscenze scientifiche che abbiamo a disposizione, e che non dicono quello che il regime catastrofista che domina il discorso pubblico vorrebbe che dicessi. Tutto qui.(Franco Prodi, dichiarazioni rilasciate a Nicola Mirenzi per l’intervista “Con Greta siamo di fronte a un abbaglio mondiale”, pubblicata dall’”Huffington Post” il 7 febbraio 2020. Fisico e climatologo di fama mondiale, Franco Prodi è fratello di Romano Prodi).Con Greta siamo di fronte a un abbaglio mondiale: perché questo movimento incanala nella direzione sbagliata, cioè la lotta al riscaldamento globale, quella che è in realtà un’urgenza giusta, ovvero la salvaguardia del pianeta. Al momento, nessuna ricerca scientifica stabilisce una relazione certa tra le attività dell’uomo e il riscaldamento globale. Perciò, dire che siamo noi i responsabili dei cambiamenti climatici è scientificamente infondato. Io non nego affatto che ci siano i cambiamenti climatici. La storia del nostro pianeta è anche la storia dei cambiamenti climatici che si sono susseguiti nel tempo. Nel tardo medioevo, intorno all’anno 1200, è noto che la temperatura della Terra aumentò significativamente. Così come sappiamo che a metà del diciassettesimo secolo ci fu un fenomeno inverso, ovvero una piccola glaciazione. In entrambi i casi, l’uomo non aveva ancora sviluppato tutte quelle attività industriali che oggi sono considerate responsabili dei cambiamenti climatici. Come si può dire, dunque, che per il 95% è colpa dell’uomo?
-
Finanziarizzare la paura: dietro a Greta 118 trilioni di dollari
Che affarone, Greta Thunberg: Goldman Sacks ha appena sfornato il primo indice globale dei titoli ambientali di alto livello quotati a Wall Street, indice condiviso da tutte le maggiori banche d’affari «per attirare fondi d’investimento e sistemi pensionistici statali». Anche Tino Oldani, su “Italia Oggi”, prende nota dell’inchiesta di un veterano dell’indagine geopolitica come William Engdahl, rinomato analista statunitense e autore di bestseller sulle “guerre del petrolio”. Dirompente, il reportage sul business-Greta che Engdall ha pubblicato sul newsmagazine canadese “Global Research”, diretto dall’economista Michel Chossudovsky. «Il fallimento della conferenza Cop 25 di Madrid sul clima non deve stupire più di tanto», premette Oldani su “Italia Oggi”. «Ormai, dietro le divisioni tra gli Stati non ci sono soltanto le profonde divergenze di interessi sul divieto progressivo dei combustibili fossili, ma anche il proliferare sul web di studi contrari al mainstream mediatico sulla cosiddetta emergenza climatica». Proprio alla vigilia del vertice di Madrid, ha fatto irruzione su “Global Research” l’indagine di Engdhal, che dall’alto dei suoi 75 anni, «citando nomi e fatti precisi», espone la sua tesi clamorosa. Eccola: «La grande finanza mondiale, alleata per l’occasione con l’Onu e l’Unione Europea, si starebbe servendo in modo cinico di Greta Thunberg come icona mediatica per creare allarmismo sul riscaldamento climatico provocato dall’uomo».Global warming di origine antropica? Solo fake news, per Engdhal, diffuse a tappeto in modo globale con uno scopo preciso: «Innescare di conseguenza il business più redditizio dei prossimi decenni, il cosiddetto Green New Deal, la rivoluzione dell’economia verde». Il tutto, sintetizza Oldani, con un piano di investimenti per oltre 100 trilioni di dollari, da raccogliere con massicce emissioni di obbligazioni speculative. Ovvero: «Fondi da riversare, mediante il credito, sulle nuove imprese climatiche, anche a prescindere dal loro effettivo valore e know-how». Tutto questo, ovviamente, «a scapito dei settori dell’economia “colpevoli” di inquinare, e con duri sacrifici per milioni di lavoratori e consumatori, ma enormi profitti per gli istituti finanziari che hanno sposato questo business». Oldani riassume bene il vasto studio di Engdall. Sono due gli uomini chiave di questa “agenda verde mondiale”: il banchiere inglese Mark Carney, 54 anni, capo della Banca d’Inghilterra, e l’ex vicepresidente Usa Al Gore, 71 anni, vice di Bill Clinton (1993-2001), da sempre ambientalista, oggi ricco presidente del gruppo Generation Investment, impegnato negli investimenti a lungo termine sulla sostenibilità ambientale.Carney, sostiene Engdhal, è stato «la mente finanziaria dell’intero progetto mondiale». Nel dicembre 2015, il Financial Stability Board della Banca dei Regolamenti Internazionali (Bri), presieduto da Carney, ha creato una task force sulla divulgazione finanziaria legata al clima (Tcfd) per «consigliare investitori, finanziatori e assicurazioni sui rischi legati al clima». Nel 2016 questa task force si è attivata: è composta da 31 banchieri nominati dalla Bri e presieduta dal finanziere Michael Bloomberg, ora in corsa per le primarie Usa con i democratici. Insieme alla City of London Corporation e al governo del Regno Unito, ha avviato la Green Finance Initiative, con la missione di pilotare trilioni di dollari in investimenti verdi. «Tra i primi ad aderire, il principe Carlo, futuro re d’Inghilterra, che insieme alla Bank of England e alla City of London ha promosso i Green Bonds». Cosa sono? Si tratta di «strumenti finanziari verdi», studiati per «reindirizzare piani pensionistici e fondi comuni d’investimento verso progetti verdi». In pratica, aggiunge Oldani citando Engdall, «la task force ideata da Carney costituisce la cabina di regia e include i rappresentanti dei maggiori operatori finanziari del pianeta». Ci sono tutti: da Jp Morgan a BlackRock, «uno dei più grandi gestori di patrimoni del mondo».Questa ricostruzione di Engdhal, precisa sempre Oldani, trova conferma nel libro bianco “Strategia di finanza verde”, pubblicato nel luglio scorso da Philip Hammond, ex premier britannico, dove si afferma che l’iniziativa «supportata da Carney e presieduta da Bloomberg» è stata «approvata da istituzioni che rappresentano 118 trilioni di dollari di attività a livello globale». Il piano, sostiene l’analista Usa, consiste nella finanziarizzazione dell’intera economia mondiale «usando la paura di uno scenario da fine di mondo per raggiungere obiettivi arbitrari come le emissioni zero di gas serra». Più avanti si legge: «Gli eventi assumono una svolta cinica quando ci troviamo di fronte ad attivisti climatici molto popolari e fortemente promossi, come Greta Thunberg o la 29enne Alexandra Ocasio-Cortez di New York e il loro Green New Deal». Chiarisce Engdahl: «Per quanto sinceri possano essere questi attivisti, c’è una macchina finanziaria ben oliata dietro la loro promozione a scopo di lucro». In altre parole: con la scusa del “green”, a centinaia di milioni di persone verranno proposti prodotti finanziari che di “verde” non hanno nulla. A questo, sostiene Engdahl, servirà la faccia pulita dell’inconsapevole Greta Thunberg.Che affarone, Greta Thunberg: Goldman Sacks ha appena sfornato il primo indice globale dei titoli ambientali di alto livello quotati a Wall Street, indice condiviso da tutte le maggiori banche d’affari «per attirare fondi d’investimento e sistemi pensionistici statali». Anche Tino Oldani, su “Italia Oggi“, prende nota dell’inchiesta di un veterano dell’indagine geopolitica come William Engdahl, rinomato analista statunitense e autore di bestseller sulle “guerre del petrolio”. Dirompente, il reportage sul business-Greta che Engdall ha pubblicato sul newsmagazine canadese “Global Research”, diretto dall’economista Michel Chossudovsky. «Il fallimento della conferenza Cop 25 di Madrid sul clima non deve stupire più di tanto», premette Oldani su “Italia Oggi”. «Ormai, dietro le divisioni tra gli Stati non ci sono soltanto le profonde divergenze di interessi sul divieto progressivo dei combustibili fossili, ma anche il proliferare sul web di studi contrari al mainstream mediatico sulla cosiddetta emergenza climatica». Proprio alla vigilia del vertice di Madrid, ha fatto irruzione su “Global Research” l’indagine di Engdhal, che dall’alto dei suoi 75 anni, «citando nomi e fatti precisi», espone la sua tesi clamorosa. Eccola: «La grande finanza mondiale, alleata per l’occasione con l’Onu e l’Unione Europea, si starebbe servendo in modo cinico di Greta Thunberg come icona mediatica per creare allarmismo sul riscaldamento climatico provocato dall’uomo».
