Archivio del Tag ‘Germania’
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Giannuli: leggi elettorali su misura per questi gangster
Se una disposizione della Costituzione non stabilisse che i voti e le opinioni espresse nei dibattiti parlamentari godono dell’imperseguibilità penale, i tre quarti di questo Parlamento meriterebbero la detenzione quantomeno per “interessi privati in atti d’ufficio” o “abuso di potere” se non per attentato alla Costituzione. Mi spiego meglio. Le leggi elettorali dovrebbero essere fatte con fini di carattere sistemico, anche perché si immagina che debbano durare nel tempo e non essere cambiate ad ogni votazione: io sono per il sistema proporzionale perché privilegio il principio di rappresentanza rispetto a quello di governabilità, mentre un altro può essere per il maggioritario per considerazioni opposte ed è legittima tanto la mia posizione quanto l’altra, perché non sono pensate per avvantaggiare un partito piuttosto che un altro. Poi i bari ci sono sempre stati e c’è sempre stato qualcuno che ha introdotto questa o quella clausola per avvantaggiare o, all’opposto, danneggiare un particolare competitore.Ad esempio la clausola di sbarramento al 5% del sistema tedesco, in teoria fu fatta per impedire l’eccessiva frammentazione del sistema politico, ma in realtà fu fatta per escludere dal Bundestag il Partito Comunista che aveva intorno al 3%. Allo stesso modo, la clausola N+2 del quoziente Imperiali fu fatta ufficialmente per favorire i piccoli partiti, facilitando l’acquisto di un quoziente necessario per accedere al riparto dei resti, ma, in realtà, determinava un meccanismo di calcolo favorevole ai partiti maggiori per cui la Dc ebbe sempre 20 o 30 seggi in più rispetto a quelli che le sarebbero spettati ed il Pci fra i 10 ed i 15. E potremmo fare mille altri esempi. Ma va detto che mai il proponente di una clausola truffaldina del genere avrebbe proclamato essere quello il suo fine, avrebbe sempre ammantato la sua proposta delle più nobili motivazioni, rispondendo indignato a chi denunciasse i motivi reali. Qui, invece, siamo alla perdita del più elementare senso del pudore: si dichiara apertamente di voler cambiare la legge elettorale perché con questa –appena approvata e mai sperimentata – vince il M5S.La governabilità qui non c’entra, anche perché, quando si è fatto questo aborto di legge elettorale, ci è stato spiegato che i suoi meccanismi erano pensati per fare in modo di sapere, già dalla sera delle elezioni, chi avrebbe governato nel quinquennio successivo. Qui il ragionamento apertis verbis è il seguente: “Noi quella legge la avevamo fatta perché assicurasse la nostra vittoria, ma visto che non è così e che a vincere sono gli altri, noi la cambiamo in modo che vinciamo noi”. Cioè, dei parlamentari che hanno giurato fedeltà alla Costituzione, dicono apertamente che stanno usando (cioè : abusando) del loro potere per farsi una legge elettorale per proprio uso e consumo. Un atto di disonestà inaudita e per di più candidamente confessato. Poi, giusto per non farsi mancare nulla, il ministro dell’interno Alfano – con decenza parlando – propone, papale papale, di abolire il doppio turno, ripristinare le coalizioni e di far scendere al 35% (o anche meno) la soglia per il premio di maggioranza, cioè di ripristinare pari pari il Porcellum (salvo la fissazione di una quota nominale) dimenticando che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima quella legge elettorale proprio per l’eccessivo premio di maggioranza.Ma, si osserverà, qui abbiamo una soglia minima per accedere al premio, cosa che prima non c’era. Solo che, in un sistema politico diviso in tre poli è quasi matematico che uno dei tre superi di un poco il terzo dei voti. D’altra parte, fissare una soglia al 35% per un premio che dia il 54% dei seggi, significa dare un premio di ben il 19% e, se già è discutibile l’attuale 14% (che non ha pari in nessun altro sistema di maggioritario su lista), figuriamoci un premio del 19%. A questo punto, perché non il 25% o il 20% come soglia minima? Cioè mettiamo un numero a caso che, di fatto, garantisca che al primo turno, quello che ha un voto più degli altri fa “asso prende tutto”.Già, ma se poi ci accorgiamo che il M5S diventa partito di maggioranza relativa che si fa? Semplicissimo: cambiamo di nuovo la legge elettorale. Anzi do qualche suggerimento utile: stabilire che il premio viene dato al secondo e non al primo, oppure che c’è il “premio di minoranza” ma anche che i voti del Pd valgono il doppio degli altri. Perché no? Io mi chiedo con quale faccia il Presidente della Repubblica possa controfirmare una legge elettorale nata con questi presupposti e mi chiedo come potrebbe evitare la declaratoria di incostituzionalità la Consulta. Ricordo nuovamente lo stupore del mio amico danese Morten che, di fronte alla candida ammissione di Berlusconi di aver fatto “solo” tre leggi nel suo interesse, disse: “Ha detto proprio così? E non succede niente?!” Già: e non succede niente?!(Aldo Giannuli, “Leggi elettorali, decenza e codice penale”, dal blog di Giannuli del 26 luglio 2016).Se una disposizione della Costituzione non stabilisse che i voti e le opinioni espresse nei dibattiti parlamentari godono dell’imperseguibilità penale, i tre quarti di questo Parlamento meriterebbero la detenzione quantomeno per “interessi privati in atti d’ufficio” o “abuso di potere” se non per attentato alla Costituzione. Mi spiego meglio. Le leggi elettorali dovrebbero essere fatte con fini di carattere sistemico, anche perché si immagina che debbano durare nel tempo e non essere cambiate ad ogni votazione: io sono per il sistema proporzionale perché privilegio il principio di rappresentanza rispetto a quello di governabilità, mentre un altro può essere per il maggioritario per considerazioni opposte ed è legittima tanto la mia posizione quanto l’altra, perché non sono pensate per avvantaggiare un partito piuttosto che un altro. Poi i bari ci sono sempre stati e c’è sempre stato qualcuno che ha introdotto questa o quella clausola per avvantaggiare o, all’opposto, danneggiare un particolare competitore.
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Il potere irride l’esoterismo? Ovvio: teme che ci sveli verità
Umberto Eco, per potersi interessare di simbologia in ambito universitario, ha dovuto cambiarle nome: l’ha dovuta chiamare semiotica, perché sennò il suo corso universitario non si sarebbe mai potuto tenere. L’unica università al mondo che aveva una facoltà di esoterismo era l’Università di Princeton, dove si è sviluppato un tema straordinario, la cosiddetta Gnosi di Princeton, con scienziati che hanno messo in discussione la rigidità della scienza moderna. Però è stata chiusa, ovviamente, per mancanza di fondi. Perché oggi c’è un circuito perverso – tra università e aziende, farmaceutiche e di vario tipo – per cui la ricerca dev’essere assolutamente finalizzata. Quindi, la scienza non ammette che esista la conoscenza. Da che mondo è mondo, le ricerche sull’esoterismo sono state sempre svolte dalle accademie platoniche, non dalle università aristoteliche. Purtroppo, fare ironia su iniziative di studio inerenti l’esoterismo significa ridurre il tutto al livello del Mago Otelma, e questo a chi conviene? A chi conviene che certe cose non si ricerchino e non si approfondiscano? Qualcuno se la faccia, questa domanda.L’esoterismo in realtà è una cosa seria. Studiare questa meta-storia, questo pensiero, la ricerca del retropensiero, è qualcosa di fondamentale: non viene svolto perché al potere non conviene che si svolga. Il potere – religioso, politico, di qualunque tipo – appena sente questi temi tende al dileggio, perché sono temi che hanno messo in discussione dogmi, posizioni e interessi nei secoli. Nei secoli si è spacciato Cartesio per un materialista, quando invece lui apre il discorso sul metodo dicendo che cerca Dio. Per secoli si è imbottita la testa della gente di un sacco di menzogne. Si è nascosto il fatto che Newton, prima di essere uno scienziato, era un alchimista. Per secoli sono state raccontate delle balle, alle persone. Fare dello spirito a buon mercato, su questi temi, significa diventare funzionali a un determinato schema di potere.La parola esoterismo viene da “esotèio”, che significa “cercare dietro”. Le viene data una connotazione magica? Neanche quella è negativa. Io mi sono sempre scagliato contro il pensiero magico. Che cos’è? E’ un meccanismo di potere, per il quale la gente viene convinta di poter alterare determinate cose. Ma i grandi che si sono occupati di magia intesa come conoscenza – perché la parola magia viene da “Mg”, sanscrito, che significa “conoscere” – hanno chiarito che si occupavano di “magia naturalis”, non di qualunque magia. “Magia naturalis”: che cos’era? Era la conoscenza delle leggi naturali che ti portava a poter spiegare (e a poter utilizzare) le cose della natura – le leggi della natura, i meccanismi naturali, le cose che non conosciamo. Ho detto spesso che il paranormale è il normale che noi non conosciamo. Esistono cose che non conosciamo, o no? E al potere conviene che le scopriamo? Nella storia è convenuto, al potere, che la gente capisse, sapesse?Di recente ho tenuto una conferenza sul cosiddetto “nazismo magico”, dove ho dato un po’ di spiegazioni; perché, in realtà, se tutti conoscono, fregature come il nazismo non se ne prendono più. Ma il potere, al contrario, le fregature vuole continuare a darle, non vuole che non se ne diano più. E quindi, tutto ciò che attiene all’esoterismo viene bandito e considerato in un certo modo. Vengono finanziati i Maghi Otelma del momento, in maniera che la gente associ queste cose al Mago Otelma, ai cartomanti. Ecco il problema. E di fronte a questo, secondo me, la reazione giusta, opportuna, non è quella che vedo che si dà.(Gianfranco Carpeoro, intervento a “Border Nights”, trasmissione web-radio del 28 giugno 2016 condotta da Fabio Frabetti con Paolo Franceschetti, con la partecipazione di Barbara Marchand, Stefania Nicoletti, Ambra Guerrucci e Fabiuccio Maggiore).Umberto Eco, per potersi interessare di simbologia in ambito universitario, ha dovuto cambiarle nome: l’ha dovuta chiamare semiotica, perché sennò il suo corso universitario non si sarebbe mai potuto tenere. L’unica università al mondo che aveva una facoltà di esoterismo era l’Università di Princeton, dove si è sviluppato un tema straordinario, la cosiddetta Gnosi di Princeton, con scienziati che hanno messo in discussione la rigidità della scienza moderna. Però è stata chiusa, ovviamente, per mancanza di fondi. Perché oggi c’è un circuito perverso – tra università e aziende, farmaceutiche e di vario tipo – per cui la ricerca dev’essere assolutamente finalizzata. Quindi, la scienza non ammette che esista la conoscenza. Da che mondo è mondo, le ricerche sull’esoterismo sono state sempre svolte dalle accademie platoniche, non dalle università aristoteliche. Purtroppo, fare ironia su iniziative di studio inerenti l’esoterismo significa ridurre il tutto al livello del Mago Otelma, e questo a chi conviene? A chi conviene che certe cose non si ricerchino e non si approfondiscano? Qualcuno se la faccia, questa domanda.
