Archivio del Tag ‘George W. Bush’
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Michael Hudson: soldi, lo sporco affare dietro al caso Skripal
Chiunque abbia visto i film di James Bond sa che 007 può uccidere i propri nemici. E gli Stati Uniti ammazzano gente da anni, vedasi Allende e le decine di migliaia di leader sindacali e professori universitari. L’amministrazione Obama ha preso di mira paesi stranieri persino per i propri attacchi di droni, sminuendo le vittime civili come danno collaterale. Nessun paese straniero ha interrotto le proprie relazioni con Gran Bretagna, Stati Uniti, Israele o qualsiasi altro paese che usa l’assassinio mirato come scelta politica. Questa pretesa, senza alcuna prova, che la Russia abbia ucciso qualcuno è dunque irricevibile. La domanda quindi è: perché stanno facendo questo? Perché stanno imponendo sanzioni e montando una gran campagna pubblicitaria? Per avere la risposta, facciamo un passo indietro ed analizziamo meglio questa reazione, che sembra così fuori dell’ordinario per britannici, americani e Nato. Per i neofiti, le sanzioni fanno parte di un gioco diplomatico progettato per contrastare i guadagni russi. Quando Stati Uniti e Gran Bretagna hanno imposto le proprie sanzioni bancarie, hanno giustificato la cosa dicendo che quella era un atto dimostrativo: se voi russi pensate di poter fare dei profitti, vi faremo perdere ancor più di quanto potreste guadagnare.Bisognerebbe capire quale beneficio dia alla Russia uccidere un’ex spia del governo britannico, restituita all’Occidente in uno scambio di spie e che, a quanto si dice, voleva tornare in Russia. Ovviamente non ce n’è alcuno. Le sanzioni sono pertanto indipendenti da questo evento. La legge occidentale peraltro si basa sulla presunzione di innocenza e sulla certezza delle prove. Non dovrebbe essere dato alcun giudizio senza l’ausilio delle prove. Altrimenti ci si basa su dicerie. Il secondo principio della legge occidentale è che ambo le parti possano presentare la propria versione. Nell’affare Skripal la Russia non può farlo, non essendole stati dati campioni del veleno che potrebbero scagionarla. Non è stato nemmeno concesso loro di vedere Skripal, sebbene sia un cittadino russo, o sua figlia, che ora è sveglia e in via di guarigione. Gli inglesi neanche permetteranno ai suoi parenti di venire in Gran Bretagna. La reazione è così sproporzionata che è ovvio non ci sia una relazione logica. Questo è un doppio standard bello e buono. Penso dunque che invece di una rappresaglia ci sia una strategia predeterminata antirussa, ed un tentativo di isolarne l’economia.La domanda è: perché sta succedendo? E quali sono igli obiettivi ultimi? In un primo momento, pensavo fosse la vendetta per il fallito tentativo americano di usare Isis ed Al-Qaeda come legione straniera per sostituire Assad. O forse è una scusa per appropriarsi del suo petrolio? O la frustrazione per la scelta della Crimea di unirsi alla Russia? Quel che è certo è che sembra ci sia una guerra fredda economica che si sta intensificando. Il risultato è che Russia, Cina e Iran si stanno avvicinando. Quel che abbiamo è dunque una minaccia di isolare la Russia se non fa certe cose. E quindi per risolvere l’affare Skripal bisogna chiedersi: quali sono queste cose che Stati Uniti e Gran Bretagna vogliono? Beh, una è che la Russia spinga la Corea del Nord a smantellare il proprio programma nucleare, cosa che, come è normale che sia, avverrà solo se l’esercito Usa lascerà la penisola. Un altro obiettivo di Washington è che Mosca se ne vada dalla Siria. Trump ha dichiarato la settimana scorsa di volersi ritirare dalla Siria. La domanda però è: se l’America se ne va, cosa farà Mosca? Queste sanzioni sono un segnale: avete visto cosa possiamo fare per ferirvi, vi lasceremo stare se ve ne andrete dalla Siria. Un altro obiettivo è forse quello di far desistere la Russia dall’aiutare l’Ucraina orientale.Gli Stati Uniti, quando vogliono isolare un paese, di solito lo accusano di guerra chimica. Basti pensare a quando Bush disse che l’Iraq aveva armi chimiche di distruzione di massa. Sappiamo che era una bugia. Oppure ad Obama quando disse che Russia ed Assad stavano usando armi chimiche in Siria. Penso dunque che quando dicono che la Russia o Assad o l’Iraq stanno usando armi, questo sia un modo per generare paura, di modo che l’esercito possa venir dispiegato. Trump ha ripetuto ciò che ha detto quando era candidato alla presidenza. Vuole che i paesi europei paghino di più i costi militari della Nato. Lo va dicendo da più di un anno. E penso che sia questa il vero nocciolo dell’affaire Skripal. Usando una cosa abietta come le armi chimiche, si vuole creare un’isteria anti-russa che consenta ai governi Nato di raccogliere molto più budget militare di quanto non facciano ora dagli Stati Uniti. Costringerà tutti i loro paesi a pagare il 2% del proprio Pil al complesso militar-industriale americano. Quindi, in sostanza, l’affare Skripal è stato messo in piedi per spaventare le popolazioni e consentire alla Nato di aumentare le spese militari nell’industria della difesa Usa.Le popolazioni diranno: aspettate un attimo, i bilanci europei non possono monetizzare un deficit di bilancio; se raccogliamo più spese militari per la Nato allora dovremmo ridurre le nostre spese in welfare. Il caso Skripal è dunque una scusa per cercare di addolcire il popolo europeo, di spaventarlo dicendo “sì, è meglio che paghiamo per le pistole, possiamo fare a meno delle cose importanti”. È la stessa situazione in cui erano gli Stati Uniti negli anni ’60, ai tempi della guerra del Vietnam. Queste accuse credo servano anche per comminare sanzioni che interrompano il commercio occidentale con Russia e Cina, impedendo a compagnie assicurative come la Lloyd’s di assicurare spedizioni e trasporti. Le banche direbbero che non daranno più questi servizi a Russia. E la sanzione parallela sarebbe quella di bloccare le banche statunitensi. Dal ’91, anno in cui l’Unione Sovietica è stata sciolta, il deflusso di capitali verso l’Occidente è stato di circa 25 miliardi di dollari l’anno. Ciò significa un quarto di trilione di dollari in un decennio e mezzo trilione di dollari in 20 anni. Il deflusso è continuato fino a poco tempo fa al ritmo di 25 miliardi all’anno. Proprio nelle ultime due settimane avete letto sui giornali il chiasso sulle banche lettoni, “veicoli per il riciclaggio di denaro russo”… come se l’Occidente fosse veramente sorpreso. È il motivo esatto per cui le banche lettoni sono state istituite!Già prima della caduta dell’Unione Sovietica, nell’88 ed ’89, Grigory Luchansky, che lavorava per l’Università della Lettonia a Riga, fu il vettore che diede vita al Nordex come modo per il Kgb e l’esercito russo di spostare i propri soldi fuori del paese. Miliardi di dollari all’anno hanno attraversato le varie banche lettoni negli ultimi 25 anni. La loro attività principale è stata quella di ricevere i depositi russi, per poi trasferirli in Occidente nelle banche britanniche o nelle corporations del Delaware. Sono stato per un certo periodo direttore di ricerca e professore di economia per la facoltà di legge di Riga – circa sei o sette anni fa – per cui ho avuto regolarmente a che fare col governo lettone, col primo ministro e coi regolatori delle banche. Tutti mi hanno spiegato che il precipuo scopo delle banche lettoni era quello di incoraggiare i deflussi di capitali della Russia verso l’Occidente. Dal punto di vista americano, questo era un modo per prosciugare il nemico. L’idea era quella di spingere la privatizzazione neoliberista su servizi pubblici, risorse naturali e proprietà immobiliari russi. Si diceva: «Prima di tutto, privatizzate beni pubblici come Norilsk Nickel e compagnie petrolifere come Khodorkovsky. Ora che le avete in mano, l’unico modo per guadagnare denaro, dato che non ci sono soldi rimasti in Russia, è venderli all’Occidente».E così, in pratica, hanno svenduto queste aziende accumulando enormi capitali, tramite falsa fatturazione delle esportazioni, spostando il denaro principalmente nelle banche britanniche. È per questo che si vedono i cleptocrati russi acquistare proprietà molto cospicue a Londra e rilanciare sul prezzo del patrimonio immobiliare londinese. Ora tutto questo ha tremendamente prosciugato la Russia, che ora minaccia di confiscare i beni dei cleptocrati. Questi ultimi adesso sono spaventati e stanno riportando i propri soldi in patria, lontano dall’Inghilterra, dagli Stati Uniti, dalle corporation del Delaware, dalle Isole Cayman o da dovunque li abbiano messi. Questo mentre ci sono sanzioni contro quelle banche americane che prestano soldi alla Russia. Si assiste dunque a questo immenso afflusso di dollari e sterline verso Mosca, che ora li sta usando per costruire le proprie riserve di oro. Nel tentativo di far male alla Russia, minacciandone gli oligarchi, in realtà si sta fermando l’esodo di capitali, e ciò sta avvenendo come conseguenza delle privatizzazioni.