-
Altro che clima: Greta Thunberg vale 100 trilioni di dollari
Seriamente: Greta Thunberg vale 100 trilioni di dollari. Lo afferma William Engdahl, analista geopolitico e docente di rischio strategico. Laureatosi a Princeton, Engdahl è autore di bestseller su temi come le guerre del petrolio, e scrive in esclusiva “New Eastern Outlook”. Su “Global Research”, il newsmagazine dell’economista canadese Michel Chossudovsky, Engdahl aggiorna la mappa del mostruoso business planetario che sta dietro alla ragazzina svedese, usata per creare allarmismo attorno al surriscaldamento climatico, “venduto” come prodotto umano. Passo successivo: innescare il business del secolo, il cosiddetto Green New Deal, pilotato dal gotha finanza mondiale. Il piano: riversare trilioni di dollari «verso investimenti in società “climatiche” spesso senza valore». Nel 2013, dopo anni di attenta preparazione, una società immobiliare svedese, Vasakronan, ha emesso il primo “Green Bond” aziendale. Ne sono seguiti altri, promossi da Apple, Sncf e la principale banca francese, Crédit Agricole. Nel novembre 2013 la Tesla Energy ha emesso il primo sistema di sicurezza “solare”. «Oggi, secondo una cosa chiamata Climate Bonds Initiative, oltre 500 miliardi di dollari in quelle obbligazioni verdi sono eccezionali. I creatori dell’idea obbligazionaria – scrive Engdahl – affermano che il loro obiettivo è quello di conquistare una quota importante dei 45 trilioni di dollari di attività gestite a livello globale che hanno preso l’impegno nominale di investire in progetti “climatici”».Bonnie Prince Charles, futuro “monarca” del Regno Unito, insieme a Bank of England e City of London ha promosso “strumenti finanziari verdi”, guidati da Green Bonds, «per reindirizzare piani pensionistici e fondi comuni di investimento verso progetti verdi». Un attore chiave nel collegamento delle istituzioni finanziarie mondiali con l’agenda verde è Mark Carney, capo uscente della Banca d’Inghilterra. Nel dicembre 2015, il Financial Stability Board della Bank for International Settlements, presieduto poi da Carney, ha creato la task force sulla divulgazione finanziaria legata al clima (Tcfd), per consigliare «investitori, finanziatori e assicurazioni sui rischi legati al clima». Nel 2016, continua Engdahl, il Tcfd (insieme alla City of London Corporation e al governo del Regno Unito) ha avviato la Green Finance Initiative, con l’obiettivo di incanalare trilioni di dollari in investimenti “verdi”. I banchieri centrali dell’Fsb hanno nominato 31 persone per formare il Tcfd. Presieduta dal miliardario Michael Bloomberg, la cabina di regia include le persone chiave dei maggiori operatori finanziari del pianeta. Ci sono tutti: da Jp Morgan a BlackRock, uno dei più grandi gestori patrimoniali al mondo.Nell’elenco giganteggiano Barclays e Hsbc, la banca Londra-Hong Kong (multata ripetutamente per riciclaggio di droga e altri fondi neri), Swiss Re (la seconda assicurazione più grande al mondo), la banca cinese Icvc, Tata Steel, Eni, Dow Chemical, il gigante minerario Bhp Billington e David Blood di Al Gore’s Generation Investment. «In effetti sembra che le volpi stiano scrivendo le regole per il nuovo Green Hen House», annota Engdahl. «Carney, della Bank of England, è stato anche un attore chiave negli sforzi per rendere la City di Londra il centro finanziario della Green Finance globale». Philip Hammond, già cancelliere britannico, nel luglio 2019 ha pubblicato un Libro bianco, “Strategia di finanza verde: trasformare la finanza per un futuro più verde”. Il documento afferma: «Una delle iniziative più influenti da far emergere è il Financial Stability Board Task Force del settore privato sulle comunicazioni finanziarie legate al clima (Tcfd), supportato da Mark Carney e presieduto da Michael Bloomberg. Ciò è stato approvato dalle istituzioni che rappresentano 118 trilioni di attività a livello globale». Il piano, spiega Engdahl, consiste nella finanziarizzazione dell’intera economia mondiale «usando la paura di uno scenario da fine del mondo per raggiungere obiettivi arbitrari come “emissioni zero di gas serra”».L’onnipresente regina di Wall Street, Goldman Sachs, che ha generato tra gli altri Mario Draghi e lo stesso Carney, ha appena svelato il primo indice globale di titoli ambientali di alto livello, fatto insieme al Cdp con sede a Londra, finanziato insieme a investitori come Hsbc, Jp Morgan, Bank of America, Merrill Lynch, American International Group e il fondo State Street. Il nuovo indice borsistico, denominato Cdp Environment Ew e Cdp Eurozone Ew, «mira ad attirare fondi di investimento, sistemi pensionistici statali come Calpers (il sistema pensionistico dei dipendenti pubblici della California) e Calstrs (il sistema pensionistico degli insegnanti dello Stato della California) con un combinato di 600 miliardi di attività, da investire in obiettivi scelti con cura. Le società più votate nell’indice includono Alphabet, che possiede Google, Microsoft, Ing Group, Diageo, Philips, Danone e la stessa Goldman Sachs. «A questo punto – continua Engdahl – gli eventi assumono una svolta cinica quando ci troviamo di fronte ad attivisti climatici molto popolari e fortemente promossi come la svedese Greta Thunberg o la 29enne Alexandria Ocasio-Cortez di New York e il loro Green New Deal. Per quanto sinceri possano essere questi attivisti, c’è una macchina finanziaria ben oliata dietro la loro promozione a scopo di lucro».Greta Thunberg, continua Engdahl, «fa parte di una rete ben collegata legata all’organizzazione di Al Gore», che viene «commercializzata in modo cinico e professionale e utilizzata da agenzie come le Nazioni Unite, la Commissione Europea e gli interessi finanziari dietro l’attuale agenda sul clima». Ricercatrice e attivista climatica canadese, Cory Morningstar documenta come in azione «una rete ben collegata ad Al Gore», definito «investitore e profittatore del clima enormemente ricco», presidente del gruppo Generation Investment. Il partner di Gore, David Blood, ex funzionario di Goldman Sachs, è membro del Tcfd creato dalla Banca dei Regolamenti Internazionali. «Greta Thunberg, insieme alla sua amica diciassettenne americana Jamie Margolin, è stata elencata come “consulente speciale per giovani e fiduciario” della Ong svedese “We Don’t Have Time”, fondata dal suo Ceo Ingmar Rentzhog». Rentzhog è membro dei leader dell’Organizzazione per la Realtà Climatica di Al Gore, e fa parte della task force per la politica climatica europea. È stato “addestrato” nel marzo 2017 da Al Gore a Denver e di nuovo nel giugno 2018 a Berlino. Il Progetto per la Realtà Climatica di Al Gore è partner di “We Don’t Have Time”.«I legami tra i più grandi gruppi finanziari del mondo, le banche centrali e le società globali all’attuale spinta a una strategia climatica radicale per abbandonare l’economia dei combustibili fossili a favore di un’economia verde vaga e inspiegabile, a quanto pare, valgono assai più della genuina preoccupazione di rendere il nostro pianeta un ambiente pulito e sano in cui vivere». Piuttosto, scrive Engdahl, quello degli “amici” di Greta è un programma di business intimamente legato all’Agenda 2030 dell’Onu, vocata all’economia “sostenibile” («e allo sviluppo letteralmente di trilioni di dollari di nuova ricchezza per le banche globali e i giganti finanziari»). Nel febbraio 2019, Jean-Claude Juncker accolse Greta alla Commissione Europea, fingendo di impegnarsi per il clima sulla scorta della denuncia della ragazzina. In realtà, spiega Engdahl, le «centinaia di miliardi di euro per combattere i cambiamenti climatici nei prossimi 10 anni» erano già in cantiere: decisione presa in collaborazione con la Banca Mondiale un anno prima, il 26 settembre 2018, al vertice di One Planet con le fondazioni di Bloomberg. Greta serviva solo come paravento etico per il business finanziario che usa il “green” per rastrellare fondi e lanciare prodotti speculativi.Il 17 ottobre 2018, aggiunge Engdahl, Juncker ha firmato un memorandum d’intesa con Breakthrough Energy-Europe, in cui i partner «avranno accesso preferenziale a qualsiasi finanziamento». Nel club figurano Richard Branson di Virgin Air, Bill Gates, Jack Ma di Alibaba, Mark Zuckerberg di Facebook, Ray Dalio di Bridgewater. Ancora: Julian Robertson (Tiger Management) e poi David Rubenstein (Carlyle Group), nonché George Soros e il giapponese Masayoshi Son (Softbank). Avverte Engdahl: «Quando le multinazionali più influenti, i maggiori investitori istituzionali del mondo tra cui BlackRock e Goldman Sachs, le Nazioni Unite, la Banca Mondiale, la Banca d’Inghilterra e altre banche centrali della Bri si schierano dietro il finanziamento di una cosiddetta “agenda verde”, è tempo di guardare dietro la superficie delle campagne degli attivisti del clima». Quello che emerge è il tentativo di riorganizzare la finanza mondiale usando il clima come pretesto. Allarme: vogliono «cercare di convincere la gente comune a compiere sacrifici indicibili per “salvare il pianeta”». Già nel 2010, il capo dell’Ipcc, il gruppo intergovernativo dell’Onu sui cambiamenti climatici, Otmar Edenhofer, ammetteva: «Bisogna dire chiaramente che ridistribuiamo di fatto la ricchezza del mondo in base alla politica climatica». Parole esplicite: «Bisogna liberarsi dall’illusione che la politica internazionale sul clima sia una politica ambientale. Questo non ha quasi più nulla a che fare con la politica ambientale, con problemi come la deforestazione o il buco dell’ozono». Soldi, prima di tutto. Capito, gretini?Seriamente: Greta Thunberg vale 100 trilioni di dollari. Lo afferma William Engdahl, analista geopolitico e docente di rischio strategico. Laureatosi a Princeton, Engdahl è autore di bestseller su temi come le guerre del petrolio, e scrive in esclusiva su “New Eastern Outlook”. Su “Global Research“, il newsmagazine dell’economista canadese Michel Chossudovsky, Engdahl aggiorna la mappa del mostruoso business planetario che sta dietro alla ragazzina svedese, usata per creare allarmismo attorno al surriscaldamento climatico, “venduto” come prodotto umano. Passo successivo: innescare il business del secolo, il cosiddetto Green New Deal, pilotato dal gotha finanza mondiale. Il piano: riversare trilioni di dollari «verso investimenti in società “climatiche” spesso senza valore». Nel 2013, dopo anni di attenta preparazione, una società immobiliare svedese, Vasakronan, ha emesso il primo “Green Bond” aziendale. Ne sono seguiti altri, promossi da Apple, Sncf e la principale banca francese, Crédit Agricole. Nel novembre 2013 la Tesla Energy ha emesso il primo sistema di sicurezza “solare”. «Oggi, secondo una cosa chiamata Climate Bonds Initiative, oltre 500 miliardi di dollari in quelle obbligazioni verdi sono eccezionali. I creatori dell’idea obbligazionaria – scrive Engdahl – affermano che il loro obiettivo è quello di conquistare una quota importante dei 45 trilioni di dollari di attività gestite a livello globale che hanno preso l’impegno nominale di investire in progetti “climatici”».
