Archivio del Tag ‘Giulietto Chiesa’
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Costituzione fai da te, Giulietto Chiesa: senatori golpisti
Ma Laura Puppato non avrebbe dovuto opporsi al “golpe bianco” per cambiare la Costituzione, come annunciato da lei stessa in piazza il 12 ottobre? E’ stata “convinta” in extremis da Anna Finocchiaro a votare a favore, spiega lei stessa nella sua pagina Facebook. «La Costituzione è in mano a queste rocce saldissime», commenta Giulietto Chiesa, che annuncia: «Noi faremo resistenza», contro la manomissione della Carta. Per soli 4 voti, il Senato ha approvato il dispositivo che modifica l’articolo 138 e apre la strada a rapide modifiche dell’impianto costituzionale, come suggerito dal “garante” Napolitano. Risultato: per cambiare le regole della democrazia in Italia non sarà più necessario disporre del consenso dei due terzi del Parlamento: si potrà procedere più alla svelta, magari come auspicato da uno dei potenti della Terra, il “ceo” di Jp Morgan Chase, Jamie Dimon, ansioso di veder sparire dall’Europa le “vecchie” Costituzioni come quella italiana, così attente ai diritti del lavoro.Questo Senato sbrigativo non ci rappresenta, protesta su “Megachip” Giulietto Chiesa, presidente del laboratorio politico “Alternativa”. «E’ una Camera che ha una maggioranza di provocatori, di lanzichenecchi che operano contro l’ordine e la pace sociale». Dettaglio decisivo: questa «maggioranza indegna» non è certo appannaggio dei soli “berluscones”, di Casini e di Monti, visto che «ne è parte integrante il Partito Democratico», che dopo lo “smacchiatore” Bersani propone il neoliberista Renzi, col contraltare mediatico di un uomo d’apparato come Cuperlo, che richiama la sinistra ai suoi doveri storici ma senza ovviamente disturbare il manovratore europeo, che col limite del deficit al 3% rende vuoto qualsiasi proclama sociale e democratico. Molte delle attuali direttive europee e degli accordi-capestro (Maastricht, Lisbona, Fiscal Compact) da cui dipende la nostra crisi, accusa un giurista come l’ex ministro Giuseppe Guarino, sono tecnicamente illegali, Costituzione alla mano. E, anziché rimediare impugnando la Carta, la si preferisce cambiare, neutralizzandola, in modo che non possa più ostacolare il super-potere europeo.La maggioranza con cui è passato al Senato il testo della deroga all’articolo 138 della Costituzione, storico baluardo contro tentazioni manipolatorie della Carta su cui si è finora basata la Repubblica nata dalla Resistenza, ha superato i due terzi con appena 218 a favore rispetto ai 214 del quorum richiesto (58 i contrari e 12 gli astenuti). Hanno votato a favore la stragrande maggioranza dei senatori Pd, Pdl e “Scelta Civica”. Contrari M5S e Sel, cui si aggiungono 5 senatori Pd: Felice Casson astenuto, mentre non hanno partecipato al voto Walter Tocci, Silvana Amati e Renato Turano. Con loro anche l’ex direttore di “RaiNews24”, Corradino Mineo, che pure – accettando di candidarsi – sperava in una “legislatura costituente” di ben altro livello. Decisivo, osserva il “Fatto Quotidiano”, il supporto numerico offerto della Lega Nord per sostenere il provvedimento, fortemente voluto dal governo delle larghe intese su sollecitazione del Quirinale. Se il quorum dei due terzi venisse superato anche alla Camera, sarà possibile evitare il referendum confermativo per le leggi di riforma costituzionale.Molte, al Senato, anche le defezioni nel Pdl, tra cui quella di Francesco Nitto Palma, senatore campano e presidente della commissione giustizia. Nel Pdl, scrive il “Fatto”, il colpo di mano sulla Costituzione ripropone lo scontro tra “falchi” e “colombe”: la fronda interna al partito berlusconiano nel voto sul ddl costituzionale ha coinvolto 11 senatori, che si sono astenuti al momento del voto (al Senato, l’astensione vale come un voto contrario). Oltre a Palma, gli altri sono Maria Elisabetta Alberti Casellati, Vincenzo D’Anna, Domenico De Siano, Ciro Falanga, Pietro Iurlaro, Pietro Langella, Eva Longo, Antonio Milo, Domenico Scilipoti e l’ex direttore