(Michael Hudson, dichiarazioni rilasciate a Michael Palmieri per l’intervista “Il retroscena economico dietro all’avvelenamento di Skripal”, pubblicata da “Counterpunch” il 6 aprile 2018 e tradotta da Hmg per “Come Don Chisciotte”. Eminente economista, professore emerito all’università del Missouri-Kansas City, il professor Hudson è stato analista finanziario e consulente finanziario a Wall Street. Tuttora presidente dell’Istituto per lo Studio delle Tendenze Economiche di Lungo Termine, nel 2012 ha partecipato al primo summit italiano sulla Mmt, Modern Money Theory, promosso a Rimini da Paolo Barnard).Chiunque abbia visto i film di James Bond sa che 007 può uccidere i propri nemici. E gli Stati Uniti ammazzano gente da anni, vedasi Allende e le decine di migliaia di leader sindacali e professori universitari. L’amministrazione Obama ha preso di mira paesi stranieri persino per i propri attacchi di droni, sminuendo le vittime civili come danno collaterale. Nessun paese straniero ha interrotto le proprie relazioni con Gran Bretagna, Stati Uniti, Israele o qualsiasi altro paese che usa l’assassinio mirato come scelta politica. Questa pretesa, senza alcuna prova, che la Russia abbia ucciso qualcuno è dunque irricevibile. La domanda quindi è: perché stanno facendo questo? Perché stanno imponendo sanzioni e montando una gran campagna pubblicitaria? Per avere la risposta, facciamo un passo indietro ed analizziamo meglio questa reazione, che sembra così fuori dell’ordinario per britannici, americani e Nato. Per i neofiti, le sanzioni fanno parte di un gioco diplomatico progettato per contrastare i guadagni russi. Quando Stati Uniti e Gran Bretagna hanno imposto le proprie sanzioni bancarie, hanno giustificato la cosa dicendo che quella era un atto dimostrativo: se voi russi pensate di poter fare dei profitti, vi faremo perdere ancor più di quanto potreste guadagnare.
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Questi complottisti a orologeria, che poi votano la Casellati
«Complottisti a orologeria: pensano che la passi sempre liscia, chi opera nell’ombra a spese degli altri. Ma l’arresto di Sarkozy li smentisce nel modo più clamoroso». Un pensiero in controluce, quello che Gianfranco Carpeoro offre all’idomani della caduta dell’ex capo dell’Eliseo: «Un evento che, lo ammetto, mi ha fatto veramente godere», confida il saggista e simbologo, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”: «Sarkozy è un politico pessimo, il peggior esempio di voltagabbana: ha chiesto soldi a Gheddafi e poi lo ha fatto assassinare, ha bombardato la Libia senza l’ok dell’Onu e inoltre ha fatto parte della “Hathor Pentalpha”, superloggia implicata nel terrorismo, a cominciare dal maxi-attentato dell’11 Settembre». Eppure, lo scudo della “Hathor” (fondata dai Bush) non è valso a proteggerlo. «Prendano nota, certi cospirazionisti nostrani che ragionano da orologiai: nel mondo, persino in quello dorato di Sarkozy, c’è anche l’imprevisto, la rovina». Il che non significa che, spesso, il complottismo non abbia ragione: «Un uomo come Eugenio Cefis, il capo dell’Eni dopo Mattei, è morto serenamente nel suo letto, a Montecarlo. In tanti la fanno franca, a quei livelli, dopo aver gestito il massimo potere. Poi però ci sono anche quelli come Licio Gelli, che è pur sempre stato arrestato (in Svizzera) e a cui è stata confiscata la casa, lingotti d’oro compresi».In altre parole: esistono, eccome, le grandi piramidi di potere – ma non garantiscono sempre l’impunità. Vale per Sarkozy, ma anche per Gelli, «che pure era legatissimo al generale Giuseppe Santovito, capo supremo dei servizi segreti italiani», all’epoca della strategia della tensione. Spesso il complotto esiste, ma se i complottisti prendono lucciole per lanterne – sostiene Carpeoro – i veri autori della cospirazione restano al sicuro, lontano dai riflettori. «Per esempio: nessuno ha mai meditato sul nome della P2, dove l’iniziale sta per “propaganda”. Discende da un intento iniziale, originario, della massoneria: dare lustro all’associazione, raggruppando in una loggia i “fratelli” particolarmente benemeriti, da esibire: grandi scienziati, intellettuali, banchieri, sindacalisti (come Luciano Lama, che era massone)». Ma le cose poi non sono andate secondo i piani: e nei guai è finita la P2, una loggia coperta. «Che senso ha chiamare “propaganda” una cellula segreta? E perché contrassegnarla col numero 2?». Carpeoro s’è dato la seguente risposta: «C’era già allora un’entità supeirore – la Loggia P1 – e il suo capo era proprio Cefis». Esiste ancora, la P1? «Certo, e gestisce i piani alti del potere. Lo fa in modo indisturbato: tanti complottisti stanno ancora a parlare della P2, mentre la magistratura ormai dà la caccia alla P6. Ecco perché la P1 resta dov’è, senza che nessuno la disturbi».Un errore ottico frequente, sempre lo stesso: puntare il bersaglio apparente, mancando quello giusto. Si ripercuote ovunque, anche in politica, dove al posto di Paolo Romani viene eletta presidente del Senato – coi voti dei grillini, per motivi tattici – una personalità come quella di Maria Elisabetta Alberti Casellati, anche lei di Forza Italia, vicinissima al Cavaliere. «I 5 Stelle hanno bocciato la candidatura di Romani per una vecchia storia di poco conto: permise alla figlia di usare il suo telefono, a spese dello Stato. Ma un’altra figlia – quella della Casellati – fu piazzata dalla madre in un ministero», ricorda Carpeoro. All’epoca, aggiunge, i grillini protestarono: assunzione fatta senza un concorso e senza che la candidata avesse i titoli necessari. «Ora invece i 5 Stelle tacciono: perché?». Attenzione: «Prima ancora del giudizio del tribunale, Romani provvide a pagare il conto delle chiamate della figlia», ammettendo la colpa e risarcendo lo Stato. «Dunque, cari grillini, cos’è più grave: qualche telefonata a Copenaghen o lo stipendio che ogni mese paghiamo tuttora alla figlia della neopresidente del Senato?».«Complottisti a orologeria: pensano che la passi sempre liscia, chi opera nell’ombra a spese degli altri. Ma l’arresto di Sarkozy li smentisce nel modo più clamoroso». Un pensiero in controluce, quello che Gianfranco Carpeoro offre all’indomani della caduta dell’ex capo dell’Eliseo: «Un evento che, lo ammetto, mi ha fatto veramente godere», confida il saggista e simbologo, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”: «Sarkozy è un politico pessimo, il peggior esempio di voltagabbana: ha chiesto soldi a Gheddafi e poi lo ha fatto assassinare, ha bombardato la Libia senza l’ok dell’Onu e inoltre ha fatto parte della “Hathor Pentalpha”, superloggia implicata nel terrorismo, a cominciare dal maxi-attentato dell’11 Settembre». Eppure, lo scudo della “Hathor” (fondata dai Bush) non è valso a proteggerlo. «Prendano nota, certi cospirazionisti nostrani che ragionano da orologiai: nel mondo, persino in quello dorato di Sarkozy, c’è anche l’imprevisto, la rovina». Il che non significa che, spesso, il complottismo non abbia ragione: «Un uomo come Eugenio Cefis, il capo dell’Eni dopo Mattei, è morto serenamente nel suo letto, a Montecarlo. In tanti la fanno franca, a quei livelli, dopo aver gestito il massimo potere. Poi però ci sono anche quelli come Licio Gelli, che è pur sempre stato arrestato (in Svizzera) e a cui è stata confiscata la casa, lingotti d’oro compresi».
