Archivio del Tag ‘Giuseppe Conte’
-
L’Asilo Mariuccia da cui parla Saviano, intellettuale di scorta
«Ciò che so con certezza è che dobbiamo far rimpiangere a questo governo il giorno in cui ha deciso per egoismo, interesse e cattiveria che per esistere bisognava diventare razzisti». Chi ha pronunciato questa frase memorabile, questo monito da brividi, questa autentica perla di indignazione civica? Stiamo scherzando, ovviamente. Le domanda giusta è: chi ha scritto questa puerile fesseria da bacio Perugina del qualunquismo universale? E la risposta giusta è: Roberto Saviano. Il grande intellettuale? Il grande intellettuale, proprio lui. Il quale – tra tutte le possibili (e serie) chiavi (politiche, sociali, economiche) di interpretazione critica dell’operato del nuovo esecutivo – ha scelto l’unica ridicola, da Asilo Mariuccia: quella moralistica che tutti noi usavamo, prima di varcare la soglia dell’età della ragione, di fronte a un supposto sopruso. All’indirizzo di chi l’aveva – secondo la nostra minuscola visione del mondo – perpetrato (genitore, maestro, catechista che fosse), urlavamo: sei cattivo! Con la cultura e il vocabolario di un buon intellettuale, avremmo aggiunto anche: sei razzista, e forse pure populista, se la moda di allora lo avesse consentito. Proprio come Saviano fa ora.Ogni epoca, ha detto qualcuno, ha gli intellettuali che si merita. Però, scusate, abbiamo una nostalgia canaglia di quando scrivevano giganti come Pierpaolo Pasolini e Oriana Fallaci. Essi, il primo in particolare, denunciavano le invisibili ‘infrastrutture’ corrotte e malate di un sistema apparentemente sano. Cioè svolgevano il compito di ogni intellettuale decente: permetterci di dare un’occhiata sotto l’opaco tappeto della cronaca (intessuto dai media ufficiali con il preciso intento di nascondere la polvere) per consentirci di vedere. Vedere in senso più che letterale: scorgere le inique linee di forza che uniscono i puntini di fatti, personaggi, istituzioni incensurate e, soprattutto, incensurabili. Oggi, gli intellettuali si guardano bene dal guardare sotto il tappeto. Forse perché non vogliono vedere, chissà. Magari vedono il male evidente dove c’è e meritoriamente lo denunciano (come fa, a suo rischio – e di questo gli va dato atto e merito – Saviano), ma non notano quello occulto, talora più grave del primo. Magari perché è occulto?Questo fatto, per un vero intellettuale, non costituisce un alibi, ma un’aggravante. Egli ha il preciso compito di disvelarlo, l’occulto. E può farlo sol che abbia acume, cultura ed intuito a sufficienza; e molti ce l’hanno, e dunque perché non lo fanno? Ma torniamo a Saviano che può insultare un ministro della Repubblica – dandogli del buffone e del malavitoso – senza che nessuno si senta in dovere di fare un plissè. Né le istituzioni (Salvini ormai è un topos letterario: il simbolo semovente della ‘cattiveria’, del ‘razzismo’, dell’’egoismo’ come scrive l’illuminata penna del Sommo Saviano) né soprattutto gli altri intellettuali. I quali si sono schierati, lancia in resta, a difesa del loro ‘compagno’ in nome della discutibilissima faccenda della ‘scorta’. Anche in questo caso, tra il dito e la luna, essi hanno scelto il dito. Per fortuna che ci sono. Così non abbiamo solo un grande intellettuale; abbiamo anche quelli di scorta.(Francesco Carraro, “Intellettuali di scorta”, da “Scenari Economici” del 25 giugno 2018).«Ciò che so con certezza è che dobbiamo far rimpiangere a questo governo il giorno in cui ha deciso per egoismo, interesse e cattiveria che per esistere bisognava diventare razzisti». Chi ha pronunciato questa frase memorabile, questo monito da brividi, questa autentica perla di indignazione civica? Stiamo scherzando, ovviamente. Le domanda giusta è: chi ha scritto questa puerile fesseria da bacio Perugina del qualunquismo universale? E la risposta giusta è: Roberto Saviano. Il grande intellettuale? Il grande intellettuale, proprio lui. Il quale – tra tutte le possibili (e serie) chiavi (politiche, sociali, economiche) di interpretazione critica dell’operato del nuovo esecutivo – ha scelto l’unica ridicola, da Asilo Mariuccia: quella moralistica che tutti noi usavamo, prima di varcare la soglia dell’età della ragione, di fronte a un supposto sopruso. All’indirizzo di chi l’aveva – secondo la nostra minuscola visione del mondo – perpetrato (genitore, maestro, catechista che fosse), urlavamo: sei cattivo! Con la cultura e il vocabolario di un buon intellettuale, avremmo aggiunto anche: sei razzista, e forse pure populista, se la moda di allora lo avesse consentito. Proprio come Saviano fa ora.
-
Spread e Salvini, la paura secondo Mattarella (e Oettinger)
Abbiate molta paura dello spread, cari italiani, e nessuna paura – invece – di quel mestatore di Matteo Salvini, che investe proprio sulle vostre paure. La paura “non olet”, come la pecunia: dipende da chi la usa, e contro chi. Il bieco Salvini sbaglia, quando punta sulla paura per incassare voti, mentre il presidente della Repubblica può permettersi di pigiare lo stesso tasto – quello del panico – se si tratta di fermare il governo Conte, salvo poi denunciare la paura come sport impraticabile e pericoloso. Corsi e ricorsi, ma la fonte è sempre la stessa: Sergio Mattarella. Il 27 maggio, dal Quirinale, il capo dello Stato ha evocato l’apocalisse, nel caso in cui Paolo Savona avesse raggiunto il ministero dell’economia. Giusto un mese dopo, a San Patrignano, ha rivolto un analogo monito alla nazione, ma di segno opposto: l’Italia deve scrollarsi di dosso il fantasma della paura, agitato appena quattro settimane prima per interferire – forzando la Costituzione, secondo eminenti giuristi – nella formazione del legittimo governo voluto dagli italiani. In altre parole: è bene che il popolo, prima di avere paura, ascolti i giusti consigli di chi gli spiega di cosa avere paura. Magari quelli del tedesco Günther Oettinger, secondo cui “i mercati” insegneranno agli italiani come votare.«L’incertezza sulla nostra posizione nell’euro ha posto in allarme gli investitori e i risparmiatori, italiani e stranieri, che hanno investito nei nostri titoli di Stato e nelle nostre aziende», scandì Mattarella il 27 maggio. «L’impennata dello spread, giorno dopo giorno, aumenta il nostro debito pubblico e riduce le possibilità di spesa dello Stato per nuovi interventi sociali». Ancora: «Le perdite in Borsa, giorno dopo giorno, bruciano risorse e risparmi delle nostre aziende e di chi vi ha investito. E configurano rischi concreti per i risparmi dei nostri concittadini e per le famiglie italiane». Lo spread, manovrato da banche franco-tedesche in mano a poteri ostili alla nascita del governo Conte, in quei giorni di alta tensione politico-istituzionale stava infatti salendo. «Occorre fare attenzione anche al pericolo di forti aumenti degli interessi per i mutui, e per i finanziamenti alle aziende», aggiunse Mattarella. «In tanti ricordiamo quando – prima dell’Unione Monetaria Europea – gli interessi bancari sfioravano il 20 per cento». E concluse: «È mio dovere, nello svolgere il compito di nomina dei ministri – che mi affida la Costituzione – essere attento alla tutela dei risparmi degli italiani».A caldo, Luigi Di Maio – oggi vicepremier e ministro – arrivò a invocare l’impeachment per il presidente della Repubblica. Prima ancora di boicottare la nomina di Savona all’economia, Mattarella aveva compiuto un gesto assolutamente inedito: aveva “invitato” l’allora presidente del Consiglio incaricato, Giuseppe Conte, a consultare il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, notoriamente vicinissimo a Mario Draghi. Sul piano formale, Bankitalia è ancora un ente di diritto pubblico, ma quasi il 100% dell’azionariato è in mano a istituti di credito privati, banche e assicurazioni. La stessa Bce – vero dominus della politica europea, su mandato tedesco – è di fatto una corporazione bancaria privata. Non è sovrana la gestione dell’euro, ed è violentemente privatistica l’intera conduzione dell’Unione Europea, improntata all’ordoliberismo e gestita da una Commissione di non-eletti, “consigliati” da 1500 lobbisti che, di fatto, dettano le direttive europee in base agli interessi economici e finanziari delle maggiori multinazionali, industriali e finanziarie. Un potere di cui avere rispetto e timore, dice Oettinger (lo stesso che oggi promuove il bavaglio al web). Un potere, ribadì Mattarella, di cui gli italiani farebbero bene ad avere paura, se tenessero all’incolumità dei loro risparmi.Visitando la comunità di recupero per tossicodipendenti più famosa d’Italia, creata da Vincenzo Muccioli, Mattarella è tornato sul tema della paura a un mese dal varo del governo “gialloverde”, che ha proiettato Salvini come protagonista europeo nella politica sull’immigrazione, critico anche con la tolleranza dell’illegalità diffusa che vige nei campi Rom. «Non bisogna arrendersi alla paura», ha detto il capo dello Stato, davanti alle telecamere. «Il tessuto solidale di un paese è il bene comune prezioso, e questo va sempre considerato a partire da chi ha responsabilità pubbliche», ha aggiunto. «Qui si respira solidarietà, e questo è un patrimonio del nostro popolo: nel Dna degli italiani vi è la solidarietà». Il presidente sottolinea l’importanza di «costruire questo tessuto relazionale che rende la vita più gradevole». Il Quirinale? Deve «rappresentare l’unità dell’Italia, la sua coesione, il suo modo di sentirsi legata entro di essa, con tutti i cittadini legati a un destino comune: questa è l’unità vera del nostro paese». Una retorica umanitaria, che ignora le esasperanti vessazioni imposte dall’Ue alla “cominità solidale” e sembra piuttosto voler stridere con la presunta disumanità rinfacciata ogni giorno allo “sceriffo” Salvini, l’uomo che voleva Paolo Savona al ministero dell’economia, nonostante il professore avesse studiato anche un piano per uscire dall’euro in caso di emergenza.E mentre il collega Oettinger – l’uomo dello spread – si prepara a dirigere l’ultima grottesca crociata contro il popolo sovrano (stavolta colpendo la libertà del web, come dimostra il successo della petizione di “Change.org” contro l’iniziativa-bavaglio), il partito che lanciò Matterella al Quirinale, il Pd, ha perso la presa anche sulle “Regioni rosse”, a conferma di un cambiamento epocale in corso. Nel frattempo sta volando, nei consensi, proprio il governo Conte, sostanzialmente incoraggiato – per ora – da qualcosa come 7 italiani su 10. Un rarissimo esempio di unità nazionale e di coesione politica, per un’Italia che finalmente preoccupa i signori di Bruxelles, di Berlino e Parigi, i boss finanziari di Francoforte e i loro amici fraterni di Bankitalia. La notizia, probabilmente, che è il paese – dopo vent’anni di crisi – ha smesso di avere paura di chi vorrebbe che vivesse per sempre in stato di soggezione e inferorità. Lo spaventoso spread evocato da Mattarella il 27 maggio? Si è sgonfiato subito, per intervento della finanza statunitense. Le prove tecniche di sovranità, per l’Italia, sono appena cominciate. In mare è tempestoso, la strada è lastricata di trappole. Ma la sensazione è che – al di là dei moniti, dei consigli e degli avvertimenti, più o meno istituzionali – gli italiani abbiano intenzione di tirare dritto, serrando i ranghi attorno al governo che il vecchio establishment (inclusi i grandi media) vive come un affronto insopportabile, di cui – in questo caso sì – avere davvero paura.Abbiate molta paura dello spread, cari italiani, e nessuna paura – invece – di quel mestatore di Matteo Salvini, che investe proprio sulle vostre paure. La paura “non olet”, come la pecunia: dipende da chi la usa, e contro chi. Il bieco Salvini sbaglia, quando punta sulla paura per incassare voti, mentre il presidente della Repubblica può permettersi di pigiare lo stesso tasto – quello del panico – se si tratta di frenare il governo Conte, salvo poi denunciare la paura come sport impraticabile e pericoloso? Corsi e ricorsi, ma la fonte è sempre la stessa: Sergio Mattarella. Il 27 maggio, dal Quirinale, il capo dello Stato ha evocato l’apocalisse, nel caso in cui il pericolosissimo Paolo Savona, già ministro con Ciampi, avesse raggiunto il ministero dell’economia. Giusto un mese dopo, a San Patrignano, lo stesso Mattarella ha rivolto un analogo monito alla nazione, ma di segno opposto: l’Italia deve scrollarsi di dosso il fantasma della paura, agitato appena quattro settimane prima per interferire – forzando la Costituzione, secondo eminenti giuristi – nella formazione del legittimo governo voluto dagli italiani. In altre parole: è bene che il popolo, prima di avere paura, ascolti i saggi consigli di chi gli spiega di cosa avere paura? Magari quelli del tedesco Günther Oettinger, secondo cui “i mercati” insegneranno agli italiani come votare?