del Tg1, Augusto Minzolini. «Di questi solo Nitto Palma, Minzolini e Falanga hanno annunciato in aula la loro astensione, in disaccordo col fatto che il ddl non affronta il tema della riforma della giustizia. Altri 12 senatori del Pdl, compreso Silvio Berlusconi, non erano invece presenti in aula». Alla Camera, ovviamente, la strada sarà spianata. E gli appelli di Zagrebelsky e Rodotà per non manomettere pericolosamente la Costituzione? Tutto inutile. «Faremo quanto è possibile per cancellare questa vergogna», annuncia Giulietto Chiesa. «Un Parlamento di nominati non rappresenta il paese e, tanto meno, può arrogarsi il diritto di cambiarne la carta costituzionale con un colpo di mano. Questo è un golpe bianco, che esegue il piano eversivo della P2. Noi faremo resistenza».Ma Laura Puppato non avrebbe dovuto opporsi al “golpe bianco” per cambiare la Costituzione, come annunciato da lei stessa in piazza il 12 ottobre? E’ stata “convinta” in extremis da Anna Finocchiaro a votare a favore, spiega ora nella sua pagina Facebook. «La Costituzione è in mano a queste rocce saldissime», commenta Giulietto Chiesa, che annuncia: «Noi faremo resistenza», contro la manomissione della Carta. Per soli 4 voti, il Senato ha approvato il dispositivo che modifica l’articolo 138 e apre la strada a rapide modifiche dell’impianto costituzionale, come suggerito dal “garante” Napolitano. Risultato: per cambiare le regole della democrazia in Italia non sarà più necessario disporre del consenso dei due terzi del Parlamento: si potrà procedere più alla svelta, magari come auspicato da uno dei potenti della Terra, il “ceo” di Jp Morgan Chase, Jamie Dimon, ansioso di veder sparire dall’Europa le “vecchie” Costituzioni come quella italiana, così attente ai diritti del lavoro.
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Vauro in val Susa: proiettili, Alfano e le Brigate Rodotà
«Io credo che questa lotta si vincerà, perché saranno sempre meno gli spettatori e sempre di più i partecipanti». Vauro Senesi, il mattatore satirico accanto a Santoro negli studi televisivi di “Servizio Pubblico”, crede nel successo della battaglia civile della valle di Susa contro l’inutile ecomostro Torino-Lione. «Per me avete già vinto, sul piano morale e anche su quello politico – aggiunge Giulietto Chiesa, con Vauro in val Susa il 12 ottobre – dal momento che la Francia ha rinviato il capitolo Tav al 2030», cioè nel futuro remoto. «Fondamentale, però – dice Vauro – evitare si lasciarsi rinchiudere nel recinto militarizzato dello scontro: è esattamente quello che vogliono certi apparati dello Stato, per localizzare una protesta che invece è ormai diventata nazionale, grazie all’abilità dei valsusini». Lo diceva il generale Giap, l’eroe vietnamita che riuscì a battere sia i francesi che gli americani: «In un piccolo campo di battaglia, un piccolo esercito non ha scampo. Per vincere, deve uscire dal recinto e dare battaglia su un campo grande».Convinzioni serissime, quelle di Vauro, dispensate in mezz’ora di comicità intensa, a tratti irresistibile, giusto per scacciare il clima di cupezza che la repressione fa gravare sulla valle “ribelle”. Sulla questione No-Tav, Vauro dichiara di esser stato “illuminato” da un politico. Fassino? «Ma no, Fassino non illumina neanche se gli dai fuoco!». A “illuminare” Vauro è stato «questo astro nascente della politica italiana: Alfano. Che, dicono i tg, è andato in val di Susa a sorpresa – nella giungla, col machete? Nei telegiornali tutti decantavano il suo coraggio». Domanda al pubblico: «Ma voi mangiate i bambini come facciamo noi comunisti? Mangiate gli alfani? Sapete, noi del centro Italia abbiamo di voi del nord una visione barbarica, e quando ho sentito che Alfano era venuto qui – non senza scorta, ma coraggiosamente – mi son chiesto: ma cosa gli fanno, agli alfani lassù? C’è la Sagra degli Alfani? Se li mangiano?». Alfano in val Susa: «Il muso duro dello Stato, cazzo. E io che credevo che lo Stato non ci fosse neanche più, andato a puttane insieme all’ex presidente del Consiglio». E invece: «Alfano dice: noi la Tav la faremo, nonostante le Brigate Rodotà».Già, perché poi a Rodotà hanno dato del quasi-fiancheggiatore del terrorismo, per aver preso le difese della valle di Susa. Vauro: «Difatti son venuto qui speranzoso: ‘sta a vedere che ci sono ancora le Brigate Rosse, in val di Susa. Roba di quando avevo ancora i pantaloni a campana e c’erano i Pooh! Dico: ma io vado a fare un bel revival. E invece qui non vedo nessun brigatista, nessun passamontagna: che delusione». Tornando ad Alfano: «Vi ricordate quando la maestra vi spiegava che lo Stato siamo noi, tutti insieme? Bene, Alfano è venuto e dirvi: lo Stato sono io, tiè. Lo Stato sono io, non voi, perché – nonostante voi – noi faremo la Tav. E allora uno si chiede: chi è questo Stato? E cosa rappresenta, oltre ad Alfano?». Le risposte vanno cercate all’Ilva di Taranto, a Lampedusa, alla Fiat di Pomigliano. Luoghi dove lo Stato «sembra rappresentare un intreccio fortissimo di interessi finanziari, criminali ed economici». E’ la stessa concezione delle famigerate grandi opere, che dovrebbero modernizzare il paese e creare lavoro, in una repubblica dove l’Aquila è ancora com’era il giorno dopo il terremoto, e dove basta un giorno di pioggia per provocare alluvioni e morti. «La grande opera che serve? La manutenzione del territorio: quella sì che crea lavoro, tanto e utile, anche su scala locale».Dunque, se una popolazione come quella valsusina «si ribella a una devastazione scellerata e pericolosa», uno Stato veramente democratico «si interroga sul perché di questa ribellione». E invece: istituzioni sorde e politica «latitante e connivente con l’intreccio di interessi finanziari e mafiosi che caratterizza tutta la crisi: perché non si salvano i piccoli imprenditori e invece si salva il Monte dei Paschi di Siena?». Siamo il paese che piange perché non ha motovedette ma poi si affretta a comprare gli F-35. E’ uno Stato che non vuole ascoltare, ma la voce di chi protesta arriva lo stesso: «Colpisce vedere le bandiere No-Tav che sventolano anche a Niscemi alle manifestazioni contro il Muos, l’installazione che piloterà i droni che andranno a bombardare, massacrando donne e bambini». Le comunità parlano la stessa lingua, che non è quella dei poteri forti. E vengono boicottate: con la disinformazione, e non solo. «Non a caso, dov’è cominciato tutto lo scorreggiamento sulle nuove Brigate Rosse? Buste con proiettili: non so chi le abbia mandate, ma sono vecchio abbastanza per ricordare. Mi son chiesto: strano che non si siano firmati “falange”, data la fantasia dei servizi. C’è qualcuno che da trent’anni, quando fa queste cose, si firma “falange armata”». Quindi, attenzione: «Non fatevi rinchiudere in un ring, non accettate di dare battaglia in un “piccolo cortile”: è quello che gli avversari vogliono, per ridurre la questione al solo piano militare». Vale anche per molti giornali, sempre a caccia di mostri: «Peccato che è morto Bin Laden, sennò era qui: un perfetto No-Tav».«Io credo che questa lotta si vincerà, perché saranno sempre meno gli spettatori e sempre di più i partecipanti». Vauro Senesi, il mattatore satirico accanto a Santoro negli studi televisivi di “Servizio Pubblico”, crede nel successo della battaglia civile della valle di Susa contro l’inutile ecomostro Torino-Lione. «Per me avete già vinto, sul piano morale e anche su quello politico – aggiunge Giulietto Chiesa, con Vauro in val Susa il 12 ottobre – dal momento che la Francia ha rinviato il capitolo Tav al 2030», cioè in un futuro remotissimo e improbabile. «Fondamentale, però – dice Vauro – evitare si lasciarsi rinchiudere nel recinto militarizzato dello scontro: è esattamente quello che vogliono certi apparati dello Stato, per localizzare una protesta che invece è ormai diventata nazionale, grazie all’abilità dei valsusini». Lo diceva il generale Giap, l’eroe vietnamita che riuscì a battere sia i francesi che gli americani: «In un piccolo campo di battaglia, un piccolo esercito non ha scampo. Per vincere, deve uscire dal recinto e dare battaglia su un campo grande».