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Terrore fai da te, il mostro sfugge al suo stesso inventore?
Il terrorismo mondiale negli ultimi 15 anni sembra essersi articolato in tre fasi diverse. La prima fase è stata quella in cui si è voluto creare il nuovo brand internazionale del cosiddetto “terrorismo islamico”. L’evento madre ovviamente è stato l’11 Settembre, il quale a sua volta era stato ottimamente preparato dalla “false flag” del primo attentato alle Torri Gemelle, otto anni prima. Una volta che i media mondiali si sono bevuti la messinscena dell’11 Settembre, è stato universalmente stabilito che il terrorismo islamico esisteva, e da quel giorno tutta la geopolitica mondiale ha cominciato a ruotare intorno a questa nuova realtà, con le invasioni dell’Afghanistan e dell’Iraq a farla ovviamente da protagoniste. Poi è arrivato l’attentato di Londra del 2005, e con questa terza “false flag” clamorosa è stato stabilito non soltanto che il terrorismo islamico esisteva, ma che avrebbe potuto continuare a colpirci in ogni momento, in ogni parte del mondo. Grazie a questo, i vari governi occidentali hanno ottenuto di poter dare numerosi giri di vite ai diritti civili dei propri cittadini. Questo ha portato alla chiusura della prima fase.Nella seconda fase i grandi burattinai del terrorismo mondiale hanno iniziato a godere dei frutti di ciò che avevano seminato. […] Ogni volta che era necessario, negli Stati Uniti arrivava puntuale un comunicato di Bin Laden, inteso a mantenere viva la paura nella popolazione. E quando non c’era un comunicato di Bin Laden, c’era sempre un imbecille pronto a farsi beccare con le mutande piene di esplosivo mentre si imbarcava su un aereo internazionale. Qualunque attentato succedesse nel mondo – ci veniva detto – era sempre fatto da qualcuno che era in qualche modo “collegato ad Al Qaeda”. E così sono passati gli anni, con una popolazione occidentale alla quale veniva regolarmente ricordato che esiste un “pericolo islamico”. Israele ne ha approfittato per far passare sotto silenzio la sua truculenta repressione nella striscia di Gaza. Staterelli minori magari ne approfittavano per regolare dei conti interni, facendo ricadere il tutto sotto la bandiera del terrorismo. Diversi equilibri nelle nazioni africane venivano alterati con la scusa del terrorismo. E poi naturalmente c’è stata l’Isis, che ha raccolto l’eredità di una Al Qaeda ormai logora e senza più credibilità, rilanciando in Occidente la paura dei tagliagole.E così, da un’operazione all’altra, siamo arrivati all’anno funesto 2015, nel quale sono stati perpetrati i due attentati in Francia (Charlie Hebdo e Bataclàn) che hanno stabilito definitivamente che da oggi anche noi europei dobbiamo avere costantemente paura. E gli attentati di Bruxelles hanno fatto da perfetto corollario ai primi due. Ora però questa seconda fase sembra terminata, o meglio, sembra che sia sfuggita di mano ai suoi creatori, per dare luogo ad un’ondata di attentati fai-da-te che diventa sempre più difficile da catalogare all’interno di categorie ben precise. Talmente poco ortodossi sembrano essere questi terroristi dell’ultima ora, che i media si sono affrettati ad inventare un nuovo termine: il terrorista “radicalizzato rapidamente”. Come se il terrorista fosse una specie di bibita liofilizzata contenuta in bustina, nella quale basta versare un po’ d’acqua per “radicalizzarlo” dalla sera alla mattina.In realtà gli ultimi episodi – quello di Nizza, il treno in Germania, e per ultimo la strage di Monaco – mostrano chiaramente che ormai le redini del controllo sono sfuggite a chi questo terrorismo l’aveva inventato, e gli episodi di emulazione – impossibili per loro stessa natura da catalogare – rischiano di diventare la caratteristica predominante di questa terza fase. Una fase in cui chiunque abbia una pistola si disegna in casa una bandiera dell’Isis e poi esce per massacrare la zia che gli ha rotto i coglioni, oppure per fare fuori una scolaresca solo per fnire il giorno dopo sui giornali. In altre parole, come era già successo in passato, gli americani hanno creato il mostro, e ora il mostro gli sta scappando di mano. Ne saranno felici i neocons, storici fautori del caos totale.(Massimo Mazzucco, “Terrorismo, è iniziata la terza fase?”, da “Luogo Comune” del 23 luglio 2016).Il terrorismo mondiale negli ultimi 15 anni sembra essersi articolato in tre fasi diverse. La prima fase è stata quella in cui si è voluto creare il nuovo brand internazionale del cosiddetto “terrorismo islamico”. L’evento madre ovviamente è stato l’11 Settembre, il quale a sua volta era stato ottimamente preparato dalla “false flag” del primo attentato alle Torri Gemelle, otto anni prima. Una volta che i media mondiali si sono bevuti la messinscena dell’11 Settembre, è stato universalmente stabilito che il terrorismo islamico esisteva, e da quel giorno tutta la geopolitica mondiale ha cominciato a ruotare intorno a questa nuova realtà, con le invasioni dell’Afghanistan e dell’Iraq a farla ovviamente da protagoniste. Poi è arrivato l’attentato di Londra del 2005, e con questa terza “false flag” clamorosa è stato stabilito non soltanto che il terrorismo islamico esisteva, ma che avrebbe potuto continuare a colpirci in ogni momento, in ogni parte del mondo. Grazie a questo, i vari governi occidentali hanno ottenuto di poter dare numerosi giri di vite ai diritti civili dei propri cittadini. Questo ha portato alla chiusura della prima fase.
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Craig Roberts: Nizza, una strage in perfetto stile Gladio
La strage di Nizza? Un “lavoretto” in perfetto stile Gladio. Altro che jihadista “impazzito”. Lo sostiene Paul Craig Roberts, eminente analista americano, già viceministro del Tesoro sotto Reagan. I commentatori che hanno imparato a diffidare delle spiegazioni ufficiali, come Peter Koenig e Stephen Lendman, scrive Craig Roberts nel suo blog, hanno sollevato interrogativi circa l’attacco di Nizza. Strano che un “folle” solitario alla guida di un grosso camion possa entrare nelle aree interdette a far strage di francesi assiepati per assistere ai fuochi d’artificio della festa nazionale, l’anniversario della Presa della Bastiglia. «Ancora una volta il presunto autore è morto e convenientemente ci ha lasciato la sua carta d’identità». Come da copione: «Sembra che la conseguenza di tutto ciò in Francia sarà un permanente stato di legge marziale. Questo spegnimento della società potrà inoltre venir applicato alle proteste contro l’abrogazione delle protezioni del lavoro in Francia da parte del burattino capitalistico Hollande. Coloro che protestano per il ritiro dei loro sudati diritti verranno schiacciati sotto il peso della legge marziale».Incredibile notare «quanto conveniente sia stato quell’attacco era per il capitalismo globale, il principale beneficiario della nuova “riforma del lavoro” di Hollande», scrive Craig Roberts in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”, ricordando che le questioni sollevate da Koenig e Lendman richiamano alla mente l’Operazione Stay Behind, in Italia semplicemente Gladio, cioè la “firma” per eccellenza della strategia della tensione prodotta dai servizi segreti a suon di attentati. Gladio, aggiunge Roberts, è il nome in codice di un’operazione segreta della Nato, istituita da Washington dopo la Seconda Guerra Mondiale per paura che l’Armata Rossa potesse invadere l’Europa occidentale. Originariamente, doveva essere un network di guerriglieri da attivare in caso di invasione sovietica. La minaccia che emerse fu invece «la popolarità del partito comunista, in Francia e in particolare in Italia». Washington temeva che i comunisti, alleati di Mosca, avrebbero ottenuto abbastanza voti per andare al governo. « Di conseguenza, Gladio venne rivolta contro i partiti comunisti europei».Craig Roberts attribuisce a Gladio alcune stragi che insanguinarono il Belpaese: «Il servizio di intelligence italiano insieme alla Cia iniziò a far esplodere luoghi pubblici in Italia, come la stazione di Bologna, in cui 285 persone furono uccise, mutilate o ferite». Un operativo di Gladio, Vincenzo Vinciguerra, rivelò per primo l’esistenza di Gladio durante il processo del 1984 per la strage alla stazione di Bologna del 1980. Interrogato, disse: «Esiste in Italia una forza segreta parallela alle forze armate, composta da civili e militari, in chiave anti-sovietica, con il compito di organizzare la resistenza contro l’esercito russo sul suolo italiano. Un’organizzazione segreta, una super-organizzazione con una rete di comunicazione, armi ed esplosivi, e uomini addestrati ad usarle.Una super-organizzazione che, in mancanza di una invasione militare sovietica, che potrebbe non accadere, si è assunta il compito, per conto della Nato, di impedire uno spostamento a sinistra dell’equilibrio politico del paese. Hanno fatto questo, con l’aiuto dei servizi segreti ufficiali e delle forze politiche e militari».Sei anni dopo, nel 1990, l’allora primo