-
Magaldi: Renzi riposi in pace, il progressista oggi è Salvini
«I progressisti devono capire la gente: il mondo va verso situazioni molto dure e le persone chiedono, giustamente, protezione. Invece, sino ad oggi, il Pd ha trattato le persone che hanno paura come se fossero imbecilli». Viva la sincerità, anche se fuori tempo massimo. Suonano comunque lucide, finalmente, le parole dell’ex manager Ferrari e poi ministro post-renziano Carlo Calenda, nipote di Luigi Comencini, approdato al Pd dopo l’esordio politico prima con Montezemolo e poi con Monti. «Dobbiamo dar vita ad un progetto con nuove parole», dice Calenda a “Otto e mezzo”: «Ma pretendere questo dal Pd – ammette – non è possibile». Tra le macerie elettorali dell’ex centrosinistra, forse anche Calenda pensa al “partito che serve all’Italia”, su cui il Movimento Roosevelt si confronterà il 14 luglio a Roma con politologi e sociologi. Tra gli invitati anche il sindaco milanese Beppe Sala e il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. A Matteo Renzi, che in un tweet dopo il disastro dei ballottaggi alle amministrative prova a gettare la croce sul povero Martina («con tutto il rispetto, nel Pd manca una leadership: per questo mi riprendo la guida del partito»), Zingaretti risponde a stretto giro: troppo tardi, «un ciclo storico si è chiuso». Tradotto: abbiamo sbagliato tutto, Renzi in primis. Primo errore, capitale: il Pd ha preso per cretini gli italiani spaventati dalla crisi. «Salvini invece li ha saputi ascoltare», dice Calenda, «e questo è il suo grande merito». Infatti, per Gioele Magaldi, il vero progressista sulla scena, oggi, è proprio il leader della Lega.
-
“Ma il bavaglio al web sarà la tomba del massone Oettinger”
3482«Buona fortuna, caro fratello “controiniziato” Günther Oettinger. Sappi che ne uscirai con le ossa rotte. Tu, e tutti gli altri come te». Firmato: Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente della massoneria progressista sovranazionale. Nel mirino, il commissario europeo tristemente noto per aver avvertito gli italiani che “i mercati” avrebbero insegnato loro come votare, nei giorni in cui lo spread “volava”, nel tentativo di non far nascere il governo “gialloverde”. «Poi è arrivata “la cavalleria”, è lo spread è calato subito», dice Magaldi, alludendo ai potenti fondi d’investimento (sempre di matrice massonica, ma di segno progressista) che hanno calmato le acque. Non paghi della lezione, oggi Oettinger e soci ci riprovano: il piano – avanzato direttamente dal politico tedesco nella commissione affari legali del Parlamento Europeo – prevede di mettere il bavaglio al web, con la scusa della tutela del copyright. “No pasaran”, dice Magaldi, che promette battaglia: non solo sta galoppando la petizione online di “Change.org” dopo l’allarme lanciato su “ByoBlu” da Claudio Messora per fare pressione sugli europarlamentari, ma il Movimento Roosevelt chiederà al governo Conte – e al ministro Salvini in particolare – di attivarsi a ogni livello per sventare la minaccia che incombe sulla libertà d’opinione.Il tentativo di imbavagliare il web da parte dell’Ue, dice Magaldi a “Colors Radio”, è un evento gravissimo, «incompatibile con la civiltà democratica nella quale ci viene raccontato che sarebbe radicata l’Europa e anche le sedicenti istituzioni europee, ben lontane dall’essere rappresentative di democrazia sostanziale». Qualcuno, aggiunge Magaldi, ha persino avanzato il sospetto che lo sconcertante Oettinger stia addirittura facendo una sorta di doppio gioco, per arrivare ad auto-sabotare il bavaglio, dato il carattere brutalmente demenziale del provvedimento su cui si pronuncerà il Parlamento Europeo in una data non casuale, il 4 luglio: «E’ la ricorrenza dell’Indipendenza americana, cioè «della prima rivoluzione massonica importante nell’era contemporanea». E quindi, un voto come quello proposto da Oettinger «sarebbe uno sberleffo, proprio a quei padri costituenti della contemporaneità massonica che ebbero la meglio sul dispotismo della corona britannica, contestandole il loro trattamento da sudditi anziché da cittadini, rivendicando libertà e democrazia». Günther Oettinger? «E’ davvero il denudamento, lo svelamento più atroce dell’anima antidemocratica e liberticida di questa Disunione Europea e dei gruppi massonici neo-aristocratici che l’hanno sin qui guidata».Il personaggio, continua Magaldi, «è un massone neo-aristocratico, “controiniziato” come pochi». Dopo le elezioni, con il suo cinico “avvertimento” rivolto all’Italia gialloverde, «si è fatto portavoce di una punizione, da parte delle forze neo-aristocratiche e massoniche “controiniziatiche” che volevano bastonare la democrazia italiana per il tramite innanzitutto di Mario Draghi, colpevolmente utilizzatore della Bce per i fini suoi e dei suoi “amici degli amici”, naturalmente “fraterni”». In quei giorni, in cui ballava lo spread, secondo Oettinger “i mercati” avrebbero insegnato agli italiani come comportarsi. «Poi, appunto, è arrivata “la cavalleria” massonica di altro segno, e Oettinger e gli altri se la sono andata a prendere in quel posto», dice Magaldi. «Ora i mercati si stanno muovendo senza più tanti clamori; naturalmente ci sono delle analisi da fare, e – quando servirà – reinterverrà “la cavalleria” massonica progressista (rappresentata da fondi importanti, perché non sono soltanto gli altri circuiti a disporre di mezzi e di strumenti decisivi, in questo caso usati per la democrazia, e non contro)». Persa l’Italia, oggi Oettinger si muove per “spegnere” il web, che tanta parte ha avuto nei recenti sviluppi elettorali? E’ storia: Internet è stato decisivo nel referendum anti-Renzi e nella Brexit, nella vittoria di Trump e nel successo gialloverde. Ora Oettinger pernsa di fermare la storia togliendo la libertà di parola ai cittadini?«E’ inutile puntare il dito solo su Günther Oettinger, per il quale prevedo una fine ingloriosa: questo signore – dice Magaldi – dovrà andarsene a calci nel sedere, non solo dal suo posto di commissario europeo ma, in generale, dalla scena politica continentale, che ha vergognosamente disonorato con le sue battute irricevibili sull’Italia e sui “mercati” che ne avrebbero dovuto orientare il voto». Questa iniziativa contro il web, poi, è particolarmente odiosa e illiberale. «Chiederemo al governo Conte e al ministro dell’interno Salvini di adoperarsi in modo forte contro questa possibile deriva liberticida», promette Magaldi. Dall’Ue, peraltro, niente di così nuovo: «Su istigazione di Günther Oettinger e di altri antidemocratici come lui, profondamente illiberali fin nel midollo, il Parlamento Europeo vorrebbe mettere il bavaglio al web con un meccanismo ovviamente bizantino, passando attraverso il discorso del copyright: è la solita salsa tecnocratica che mascherare una sostanza antidemocratica». Non funzionerà, avverte Magaldi: «Questa è un’altra buccia di banana, così come le incaute dichiarazioni di Oettinger furono un meraviglioso regalo, un fantastico assist per la reazione popolare di indignazione di tutti i partiti italiani, alla fine, verso quel modo di trattare il popolo italiano». Questa mossa, altrettanto incauta, per Magaldi «sarà la tomba ulteriore di questa cattiva politica europea che ha costruito un mostro burocratico privo di democrazia e privo di rispetto per le esigenze di libertà, fraternità e uguaglianza che dovrebbero essere la bussola dell’Ue e di qualunque costruzione politica europea». Una promessa: «Politicamente parlando, d’ora in poi i “cadaveri” saranno tanti, a cominciare da quello di Oettinger».«Buona fortuna, caro fratello “controiniziato” Günther Oettinger. Sappi che ne uscirai con le ossa rotte. Tu, e tutti gli altri come te». Firmato: Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente della massoneria progressista sovranazionale. Nel mirino, il commissario europeo tristemente noto per aver avvertito gli italiani che “i mercati” avrebbero insegnato loro come votare, nei giorni in cui lo spread “volava”, nel tentativo di non far nascere il governo “gialloverde”. «Poi è arrivata “la cavalleria”, è lo spread è calato subito», dice Magaldi, alludendo ai potenti fondi d’investimento (sempre di matrice massonica, ma di segno progressista) che hanno calmato le acque. Non paghi della lezione, oggi Oettinger e soci ci riprovano: il piano – avanzato direttamente dal politico tedesco nella commissione affari legali del Parlamento Europeo – prevede di mettere il bavaglio al web, con la scusa della tutela del copyright. “No pasaran”, dice Magaldi, che promette battaglia: non solo sta galoppando la petizione online di “Change.org” dopo l’allarme lanciato su “ByoBlu” da Claudio Messora per fare pressione sugli europarlamentari, ma il Movimento Roosevelt chiederà al governo Conte – e al ministro Salvini in particolare – di attivarsi a ogni livello per sventare la minaccia che incombe sulla libertà d’opinione.