-
Agamben: fine del mondo, la scienza è diventata religione
Il tema della fine del mondo è apparso più volte nella storia della cristianità e in ogni tempo sono comparsi profeti che annunciavano come prossimo l’ultimo giorno. È singolare che oggi questa funzione escatologica, che la Chiesa ha lasciato cadere, sia stata assunta dagli scienziati, che si presentano sempre più spesso come profeti, che predicono e descrivono con assoluta certezza le catastrofi climatiche che porteranno alla fine della vita sulla Terra. Singolare, ma non sorprendente, se si considera che nella modernità la scienza si è sostituita alla fede e ha assunto una funzione propriamente religiosa – è, anzi, in ogni senso la religione del nostro tempo, ciò in cui gli uomini credono (o, almeno, credono di credere). Come ogni religione, anche la religione della scienza non poteva mancare di un’escatologia, cioè di un dispositivo che, mantenendo i fedeli nella paura, rafforza la loro fede e, insieme, assicura il dominio della classe sacerdotale. Apparizioni come Greta sono, in questo senso, sintomatiche: Greta crede ciecamente in quel che gli scienziati profetizzano e aspetta la fine del mondo nel 2030, esattamente come i millenaristi nel medioevo credevano nell’imminente ritorno del messia a giudicare il mondo.Non meno sintomatica è una figura come quella dell’inventore di Gaia, uno scienziato che, concentrando le sue diagnosi apocalittiche su un unico fattore – la percentuale di CO2 nell’atmosfera – dichiara con stupefacente candore che la salvezza dell’umanità sta nell’energia nucleare. Che, in entrambi i casi, la posta in gioco abbia carattere religioso e non scientifico, si tradisce nella funzione centrale che vi svolge un vocabolo – la salvezza – tratto dalla filosofia cristiana della storia. Il fenomeno è tanto più inquietante, in quanto la scienza non ha mai annoverato l’escatologia fra i propri compiti ed è possibile che l’assunzione del nuovo ruolo profetico tradisca la consapevolezza della propria innegabile responsabilità nelle catastrofi di cui predice l’avvento. Naturalmente, come in ogni religione, anche la religione della scienza ha i suoi increduli e i suoi avversari, cioè gli adepti dell’altra grande religione della modernità: la religione del denaro.Ma le due religioni, in apparenza divise, sono segretamente solidali. Poiché è stata certamente l’alleanza sempre più stretta fra scienza, tecnologia e capitale che ha determinato la situazione catastrofica che gli scienziati oggi denunciano. Deve essere chiaro che queste considerazioni non intendono prendere posizione quanto alla realtà del problema dell’inquinamento e delle trasformazioni deleterie che le rivoluzioni industriali hanno prodotto nelle condizioni materiali e spirituali dei viventi. Al contrario, mettendo in guardia contro la confusione fra religione e verità scientifica e fra profezia e lucidità, si tratta di non farsi dettare acriticamente da parti interessate le proprie scelte e le proprie ragioni, che in ultima analisi non possono essere che politiche.(Giorgio Agamben, “Sulla fine del mondo”, da “Quodlibet” del 18 novembre 2019. Agamben è un filosofo italiano particolarmente noto anche all’estero, avendo insegnato a Parigi e New York. Laureatosi con una tesi sul pensiero politico di Simone Weil, a Roma ha frequentato Elsa Morante e Pier Paolo Pasolini, facendo anche l’attore nel film “Il Vangelo secondo Matteo”. Esperto in linguistica e cultura medievale, vicino a Pierre Klossowski, Frances Yates e Italo Calvino, partecipò ai seminari di Martin Heidegger su Eraclito e Hegel. Per Einaudi ha curato l’opera completa di Walter Benjamin. Professore di estetica a Macerata e Verona, negli anni ‘90 ha sviluppato il concetto di “biopolitica”. Rileggendo Aristotele, Michel Foucault, Hannah Arendt e Carl Schmitt, ha elaboraro una teoria del rapporto fra diritto e vita, con una critica del concetto di sovranità, nel suo libro più noto, “Homo sacer”, pubblicato da Einaudi nel 1995).Il tema della fine del mondo è apparso più volte nella storia della cristianità e in ogni tempo sono comparsi profeti che annunciavano come prossimo l’ultimo giorno. È singolare che oggi questa funzione escatologica, che la Chiesa ha lasciato cadere, sia stata assunta dagli scienziati, che si presentano sempre più spesso come profeti, che predicono e descrivono con assoluta certezza le catastrofi climatiche che porteranno alla fine della vita sulla Terra. Singolare, ma non sorprendente, se si considera che nella modernità la scienza si è sostituita alla fede e ha assunto una funzione propriamente religiosa – è, anzi, in ogni senso la religione del nostro tempo, ciò in cui gli uomini credono (o, almeno, credono di credere). Come ogni religione, anche la religione della scienza non poteva mancare di un’escatologia, cioè di un dispositivo che, mantenendo i fedeli nella paura, rafforza la loro fede e, insieme, assicura il dominio della classe sacerdotale. Apparizioni come Greta sono, in questo senso, sintomatiche: Greta crede ciecamente in quel che gli scienziati profetizzano e aspetta la fine del mondo nel 2030, esattamente come i millenaristi nel medioevo credevano nell’imminente ritorno del messia a giudicare il mondo.
-
Scienziati Usa: la Terra ora rischia una nuova era glaciale?
Un aumento del ghiaccio in Antartide potrebbe innescare la prossima era glaciale. E’ l’avvertimento lanciato da un gruppo di scienziati dell’Università di Chicago, che ha condotto una serie di simulazioni al computer. «Le loro conclusioni – scrive l’Agi – suggeriscono che, qualora si accumulasse ghiaccio marino in Antartide, si formerebbe una sorta di coperchio sull’oceano che bloccherebbe lo scambio di anidride carbonica con l’atmosfera». Questo, aggiunge l’Agenzia Italia, provocherebbe una sorta di effetto serra “inverso”, che alla fine raffredderebbe la Terra e «farebbe entrare il nostro pianeta in una nuova era glaciale, dopo l’ultima che si è verificata oltre due milioni di anni fa, durante l’era pleistocenica». Sono anni che gli scienziati americani stanno studiando i processi che hanno portato alle ere glaciali in passato. E hanno scoperto che un ruolo importante lo giocherebbe lo scambio di gas tra l’oceano e l’atmosfera. Dalle simulazioni al computer, i ricercatori hanno scoperto che il ghiaccio marino, in Antartide, non solo cambia la circolazione oceanica, ma agisce come un “tappo”, bloccando il rilascio di anidride carbonica nell’atmosfera e raffreddando così le temperature.«Quando la temperatura scende, viene rilasciata meno anidride carbonica nell’atmosfera, il che provoca un maggiore raffreddamento», conferma Alice Marzocchi, una delle ricercatrici del team americano. Queste conclusioni – aggiunge sempre l’agenzia di stampa – coincidono con le evidenze climatiche del passato, come sedimenti, barriere coralline e campioni di ghiaccio “antico”. Notizie come questa sembra vadano prese con le dovute cautele, così come quelle – di segno opposto – diffuse a gran voce dall’Ipcc, il comitato intergovernativo sul cambiamento climatico, che (attraverso testimonial come Greta Thunberg) sostengono che vi sia una correlazione diretta, e molto rilevante, tra le attività umane e le alterazioni climatiche. Sarebbe invece di origine addirittura cosmica il catastrofico sconvolgimento planetario determinato dal cosidetto “Dryas recente”, secondo cui una “pioggia cometaria” attorno al 10.900 avanti Cristo avrebbe causato una grande esplosione nell’atmosfera terrestre, in seguito all’impatto di giganteschi frammenti meteorici provenienti dallo spazio esterno.All’evento si attribuisce l’innesco di un periodo freddo, diffuso su tutto il pianeta. Lo sciame di comete avrebbe colpito vaste aree del continente nordamericano, producendo numerosissimi incendi diffusi su tutta l’America del Nord fino a causare, nel corso della Glaciazione Würm (ultimo periodo glaciale) l’estinzione degli animali più grandi. Molto più vicina a noi è invece la “piccola era glaciale”, che dalla metà del XIV alla metà del XIX secolo fece registrare un brusco abbassamento della temperatura media terrestre. Quella fase fredda fu preceduta da un lungo periodo di temperature relativamente elevate, chiamato “periodo caldo medievale”. Dal 1300, ricorda Wikipedia, si assistette a un graduale avanzamento dei ghiacciai che prima si erano ritirati molto o erano scomparsi, e si ebbe anche la formazione di nuovi depositi di ghiaccio sui monti. I ghiacciai arrivarono al culmine della loro estensione intorno al 1850. La “piccola era glaciale” causò inverni molto freddi in Europa e Nord America. Il Tamigi e molti canali in Olanda si congelarono spesso durante l’inverno. Nel 1780 si ghiacciò anche il porto di New York, consentendo di andare a piedi da Manhattan a Staten Island.Il mare ghiacciato circondante l’Islanda si estese per molti chilometri in tutte le direzioni, impedendo l’accesso navale ai porti dell’isola. Lo stesso avvenne anche in Groenlandia. In entrambe le isole le navi commerciali provenienti dalla Danimarca non riuscivano più a entrare nei porti. Questo fece sì che la Danimarca cominciò quasi a dimenticare l’esistenza delle due isole. Si hanno riferimenti del 1500 di una spedizione danese che trovò la Groenlandia completamente disabitata. In particolar modo, viene ricordato l’inverno 1709 che, secondo gli esperti, è considerato il più freddo degli ultimi 500 anni per il continente europeo. Gli inverni più rigidi ebbero effetti sulla vita umana: le carestie divennero più frequenti (quella del 1315 uccise 1,5 milioni di persone) e le morti per le malattie aumentarono. La piccola era glaciale (visibile anche nella pittura fiamminga di Pieter Bruegel il Vecchio, vissuto nel Cinquencento) si concluse intorno al 1850, quando il clima terrestre tornò gradualmente a riscaldarsi, facendo nuovamente arretrare i ghiacciai. Ora le ultime notizie dall’Antartide ci dicono che il freddo potrebbe tornare a sfrattare il caldo?Un aumento del ghiaccio in Antartide potrebbe innescare la prossima era glaciale. E’ l’avvertimento lanciato da un gruppo di scienziati dell’Università di Chicago, che ha condotto una serie di simulazioni al computer. «Le loro conclusioni – scrive l’Agi – suggeriscono che, qualora si accumulasse ghiaccio marino in Antartide, si formerebbe una sorta di coperchio sull’oceano che bloccherebbe lo scambio di anidride carbonica con l’atmosfera». Questo, aggiunge l’Agenzia Italia, provocherebbe una sorta di effetto serra “inverso”, che alla fine raffredderebbe la Terra e «farebbe entrare il nostro pianeta in una nuova era glaciale, dopo l’ultima che si è verificata oltre due milioni di anni fa, durante l’era pleistocenica». Sono anni che gli scienziati americani stanno studiando i processi che hanno portato alle ere glaciali in passato. E hanno scoperto che un ruolo importante lo giocherebbe lo scambio di gas tra l’oceano e l’atmosfera. Dalle simulazioni al computer, i ricercatori hanno scoperto che il ghiaccio marino, in Antartide, non solo cambia la circolazione oceanica, ma agisce come un “tappo”, bloccando il rilascio di anidride carbonica nell’atmosfera e raffreddando così le temperature.