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Sarkozy e la Hathor Pentalpha, superloggia del terrorismo
La lapidazione pubblica di un politico di rango non ha mai un’unica paternità: di solito sono tante le nubi che, a un certo punto, si trasformano in tempesta. E per un ex presidente della Francia, cioè di una delle cinque potenze atomiche con diritto di veto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il solo fatto di essere trattenuto in stato di fermo in una stazione di polizia, alla stregua di un criminale comune, costituisce l’atto d’inizio – il più eclatante – di una vera e propria demolizione a reti unificate. I giornali parlano di vendetta a distanza da parte degli ex fedelissimi di Gheddafi: prima di essere assassinato “su ordine dei servizi francesi”, il raiss di Tripoli avrebbe finanziato sottobanco, in modo cospicuo, la campagna elettorale di Sarkozy per le presidenziali del 2007 (in cambio di cosa?). Gli italiani ricordano ancora l’irridente impudenza con cui l’allora capo dell’Eliseo, insieme ad Angela Merkel, seppellì in mondovisione il moribondo Berlusconi, incalzato da mille inchieste e travolto dallo scandalo delle “olgettine”. Un sinistro preludio, per l’Italia, all’austerity di lì a poco imposta con il diktat della Bce firmato Draghi e Trichet, corroborato dal crollo delle azioni Mediaset e dall’esplosione pilotata dallo spread. «Gli italiani sono dei bambinoni deficienti, non si sono nemmeno accorti che siamo stati noi a inviargli il “fratello” Mario Monti, il nostro uomo», con l’incarico di sabotare l’economia del Belpaese, precipitandolo nel baratro della crisi: legge Fornero, pareggio di bilancio in Costituzione.Lo dicono, nell’appendice del bestseller “Massoni” (edito da Chiarelettere a fine 2014), quattro pesi massimi della supermassoneria internazionale, protetti dall’anonimato ma «pronti a manifestarsi, nel caso qualcuno ne contestasse le affermazioni». Non ce n’è stato bisogno: Monti, Napolitano e gli altri si sono ben guardati dal chiedere all’autore del saggio, Gioele Magaldi, di rendere pubblica l’identità di quei quattro “vecchi saggi” del massimo potere in vena di rivelazioni. Accanto a un mediorientale e a un asiatico, a parlare sono uno statunitense (che ricorda da vicino lo stratega Zbigniew Brzezinski, da poco scomparso) e un francese, il cui identikit di eminenza grigia potrebbe benissimo corrispondere a quello di Jacques Attali, già plenipotenziario di Mitterrand e poi “padrino” e king-maker di Emmanuel Macron. La tesi del libro, assolutamente dirompente, è stata oscurata dai media mainstream: da decenni, il mondo sarebbe nelle mani di 36 Ur-Lodges, potentissime superlogge massoniche sovranazionali. Dopo l’iniziale dominio delle organizzazioni di ispirazione progressista, dall’era Roosevelt fino ai Kennedy, il potere sarebbe passato all’ala neo-conservatrice (Kissinger, Rockefeller, Rothschild) dopo il duplice omicidio di Bob Kennedy e del “fratello” Martin Luther King.A seguire: una guerra segreta senza risparmio di colpi – da un lato il Cile del massone Pinochet e la Grecia dei colonnelli, ma anche i ripetuti tentativi di golpe in Italia con la complicità della P2 di Gelli, e dall’altro la Rivoluzione dei Garofani in Portogallo scattata non a caso il 25 aprile (del ‘74). Poi, lo sciagurato patto “United Freemanson for Globalization” per spartirsi la torta mondiale sdoganando il neoliberismo. Con in più una scheggia impazzita: la Ur-Lodge “Hathor Pentalpha”, nella quale – secondo Magaldi – figura anche il nome di Sarkozy, accanto a quelli del turco Erdogan, protagonista degli odierni orrori in Medio Oriente, e del britannico Tony Blair, l’indimenticato inventore delle inesistenti “armi di distruzone di massa” di Saddam Hussein, ovvero “la madre di tutte le fake news”. Saddam e la guerra in Iraq, cioè Bush junior, dopo la prima Guerra del Golfo scatenata da Bush senior. Il Rubicone è stato varcato con l’opaco, devastante maxi-attentato dell’11 Settembre (e la conseguente invasione dell’Afghanistan, seguita dalle guerre in Iraq e in Libia, dalla “primavera araba”, dall’atroce conflitto in Siria).Terrorismo “false flag”, sotto falsa bandiera – da Al-Qaeda all’Isis – secondo un copione basato sulla più accurata disinformazione, fotografato alla perfezione dall’immagine di Colin Powell che, alle Nazioni Unite, agita una prova falsa come la celebre “fialetta di antrace” per raccontare che il regime di Baghdad sarebbe pronto a sterminare l’umanità. Non fu solo una drammatica sterzata politica imposta dai “neocon” Usa, sostiene Magaldi: la strategia della tensione internazionale, che produce guerre in Medio Oriente e leggi speciali negli Usa e in Europa per rispondere agli attentati “islamici”, corrisponde alla sanguinosa strategia della “Hathor Pentalpha”, la «loggia del sangue e della vendetta» creata da Bush (padre) dopo la bruciante sconfitta alle primarie repubblicane inflittagli nel 1980 da Ronald Reagan. In questo modo, Magaldi spiega anche i due attentati simmetrici che seguirono, nel 1981: qualcuno sparò a Reagan il 30 marzo, e – per rappresaglia – i sostenitori occulti di Reagan armarono la mano di Ali Agca, che il 13 maggio sparò a Papa Wojtyla, eletto al soglio pontificio con il determinante appoggio di Brzezinski, allora vicino a Bush. Due minacciosi avvertimenti, con firme opposte ma identico stile: né a Washington né a Roma si sparò per uccidere.Fantapolitica? Ne ha tutta l’aria: a patto di rassegnarsi all’idea che sia proprio la geopolitica a esser diventata “fanta”, rendendo possibile l’impensabile. «Dispongo di 6.000 pagine di documenti che comprovano quanto affermato nel mio libro», ribadisce Magaldi, a scanso di equivoci. Il problema? Nessuno, finora, gliene ha chiesto conto: meglio la congiura del silenzio, di fronte a pagine così sconcertanti e imbarazzanti. Le grandi scelte strategiche del pianeta – sottolinea l’autore – sono state messe a punto negli ultimi 30-40 anni da superlogge storicamente neo-aristocratiche come la “Three Eyes” e la “Compass Star-Rose”, insieme alla “Edmund Burke”, alla “Leviathan”, alla “White Eagle”. Sono loro a dominare ministeri, banche, università, istituzioni internazionali finanziarie “paramassoniche” come il Fmi e la Bce. Obiettivo: sdradicare Keynes dalla politica economica dell’Occidente: via il welfare e i diritti del lavoro, guerra alla sinistra sindacale, demonizzazione del debito pubblico, privatizzazione universale, fine dello Stato sociale come garante del benessere diffuso. Svuotare la democrazia, per restituire il potere all’oligarchia – finanza, industria, multinazionali – secondo un modello neo-feudale: solo un’élite “illuminata” ha il diritto di governare il popolo. E la tenebrosa “Hathor Pentalpha”?