-
Mazzucco: Salvini e Cucchi, l’eroe Saviano e l’osceno Macron
«Come si dice, in francese, testa di cazzo?». Non trova altri termini, Massimo Mazzucco (men che meno diplomatici) per definire il villano, volgare bugiardo che oggi siede all’Eliseo, secondo cui in Italia non esiste una vera emergenza immigrazione. Se la consente, Mazzucco, questa informalità lessicale, per almeno due motivi: Emmanuel Macron è un triviale “vomitatore” di insulti, un anti-italiano coi fiocchi il cui sprezzante razzismo trasuda da ogni sua parola. E poi si può comunque usare un tono più che confidenziale data la platea del “Mazzucco Live”, la diretta web-streaming con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Un pubblico decisamente informato, a cui non c’è bisogno di spiegare da quale pulpito provengano le odiose esternazioni xenofobe del ducetto francese, sciovinista quanto basta per farsi detestare da mezza Europa (e da più di mezza Francia, ormai) ma abbastanza ipocrita da dimenticare che a manganellare i migranti, respingendoli con inaudita ferocia, è stato innanzitutto il suo governo. Peggio: più che la Francia, Macron – che viene dalla finanza Rotchschild – rappresenta il peggio, in assoluto, di quanto si sia visto finora in Europa: la subdola dittatura del potere oligarchico, orchestrato dalla supermassoneria reazionaria in cui milita l’allievo presidenziale di Jacques Attali, grande architetto dell’euro-orrore a cui l’Italia sta cominciando a opporsi, in modo clamoroso.Il primo muro a crollare è proprio quello dell’ipocrisia, che arma la mano dei difensori del regime e dei loro pupazzi mediatici. Poi ovviamente si può scendere anche nel grottesco e nel genere comico, quando ad esempio l’ex eroe nazionale Roberto Saviano si erge ad avversario del feroce Salvini. Ma scusate, Saviano chi? Seriamente, si domanda Mazzucco: «Chi è Saviano? Ok, uno scrittore. Ha scritto qualche buon libro? Bene, ma non sarà certo l’unico. In realtà è al centro della scena, da anni, solo per via della scorta che lo protegge». Esibito come una Madonna Pellegrina, nell’ex Italia dei Renzi e dei Fabio Fazio, era diventato una specie di icona della lotta alla mafia? Ma mi faccia il piacere, protesta Mazzucco: «Se Saviano desse davvero fastidio alla mafia avrebbero già fatto saltare in aria in lui, la scorta e chi gliel’ha data». Una grande finzione, che ha fatto comodo a molti: al Saviano editoriale e televisivo, allo Stato che ha esibito la sua protezione e all’Ancien Régime finto-progressista a cui qualche eroe di cartone serviva a nascondere la propria sottomissiome totale ai superpoteri europeisti e privatizzatori, ai quali rispondere solo e sempre signorsì. La messa è finita, però: palla al centro. Tutto quello che sembrava vero, fino a ieri, ormai si rivela per quello che è: un bluff piuttosto mediocre.Se qualcuno ha le carte in regola per potersi qualificare come “scomodo”, è proprio Mazzucco: il suo documentario sulle cure alternative per il cancro ha superato su YouTube i 4 milioni di visualizzazioni. Sempre Mazzucco – tramesso anche da Canale 5 – è stato il primo, con “Inganno globale”, a smontare la versione ufficiale dell’11 Settembre. Saviano? Lasciamo perdere. Piuttosto, Mazzucco incalza lo stesso Salvini sul suo terreno d’elezione, l’ordine pubblico. Sul blog “Luogo Comune”, lo invita a sanzionare apertamente gli ufficiali che hanno inflitto un trasferimento punitivo al carabiniere Riccardo Casamassima, “colpevole” di aver denunciato i colleghi che nel 2009 massacrarono di botte Stefano Cucchi, causandone la morte. «Matteo Salvini – scrive Mazzucco – ha di fronte a sé la grande occasione per dimostrare che non è un fascistone manganellatore, come molti lo dipingono, ma che è invece uomo di grande integrità morale, che mette la legge e il diritto al di sopra ogni altra cosa». Il leader leghista ha sempre detto di stare “dalla parte delle forze dell’ordine”, precisando però che “se qualcuno sbaglia deve pagare fino in fondo”? Ecco: «In questo caso non hanno sbagliato solo i carabinieri che hanno pestato a morte Stefano Cucchi, ma hanno sbagliato anche coloro che hanno prima fatto pressioni per far tacere Casamassima, e che poi – come punizione per aver parlato – lo hanno demansionato con un trasferimento umiliante».Mazzucco si rivolge direttamente a quello che si sta rivelando l’uomo forte del governo Conte: «Salvini, fai sentire la tua voce», lo esorta Mazzucco. «Oggi sei il ministro degli interni, non sei solo il segretario della Lega. Facci sapere che sei una persona capace di far seguire in modo coerente alle parole i fatti, non solo sugli sbarchi dei migranti, ma su tutto quello che riguarda la società civile». Ancora silente sul caso Cucchi, in compenso Salvini si è espresso – a ruota libera – sull’obbligo vaccinale, imposto a milioni di famiglie da Beatrice Lorenzin e dal governo Renzi-Gentiloni dopo un anno di tam-tam mediatico basato sul falsi allarmi, come la ridicola emergenza-morbillo. Per l’ennesima volta, il capo della Lega ha scavalcato i 5 Stelle, spiazzando l’attuale ministro della sanità, la pentastellata Giulia Grillo, competente in materia. La Grillo si è mostrata prudente, sui vaccini. «Dato che ha sulle spalle l’incombenza dell’eventuale decreto per annullare le conseguenze della legge Lorenzin, ovvero l’esclusione da scuola per i bimbi non vaccinati – afferma Mazzucco – spero che il suo basso profilo sia una tattica, per poi raggiungere il risultato evitando che le si scateni addosso la bufera mediatica». Certo però che i 5 Stelle sembrano in affanno: Salvini ha messo in ombra sia Conte che Di Maio. «E’ ora che i 5 Stelle si sveglino – chiosa Mazzucco – e si sbrighino a riconquistare la visibilità corrispondente al 32,5% che hanno ottenuto alle elezioni».«Come si dice, in francese, testa di cazzo?». Non trova altri termini, Massimo Mazzucco (men che meno diplomatici) per definire il villano, volgare bugiardo che oggi siede all’Eliseo, secondo cui in Italia non esiste una vera emergenza immigrazione. Se la consente, Mazzucco, questa informalità lessicale, per almeno due motivi: Emmanuel Macron è un triviale “vomitatore” di insulti, un anti-italiano coi fiocchi il cui sprezzante razzismo trasuda da ogni sua parola. E poi si può comunque usare un tono più che confidenziale data la platea del “Mazzucco Live”, la diretta web-streaming con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Un pubblico decisamente informato, a cui non c’è bisogno di spiegare da quale pulpito provengano le odiose esternazioni xenofobe del ducetto francese, sciovinista quanto basta per farsi detestare da mezza Europa (e da più di mezza Francia, ormai) ma abbastanza ipocrita da dimenticare che a manganellare i migranti, respingendoli con inaudita ferocia, è stato innanzitutto il suo governo. Peggio: più che la Francia, Macron – che viene dalla finanza Rotchschild – rappresenta il peggio, in assoluto, di quanto si sia visto finora in Europa: la subdola dittatura del potere oligarchico, orchestrato dalla supermassoneria reazionaria in cui milita l’allievo presidenziale di Jacques Attali, grande architetto dell’euro-orrore a cui l’Italia sta cominciando a opporsi, in modo clamoroso.
-
Crisi-migranti: fratture e minacce, ora l’Ue può esplodere
I paesi di Visegrad le voltano la schiena. Il falco di Baviera Horst Seehoofer è pronto a scavarle la fossa sotto i piedi. L’Italia per la prima volta prova a rivoltarlesi contro. E il Trattato di Schengen sembra a un passo dalla rottamazione. Insomma, «la cancelliera Angela Merkel e l’Europa disegnata a sua immagine e somiglianza tremano, traballano e si sgretolano». Il tutto, scrive Gian Micalessin sul “Giornale”, a meno di una settimana da un Consiglio Europeo in cui l’Unione «dovrà decidere come uscire da quella crisi dei migranti che rischia di distruggerla». Ma la resa dei conti, aggiunge Micalessin, inizia dal peccato originale: anzi, dalla “peccatrice”, cioè «da quella Angela Merkel colpevole di aver spalancato le porte a un fenomeno migratorio di cui non comprese la devastante portata». Tre anni dopo, la prima a subirne le conseguenze è proprio lei: Seehofer attacca a muso duro una cancelliera pronta a licenziarlo pur di frenare il “masterplan” anti-immigrazione con cui il falco della Csu bavarese vorrebbe respingere alla frontiera chiunque si è visto rifiutare l’asilo in un altro paese o non è in grado di esibire un documento. «Sarebbe la prima volta al mondo che uno licenzia un ministro soltanto perché si preoccupa e si prende cura della sicurezza e dell’ordine del suo paese», dichiara Seehofer.«Io sono presidente della Csu, uno dei tre partiti della coalizione di governo, e guido il mio partito con totale sostegno», aggiunge Seehofer: «Se qualcuno nella cancelleria è insoddisfatto del lavoro del ministro dell’interno, allora deve porre fine alla coalizione». Ma mentre la cancelliera si arrovellava per tenere in piedi la sua stessa casa, osserva Micalessin, a oriente veniva giù un altro pezzo d’Europa: i paesi del blocco di Visegrad, Ungheria in testa, guidavano la rivolta contro il vertice preparatorio tra Italia, Spagna, Francia, Germania e Austria (ma forse anche Bulgaria, Olanda e Belgio) che domenica dovrebbe segnare le tappe d’avvicinamento al Consiglio d’Europa del 28 giugno sul tema migranti. Il pomo della discordia capace d’innescare la sollevazione di Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca è come sempre la ripartizione dei richiedenti asilo. Un argomento considerato una sorta d’inviolabile tabù dai quattro paesi dell’Est europeo. «Apprendiamo che ci sarà un mini-summit, ma noi non vi parteciperemo perché questo è contrario alle abitudini dell’Ue», annuncia il premier ungherese Viktor Orban, spiegando che il responsabile dell’organizzazione dei summit «è il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk e non la Commissione Europea».Prima ancora che succedesse tutto questo, annota sempre il “Giornale”, le linee guida della Merkel erano state messe in dubbio anche da un Giuseppe Conte «costretto a confrontarsi con l’ignobile bozza di lavoro sottopostaci in vista dello stesso vertice preparatorio». Una bozza che ribadiva l’obbligo di riprenderci, con tante scuse, i migranti sbarcati sulle nostre coste e poi «acciuffati al confine di altri paesi dopo esser sgusciati tra le maglie dei controlli». Non illudiamoci, insiste Micalessin: la rivolta di Conte, «prontissimo nel rispedire al mittente la bozza minacciando il ritiro dell’Italia», è una nota più che positiva ma «non è certamente una vittoria definitiva». Lo scontro tra Seehofer e la cancelliera? «Dimostra inequivocabilmente come dietro la sopravvivenza di quella clausola iniqua ci fosse il tentativo della Merkel d’abbassare il livello dello scontro con il proprio ministro dell’interno». E la reazione dell’Italia, con la cancellazione della clausola? «Ha dato fuoco alle polveri – chiosa Micalessin – ma anche messo a nudo lo stato di decomposizione in cui versa ormai l’Unione».I paesi di Visegrad le voltano la schiena. Il falco di Baviera Horst Seehoofer è pronto a scavarle la fossa sotto i piedi. L’Italia per la prima volta prova a rivoltarlesi contro. E il Trattato di Schengen sembra a un passo dalla rottamazione. Insomma, «la cancelliera Angela Merkel e l’Europa disegnata a sua immagine e somiglianza tremano, traballano e si sgretolano». Il tutto, scrive Gian Micalessin sul “Giornale”, a meno di una settimana da un Consiglio Europeo in cui l’Unione «dovrà decidere come uscire da quella crisi dei migranti che rischia di distruggerla». Ma la resa dei conti, aggiunge Micalessin, inizia dal peccato originale: anzi, dalla “peccatrice”, cioè «da quella Angela Merkel colpevole di aver spalancato le porte a un fenomeno migratorio di cui non comprese la devastante portata». Tre anni dopo, la prima a subirne le conseguenze è proprio lei: Seehofer attacca a muso duro una cancelliera pronta a licenziarlo pur di frenare il “masterplan” anti-immigrazione con cui il falco della Csu bavarese vorrebbe respingere alla frontiera chiunque si è visto rifiutare l’asilo in un altro paese o non è in grado di esibire un documento. «Sarebbe la prima volta al mondo che uno licenzia un ministro soltanto perché si preoccupa e si prende cura della sicurezza e dell’ordine del suo paese», dichiara Seehofer.