-
Giannini: il governo del ricatto se ne vada, o il M5S è morto
Il cittadino italiano non ha molto tempo da dedicare ai trastulli dei politici, quindi non ama le faccende troppo complesse e quando si tratta di esprimere una croce su un simbolo entra nella cabina elettorale ed agisce in modo istintivo: “Chi voto? Basta con i soliti”. Negli ultimi mesi, caso mai non ve ne foste accorti, siamo passati dal “governo del cambiamento” al “governo del ricatto”: o governiamo noi progressisti o i mercati, sicari di Bruxelles, alzano lo spread e falliamo (a questo punto aboliamo la democrazia visto che essa si esercita votando…). Di fronte a questa evidente violazione della Costituzione, come popolo italiano, i nostri partiti tutti dovrebbero marciare (metaforicamente) compatti su Bruxelles, chiedendo una uscita concordata dalla Moneta Unica per dimostrata incompatibilità con la democrazia. E se all’elettore girassero le scatole proprio per questo (ferme restando le peculiarità umbre)? E se l’intuito più bestiale dell’elettore gli facesse comprendere che c’è uno stretto nesso tra la corruzione locale e la democrazia assassinata? Oettinger affermò candidamente che «i mercati insegneranno agli italiani a votare». Meno impulsivamente e più analiticamente si comprende che questo nesso è il muro di gomma (di retorica) tipico dei progressisti.Stiamo andando incontro a un’altra crisi economica ferocissima? Non preoccupatevi, vi parleranno delle magnifiche sorti progressive dell’“Europa”, dell’Amazzonia che brucia (lo fa da 50 anni), del riscaldamento globale (idem), del fascismo, dei migranti, della tassa sul diesel per migliorare (secondo loro) l’ambiente, della tassa sulla sigaretta elettronica e sullo zucchero per migliorare (secondo loro) la nostra salute (sic!), degli immancabili diritti civili, del muro in Messico, ecc ecc. Chi a marzo 2018 votò 5S e Lega si opponeva a questa vomitevole melassa, eppure se l’è ritrovata di nuovo nel piatto! Vero che Salvini ad agosto ci è andato giù di Mojito, ma da lì a rimettere al governo “i soliti” ce ne passava. Chi sono quindi i soliti? Sono quelli che umiliano la sostanza con la forma! Sono coloro che trasformano i fatti in chiacchiere! Quelli che cambiano nome (etichetta) ad una cosa e ti dicono che ora è un’altra cosa! I soliti possono anche essere neoeletti in forze politiche nate recentemente; ma non puoi confonderli a lungo, perché prima o poi compiono operazioni così rapide e così sfacciate (trattandoci da cretini) che definirle di “trasformismo” è un eufemismo: No alleanze Sì alleanze, No vaccini Sì vaccini, No euro Sì euro, No Bibbiano Sì Bibbiano (un quarto d’ora dopo), No Fiscal Compact Sì Fiscal Compact, No pareggio di bilancio Sì pareggio di bilancio, uno vale uno decide tutto uno, Bella Ciao mescolata al migrante e perfino condita con Greta, ecc ecc ecc.I soliti sono anche quelli che perdono le elezioni (il Pd e LeU) ma ogni volta governano e non li scolli di lì nemmeno con le cannonate; i soliti sono quelli che si prestano (i 5S) a far rientrare dalla finestra chi è stato cacciato a pedate dalla porta (del seggio) cioè il Pd e LeU; i soliti sono quelli che promettono il cambiamento (ad esempio in Ue-M) e poi finiscono per fare ciò che ordinano “le lobbies”; i soliti sono quelli che fanno altissimi ed inconsistenti discorsi sulla pace, sull’ecologia, sulla cultura, possibilmente preceduti da autorevoli pause e preferibilmente dotati di toni gutturali e quindi (secondo certe menti) credibili! Orge di retorica, mentre il processo di “glebalizzazione” (cit. Fusaro) procede spedito. In conclusione? In conclusione tre conclusioni. 1) Per quanto legittimo, costituzionalmente parlando, questo governo gli italiani non lo volevano; dopo mesi di risse tra i fichiani del “politically correct” del 5S e la Lega, la gente voleva dire la sua e non certo ritrovarsi Renzi, Zingaretti, Speranza, il bollitissimo Di Maio e Dottor Jekyll (Conte 1) / Mister Hyde (Conte 2) a dare lezioni di lana caprina (caro M5S, cestinatelo prima che lo faccia lui con voi).2) Ancora meno i cittadini hanno digerito un Movimento che si professava equidistante tra destra e sinistra ma che mentre con la Lega parlava al massimo di contratto, col Pd ha calato le braghe per una fusione ideologica! Si è proprio avvertito che il 5S non vedeva l’ora di rivelarsi progressista, e infatti ne ha immediatamente incamerato il lessico radical chic come gli fosse sempre calzato (basta ascoltare le dirette parlamentari…). A meno di miracoli (Di Battista) difficilmente i pentastellati potranno riconvincere gli italiani di essere “Oltre” gli schemi tradizionali e di non fingere solamente. Un outing progressista incancellabile dalla mente di chiunque (salami a parte) ancor più grave, visto che tutti abbiamo ben chiaro di come i fucsia, in pochi anni, abbiano macellato non solo il tessuto produttivo ma ancor peggio le nostre tradizioni, le nostre radici (vero, Beppi Grillo?) sostituendole col fucsia importato da Killer-y Clinton…3) Il governo quindi deve andare immediatamente a casa e chi deve staccare la spina è proprio il MoVimento 5 Stelle. In caso contrario i grillini non la faranno franca, non ci sarà scusa, non ci sarà stucchevole tatticismo ad evitargli l’estinzione (assorbiti dal Pd). Il M5S è pienamente consapevole che si condannerà alla fine se sceglierà di obbedire al solito Mattarella, e se lo farà potrà essere solo perché il vertice è stato ricattato o perché il M5S non opera per sé ma per qualcun altro. Le lobbies finanziarie, infatti, mirano a mantenere artificialmente in vita questa legislatura decotta, eleggere un presidente della Repubblica a loro congeniale (uno dei soliti)…(Marco Giannini, “Il ‘Governo del ricatto’ se ne vada”, da Libreidee del 29 ottù 2019).Il cittadino italiano non ha molto tempo da dedicare ai trastulli dei politici, quindi non ama le faccende troppo complesse e quando si tratta di esprimere una croce su un simbolo entra nella cabina elettorale ed agisce in modo istintivo: “Chi voto? Basta con i soliti”. Negli ultimi mesi, caso mai non ve ne foste accorti, siamo passati dal “governo del cambiamento” al “governo del ricatto”: o governiamo noi progressisti o i mercati, sicari di Bruxelles, alzano lo spread e falliamo (a questo punto aboliamo la democrazia visto che essa si esercita votando…). Di fronte a questa evidente violazione della Costituzione, come popolo italiano, i nostri partiti tutti dovrebbero marciare (metaforicamente) compatti su Bruxelles, chiedendo una uscita concordata dalla Moneta Unica per dimostrata incompatibilità con la democrazia. E se all’elettore girassero le scatole proprio per questo (ferme restando le peculiarità umbre)? E se l’intuito più bestiale dell’elettore gli facesse comprendere che c’è uno stretto nesso tra la corruzione locale e la democrazia assassinata? Oettinger affermò candidamente che «i mercati insegneranno agli italiani a votare». Meno impulsivamente e più analiticamente si comprende che questo nesso è il muro di gomma (di retorica) tipico dei progressisti.
-
La cricca totalitaria delle bufale sul clima alterato dall’uomo
Il clima è sempre cambiato da un decennio all’altro. Ci sono state grandi oscillazioni durante gli anni ’30. Abbiamo avuto il “dust bowl” (serie di tempeste di sabbia) durante l’estate e nel 1936 un freddo record. Nel 1936 l’ondata di freddo del Nord America, che colpì anche il Giappone e la Cina, è ancora oggi una delle più intense mai registrate nella storia. Non possiamo dare la colpa di quanto avvenne alle mamme che portavano in macchina i ragazzini a giocare a calcio, bruciando combustibili fossili. Le automobili erano ancora un lusso negli anni ’30. Semplicemente, non esiste alcuna prova di cambiamenti climatici causati dall’uomo. Nessuno è disposto a denunciare questa assurdità semplicemente mostrando le marcate oscillazioni di temperatura registrate nei secoli. Si tratta di un segreto ben celato, ma il 95% dei modelli climatici che, come ci viene detto, provano il legame tra le emissioni umane di CO2 e il catastrofico riscaldamento globale si sono rivelati, dopo circa due decenni di stasi nelle temperature, sbagliati. Non dovrebbe sorprendere. Ci siamo dovuti sorbire le stramberie dei catastrofisti climatici per circa 50 anni. Nel gennaio 1970, la rivista “Life”, basandosi su “solide prove scientifiche”, sosteneva che entro il 1985 l’inquinamento atmosferico avrebbe ridotto della metà la luce del Sole che raggiunge la Terra.Di fatto, in quel periodo, la luce del Sole è diminuita tra il 3 e il 5%. In un discorso del 1971, Paul Ehrlich dichiarava: «Se fossi un giocatore d’azzardo, scommetterei che l’Inghilterra non esisterà più nel 2000». Spostiamoci velocemente al mese di marzo 2000 e a David Viner, scienziato ricercatore esperto presso l’Unità di Ricerca Climatica dell’Università East Anglia, che dichiarò a “The Independent”: «Le nevicate sono ormai una cosa che appartiene al passato». Nel dicembre 2010 il “Mail” online riferiva del «dicembre più freddo mai registrato, con temperature scese a meno 10 °C portando il caos in tutta la Gran Bretagna». Anche noi australiani abbiamo avuto le nostre previsioni sbagliate. Forse la più assurda è stata la dichiarazione dell’allarmista climatico Tim Flannery del 2005: «Se i tabulati del computer sono corretti, le attuali condizioni di siccità diventeranno permanenti nell’Australia dell’Est». Le precipitazioni successive e le gravi inondazioni hanno mostrato che i tabulati, o le sue analisi, erano sbagliati. Ci siamo bevuti una previsione sbagliata dopo l’altra. Inoltre, il gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Ipcc) è stato ripetutamente colto in flagrante per false rappresentazioni della realtà e metodi scadenti.Gli uffici metereologici sembrano aver dato una “aggiustatina” ai dati per adattarsi alla narrazione prevalente. L’affermazione della Nasa che il 2014 è stato l’anno più caldo mai registrato è stata rivista, dopo che era stata messa in discussione, a una probabilità di appena il 38%. Gli eventi meteorologici estremi, che una volta erano imputati al riscaldamento globale, non lo sono più, dal momento che la loro frequenza e intensità sono in diminuzione. E allora perché, vista la mancanza di prove, le Nazioni Unite insistono perché il mondo spenda centinaia di miliardi di dollari all’anno in futili politiche che hanno come obiettivo i cambiamenti climatici? Forse Christiana Figueres, segretario esecutivo della struttura dell’Onu del cambiamento climatico, ha la risposta? Lo scorso febbraio, la Figueres ha detto a Bruxelles: «È la prima volta nella storia dell’umanità che ci stiamo ponendo il compito di cambiare intenzionalmente, entro un determinato periodo di tempo, il modello di sviluppo economico che regna da almeno 150 anni dalla rivoluzione industriale». In altre parole, la vera agenda si concentra sull’autorità politica. Il riscaldamento globale è solo l’amo.Abbiamo anche avuto modo di ascoltare la Figueres affermare che la democrazia è un sistema di governo scadente per combattere il cambiamento climatico. La Cina comunista, ha detto, è il modello migliore. Non stiamo parlando di fatti o di logica. Parliamo di un nuovo ordine mondiale sotto il controllo dell’Onu. Quest’ordine si oppone al capitalismo e alla libertà e ha fatto del catastrofismo ambientale un argomento familiare per raggiungere il suo obiettivo. La Figueres dice che, al contrario della Rivoluzione Industriale, «quella che sta avvenendo è una trasformazione centralizzata». Dal suo punto di vista, la divisione nelle opinioni sul riscaldamento globale negli Usa è «molto deleteria». Naturalmente. Nel suo mondo autoritario, non è ammesso spazio per la discussione o il disaccordo. Capiamoci, il cambiamento climatico è il campo di una battaglia che i totalitaristi e i loro accoliti non possono