ministro Giulio Andreotti ammise ufficialmente l’esistenza di Gladio. Sarebbe stata coordinata dal generale italiano Gerardo Serravalle nella prima metà degli anni ‘70. Secondo “Wikipedia”, testimononi riferiscono che i responsabili della pianificazione e del coordinamento «sono stati i funzionari responsabili delle strutture segrete di Gran Bretagna, Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi e Italia. Tali rappresentanti delle strutture segrete si sono incontrati ogni anno in una delle capitali. Agli incontri “Stay Behind” i rappresentanti della Cia erano sempre presenti». Anni di piombo, in Italia: «Dovevi attaccare i civili, donne, bambini, persone innocenti al di fuori della scena politica, per una semplice ragione: costringere la popolazione italiana a rivolgersi allo Stato, ad essere ricondotta al regime e chiedere maggiore sicurezza. Questa è la logica politica dietro tutti gli attentati: rimangono impuniti perché lo Stato non può condannare se stesso».Gli attentati dell’epoca furono attribuiti a gruppi terroristici comunisti, come le Brigate Rosse in Italia e la banda Baader-Meinhof in Germania, «gruppi che potevano essere reali o coperture inventate ad arte per facilitare il discredito nei confronti dei partiti comunisti europei», scrive Craig Roberts, ricordando che nel 1984 il giudice Felice Casson riaprì un caso vecchio di 12 anni riguardante un’autobomba esplosa a Peteano, in Italia, in cui morirono alcuni carabinieri. «Il giudice ha scoperto che il caso era stato falsificato e che la colpa era stata attribuita alle Brigate Rosse, nonostante si fosse effettivamente trattato del lavoro dei servizi segreti militari, del Servizio Informazioni Difesa (Sid) in collaborazione con Ordine Nuovo, un’organizzazione di destra creata o cooptata da Gladio». Casson fa risalire a Gladio la stessa strage di piazza Fontana a Milano, la “madre” di tutte le “stragi impunite”.« Sulla base delle rivelazioni italiane, i governi di Belgio e Svizzera hanno intrapreso indagini sulle operazioni di Gladio avvenute nella loro giurisdizione. Il governo degli Stati Uniti ha negato ogni partecipazione alle stragi. Tuttavia, le ricerche effettuate del giudice Casson negli archivi del servizio segreto militare italiano hanno portato alla luce le prove dell’esistenza della rete Gladio, e collegamenti con la Nato e gli Stati Uniti». I popoli occidentali, le cui democrazie secondo Craig Roberts «sono degenerate in plutocrazie», vengono convinti che il loro governo «non possa essere capace di uccidere i propri cittadini». E dunque «hanno chiaramente bisogno di conoscere l’Operazione Gladio». Domanda: la struttura Stay Behind è ancora oggi viva e vegeta? «Gli eventi terroristici di oggi vengono attribuiti ai musulmani invece che ai comunisti. E’ possibile che gli attacchi terroristici in Francia e Belgio siano operazioni Gladio?».La strage di Nizza? Un “lavoretto” in perfetto stile Gladio. Altro che jihadista “impazzito”. Lo sostiene Paul Craig Roberts, eminente analista americano, già viceministro del Tesoro sotto Reagan. I commentatori che hanno imparato a diffidare delle spiegazioni ufficiali, come Peter Koenig e Stephen Lendman, scrive Craig Roberts nel suo blog, hanno sollevato interrogativi circa l’attacco di Nizza. Strano che un “folle” solitario alla guida di un grosso camion possa entrare nelle aree interdette a far strage di francesi assiepati per assistere ai fuochi d’artificio della festa nazionale, l’anniversario della Presa della Bastiglia. «Ancora una volta il presunto autore è morto e convenientemente ci ha lasciato la sua carta d’identità». Come da copione: «Sembra che la conseguenza di tutto ciò in Francia sarà un permanente stato di legge marziale. Questo spegnimento della società potrà inoltre venir applicato alle proteste contro l’abrogazione delle protezioni del lavoro in Francia da parte del burattino capitalistico Hollande. Coloro che protestano per il ritiro dei loro sudati diritti verranno schiacciati sotto il peso della legge marziale».
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L’estate del terrore e gli impresari (occulti) della paura
Chissà quali spiegazioni daranno della nuova ennesima strage, quella che si è consumata a Monaco di Baviera. Finora, per le altre stragi, hanno tirato fuori teorie totalmente assurde come la “radicalizzazione accelerata”. Come funziona? C’è un tizio che sino a una settimana fa – letteralmente – si interessava di religione quanto io mi interesso di sci nordico in Giamaica. Improvvisamente quello stesso tizio diventa un fervente islamista radicale, disposto a morire per la fede non prima di falciare decine di persone. Il tutto ci viene detto mantenendo ancora una faccia seria. La spiegazione non può essere quella. Specie quando poi vediamo piloti “depressi” che vengono accusati di aver ammazzato decine di persone nel suicidio aereo (ricordate il caso Germanwings?), o assassini di cui si riferisce che pronuncino sia “Allah u akbar” sia insulti rivolti ai turchi (come a Monaco). Tutto e il contrario di tutto. Il risultato di tutte queste stragi piace a chi ottiene dividendi dall’aumento della paura: tutti devono sentirsi sotto tiro di invasati che possono essere qualsiasi cosa, implacabili come in un videogioco, perché tutti hanno assorbito già dosi di immagini di violenza “normalizzata”, hollywoodiana, onnipresente.I casi di Nizza e di Monaco di Baviera non mi hanno richiamato alla mente la sigla Isis, ma la sigla Gta. Farsi colonizzare dall’immaginario americano predispone a molte dinamiche di quella società, in cui l’imprenditoria della paura conta sempre di più. Il modello americano è fatto di sistemi di sicurezza, giganteschi apparati che ormai hanno la stessa logica espansiva delle metastasi e diventano centri incontrollabili di perturbazione dell’ordine pubblico. Fino a sfruttare ogni disagio ormai sdoganato nella sua manifestazione più cruenta, come negli omicidi di massa nordamericani, e ora europei. L’ingrediente fondamentale del nuovo sistema ’securitario’ sono le “breaking news” con cui i notiziari propongono in apertura un nuovo massacro, per masse che giocavano già con le immagini della violenza e ora, scoprendola più reale, accettano docilmente di sacrificare libertà in nome della sicurezza. Vedere i nostri simili abbattuti come birilli in un giorno festivo e spensierato non dispone a ragionare freddamente, perché l’orrore lascia scampo solo ai riflessi difensivi più primordiali.Un evento di questa portata provoca paura, e la paura si combina subito con l’impronta che i media ci hanno lasciato nella mente negli ultimi quindici anni su tutto ciò che dovremmo temere. Siamo stati esposti a dosi massicce di immagini ed emozioni che le redazioni hanno attentamente selezionato. Per gli attentati sul suolo europeo è stato ritenuto quasi doveroso esplorare e rilanciare ogni dettaglio delle emozioni popolari. Per le stragi più lontane, molto più numerose, frequenti e letali, che hanno provocato una marea di vittime in mezzo a popolazioni musulmane, i media occidentali hanno scelto invece una grande nebbia. Sarebbe stato molto imbarazzante far sapere che gli autori di certe stragi siriane erano ad esempio degli alleati dei servizi occidentali, da loro armati e ribattezzati come “ribelli moderati”. Molti osservatori hanno fatto notare che la manovalanza di svitati pronti a ogni nefandezza reclutati in Europa dalle formazioni jihadiste è composta da migliaia di individui. Migliaia anche nati e cresciuti in Francia. Ma non si tratta solo di loro. Il potere ha maneggiato molta violenza in modo spregiudicato, in questi anni. Essa non può avere effetti neutri. Le sue ombre ritornano e oscurano un’estate. Per ora.(Pino Cabras, “L’estate del terrore”, da “Megachip” del 23 luglio 2016).Chissà quali spiegazioni daranno della nuova ennesima strage, quella che si è consumata a Monaco di Baviera. Finora, per le altre stragi, hanno tirato fuori teorie totalmente assurde come la “radicalizzazione accelerata”. Come funziona? C’è un tizio che sino a una settimana fa – letteralmente – si interessava di religione quanto io mi interesso di sci nordico in Giamaica. Improvvisamente quello stesso tizio diventa un fervente islamista radicale, disposto a morire per la fede non prima di falciare decine di persone. Il tutto ci viene detto mantenendo ancora una faccia seria. La spiegazione non può essere quella. Specie quando poi vediamo piloti “depressi” che vengono accusati di aver ammazzato decine di persone nel suicidio aereo (ricordate il caso Germanwings?), o assassini di cui si riferisce che pronuncino sia “Allah u akbar” sia insulti rivolti ai turchi (come a Monaco). Tutto e il contrario di tutto. Il risultato di tutte queste stragi piace a chi ottiene dividendi dall’aumento della paura: tutti devono sentirsi sotto tiro di invasati che possono essere qualsiasi cosa, implacabili come in un videogioco, perché tutti hanno assorbito già dosi di immagini di violenza “normalizzata”, hollywoodiana, onnipresente.