-
I media (omertosi) si rassegnino: l’Italia cambierà l’Europa
L’Italia è come un enorme Colosseo, bombardato da “naumachie” tra pro e contro «qualsiasi cosa faccia, dica e pensi il ministro Salvini, a tutte le ore del giorno, a reti unificate». Un continuo derby tra tifoserie rivali, scrive “Scenari Economici”, condito con la messa in ombra degli esponenti del Movimento 5 Stelle, «nel bislacco tentativo di insinuare motivi di disgreagazione di una solida maggioranza», la quale «non ha solo il merito di aver trovato “i numeri” in Parlamento, ma ha costruito un’infrastruttura politica che mancava da anni al paese». Cosa sta succedendo tra le righe di questa deprecabile manipolazione mediatica, ormai ai suoi massimi storici? A bordo campo, segnala il newsmagazine diretto da Antonio Maria Rinaldi, si stanno giocando infatti le partite che contano, «sulle quali regna un religioso silenzio». La prima? L’asse di Salvini con Austria (quindi un’area politica tedesca) e paesi dell’area Visegrad (Est Europa) sul tema immigrazione. Conseguenza: nuova centralità del tema sui tavoli dell’Ue e dei paesi membri. Tutto questo, «mentre sui giornali si strombazza di un asse franco-tedesco che ha appena preso la rivoluzionaria decisione di continuare con la linea attuale, ma ascoltando le esigenze dell’Italia: cioè una supercazzola».Di fatto – seconda notizia – la presa di posizione dell’Italia sul tema immigrazione ha messo a nudo quella che è stata fino ad ora la politica europea in merito, ovvero “continuiamo finchè l’Italia non si rompe le scatole”, che poi è la linea adottata più o meno su tutto il resto. Poi ci sono i conti economici, il Def: il Parlamento ha appena approvato il documento del precedente governo, tra non poche critiche. Nella certezza che il Def 2019 sarà molto diverso, non sono mancate anche importanti osservazioni da parte di alcuni senatori, come Alberto Bagnai e Claudio Borghi, che hanno evidenziato l’assenza di una vera programmazione economica, in un documento che è più un “aggiornamento/previsione dei fondamentali macro-economici”. Altra notizia ignorata dai media mainstream: il “no” del governo Conte alla ratifica del Ceta, cioè il trattato “gemello” del famigerato Ttip, che permette appunto di aggirare la bocciatura del Ttip collocando in Canada le sedi delle multinazionali super-protette dal trattato neoliberista euro-americano.Nel frattempo è completamente cambiata la percezione dell’Italia all’estero, aggiunge “Scenari Economici”: il nostro paese è al centro del dibattito per il suo cambio di passo politico, e alcune forze anti-sistema ne stanno traendo una sponda indiretta. In alcuni casi, come quello tedesco, questo ha generato crisi di governo. «Ma in Italia la comunicazione di massa dei media convenzionali presenta un altro scenario: quello di un’Italia che si sta isolando rispetto alla linea degli paesi europei, e che “fa vergognare” agli occhi dei nostri partner» perché “ha preferito l’odio e all’amore (ma in realtà «ha preferito l’amore per gli italiani a quello per i franco-tedeschi»). Attenzione: «Nessuno si chiede perché nonostante Monti, il Pd, una decina di trimestri consecuivi di recessione, l’Ue, l’euro e le politiche anti-italiane, l’Italia sia ancora la settima economia al mondo. Perché siamo invitati al G7 se contiamo un cetriolo, come ci raccontano? Cosa sta sfuggendo ai narratori?». Un dettaglio decisivo, secondo “Scenari Economici”: lo stesso che ha reso possibile l’esistenza di un governo del cambiamento. Ovvero: «La consapevolezza che molti italiani hanno su quanto sopra». E’ un fatto: «Il dibattito si è arricchito di nuove chiavi di lettura e di strumenti di difesa intellettuale, e dal basso. Il tutto condito con il consenso, un’arma sottovalutata ma potentissima».L’Italia è come un enorme Colosseo, bombardato da “naumachie” tra pro e contro «qualsiasi cosa faccia, dica e pensi il ministro Salvini, a tutte le ore del giorno, a reti unificate». Un continuo derby tra tifoserie rivali, scrive “Scenari Economici”, condito con la messa in ombra degli esponenti del Movimento 5 Stelle, «nel bislacco tentativo di insinuare motivi di disgreagazione di una solida maggioranza», la quale «non ha solo il merito di aver trovato “i numeri” in Parlamento, ma ha costruito un’infrastruttura politica che mancava da anni al paese». Cosa sta succedendo tra le righe di questa deprecabile manipolazione mediatica, ormai ai suoi massimi storici? A bordo campo, segnala il newsmagazine diretto da Antonio Maria Rinaldi, si stanno giocando infatti le partite che contano, «sulle quali regna un religioso silenzio». La prima? L’asse di Salvini con Austria (quindi un’area politica tedesca) e paesi dell’area Visegrad (Est Europa) sul tema immigrazione. Conseguenza: nuova centralità del tema sui tavoli dell’Ue e dei paesi membri. Tutto questo, «mentre sui giornali si strombazza di un asse franco-tedesco che ha appena preso la rivoluzionaria decisione di continuare con la linea attuale, ma ascoltando le esigenze dell’Italia: cioè una supercazzola».
-
Massoni al governo e corruzione a Roma, Di Maio dov’era?
Giù la maschera, caro Di Maio: quello presieduto da Giuseppe Conte è «un governo ad alta densità massonica», sia pure «di segno progressista». Ma il “contratto” di governo non si impegnava a tener fuori i “grembiulini” dai ministeri? «Se non si sbrigano a rimuovere quella norma ipocrita e incostituzionale – avverte Gioele Magaldi, gran maestro del Grande Oriente Democratico – perderemo la pazienza e saremo noi a fare i nomi dei tanti “fratelli” presenti nel governo Conte, peraltro davvero eccellente nella qualità delle competenze che esprime, ad ogni livello: altro che populismo e dilettantismo, questo è decisamente il miglior esecutivo a disposizione del paese, da tanti anni a questa parte». E’ un fiume in piena, Magaldi, nella diretta radiofonica “Massoneria On Air” del 18 giugno su “Colors Radio”. Nel mirino, «la grande ipocrisia dei 5 Stelle», reticenti sui massoni e in evidente imbarazzo sul caso giudiziario dello stadio romano di Tor di Valle, con l’arresto del costruttore Luca Parnasi e la bufera che colpisce anche Luca Lanzalone, super-consulente piazzato proprio da Di Maio alla corte di Virginia Raggi. L’ipotesi di accusa parla di un sistema tangentizio esteso e ramificato, che coinvolgerebbe tutti i partiti. «Sembra una pena del contrappasso – dice Magaldi – per chi si è rimpito la bocca per anni con slogan come “onestà”, arrivando a impedire la candidatura di persone nemmeno condannate, ma semplicemente indiziate».Nel bestseller “Massoni”, il presidente del Movimento Roosevelt ha rivelato l’identità supermassonica del vero potere, nell’Europa di oggi dominata da figure oligarchiche. Di fede liberalsocialista, Magaldi non rinnega il suo giudizio favorevole sui 5 Stelle: pur acerbi, hanno avuto il merito di rompere la recita italiana della finta alternanza tra centrodestra e centrosinistra, coalizioni di fatto sottomesse (entrambe) ai diktat dell’élite finanziaria neoliberista. Nettamente lusinghiere anche le parole che Magaldi spende per il governo Conte: è alle prese con una missione epocale, “cambiare verso” all’Europa partendo dalla cruciale trincea italiana. Ma ad una condizione: che i pentastellati la facciano finita, una volta per tutte, con la loro narrativa – inutilmente retorica – che scambia “l’onestà” per la buona politica. Salvo, appunto, inciampare nel caso imbarazzante di Lanzalone, finito nell’inchiesta sul nuovo stadio: «Non possiamo far finta di non vedere che quel signore, che oggi tutti individuano come un capro espiatorio, è stato catalpultato dall’Acea al Comune di Roma proprio da quel Di Maio che oggi propone di riformarla, l’autorità nazionale anti-corruzione». Catapultato, fra l’altro, negli uffici dell’innocente Raggi, «innocente nel senso antico con cui si parlava dei bambini: sembra infatti una bambina che gestisce una cosa più grande di lei, a cui i “grandi” del Movimento spediscono questo e quello».Attenzione: «E’ stata legittima la vittoria di Raggi, dopo il cattivo governo di centrodestra e centrosinistra, così come è giusto oggi dare una chance alla possibilità epocale di governare il paese, da parte della Lega e dei 5 Stelle». E il super-consulente grillino? «Uno risponde politicamente, non giuridicamente (e forse nemmeno moralmente) delle proprie scelte sbagliate. E la capacità di un politico – dice Magaldi, pensando a Di Maio – è anche nello scegliere persone giuste. Ma le persone scelte per Roma sono tra le più sbagliate». Magaldi vorrebbe un dibattito serio, tra i pentastellati alla guida della capitale: hanno bocciato le Olimpiadi perché sarebbero state “sentina di corruzione”, poi hanno voluto ridimensionare lo stadio della Roma perché bisognava stare attenti alle tangenti. «Poi invece si scopre che il più pulito ha la rogna, nell’amministrazione Raggi». Un consiglio? «Di Maio si liberi delle sue ipocrisie, perché rischiano di compromettere le belle possibilità di rendere un servizio a questo paese e alle amministrazioni locali governate dai 5 Stelle». Basta, davvero, con la retorica demagogica: «La corruzione e l’onestà sono categorie che appartengono al dominio giuridico della magistratura». Fanno anche parte di un ethos privato, «mentre in politica non basta essere