«Semplicemente, la “Hathor” ha ritenuto che tutto questo non bastasse: il nuovo ordine antidemocratico andava imposto con la guerra e il terrorismo, a partire proprio dall’11 Settembre». Specchietto le allodole, il saudita Osama Bin Laden reclutato dalla Cia in Afghanistan negli anni ‘70, in funzione anti-sovietica. «Bin Laden fu iniziato alla “Three Eyes”: me lo confidò proprio l’uomo che lo affilò, Brzezinski». Lo stesso Brzezinski, aggiunge Magaldi, rimase deluso dalla scelta di Bin Laden di passare poi alla “Hathor Pentalpha”, la superloggia dei Bush. Simboli eloquenti: Hathor è uno dei nomi della dea egizia Iside, cara ai massoni, e il suo nome in inglese è, appunto, Isis. «Anche l’uomo che si fa chiamare Abu Bakr Al-Baghdadi, stranamente rilasciato nel 2009 dal campo di prigionia iracheno nel quale era detenuto, è stato affiliato alla “Hathor Pentalpha”». Al-Baghdadi, il presunto capo del sedicente Isis: organizzazione terroristica che, quando ha perso terreno in Siria sotto il colpi dell’offensiva militare russa, ha cominciato a colpire l’Europa. Charlie Hebdo e Bataclan, Bruxelles, la strage di Nizza. «Tutti attentati spaventosamente stragistici, “firmati” con una simbologia nacosta e nient’affatto islamica, ma saldamente ancorata alle date-simbolo del martirio dei Templari nel 1300».Ne parla nel saggio “Dalla massoneria al terrrorismo” (Revoluzione) l’esperto simbologo Gianfranco Carpeoro, massone come Magaldi, altrettanto critico rispetto al potente mileu “latomistico” globalizzato, pronto anche a fare l’uso più cinico e spregiudicato di vasti settori dei servizi segreti, ridotti a strumenti di una “sovragestione” pericolosa, che sottomette gli Stati (e i governi eletti) ai disegni di una ristretta oligarchia. «Tutto quel sangue, in Europa, è nato da una rottura all’interno dell’ala reazionaria dell’élite supermassonica», ha ripetuto Carpeoro, in trasmissioni web-streaming come quelle di “Border Nights”. Chi ha premuto sul tasto del neo-terrorismo interno – è la sua tesi – l’ha fatto per intimidire quegli elementi che, in seno all’oligarchia, si erano mostrati titubanti di fronte alla “linea dura”, quella delle stragi nelle piazze europee. «E’ in corso un’escalation, prepariamoci al peggio: in Europa potrebbe verificarsi un maxi-attentato come quello dell’11 Settembre». Previsione fortunatamente inesatta: «E’ vero», ammette Carpeoro, «le stragi sono cessate». Ma questo – spiega – dipende dal fatto che, “lassù”, si sono rimessi d’accordo su come agire, a cominciare proprio dalla Francia.Ieri, all’Eliseo c’era Hollande, un politico da intimidire (come socialista ma anche come supermassone “di sinistra”, esponente della Ur-Lodge progressista “Fraternité Verte”), a capo di un establihment incalzato dal “populismo” di Marine Le Pen. Poi invece le elezioni hanno incoronato Macron, «che a differenza di Hollande – sostiene Carpeoro – è espressione diretta di quei circoli, responsabili della “sovragestione”», fino a ieri anche terroristica, all’occorrenza. E’ lo stesso Macron che, a giorni alterni, fa l’amicone dell’Italia, promettendo a Gentiloni – in cambio di cospicue cessioni di italianità – di difendere il Belpaese dai “cattivi” tedeschi. E’ cronaca: soldati italiani spediti in Niger a far la guardia all’uranio per conto dei francesi, voci sul ridisegno delle acque territoriali a favore dei pescatori francesi, vistosa ascesa del management transalpino nel cuore del “made in Italy”. Con Gentiloni e Macron, sostiene Federico Dezzani, l’Italia si auto-declassa al rango di neo-colonia francese, nell’illusione di trovare riparo dal rigore imposto dall’ordoliberismo teutonico. Sta davvero succedendo qualcosa di strano, “lassù”, se un big come Sarkozy finisce sotto interrogatorio in un commissariato di Nanterre? Significa che la superloggia (già terrorista) “Hathor Pentalpha” è in discesa libera, nei piani alti della “sovragestione”? Inutile sperare in spiegazioni esaurienti: il mainstream si limiterà alle fonti giudiziarie sul caso Libiagate, mentre il pubblico assiste alla strana caduta di un ex superpotente come Sarkozy, in una Francia senza più attentati né stragi, dove l’oligarca Jacques Attali ha battezzato il nuovo regno di Macron, l’ex ragazzo prodigio della Banca Rothschild.La lapidazione pubblica di un politico di rango non ha mai un’unica paternità: di solito sono tante le nubi che, a un certo punto, si trasformano in tempesta. E per un ex presidente della Francia, cioè di una delle cinque potenze atomiche con diritto di veto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il solo fatto di essere trattenuto in stato di fermo in una stazione di polizia, alla stregua di un criminale comune, costituisce l’atto d’inizio – il più eclatante – di una vera e propria demolizione a reti unificate. I giornali parlano di vendetta a distanza da parte degli ex fedelissimi di Gheddafi: prima di essere assassinato “su ordine dei servizi francesi”, il raiss di Tripoli avrebbe finanziato sottobanco, in modo cospicuo, la campagna elettorale di Sarkozy per le presidenziali del 2007 (in cambio di cosa?). Gli italiani ricordano ancora l’irridente impudenza con cui l’allora capo dell’Eliseo, insieme ad Angela Merkel, seppellì in mondovisione il moribondo Berlusconi, incalzato da mille inchieste e travolto dallo scandalo delle “olgettine”. Un sinistro preludio, per l’Italia, all’austerity di lì a poco imposta con il diktat della Bce firmato Draghi e Trichet, corroborato dal crollo delle azioni Mediaset e dall’esplosione pilotata dallo spread. «Gli italiani sono dei bambinoni deficienti, non si sono nemmeno accorti che siamo stati noi a inviargli il “fratello” Mario Monti, il nostro uomo», con l’incarico di sabotare l’economia del Belpaese, precipitandolo nel baratro della crisi: legge Fornero, pareggio di bilancio in Costituzione.
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Craig Roberts: russi svegliatevi, l’Occidente vi vuole morti
Non è facile per i russi comprendere quello che pensa il loro nemico occidentale e ancora più difficile comprendere che il suo nemico vuole la loro distruzione. Quello che è successo con la Russia è veramente molto strano: è accaduto che il Regno Unito, un paese che non ha un peso militare importante, e che potrebbe essere completamente distrutto dalla Russia (in pochi minuti, e per sempre) si sia inventato delle false accuse contro il governo russo, che abbia reso pubbliche queste accuse – senza fornire prove – che abbia portato queste accuse senza prove alle Nazioni Unite, che abbia lanciato un ultimatum alla Russia, che abbia cacciato i diplomatici russi e che abbia confiscato beni russi sulla base di semplici asserzioni, rifiutandosi nel contempo di collaborare con la Russia nel trovare prove concrete, come prevede la legge, per avviare una indagine. I russi (sia il governo che i media, ma anche quella gioventù a cui è stato lavato il cervello dalla propaganda americana e dalle Ong finanziate da Washington, che sono autorizzate a lavorare contro il governo russo in Russia) sembrano pensare che tutte le accuse e le minacce lanciate contro la Russia siano una svista, uno sbaglio che sarà subito chiarito appena salteranno fuori le prove o interverrà la legge. Apparentemente, dopo tutti questi anni i russi continuano a non capire che Washington e i suoi vassalli non hanno nessun interesse per i fatti o per la legge.All’Onu l’ambasciatore russo, in risposta alle accuse evidentemente gratuite del primo ministro britannico, secondo cui il governo russo ha usato un agente di gas-nervino dell’esercito per tentare di uccidere due persone sedute su una panchina inglese, è ricorso a tutti i possibili mezzi legali, inclusa l’offerta della Russia di collaborare nell’esame delle prove, per dimostrare che l’accusa del Regno Unito è stata mossa in violazione della legge e non è supportata da nessuna prova. Perché i russi pensano ancora che il governo inglese si preoccupi delle leggi o delle prove? L’Occidente ha fatto il lavaggio del cervello ai russi? Il governo inglese di Tony Blair collaborò con George W. Bush per far girare la menzogna secondo cui Saddam Hussein in Iraq aveva delle “armi di distruzione di massa”, e questa bugia è servita per invadere e distruggere l’Iraq e lasciare il paese, dopo 15 anni, in un caos assoluto. Il governo inglese ha confermato anche le menzogne su Gheddafi in Libia e ha contribuito al rovesciamento del governo libico. Il governo inglese ha confermato la menzogna secondo cui l’Iran aveva un programma di armi nucleari anche se non c’era nessuna prova, ma agli inglesi non interessavano le prove. Si stava seguendo un’agenda di lavori che doveva andare avanti indipendente dalle prove.Malgrado il Parlamento inglese abbia votato contro la partecipazione alla prevista invasione della Siria voluta da Obama, l’attuale governo sostiene ancora la menzogna secondo cui Assad sta usando armi chimiche “contro il suo stesso popolo”. Dopo tutto ciò si potrebbe anche pensare che i russi – governo, media e popolazione – dovrebbero aver compreso che l’Occidente è capace di raccontare