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Nazi-medicine, la chemioterapia e gli altri 7 farmaci letali
«È ora di prendere la medicina, amore». «Ma mamma, mi fa sentire strano e molto male e non mi fa stare meglio». «Beh, è quello che ha prescritto il dottore, quindi dobbiamo prenderla». Ti hanno mai detto di ascoltare la tua pancia? C’è una ragione per questo. In realtà, più di una. Molti farmaci “occidentali” sono prodotti in laboratorio utilizzando sostanze chimiche, sono altamente sperimentali e, peggio ancora, non sono mai testati sugli esseri umani, se non nel momento stesso in cui vengono loro prescritti, applicati o iniettati. Gli umani sono gli ultimi porcellini d’India in America, mentre Big Pharma intasca trilioni in profitti. Come si è arrivati a questo? La risposta è semplice: dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli scienziati nazisti appena usciti di prigione furono assunti a lavorare su prodotti farmaceutici, vaccini, chemioterapia e additivi chimici alimentari, al fine di alimentare il più insidioso business del pianeta – la medicina allopatica. E non è una teoria complottista. L’orrore dell’Olocausto in Germania è stato portato avanti, su scala ridotta, negli Stati Uniti, per denaro.Pensateci. Non esiste alcuna altra ragione per la quale le aziende farmaceutiche statunitensi dovessero impiegare assassini di massa condannati per occupare le posizioni più alte in Bayer, Basf e Hoechst. Fritz ter Meer, condannato per omicidio di massa, ha scontato solo 5 anni in prigione, dopo i quali è comodamente diventato il presidente del consiglio di sorveglianza della Bayer (sì, quella Bayer che fabbrica i medicinali per bambini nonché la famosa aspirina). Carl Wurster della Basf contribuì a creare il gas Zyklon-B, il potente pesticida utilizzato per giustiziare milioni di ebrei – questo mostro è andato a lavorare sulla chemioterapia, la più grande truffa medica del secolo. Kurt Blome, che partecipò all’uccisione di ebrei tramite “macabri esperimenti”, fu reclutato nel 1951 dalla divisione chimica dell’esercito Usa per lavorare sulla guerra chimica. Capite?In altre parole, i malefici semi di Big Pharma, che la Fda chiama medicina, sono stati piantati inizialmente negli Stati Uniti 65 anni fa. Molti degli “scienziati pazzi” che torturarono esseri umani innocenti durante l’Olocausto sono stati impiegati e promossi dai presidenti americani per spingere con forza la cosiddetta “medicina occidentale”, il cui scopo ultimo è la creazione di malattia e la cura dei suoi sintomi per profitto. Ascoltate bene, amici, perché questi sono gli 8 farmaci più pericolosi sul pianeta Terra. Si chiama “Guerra contro i deboli”.#1. Ssri (Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, ndt) – altamente sperimentali, nessuna prova di sicurezza o efficacia, possono bloccare completamente la serotonina portando a pensieri suicidi e persino ad atti omicidi e suicidi orrendi.#2. Vaccino Mpr (morbillo, parotite, rosolia) – associato ad autismo e ad altri disordini del sistema nervoso centrale e ad una miriade di problemi di salute. Quando il virus vivo del morbillo entra nel corpo, il sistema immunitario è seriamente compromesso, ed altri adiuvanti chimici ed ingredienti geneticamente modificati attaccano l’organismo del bambino causando esiti permanenti e talvolta fatali.#3. Vaccino antinfluenzale – contiene fino a 50.000 parti per miliardo (ppb) di mercurio, oltre a formaldeide, glutammato monosodico (Gms) e alluminio. Può causare interruzioni di gravidanza e aborti spontanei.#4. Antibiotici – distruggono la flora batterica intestinale benefica e quindi indeboliscono gravemente il sistema immunitario. I medici prescrivono antibiotici impropriamente per le infezioni virali peggiorando ulteriormente la situazione!#5. Vaccino anti-Hpv (papillomavirus umano) – noto per mandare le ragazzine in shock anafilattico e coma. Migliaia di famiglie hanno citato in giudizio i produttori per milioni di dollari per danni alla salute cronici e permanenti.#6. Chemioterapia – devasta il sistema immunitario e spesso porta allo sviluppo di nuovi tumori, specialmente del sangue. Gli scienziati nazisti sapevano negli anni ‘50 che la chemioterapia fa regredire solo temporaneamente il cancro, per ripresentarsi con maggior forza in altre parti del corpo! (Anche qui, la medicina occidentale definisce questo un successo).#7. Vaccino antirotavirus “RotaTeq” – il vaccino (orale) estremamente nocivo contiene ceppi virali ivi (G1, G2, G3, G4 e P1), insieme all’altamente tossico polisorbato 80 e siero bovino fetale. Contiene inoltre frammenti di circovirus porcino – un virus che infetta i maiali.#8. Vaccino antipolio (orale e iniettato) – È un fatto nudo e crudo e spaventoso che milioni di americani siano stati inoculati con il cancro contenuto nel vaccino antipolio. Non solo, le versioni orale e nasale del vaccino hanno diffuso la polio in India e lasciato molti bambini paralizzati a vita.Certo, le persone sono paranoiche riguardo alle malattie infettive e per un motivo ben preciso. L’industria medica americana ha esacerbato i peggiori casi registrati, per spaventare a morte tutti quanti affinché si facciano iniettare i loro carcinogeni per “protezione”. Questo è un racket ed è illegale, ma i produttori di vaccini sono immuni alle cause, protetti da un enorme fondo nero e dal loro tribunale segreto. Se voi o vostro figlio venite gravemente danneggiati dai vaccini, non potete citare il produttore del vaccino. Dovrete portare il caso all’Office of Special Masters della U.S. Court of Federal Claims, comunemente definito il segretissimo “Tribunale dei vaccini”. Questo “tribunale” corrotto gestisce un programma di risarcimento senza colpa (sì, avete letto bene), che funziona come tribunale alternativo ai vostri diritti costituzionali. Fu creato fin dal 1986, dopo che le aziende farmaceutiche persero enormi profitti in cause legali di alto profilo dovute a vaccini che avevano causato gravi danni a un certo numero di bambini, i quali ebbero convulsioni e danno cerebrale in seguito al vaccino Dtp (difterite-tetano-pertosse, ndt). Prima ancora di valutare se ingoiare o iniettarvi un’altra volta tossine chimiche chiamate “medicina”, andate almeno da un medico naturopata e scoprite se il vostro problema di salute ha una base alimentare, perché è molto probabile che sia così.(S.D.Welss, “Gli 8 farmaci più pericolosi del pianeta: ne state prendendo qualcuno?”, da “Naturalnews” del 30 giugno 2016, tradotto da Emanuela Lorenzi per “Come Don Chisciotte”).«È ora di prendere la medicina, amore». «Ma mamma, mi fa sentire strano e molto male e non mi fa stare meglio». «Beh, è quello che ha prescritto il dottore, quindi dobbiamo prenderla». Ti hanno mai detto di ascoltare la tua pancia? C’è una ragione per questo. In realtà, più di una. Molti farmaci “occidentali” sono prodotti in laboratorio utilizzando sostanze chimiche, sono altamente sperimentali e, peggio ancora, non sono mai testati sugli esseri umani, se non nel momento stesso in cui vengono loro prescritti, applicati o iniettati. Gli umani sono gli ultimi porcellini d’India in America, mentre Big Pharma intasca trilioni in profitti. Come si è arrivati a questo? La risposta è semplice: dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli scienziati nazisti appena usciti di prigione furono assunti a lavorare su prodotti farmaceutici, vaccini, chemioterapia e additivi chimici alimentari, al fine di alimentare il più insidioso business del pianeta – la medicina allopatica. E non è una teoria complottista. L’orrore dell’Olocausto in Germania è stato portato avanti, su scala ridotta, negli Stati Uniti, per denaro.
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L’auto-golpe del boia Erdogan, ladrone e super-terrorista
“La mente è come un paracadute, non funziona se non si apre” (Frank Zappa). “Siamo gli strumenti e i servi di uomini ricchi dietro le quinte. Siamo le marionette; loro tirano i fili e noi balliamo. I nostri talenti, le nostre capacità e le nostre vite sono tutti la proprietà di altri. Siamo prostitute intellettuali” (John Swinton, direttore del “New York Tribune”, 1880). Partiamo dall’ultima bufala False Flag, quella dell’autogolpe del tiranno turco, destinata a completare, con l’ennesima carneficina di propri sudditi, la serie di autoattentati con cui è riuscito a governare uno Stato di Polizia quasi perfetto. Gli mancava la liquidazione di qualche residuo di esercito, magistratura, informazione, politica (il gruppo Fethullah Gulen) e una dimostrazione ad alleati vagamente perplessi che senza di lui non si va da nessuna parte. E così ha allestito il suo incendio del Reichstag, quello che nel 1933 servì a Hitler per rimuovere comunisti, socialisti e cattolici antifascisti e, nel 2011, con l’11 settembre, alla cupola militar-finanziaria-industriale USraeliana a lanciare la guerra per la loro dittatura mondiale.Lo sibila tra i denti anche lo stesso Gulen che, ovviamente, rintanato negli Usa sotto tutela e controllo di Washington, non c’entra niente. Anche perché quando mai lui, islamista integralista quanto Erdogan, avrebbe potuto/voluto lanciare contro il sultanato una forza militare che, a dispetto delle epurazioni islamizzanti subite negli anni, mantiene una robusta base secolare e nazionalista. Anche perché per una roba del genere i suoi sorveglianti americani non gli avrebbero mai allentato le briglia. Ci possono essere dissapori, tra il maniaco criminale di Ankara e quelli di Washington. Che so, sui curdi, sulla gestione del califfo, su pace o guerra con Mosca o Iran, ma mettere in discussione un pilastro Nato piantato in mezzo a Medioriente e Asia, ai confini della Russia che delenda est, una forza militare che è la seconda dell’Occidente dopo gli Usa, un regime che tiene appesa al gancio del collasso da migrazioni l’Unione Europea, ecchè, vogliamo metterlo in discussione?E allora tutti, da Obama al “Manifesto”, lungo l’intero arco atlantico da destra a sinistra, a inneggiare alla preservazione delle istituzioni, dei diritti civili e del governo democraticamente (sic!) eletto, con qualcuno dal sottofondo che flauteggia l’auspicio che Erdogan si ravveda e non ne combini più delle sue. Non se ne preoccupa più di tanto Tommaso De Francesco, del quotidiano cripto-Nato, ma con etichetta comunista, il quale non fa che inanellare scemenze e insipienze da quando attribuì a Milosevic despotismo e pulizie etniche e in questo caso, con una Turchia chiaramente spaccata a metà tra affascinati dalla Sharìa e resistenti umani, individua un “Erdogan ferito”, ma anche un “popolo turco”, tutto intero, sdraiatosi davanti ai carri armati come a Tien An Men, in difesa del suo presidente, “democraticamente eletto”. Già gli erano svaporati dalle malferme sinapsi i milioni che negli anni si sono ritrovati nelle piazze, da Dyiarbakir a Istanbul, per farsi sparare addosso dagli sgherri del democraticamente eletto.Divertente poi la linea a balzelloni del giornaletto restituito a malavita (lo ha annunciato l’altro giorno) e alla sua cooperativa più che da lettori fedeli, dai paginoni dei compagni di Eni, Enrel, Telecom, Enav, Coop. Come quando con il suo responsabile esteri sentenzia un Erdogan fragile e indebolito dall’emergere di un elemento di contrasto capace di tenerlo sulla corda per ben tre ore di golpe, nientemeno, mentre l’altro redattore si piega alla realtà di un presidente tornato in grande spolvero e ora in grado spazzare via ogni residuo di opposizione. Ma che riunioni di redazione fanno? Torniamo al “golpe”, auto. Quello sul cui fallimento il “Manifesto” e tanta stampa (un po’ meno lo scaltro “Il Fatto”) si azzarda a ricostruire la «centralità del Parlamento e del ruolo fondamentale dei partiti politici nel gioco democratico» (sic!): esattamente, ed è naturale, i termini in cui hanno salutato il salvataggio della democrazia da parte del più turpe energumeno nazista dell’area gli zii della Casa Bianca, del Dipartimento di Stato e del Pentagono e, scendendo molto in basso per li rami, pure Matteo Renzi e – qui ci scappelliamo – l’eurodama Mogherini.Ebbene qualcuno si ricorda dei colpi di Stato effettuati dai militari turchi ogni qualvolta sospettavano che l’eredità nazionale e laica di Ataturk fosse posta a repentaglio da destra o sinistra? E qualcuno gli ha messo a confronto quiell’aborto di colpetto di Stato della notte tra il 15 e il 16 luglio 2016? Hanno occupato la tv di Stato, ma non le tv private, tutte infeudate a Erdogan, non la Cnn turca (braccio mediatico Nato e Usa) dalla quale è difatti ripartito il controgolpe, cioè il colpo di Stato vero, con la trasmissione da smartphone dell’appello di Erdogan al pogrom antimilitare. Non hanno fatto nessuna delle cose che potevano assicurare il successo di una liberazione militare del popolo turco dalla Vergine di Norimberga in cui progressivamente lo ha rinchiuso il suo Torquemada. Non hanno spento i ripetitori delle telecomunicazioni, i cellulari, internet, non hanno ordinato il coprifuoco e proclamato la legge marziale, non hanno occupato i ministeri, appena qualche tank sui ponti sul Bosforo, di grande visibilità e dove sarebbero potuti arrivare in poco tempo e in tanti a “difendere la democrazia”.Non hanno occupato alcuna via di comunicazione strategica nel paese e tra il paese e i vicini, non hanno occupato le prefetture, presidiato i nodi ferroviari, bloccato gli aeroporti (solo per finta quello di Istanbul dove Erdogan è potuto subito arrivare dal suo luogo di vacanze, a Marmaris, che nessuno si è sognato di bombardare o occupare). Nel tempo delle immagini e dei leaderismi che ne scaturiscono non hanno saputo produrre un nome e una figura carismatica di riferimento, non hanno usato i social network. Dilettantismo di quattro sprovveduti, per quanto bene intenzionati, che non hanno neanche ricordato che i colpi di Stato si fanno a notte fonda, prima dell’alba, quando non si corre l’inconveniente di gente sveglia e per strada. E così le Cnn e le tv associate al disegno del despota hanno potuto riprendere strade e piazze con qualche centinaio di persone, emerse da discoteche e trattorie e poi moltiplicati dagli accorsi agli appelli di Erdogan liberamente trasmessi, simulando una rivolta di massa contro i carri.Poi è finito tutto. Salvo per i 300 morti, per ora, i 6000 arrestati, per ora, i 3000 magistrati dimessi e poi incarcerati, la campagna di linciaggi lanciata contro i soldati “traviati”, piazza pulita di tutti i critici e irriverenti, l’immaginabilissima ulteriore stretta sui diritti politici, civili, operai, la continuità del doppio forno antisiriano (alleanza con Isis, finto guerra all’Isis), lo sprofondare del paese in un abisso di regressione politica e culturale. Una Turchia degna dell’ingresso nell’Ue,vero modello avanzato di quanto si ha in mente a Bruxelles, Washington e tra coloro che brandiscono Nato e Ttip, tanto per assicurarci sulla «centralità del Parlamento turco e dei partiti come attori fondamentali del gioco democratico», come titola il foglio cripto-Nato su un pezzo davvero turco di tale Mariano Giustino. Cosa può essere successo?Che gli attentati finalizzati, come in Francia, come ovunque, ad accelerare la marcia verso lo Stato con gli stivali chiodati e a passo dell’oca non erano riusciti a far ingranare la quarta. Che nell’esercito, per quanto epurato, sopravvivevano fermenti laici, nazionalisti, in disaccordo con le catastrofiche imprese esterne e interne di un regime che andava isolandosi da tutti. Che si è lasciato che i portatori di questi fermenti, nei gradi medio-alti, congiurassero, che magari con agenti provocatori li si incoraggiasse, che addirittura gli si facesse balenare un appoggio euro-atlantico, che poi li si inducesse a commettere le ingenuità, gli errori clamorosi che si sono visti, nell’illusione, loro, che si sarebbero tirati dietro popolo e armate.Tutti a sottolineare il silenzio delle cancellerie occidentali, Obama, Merkel, Juncker, May, Hollande e Renzi (per quel che conta), nelle tre ore del golpe, interpretato e biasimato come un barcamenarsi in attesa di sapere chi avrebbe vinto. Balle! Sapevano benissimo chi avrebbe vinto, ma, davanti all’immagine del golem turco insediatasi ormai nella percezione della gente pensante in tutta la sua orripilante identità di padrino del terrorismo jihadista, massacratore del suo e di altri popoli, corrotto ladrone e capo di un clan di malfattori senza scrupoli, conveniva mostrare qualche disponibilità a chi aveva proclamato nel suo comunicato il «ritorno alla democrazia e al rispetto dei dirtti umani e la pace e amicizia con tutti i popoli vicini». Ovviamente anatema per la Nato e per un’Europa che si muove, per ora con mocassini e tacchi a spillo, nella stessa direzione.Pensate se avesse vinto il colpo di Stato. Via i Fratelli Musulmani, quelli tanto cari al “Manifesto”, ormai nettamene minoritari nella regione (Tunisia, Qatar e Turchia). Cioè via la forza sociale, militare e culturale ideata e nutrita dai colonialismi vecchi e nuovi a garanzia dei propri modelli di sviluppo e di sfruttamento, del proprio ordine mondiale. Al suo posto una realtà imprevedibile e incalcolabile, con rigurgiti nazionalisti e statalisti suscettibili di guardare oltre il soffocante perimetro delle alleanze e dipendenze occidentali, sicuramente laica e, dunque, ostica ai processi di decerebramento religioso che servono a neutralizzare nostalgie di autodeterminazione popolare e nazionale. Quelle che hanno animato alla rivolta alcune decine di milioni di egiziani, dopo aver assaporato la medicina dei Fratelli Musulmani e dei loro surrogati terroristici, sotto un presidente eletto “democraticamente” dal 17% della popolazione in un voto boicottato dalla maggioranza, che aveva imposto la sharìa, sparato sui manifestanti, incarcerato gli oppositori, bruciato le chiese cristiane, trasferito tagliagole in Siria e i cui seguaci ora assassinano civili, funzionari e poliziotti in una guerra terroristica che tutti preferiscono nascondere sotto le presunte infamie di Abdelfatah Al Sisi.Avessero vinto in Turchia i militari, ontologicamente fascisti secondo un’aporia di sinistra, a dispetto di dimostrazioni storiche contrarie, ci saremmo giocati «la centralità del Parlamento turco e dei partiti nel loro ruolo di attori fondamentali del gioco democratico», come temeva il “Manifesto” e tutto il cucuzzaro destro-sinistro dell’atlantismo? Chi lo sa. Di sicuro c’è che, come Al Sisi è meglio di Morsi per gli egiziani, gli arabi, il Medioriente, il movimento delle cellule cerebrali dell’essere umano, difficilmente qualcuno di quelli che si sono agitati l’altra notte a Istanbul avrebbe potuto essere peggio di Erdogan, il padrino degli squartatori del popolo iracheno, libico e siriano. Certo che la Nato, John Negroponte, l’Mi6, la Cia, Oxford Analytica e il “manifesto”, a questo qualcuno non avrebbero esitato un attimo a spedigli un Giulio Regeni, poveretto.(Fulvio Grimaldi, “Turchia, fanno tutto da soli e sono capaci di tutto”, da “Mondocane” del 17 luglio 2016).“La mente è come un paracadute, non funziona se non si apre” (Frank Zappa). “Siamo gli strumenti e i servi di uomini ricchi dietro le quinte. Siamo le marionette; loro tirano i fili e noi balliamo. I nostri talenti, le nostre capacità e le nostre vite sono tutti la proprietà di altri. Siamo prostitute intellettuali” (John Swinton, direttore del “New York Tribune”, 1880). Partiamo dall’ultima bufala False Flag, quella dell’autogolpe del tiranno turco, destinata a completare, con l’ennesima carneficina di propri sudditi, la serie di autoattentati con cui è riuscito a governare uno Stato di Polizia quasi perfetto. Gli mancava la liquidazione di qualche residuo di esercito, magistratura, informazione, politica (il gruppo Fethullah Gulen) e una dimostrazione ad alleati vagamente perplessi che senza di lui non si va da nessuna parte. E così ha allestito il suo incendio del Reichstag, quello che nel 1933 servì a Hitler per rimuovere comunisti, socialisti e cattolici antifascisti e, nel 2011, con l’11 settembre, alla cupola militar-finanziaria-industriale USraeliana a lanciare la guerra per la loro dittatura mondiale.
