Archivio del Tag ‘Germania’
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Aiuti-capestro? Ma i mercati chiedono lavoro, non tagli
Attenti, «la perfidia dei tecnocrati europei sembra non avere fondo». Nei corridoi di Bruxelles trapela infatti la seconda parte del piano Draghi-Merkel. «Vi pareva che si accontentassero di intrappolarci nell’Eurozona per altri 5 o 10 anni senza, fin da subito, spremere sangue concreto?». Paolo Barnard, il primo a denunciare il “golpe” finanziario contro la sovranità economica italiana, suona l’allarme: «Prima di attivare il programma “Smp Bond Purchases” della Bce, quello che può calmare i mercati abbassando i tassi sui nostri titoli di Stato e quindi allontanando la fine dell’agonia, la Germania pretenderà da noi Maiali/Piigs il ricorso al Fondo Salva-Stati (Esfs o Mes) per una prima tranche di prestiti a noi concessi». Nuovo debito, quindi. Ma attenzione: si tratta «di quel tipo di debito mortale che non solo va restituito dissanguando cittadini e aziende, ma comporta la resa nazionale alla schiavitù della micidiale Troika (Ue, Bce, Fmi) che è oggi freneticamente all’opera nella camere di tortura in Grecia».
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Solare, meno incentivi: Monti taglia la green economy
Energia solare scontata? No, grazie. In stagione di spending review, il governo Monti taglia del 30% i contributi per gli impianti fotovoltaici, con decurtazioni per gli operatori fino al 50%. In compenso, è accolta la richiesta delle Regioni: dovranno essere iscritti a un registro solo gli impianti più grandi, superiori ai 20 chilowatt, contro i 12 previsti inizialmente. Confermati anche i bonus per la sostituzione dei tetti di amianto con moduli fotovoltaici fino a 50 kW (oltre all’esenzione dall’obbligo di registro per le strutture di questo tipo) e per gli impianti costruiti con materiali ‘made in Ue’. Sono le nuove regole del Quinto Conto Energia per il fotovoltaico, che scatterà dal prossimo 27 agosto, dopo mesi di attese, polemiche e addirittura proteste pubbliche.
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Draghi sotto accusa: lasci la Bce o la “Setta dei Trenta”
Mario Draghi si dimetta dalla Bce o lasci il “Gruppo dei Trenta”, la super-lobby mondiale che tende a “infiltrare” Stati e governi per condizionare le leggi nazionali ed europee, a cominciare dall’international banking, a favore degli interessi esclusivi della grande finanza. A lanciare l’allarme stavolta è il comitato di sorveglianza dell’Unione Europea, che avrebbe avviato un’indagine – per conflitto di interessi – sul presidente della banca centrale di Francoforte. Draghi, salito alla guida della Bce col sostegno decisivo della Germania, è attualmente impegnato per tentare di “salvare l’euro”. Obiettivo: trasformare di fatto la banca centrale europea in “prestatore di ultima istanza”, in grado cioè di assorbire – acquistando titoli tramite il Mes, il nuovo “meccanismo europeo di stabilità” – il debito sovrano dei paesi come Spagna e Italia, messi in pericolo dalla speculazione internazionale e ormai in balia dei “mercati”, in quanto pericolosamente indeboliti dalla catastrofica perdita della sovranità monetaria e costretti a farsi prestare a caro prezzo la moneta comune.
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Macché debito, è la finanza-ombra che ha rapinato lo Stato
Il 20 luglio la Camera ha approvato il “Patto fiscale”, trattato Ue che impone di ridurre il debito pubblico al 60% del Pil in vent’anni. Comporterà per l’Italia una riduzione del debito di una cinquantina di miliardi l’anno, dal 2013 al 2032. Una cifra mostruosa che lascia aperte due sole possibilità: o il patto non viene rispettato, o condanna il Paese a una generazione di povertà. Approvando senza un minimo di discussione il testo, la maggioranza parlamentare ha però fatto anche di peggio. Ha impresso il sigillo della massima istituzione della democrazia a una interpretazione del tutto errata della crisi iniziata nel 2007, quella della vulgata che vede le sue cause nell’eccesso di spesa dello Stato, soprattutto della spesa sociale. In realtà le cause della crisi sono da ricercarsi nel sistema finanziario, cosa di cui nessuno dubitava sino agli inizi del 2010.