onesti e gridare “onestà” per saper amministrare e saper scegliere i collaboratori».Il guaio del caso Roma? L’immobilismo, per la paura di finire in mezzo a una Tangentopoli. «Non si può mettere al primo posto la falsa preservazione dalla corruzione – insiste Magaldi – perché la corruzione si introduce comunque, nelle piccole come nelle grandi cose. Forse, se avessimo fatto le Olimpiadi a Roma – aggiunge – la corruzione sarebbe stata tale e quale, ma almeno avremmo avuto un’occasione di rigenerare tante strutture sportive obsolete». Niente sconti, al Campidoglio: «A me pare che tra buche, radici che spuntano ovunque e strutture fatiscenti, Roma stia morendo, nonostante le retoriche pentastellate. E’ una città tra le più belle al mondo, e avrebbe bisogno di un altro spirito, solare e gioviale». Di Maio? «Faccia un mea culpa, anche solo davanti a uno specchio, dicendo: forse la devo smettere di fare l’ipocrita sulla massoneria, di fare l’ipocrita sul tema della corruzione, e di scaricare sugli altri responsabilità che sono anche mie. E lo invito a lavorare sempre meglio, come ministro dello sviluppo economico, dicastero dove peraltro – aggiunge Magaldi – sono arrivati sottosegretari di tutto rispetto». Per esempio Michele Geraci, che ha insegnato economia in Cina: era uno dei famosi “cervelli in fuga”, ma è tornato. «Sa meglio di altri come sviluppare rapporti con quel mondo complesso che è la Cina. E ha senpre sostenuto la piena compatibilità tra reddito di cittadinanza e Flat Tax, quasi precostituendo l’incontro politico tra Lega e 5 Stelle».Geraci, ma non solo: «Qui si prendono sottosegretari come Armando Siri, come Luciano Barra Caracciolo. Si prenderanno fior di tecnici nei gabinetti e nelle direzioni generali ministeriali, tecnici anche di area “rooseveltiana”: checché ne dica la pletora degli sconfitti (dalla storia e dal popolo italiano) il governo Conte è dotato di ottime competenze». E attenzione: molti dei suoi esponenti sono massoni progressisti, o comunque «dialogano proficuamente con i circuiti massonici progressisti». E’ un fatto, assicura Magaldi: «Questo è un governo ad alta densità massonica progressista». Di più: se c’è un esecutivo vicino alla massoneria democratica, è proprio questo. «Guardando agli ultimi governi italiani, forse nessuno ha avuto una così alta densità massonica», insiste Magaldi: «Ed è un governo di prim’ordine, che ha delle competenze straordinarie. Quindi, Di Maio e gli altri ne siano all’altezza, mettendo da parte ipocrisie e superficialità nello scegliere i collaboratori, magari in base all’appartenenza alla “famiglia” politica intesa come clan». E’ chirurgico, Magaldi, nella critica ai 5 Stelle: «Temo molto questa ipocrisia, e spero che la loro maturazione politica elimini proprio questo aspetto, che forse è il più insidioso e anche il più autodistruttivo. E’ bene che il Movimento 5 Stelle impari a essere laico. C’è la magistratura, ci sono degli indagati – e non è detto che, se uno viene arrestato, sia colpevole».Il costruttore Parnasi, accostato a Salvini? «Non ho nessuna simpatia per lui», premette Magaldi: «Ho notizia di gente che ha dovuto citarlo a giudizio perché non ha pagato professionisti che avevano lavorato per lui. Rincorso in tribunale, ha dovuto poi contrattare risarcimenti». Ma, di nuovo, è meglio evitare di essere ipocriti: «Tutti qui paiono cadere dalla Luna, ma chiunque conosca la realtà romana sa che Parnasi non se la passava benissimo», dice Magaldi. «E’ un signore che ha fatto cose dubbie, perché non pagare i collaboratori è sgradevole. Però è anche vero che questo “poveraccio”, come tanti altri imprenditori, si trova di fronte a una macchina burocratica elefantiaca». Succede spesso, in Italia: «Magari ti impegni in un progetto per anni, e prima di essere pagato dal committente pubblico devi anticipare denari, ottenere fidi, passare per le forche caudine della burocrazia – e questo è valso anche per Parnasi». Bisognerà vedere, alla fine, se quella che magari è definita corruzione poi non sia «il tentativo di ottenere, in modo privilegiato, quello che un imprenditore dovrebbe ottenere più facilmente per via ordinaria».E comunque, laicamente, Magaldi preferisce sempre attendere che qualcuno venga giudicato «non in primo, ma in terzo grado». Queste, continua Magaldi, sono vere e proprie lezioni: per i 5 Stelle, con il loro mito della “purezza”, ma anche per la Lega, «che con Salvini è cambiata, d’accordo», ma nel suo Dna e nella sua storia conserva pur sempre «il famoso cappio, agitato in Parlamento», eloquente simbolo di «atteggiamenti forcaioli tuttora presenti in alcuni segmenti della base». Lo Stato di diritto tutela tutti: «Parnasi è innocente fino a prova contraria, al di là degli arresti: spesso la gente in Italia è stata arrestata indebitamente, e nessuno l’ha risarcita in modo adeguato». Parnasi e Lanzalone, dunque, «meritano il beneficio del dubbio, come i loro stessi referenti politici». Prudenza: «Bisogna attendere, perché spesso la macchina della giustizia si muove con una sincronia strana, e il fango che si getta addosso a delle persone per presunti reati e crimini poi si scopre essere inconsistente sul piano giuridico». Magaldi confida nell’esperienza di Conte, come giurista, per arrivare a una robusta sburocratizzazione complessiva del sistema-Italia: «Abbiamo bisogno che gli imprenditori non siano mai indotti a corrompere per poter fare normalmente il proprio lavoro».Al tempo stesso – aggiunge il presidente del Movimento Roosevelt, rivolto ai 5 Stelle – abbiamo bisogno che i funzionari pubblici siano pagati adeguatamente: «Se cadessero nella rete della corruzione, a quel punto, sarebbero ancora più spregevoli. Ma è impossibile approvare il pauperismo al ribasso promosso dai pentastellati, in base al quale si vorrebbero abbassare gli emolumenti: perché mai costringere a uno stipendio da fame una persona onesta che affronti gli incerti della politica, magari dopo aver abbandonato la sua professione?». Meglio osservare con realismo la situazione italiana: «Proprio per la remunerazione irrisoria delle cariche, molte persone capaci non vanno a fare l’amministratore pubblico, con tutti i rischi che questo comporta, rispetto alle immense responsabilità dell’ufficio». Ne prenda atto un grillino come Alessandro Di Battista, oggi più moderato nei toni, dopo esser stato per anni tra i più accaniti sostenitori della moralità pubblica esibita come bandiera. Tagli degli stipendi e abolizione dei vitalizi? Errore ottico, dice Magaldi: chi ha tagliato lo Stato, mortificando la politica, l’ha fatto per costruire l’attuale sistema basato sulla privatizzazione universale.«La visione neoliberista, di cui noi tutti siamo vittime in questi decenni – spiega Magaldi – vuole che i dirigenti pubblici abbiano dei tetti sempre più al ribasso, nella remunerazione, anche se hanno responsabilità pesantissime e il rischio di essere indagati per un nonnulla, vista anche la complessità elefantiaca delle burocrazie e degli atti giuridici che devono compiere». Tutti addosso al politico che sbaglia, fingendo di non vedere cosa accade nel cosiddetto “mercato”, dove non ci sono più regole che tengano. «Ormai il settore privato è il regno della giungla», sottolinea Magadi: «Si è divaricata la forbice tra il salario dell’operaio o lo stipendio dell’impiegato e la paga del grande manager, che magari fa parte di una cricca di briganti che si spartiscono le poltrone delle grandi società transnazionali, come nel famigerato caso dei manager che hanno spolpato Telecom». L’antidoto? Evitare di cadere nella trappola retorica sapientemente costruita dalla manipolazione del massimo potere. Meglio dunque ribaltare «la teologia dogmatica neoliberista, in base alla quale nel privato tutto è possibile, mentre il pubblico dev’essere controllato, vessato, aggredito e delegittimato».Giù la maschera, caro Di Maio: quello presieduto da Giuseppe Conte è «un governo ad alta densità massonica», sia pure «di segno progressista». Ma il “contratto” di governo non si impegnava a tener fuori i “grembiulini” dai ministeri? «Se non si sbrigano a rimuovere quella norma ipocrita e incostituzionale – avverte Gioele Magaldi, gran maestro del Grande Oriente Democratico – perderemo la pazienza e saremo noi a fare i nomi dei tanti “fratelli” presenti nel governo Conte, peraltro davvero eccellente nella qualità delle competenze che esprime, ad ogni livello: altro che populismo e dilettantismo, questo è decisamente il miglior esecutivo a disposizione del paese, da tanti anni a questa parte». E’ un fiume in piena, Magaldi, nella diretta radiofonica “Massoneria On Air” del 18 giugno su “Colors Radio”. Nel mirino, «la grande ipocrisia dei 5 Stelle», reticenti sui massoni e in evidente imbarazzo sul caso giudiziario dello stadio romano di Tor di Valle, con l’arresto del costruttore Luca Parnasi e la bufera che colpisce anche Luca Lanzalone, super-consulente piazzato proprio da Di Maio alla corte di Virginia Raggi. L’ipotesi di accusa parla di un sistema tangentizio esteso e ramificato, che coinvolgerebbe tutti i partiti. «Sembra una pena del contrappasso – dice Magaldi – per chi si è riempito la bocca per anni con slogan come “onestà”, arrivando a impedire la candidatura di persone nemmeno condannate, ma semplicemente indiziate».
