Archivio del Tag ‘Giulietto Chiesa’
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Capitan America e gli OsamaLeaks: pronti alla Guerra 2.0
A parte gli “asini che volano”, finiti subito nel radar di Giulietto Chiesa, quello che più colpisce nella “fiction” andata in scena in Pakistan, dove «stavolta gli sceneggiatori della Cia hanno davvero esagerato con le loro fantasiose teorie della cospirazione» è l’enfasi con cui i media “mainstream” parlano della «miniera d’oro» ritrovata in casa Osama. Ebbene sì, perché «l’inafferrabile primula rossa del terrorismo islamico» non solo abitava da anni stabilmente nello stesso luogo, in barba alle più elementari regole di qualunque fuggiasco (e senza nessun serio dispositivo di difesa), ma «addirittura deteneva tranquillamente con sé, a disposizione, i computer con le memorie e centinaia di dischetti contenenti tutti i segreti, ma proprio tutti tutti, della sua fantomatica organizzazione. Ops, sono caduti in mano al nemico, che sfortuna!».
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Fidatevi, Osama è morto: tutto il resto è fiction
Una messinscena, come quella per l’uccisione di Salvatore Giuliano? L’ex ministro degli esteri craxiano Gianni De Michelis evoca la tragica montatura con cui si tentò di archiviare la liquidazione del bandito Giuliano, custode di troppi segreti: a ucciderlo per conto dello Stato, che se n’era a lungo servito in Sicilia, fu il suo braccio destro Gaspare Pisciotta, a sua volta poi avvelenato in carcere. Ma all’opinione pubblica fu data in pasto una versione assai più presentabile: un cavalleresco “conflitto a fuoco coi carabinieri”. L’impostura allestita a Castelvetrano nel remoto 1950 come la “fiction” andata in scena ad Abbottabad nel 2011? «Tutto può essere», dice De Michelis, «e la verità verrà fuori chissà quando, o forse mai». Purché nessuno pensi davvero che Bin Laden sia ancora vivo: fidatevi, il capitolo è chiuso.
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Giallo Bin Laden, caccia alle streghe e «asini che volano»
Cari amici, stiamo entrando in guerra. «Feste per la morte del nemico. Feste tribali. Orwell che domina». Nessuno si cura di verificare nulla, prevalgono il tifo e la voglia di soluzioni sbrigative, riservando «aggressioni squadristiche» a chi osa avanzare dubbi: «Siamo sul filo della caccia alle streghe contro tutti coloro che non credono agli asini che volano». Giulietto Chiesa, indiziato di “complottismo” per aver guidato la schiera dei non-allineati (alla versione ufficiale), in queste ore è tornato in trincea. Tesi: non c’è ancora uno straccio di prova che Osama Bin Laden sia stato ucciso, tantomeno nel modo che ci è stato riferito: ci sono solo voci, contraddizioni e misteri. Tutto falso, dunque? No, non possiamo dirlo: perché in realtà non sappiamo niente. Eppure, tutti hanno creduto alla versione ufficiale. Pronti, domani, a credere ad altre “notizie” sulla vera guerra già cominciata, quella contro i poveri del pianeta?
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Giulietto Chiesa: la vera fine di Osama, morto da anni
La foto di Osama Bin Laden “morto” è solo una patacca, miserabile e macabra: un puerile fotomontaggio che risale addirittura al 2006, trapelato già allora dai network dell’intelligence e pubblicamente smascherato. La verità? Lo “sceicco del terrore” sarebbe morto da anni, mentre la sua rete terroristica, Al Qaeda – famigerata e fantomatica – avrebbe cessato di esistere almeno dal 2002, se non prima. Pertanto, quella che è andata in scena il 2 maggio 2011 in tutto il mondo non sarebbe che l’ennesima puntata di una clamorosa fiction. Lo afferma Giulietto Chiesa, che con bestseller come “La guerra infinita” e il documentario “Zero” è stato il primo, in Italia, a smontare la versione ufficiale sull’11 Settembre e sul “terrorismo islamico” di marca afghana.
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Nucleare, Berlusconi ammette il bluff sul referendum
«E adesso, assediamo il Parlamento: guai a chi ce lo tocca, il referendum sul nucleare». Giulietto Chiesa era stato facile profeta: l’avevano capito tutti che la manovra anti-referendum era solo un espediente per aggirare l’emozione-Fukushima. Nessuno però si aspettava che fosse lo stesso Berlusconi a confessarlo con candore: vogliamo evitare il voto solo per non precluderci il futuro nucleare. Rischia di essere un clamoroso autogol, la frase pronunciata il 26 aprile davanti al presidente francese Sarkozy. Che scatena una bufera: non è affatto scontato che il referendum venga evitato. E da oggi l’opposizione si impegnerà a fondo perché il 12 giugno gli italiani possono votare.
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Referendum ad ogni costo: quel voto sfratterà il Cavaliere
Giù le mani dai referendum: «Sono la prima vera consultazione democratica in Italia da vent’anni a questa parte». Giulietto Chiesa non usa mezzi termini: non si tratta solo di nucleare e acqua pubblica, è in gioco la democrazia. Solo dalle urne del 12 giugno può arrivare la spallata decisiva al regime di Berlusconi, che «non sa distinguere una centrale nucleare dal sedere di Ruby o dalle tette della Carfagna e della Minetti», ma è terrorizzato dal voto popolare che potrebbe abrogare il “legittimo impedimento”. Primo: evitare a tutti i costi lo scippo del voto, anche «assediando il Parlamento». Se il governo viene sconfitto, si smaschera il bluff: il Cavaliere la maggioranza nel paese «non ce l’ha mai avuta, e ora meno che mai». Se si evita lo scippo dei referendum, per lui sarà l’inizio della fine.