perdere. Come dice Timothy Wirth, presidente della Fondazione Onu: «Anche se la teoria (del cambiamento climatico) è sbagliata, faremo la cosa giusta in termini di politica economica e ambientale».Dopo aver guadagnato così tanto terreno, gli eco-catastrofisti non ne cederanno un centimetro. Dopo tutto, hanno messo le mani sull’Onu e hanno a disposizione tanti soldi. Hanno un alleato enormemente potente alla Casa Bianca. Hanno arruolato con successo accademici conformisti e media mainstream obbedienti e ingenui (la “Abc” e “Fairfax” in Australia) per far loro portare avanti la narrazione a discapito delle prove. Continueranno a dipingere il movimento sul cambiamento climatico come nato dal consenso spontaneo e indipendente di scienziati, politici e cittadini preoccupati, che credono che l’attività umana sia “in maniera estremamente probabile” la causa dominante del riscaldamento globale (“in maniera estremamente probabile” è un termine scientifico?). E continueranno a mobilitare l’opinione pubblica, utilizzando la paura e gli appelli alla moralità. Il sostegno dell’Onu verrà assicurato attraverso la promessa di redistribuzione di ricchezza dall’Occidente, anche se le sue prescrizioni di politica anti-crescita prolungheranno inutilmente la povertà, la fame, le malattie e l’analfabetismo nei paesi più poveri del mondo.La Figueres ha dichiarato a un recente summit sul clima a Melbourne che lei «contava veramente sulla leadership dell’Australia» perché si assicurasse che gran parte del carbone rimanesse nel suolo. Speriamo che, come il primo ministro indiano Narendra Modi, Tony Abbot non la ascolti. L’India conosce l’importanza dell’energia a basso costo e si prevede che superi la Cina come il leader mondiale di importazione di carbone. Persino la Germania si accinge a mettere in marcia il maggior numero di centrali elettriche a carbone degli ultimi 20 anni. Esiste la possibilità concreta che Figueres e coloro che condividono la sua ambizione di un potere centralizzato riusciranno nel loro intento. Mentre si avvicina la conferenza Onu di dicembre sul cambiamento climatico, verrà messa pressione sull’Australia perché firmi ulteriori trattati sul cambiamento climatico, che distruggeranno posti di lavoro. Resistere sarà politicamente difficile. Ma resistere dovremmo. Stiamo già pagando un inutile prezzo sociale ed economico per gesti vuoti. Quando è troppo, è troppo.(Martin Armstrong, “Quando gli ambientalisti ignorano la storia”, articolo apparso su “Weekend Australian” il 30 settembre 2019 e ripreso da “Voci dall’Estero”).Il clima è sempre cambiato da un decennio all’altro. Ci sono state grandi oscillazioni durante gli anni ’30. Abbiamo avuto il “dust bowl” (serie di tempeste di sabbia) durante l’estate e nel 1936 un freddo record. Nel 1936 l’ondata di freddo del Nord America, che colpì anche il Giappone e la Cina, è ancora oggi una delle più intense mai registrate nella storia. Non possiamo dare la colpa di quanto avvenne alle mamme che portavano in macchina i ragazzini a giocare a calcio, bruciando combustibili fossili. Le automobili erano ancora un lusso negli anni ’30. Semplicemente, non esiste alcuna prova di cambiamenti climatici causati dall’uomo. Nessuno è disposto a denunciare questa assurdità semplicemente mostrando le marcate oscillazioni di temperatura registrate nei secoli. Si tratta di un segreto ben celato, ma il 95% dei modelli climatici che, come ci viene detto, provano il legame tra le emissioni umane di CO2 e il catastrofico riscaldamento globale si sono rivelati, dopo circa due decenni di stasi nelle temperature, sbagliati. Non dovrebbe sorprendere. Ci siamo dovuti sorbire le stramberie dei catastrofisti climatici per circa 50 anni. Nel gennaio 1970, la rivista “Life”, basandosi su “solide prove scientifiche”, sosteneva che entro il 1985 l’inquinamento atmosferico avrebbe ridotto della metà la luce del Sole che raggiunge la Terra.
-
Inversione dei poli: il Sole potrebbe “bombardare” la Terra
La Terra potrebbe riscaldarsi in modo imprevedibile, colpita dall’azione diretta del sole a causa del clamoroso sommovimento magnetico che sarebbe in corso. L’inversione dei poli magnetici sta infatti avvendo più velocemente del previsto. Nel frattempo, si è stabilito che le particelle magnetiche rilavate all’interno di rocce sedimentarie in Siberia indicano che 500 milioni di anni fa il Nord e il Sud magnetici si sono invertiti circa 80 volte nell’arco di pochi milioni di anni. La scoperta, pubblicata sulla rivista “Earth and Planetary Science Letters”, si deve alla ricerca coordinata da Yves Gallet, dell’università di Parigi e del Cnrs, il Centro nazionale francese per la ricerca scientifica. Analizzando i sedimenti raccolti nel fiume Khorbusuonka, nella Siberia nord-orientale – spiega l’agenzia Ansa – i ricercatori hanno trovato le prove dell’inversione dei poli magnetici nell’orientamento delle particelle di due minerali, la magnetite e l’ematite, il cui allineamento ai poli magnetici terrestri è rimasto “intrappolato” nelle rocce in modo permanente. I geologi hanno identificato 78 inversioni di polarità avvenute nell’arco di 3 milioni di anni. «Dal punto di vista magnetico, la Terra ha alternato fasi particolarmente stabili, come accaduto nel periodo compreso tra 118 e 83 milioni di anni fa, a fasi dinamiche, con frequenti inversioni del campo magnetico terrestre», dichiara all’Ansa Aldo Winkler, del laboratorio di paleomagnetismo dell’Ingv, l’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.«Negli ultimi 20 milioni di anni – aggiunge Winkler – le inversioni del campo magnetico terrestre sono avvenute al ritmo di qualche centinaio di migliaia di anni, l’ultima circa 780.000 anni fa». Le inversioni, spiega lo scienziato, «avvengono durante periodi di bassa intensità del campo e dipendono dalle complicate dinamiche nel confine tra nucleo esterno e mantello». Non è affatto chiaro se questi eventi siano collegati o meno ad alcune estinzioni di massa, ma secondo l’esperto «non sono state trovate significative correlazioni, anche considerando che il genere umano è sopravvissuto a molte di queste inversioni». Il fenomeno oggi creerebbe problemi «soprattutto a satelliti e reti elettriche, che potrebbero essere bombardati da particelle solari e raggi cosmici perché il campo magnetico indebolito ha più difficoltà a fare da scudo». Per la vita sulla Terra e per la nostra stessa sopravvivenza, afferma il “Sole 24 Ore”, l’esistenza di un campo magnetico è essenziale, «perché devia particelle pericolosissime che arrivano dal sole, il vento solare, ma anche dagli spazi profondi, tutta materia che ammazzerebbe qualsiasi forma di vita».Il Polo Nord magnetico del nostro pianeta si sta muovendo molto velocemente, più di quanto abbia fatto nell’ultimo secolo, riassume il newsmagazine “NoGeoingegneria”: «Attualmente infatti sta andando dal Canada verso la Siberia alla velocità di oltre 50 chilometri all’anno, 55 per la precisione». Perché sta cambiando così velocemente? «Difficile fare previsioni su cosa accadrà al Polo Nord magnetico, o capire se manterrà la velocità attuale nella sua migrazione verso la Siberia», sottolinea Robyn Fiori, ricercatore del Natural Resources Canada. «L’unica cosa che sembra essere certa è la sua imprevedibilità». Phil Livermore, geofisico dell’università di Leeds, sostiene che «qualcosa di anomalo» sta succedendo a latitudini elevate. All’American Geophysical Union lo scienziato avanzò una sua teoria descrivendo le recenti “stranezze” riscontrate come un “braccio di ferro” del campo magnetico terrestre. Il Polo Nord magnetico sembrerebbe essere controllato da altre due sezioni di campo magnetico, una posta sotto il Canada settentrionale e l’altra al di sotto della Siberia, in Russia. La parte del Canada è sempre stata la più forte dal punto di vista magnetico, ma oggi le cose starebbero cambiando velocemente. A cosa è dovuto tutto questo?Una delle teorie è che un getto di ferro fuso presente al centro della Terra si stia spostando, indebolendo poco alla volta il campo magnetico presente al di sotto del Canada, scrive ancora “NoGeoingegneria”. Un’altra teoria vede in atto l’inversione dei poli. Le rocce ci raccontano che cose del genere sono avvenute molte volte durante la storia geologica terrestre. «L’inversione ha luogo una volta ogni 200-300mila anni circa». Il geofisico Ciaran Beggan sottolinea che la caduta provvisoria dello scudo terrestre ci esporrebbe totalmente al flusso di particelle cariche di vento solare, dannose per l’uomo e altri animali. E mentre Greta Thunberg e i suoi seguaci insistono nel sostenere che le variazioni climatiche sarebbero di esclusiva origine antropica, il mondo scientifico è preoccupato per una anomalia geologica considerata la vera responsabile della cosiddetta inversione dei poli. «Un team di ricercatori guidato da specialisti dell’università di Rochester – si legge ancora su “NoGeoingegneria” – ha infatti scoperto che, a circa 2.900 chilometri di profondità, sotto l’Africa meridionale, il campo magnetico terrestre sta subendo un importante indebolimento».Il fenomeno, geologicamente parlando, è stato improvviso. «Stando ai dati raccolti dai ricercatori, e pubblicati sulle pagine della rivista scientifica “Geophysical Review Letters”, i primi segnali di questa specifica anomalia risalirebbero a circa 160 anni fa». Una vasta area, caratterizzata da una roccia particolarmente densa conosciuta col nome tecnico di “African Large Low Shear Velocity Province”, starebbe influenzando il ferro fuso che genera il campo magnetico terrestre, provocando un indebolimento significativo della magnetosfera, nota anche come “Anomalia del Sud Atlantico”. «La vasta area rocciosa – evidenziano gli scienziati di Rochester – si troverebbe al confine tra il nucleo esterno (liquido) della Terra e il mantello soprastante, più freddo e rigido». Nonostante la Terra abbia già superato diverse volte l’inversione dei poli magnetici, «gli scienziati sono estremamente preoccupati, perché gli effetti sulla vita potrebbero esser potenzialmente catastrofici». Il campo magnetico terrestre, ibadiscono, è infatti importantissimo: «Un suo eccessivo indebolimento potrebbe esporre le forme di vita presenti sul pianeta alle particelle provenienti dal vento solare e ai letali raggi cosmici».La Terra potrebbe riscaldarsi in modo imprevedibile, colpita dall’azione diretta del sole a causa del clamoroso sommovimento magnetico che sarebbe in corso. L’inversione dei poli magnetici sta infatti avvenendo più velocemente del previsto. Nel frattempo, si è stabilito che le particelle magnetiche rilavate all’interno di rocce sedimentarie in Siberia indicano che 500 milioni di anni fa il Nord e il Sud magnetici si sono invertiti circa 80 volte nell’arco di pochi milioni di anni. La scoperta, pubblicata sulla rivista “Earth and Planetary Science Letters”, si deve alla ricerca coordinata da Yves Gallet, dell’università di Parigi e del Cnrs, il Centro nazionale francese per la ricerca scientifica. Analizzando i sedimenti raccolti nel fiume Khorbusuonka, nella Siberia nord-orientale – spiega l’agenzia Ansa – i ricercatori hanno trovato le prove dell’inversione dei poli magnetici nell’orientamento delle particelle di due minerali, la magnetite e l’ematite, il cui allineamento ai poli magnetici terrestri è rimasto “intrappolato” nelle rocce in modo permanente. I geologi hanno identificato 78 inversioni di polarità avvenute nell’arco di 3 milioni di anni. «Dal punto di vista magnetico, la Terra ha alternato fasi particolarmente stabili, come accaduto nel periodo compreso tra 118 e 83 milioni di anni fa, a fasi dinamiche, con frequenti inversioni del campo magnetico terrestre», dichiara all’Ansa Aldo Winkler, del laboratorio di paleomagnetismo dell’Ingv, l’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.