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Mini: tagliamo la spesa militare, serve solo agli Usa
Bilanci in rosso e niente più nemici alle frontiere: perché allora spendere montagne di soldi in armamenti? Se proprio bisogna tagliare la Difesa, lo si può fare in due mosse: creare un modello militare agile, a basso costo, e bloccare ogni nuova fornitura di armamenti. «Quando si parla di 90 aeroplani da qui a dieci anni, significa che si mette in piedi una capacità operativa che non avevamo neanche durante la guerra fredda», dice il generale Fabio Mini, che confessa: «Sono uno di quei militari che dalla tragedia della crisi speravano che almeno prendessero forma e sostanza delle forze armate ridotte, qualificate, ammodernate e soprattutto integrate a livello europeo, in modo che il peso degli interventi si distribuisse in maniera equa tra tutti i membri dell’Unione Europea e della Nato. Cosa che fino adesso non è mai successa perché sia le spese, sia gli interventi, gravano nella Nato soltanto su quattro paesi: Germania, Francia, Inghilterra e Italia».
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Dosi: euro folle, Italia e Spagna respingano il maxi-debito
Spread sopra i 500 punti e curva dei tassi d’interesse che ricomincia ad appiattirsi: i rendimenti dei titoli di Stato a breve durata si avvicinano a quelli a scadenza più lunga, sintomo di alta incertezza sulle prospettive del paese anche nel breve termine. Dopo otto mesi di “cura Monti”, 80 miliardi di manovre solo nel 2011, siamo tornati quasi al punto di partenza: i “mercati” dubitano seriamente della tenuta dell’Italia e della sua capacità di ripagare i prestiti. Secondo l’economista Giovanni Dosi, docente della Scuola Superiore universitaria Sant’Anna di Pisa e collaboratore del premio Nobel Joseph Stiglitz alla Columbia University, il problema è proprio la “terapia” del rigore: dire che l’austerity è condizione necessaria, anche se non sufficiente, per uscire dalla crisi, «a mio parere è assolutamente sbagliato». Come liberarsi dal ricatto del debito? In un solo modo. Italia e Spagna dovrebbero imporsi sulla Germania, “costringendo” la Bce a comportarsi da prestatore di ultima istanza.
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Barnard: se Draghi salva l’euro, firma la nostra condanna
Colpo di scena: la Bce potrebbe improvvisamente finanziare il Mes, il dispositivo salva-Stati creato a Bruxelles, per sostenere all’infinito i debiti sovrani ed evitare il collasso dell’euro, cioè la gallina delle uova d’oro per la grande finanza tedesca e francese. La notizia ha cominciato a circolare dal 26 luglio: a Londra, Mario Draghi ha annunciato che la banca centrale europea aprirà i rubinetti. E il governatore della banca centrale austriaca, Ewald Nowotny, già da giorni aveva dichiarato che si sta discutendo se dare una vera e propria licenza bancaria al Mes, il Fondo salva-Stati destinato a vincolare per sempre la finanza pubblica dell’Eurozona al regime non-democratico instaurato dall’oligarchia tecnocratica di Bruxelles, padrona assoluta dell’economia europea che agonizza in piena crisi, mentre volano i profitti stellari della maxi-speculazione delle banche d’affari.
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Loretta Napoleoni: l’euro crollerà entro la fine dell’anno
Molto probabilmente entro la fine dell’anno vedremo un’implosione dell’euro, o almeno di alcune parti dell’euro. Sicuramente accadrà in Grecia, specie se il Fmi farà quello che è stato detto. Anche perché i greci, non avendo possibilità di stampare moneta, se gli vengono negati gli aiuti economici o dal Fmi o dalla Bce, dovranno necessariamente trovare un mezzo per scambiare i prodotti e quindi dovranno stampare una loro moneta e chiaramente stamperanno la Dracma perché l’euro non lo possono stampare. Certo, si può cambiare, si può fare un euro a due velocità, si possono fare tante cose, però così come è concepita l’idea che in Spagna, in Grecia, Italia, Germania, Finlandia ci sia la stessa moneta non è possibile perché le economie sono diverse.
