Archivio del Tag ‘giovani’
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Siamo indignati, e ora ci riprendiamo il futuro che ci spetta
Noi siamo indignati. Siamo indignati contro i governi europei, che stretti tra la crisi e le politiche liberiste e monetariste imposte dalla Bce e dall’Fmi, accettano di essere esautorati delle funzioni democratiche per diventare semplici amministratori dei tagli della spesa sociale, delle privatizzazioni, della precarizzazione del mondo del lavoro e della costruzione di opere faraoniche, incuranti dell’ambiente e delle popolazioni. Siamo indignati perché le classi dirigenti continuano a proporci l’austerity per le popolazioni, mentre le rendite e i privilegi della finanza, dei grandi possidenti e della politica rimangono intonse, quando non crescono.
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Airaudo: assediamo le piazze, vogliono rubarci il futuro
«Indignarsi non basta ma cominciamo a farlo». Parola di Giorgio Airaudo, che annuncia l’avvio della “campagna d’autunno” firmata Fiom per valorizzare il protagonismo degli “indignados” italiani: l’attivismo del “popolo dei referendum” sui beni comuni, cresciuto abche durante l’estate tra mille dibattiti, «può e deve farsi pratica sociale e soggettività politica, supplire alla fragilità dell’opposizione, ridare linfa all’esausta nostra democrazia». Obiettivo, fermare la manovra “lacrime e sangue”: che è «inutile, ingiusta e vendicativa» perché non contempla investimenti per rilanciare l’economia, fa pagare il conto della crisi soltanto ai soliti noti e inoltre prende di mira i giovani, negando loro una speranza di futuro.
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Giovani, poveri e precari: la loro rabbia brucia l’Inghilterra
Londra non è come Parigi, non esistono le banlieue, i quartieri poveri convivono al fianco di quelli ricchi. E qualche volta questi due mondi inconciliabili entrano in conflitto. Mi sono tornati in mente i disordini del 1981, senza precedenti in Inghilterra, che dalla capitale, in particolare dal quartiere di Brixton, si sono estesi a Liverpool, a Manchester e in altre città. Sono rimaste nella storia del Paese: la polizia usò i lacrimogeni, cosa che in Italia è normale, ma in Inghilterra non lo è affatto. Era l’alba dell’era Thatcher, con una pesante crisi economica e drastici tagli alla spesa pubblica, proprio come oggi. E, come oggi, la rivolta non fu organizzata da alcun partito. Cominciò con un’esplosione di rabbia di giovani dell’underclass, il sottoproletariato urbano.
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Giovani in fuga: che sfortuna essere nati in Italia
Ci risiamo, l’Italia non è decisamente un paese per giovani. Neppure due illustri connazionali che espugnano la prestigiosa top ten della rivista “Popular Science”, l’Olimpo degli scienziati under 40 più promettenti d’America, riescono a farci recuperare terreno sull’orizzonte allontanatosi da almeno un ventennio. Sì, perché mentre la fisica anconetana Chiara Daraio e l’ingegner Maurizio Porfiri tengono alto il tricolore negli Stati Uniti, il 40 per cento dei loro ex compagni di studi considera la propria permanenza in Italia una vera e propria sfortuna e il 40,6 per cento si trasferirebbe seduta stante altrove, dal Nuovo Mondo (16,1) alla Francia (16,5), dall’Inghilterra (11,9) alla Germania (10,1).
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L’Europa va a destra ma riscopre Marx: il capitalismo è crisi
Marx ha introdotto una cosa che fu considerata una novità ma che non è ancora stata pienamente realizzata, cioè una sensazione che l’attuale sistema economico non sia permanente o mai destinato a essere permanente, ma che sia meramente una fase dello sviluppo storico che è avvenuto e che è destinato a sparire per trasformarsi in qualcos’altro con il passar del tempo, questa è una cosa importante. In particolare, concentrò la sua attenzione sul modo curioso e discontinuo in cui il sistema è cresciuto e ha sviluppato contraddizioni che infine produrranno delle crisi importanti.
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Non siamo merce: ribelliamoci alla dittatura dei ricchi
Noi siamo gente comune. Siamo come te: gente che si alza ogni mattina per studiare, per lavorare o per trovare lavoro, gente che ha famiglia e amici. Gente che lavora duramente ogni giorno per vivere e dare un futuro migliore a chi ci circonda. Alcuni di noi si considerano più progressisti, altri più conservatori. Alcuni credenti, altri no. Alcuni di noi hanno un’ideologia ben definita, alcuni si definiscono apolitici… Ma tutti siamo preoccupati e indignati per il panorama politico, economico e sociale che vediamo intorno a noi. Per la corruzione di politici, imprenditori, banchieri … Per il senso di impotenza del cittadino comune. Questa situazione fa male a tutti noi ogni giorno. Ma se tutti ci uniamo, possiamo cambiarla.