-
Previsioni eco-apocalittiche, 50 anni di bufale tutte smentite
Moriremo di freddo, anzi di caldo. Peggio: moriremo di sete, anzi no: sommersi dall’acqua. Come diceva Gramsci, «la storia insegna, ma non ha scolari». Infatti, ricorda “Voci dall’Estero”, è da almeno mezzo secolo che scienziati e politici «prevedono a comando catastrofi climatiche naturali a causa delle attività umane», ma queste «si rivelano sempre gravemente esagerate, quando non totalmente infondate». Nonostante ciò, i media attuali continuano a propagandare previsioni catastrofiche per portare avanti iniziative come il Green New Deal americano, «senza farsi scrupoli nell’utilizzare allo scopo bambini affetti da sindrome di Asperger». Secondo “Voci dall’Estero”, che cita una spettacolare ricognizione eseguita per il “Washington Examiner” da Myron Ebell e Steven Milloy, «non c’è motivo di credere che le ultime previsioni siano minimamente più credibili delle precedenti». I due ricercatori ringraziano Tony Heller, che ha contribuito alla ricerca storica delle “fake news” circuitate per decenni dai media, pubblicandole su “Real Climate Science”. «I moderni predicatori di sventura – premettono i due analisti – prevedono un disastro climatico e ambientale fin dagli anni ’60», e come sappiamo «continuano a farlo anche oggi». Problema: «Nessuna delle apocalissi previste con tanto di data di scadenza si è finora rivelata vera».Quella che propongono i due ricercatori è una impressionante collezione delle previsioni, decisamente estreme, esternate da personaggi accreditati in ambito scientifico e governativo. «Più che limitarsi a mettere in evidenza le previsioni fallite – spiegano Ebell e Milloy – questa collezione mostra che i creatori di previsioni apocalittiche sono spesso persone che ricoprono posizioni rispettate, nel governo e nella scienza». Anche se questi pronostici «sono stati e continuano a essere entusiasticamente riportati dai media, affamati di titoli ad effetto», il loro sistematico fallimento poi non viene affatto pubblicato. Nel 1967, il “Salt Lake Tribune” annuncia “una grave carestia entro il 1975”. «È ormai troppo tardi – scrive – perché il modo possa evitare un lungo periodo di carestia». La fonte citata è un biologo dell’Università di Stanford, Paul Ebrlichm, secondo cui «la stagione delle carestie è alle porte e sarà al suo culmine e al massimo della distruzione entro il 1975». Apocaliasse in vista: «La popolazione degli Stati Uniti è già eccessiva, e il controllo delle nascite potrebbe essere ottenuto introducendo sostanze sterilizzanti negli alimenti di base e nell’acqua potabile». Due anni dopo ci si mette il “New York Times”, che il 10 agosto 1969 titola: “Spariremo tutti in una nuvola di vapore blu entro il 1989”.Secondo il biologo Paul Ehrlich, «mentre aspettiamo di avere abbastanza prove per convincere la gente, moriremo». Testualmente: «Spariremo tutti in una nuvola di vapore blu entro 20 anni». Dall’inquinamento all’emergenza climatica, ma di segno opposto rispetto a quella denunciata dai “gretini”. Il 16 aprile 1970, il “Boston Globe” annuncia “un’era glaciale entro il 2000”. «Gli scienziati – si legge – prevedono una nuova era glaciale entro il ventunesimo secolo». Spiegazione: «L’inquinamento dell’aria può oscurare il sole e provocare una nuova era glaciale nei primi 30 anni del prossimo secolo». Orrore: «La richiesta di acqua di raffreddamento prosciugherà l’intero flusso dei fiumi e dei torrenti degli Stati Uniti». Sempre nel ‘70, il “Redlands Daily Facts” avverte: «L’America sarà sottoposta a razionamento dell’acqua entro il 1974 e a razionamento del cibo entro il 1980». Uno scenario spaventoso, venduto come certezza: «Gli oceani saranno morti come il Lago Erie in meno di dieci anni». Mel 1971, a parlare di “nuova era glaciale in arrivo” è il “Washington Post”, che il 9 luglio cita un esperto aerospaziale e la Columbia University: «Nei prossimi 50 anni le polveri sottili che gli uomini emettono costantemente nell’atmosfera a causa dei combustibili fossili potrebbero oscurare una parte così importante della luce del sole che le temperature medie potrebbero calare di sei gradi».Se il trend continuasse per diversi anni, da cinque a dieci, «tale abbassamento della temperatura potrebbe essere sufficiente a innescare un’era glaciale», assicura il quotidiano di Washington. Nel 1972, il Noaa sposta al 2020 l’inizio della “nuova era glaciale”, sempre di origine antropica: lo affermano scienziati che hanno rivolto un appello al presidente degli Stati Uniti. Passano due anni, e a rilanciare il pronostico del gelo polare è l’inglese “Guardian”, secondo cui «i satelliti spaziali mostrano che una nuova era glaciale si sta avvicinando velocemente». Anche la rivista “Time” si beve l’inferno di ghiaccio e lo serve ai lettori il 24 giugno 1974: «I segni sono ovunque – dall’inaspettata persistenza e spessore dei ghiacci nelle acque intorno all’Islanda alla migrazione verso sud di creature che amano il caldo come gli armadilli nel Midwest». Sempre nel ‘74 nasce una nuova paura mediatica, quella del buco dell’ozono: «Il consumo dell’ozono è un grave pericolo per la vita». Dal ‘74, ricordano Ebell e Milloy, il cosiddetto “buco dell’ozono” è enormemente aumentato, per poi stabilizzarsi verso gli anni 2000, «ma senza alcuna conseguenza catastrofica».Meglio insistere con la storiella del raffreddamento glaciale. Lo fa la “New York Times Book Review” nel 1976: Stephen Schneider, giovane climatologo del Centro Nazionale per la Ricerca Atmosferica di Boulder, Colorado, spiega alla Casa Bianca perché le temperature caleranno in modo allarmante. A partire dal 1980 si apre un altro capitolo: le piogge acide. «La pioggia acida uccide la vita dei laghi», è la tesi ricorrente. Dieci anni dopo, il governo Usa smentisce: «Le piogge acide non rappresentano una crisi ambientale» (“Associated Press”). Ancora nel 1978, però, si insiste con l’imminenza dell’era glaciale: «Non si vede la fine del trend trentennale di raffreddamento dell’emisfero nord», scrive il “New York Times”, citando «un team internazionale di specialisti». Secondo i dati dei satelliti Nasa, invece – annotano Ebell e Milloy – a partire dal 1979 si osserva il contrario, cioè un piccolo trend di riscaldamento. Verso la fine degli anni ‘80, altro spettro: la carenza idrica. Nel 1988, sul “Miami News”, James Hansen prevede un aumento delle siccità regionali negli anni ‘90, nel Midwest. E invece, smentisce “Real Climate Science”, l’ultimo anno veramente secco del Midwest è stato il 1988, mentre gli anni recenti sono stati tra i più umidi registrati.Lo stesso Hansen, in forza alla Nasa, sul “Lansing State Journal” avverte i cittadini di Washington: «Preparatevi a estati lunghe e bollenti». I ricercatori smentiscono: «Il numero dei giorni “bollenti” nell’area di Washington ha raggiunto un picco nel 1911, e da allora sono in calo». Poi ci sono previsioni particolarmente spettacolari, del tipo: «Le Maldive saranno completamente sommerse entro 30 anni». Lo afferma nel 1988 l’agenzia “France Presse”: «Il livello dei mari minaccia di sommergere completamente questa nazione dell’Oceano». Attenzione: «La fine delle Maldive e dei loro 200.000 abitanti potrebbe avvenire anche prima, se la disponibilità di acqua potabile si dovesse prosciugare entro il 1992, come previsto». Per fortuna, l’oceano non ha sommerso le Maldive (dove l’acqua potabile non si è affatto prosciugata). Spara date precise anche la “Associated Press” nel 1989: «L’innalzamento dei mari ‘sommergerà’ le nazioni entro il 2000». Dalle isole alle vie di comunicazione: secondo l’allarme lanciato da “Salon” nel 1989, «l’autostrada Ovest di New York sarà sommersa dall’acqua entro il 2019». Fonte: sempre lui, Jim Hansen, il “profeta” che appena l’anno prima aveva vaticinato l’arrivo della siccità.Qualcuno, nel frattempo, comincia a coltivare dubbi. Il Competitive Enterprise Institute si accorge del fallimento dei modelli climatici adottati dal 1995 ad oggi: negli ultini 40 anni, la Terra si è surriscaldata di appena 0,3 gradi centigradi. Ma l’allarmismo è duro a morire. Il 20 marzo 2000, “The Independent” scrive: «Le nevicate sono ormai solo un ricordo del passato. I bambini semplicemente non sapranno che cosa sia la neve». Due anni dopo, nel 2002, il “Guardian” annuncia: «Avremo una carestia entro 10 anni». Nel 2004, lo stesso “Guardian” azzarda la seguente previsione: «L’Inghilterra