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Chiesa: il cimitero degli ipocriti e le loro leggi disumane
Ci sono due modi di vivere questa tragedia: uno è l’ipocrisia e la malafede. Coloro che ci portano al disastro (e molti di noi, anche) si strappano adesso il capelli, piangono, fingono solidarietà con le vittime, gridano vergogna – ma a chi la gridano, essendo loro i primi responsabili? Uno spettacolo indecente davvero. Il Pd, per bocca di Epifani, dice che «bisogna abrogare la legge Bossi-Fini». Adesso? Ma il Pd è stato al governo dal 2006 al 2008 e non l’ha nemmeno toccata. Napolitano invoca leggi per i profughi: proprio lui, che ha firmato nel 2009 la legge Maroni sul reato di clandestinità. E poi, un paese che si fa guidare da gente come Bossi e Fini (cioè che sceglie plebei incolti e rapaci, oltre che incompetenti) cosa infine può aspettarsi se non tragedie?L’altro modo di affrontare la situazione è quello di guardare in faccia la realtà. L’ondata migratoria è destinata ad aumentare. E’ uno tsunami annunciato. Non ci sono dei o provvidenze che potranno fermarlo. Gli economisti stupidi che sorreggono la baracca con le loro sgangherate ricette, ci ripetono da decenni che bisogna favorire il libero flusso di capitali. Appunto: i capitali si sono mossi molto liberamente (tra le tasche dei padroni dell’Universo). Ma la conseguenza è che anche gli uomini si muovono: più lentamente, perché sono fatti di materia, non come i bit dei computer, ma si spostano – per vivere, per bere, per mangiare; per sognare, perfino. Dunque arriveranno altre centinaia di barconi, con decine di migliaia di disperati. E noi avevamo come ministro della Repubblica un demente che pensa e pensa che ci vuole una legge per fermarli. Pensate a che livello si collocano, lui e il presidente che ha firmato una legge sul reato di clandestinità!Certo, l’Italia, da sola, non può farcela. Ma potrebbe fare subito molte cose importanti. Potrebbe prepararsi allo tsunami – organizzativamente, in primo luogo, perché non siamo preparati. Bisogna dirlo forte e chiaro. Prepararsi significa molte cose. Ci vuole un piano d’emergenza e un piano strategico. Ci vuole un centro di comando composto da persone competenti e oneste, che siano messe in grado di rispettare il diritto sacrosanto di asilo, e di non permettere altre tragedie. Cioè bisogna predisporre misure di accoglienza. A questo non c’è alternativa se non vogliamo essere costretti a costruire cimiteri, o a scavare fosse comuni. Cioè ci vogliono mezzi. E persone qualificate. Per esempio un esercito (sarebbe meglio tornare all’esercito di leva) che, invece di allenarsi a sparare, sia messo in grado di svolgere funzioni estese di protezione civile. E, per il piano strategico, ci vuole una chiara visione dell’azione politica da svolgere in campo internazionale.L’Italia di questi anni balbetta o è assente dalla scena. Non ha voce e, del resto, essendo un paese commissariato dalla Trojka, non si preoccupa di averla. Invece dovrebbe farsi sentire: è l’Europa, con i suoi cosiddetti principi universali, che deve rispondere. E se non lo fa, è l’Italia che deve prendere l’iniziativa e imporre una risposta collettiva. Molto di più che un “corridoio umanitario” di emergenza (non basterebbe comunque). Ci vuole una politica! E ci vuole il coraggio necessario per dire – e dirsi – come stanno le cose. Siamo noi ricchi – e privilegiati – parte del problema. Lo abbiamo creato anche noi. E dunque dobbiamo mettere mano al portafogli. Non regalando motovedette alla Libia, perché fermi e ricacci indietro i disperati, ma cambiando la politica degli aiuti al cosiddetto terzo mondo. Non mandando truppe in Afghanistan e in Iraq, cioè cambiando la nostra politica estera: fuori dalla Nato, perché non abbiamo nemici; fuori dalla guerra. Questo è l’unico modo per contribuire alla soluzione del problema. Per questo ci vuole un’altra classe politica e un altro governo, italiano ed europeo.