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Magaldi: da Nizza ad Ankara, nessuno vi racconta la verità
Toglietevi dalla testa l’idea che un pazzo solitario abbia compiuto la strage sul lungomare di Nizza, non casualmente programmata il 14 luglio, data simbolo della principale rivoluzione europea attuata dalla massoneria progressista. Di qui l’automatismo che collega il massacro francese alla “risposta” andata in scena poche ore dopo in Turchia, paese amministrato dall’oligarca Erdogan, esponente del vertice internazionale della super-massoneria di destra. E’ la lettura fornita da Gioele Magaldi, massone a sua volta, già gran maestro della loggia romana Monte Sion, poi fondatore del Grande Oriente Democratico e transitato nella superloggia Thomas Paine. A fine 2014, col dirompente saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata” edito da Chiarelettere, Magaldi ha svelato inquietanti retroscena del massimo potere mondiale, spiegando il ruolo di 36 Ur-Lodges (logge madri, a carattere cosmopolita) nella genesi delle principali decisioni politiche, militari, economiche e finanziarie dell’ultimo mezzo secolo: rivoluzioni e colpi di Stato, terrorismo e strategia della tensione, welfare democratico e involuzioni autoritarie, fino all’avvento della globalizzazione a mano armata e della “guerra infinita” inaugurata dalla tragedia dell’11 Settembre.Primo capitolo, la Francia: il paese è chiaramente sotto attacco a partire dalla strage della redazione di Charlie Hebdo, le cui indagini sono state fermate dal governo Hollande con l’apposizione del segreto militare dopo la scoperta, da parte della magistratura parigina, della triangolazione che ha coinvolto la Dgse, cioè i servizi segreti francesi, nella fornitura di armi al commando-killer (armi slovacche, acquistate in Belgio sotto la copertura dell’intelligence). Il grande spauracchio dell’ultimo scorcio si chiama Isis? Si tratta di un paravento, sostiene Magaldi, nonché di una “firma”: Isis è anche il nome della dea egizia Iside, chiamata anche Hathor, e Hathor Pentalpha è il nome della “loggia del sangue e della vendetta” fondata nel 1980 da Bush padre quando fu battuto da Reagan alle primarie repubblicane. A quella cupola di potere, sempre secondo Magaldi, è ascrivibile la regia dell’11 Settembre, con annessa “fabbricazione del nemico”, da Al-Qaeda a Saddam Hussein: della Hathor Pentalpha, scrive Magaldi, hanno fatte parte sia Tony Blair, “l’inventore” delle armi di distruzione di massa irachene, sia Nicolas Sarkozy, il demolitore del regime di Gheddafi. E inoltre lo stesso Erdogan, il massimo padrino dell’Isis.«Da fonti riservate – racconta Magaldi a “Colors Radio” – sapevo con certezza che in Turchia si stesse preparando un golpe: non il maldestro tentativo cui abbiamo appena assistito, facilmente controllato da Erdogan, ma un golpe autentico, programmato per l’autunno». Niente di più facile che il “sultano” l’abbia semplicemente anticipato, in modo farsesco, provando a disinnescare la minaccia. Ma attenzione: «Erdogan sa benissimo che i suoi veri, potenti nemici non sono toccabili: la sua repressione, feroce e molto rumorosa, non li sfiorerà neppure. Nel caso di un golpe a tutti gli effetti, quindi con il coinvolgimento dei massimi vertici dell’esercito, della marina e dell’aviazione, oltre che con la partecipazione degli Usa e di Israele, Erdogan verrebbe liquidato in poche ore, arrestato o ucciso». Cosa manca, al puzzle? Il piatto forte: le elezioni Usa. Solo allora, cioè dopo novembre, è plausibile che il quadro geopolitico possa chiarirsi. A cominciare da Ankara: al di là del chiasso organizzato in queste ore da Erdogan, dice Magaldi, la Turchia non ha ancora deciso “cosa fare da grande”. E soprattutto: come chiudere la pratica Isis, di cui resta la principale azionista.Quanto alla strage di Nizza, si tratta della «ripetizione ormai stanca» di un copione già invecchiato, quello dei tagliatori di teste che hanno seminato il terrore – con sapiente regia hollywoodiana – tra Iraq e Siria. La dominante, oggi, si chiama caos. E nessuno – tantomeno Erdogan – sa esattamente cosa accadrà domani, ovvero: su quale configurazione di forze si baseranno i poteri forti, anche super-massonici, che finora hanno assegnato precisi spazi agli attori sul terreno, da Obama a Putin, dalla Merkel a Erdogan. Sempre secondo Magaldi, il network trasversale della super-massoneria progressista si è impegnato con successo nelle primarie Usa, da un lato lanciando Bernie Sanders per spostare a sinistra la politica della Clinton, e dall’altro utilizzando Donald Trump come cavallo di Troia per eliminare dalla corsa il pericolo numero uno, Jeb Bush, ultimo esemplare della filiera Hathor Pentalpha. Comunque vada a novembre, conclude Magaldi, gli “architetti del terrore” dovrebbero finalmente perdere terreno: la stessa Clinton si starebbe smarcando da certi legami pericolosi con i settori più opachi del potere di Washington, e Trump non sarebbe certo disponibile a coprire azioni di macelleria internazionale come quelle a cui stiamo assistendo.Una grande retromarcia, dopo 15 anni di orrori? Qualche segnale lo stiamo già avendo, dice un altro analista dal solido retroterra massonica come Gianfranco Carpeoro: a inquietare i gestori del massimo potere è proprio la recente “diserzione” di una parte del vertice planetario, non più disposto ad avallare la strategia della tensione (da Bin Laden al Califfato) promossa dall’élite neo-aristocratica, quella che ha cinicamente ideato e gestito l’austerity europea incarnata da Draghi e Merkel. Se cresce il bilancio di sangue, anche in Europa – questa la tesi – è perché il potere oligarchico si sta indebolendo e teme di perdere la sua presa. E’ di ieri lo strappo del Brexit, e la Francia resta sotto tiro anche per via del suo ruolo-cardine in una struttura antidemocratica come l’attuale Unione Europea. I tempi stanno per cambiare? Se sì, a quanto pare, non sarà una passeggiata: è saggio aspettarsi di tutto, in questa fase di incertissima transizione. Certo, dice ancora Magaldi, bisogna tenere gli occhi aperti: è impensabile che la sicurezza francese abbia potuto “dimenticarsi” di quel camion-killer, parcheggiato da giorni sul lungomare di Nizza. E forse il primo a cadere sarà proprio il capo della “democratura” turca: «Erdogan sembra forte, ma in realtà è fragilissimo». Un consiglio? Allacciare le cinture, in attesa delle elezioni Usa.Toglietevi dalla testa l’idea che un pazzo solitario abbia compiuto la strage sul lungomare di Nizza, non casualmente programmata il 14 luglio, data simbolo della principale rivoluzione europea attuata dalla massoneria progressista. Di qui l’automatismo che collega il massacro francese alla “risposta” andata in scena poche ore dopo in Turchia, paese amministrato dall’oligarca Erdogan, esponente del vertice internazionale della super-massoneria di destra. E’ la lettura fornita da Gioele Magaldi, massone a sua volta, già gran maestro della loggia romana Monte Sion, poi fondatore del Grande Oriente Democratico e transitato nella superloggia Thomas Paine. A fine 2014, col dirompente saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata” edito da Chiarelettere, Magaldi ha svelato inquietanti retroscena del massimo potere mondiale, spiegando il ruolo di 36 Ur-Lodges (logge madri, a carattere cosmopolita) nella genesi delle principali decisioni politiche, militari, economiche e finanziarie dell’ultimo mezzo secolo: rivoluzioni e colpi di Stato, terrorismo e strategia della tensione, welfare democratico e involuzioni autoritarie, fino all’avvento della globalizzazione a mano armata e della “guerra infinita” inaugurata dalla tragedia dell’11 Settembre.