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Spagna, rivolta a oltranza: come a piazza Tahrir?
Prove tecniche di piazza Tahrir anche in Europa? Il suggestivo paragone con il principale teatro egiziano delle lotte anti-Mubarak, per quanto ancora prematuro, non può non venire in mente osservando quanto accade in decine città della Spagna, devastata dalla crisi economica e con un tasso di disoccupazione giovanile che ha pochi eguali nel resto del pur malmesso mondo occidentale. Denunciando le condizioni di vita sempre più dure create dalla crisi e dai successivi giri di vite decisi dal governo del premier socialista José Luis Zapatero, la disoccupazione oltre il 20%, la “collusione” fra politici e banchieri, e chiedendo un sistema di democrazia partecipativa, a migliaia sono in piazza dallo scorso 15 maggio.
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Ilda Curti: se Torino alleva la generazione Balotelli
In questa domenica delle Palme a Torino succedevano molte cose, ovunque. Una di queste è stata Tutta Dritta – Turin Marathon: migliaia di persone di tutte le età, generi e colori affrontavano un percorso che solo a raccontarlo sento male alle gambe. Mentre osservavo la partenza mi è venuta in mente una storia. Perché la politica è fatta di storie, che danno volto e senso alle cose che succedono e a quelle che si fanno. Marincho entra in quarta elementare a novembre inoltrato. Si siede accanto a bambini che si conoscono da una vita. La loro vita: dalla prima elementare.
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Partire lontano: lasciateci sognare l’Europa
«Oh barca, amore mio, portami fuori dalla miseria. Partire lontano: nel mio paese mi sento umiliato, sono stanco e mi sono stufato». Il ritmo è rap, la melodia araba. Il brano è firmato dagli algerini Reda Taliani e 113. Racconta, come meglio non si potrebbe, quello che spinge i giovani tunisini sui barconi che approdano a Lampedusa: “partire lontano”, ovvero «andare via, evadere, come da una prigione, per vedere il mondo», dice Gabriele Del Grande, osservatore speciale dei migranti dal blog “Fortress Europe”. «Di canzoni così ce ne sono decine, dal Marocco all’Egitto. Ma su tutte spicca il grande successo di “Partir loin”», firmato da giovani: lasciateci andare, cantano, perché il mondo non è solo vostro.
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Il mondo discute di Mubarak, noi invece della “nipote”
«Mentre tutto il mondo si preoccupa del dopo-Mubarak, noi ci dilaniamo sulla “nipote”». Lucio Caracciolo, direttore di “Limes”, non ha dubbi: in Egitto, l’Italia – cruciale frontiera mediterranea – sta perdendo un’occasione storica: ricucire lo strappo con il Nord Africa post-coloniale e frenare l’esodo della disperazione mettendo in campo una nuova alleanza politica ed economica. «L’occasione è storica: spezzare nel più strategico paese arabo il circolo vizioso di miseria, frustrazione, regimi di polizia e terrorismo – spesso alimentato dai regimi stessi per ottenere soldi e status dall’Occidente – che destabilizza Nordafrica e Vicino Oriente fino al Golfo e oltre».
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Cairo: rivoluzione web, wiki-hacker contro la censura
E’ iniziato tutto con l’hashtag (vuol dire ‘cancelletto’ in inglese ed è il modo per fare ricerche su Twitter) #Jan25. È stata quella la parola d’ordine sotto la quale la rivolta dei giovani egiziani ha iniziato a ripercorrere le orme di quella dei cugini tunisini. #Jan25 stava per gennaio 25, giorno della prima manifestazione di piazza in Egitto, poi è arrivato #Jan28. Sotto quel segno la protesta si è diffusa e si sta ancora diffondendo fino ad incendiare le principali città del paese nordafricano. Twitt dopo twitt, messaggio dopo messaggio, l’aggiornamento delle proteste, dei morti per strada e dell’ingrossarsi dei cortei, sta assumendo le sembianze di un’onda crescente che punta a travolgere l’Egitto e forse non solo.
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Noi, la speranza dell’Egitto contro la violenza di Mubarak
Mi chiamo Rania Aala, ho trent’anni, e da quando sono nata ho sempre visto Mubarak al governo, sempre. E’ frustrante per la mia generazione. Il partito al governo, l’Npd, pensa che siccome ci sono quaranta milioni di poveri in questo Paese, allora siamo tutti ignoranti, politicamente incompetenti, senza leadership. Anche i capi della cosiddetta ‘opposizione’ si sono comportati come se noi non esistessimo. Ci hanno lasciato fuori dall’equazione e sono diventati tristi, ridicolmente oppressivi. Il picco della nostra frustrazione si è verificato in occasione di due fatti: le dichiarazioni di Gamal Mubarak, che vuol correre per la presidenza dopo il padre, uccidendo così tutte le nostre speranze