-
Magaldi: l’ottimo Salvini e gli ipocriti che uccisero Sankara
Prima rapinano l’Africa, poi uccidono chi vuole salvarla. Quindi costringono gli africani a emigrare in massa, esponendo i lavoratori europei (già in crisi) a una concorrenza sleale, al ribasso. Ma naturalmente è tutta colpa di Salvini, il Signor No della nave Aquarius. Hanno avuto il coraggio di attaccarlo gli spagnoli, che hanno sparato sui migranti provenienti dal Marocco, e naturalmente i francesi, che hanno respinto in modo infame i profughi alla frontiera di Ventimiglia, senza alcuna pietà per donne e bambini. Quello che sta crollando – proprio grazie a Salvini – è un muro vergognoso di ipocrisia: per Gioele Magaldi, l’affare migranti non è che un capitolo della grande guerra in corso, a partire proprio dall’Italia, tra democrazia e oligarchia. Se l’Italia vincerà la sua battaglia contro i sepolcri imbiancati di Parigi, Berlino e Bruxelles, allora sarà un’ottima notizia per tutta l’Europa, dice il presidente del Movimento Roosevelt, che si prepara a celebrare – in autunno, a Milano – un convegno su Olof Palme, leader socialista svedese assassinato alla vigilia della svolta autoritaria da cui è nata l’attuale Unione Europea. Ma, accanto a Palme (e a Carlo Rosselli, martire antifascista e teorico del socialismo liberale) il convegno milanese accenderà i riflettori anche sull’ultimo grande eroe africano, Thomas Sankara, trucidato dal potere globalista per impedirgli di attuare la sua politica di riscatto per l’Africa, basata sulla sovranità economica del continente nero.Sembrano storie lontane, ma sono vicinissime: probabilmente non sarebbe mai neppure esistita, una nave Aquarius carica di profughi, se il leader rivoluzionario del Burkina Faso non fosse stato assassinato nel 1987, dopo aver chiesto ad alta voce la cancellazione del debito per l’Africa e, al tempo stesso, la fine degli “aiuti” della Banca Mondiale e del Fmi. «I vostri prestiti diventano la nostra schiavitù», ripeteva. «L’Africa ha tutto, per farcela benissimo da sola; basta che ci lasciate in pace, liberi di svilupparci senza più il peso del debito, e delle multinazionali che portano via le nostre risorse». Il prestigio di Sankara stava infiammando paesi decisivi come il Senegal e la Costa d’Avorio, il Kenya, il Camerun. Che Africa avremmo, oggi, se in quei paesi fosse cresciuta una generazione di politici come Sankara? Certo non se lo domandano i buonisti della domenica stile Roberto Saviano, prontissimi ad aprire il fuoco contro i partiti del governo gialloverde, a cui la ex sinistra italiana (insieme ai media mainstream) non perdona di aver vinto le elezioni, il 4 marzo. Ragione in più per smascherare l’impostura dei finti amici dei migranti, che utilizzano la disperazione dei profughi solo per gettare fango sul neonato esecutivo.Finalmente abbiamo un governo all’altezza della situazione, dichiara Magaldi a “Colors Radio”, «dopo tanti anni di premier imbelli e ministri imbelli, figure veramente mediocri che si sono succedute sulle poltrone ministeriali». Per il presidente del Movimento Roosevelt, «Salvini ha mostrato il minimo sindacale di carattere e di fermezza – e con lui Conte, che è un signore dai modi aristocratici ma che ha avuto posizioni ferme. E anche nel Movimento 5 Stelle c’è stata perfetta solidarietà rispetto alle posizioni di Salvini». Tra parentesi: gli italiani apprezzano. Sondaggi alla mano, in 7 su 10 approvano senza riserve l’operato del leader leghista. Certo, si registra anche l’inevitabile strascico polemico di apparati politici ormai alla deriva, completamente spiazzati dalla svolta italiana: «Rimangono ovviamente i latrati di alcune testate giornalistiche e di alcuni ambienti politici che giocano a mistificare la questione gridando al razzismo, al fascismo, alla xenofobia», dice Magaldi. «Peccato che poi scopriamo (con piacere) che anche in casa Pd e in alcuni ambienti della cosiddetta sinistra qualcuno ha detto: intanto Salvini ha fatto quello che Minniti avrebbe voluto fare e non ha potuto fare per via di quel baciapile un po’ ipocrita di Del Rio, che all’epoca – come ministro delle infrastrutture – impedì cose analoghe».Perfettamente allineato a Salvini, invece, il neo-ministro Danilo Toninelli, che ha competenza sui porti e sulla Guardia Costiera. In sintesi: «Il governo Conte e il ministro Salvini hanno agito benissimo», scandisce Magaldi. «Hanno messo un freno a quella che è una modalità inaccettabile di gestione del problema immigrazione nel Mediterraneo». Attenzione: è un problema italiano, ma anche europeo e globale: «Dovrebbe farsene carico la Nato e magari anche l’Onu, se esistesse ancora e avesse una capacità di intervento». Già, appunto: dove sono, le Nazioni Unite? Non fanno altro che «promuovere le proprie agenzie – accusa Magaldi – ingrassando funzionari che spesso di tutto si occupano, tranne che di diffondere i principi di quella dichiarazione universale dei diritti umani che proprio all’Onu era stata approvata settant’anni fa». Brutto spettacolo: «Una struttura super-burocratica, l’Onu, che al pari dell’Europa è molto al di sotto delle sue potenzialità e anche delle sue retoriche». L’Aquarius? Siamo seri: «Non era una zattera alla deriva, ma una nave perfettamente funzionante. Ed è stata accompagnata, scortata, assistita con opportuni soccorsi sanitari». Parliamoci chiaro: «Ci sono Ong che lucrano sulla tratta di migranti, spesso poi utilizzati anche da associazioni criminali».Molti, una volta sbarcati, vivono “fuorilegge”, non avendo titolo per essere accolti come rifiugiati. Beninteso: «Hanno titolo, giustamente, per sognare una vita migliore in un nuovo paese: ma allora dovrebbero essere inquadrati in un progetto», sostiene Magaldi, che si dichiara «a favore dell’accoglienza a prescindere, e anche della libertà di emigrare». Ma qui non si tratta di scelte libere: è un esodo di disperati in fuga, di fronte al quale trionfa l’ipocrisia. «Nessuno si fa carico di andare a risanare i paesi di provienienza dei migranti, in mano a dittature sanguinose, con popolazioni tenute in condizioni di vita non dignitose. Si preferisce invece farsi carico di trasportare questi poveretti nelle nostre società, dove già sono compressi i diritti, non c’è un clima di socio-economico espansione. E così si fomenta una guerra al ribasso: perché i poveri migranti lavorano spesso in nero, peggiorando ulteriormente le condizioni dei lavoratori italiani: diventano una concorrenza semi-schiavile al ribasso rispetto ai ceti meno abbienti occidentali». E poi, sinceramente: «Quanti di loro sono utilizzati dalla criminalità organizzata?». E ancora: «Che senso ha che vi siano addirittura navi che, per mestiere e per lucro, vanno a prendere i migranti e li scaricano in Italia, anziché in Spagna o in Francia?».Quindi, ribadisce Magaldi, quella di Salvini è stata «un’ottima mossa», che infatti «ha indotto subito a più miti consigli quelli che in Europa avevano sempre ignorato le nostre richieste, reiterate ma velleitarie, da parte di altri governi, di guardare in modo collegiale al problema migrazioni». Nessuno – a Parigi o Madrid – può dare lezioni all’Italia. Al contrario, è ora che Bruxelles prenda nota: la pacchia è finita, per gli eurocrati che giocano allo scaricabarile, travestiti da crocerossine. E anche qui, buone notizie: «In molti hanno riveduto e corretto il giudizio sull’azione di Salvini, dopo aver visto le reazioni scomposte, ipocrite e pretestuose di alcuni governi europei, decisi a non accogliere i migranti a casa loro ma desiderosi di vedere l’Italia nel caos, lasciata sola di fronte a questo problema». La storia è feroce, quando diventa farsa: gli sponsor delle Ong sono gli stessi oligarchi che hanno distrutto il lavoro in Europa e fatto esplodere la fame in Africa. Ecco perché diventa emblematico, oggi, il nome del compianto presidente del Burkina Faso, marxista e massone, protagonista di una rivoluzione esemplare e nonviolenta in nome del popolo sovrano: l’ex Alto Volta come modello per un’Africa dignitosa e prospera, libera e decolonizzata. L’Africa per la quale Thomas Sankara perse la vita: un’Africa che, se oggi esistesse, di certo non esporterebbe disperazione.Oggi, sottolinea Malaldi, proprio Sankara «potrebbe diventare il vessillo di un ripensamento delle politiche sull’Africa», aprendo la strada all’idea – formulata da Craxi nel 1990 – di andare finalmente ad “aiutare a casa loro” quei poveretti derubati dall’Occidente, in fuga da un continente abbandonato alla dittatura delle multinazionali e privo di investimenti in strutture politiche, economiche e sociali. «Proprio l’aver ucciso personaggi come Sankara – insiste Magaldi – è stato un modo, da parte di coloro che negli anni ‘80 stavano costruendo questa cattiva globalizzazione, per arrestare uno sviluppo autonomo e dignitoso dell’Africa. Un modo per continuare a depredarla, per poi determinare questi esodi biblici di disperati». Mano tesa all’Africa dei Sankara di domani? Se l’Italia è il primo paese europeo a fermare la tratta degli schiavi, potrebbe essere – nel prossimo futuro – anche il primo a rilanciare una nuova politica euro-mediterranea, come quella già perseguita dai vari Mattei e Moro? «Come annunciato, oggi l’Italia è finalmente al centro di una guerra tra democrazia e oligarchia: e se si vince la battaglia in Italia – dice Magaldi – forse si può cambiare molto, a livello globale».Prima rapinano l’Africa, poi uccidono chi vuole salvarla. Quindi costringono gli africani a emigrare in massa, esponendo i lavoratori europei (già in crisi) a una concorrenza sleale, al ribasso. Ma naturalmente è tutta colpa di Salvini, il Signor No della nave Aquarius. Hanno avuto il coraggio di attaccarlo gli spagnoli, che hanno sparato sui migranti provenienti dal Marocco, e naturalmente i francesi, che hanno respinto in modo infame i profughi alla frontiera di Ventimiglia, senza alcuna pietà per donne e bambini. Quello che sta crollando – proprio grazie a Salvini – è un muro vergognoso di ipocrisia: per Gioele Magaldi, l’affare migranti non è che un capitolo della grande guerra in corso, a partire proprio dall’Italia, tra democrazia e oligarchia. Se l’Italia vincerà la sua battaglia contro i sepolcri imbiancati di Parigi, Berlino e Bruxelles, allora sarà un’ottima notizia per tutta l’Europa, dice il presidente del Movimento Roosevelt, che si prepara a celebrare – in autunno, a Milano – un convegno su Olof Palme, leader socialista svedese assassinato alla vigilia della svolta autoritaria da cui è nata l’attuale Unione Europea. Ma, accanto a Palme (e a Carlo Rosselli, martire antifascista e teorico del socialismo liberale) il convegno milanese accenderà i riflettori anche sull’ultimo grande eroe africano, Thomas Sankara, trucidato dal potere globalista per impedirgli di attuare la sua politica di riscatto per l’Africa, basata sulla sovranità economica del continente nero.