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I tedeschi: fuori dall’euro la Germania crolla (e l’Italia vola)
Theo Waigel è stato per dieci anni Ministro delle Finanze di Helmut Kohl. Il 21 giugno scorso ha rilasciato un’intervista a “T-Online”. Questo è un frammento delle sue dichiarazioni. Intervistatore: «I sondaggi sull’uscita dalla Ue mostrano che se si chiedesse ai francesi e ad altri, vincerebbe chi vuole uscire, con uno scarto minimo. Secondo lei da dove viene questa disaffezione per l’Ue?». Theo Waigel: «Al grado di sviluppo della globalizzazione e dei mercati aperti cui siamo arrivati – che non è più reversibile – ci sono forze che si oppongono, sostenendo la necessità di ritornare ai confini e alle regolamentazioni nazionali, che prima funzionavano bene, per tornare ad appropriarsi delle proprie capacità decisionali». E cosa gli si può rispondere? Waigel: «Gli si può rispondere in modo del tutto chiaro quali svantaggi ne scaturirebbero. Se la Germania oggi uscisse dall’unione monetaria, allora avremmo immediatamente, il giorno dopo, un apprezzamento tra il 20% e il 30% del marco tedesco – che tornerebbe nuovamente in circolazione. Chiunque si può immaginare che cosa significherebbe per il nostro export, per il nostro mercato del lavoro, o per il nostro bilancio federale».L’euro conviene alla Germania, ecco perché ci restiamo dentro. Va da sè che se il marco diventasse sconveniente, la lira diventerebbe conveniente per i mercati, per gli investitori e per i consumatori. Queste cose i commentatori nazionali non ve lo dicono. Queste notizie ai telegiornali non passano. Per chi lavora la stampa italiana? Per chi lavora la politica italiana? Per l’Italia o per Berlino? Se lavorasse per gli italiani, interviste come queste sarebbero in prima pagina su tutti i quotidiani, in luogo dello spettro dell’inflazione, e la gente inizierebbe a trarne le conclusioni. In Germania, invece, non si fanno problemi a dirlo con chiarezza. Anche perché hanno interessi opposti. Ci fu anche un pezzo dello “Spiegel Online”, che io riportai puntualmente sul blog, datato 13 giugno 2012 (ben 4 anni fa), che lo disse con altrettanta chiarezza:«Con un’uscita dall’euro e un taglio netto dei debiti la crisi interna italiana finirebbe di colpo. La nostra invece inizierebbe proprio allora. Una gran parte del settore bancario europeo si troverebbe a collassare immediatamente. Il debito pubblico tedesco aumenterebbe massicciamente perché si dovrebbe ricapitalizzare il settore bancario e investire ancora centinaia di miliardi per le perdite dovute al sistema dei pagamenti target 2 intraeuropei. E chi crede che non vi saranno allora dei rifiuti tra i paesi europei, non s’immagina neanche cosa possa accadere durante una crisi economica così profonda. Un’uscita dall’euro da parte dell’Italia danneggerebbe probabilmente molto più noi che non l’Italia stessa e questo indebolisce indubbiamente la posizione della Germania nelle trattative. Non riesco ad immaginarmi che in Germania a parte alcuni professori di economia statali e in pensione qualcuno possa avere un Interesse a un crollo dell’euro».(“Ministro delle finanze tedesco: se uscite dall’euro la Germania crollerà”, dal blog “Byoblu” di Claudio Messora del 9 luglio 2016).Theo Waigel è stato per dieci anni ministro delle finanze di Helmut Kohl. Il 21 giugno scorso ha rilasciato un’intervista a “T-Online”. Questo è un frammento delle sue dichiarazioni. Intervistatore: «I sondaggi sull’uscita dalla Ue mostrano che se si chiedesse ai francesi e ad altri, vincerebbe chi vuole uscire, con uno scarto minimo. Secondo lei da dove viene questa disaffezione per l’Ue?». Theo Waigel: «Al grado di sviluppo della globalizzazione e dei mercati aperti cui siamo arrivati – che non è più reversibile – ci sono forze che si oppongono, sostenendo la necessità di ritornare ai confini e alle regolamentazioni nazionali, che prima funzionavano bene, per tornare ad appropriarsi delle proprie capacità decisionali». E cosa gli si può rispondere? Waigel: «Gli si può rispondere in modo del tutto chiaro quali svantaggi ne scaturirebbero. Se la Germania oggi uscisse dall’unione monetaria, allora avremmo immediatamente, il giorno dopo, un apprezzamento tra il 20% e il 30% del marco tedesco – che tornerebbe nuovamente in circolazione. Chiunque si può immaginare che cosa significherebbe per il nostro export, per il nostro mercato del lavoro, o per il nostro bilancio federale».
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La sinistra europeista che teme il popolo e la democrazia
Uno spettro si aggira per l’Europa: è la democrazia. Dopo il referendum greco, con il quale più del 60% della popolazione di quel paese ha detto no all’austerità imposta dalla Ue e dalla Troika, è arrivata la Brexit, che ha visto una maggioranza meno netta, ma per molti versi più significativa, di cittadini inglesi chiedere il divorzio dalle istituzioni oligarchiche di quell’Europa che impone gli interessi del finanzcapitalismo globale ai propri sudditi. In entrambi i casi non ha funzionato la campagna del terrore orchestrata da partiti di centrosinistra e centrodestra, media, cattedratici, economisti, “uomini di cultura”, esperti di ogni risma, nani e ballerine per convincere gli elettori a chinare la testa ed accettare come legge di natura livelli sempre più osceni di disuguaglianza, tagli a salari, sanità e pensioni, ritorno a tassi di mortalità ottocenteschi per le classi subordinate e via elencando. In entrambi i casi la sconfitta è stata accolta con rabbia e ha indotto l’establishment a riesumare le tesi degli elitisti di fine Ottocento-primo Novecento: su certi temi “complessi”, che solo gli addetti ai lavori capiscono, non bisogna consentire alle masse di esprimere il proprio parere, se si vuole evitare che la democrazia “divori se stessa”. Ovvero: così ci costringete a imporre con la forza il nostro punto di vista.In entrambi casi ciò è infatti esattamente quanto è successo. In Grecia con il ricatto che ha indotto Tsipras a calare le brache e tradire ignominiosamente il verdetto popolare. In Inghilterra con il tentativo di far pagare così cara la Brexit a coloro che l’hanno votata da dissuadere altri a imboccare la stessa strada (non a caso il risultato deludente di Podemos e la marcia indietro di 5 Stelle sull’Europa sono state accolte con soddisfazione: la lezione è servita a qualcosa…). In entrambi i casi le élite hanno dispiegato tutto il loro disprezzo nei confronti dei proletari “sporchi, brutti e cattivi“ che si sono ribellati ai loro diktat. Imitati dalle sinistre: tutte, anche quelle che si proclamano radicali e antagoniste: non si può stare dalla parte degli operai inglesi perché sono egemonizzati dalla destra razzista e xenofoba (qualche idea sul perché ciò sia avvenuto?). I peggiori sono quegli intellettuali post operaisti che ormai sono parte integrante del polo liberal chic che definisce l’essere di sinistra o di destra non in base all’appartenenza e agli interessi di classe, bensì in base all’impegno per i diritti individuali, e affida l’emancipazione sociale a un immaginario “comunismo del capitale”.Ho quindi accolto con piacere un intervento di Bifo che ha rotto il fronte “europeista”, riconoscendo che l‘aspetto dirimente del voto inglese non è il colore ideologico, ma da quali interessi di classe è stato dettato. Credo però che occorra fare altri due passi: 1) chiedersi perché i giovani “creativi” hanno votato in massa Remain; 2) ragionare concretamente sulla forma politica che oggi assume la resistenza proletaria al finanzcapitalismo e alle sue istituzioni oligarchiche. Affrontare il primo punto significa fare i conti con il mito del cognitariato, prendere atto che questo gruppo sociale non ha mai espresso, non esprime, né mai esprimerà una cultura anticapitalista, che il suo strato superiore è parte integrante delle élite e, in quanto tale, è un nemico di classe, mentre lo strato inferiore – che continua a nutrire la speranza in una illusoria mobilità sociale, benché falcidiato da precariato, redditi miserabili, condizioni di vita oscene – potrà prendere coscienza dei propri interessi solo se egemonizzato dalla spinta antagonista che viene da fuori e dal basso.Quanto al secondo punto: se è vero – come è innegabile non appena si guardi a quanto avviene negli Stati Uniti e in tutti i paesi europei – che oggi la lotta di classe assume la forma dell’opposizione alto/basso, dell’odio per le élite politiche ed economiche (que se vayan todos), del rifiuto di ogni forma di delega, che assume cioè una forma populista, occorre decidersi a prenderne atto – perché la teoria e la prassi politica rivoluzionarie sono una cosa sola, sono cioè analisi concreta della situazione concreta – e agire di conseguenza. Il populismo di destra si combatte con il populismo di sinistra, non con le ammoine radical chic. Il che vuol dire lotta per l’egemonia (cioè cambiare il senso di parole come popolo, comunità, sovranità, ecc. trasformandole in armi nella battaglia fra i flussi globali del capitale e i luoghi da cui i flussi estraggono valore), costruire blocco sociale a partire dal basso e non dall’alto delle nuove aristocrazie del lavoro, costruire organismi di democrazia diretta e riaprire la vecchia sfida, tenendo conto che l’unica cosa che oggi produce contro terrore rispetto al terrorismo psicologico delle élite è la democrazia e che, dopo la morte della democrazia rappresentativa, l’unica forma esistente di democrazia è appunto il populismo.(Carlo Formenti, “Brexit, uno spettro si aggira per l’Europa: la democrazia”, da “Micromega” del 28 giugno 2016).Uno spettro si aggira per l’Europa: è la democrazia. Dopo il referendum greco, con il quale più del 60% della popolazione di quel paese ha detto no all’austerità imposta dalla Ue e dalla Troika, è arrivata la Brexit, che ha visto una maggioranza meno netta, ma per molti versi più significativa, di cittadini inglesi chiedere il divorzio dalle istituzioni oligarchiche di quell’Europa che impone gli interessi del finanzcapitalismo globale ai propri sudditi. In entrambi i casi non ha funzionato la campagna del terrore orchestrata da partiti di centrosinistra e centrodestra, media, cattedratici, economisti, “uomini di cultura”, esperti di ogni risma, nani e ballerine per convincere gli elettori a chinare la testa ed accettare come legge di natura livelli sempre più osceni di disuguaglianza, tagli a salari, sanità e pensioni, ritorno a tassi di mortalità ottocenteschi per le classi subordinate e via elencando. In entrambi i casi la sconfitta è stata accolta con rabbia e ha indotto l’establishment a riesumare le tesi degli elitisti di fine Ottocento-primo Novecento: su certi temi “complessi”, che solo gli addetti ai lavori capiscono, non bisogna consentire alle masse di esprimere il proprio parere, se si vuole evitare che la democrazia “divori se stessa”. Ovvero: così ci costringete a imporre con la forza il nostro punto di vista.