avrà il clima della Siberia entro il 2020». Dal quotidiano, terribili certezze: «I cambiamenti climatici ci distruggeranno. L’inghilterra sprofonderà in un clima “siberiano” in meno di 20 anni. Conflitti nucleari, mega-siccità, carestie e rivolte diffuse emergeranno in tutto il mondo». Se per il quotiano inglese il problema è il freddo, per la “Associated Press” l’emergenza è il caldo: nel 2008, l’agenzia “spiega” che «l’Artico sarà privo di ghiaccio entro il 2018». Ci si mette anche Al Gore, peggiorando ulteriormente la previsione: «L’Artico non avrà più ghiaccio entro il 2013», addirittura. Invece, la calotta bianca è ancora lì.Arriva il 2009, e a parlare è il principe Carlo d’Inghilterra: «Abbiamo solo otto anni per salvare il pianeta». Testualmente: «Rimangono solo 96 mesi per salvare la Terra» (“The Independent”, 9 luglio). Gli fa eco l’allora premier, Gordon Brown, secondo cui però è ormai questione di minuti, per la fine del mondo: «Abbiamo meno di 50 giorni per salvare il pianeta dalla catastrofe». Dal canto suo, Al Gore rivede la sua profezia: il ghiaccio artico non sparirà più nel 2013, ma l’anno seguente (“Usa Today”). Per il “Guardian”, più ottimista, la fine della banchisa polare è rinviata al 2015. Il 14 maggio 2014, il ministro degli esteri francese Lauren Fabius si sbilancia: «Abbiamo solo 500 giorni prima del caos climatico». Ma la fine del mondo, a quanto pare, è rinviata. Il dato impressionante? La facilità con cui i media – sbagliando sempre – hanno annunciato la catastrofe, data ogni volta per imminente, nell’arco di mezzo secolo, accreditando le tesi di scienziati ed entità governative. Il guaio? Giornali, televisioni e agenzie di stampa non si premurano praticamente mai di controllare l’esattezza delle previsioni via via strombazzate, per nostra fortuna comicamente sballate.Moriremo di freddo, anzi di caldo. Peggio: moriremo di sete, anzi no: sommersi dall’acqua. Come diceva Gramsci, «la storia insegna, ma non ha scolari». Infatti, ricorda “Voci dall’Estero”, è da almeno mezzo secolo che scienziati e politici «prevedono a comando catastrofi climatiche naturali a causa delle attività umane», ma queste «si rivelano sempre gravemente esagerate, quando non totalmente infondate». Nonostante ciò, i media attuali continuano a propagandare previsioni catastrofiche per portare avanti iniziative come il Green New Deal americano, «senza farsi scrupoli nell’utilizzare allo scopo bambini affetti da sindrome di Asperger». Secondo “Voci dall’Estero”, che cita una spettacolare ricognizione eseguita per il “Washington Examiner” da Myron Ebell e Steven Milloy, «non c’è motivo di credere che le ultime previsioni siano minimamente più credibili delle precedenti». I due ricercatori ringraziano Tony Heller, che ha contribuito alla ricerca storica delle “fake news” circuitate per decenni dai media, pubblicandole su “Real Climate Science”. «I moderni predicatori di sventura – premettono i due analisti – prevedono un disastro climatico e ambientale fin dagli anni ’60», e come sappiamo «continuano a farlo anche oggi». Problema: «Nessuna delle apocalissi previste con tanto di data di scadenza si è finora rivelata vera».
-
Ecco la vera Greta: accusò i potenti all’Onu già nel 1992
Mi chiamo Severn Suzuki e parlo a nome di Eco, l’organizzazione dei bambini per l’ambiente. Siamo un gruppo di ragazzini di 12 e 13 anni che cercano di cambiare le cose: Vanessa Settis, Morgan Geisler, Michelle Quaigg ed io. Abbiamo raccolto i soldi da sole per venire fin qui, a 5.000 miglia di distanza, per dire a voi adulti che dovete cambiare il modo di vivere. Nel venire qui oggi non ho nessuna intenzione nascosta. Combatto per il mio futuro. Perdere il mio futuro non è come perdere le elezioni o perdere un paio di punti sul mercato azionario. Sono qui per parlare a nome di tutte le generazioni future. Parlo a nome di tutti i bambini nel mondo che soffrono la fame e restano inascoltati. Parlo a nome degli innumerevoli animali che stanno morendo in tutto il pianeta perché non gli resta più spazio in cui andare. Oggi ho paura di uscire sotto il sole per i buchi nell’ozono. Ho paura a respirare l’aria perché non so quali composti chimici ci siano dentro. Andavo sempre a pesca con mio padre a Vancouver, la mia città, finché qualche anno fa abbiamo trovato un pesce pieno di tumori. E adesso si parla di animali e di piante che si stanno estinguendo ogni giorno, scomparendo per sempre.Nella mia vita ho sognato di vedere grandi mandrie di animali selvaggi, giungle e foreste pluviali piene di uccelli e di farfalle. Ma ora mi domando se mai esisteranno davvero, se mai i miei figli potranno vederle. Voi, quando avevate la mia età, dovevate preoccuparvi di queste cose? Tutto questo avviene sotto i nostri occhi, eppure noi ci comportiamo come se avessimo a disposizione tutto il tempo che vogliamo e tutte le soluzioni. Io sono solo una bambina e non ho tutte le soluzioni. Ma dovete rendervi conto che non le avete nemmeno voi. Non sapete come aggiustare i buchi nello strato di ozono. Non sapete come fare a riportare i salmoni in un torrente ormai morto. Non sapete come fare a riportare in vita un animale ormai estinto. E non potete far rinascere le foreste che crescevano dove ora c’è un deserto. Se non sapete come aggiustare qualcosa, per favore, smettete di romperla. A scuola, e persino all’asilo, ci insegnate come comportarsi nel mondo. Ci insegnate a non litigare con gli altri, a trovare sempre un accordo, a rispettare gli altri. A pulire dove sporchiamo, a non fare del male ad altre creature, a condividere a non essere avidi. E allora perché voi fate le cose che a noi dite di non fare?Non dimenticate il motivo per cui partecipate a queste conferenze e per chi lo state facendo: noi siamo i vostri stessi figli. Sta a voi decidere in quale tipo di mondo dovremmo crescere. I genitori dovrebbero poter guardare in faccia i propri figli, dicendo: andrà tutto bene, non è la fine del mondo e noi stiamo facendo del nostro meglio. Ma non credo che voi possiate dirci questo, ormai. Mi domando addirittura se noi siamo nella vostra lista di priorità. Mio padre mi dice sempre: tu sei quello che fai, non quello che dici. Ebbene, quello che voi fate mi fa piangere la notte. Voi adulti dite di amarci. Ma io vi lancio questa sfida: per favore, fate in modo che le vostre azioni riflettano le vostre parole. Grazie.(Severn Suzuki, dichiarazioni rilasciate all’età di 12 anni, nel lontano 1992, alla conferenza mondiale Onu sullo sviluppo e sull’ambiente. Il video l’ha ripescato Massimo Mazzucco, proponendolo in un montaggio su YouTube pubblicato sul blog “Luogo Comune” il 1° ottobre 2019. «Ventisette anni fa – dice Mazzucco – questa ragazzina canadese fece un discorso molto simile a quello fatto da Greta la settimana scorsa». Naturalmente, osserva Mazzucco, a quell’epoca non esistevano Internet e i social media, «per cui il discorso di Severn è rimasto praticamente sconosciuto, mentre quello di Greta ha avuto un’eco mondiale». Ma attenzione: «L’idea del discorso all’Onu a favore dell’ambiente, da parte di un bambino pulito e innocente, non è certo di oggi. E a questo punto, l’odore di manipolazione mediatica si fa sempre più insistente»).Mi chiamo Severn Suzuki e parlo a nome di Eco, l’organizzazione dei bambini per l’ambiente. Siamo un gruppo di ragazzini di 12 e 13 anni che cercano di cambiare le cose: Vanessa Settis, Morgan Geisler, Michelle Quaigg ed io. Abbiamo raccolto i soldi da sole per venire fin qui, a 5.000 miglia di distanza, per dire a voi adulti che dovete cambiare il modo di vivere. Nel venire qui oggi non ho nessuna intenzione nascosta. Combatto per il mio futuro. Perdere il mio futuro non è come perdere le elezioni o perdere un paio di punti sul mercato azionario. Sono qui per parlare a nome di tutte le generazioni future. Parlo a nome di tutti i bambini nel mondo che soffrono la fame e restano inascoltati. Parlo a nome degli innumerevoli animali che stanno morendo in tutto il pianeta perché non gli resta più spazio in cui andare. Oggi ho paura di uscire sotto il sole per i buchi nell’ozono. Ho paura a respirare l’aria perché non so quali composti chimici ci siano dentro. Andavo sempre a pesca con mio padre a Vancouver, la mia città, finché qualche anno fa abbiamo trovato un pesce pieno di tumori. E adesso si parla di animali e di piante che si stanno estinguendo ogni giorno, scomparendo per sempre.