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Giulietto Chiesa: salviamoci, rottamiamo destra e sinistra
Matteo Renzi? «E’ lui un rottame, e non lo sa. Ripropone il vecchio sistema destra-sinistra lasciando fuori un’enorme parte di italiani: né di destra né di sinistra, ma soli con se stessi». Parola di Giulietto Chiesa, alle prese con l’ennesima svolta della sua tumultuosa carriera. Si chiama “Uniti e diversi” e raduna personalità eterogenee, da Massimo Fini a Maurizio Pallante. Obiettivo: decrescere, frenare la follia dei consumi, abbandonare l’aggressività sociale del mercato e puntare sulla solidarietà, perché la globalizzazione è fallita e l’Occidente balbetta, tra esodi e guerre, all’alba della Grande Crisi. Cittadini, democrazia, politica: dobbiamo salvarci. E la prima cosa da rottamare, assicura, sono «partiti morti» e categorie antiche, come destra e sinistra.
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Restiamo umani: ciao Vittorio, non ci arrenderemo
Ci siamo svegliati piangendo, questa mattina. Hanno ucciso Vittorio Arrigoni. E’ la morte di un eroe del nostro tempo, che sempre di più avrà bisogno di eroi. Vittorio Arrigoni è stato ucciso perché chi uccide non tollera testimoni. Ma anche perché la spirale di follia in cui questo mondo sta scivolando richiederà sempre più sangue, sull’altare dei potenti. Il modo migliore per onorare la sua memoria sarà quello di prepararci a fronteggiare un’ondata di violenza che sarà proporzionale alla gravità della crisi in cui si dibattono i poteri che hanno portato il mondo nella tempesta che è già cominciata.
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Ucciso Arrigoni: denunciò le atrocità di Israele a Gaza
Era la spina nel fianco di Israele, la voce di Gaza sotto le bombe al fosforo bianco. Lo hanno ritrovato con gli occhi bendati: non doveva vedere più. Il corpo senza vita di Vittorio Arrigoni, 36 anni, coraggioso reporter indipendente, è stato rinvenuto nella notte fra il 14 e il 15 aprile in un appartamento di Gaza City al termine del blitz organizzato da Hamas per tentare di salvarlo. Sarebbe stato soffocato o strangolato, molto prima dell’ultimatum lanciato dai rapitori, appartenenti – secondo le rivendicazioni ufficiali – a un gruppo salafita islamico ultra-radicale, vicino ad Al Qaeda. L’atroce morte di Arrigoni rappresenta in realtà una svolta per i “falchi” di Tel Aviv: Vittorio era rimasto l’unico, sul campo, a testimoniare le atrocità israeliane contro la popolazione palestinese.
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Libia, war game: raid franco-inglesi già pronti dal 2010
C’è un dittatore feroce, che regna col terrore su un “paese del sud”. Un giorno il dittatore cede il potere al figlio, e la situazione peggiora ulteriormente. A quel punto, entrano in azione i “buoni”, Francia e Gran Bretagna: che, con mirati raid aerei, intervengono per fermare i tiranni, padre e figlio. Gheddafi? Mubarak? Chi può dirlo. Il “paese del sud” si chiama semplicemente Southland, e figura in una sorta di war game presentato su un sito web dell’aviazione francese, che – si apprende – fin dal 2010 si addestrava, insieme a quella inglese, per un’evenienza del genere. «L’attacco franco-britannico contro la Libia – ne deducono Pino Cabras e Giulietto Chiesa – pare non avesse niente a che fare con operazioni umanitarie di sorta».
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11 Settembre, la strage era prevista da un’esercitazione
Alla vigilia dell’11 Settembre, il Pentagono stava progettando un’esercitazione basata su uno scenario allora inedito: un aereo che si schianta sulle Torri Gemelle. Lo rivela il generale Peter Chiarelli, allora responsabile dell’area “operazioni, reattività e mobilitazione” di fronte a eventi straordinari, con possibili stragi di massa. L’alto ufficiale, racconta “Shoestring 9/11”, fu trasferito in quel reparto un mese prima della catastrofe. E i preparativi per l’esercitazione furono messi a punto esattamente una settimana prima dell’attentato del secolo, per il quale fu poi accusato Bin Laden e furono scatenate due guerre, in Afghanistan e in Iraq. La notizia si aggiunge all’impressionante casistica sull’11 Settembre, che il grande pubblico continua ad ignorare o trascurare.
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Se il mondo brucia, vacilla il dogma della crescita infinita
La Lega Araba, dice il falco Edward Luttwak, avrebbe avuto tutti i mezzi militari necessari per intervenire il Libia: invece ha preferito ripararsi dietro la coalizione Nato, lasciando all’Occidente la parte del cattivo. Se non altro, i governi arabi hanno confermato l’appoggio alla risoluzione Onu, con due eccezioni: Siria e Algeria. La Siria è scossa dal vento del Maghreb, la polizia ha sparato sulla folla e ora il presidente Assad tenta una tardiva retromarcia promettendo riforme; l’Algeria è da anni un cratere pronto a riesplodere: la rivolta deflagrata coi primi moti tunisini ed egiziani è stata per ora soffocata della repressione. Il mondo sta letteralmente bruciando, e non solo quello arabo.