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Mai sprecare una bella crisi: ecco cos’hanno in mente
“Draghi vuole un Nuovo Ordine Mondiale che i populisti ameranno odiare”: così “Bloomberg” all’indomani del Brexit. «Mai sprecare una bella crisi, e il Brexit lo è», scrive Maurizio Blondet: «I globalizzatori sono dunque all’attacco: mentre gli europeisti (che sembrano essere la cosca perdente) cercano di cavalcare la crisi per instaurare “più Europa”, Draghi e complici puntano al Nuovo Ordine Mondiale. Ciò sarà venduto al pubblico come “necessario coordinamento fra le banche centrali”, in seguito ad un collasso finanziario globale che è stato già (deliberatamente?) innescato». Per “Bloomberg”, oggi le banche centrali sono ancora «governate da leggi concepite in patria, che richiedono loro di perseguire certi scopi, a volte espliciti, in genere legati all’inflazione e alla disoccupazione». Per di più, «devono rispondere ai legislatori nazionali, eletti». Il che è un guaio per i banchieri globali, commenta Blondet sul suo blog. Ecco perché, ora, «gli obbiettivi a breve termine dovrebbero essere sostituiti dagli obbiettivi globali». E cioè: più recessione e più disoccupazione. «La crisi ci farà cadere dalla padella dell’euro alla brace della moneta globale governata contro gli interessi dei popoli».Brandon Smith, economista e blogger, sostiene che il Brexit sia stato un evento artificiale, per preparare deliberatamente il prossimo collasso, che indurrà tutti – media e i governi – a «implorare il governo unico mondiale». Idea non peregrina, continua Blondet: come se l’uscita del Regno Unito dalla Ue sia stata voluta da Buckingham Palace «per posizionare la City come centrale globale di negoziazione dello yuan». La valuta cinese, infatti, «farà parte del paniere di monete che costituirà la moneta globale digitale, una volta tramontato il dollaro». Pechino s’è affrettata ad esprimere il proposito di collaborare, con la sua Asian Infrastructure Investment Bank (Aiib), con la Banca Mondiale? E’ la prova, per Smith, che «i cinesi non hanno mai avuto l’intenzione di fare di fare della Aiib un contro-Fmi», dato che «i cinesi lavorano con i globalizzatori, non contro di essi». Sta cambiando tutto. Anche per questo, oggi, Tony Blair viene scaricato come criminale di guerra 12 anni dopo l’Iraq. «Allo stesso modo, l’Unione Europea viene abbandonata come un guscio vuoto». Persino Schaeuble dice: se alcuni Stati membri vogliono perseguire le loro politiche al di fuori delle istituzioni europee, che lo facciano pure. «Una Ue ridotta ad accordi fra governi, adesso gli va benissimo».«Se il progetto è quello indicato da Bloomberg – salto nella globalizzazione totalitaria – si capisce anche l’imprevista pugnalata di Draghi al Montepaschi, a cui ha richiesto, ordinato, di liberarsi di 10 miliardi di crediti inesigibili: certo con ciò ha precipitato il fallimento della banca (del Pd), e magari il collasso del sistema bancario italiano, il più fragile, e non può non averlo fatto apposta», scrive Blondet. «Con ciò ha decretato anche la disfatta di Matteo Renzi. Deliberatamente ha pugnalato alla schiena il giovine rottamatore, come già fece con il vecchio Berlusconi». Come Blair, Juncker e Schulz, «simili personaggi non servono più», se l’Ue si sbriciola in favore della globalizzazione definitiva. «Anche Matteo Renzi sarà dato in pasto alle folle inferocite, e ai suoi sicari di partito», con un’Italia precipitata «nel collasso del suo sistema bancario senza un governo funzionante, e magari – il che è lo stesso – con un governo grillino eletto a furor di popolo». “Mai sprecare una bella crisi”. Meglio aggravarla, piuttosto che alleviarla – così sospetta Brandon Smith. «Non a caso Soros continua a dire che sta per arrivare la catastrofe. Non a caso il Fondo Monetario e la Banca dei Regolamenti Internazionali hanno “lanciato l’allarme” prevedendo un crash colossale nel 2016». Previsioni di crisi difficilmente sballate, «perché sono loro che pongono le condizioni perché esplodano».“Draghi vuole un Nuovo Ordine Mondiale che i populisti ameranno odiare”: così “Bloomberg” all’indomani del Brexit. «Mai sprecare una bella crisi, e il Brexit lo è», scrive Maurizio Blondet: «I globalizzatori sono dunque all’attacco: mentre gli europeisti (che sembrano essere la cosca perdente) cercano di cavalcare la crisi per instaurare “più Europa”, Draghi e complici puntano al Nuovo Ordine Mondiale. Ciò sarà venduto al pubblico come “necessario coordinamento fra le banche centrali”, in seguito ad un collasso finanziario globale che è stato già (deliberatamente?) innescato». Per “Bloomberg”, oggi le banche centrali sono ancora «governate da leggi concepite in patria, che richiedono loro di perseguire certi scopi, a volte espliciti, in genere legati all’inflazione e alla disoccupazione». Per di più, «devono rispondere ai legislatori nazionali, eletti». Il che è un guaio per i banchieri globali, commenta Blondet sul suo blog. Ecco perché, ora, «gli obbiettivi a breve termine dovrebbero essere sostituiti dagli obbiettivi globali». E cioè: più recessione e più disoccupazione. «La crisi ci farà cadere dalla padella dell’euro alla brace della moneta globale governata contro gli interessi dei popoli».
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Auto senza conducente, il sogno perfetto di chi ci comanda
Sembra inevitabile, ormai sta per arrivare: l’auto senza guidatore è alle porte. Quando senti che Google ha firmato con Fiat Chrysler un accordo per produrre le prime 100 automobili senza guidatore, capisci che ormai il nostro destino è stato deciso. Fra qualche anno ci troveremo tutti a confrontarci sulle nostre strade con un nuovo tipo di mostro tecnologico: un complicatissimo assemblaggio di sensori, computer e telecamere montato su quattro ruote, che viene verso di noi con la stessa sicurezza con cui viaggia un esperto guidatore con trent’anni di esperienza. E noi ci ritroveremo preoccupati a domandarci: “Lo avrà visto, quel cazzo di affare lì, che ho messo la freccia e voglio girare a sinistra? Oppure viene avanti dritto e mi sfonda la fiancata?”. Uno dei principi essenziali della guida, infatti, è che tu puoi contare sulla tua sicurezza proprio perché nelle altre automobili c’è dentro gente che tiene alla propria pelle quanto tu tieni alla tua.A meno di incontrare qualcuno ubriaco marcio, tu sai bene che l’automobilista che ti viene incontro starà molto attento a non invadere la tua carreggiata, perché nel momento in cui lo fa mette a rischio la propria vita ancora prima della tua. Ma nel momento in cui dentro a quelle automobili ci metti un computer con dei sensori, tutti i tuoi parametri sulla sicurezza – che sono basati sulla previsione del comportamento altrui – vanno a farsi benedire. Come potremo prevedere il comportamento di una automobile senza guidatore, nel momento in cui le sue telecamere dovessero scambiare, ad esempio, il lampo di un fulmine con i fari abbaglianti di un’altra macchina? Oppure se dovessero scambiare la sagoma di un gatto nero fermo sulla strada con un rattoppo sull’asfalto più scuro del normale?Il limite di queste automobili sarà sempre, per definizione, il limite stesso dell’intelligenza artificiale: l’intelligenza artificiale può solo elaborare dati che conosce già in anticipo, e per i quali ha ricevuto delle precise istruzioni in proposito. Ma non potrà mai elaborare dati che sono sono stati già previsti in sede di progettazione. E purtroppo, come tutti sappiamo, le variabili che sono in gioco quando si guida una macchina sono praticamente infinite. Per ora, infatti, i test dell’auto senza conducente vengono condotti in zone sicure, all’interno del perimetro tranquillo e ordinato della sede Google di Mountain View. Lì tutti rispettano gli stop, tutti procedono a velocità controllata, e tutti mantengono la distanza di sicurezza. Persino un cieco, in quelle condizioni, riuscirebbe ad arrivare a destinazione.Provate invece ad immaginare un’auto senza conducente che cerca di attraversare una cittadina come Castellammare di Stabia durante l’ora di punta (chi è di quelle parti sa bene a cosa mi riferisco): procedere all’interno di quel caos metafisico, tenendo conto di tutte le variabili impazzite che si mettono contemporaneamente in movimento, richiede una creatività e una rapidità di riflessi che soltanto l’essere umano possiede. Creatività e rapidità di riflessi che, a loro volta, debbono potersi basare sulla capacità di prevedere il comportamento altrui. Io vedo il tizio davanti a me che di colpo si è fermato in mezzo alla strada, e quindi inizio a frenare prima ancora che lui apra la portiera per fare scendere la suocera. Ma tutto questo, come abbiamo già detto, non sarà applicabile alle auto senza guidatore. I computer non possono prevedere che le suocere vengano scaricate nel bel mezzo della carreggiata.Nel momento in cui inizieremo a vedere questi veicoli che circolano per le nostre strade, quindi, sapremo che il conto alla rovescia sarà iniziato. Presto sarà necessario adeguare il sistema di circolazione a queste automobili, togliendo di mezzo progressivamente i guidatori umani, con tutte le loro “variabili impazzite”. Agli esseri umani che ancora vorranno divertirsi a guidare un’automobile non resterà che recarsi su circuiti appositi, chiusi al resto del pubblico, un po’ come fanno adesso alla domenica gli automobilisti tedeschi, che per divertirsi prendono la loro Volkswagen Passat e vanno a farsi un giretto al vecchio Nurburgring. Pensate che bello, il futuro che ci attende: tutti chiusi dentro le nostre scatoline di latta, che ci portano lentamente e ordinatamente da casa al posto di lavoro, mentre noi possiamo finalmente dedicarci a chattare con gli amici full time, senza più nemmeno staccare gli occhi dallo schermo dello smartphone. Un sogno, per chi ci comanda. Un incubo, per tutto il resto dell’umanità.(Massimo Mazzucco, “Tecnologia senza umanità”, da “Luogo Comune” del 24 maggio 2016).Sembra inevitabile, ormai sta per arrivare: l’auto senza guidatore è alle porte. Quando senti che Google ha firmato con Fiat Chrysler un accordo per produrre le prime 100 automobili senza guidatore, capisci che ormai il nostro destino è stato deciso. Fra qualche anno ci troveremo tutti a confrontarci sulle nostre strade con un nuovo tipo di mostro tecnologico: un complicatissimo assemblaggio di sensori, computer e telecamere montato su quattro ruote, che viene verso di noi con la stessa sicurezza con cui viaggia un esperto guidatore con trent’anni di esperienza. E noi ci ritroveremo preoccupati a domandarci: “Lo avrà visto, quel cazzo di affare lì, che ho messo la freccia e voglio girare a sinistra? Oppure viene avanti dritto e mi sfonda la fiancata?”. Uno dei principi essenziali della guida, infatti, è che tu puoi contare sulla tua sicurezza proprio perché nelle altre automobili c’è dentro gente che tiene alla propria pelle quanto tu tieni alla tua.