le bugie e che lo scopo delle bugie ora è di demonizzare la Russia e prepararsi ad un attacco militare contro la Russia. Ma per qualche ragione i russi non riescono a comprendere il messaggio. I russi pensano che si tratti di una specie di errore che si potrà chiarire guardando ai fatti reali, con un regolare processo o con la diplomazia: «Per favore, ascoltateci, possiamo chiarire qualsiasi malinteso!». Come se questo appello servisse all’Occidente. Washington vuole “i malintesi”. E’ per questo che Washington li crea. L’incapacità dei russi di comprendere l’Occidente, quell’Occidente verso il quale la Russia cerca stupidamente di correre, è il motivo per cui la Terza Guerra Mondiale si sta avvicinando. E se invece di accettare il processo e le leggi su cui poggiano le pubbliche accuse fatte alla Russia dal primo ministro inglese senza presentare nessuna prova, l’ambasciatore russo all’Onu avesse semplicemente detto: «Se domani il Regno Unito esisterà ancora, dovrà solo ringraziare la tolleranza del governo russo»?Fidandosi della regola per cui a nessun paese occidentale gliene frega niente di niente, l’ambasciatore russo all’Onu ha permesso al pupazzo francese di Washington e agli altri Stati-fantoccio di Washington di appoggiare le accuse degli inglesi contro la Russia nonostante l’assenza di prove. Forse i russi non ci credevano, perché nessun governo europeo aveva ancora chiesto qualche prova sulla responsabilità della Russia; perché mancava, insomma, un’accusa formale. Nel mondo occidentale “eccezionale e indispensabile” governato da Washington, basta un’accusa, da sola, come prova che dimostra le bugie dette dai russi. Quando il leader del partito laburista britannico Jeremy Corbyn ha chiesto al Pm se avesse effettivamente delle prove che la Russia aveva tentato di uccidere l’ex agente doppiogiochista britannico, Corbyn è stato subito azzittito non solo dai corrotti conservatori ma anche da quelli del partito laburista di cui è il capo. Di quante altre prove avrà ancora bisogno la Russia per capire che i fatti, per l’Occidente, non hanno nessuna importanza?Si sveglierà questa Russia? O il suo stolto desiderio di entrare a far parte dell’Occidente farà sì che i russi resteranno impreparati allo scoppio nucleare di Washington, che per arrivare? E se il governo russo avesse detto a Washington: «Se voi o qualcuno dei vostri terroristi mercenari doveste attaccare le forze siriane, noi elimineremo la vostra presenza e anche quella di Israele dal Medio Oriente»? Cosa che la Russia può fare con un semplice schiocco di dita. Cosa farebbero gli inglesi e cosa farebbe Washington, oltre a farsela sotto? Sicuramente, coglierebbero il messaggio e deciderebbero che la pace è un’idea migliore. Il governo russo, semplicemente, non vuol capire che Washington vede tutti gli appelli dei russi a diplomazia, a rispetto della legge, a fatti e a prove, come segni di estrema debolezza e di mancanza di fiducia. Washington e tutti i suoi paesi-fantoccio non hanno bisogno di fatti. Seguono la loro agenda. I russi, se ancora vogliono guardare ai fatti, fanno solo vedere di essere deboli. E questa manifestazione della debolezza russa incoraggia l’aggressività di Washington. Ma forse il desiderio della Russia di entrare a far parte dell’Occidente è più forte del desiderio di sopravvivere come nazione.(Paul Craig Roberts, “Si sveglierà, la Russia?”, da “Information Clearing House” del 15 marzo 2018, post tradotto da Bosque Primario per “Come Don Chisciotte”).Non è facile per i russi comprendere quello che pensa il loro nemico occidentale e ancora più difficile comprendere che il suo nemico vuole la loro distruzione. Quello che è successo con la Russia è veramente molto strano: è accaduto che il Regno Unito, un paese che non ha un peso militare importante, e che potrebbe essere completamente distrutto dalla Russia (in pochi minuti, e per sempre) si sia inventato delle false accuse contro il governo russo, che abbia reso pubbliche queste accuse – senza fornire prove – che abbia portato queste accuse senza prove alle Nazioni Unite, che abbia lanciato un ultimatum alla Russia, che abbia cacciato i diplomatici russi e che abbia confiscato beni russi sulla base di semplici asserzioni, rifiutandosi nel contempo di collaborare con la Russia nel trovare prove concrete, come prevede la legge, per avviare una indagine. I russi (sia il governo che i media, ma anche quella gioventù a cui è stato lavato il cervello dalla propaganda americana e dalle Ong finanziate da Washington, che sono autorizzate a lavorare contro il governo russo in Russia) sembrano pensare che tutte le accuse e le minacce lanciate contro la Russia siano una svista, uno sbaglio che sarà subito chiarito appena salteranno fuori le prove o interverrà la legge. Apparentemente, dopo tutti questi anni i russi continuano a non capire che Washington e i suoi vassalli non hanno nessun interesse per i fatti o per la legge.
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Putin: Usa fermatevi, abbiamo missili iper-sonici ‘imparabili’
Scordatevi di passarla liscia, dopo aver colpito la Russia con un “first strike”, un attacco nucleare preventivo come quello lungamente accarezzato dai neocon annidati alla Casa Bianca sotto la presidenza Obama: Mosca dispone di armi nuovissime e micidiali, in grado di annullare l’intero arsenale balistico statunitense. Ha del clamoroso, il recente annucio di Putin: i russi hanno a disposizione armamenti fino a ieri inimmaginabili. Missili atomici intercontinentali fulminei, non intercettabili: viaggiano a una velocità pari a 20 volte quella del suono, e non in base a un’orbita prestabilita. I missili Avangard e Sarmat sono a guida remota, pilotati a distanza e diretti sul bersaglio, su cui piombano dopo un volo a bassissima quota. In più, la Russia annuncia di aver varato il primo drone sommergibile della storia, un natante senza pilota in grado di filare a 200 chilometri orari a grande profondità, anch’esso armato con missili atomici. «Non esiteremo a impiegare questi armamenti – avverte Putin – per difendere il suolo russo e anche i nostri più vicini alleati». Il che, tradotto, «significa una sola cosa: la protezione strategica russa si estende alla Cina», sostiene Giulietto Chiesa su “Pandora Tv”. Di colpo, l’annuncio del Cremlino vanifica 15 anni di continue provocazioni da parte degli Usa, che hanno sostanzialmente accerchiato la Federazione Russa.Tutto comincia nel 2002, un anno dopo l’11 Settembre, quando George W. Bush decide di stracciare il trattato Abm stipulato nel 1975: impegnava Usa e Urss a non sviluppare difese strategiche contro i missili balistici, esponendo in tal mondo le due superpotenze, in modo simmetrico, alla rappresaglia incrociata – la famosa “pax nucleare”, fondata sulla reciproca deterrenza atomica. Dopo il crollo delle Torri Gemelle, in piena era Bush, gli Usa hanno avviato la loro “guerra infinita” col pretesto del terrorismo islamico, di fatto chiudendo l’ex Unione Sovietica in una sorta di assedio progressivo. Afghanistan e Georgia, estensione della Nato nell’Est Europa (violando la storica promessa fatta da Bush senior a Gorbaciov), quindi la clamorosa provocazione del golpe in Ucraina travestito da rivolta democratica, a ridosso della frontiera russa, e infine la guerra in Siria, per tentare di rovesciare l’alleato mediorientale di Putin, a capo dell’unico paese che ospiti una base militare di Mosca (quella di Tartus, nel Mediterraneo) situata fuori dai confini russi. Ultimo capitolo del piano pluriennale di accerchiamento: la tensione (pirotecnica) con la Corea del Nord. Obiettivo generale degli Usa, secondo Chiesa: posizionare truppe e missili a ridosso dei missili di Mosca, per poterli colpire al momento del lancio.Di recente, aggiunge Chiesa, gli Stati Uniti hanno annunciato che tra 5-6 anni sarà pronto il loro “scudo spaziale antimissile”, progettato probabilmente