Archivio del Tag ‘Germania’
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Euro: un referendum contro la fabbrica delle menzogne
Adesso che la potenza mediatica di Grillo spinge il referendum sull’Europa, è solo sperabile che questa giusta proposta non finisca nel tritacarne mediatico e nel teatrino della politica. Noi del “Movimento No Debito” l’abbiamo chiesto da quasi due anni. Una consultazione popolare sui trattati europei c’è già stata nel 1989, abbinata alle europee. Ora sarebbe giusto indire un referendum non tanto sull’euro in quanto tale, ma su quei trattati che, come il Fiscal Compact, ci vincolano alle politiche di austerità. Un referendum come quelli che si sono tenuti in altri paesi europei avrebbe un pregio di fondo: almeno per qualche momento e con un minimo di par condicio romperebbe la barriera di propaganda, chiacchiere e bugie che oggi impediscono ai cittadini italiani di farsi una propria idea su quanto sta davvero accadendo in Europa. Poi si potrebbe affrontare davvero la questione di come rompere la cappa dell’euro, che produce da noi 40.000 disoccupati al mese, centinaia di migliaia in tutta l’Europa del Sud.
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L’Istat annuncia la fine del mondo: 80 anni di austerità
Non è uno scherzo o un tentativo maldestro di mettere in piedi una trama di fantapolitica. Sapevamo che la tragica approvazione, tramite Pd-Pdl, del Fiscal Compact e del pareggio di bilancio in Costituzione avrebbe provocato danni permanenti a questo paese. Danni dei quali non si ha ancora chiara l’effettiva portata. Pensando magari che “la crescita” arriva davvero “risanando” parte dello stato del paese. L’Istat, che non è una casa editrice di fantascienza ma l’istituto nazionale di statistica, mette invece in guardia su quanto sta realmente accadendo in questo paese. Ha infatti pubblicato una simulazione su quanti anni occorrono a due paesi dell’Eurozona, praticando l’austerità, per raggiungere i parametri fissati dal Fiscal Compact e dal pareggio di bilancio in Costituzione, grazie alla guida del Six Pack e del Two Pack, gli accordi tra stati dell’Eurozona che prevedono rigidità di bilancio e sorveglianza ferrea di Bruxelles.
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Chiesa: la Apple ruba e Bruxelles tace, tanto paghiamo noi
Pubblicità fantastiche, la faccia di Steve Jobs presentato quasi come un profeta. Ma ora si scopre che la Apple, quella che con gli i-phone ci ha reso tutti felici, ha evaso negli Stati Uniti 44 miliardi di dollari di tasse. Poi è venuta in Europa e ha ottenuto dal governo irlandese di pagare solo il 2% dei suoi profitti, all’Irlanda e quindi in qualche misura anche a noi europei. In Irlanda si paga il 12,5% di tasse, che è sempre la metà di quello che si paga in Francia e in Germania, e molto meno della metà di quello che si paga in Italia. Bene, la Apple paga solo il 2%. E così è riuscita a sfangare altri 12 miliardi di euro di tasse. Ecco, a proposito del Fiscal Compact: ma la Bce dove stava? Perché è bene che si sappia che lo scandalo della Apple non è stato sollevato dagli europei, dalla Banca Centrale Europea o da Bruxelles. Lo scandalo è stato sollevato negli Stati Uniti, che si sono indignati perché la Apple gli ho portato via 44 miliardi di dollari.
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Elezioni, avviso a Grillo: la crisi impone vere risposte
Il clamoroso scivolone delle amministrative lascerà il segno: il “Movimento 5 Stelle” dimezza i voti delle politiche e non riesce a mandare al ballottaggio nemmeno un candidato. Secondo Marcello Foa, il leader del M5S è stato «bravissimo nell’interpretare il malessere del paese fino al febbraio scorso, ma pessimo nella selezione dei candidati alle politiche». Soprattutto, spicca la «manifesta incapacità di adeguare il linguaggio e la linea politica al dopo-elezioni: ha continuato ad urlare e a insultare come prima, non rendendosi conto che per ampliare il consenso avrebbe dovuto puntare sulla credibilità». La fuga dalle urne, dopo le manovre di palazzo che hanno portato alla rielezione di Giorgio Napolitano al Quirinale e alla nascita del governo delle larghe intese, secondo Peter Gomez dimostra come, ormai, un numero enorme di elettori si riconosca in un celebre aforisma di Mark Twain: «Se votare facesse qualche differenza, non ce lo lascerebbero fare».