(Giulietto Chiesa, “Lampedusa, non siamo preparati allo tsunami”, testo del video-editoriale pubblicato da “Megachip” l’8 ottobre 2013).Ci sono due modi di vivere questa tragedia: uno è l’ipocrisia e la malafede. Coloro che ci portano al disastro (e molti di noi, anche) si strappano adesso il capelli, piangono, fingono solidarietà con le vittime, gridano vergogna – ma a chi la gridano, essendo loro i primi responsabili? Uno spettacolo indecente davvero. Il Pd, per bocca di Epifani, dice che «bisogna abrogare la legge Bossi-Fini». Adesso? Ma il Pd è stato al governo dal 2006 al 2008 e non l’ha nemmeno toccata. Napolitano invoca leggi per i profughi: proprio lui, che ha firmato nel 2009 la legge Maroni sul reato di clandestinità. E poi, un paese che si fa guidare da gente come Bossi e Fini (cioè che sceglie plebei incolti e rapaci, oltre che incompetenti) cosa infine può aspettarsi se non tragedie?
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Punire i migranti, legge infame: e il M5S boccia Grillo
«Siamo diventati oltre sette miliardi, e siamo tutti su un pianerottolo. Grillo e Casaleggio pensano davvero che il problema si risolverà cacciando via i sei miliardi che stanno arrivando? Se lo pensano vuol dire che pensano di farlo con la forza. Il fatto è che, ogni giorno che passa, anche quelli stanno diventando sempre più forti. E tra un po’ potremmo essere noi a dover scendere dal pianerottolo». Giulietto Chiesa, che ha sempre sostenuto con entusiasmo la capacità di mobilitazione civica espressa dal “Movimento 5 Stelle” contro gli abusi antidemocratici della casta, quella dei grandi partiti ridotti al ruolo di semplici “maggiordomi” dei poteri forti, ora si schiera senza riserve coi parlamentari grillini, “fulminati” dal tandem Grillo-Casaleggio per aver promosso l’emendamento sull’abolizione del reato di clandestinità all’indomani della strage di Lampedusa. Catastrofe umanitaria che ha costretto persino l’Unione Europea di Barroso – fischiato dagli abitanti dell’isola – ad ammettere che non è più possibile continuare a trincerarsi nell’ipocrisia della “Fortezza Europa”, prima responsabile della disperazione dei profughi per lo storico sfruttamento dei loro paesi.«Non entro nel merito degli argomenti che riguardano i metodi interni del M5S: non mi riguardano, ciascuno sceglie i criteri di disciplina interna che ritiene opportuni, e se ne assume la responsabilità», premette Chiesa, che tuttavia aggiunge: identificare il Movimento 5 Stelle coi milioni di italiani che l’hanno votato «è una evidente sciocchezza»: basta leggere l’ondata di proteste piovute sul blog di Grillo. Pretendere che il vertice abbia sempre ragione, dice Chiesa in un intervento su “Megachip”, «a me fa venire in mente “l’unità indistruttibile di partito e popolo” di sovietica memoria: sappiamo com’è andata a finire». Parole come “opinione pubblica” e “volontà popolare” sono da maneggiare con cura, specie in una società manipolata: Grillo e Casaleggio pensano forse che la grande massa di cittadini elettori sia già bell’e pronta ad affrontare le drammatiche trasformazioni della loro vita che questa crisi comporta e comporterà?