per neutralizzare i vecchi armamenti russi. Le nuove super-armi di Putin invece sono già pronte, e l’annuncio del Cremlino (difficile che si tratti di un bluff) potrebbe avere conseguenze politiche inaudite: ristabilisce l’antica parità strategica infranta dagli Usa e mette anzi la Russia in posizione di vantaggio. Come dire: finiamola una volta per tutte, con questa corsa folle, perché nessuno potrà colpire l’altro senza rimetterci la pelle. I super-missili russi possono radere al suolo il Giappone e colpire l’America, ma è ovvio che nel mirino c’è soprattutto l’Europa (Italia in primis) trasformata in “fortezza” con decine di basi Nato: le installazioni missilistiche europee, par di capire, sarebbero le prime a essere colpite. La mossa di Putin, che aveva sperato invano nell’elezione di Trump per poter voltare pagina, ha un valore geopolitico inaudito. Fino alla vigilia delle sanzioni euro-atlantiche contro l’economia russia, all’epoca dei giochi olimpici di Sochi, Putin aveva ripetuto un messaggio chiarissimo: la Russia chiede rispetto e vuole essere un partner dell’Occidente, non un antagonista. Obama e la Clinton hanno risposto con la demonizzazione del Cremlino, trasformando l’Est Europa in una caserma Nato.Ora, Putin rimette la palla al centro. Non provateci, è come se dicesse: non vi conviene. Bisogna cambiare politica: e se non basta la diplomazia, a pesare sarà la minaccia dei super-missili. E’ di enorme portata, osserva Chiesa, il passaggio in cui Putin avverte: reagiremo anche se a venir colpita fosse la Cina, che evidentemente non è ancora in grado di schierare armi analoghe: rivela la profondità dell’alleanza difensiva russo-cinese, maturata in risposta all’offensiva americana. Inoltre, aggiunge Chiesa, se queste armi sono già in funzione, la loro presenza cambia completamente il quadro strategico, sul piano militare: annulla, di colpo, la storica superiorità navale degli Usa, trasformando le portaerei in “barchette di carta”, «perché questi missili non sono “parabili”, attualmente: sono troppo veloci e imprevedibili». Di fatto, «va a farsi benedire l’idea stessa della guerra nucleare, così com’era stata concepita in tutti i decenni precedenti». Tramonta la storica superiorità strategica defli Stati Uniti? Implicazioni sconcertanti: archiviano «l’idea stessa della possibilità di uno scontro». E c’è di più: Russia e Cina si muoveranno insieme, nella conquista dello spazio. «Significa avere una proiezione prima impensabile, nel campo delle armi spaziali, grazie alla tecnologia russa e ai mezzi finanziari cinesi».«Con questa mossa – aggiunge Giulietto Chiesa – la Russia comunica che la parte militare della “guerra ibrida” è ancora disinnescabile: una bomba ancora fermabile». Ma quella che Papa Francesco chiama “Terza Guerra Mondiale a pezzi” è appunto “ibrida” e pienamente in corso: guerra mediatica, guerra tecnologica, guerra biologica, guerra climatica, guerra finanziaria. Poi c’è una guerra ancora più invisibile, affidata ad armi segrete in fase di sperimentazione. «E in tutte queste guerre – dice Chiesa – ho l’impressione che la Russia sia in grande svantaggio: sicuramente l’immensa rete web è interamente in mani americane». Altro problema, per Mosca: l’energia. «I russi sono molto vulnerabili sotto il profilo energetico, perché l’intero mercato del petrolio è ancora nelle mani dell’Opec, cioè degli Usa. A stabilire il prezzo del barile sono 9 grandi banche internazionali, di cui 6 statunitensi, che possono infliggere colpi durissimi a chi non sta al loro gioco, cioè paesi come Venezuela, Iran e Russia». La guerra biologica, sottolinea Chiesa, è basata sulle nano-tecnologie, con esiti inimmaginabili: «Parliamo di strumenti di controllo e di previsione che hanno la dimensione di una molecola, inseribili in qualsiasi corpo». Quanto alla guerra climatica, è la stesa marina Usa ad annunciare che, nel 2025 gli Stati Uniti avranno il controllo del clima mondiale: potranno condizionare la vita di milioni di persone, in ogni continente.«Tutto è aperto, ma questo quadro dipende comunque dalla realizzabilità di un attacco militare distruttivo e definitivo», conclude Giulietto Chiesa. «La Russia si conferma in questo momento una forza deterrente cruciale, anche se gli europei non l’hanno ancora capito. I cittadini sono fuori causa, dal momento che non sono informati: ma i dirigenti europei dei paesi Nato? Sono consapevoli del rischio che stiamo correndo, e della tendenza a uno scontro?». Il gruppo dirigente Usa puntava al “first strike” risolutivo entro 8-10 anni, che ora non è più pensabile: assisteremo quindi a un ragionevole cambiamento di strategia, o i gruppi che vogliono la guerra reagiranno invece con un’accelerazione? «Sfortunatamente, il sistema mediatico ha mascherato questa realtà: non l’ha fatta arrivare alle orecchie e agli occhi del grande pubblico occidentale. E’ tempo di rimettere al passo le lancette degli orologi, rendendoci conto di quello che sta davvero avvenendo». Dall’alto dei suoi nuovissimi missili supersonici, Vladimir Putin annuncia “cinque anni di tempo per rinsavire”.Scordatevi di passarla liscia, dopo aver colpito la Russia con un “first strike”, un attacco nucleare preventivo come quello lungamente accarezzato dai neocon annidati alla Casa Bianca sotto la presidenza Obama: Mosca dispone di armi nuovissime e micidiali, in grado di annullare l’intero arsenale balistico statunitense. Ha del clamoroso, il recente annucio di Putin: i russi hanno a disposizione armamenti fino a ieri inimmaginabili. Missili atomici intercontinentali fulminei, non intercettabili: viaggiano a una velocità pari a 20 volte quella del suono, e non in base a un’orbita prestabilita. I missili Avangard e Sarmat sono a guida remota, pilotati a distanza e diretti sul bersaglio, su cui piombano dopo un volo a bassissima quota. In più, la Russia annuncia di aver varato il primo drone sommergibile della storia, un natante senza pilota in grado di filare a 200 chilometri orari a grande profondità, anch’esso armato con missili atomici. «Non esiteremo a impiegare questi armamenti – avverte Putin – per difendere il suolo russo e anche i nostri più vicini alleati». Il che, tradotto, «significa una sola cosa: la protezione strategica russa si estende alla Cina», sostiene Giulietto Chiesa su “Pandora Tv”. Di colpo, l’annuncio del Cremlino vanifica 15 anni di continue provocazioni da parte degli Usa, che hanno sostanzialmente accerchiato la Federazione Russa.
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La piovra del rating: ecco chi ha vinto (davvero) le elezioni
La questione cruciale elusa da tutti: l’Italia non ha più alcuna sovranità. Come stabilito all’estero nei piani alti del sistema di dominio, la colonia Italia ha votato con una legge truffaldina (incostituzionale) e ora si ritrova alcuni aspiranti inquilini di Palazzo Chigi senza arte né parte, razzisti e analfabeti funzionali che in economia si sono affidati ai soliti esperti allineati di regime. Così dalla padella del piddì si cadrà nella brace. Le agenzie di rating, nate agli inizi del Novecento negli Stati Uniti, analizzano la solidità finanziaria di soggetti quali Stati, enti, governi, imprese, banche, assicurazioni. Le principali agenzie sono tutte statunitensi: Moody’s, Standard & Poors e Fitch. Il 19 ottobre 2006, due delle tre agenzie di rating internazionali che agiscono in regime di oligopolio, avevano deciso di declassare l’Italia, dando un voto negativo alla capacità dell’Italia di gestire la sua economia. Non era la prima volta che questo accadeva, anche in presenza di governi di differente orientamento politico e le motivazioni della “pagella” sono sempre di una ripetitività e di una banalità quasi disarmanti: i tagli nelle spese di bilancio non sono sufficienti e la “riforma delle pensioni” (leggi privatizzazione delle pensioni) va troppo a rilento.L’effetto immediato del voto negativo è