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Ricattati dai banchieri-gangster, Londra scopre il bottino
Bastonati dallo spread, apprendiamo che esistono i bankster, banchieri-gangster che truccavano il Libor facendo trading. Qualcuno ci piglia per il culo. Dal latinorum all’inglesorum, si allarga lo scandalo delle manipolazioni finanziarie gli operatori coinvolti, 12 quelli individuati, agivano in continenti diversi. I governi se ne accorgono soltanto ora e in Europa pensano di far diventare reato penale il fregare noi piccoli risparmiatori. Bravi. Siamo molto contenti. Intanto la nostra piccola Piazza Affari (la borsa di Milano) scivola a -2,7% mentre lo spread vola oltre i 535 punti. Tradotto, il debito che abbiamo come Italia, invece che scendere per i nostri sacrifici, aumenta per i sempre maggiori interessi che dobbiamo pagarvi. Un po’ come i mutui sulla casa a tasso variabile.
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Salvare l’Europa? Gli Usa: basta tagli, serve più debito
Indovinate chi ha detto questa frase: «L’economia americana stenta a crescere perché la spesa a deficit del governo sta calando significativamente». Esatto, la spesa a deficit: quella dello Stato a favore dei cittadini, a cui l’Europa ha dichiarato guerra. E chi si mette, ora, a difendere il debito pubblico come sacrosanto diritto e motore fondamentale per il salvataggio dell’economia? Magari il fantasma di John Maynard Keynes, il grande economista inglese nemico delle élite, il genio che sognava un’economia pubblica democratica? Sbagliato, dice Paolo Barnard, l’inventore di questo strano indovinello pubblicato sul suo sito il 24 luglio: quella frase “impossibile”, che a Bruxelles e Francoforte varrebbe la fucilazione, l’ha pronunciata nientemeno che Timothy Geithner, il ministro del Tesoro statunitense, nell’annuale conferenza “Delivering Alpha” all’inizio di luglio.
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Ida Magli: come previsto, l’euro è la rovina dell’Europa
«Spero che i pochi amici che abbiamo, che vogliono bene all’Italia, spingano i politici a uscire dall’euro». Problema numero uno, i politici: «Ormai sono un’ombra, degli spettri nel Parlamento». Parola di Ida Magli, autorevole antropologa: una delle poche voci, vent’anni fa, a mettere in guardia gli italiani dal trionfalismo europeista che – col Trattato di Maastricht – pose le condizioni per il “massacro sociale” con cui oggi facciamo i conti: privatizzazione del debito pubblico a vantaggio della finanza speculativa e fine della moneta sovrana, arma fondamentale per gestire le crisi proteggendo i cittadini. Risultato: il debito – storico motore dello sviluppo sociale – ora diventa un incubo, e costringe gli Stati sotto ricatto a svendere i “gioielli di famiglia” alle stesse multinazionali che, attraverso la grande finanza e i suoi emissari – Bce e Commissione Europea – hanno manovrato per scatenare il panico con un obiettivo chiaro: fare man bassa dei beni comuni, ovvero l’ultimo terreno di conquista rimasto, in un’economia ridotta in mutande.
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La Consulta: vietato privatizzare i beni comuni degli italiani
Per una volta occorre usarla, la parola vittoria. Piena, cristallina, senza ombre. Il voto popolare, la decisione presa da 27 milioni di italiani non può più essere ignorata con vere e proprie norme truffa. La Corte costituzionale ieri ha riportato la lancetta del tempo al 13 giugno dello scorso anno, quando nelle piazze italiane i movimenti esultavano di fronte a un risultato straordinario e senza precedenti. Avevamo appena votato quattro quesiti, ma per tutti quell’appuntamento aveva un nome, uno spettro da respingere: privatizzazione. Ovvero la cessione di quello che le stesse multinazionali chiamano “l’essenziale per la vita” alle corporation, che, cariche dei soldi della finanza tossica, erano pronte a superare le Alpi, conquistando Comune dopo Comune il paese.