«Peggio ancora là dove si ammette che una norma gravemente illegale, anticostituzionale, antiumana, irrazionale e controproducente viene considerata – da Grillo e Casaleggio – utile a prendere voti», continua Chiesa, presidente del laboratorio politico “Alternativa”. «Pensare poi – e scriverlo – che i disgraziati che salgono sui barconi lo facciano dopo avere studiato il nostro sistema giuridico e, dunque, concludere che togliere il reato di clandestinità equivalga a un invito ai candidati migranti a imbarcarsi per l’Italia, significa non rendersi conto di una elementare realtà: l’ondata migratoria ha cause ben più profonde, non esorcizzabili da una legge italiana, per quanto feroce essa sia». Quando nel 2009 «quella legge infame era ancora in discussione», giuristi come Rodotà e Zagrebelski fecero presente che l’introduzione di quel reato avrebbe paralizzato il sistema penale, citando la Corte Costituzionale: la crisi produce emarginazione, “nasconde” la miseria e tende a criminalizzare le persone in condizione di povertà come pericolose e colpevoli. Grillo e Casaleggio vanno oltre queste tentazioni: «Le impugnano come armi in difesa degli italiani poveri, in base alla logica dei polli a testa in giù nelle mani di Renzo», conclude Chiesa. «Non si va lontano con queste idee, purtroppo, e ce ne dispiace».«Siamo diventati oltre sette miliardi, e siamo tutti su un pianerottolo. Grillo e Casaleggio pensano davvero che il problema si risolverà cacciando via i sei miliardi che stanno arrivando? Se lo pensano vuol dire che pensano di farlo con la forza. Il fatto è che, ogni giorno che passa, anche quelli stanno diventando sempre più forti. E tra un po’ potremmo essere noi a dover scendere dal pianerottolo». Giulietto Chiesa, che ha sempre sostenuto con entusiasmo la capacità di mobilitazione civica espressa dal “Movimento 5 Stelle” contro gli abusi antidemocratici della casta, quella dei grandi partiti ridotti al ruolo di semplici “maggiordomi” dei poteri forti, ora si schiera senza riserve coi parlamentari grillini, “fulminati” dal tandem Grillo-Casaleggio per aver promosso l’emendamento sull’abolizione del reato di clandestinità all’indomani della strage di Lampedusa. Catastrofe umanitaria che ha costretto persino l’Unione Europea di Barroso – fischiato dagli abitanti dell’isola – ad ammettere che non è più possibile continuare a trincerarsi nell’ipocrisia della “Fortezza Europa”, prima responsabile della disperazione dei profughi per lo storico sfruttamento dei loro paesi.
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Giap: onore, per una volta, al giornalismo americano
L’edizione del 5 ottobre dell’“International Herald Tribune” si apre con un “obituary”, un necrologio a sei colonne, con fotografia e titolo: “Vo Nguyen Giap, un rivoluzionario”. Non ricordo nulla di analogo nella mia esperienza di giornalista. La potenza imperiale s’inchina, rende l’onore delle armi e della vittoria a colui che la sconfisse nel lontanissimo 30 aprile 1975, quando Saigon cadde e le immagini degli elicotteri in fuga che si alzavano in volo dai tetti dell’ambasciata americana fecero il giro del mondo. Oggi, per l’“Iht”, evidentemente, non c’era notizia più importante di quel ricordo. E non c’era cosa più giusta da fare che ricordare quella sconfitta in cui furono cancellate circa 58.000 vittime americane. Adesso proviamo a confrontare questa prima pagina con quelle dei giornali italiani, cioè dei servi. Si parla, è ovvio, solo di Berlusconi e della spazzatura di questo paese.