un aumento dei tassi di interesse per “ricomprare” la fiducia dei sottoscrittori di obbligazioni e di altre forme di credito, per cui tutto il debito pubblico e privato di una nazione costa subito di più, con ricadute negative sul bilancio statale e con l’aggiunta di ulteriori tagli alla spesa sociale. Per le nazioni più deboli, queste decisioni provocano anche una caduta del valore di scambio della moneta, con effetti devastanti sulle importazioni (che costano di più), sulle esportazioni (che valgono di meno) del paese, sul suo bilancio statale e sui livelli di vita della popolazione; con la deregolamentazione dell’economia, soprattutto dall’inizio degli anni Novanta, queste agenzie sono diventate il “grande fratello” finanziario e hanno progressivamente accumulato un potere immenso, superiore a quello degli Stati e delle banche centrali, sia nella valutazione delle politiche dei governi che dell’andamento economico di qualsiasi entità privata, determinando le decisioni di tutti gli attori economici.All’inizio le agenzie offrivano, a pagamento, ai detentori di titoli di credito i loro giudizi sul comportamento dei debitori. Adesso persino i debitori pagano per avere un “voto” prima di emettere un’obbligazione o attingere a qualsiasi altra forma di credito. Senza il voto delle agenzie, economicamente non si esiste più. Per poter comprare o vendere, per prendere o dare a prestito, bisogna pagare il “pizzo” per ricevere la protezione o il semplice riconoscimento da parte di questi nuovi potentati. Ora le tre maggiori agenzie di rating sono delle entità private strutturate come società per azioni e quindi parte della logica di mercato e sottoposte al principio del massimo profitto possibile; inoltre le agenzie in questione hanno partecipazioni dirette, anche attraverso i membri dei loro consigli direttivi, board of directors, nelle più grandi corporation internazionali e delle più grandi banche internazionali, pesantemente coinvolte nelle operazioni di finanza derivata, cioè in quelle speculazioni finanziarie principalmente responsabili delle bolle speculative e dell’attuale crisi finanziaria sistemica globale.La Standard & Poor’s (S&P) è sussidiaria della multinazionale McGraw-Hill Companies, con sede centrale a New York, colosso delle comunicazioni, dell’editoria, delle costruzioni e presente in quasi tutti i settori economici. La multinazionale, proprietaria anche di “Business Week”, nel 2005 vantava un fatturato di 6 miliardi e un profitto di 844 milioni di dollari. Il presidente di McGraw-Hill è Harold McGraw III, che è, tra le altre cose, contemporaneamente membro del Board of Directors della United Technology (multinazionale degli armamenti) e della ConocoPhillips (petrolio ed energia). È stato anche membro del “Transition Advisory Committe on Trade” del presidente George W. Bush, padre dell’ex capo della Casa Bianca. Tra i membri del Board of Directors della McGraw-Hill, che decidono quindi anche dell’attività della S&P, figurano: sir Winfried Bishoff, presidente della Citigroup Europa e uomo di punta della Henry Schroder Bank di Londra; Dougals N. Daft, presidente della Coca Cola Co.; Hilde Ochoa-Brillenmbourg, alto responsabile della Credit Union del Fmi-World Bank; James H. Ross, della British Petroleum; Edward B. Rust Jr., presidente dell’assicurazione State Farm Insurance Company (gigante del settore assicurativo, bancario e immobiliare, sotto scrutinio per le politiche troppo disinvolte dopo l’urgano Katrina), direttore della Helmyck & Payne, colosso del settore petrolifero e già membro del Transition Advisory Team Committee on Education della presidenza di George W. Bush (padre); Sidney Taurel, presidente della farmaceutica Eli Lilly (che in passato ha vantato tra i suoi dirigenti anche Kenneth Lay, condannato per la bancarotta della Enron) ex direttore dell’Ibm, già membro nel 2002 dell’Homeland Security Advisory Council.L’agenzia di rating Fitch di New York è sussidiaria della multinazionale dei servizi finanziari Fimalac, con sede centrale a Parigi. Nel 2005 la multinazionle americana delle comunicazioni Hearst Corporation ha rilevato il 20 per cento del pacchetto azionario. Il suo presidente è Marc Ladreit de Lacharriere, uomo della Renault e della Banque Suez. Tra i membri del Board of Directors figurano: David Dautresme della banca Lazard Freres; Philippe Lagayette della Jp Morgan & Cie; Bernard Mirat della Cholet-Dupont (finanza); Bernard Pierre della Fremapi (metalli preziosi). La Fimalac vanta anche un International Advisory Board per dare più lustro e potere alla multinazionale, che nel 2002 annoverava tra gli altri: Felix Rohatyn della Lazard Freres, l’uomo che ha recentemente smantellato l’industria americana dell’auto, Sholley della Ubs Warburg, Reimnits della Kommerz Bank, Peberan della Paribas, rappresentanti della Nestlè, della Bentelsmann e anche l’ex presidente della Federal Reserve americana Paul Volker e l’italiano Lamberto Dini.L’agenzia di rating Moody’s è sussidiaria della Moody’s Corporation, con sede centrale a New York. Il presidente è Raymond W. McDaniel Jr. Tra i membri del Board of Directors figurano: Basil L. Anderson della Stables Inc. e della Hasbro Inc (due giganti del settore vendite e servizi); Robert Glauber della Ing Group (settore bancario e assicurativo con base in Olanda), già sottosegretario del ministero delle finanze americano nel periodo 1989-92; Henry Mc Kinnell, della multinazionale farmaceutica Pfizer e della Exxon Mobil (petrolio); Nancy S. Newcomb della Citigroup e della Sysco Corporation (settore alimentare); John K. Wulff, della multinazionale chimica Herculer, della Kpmg (la multinazionale di consulenza finanziaria e di certificazione dei bilanci), della Sunoco (petrolio) e della Fannie Mae (che, insieme alla Freddie Mac, detiene quasi per intero il pacchetto ipotecario immobiliare americano).Le suddette tre agenzie americane di rating non sono solamente l’espressione dell’intreccio dominante delle multinazionali, ma in particolar modo sono una struttura organizzata delle principali banche del pianeta che controllano il sistema finanziario e debitorio delle nazioni e di tutti i settori dell’economia sia privata che pubblica. Le tre agenzie in questione non solo non sono qualificate nella pretesa di valutare la solidità economica e finanziaria degli Stati e delle imprese, ma sono parte integrante del problema sta portando il mondo economico verso il crack e la crisi sistemica con conseguenze devastanti per l’intera vita economica, sociale e politica del pianeta.(Gianni Lannes, “Grullini o grulloni?”, dal blog “Su la Testa” del 6 marzo 2018).La questione cruciale elusa da tutti: l’Italia non ha più alcuna sovranità. Come stabilito all’estero nei piani alti del sistema di dominio, la colonia Italia ha votato con una legge truffaldina (incostituzionale) e ora si ritrova alcuni aspiranti inquilini di Palazzo Chigi senza arte né parte, razzisti e analfabeti funzionali che in economia si sono affidati ai soliti esperti allineati di regime. Così dalla padella del piddì si cadrà nella brace. Le agenzie di rating, nate agli inizi del Novecento negli Stati Uniti, analizzano la solidità finanziaria di soggetti quali Stati, enti, governi, imprese, banche, assicurazioni. Le principali agenzie sono tutte statunitensi: Moody’s, Standard & Poors e Fitch. Il 19 ottobre 2006, due delle tre agenzie di rating internazionali che agiscono in regime di oligopolio, avevano deciso di declassare l’Italia, dando un voto negativo alla capacità dell’Italia di gestire la sua economia. Non era la prima volta che questo accadeva, anche in presenza di governi di differente orientamento politico e le motivazioni della “pagella” sono sempre di una ripetitività e di una banalità quasi disarmanti: i tagli nelle spese di bilancio non sono sufficienti e la “riforma delle pensioni” (leggi privatizzazione delle pensioni) va troppo a rilento.