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Contro la Merkel, il Movimento 5 Stelle sbarca in Germania
Raramente una forza politica di recente formazione ha raccolto così tanto successo come il “Movimento 5 Stelle” italiano nelle elezioni politiche di febbraio. In men che non si dica il raggruppamento, formatosi intorno al magniloquente comico Beppe Grillo, è riuscito a diventare – grazie alla sua totale opposizione nei confronti di tutti i partiti esistenti – la terza forza in entrambe le Camere del Parlamento. Nessuna meraviglia quindi che i “grillini” appaiano un esempio da seguire: e così nel frattempo si è formato anche in Germania un “Movimento 5 Stelle”. Già nei prossimi giorni dovrebbe essere formato il nuovo partito, afferma Wolfgang van de Rydt, che ha iniziato il progetto insieme ad alcuni compagni di lotta – tra questi molti insegnanti e giornalisti. La propaggine tedesca avrebbe nel frattempo già un forte programma di 25 pagine.
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Grillo teme il peggio: Italia alla fame già quest’autunno
Grillo “scommette” sulla catastrofe dell’Italia? C’è da augurarsi che si sbagli, perché nessuno – neppure il fragile “Movimento 5 Stelle”, appeso agli umori del leader – riuscirebbe a salvarsi dal collasso di un paese allo stremo, se davvero nei prossimi mesi dovesse crollare il nostro sistema economico e sociale, con la chiusura in massa di aziende e licenziamenti a tappeto. Eppure, sostiene Aldo Giannuli, l’intransigenza di Grillo – a partire dalla porta sbattuta in faccia a Bersani – si spiega solo con il fondato timore dell’ex comico: Grillo è davvero convinto che l’autunno 2013 sia la prova generale dell’apocalisse. Una burrasca senza precedenti dal dopoguerra, affrontabile solo con una pattuglia di uomini fidatissimi, agli ordini del comandante supremo. Che non ha voluto fidarsi del Pd, neppure di fronte a offerte clamorose: legge anticorruzione, riforma Rai, abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, reddito di cittadinanza, legge sul conflitto d’interesse e magari anche il nome del presidente della Repubblica.
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Barbari sociopatici: profilo dell’élite che domina il mondo
Dal tunnel della crisi c’è una sola uscita di sicurezza. Non è l’economia, ma qualcosa di ancora più importante: si chiama democrazia. «L’alternativa alla società ordinata dal principio economico è la società ordinata dal principio politico». Quindi, «l’alternativa al capitalismo non è una nuova forma economica, ma una nuova forma politica: l’alternativa al capitalismo è la democrazia». Se infatti il capitalismo è in tilt, è solo dalla democrazia che potrà nascerà la nuova funzione economica: «E’ solo dalla civiltà, dalla civis, che può provenire l’emancipazione dalla barbarie». E’ la conclusione a cui perviene Pierluigi Fagan, esplorando la “fenomenologia dello spirito barbaro” che alimenta il pensiero liberale. Punto di partenza: il carattere antisociale di maxi-criminali finanziari come Bernard Madoff o di uomini super-potenti come Lloyd Blankfein, “ceo” di Goldman Sachs. C’è chi li ritiene casi umani, patologici, affetti da sindrome Adp, ovvero “disturbo antisociale della personalità”.
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Ray Manzarek, l’architetto della leggenda chiamata Doors
“Per tutta la vita non facciamo altro che sudare e risparmiare, in vista di una tomba poco profonda. Dev’esserci qualcos’altro, diciamo, per difendere questo posto”. Sono versi tratti da “The Soft Parade”, te la ricordi Ray? Con un post comparso sulla pagina Facebook dei Doors, è stato dato l’annuncio della scomparsa avvenuta all’età di 74 anni di Ray Manzarek, tastierista e fondatore della mitica band. Manzarek è morto in Germania presso la RoMed Clinic di Rosenheim dopo aver combattuto, con il sostegno della famiglia, una lunga battaglia contro il cancro. “Ingegnere del suono” dei Doors, come amava definirsi, Raymond Daniel Manzarek nasce a Chicago il 12 febbraio 1939, e a sette anni ha la sua prima infatuazione per il pianoforte, strumento con il quale incomincia a esplorare le nere strade del blues, del rock’n’roll e del boogie woogie.