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Dal sangue di Lampedusa nasca una Carta del Futuro
Incredibile nella sua ipocrisia, il mainstream italiano – politica e media – non si fa scrupolo di criticare la sordità dell’Europa di fronte all’ennesima strage degli innocenti, a Lampedusa, continuando a tacere sulla strage economica che la stessa Europa sta organizzando ai danni di altri innocenti, i popoli dei paesi mediterranei, strangolati nella spirale senza fine del ricatto finanziario che produce povertà, disperazione e suicidi. «È stato molto significativo che il primo viaggio apostolico di Papa Francesco, a luglio, sia stato proprio a Lampedusa, lungo una riva che è snodo di tragedie planetarie, tradotte in infinite tragedie umane individuali», scrive Giulietto Chiesa, presidente del laboratorio politico “Alternativa”. «Si attende ancora, invece, un risveglio di tutte le classi dirigenti europee, che però, in quelle acque, vedrebbero rispecchiarsi le proprie facce, ossia le cause delle tragedie».
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Amoroso: via dall’euro, o facciamo la fine della Jugoslavia
La ricreazione è finita, presto vi dovrete arrangiare anche per le pensioni. Questo, in sintesi, il discorso-choc che il sovrano olandese Guglielmo Alessandro ha rivolto alla nazione: la globalizzazione impone anche all’Olanda l’addio al glorioso sistema del welfare e delle protezioni sociali. E’ l’élite, direttamente, che parla: la stessa élite feudale che si è impadronita della moneta, imponendoci l’Eurozona, per poi dirci: scusate, non ci sono più soldi. Falso. I soldi li “fabbricano” loro, mentre a mancare sono i politici in grado di difenderci. Enrico Letta, che rincorre i diktat della Merkel, governa con Berlusconi, che nel suo videomessaggio del 18 settembre, di fronte alla catastrofe economica dell’Italia, proclama: «Occorre imboccare la strada maestra del liberalismo: meno Stato, meno spesa pubblica». Il liberismo: cioè il tunnel senza uscita del quale siamo già prigionieri, da vent’anni. Attenti, avverte il professor Bruno Amoroso: di questo passo, già a novembre sprofonderemo nel baratro della Grecia, saremo esposti a tempeste mai viste e rischiamo di fare la fine della Jugoslavia.
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Grillo e l’alternativa all’ultimo mangime per polli: Renzi
«Caro Giulietto, perché non ti unisci a Beppe Grillo? In fondo la pensate allo stesso modo, e l’unione fa la forza». Appunto, replica Giulietto Chiesa su “Megachip” a un lettore del suo spazio Facebook, Christian Bata Batildi: proprio perché non basterebbe neppure il 51%, come disse Berlinguer dopo il golpe in Cile, serve un’alleanza più vasta del 25% di Grillo: «Troppo forte è il nemico e lo sono i mezzi che ha a disposizione, nazionali e internazionali: guai a sottovalutare la forza dei Padroni Universali e dei loro maggiordomi locali». Tra essi primeggia il sindaco di Firenze: «Che qualcuno possa seguire addirittura con stima e attenzione le sorti del signor Renzi, conferma solo l’inveterata abitudine di una parte degli italiani a fare la parte dei polli», taglia corto sempre su “Megachip” Paolo Bartolini. «Se la nuova politica passa di qui siamo finiti». Eppure, è proprio su Renzi che sono puntati, ogni giorno, i riflettori dei media. Mentre l’Italia sta affrontando un disastro epocale, senza via d’uscita.
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Barnard: perché la verità non avrà mai spazio in televisione
«Voi vi siete accorti di aver un presidente del consiglio? Io no. Letta non è, è nulla, non so come dire: impalpabile, aria fritta, un ologramma pallido». Paolo Barnard guarda oltralpe: «I francesi si sono accorti che per fare pareggio di bilancio e per arrivare al 3% di deficit dovrebbero devastare tutta la loro piccola, media e grande industria nazionale, imponendole tasse impossibili». Così, il ministro francese delle finanze, Pierre Moscovici, ha avvertito Draghi, la Commissione Europea e la Germania: la Francia non rispetterà né il pareggio di bilancio né il contenimento del deficit entro il 3% del Pil. «Poi ci siamo noi, quelli che fanno pietà, con l’ologramma pallido che ci guida», incapace di spendere – per ricostruire l’Aquila – lo 0,1% di quello che spenderanno i francesi. Insieme all’Aquila, «rimarranno distrutti i nostri imprenditori tassati dal 50 al 70%, i nostri disoccupati, la nostra economia». Con il contributo decisivo di chi depista l’informazione: i media, che oscurano la verità e puntano tutto su intrattenitori finto-alternativi.