-
Governo, l’ipocrita divieto che discrimina i massoni (onesti)
A pagina 8 dell’accordo di governo stipulato tra Lega e M5S c’è un punto che ha colpito la mia attenzione: il divieto di incarichi di governo per persone appartenenti alla massoneria. Un punto demagogico e populista, che dimostra, nel migliore dei casi, l’ignoranza di chi ha redatto l’accordo, nel peggiore una vera e propria malafede. Vediamo perché. In massoneria esiste la possibilità di essere iscritti a logge cosiddette coperte, in cui il nome dell’affiliato è tenuto segreto e quindi nessun documento, firma, o lista, potrà mai provare la sua appartenenza alla massoneria (dall’indagine Why Not, effettuata da De Magistris, ad esempio, venne fuori che Prodi e altri membri illustri del governo erano iscritti a una loggia di San Marino, considerato uno Stato estero). La massoneria non è un’associazione segreta, quindi l’esserne affiliati non viola alcuna legge dello Stato; tale esclusione è, quindi, anche costituzionalmente illegittima: l’esclusione dagli incarichi di governo avrebbe dovuto essere correttamente formulata prevedendo l’esclusione per iscritti a logge coperte, o deviate, o comunque con un intento palesemente criminale (ma in tal modo sarebbe sorta una contraddizione evidente, perché chi è iscritto ad organizzazioni criminali non lo va certo a dire in giro, e quando viene scoperto deve essere buttato fuori non tanto per la sua affiliazione, ma per i crimini commessi).Vi sono ordini e associazioni, di stampo massonico, ma non considerate tali; Opus Dei, Cavalieri di Malta, ordini cavallereschi… non si capisce perché il divieto non valga anche per queste associazioni; esistono inoltre organizzazioni esoteriche, di stampo non massonico, molto più pericolose della massoneria stessa, come abbiamo da sempre detto in questo sito. La massoneria ha fatto la storia d’Italia degli ultimi due secoli; Garibaldi, Mazzini, Cavour, tanto per fare degli esempi, erano massoni; la maggior parte dei padri costituenti del ’47 erano massoni. C’è una contraddizione evidente tra il formare il governo di una repubblica che è stata fondata dalla massoneria, vietando l’ingresso al governo ai membri di quell’istituzione che è stata determinante nella fondazione dell’attuale Stato democratico (chi scrive ritiene poi che la nostra Costituzione sia un imbroglio, ma questa è tutta un’altra storia… formalmente si dicono tutti ossequiosi alla Costituzione, e quindi entrano in contraddizione con se stessi ad essere ossequiosi a qualcosa che risulta scritta in gran parte da massoni).Come ha ben evidenziato nel corso di questi anni il massone Gioele Magaldi, insieme a Gianfranco Carpeoro, molti uomini politici di governo erano e sono massoni; Berlusconi, Craxi, Monti, Prodi, solo per fare qualche esempio. Ma, ipotizzo, anche molti nomi del passato di cui la loro appartenenza alla massoneria non è mai stata conclamata. Nel libro “Massoni, società a responsabilità illimitata” di Gioele Magaldi si fanno molti nomi; e altri nel libro “Fratelli d’Italia” di Ferruccio Pinotti, solo per fare qualche esempio. Salvini inoltre era alleato con Berlusconi. Lo sapeva o no di essere alleato con un massone? Presumo di sì, dato che, anche se i media mainstream non ne hanno parlato quasi mai (fatta eccezione per la questione della loggia P2; ma Magaldi nel suo sito ha dimostrato come ben altro fosse il rapporto di Berlusconi con la massoneria), molta eco ha avuto la questione su Internet, in particolare sul sito del Grande Oriente Democratico. Infine, il provvedimento discrimina proprio le persone migliori; nel senso che, quando un massone dichiara di essere tale, vuol dire che non ha nulla da nascondere. E rivendicandolo spesso con orgoglio, come Carpeoro e Magaldi, ad esempio, fa un’opera di trasparenza. Paradossalmente è chi invece lo nasconde che è pericoloso per la società, ma potrà entrare lo stesso nel governo.In altre parole, con questo provvedimento da duri e puri, si rischia di discriminare le persone migliori, e favorire come sempre i peggiori, coloro che tramano nell’ombra e fingono di essere persone diverse. Il problema non è la massoneria in sé, potendo esistere criminali non massoni, e massoni non criminali. Il problema è la legalità. E l’accordo di governo, così concepito, pone un problema molto grave: o i nostri governanti non capiscono nulla di massoneria (dimostrando in questo modo di non conoscere la storia, e neanche il funzionamento della società civile) o l’accordo è dettato da una malafede evidente, e serve solo a gettare fumo negli occhi dei cittadini. Immediatamente dopo la formazione del governo, infatti, viene fuori la notizia che il neo-ministro Paolo Savona sarebbe iscritto alla massoneria americana. Nulla di strano in questo. Nessuna replica da parte del governo. Ma soprattutto, un chiaro avvertimento a non tirare troppo la corda, altrimenti verranno fatti altri nomi e il governo avrà anche altri problemi. Risulta evidente, quindi, che questo punto dell’accordo di governo serve unicamente a ingraziarsi le simpatie del popolo, che di massoneria non sa nulla; e a darsi una facciata di duri e puri, che serve unicamente a rendersi ridicoli; più o meno come quando Bossi un giorno dichiarò: «Contro l’Italia massona e ladrona, noi siamo per l’Italia di Garibaldi e Mazzini»; peccato che Garibaldi, Mazzini e Cavour fossero, come abbiamo detto, massoni.(Paolo Franceschetti, “Lega, M5S e massoneria”, dal blog “Petali di Loto” del 15 giugno 2018. In calce al post, Franceschetti ricorda di non essere mai stato tenero con la massoneria, avendo anche dato alle stampe libri come “Sistema massonico e Ordine della Rosa Rossa”, che indagano sulla matrice rituale di origine massonica di alcuni tra i peggiori crimini della storia italiana, a partire da quelli del Mostro di Firenze. Sulla presenza di massoni nel governo gialloverde, infine, Gioele Magaldi ha svelato l’identità supermassonica del ministro degli esteri Enzo Moavero Milanesi, fino a ieri legato ai circuiti neo-conservatori di Mario Monti ed Enrico Letta, ora avvicinatosi agli ambienti delle Ur-Lodges di segno progressista che sostengono l’esecutivo Conte. Quanto a Craxi, Gianfranco Carpeoro ha precisato che il leader del Psi, mai iniziato alla massoneria, fu però associato ad una superloggia massonica sovranazionale. Sempre Carpeoro ritiene evidente la vicinanza dello stesso Gianroberto Casaleggio rispetto alla massoneria britannica, attraverso un personaggio come Enrico Sassoon).A pagina 8 dell’accordo di governo stipulato tra Lega e M5S c’è un punto che ha colpito la mia attenzione: il divieto di incarichi di governo per persone appartenenti alla massoneria. Un punto demagogico e populista, che dimostra, nel migliore dei casi, l’ignoranza di chi ha redatto l’accordo, nel peggiore una vera e propria malafede. Vediamo perché. In massoneria esiste la possibilità di essere iscritti a logge cosiddette coperte, in cui il nome dell’affiliato è tenuto segreto e quindi nessun documento, firma, o lista, potrà mai provare la sua appartenenza alla massoneria (dall’indagine Why Not, effettuata da De Magistris, ad esempio, venne fuori che Prodi e altri membri illustri del governo erano iscritti a una loggia di San Marino, considerato uno Stato estero). La massoneria non è un’associazione segreta, quindi l’esserne affiliati non viola alcuna legge dello Stato; tale esclusione è, quindi, anche costituzionalmente illegittima: l’esclusione dagli incarichi di governo avrebbe dovuto essere correttamente formulata prevedendo l’esclusione per iscritti a logge coperte, o deviate, o comunque con un intento palesemente criminale (ma in tal modo sarebbe sorta una contraddizione evidente, perché chi è iscritto ad organizzazioni criminali non lo va certo a dire in giro, e quando viene scoperto deve essere buttato fuori non tanto per la sua affiliazione, ma per i crimini commessi).
-
Carpeoro: ma il “no” agli sbarchi è come gli 80 euro di Renzi
Portare a casa un risultato subito, quale che sia: che differenza c’è tra il blocco delle navi delle Ong imposto da Salvini e la mancia degli 80 euro concessi da Renzi? Se lo domanda Gianfranco Carpeoro, convinto che alla fermezza di Salvini – pur legittima, e contestata in modo strumentale dal mainstream – non corrisponda una visione strategica, un impegno almeno decennale: «Succede sempre, quando sparisce l’ideologia: se togli la parte progettuale, la politica si riduce a pura gestione elettoralistica, preoccupata solo dell’oggi». E’ una conseguenza sistemica, dice Carpeoro, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”: da mezzo utile e neutro, il denaro è diventato un fine. «Dal liberalismo (massonico e anche progressista) siamo passati al neoliberismo più reazionario, e i risultati sono questi»: la gente si aspetta “tutto e subito”, e la politica la accontenta con misure-spot destinate a non cambiare niente, dagli 80 euro al divieto per gli sbarchi. «So benissimo che l’immigrazione mediterranea è pilotata, ma so anche che il blocco delle navi non risolve il problema, che va affrontato alla partenza», sostiene Carpeoro, che – insieme a Paolo Mosca, altro esponente del Movimento Roosevelt – propone la creazione di un’agenzia europea per filtrare i migranti in modo intelligente sulla sponda sud del Mediterraneo.Carpeoro ricorda che fu Bettino Craxi, nel lontano 1990, a fotografare col necessario tempismo un problema che, nei decenni seguenti, sarebbe diventato assillante. In sede Onu, il leader del Psi fece una proposta forte e chiara: cancellare il debito dei paesi poveri e promuovere ingenti investimenti europei per creare lavoro direttamente nel Terzo Mondo, attraverso una cooperazione progettata per produrre sviluppo e benessere diffuso. Un discorso che oggi apparirebbe lunare: Craxi propose all’Occidente di investire qualcosa come il 10% del suo Pil, con l’obiettivo strategico di annullare l’abnorme diseguaglianza tra nord e sud del mondo entro il 2020. Oggi in Europa ci si azzanna per decimali di Pil, e un paese come la Francia – che più di altri ha “rapinato” l’Africa, scatenando il grande esodo cui stiamo assistendo – prova a contrastare l’Italia fingendo di apprezzare la moderazione del premier Giuseppe Conte solo per tentare di dividere il governo gialloverde, allontanando il 5 Stelle dalla Lega di Salvini, vero protagonista dell’esordio del nuovo esecutivo “populista”. Facile profeta, Carpeoro? Con largo anticipo, ha formulato un doppio pronostico preoccupante: il rischio che il governo cada, e il pericolo di attentati terroristici in Italia, paese finora risparmiato dalla “sovragestione” e protetto da servizi segreti particolarmente efficienti.Nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo” (Revoluzione, 2016), Carpeoro svela l’identità atlantica del terrorismo in apparenza islamico, targato Isis, che ha martoriato l’Europa. Già a capo della più antica comunione massonica italiana di rito scozzese – da lui stesso poi disciolta, in polemica con il degrado della massoneria italiana – Carpeoro punta il dito contro una sorta di strategia della tensione a livello internazionale, orchestrata da un’élite supermassonica neo-conservatrice, in grado di pilotare (in modo criminale) interi settori dell’intelligence, fino a rendere sistematico lo stragismo. Allarme rosso in Italia, se il nuovo governo vorrà “smontare” gli attuali vertici della struttura deputata alla sicurezza, a maggior ragione dopo l’inquietante insulto (“vomitevole”) riservato alla politica italiana dal partito di Macron, uomo Rothschild, vicinissimo alla pericolosa oligarchia “nera” che, per imporre il rigore finanziario contestato dal “populismo”, non ha esistato a imboccare la strada dell’auto-terrorismo, che in Francia ha portato a leggi speciali, dopo l’insabbiamento dell’inchiesta sulla mattanza di Chalie Hebdo, “seppellita” dal segreto di Stato per oscurare imbarazzanti collegamenti tra i servizi segreti e il commando terrorista.L’Italia è in pericolo perché è politicamente fragile, insiste Carpeoro: è vero, Salvini ha costretto l’Ue ad ammettere che il nostro paese è solo, di fronte alla marea africana. Ma il “nemico” è potente, e la politica di Salvini non basta: le navi delle Ong continueranno a imbarcare profughi smistati dalla mafia dei negrieri, se un’altra Europa – certo non questa – non comincerà a investire, davvero, sul futuro di masse a cui l’élite industriale e finanziaria ha portato via tutto, in nome del neoliberismo più cieco che oggi ci condanna all’inferno alla crisi. E’ l’autolesionismo del gangster: anziché creare condizioni accettabili per tutti, le aziende hanno rincorso il lavoro schiavistico a costo zero, da noi tagliando i salari e nel Terzo Mondo provocando un esodo che non ha eguali nella storia. Non se ne esce bloccando qualche nave, finanziata da Soros e protetta dall’ipocrisia assistenziale di un sistema marcio, che si rifiuta di denunciare le cause del dramma e impone alla sola Italia di sostenere i costi dell’accoglienza marittima, negando al nostro paese la necessaria flessibilità nei conti pubblici. E’ l’ennesimo capolavoro di quest’Europa-fantasma, dominata dalle stesse élite neo-feudali che hanno esiliato un politico come Craxi, dopo aver assassinato in Svezia il leader socialista Olof Palme e in Burkina Faso il presidente Thomas Sankara, leader del riscatto sovranista dell’Africa. Nomi che a pochissimi, oggi, dicono qualcosa.Portare a casa un risultato subito, quale che sia: che differenza c’è tra il blocco delle navi delle Ong imposto da Salvini e la mancia degli 80 euro concessi da Renzi? Se lo domanda Gianfranco Carpeoro, convinto che alla fermezza di Salvini – pur legittima, e contestata in modo strumentale dal mainstream – non corrisponda una visione strategica, un impegno almeno decennale: «Succede sempre, quando sparisce l’ideologia: se togli la parte progettuale, la politica si riduce a pura gestione elettoralistica, preoccupata solo dell’oggi». E’ una conseguenza sistemica, dice Carpeoro, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”: da mezzo utile e neutro, il denaro è diventato un fine. «Dal liberalismo (massonico e anche progressista) siamo passati al neoliberismo più reazionario, e i risultati sono questi»: la gente si aspetta “tutto e subito”, e la politica la accontenta con misure-spot destinate a non cambiare niente, dagli 80 euro al divieto per gli sbarchi. «So benissimo che l’immigrazione mediterranea è pilotata, ma so anche che il blocco delle navi non risolve il problema, che va affrontato alla partenza», sostiene Carpeoro, che – insieme a Paolo Mosca, altro esponente del Movimento Roosevelt – propone la creazione di un’agenzia europea per filtrare i migranti in modo intelligente sulla sponda sud del Mediterraneo.