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Monika, figlia di nazisti, riuscì a vendicare Che Guevara
Amburgo, Germania, ore 9.40 del 1° aprile 1971. Una bella donna elegante, dagli occhi azzurri, entra nell’ufficio del console della Bolivia, al quale ha chiesto un incontro qualche giorno prima, e attende pazientemente di essere ricevuta. Quando entra nell’ufficio nel suo abito scuro, il console Roberto Quintanilla Pereira resta folgorato dalla bellezza dell’ospite “australiana”, che nell’attesa sta osservando i quadri appesi alle pareti. La ragazza lo fissa negli occhi, poi estrae un revolver e gli spara. Tre colpi a freddo, tutti a segno. Nessuna resistenza, nessuna lotta. Nella fuga, la donna si lascia alle spalle una parrucca, la sua borsa, la sua Colt Cobra 38 Special. E un foglio, sul quale si legge: “Victoria o muerte. Eln”. Il console a terra privo di vita è l’ex colonnello responsabile, meno di quattro anni prima, dell’ultimo oltraggio a Ernesto “Che” Guevara: gli amputò le mani, dopo averlo fatto fucilare a La Higuera il 9 ottobre 1967.
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Giulietto Chiesa: sono allo sbando, aspettiamoci di tutto
Aspettiamoci di tutto: la crisi sta precipitando e il “governuccio” di Enrico Letta punta solo ad arrivare fino alle elezioni tedesche di settembre, mentre i pm di Palermo vorrebbero convocare Napolitano come testimone al processo sulla trattativa Stato-mafia. E Berlusconi è al governo inseguito dalle condanne: interdizione dai pubblici uffici per quattro anni, che la Boccassini vorrebbe diventasse “perpetua”. Tentazione forte: elezioni anticipate, visto che il Pdl (evaporato il Pd e frenato Grillo) è nuovamente in pole position. Stiamo per vivere un’estate anomala e pericolosa, avverte Giulietto Chiesa, perché i politici di Roma sono allo sbando, obbediscono solo a Bruxelles e ora hanno l’esatta percezione della loro precarietà: tutto potrebbe crollare, con scenari aperti a possibili “colpi di testa”. Prima domanda: «Ma il presidente Napolitano non poteva pensarci prima? Perché questo governo l’ha voluto lui. L’ha voluto in primo luogo lui, l’ha fatto lui». Diceva Mao: spesso i reazionari sollevano i massi sopra la loro testa, e poi se li lasciano cadere sui piedi. «Bisogna vedere dove andrà a cadere questo sasso: sicuramente sui piedi di Napolitano, ma anche sui nostri».
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Vasapollo: fingeranno di allentare la morsa, temono rivolte
Questo governo apparentemente dovrà far vedere che propone la realizzazione anche di politiche sociali perché la gente non ce la fa più, ormai non c’è speranza di futuro per i giovani; non si parla di precarietà del lavoro, è precarietà della vita. Per non parlare di come vivono gli immigrati nel nostro paese, in condizioni disagiate, di miseria e repressione. Ormai disoccupazione e precarietà sono questioni che toccano drammaticamente persone adulte e non solo i giovani. Si parla di suicidi e di atti di follia, ma la gente non diventa improvvisamente pazza; ci si ritrova a 50 anni con due o tre figli senza sapere cosa dargli da mangiare, come pagare l’affitto o il mutuo della casa, una vita da buttare senza un futuro, perché riproporsi sul mondo del lavoro dopo un licenziamento a quell’età è di una difficoltà incredibile.
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Barnard: crimini di guerra, Bruxelles uccide come la Nato
Se lo faceva la Nato almeno erano più chiari. Ho scritto che la distruzione del sud Europa da parte del piano cosiddetto ‘Economicidio Eurozona’ voluto soprattutto dalla Germania, per il profitto delle sue industrie e della finanza internazionale, è a tutti gli effetti una guerra d’aggressione. Ho scritto che il tribunale di Norimberga stabilì che la guerra d’aggressione sarà il crimine supremo per sempre. Quindi i responsabili di questo crimine andrebbero processati e impiccati. Ho da tempo fatto tutti i nomi. Ora una cosa. La Nato da oltre 20 anni si è specializzata in una cosa: bombardare con motivi pretestuosi un paese di sfigati, distruggerlo, e poi mandarci le aziende degli stessi fabbricanti delle bombe a far profitti per ricostruirlo (es: Serbia, Kosovo, Iraq, Afghanistan). Notate che lo stesso ha fatto la Troika di Fondo Monetario, Commissione Ue e Bce.