-
Global Strike: nuova religione, certezze piccine come Greta
Con Greta, oppure contro Greta: è indifferente, purché si dia spettacolo. Lo spiega il regista Massimo Mazzucco: intanto, i primi vincitori dell’operazione sono i media. Negli odierni palinsesti televisivi, sempre più stanchi, ogni minuto di ascolto vale oro, in termini pubblicitari. La ragazzina svedese infatti fa audience, e nel modo più comodo e inoffensivo: agita nobili ideali e solleva grandi interrogativi, ma senza mai allarmare il potere. La baby-agitazione sul clima non prevede, domattina, nessun G20 e nessun referendum. Solo parole al vento? Non per forza: può anche darsi che il seme gettato da Greta – diventare più responsabili verso l’ambiente – possa dare frutto, domani, tra i giovanissimi di oggi, quando saranno chiamati a votare e a scegliere leader meno “distratti”. Il rovescio della medaglia è lampante: il rischio è quello di appiattire masse immense su una sorta di non-pensiero, fondato su un assioma indimostrato: e cioè che il surriscaldamento climatico in corso sarebbe senza precedenti, nonché di origine umana. Sicuri? Per nulla: sull’attuale impatto ambientale in termini di temperature si accettano scommesse, mentre se c’è una certezza è proprio questa: la Terra si è sempre surriscaldata, per poi tornare a raffreddarsi fino a congelarsi, molto prima della nostra civiltà industriale. Quanto tempo prima, esattamente?
-
Greta recita: sta minacciando personalmente ognuno di noi
Dovete consumare di meno (voialtri, non loro lassù). E dunque: rassegnatevi alla precarietà, all’esclusione sociale. E sentitevi in colpa, se avete appena cambiato il frigo e osato concedervi una vacanza. Dovete smettere, punto e basta. A chi parla, Greta Thunberg? A noi, le vittime dei suoi burattinai. Fino a ieri, la giovanissima attrice svedese si limitava a mormorare, dispensando saggezza dall’alto dei suoi 16 anni. Oggi ha cambiato passo: intima, minaccia, insolentisce. Le hanno messo a disposizione addirittura la platea della Nazioni Unite, per esibirsi nel suo nuovo spettacolo. Una viperetta tracotante, livida: ne saranno felcissimi, gli azionisti del suo business. In primis, a brindare è la filiera industriale delle energie rinnovabili, con la potente macchina di propaganda ben oliata dall’oligarca Al Gore, ex vice di Clinton, l’uomo che ha scatenato la finanza-canaglia globalizzata. Ma in generale, nel mirino della piccola fiammiferaia svedese (ovvero, dei suoi sceneggiatori) c’è suprattutto il famoso 99% dell’umanità, o meglio ancora dell’Occidente, il “primo mondo” che era benestante e che si è improvvisamente impoverito proprio mentre l’economia mondializzata ha moltiplicato in modo esponenziale il Pil finanziario dei decenni precedenti la caduta del Muro di Berlino.Il grande artefice del disgelo, Mikhail Gorbaciov, sognava un mondo senza più guerre. Sfrattato dal Cremlino, ha visto l’Urss smembrata e la Russia brutalmente privatizzata e saccheggiata. Ma il colpo da maestro degli strateghi del globalismo a mano armata è stato permettere alla Cina di entrare nel gioco planetario con merci prodotte sottocosto, grazie anche a condizioni schiavistiche di lavoro, senza le tutele sindacali di Europa e Usa. In pochi anni il mondo è esploso, insieme al suo fatturato, in una sorta di festa truccata: l’europeo e l’americano medio hanno perso terreno, hanno smesso di crescere in termini di benessere, hanno cominciato a intaccare i risparmi familiari e a dover mantenere i figli senza lavoro, costretti a non sposarsi o a emigrare all’estero. Devastante il fenomeno delle delocalizzazioni, la fuga delle industrie nei paesi asiatici dove l’operaio costava un dollaro al giorno. In Europa – vero laboratorio mondiale del suicidio tecnocratico della democrazia – la truffa neoliberale ha indossato la maschera austera e perbenista dell’ordoliberismo autoritario, l’ipocrita moralismo del guru austriaco Friedrich von Hayek: l’illuminato economista concepiva il welfare (ridotto a poche briciole, s’intende) solo come misura estrema e preventiva per cautelarsi dalla rivolta delle masse impoverite.Agli italiani, personaggi come Ciampi e Prodi avevano presentato l’Ue e l’Eurozona come il paradiso, il regno dell’età dell’oro. Dopo meno di vent’anni non restano che macerie, nazioni che si guardano in cagnesco e che si fanno le scarpe appena possono, mentre il Belpaese (depredato, secondo i piani) ha perso il 25% del suo potenziale industriale. L’Europa intera ha assistito senza muovere un dito alla macellazione senza anestesia del popolo greco: cos’avrebbe da dire, Greta Thunberg, ai sopravvissuti della Grecia che si sono visti scippare il Pireo e gli aeroporti, chiudere i bancomat, tagliare i salari, ridurre le pensioni fino alla soglia della fame? Cicale irresponsabili, quelle che hanno assistito alla morte dei neonati, nei loro ospedali, per mancanza di medicine? Spendaccioni scellerati, i greci, che oggi devono vedersela con piaghe che si credevano sepolte dalla storia, come la malnutrizione infantile? E’ sconcertante la consonanza fra le parole di Greta e quelle degli oligarchi europei che hanno messo la Grecia in ginocchio, accusandola di aver abusato del debito pubblico. La canzone – vagamente nazista – è sempre la stessa: la colpa è vostra, peggio per voi.La Thunberg, si sa, è una pedina importantissima della grande manipolazione mediatica sul “climate change”, ovvero la teoria – non suffragata scientificamente – secondo cui il surriscaldamento globale (peraltro appena contestato all’Onu da 500 scienziati) sarebbe di origine antropica. Sommessamente, qualche anno fa, il fisico Carlo Rubbia, Premio Nobel, ricordava che, ai tempi dell’Impero Romano, le temperature medie erano superiori a quelle di oggi. Nel solo medioevo, come gli storici sanno, si è passati dalla mini-glaciazione (che d’inverno congelava il Tamigi e la Senna, attraversabili camminando) al grande caldo del periodo basso-medievale, con colture mediterranee come l’ulivo diffuse ovunque nel Nord Italia. Ancora nom c’era neppure la macchina a vapore, figurarsi le emissioni velenose delle odierne megalopoli. L’inquinamento è tangibile e pericoloso, quello sì: negli oceani galleggiano isole di plastica vaste quanto continenti. Come è possibile che non si impieghi la tecnologia necessaria a bonificare la Terra e riconvertire ecologicamente l’industria? E soprattutto: perché – in primis – i padroni dell’universo che muovono i fili della marionetta Greta vogliono, a tutti i costi, colpevolizzare noi per quanto sta accadendo, raccontandoci addirittura che il degrado della biosfera altera il clima del pianeta?E’ tutto talmente surreale da sembrare comico, se non fosse per il caos sanguinoso che sfiora o assedia miliardi di esseri umani. Il cielo è vistosamente coperto dalle emissioni aeree della geoingegneria (guai a chiamarle scie chimiche), mentre l’aviazione Usa ammette, di colpo, che i piloti dei jet sono frastornati dai continui avvistamenti di Ufo. Il Medio Oriente non fa più notizia, eppure dovrebbe: non si è ancora spenta l’eco del terrore scatenato dal sedicente Stato Islamico, protetto e armatissimo da precisi settori dell’intelligence atlantica prima dell’elezione di Trump alla Casa Bianca. Gli stregoni della finanza oggi hanno paura: temono un crollo catastrofico dell’economia fittizia gonfiata dalla speculazione. Mario Draghi smentisce integralmente la sua vicenda professionale e arriva a evocare addirittura la Modern Money Theory, cioè la restituzione della sovranità monetaria agli Stati, mentre Christine Lagarde, in uscita dal Fmi e diretta alla Bce, parla apertamente degli eurobond che metterebbero fine all’incubo dello spread, consentendo all’economia europea di tornare a investire e produrre lavoro. Sono voci frammentarie di élite potentissime che oggi appaiono divise e lacerate da faglie profonde, come quella che oppone il governo Usa al cartello Rothschild, ora schierato con Silicon Valley e con la Cina, pronto a sostituire il dollaro con un’altra possibile valuta internazionale, come propone la Bank of England.I segnali non sono rassicuranti, c’è chi teme un collasso che potrebbe spalancare scenari di guerra. Nell’Italia che assiste alla strage indiscriminata di alberi d’alto fusto, tagliati per fare spazio al misterioso 5G (vera incognita, per la salute), i genitori si rassegnano a sottoporre i bambini a vaccinazioni improvvisamente obbligatorie, somministrate in batteria – oggi ai neonati e forse domani anche agli adulti, pena la pedita del passaporto e della patente di guida come in Argentina? Ma non importa, evidentemente, se in tanti battono le mani alla piccola strega Greta Thunberg, che recita a soggetto davanti alle Nazioni Unite puntando il dito contro tutti noi. Un’intimidazione ad personam, minacciosa e sinistra: guai a voi, branco di incoscienti. Come osate continuare a sperare di migliorare la vostra vita? Musica, per le orecchie dei tagliatori di bilanci. Nulla che possa impensierire le major, gli oligarchi, le multinazionali. Greta ce l’ha con noi, con ognuno di noi: punta a far crescere il nostro senso di colpa, quello del giovane che sogna l’auto nuova, del pensionato che fatica ad arrivare alla fine del mese. Grazie a Greta, i cialtroni dell’austerity – da Palazzo Chigi alla Commissione Ue – potranno accanirsi sul popolo bue con meno scrupoli, specie se l’economia mondiale volgerà al peggio. Nuovi sacrifici in vista? Niente paura, in soccorso ai lestofanti arriva la lezione della piccola attrice svedese: soffrire è giusto, ce lo meritiamo.Dovete consumare di meno (voialtri, non loro lassù). E dunque: rassegnatevi alla precarietà, all’esclusione sociale. E sentitevi in colpa, se avete appena comprato lo smartphone ultimo modello e avete osato concedervi una bella vacanza. Dovete smettere, punto e basta. A chi parla, Greta Thunberg? A noi, le vittime dei suoi burattinai. Fino a ieri, la giovanissima attrice svedese si limitava a mormorare, dispensando saggezza dall’alto dei suoi 16 anni. Oggi ha cambiato passo: intima, minaccia, insolentisce. Le hanno messo a disposizione addirittura la platea della Nazioni Unite, per esibirsi nel suo nuovo spettacolo. Sembra una viperetta tracotante, livida: ne saranno felicissimi, gli azionisti del suo business. In primis, a brindare è la filiera industriale delle energie rinnovabili, con la potente macchina di propaganda ben oliata dall’oligarca Al Gore, ex vice di Clinton, l’uomo che ha scatenato la finanza-canaglia globalizzata. Ma in generale, nel mirino della piccola fiammiferaia svedese (ovvero, dei suoi sceneggiatori) c’è soprattutto il famoso 99% dell’umanità, o meglio ancora dell’Occidente, il “primo mondo” che era benestante e che si è improvvisamente impoverito proprio mentre l’economia mondializzata ha moltiplicato in modo esponenziale il Pil finanziario dei decenni precedenti la caduta del Muro di Berlino.