-
Della Luna: ci tocca smascherare l’Ue e attaccare per primi
«Il governo Salvini-Di Maio rischia di essere mitragliato, se resta a metà del guado». Gli interessi economici che stanno dietro Ue e Bce – scrive Marco Della Luna – già si muovono per denigrare, delegittimare e sgambettare il nuovo governo, nato dalla resistenza al loro potere e alle loro pratiche. «Cercheranno di coglierlo in fallo, di tendergli agguati, di dividerlo comprandone parti, e di farlo cadere, così da completare la sottrazione dell’autonomia politica e delle risorse economiche delle nazioni, iniziando con quelle più vulnerabili e incravattabili, come l’Italia». Perciò questo governo «può vincere la partita solo se attaccherà per primo», ovvero: se, dopo la fase di insediamento, «metterà a nudo e delegittimerà quegli stessi interessi prima i essere fatto fuori da essi, rovesciando il loro tavolo». Quindi, secondo Della Luna, deve «smettere di fare l’europeista benpensante, sostituire i corpi estranei al suo interno e cantar chiara la verità a quella gente che dovrà sostenere il contrattacco dei “mercati” (della Bce, dell’Eurogruppo, del rating)». Il governo gialloverde «dovrà anche lavorare – assieme agli altri governi “populisti” e agli Usa – non a riformare un ordinamento eurocratico (Ue, euro) che non è riformabile perché è nato proprio per quello che sta facendo, e neppure a prepararsi per uscire da esso unilateralmente – cosa che sarebbe devastante – ma invece a farlo crollare così da liberarsene tutti, per ritrovare la libertà politica, il diritto dei cittadini a un voto effettivo, e usarla per costruire un’Europa diversa (se possibile), cioè per le nazioni e non per gli usurai e per gli autocrati irresponsabili».Secondo Della Luna, è necessario che il governo Conte si ritiri anche dal Trattato di Velsen, «per prevenire che, in caso di caduta del governo e di sommosse popolari più o meno spontanee, ci arrivi la polizia militare antisommossa Eurogendfor a reprimere e a instaurare la dittatura degli usurai stranieri». Se Lega e 5 Stelle indugeranno invece a metà del guado, senza spiegare chiaramente ciò che è l’Unione Europea, che interessi serve e che scopo ha, fingendo che essa sia rinegoziabile e riformabile, che possa diventare “democratica” anziché autocratica, allora – insiste Della Luna – quei medesimi interessi «li faranno fuori con attacchi mediatici, giudiziari e finanziari – come hanno fatto fuori tutti coloro che cercarono di portare avanti una politica di interesse nazionale italiano: Mattei, Moro, Craxi». La chance dei gialloverdi – ripete l’avvocato Della Luna, autore di saggi assai critici sull’euro-sistema – sta in questo: «Delegittimare, prima di essere delegittimati e poi rottamati». In sintesi: «Se continueranno a lungo a fare i moderati per farsi accettare, sono fritti. O attaccano l’Ue e l’euro, e fanno la storia; oppure si allineano per le poltrone». Scoprire i giochi – aggiunge Della Luna – significa iniziare a spiegare all’opinione pubblica quello a cui l’Europa è servita – ad esempio raccontando, come ha fatto D’Alema, che la Bce prestava i soldi allo 0,75% ai banchieri francesi e tedeschi, i quali a loro volta usavano quel denaro per comprare i titoli del debito pubblico greco che pagavano il 15% di interesse «e corrompevano i governanti greci affinché facessero debito pubblico anche per comprare prodotti tedeschi come le navi da guerra».La storia è tristemente nota: quando la Grecia non ce l’ha più fatta a pagare gli interessi usurari, «l’Unione Europea ha imposto all’Italia e ad altri paesi di prestare soldi alla Grecia a un tasso inferiore a quello a cui li prendevano prestito – non per aiutare la Grecia, ma per far realizzare ai predetti banchieri i loro incassi usurari, anziché arrestarli (modelli analoghi sono stati applicati a Spagna, Portogallo, Irlanda)». Questo, aggiunge Della Luna, è quello che ha fatto innanzitutto Monti, tassando i beni immobili e facendone crollare il valore di circa un terzo, cioè di circa 2.000 miliardi, «che sono stati distrutti come patrimonio nazionale; e per far questo egli era stato messo a Palazzo Chigi e nominato senatore a vita». Ergo, «bisogna far capire alla gente che l’Ue è una costruzione progettata e realizzata dagli usurai per realizzare una usura radicale fino al totale svuotamento dei risparmi e degli assets dei paesi sottomessi». Per questo, secondo l’avvocato, il potere di Bruxelles «non è riformabile». Negoziare? Serve solo a «far emergere più visibilmente la sua non-riformabilità». Discorsi ieri impossibili da proporre, ma oggi non più: «Credo che gli ultimi avvenimenti abbiano predisposto l’opinione pubblica a capire», sostiene Della Luna, citando il caso di Mattarella: bocciando l’euroscettico Savona sotto pressione dell’Ue e della Bce, il Quirinale «ha fatto percepire come, riforma dopo riforma, senza che fosse dichiarato, il paese è stato portato a una degradata condizione di dipendenza e sottomissione a interessi esterni, tale da impedirgli di uscire dalla rotta prestabilita e da vanificare quindi la volontà del suo elettorato».Giuseppe Conte è in precario equilibrio tra “rassicuratori” euro-allineati e fautori dello strappo con l’Ue? Finora non ha chiarito quali misure adotterà in concreto, qualora i partner europei egemoni rifiutassero di rinegoziare i trattati, a cominciare da quelli sull’euro e sui migranti. «Se si va a trattative senza prospettare contromisure in caso di indisponibilità della controparte, non si ottiene un fico secco», taglia corto Della Luna. «Lega e 5 Stelle non hanno per il momento spiegato agli italiani che la situazione di sudditanza e squilibrio a danno dell’Italia, che essi vogliono cambiare rinegoziando i trattati comunitari, non si è creata per errore o per accidente». E’ stata invece «creata deliberatamente e programmaticamente, da precisi interessi, secondo un itinerario prestabilito molto tempo fa». Sicché, per cambiare le regole serve una forza superiore a quella che sostiene gli interessi contrari all’Italia. Dov’è questa forza? «Può venire solo da un’operazione di smascheramento del progetto eurocratico, che si colleghi a una ribellione concertata col gruppo di Visegrad, con l’Austria, con gli Usa». Un’operazione «diretta ad abbattere l’Ue e l’euro», bonificando il sistema da «speculatori e nuovi kapò franco-tedeschi».Secondo Della Luna, la nuova maggioranza «sta lasciando inespressa, non comunicata e non proposta al dibattito pubblico, la dinamica di fondo, in cui si colloca anche l’insieme delle caratteristiche nocive della costruzione comunitaria». La coalizione gialloverde «non ha ancora detto alla gente che, semplicemente, le cose che non vanno bene non sono venute in essere perché le hanno volute i tedeschi oppure una lobby di banchieri internazionali oppure di tecnocrati a Bruxelles». Salvini e Di Maio non hanno ancora detto a chiare lettere che queste regole-capestro «servono e corrispondono all’interesse del capitale finanziario internazionale che guida i processi di riforma». Per massimizzare il proprio potere e per conformare il mondo e le società e ai propri interessi, il neoliberismo ha bisogno precisamente di questo, «ossia di creare una dipendenza unilaterale della politica, delle nazioni e delle singole persone (togliendo loro le scelte politiche e lasciando esistere un simulacro di democrazia solo finché rimane nei binari voluti dal capitale) dal cartello bancario privato che produce e concede moneta e credito». Risultato raggiunto «togliendo agli Stati la sovranità monetaria e sottoponendoli alla pressione irresistibile del rating del loro debito pubblico». La ricetta di Della Luna? Denunciare il mostro, e attaccare per primi.«Il governo Salvini-Di Maio rischia di essere mitragliato, se resta a metà del guado». Gli interessi economici che stanno dietro Ue e Bce – scrive Marco Della Luna – già si muovono per denigrare, delegittimare e sgambettare il nuovo governo, nato dalla resistenza al loro potere e alle loro pratiche. «Cercheranno di coglierlo in fallo, di tendergli agguati, di dividerlo comprandone parti, e di farlo cadere, così da completare la sottrazione dell’autonomia politica e delle risorse economiche delle nazioni, iniziando con quelle più vulnerabili e incravattabili, come l’Italia». Perciò questo governo «può vincere la partita solo se attaccherà per primo», ovvero: se, dopo la fase di insediamento, «metterà a nudo e delegittimerà quegli stessi interessi prima i essere fatto fuori da essi, rovesciando il loro tavolo». Quindi, secondo Della Luna, deve «smettere di fare l’europeista benpensante, sostituire i corpi estranei al suo interno e cantar chiara la verità a quella gente che dovrà sostenere il contrattacco dei “mercati” (della Bce, dell’Eurogruppo, del rating)». Il governo gialloverde «dovrà anche lavorare – assieme agli altri governi “populisti” e agli Usa – non a riformare un ordinamento eurocratico (Ue, euro) che non è riformabile perché è nato proprio per quello che sta facendo, e neppure a prepararsi per uscire da esso unilateralmente – cosa che sarebbe devastante – ma invece a farlo crollare così da liberarsene tutti, per ritrovare la libertà politica, il diritto dei cittadini a un voto effettivo, e usarla per costruire un’Europa diversa (se possibile), cioè per le nazioni e non per gli usurai e per gli autocrati irresponsabili».