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11/9: la fiaba della terza torre, quella che crollò da sola
«Se chiedete al primo che vi capita, di età superiore ai 20 anni, quante furono le torri crollate l’11 Settembre, avrete quasi sempre la stessa, stranita risposta: due, ovviamente. Due aerei, due torri: dunque furono gli aerei ad abbattere le Twin Towers». Invece, no: «Le torri abbattute furono tre. E questo provoca ancora adesso molti mal di testa a chi vuole sostenere la versione ufficiale». Alla conta, infatti, “manca” sempre la terza torre del World Trade Center, denominata Wtc-7, che crollò alle 17.20 del “giorno maledetto”, senza esser stata colpita da nessun aereo. Per Giulietto Chiesa, quel crollo-fantasma è un po’ il simbolo dell’atto terroristico più misterioso e devastante della nostra storia recente, destinato ad aprire l’incubo della “guerra infinita”: Iraq e Afghanistan, Libia e Siria, e domani l’Iran. Data fatidica, per il “grande alibi” dell’impero pericolante: occupare, militarmente, un mondo ormai multipolare, progressivamente egemonizzato da nuovi protagonisti, in pole position la Cina – che, secondo i neocon al potere l’11 Settembre, entrerà in rotta di collisione con la “sicurezza Usa” entro il 2017, cioè domani.
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Ioppolo: macché neoliberisti, sono una cricca di ladroni
Quando a fronte del peggioramento drastico del nostro Pil e dei nostri conti pubblici in soli 16 mesi di sacrifici bocconiani, in Confindustria e in ogni riunione possibile e immaginabile di categoria, locale come nazionale, vengono fischiati tutti i ministri, i politici e gli economisti che propongono altri sacrifici popolari per fare quadrare i conti pubblici sulla base dei suggerimenti/imposizioni che vengono dagli “esperti” finanziari, anche se questo accade senza che ancora venga proposta una alternativa credibile, vuol dire che siamo ormai alla resa finale dei conti tra il mondo del lavoro e quello degli strati parassitari e possidenti. Non lasciamo che ciò assuma forme mostruose. Abbiamo il dovere intellettuale, politico, morale e spirituale di rendere dolce la transizione verso il mondo migliore che emergerà dalla ormai improcrastinabile riforma post-keynesiana delle fondamentali strutture economiche interne e internazionali. Uniamoci e diffondiamo questa conoscenza. Facciamolo con volantinaggi, spamming web, manifestazioni pacifiche, passa-parola, ma facciamolo subito!
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La catastrofe: loro fabbricano soldi, noi paghiamo il debito
Le guerre? Ottimo affare. Devono essere «dirette in modo tale» che le nazioni «sprofondino sempre di più nel loro debito e, quindi, sempre di più sotto il nostro potere». Parola del banchiere Amshel Mayer Rothschild, che visse a cavallo tra ‘700 e ‘800. Thomas Jefferson, il presidente americano raffigurato sulle banconote da due dollari, sapeva bene con che razza di banditi avesse a che fare: «Io credo che le istituzioni bancarie siano più pericolose per le nostre libertà di quanto non lo siano gli eserciti armati». Quella «aristocrazia facoltosa» può mettere in croce qualsiasi governo. Quindi: «Il potere di emissione dev’essere tolto alle banche e restituito al popolo». Chiosa il coevo Andrew Jefferson, settimo presidente degli Stati Uniti: «Se solo gli americani capissero la totale ingiustizia del nostro sistema monetario e bancario, ci sarebbe una rivoluzione prima di domani mattina». Sintetizza Giulietto Chiesa: se l’emissione di moneta non è più sovrana, ma appaltata alle banche, lo Stato ha le ore contate, e così i suoi cittadini. Ecco spiegata l’apocalisse finanziaria.