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Hai un’opinione? Errore: ti è stata venduta, a tua insaputa
La colazione “egg and bacon”: una tradizione americana? No: fu una creazione a tavolino, inventata dai produttori di pancetta. Idem il fumo esteso alle donne: non una conquista femminista, ma solo l’ennesima operazione pianificata, in questo caso pagata dai produttori di tabacco. Grazie a chi? Al padre della propaganda moderna, Edward Bernays. Piaccia o no, i nostri pensieri sono quasi sempre condizionati, come le nostre azioni, da una manipolazione incessante, di cui non ci accorgiamo. La propaganda non è qualcosa di vago e indefinito, ma una vera e propria scienza, con leggi e regole precise: un manuale di istruzioni, che subiamo alla lettera. E Bernays, l’autore di quel manuale che oggi viene scientificamente applicato in modo sistematico, è considerato uno dei 100 uomini più influenti del XX secolo. Pochissimi lo conoscono? Ovvio: ogni scienziato della manipolaziome ama la penombra e scansa i riflettori. A maggior ragione se, come in questo caso, è il nipotino di Sigmund Freud, padre della psicanalisi e indagatore dei segreti più profondi del nostro inconscio. Lo zio li ha studiati, mentre il nipote è andato oltre: ha pensato a come sfruttarle, le nostre debolezze, per venderle al mercato e comprare noi, a milioni, come polli d’allevamento.Di origine ebraica, emigrato a New York verso la fine del 1800, Bernays fu amico di Franklin Delano Roosevelt e della First Lady, Eleanor Roosevelt, nonostante Felix Frankfurter, giudice della Corte Suprema – anch’egli di origine austro-ebraica – lo accusasse di essere «un avvelenatore professionista dei cervelli della gente», ricorda Federico Povoleri in una ricostruzione proposta dal blog “La Crepa nel Muro”. Consulente dell’ufficio propaganda durante la Prima Guerra Mondiale, Bernays ha dominato a lungo la scena della comunicazione in America. Un maestro, nel manipolare l’opinione pubblica anche nei periodi di crisi come la Grande Depressione del ‘29. Definito «il patriarca della persuasione occulta», aveva compreso «l’importanza dell’uso massiccio e spregiudicato dei media, che utilizzava per lanciare un prodotto, un candidato politico o una causa sociale». Nel 1933, Joseph Goebbels rivelò a un giornalista americano che il libro “Crystallizing Public Opinion”, pubblicato da Bernays nel 1923, fu utilizzato dai nazisti per le loro campagne. Una Bibbia per ogni politico, da Hitler a George Bush, fino a Obama. Primo comandamento: “Controlla le masse senza che esse lo sappiano”.Inizialmente, continua Povoleri, Bernays studiò l’opera di Gustav Le Bon, “Psicologia delle folle”, pubblicata nel 1895. Opera di riferimento per molti uomini politici, fu meticolosamnete studiata anche da Lenin, Stalin, Hitler, e Mussolini. Quest’ultimo commentò: «Ho letto tutta l’opera di Le Bon e non so quante volte abbia riletto la sua “Psicologia delle Folle”. E’ un’opera capitale, alla quale ancora oggi spesso ritorno». Migliaia di individui separati, spiega Le Bon, «in un dato momento, sotto l’influenza di violente emozioni – un grande avvenimento nazionale, per esempio – possono acquistare i caratteri di una folla psicologica». Un qualunque caso che li riunisca «basterà allora perché la loro condotta subito rivesta la forma particolare agli atti delle folle». Infatti, «in certe ore della storia, una mezza dozzina di uomini possono costituire una folla psicologica», cosa che invece non riuscirà a «centinaia di individui riuniti accidentalmente». Per le folle, secondo Le Bon, «l’illusione risulta essere più importante della realtà». E’ decisiva l’apparenza: «Le folle non si lasciano influenzare dai ragionamenti», scrive Le Bon. «Sono colpite soprattutto da ciò che vi è di meraviglioso nelle cose. Esse pensano per immagini, e queste immagini si succedono senza alcun legame».Per la folla, l’inverosimile non esiste: preferisce nutrirsi di suggestioni. E la prima suggestione formulata «s’impone, per contagio, a tutti i cervelli», stabilendo subito l’orientamento generale. Secondo Le Bon, non c’è differenza tra un celebre matematico e l’ultimo calzolaio: «Può esserci un abisso in termini intellettuali, ma quando essi facciano parte di una folla (una folla può essere composta anche da cinque persone, non è il numero che conta), agiranno nello stesso modo e reagiranno emotivamente e non più con la ragione». Si verifica cioè un appiattimento verso il basso, «perché la ragione e il raziocinio vengono totalmente eliminati». Bernays mise insieme le idee di Le Bon (e di altri studiosi come Wilfred Trotter) con le teorie sulla psicologia elaborate dal celebre zio Freud, «intuendo che la gente sarebbe stata sensibile a una manipolazione inconscia, basata sia sull’emotività, sia sull’uso massiccio di immagini simboliche».Bernays intuì con grande anticipo la potenza delle nuove tecnologie della comunicazione di massa, aggiunge Povoleri. E concluse che una manipolazione consapevole e intelligente delle opinioni e delle abitudini delle masse potesse svolgere un ruolo importante in una società democratica. Chi fosse stato in grado di padroneggiare questo dispositivo sociale – pensava Bernays – avrebbe costituito un potere invisibile capace di dirigere una nazione: «Quelli che manipolano il meccanismo nascosto della società costituiscono un governo invisibile che è il vero potere che controlla», scrive Bernays nel libro “Propaganda”, uscito nel ‘29. «Noi siamo governati, le nostre menti vengono plasmate, i nostri gusti vengono formati, le nostre idee sono quasi totalmente influenzate da uomini di cui non abbiamo mai nemmeno sentito parlare». E’ indispensabile, sostiene, per gestire un regime sociale democratico, una società politicamente “tranquilla”. «In quasi tutte le azioni della nostra vita, sia in ambito politico o negli affari o nella nostra condotta sociale o nel nostro pensiero morale – agiunge – siamo dominati da un relativamente piccolo numero di persone che comprendono i processi mentali e i modelli di comportamento delle masse. Sono loro che tirano i fili che controllano la mente delle persone. Coloro che hanno in mano questo meccanismo, costituiscono il vero potere esecutivo del paese».Bernays applicò con implacabile successo le sue leggi. Inventore delle relazioni pubbliche, diede anche origine alla figura professionale dello spin-doctor: le regole da lui scritte vengono oggi applicate in ogni ambito sociale e di comunicazione mediatica, dalla politica alla pubblicità. Sua l’invenzione – sempre nel 1929 – delle “brigate della libertà”, fiaccolata di donne con sigaretta tra le labbra. Un atto di sfida e di indipendenza, in una società che non riconosceva alla donna la parità dei diritti? Forse, ma non solo: «Ben poche femministe sanno che quella del “diritto al fumo”, fino ad allora riservato ai soli uomini, non fu affatto una ribellione spontanea delle donne, ma il risultato di un’operazione mediatica su larga scala, concepita orchestrata da Edward Bernays, che aveva ricevuto l’incarico dalla “American Tobacco Company”», ricorda Povoleri. Va da sé che la “brigata della libertà” conquistò le prime pagine, facendo esplodere il fatturato del tabacco. «Migliaia di donne iniziarono a emulare le ragazze newyorchesi della sfilata; il messaggio era stato recepito chiaramente: chi era anticonformista e indipendente non poteva non fumare». In pochi mesi, annota Povoleri, la Chesterfield triplicò le vendite. «E molti anni dopo la Philip Morris, memore di quell’evento, sfruttò lo stesso concetto inventando il cowboy della Marlboro per pubblicizzare le sue sigarette».Anche nel nuovo millennio, nei paesi in via di sviluppo, la sigaretta continua ad essere l’emblema dell’emancipazione femminile. Ma Bernays non si fermò qui: collaborò con l’Ama (Associazione Medici Americani) per produrre ricerche scientifiche che dimostrassero che il fumo “fa bene alla salute”. «Da allora – scrive Povoleri – è diventata prassi, per le multinazionali, finanziare ricerche scientifiche al fine di confermare la bontà dei prodotti che progettano di vendere». E l’ineffabile Bernays «suggeriva che vi fosse sempre una terza parte, indipendente, che garantisse la credibilità del prodotto o dell’immagine da promuovere». Esempio: chi mai crederebbe alla General Motors se fosse lei a a dire che il riscaldamento globale è “una bufala inventata dagli ambientalisti”? Ben altro impatto avrebbe, invece, un istituto di ricerca indipendente, chiamato ad esempio “Alleanza per il clima globale”. «Ecco perché Bernays mise in piedi una quantità impressionante di istituti e fondazioni, finanziati in segreto dalle stesse industrie i cui prodotti dovevano venirne valutati, per garantirne la qualità. Fu così che questi istituti sfornarono una moltitudine di rapporti scientifici, che poi la stampa rendeva pubblici, aiutando a creare l’immagine positiva del prodotto da lanciare».Lasciando un segno permanente, continua Povoleri, Bernays stupì il mondo degli affari statunitense per la sua capacità di controllare l’opinione pubblica su larga scala quando, assieme a Walter Lippman e su commissione del presidente Woodrow Wilson, fece una campagna tesa a spingere l’opinione pubblica ad accettare l’entrata nella Prima Guerra Mondiale, a fianco della Gran Bretagna, in un momento in cui la stragrande maggioranza del popolo americano era pacifista e isolazionista. «In soli sei mesi Bernays sovvertì completamente l’idea avversa della gente verso l’entrata in guerra, provocando una mastodontica ondata di isteria anti-tedesca, che impressionò profondamente (tra gli altri) anche Adolf Hitler, che sarebbe diventato un profondo conoscitore della sua opera». Nel ‘28, tra le pagine del saggio “L’ingegneria del consenso”, aveva scritto: «Se capisci i meccanismi e le logiche che regolano il comportamento di un gruppo, puoi controllare e irreggimentare le masse a tuo piacimento e a loro insaputa». Le idee di Bernays cambiarono il vecchio concetto che prevedeva che i bisogni venissero soddisfatti da politica, industria e finanza. Capovolse la gerarchia: prima di tutto, la creazione dei bisogni attraverso la manipolazione dell’opinione pubblica. Politica, industria e finanza non servono più a soddisfare bisogni, ma a controllare la società.Nascono così i luoghi comuni creati dalla persuasione occulta operata dalla rivoluzione di Bernays. Per lo scrittore americano Russ Kick, la lista è infinita. Esempio: i medicinali ridanno la salute, i vaccini rendono immuni. Gli americani scoppiano di salute, sono quellio che stanno meglio al mondo. Il virsu Hiv è la causa dell’Aids, il fluoro nell’acqua potabile protegge i nostri denti, la vaccinazione anti-influenzale previene l’influenza. Ancora: i dolori cronici sono una naturale conseguenza dell’età. La soia? E’ la più salutare fonte di proteine. «Per costruire queste illusioni sono stati spesi miliardi di dollari, grazie ai quali oggi milioni e milioni di persone la pensano allo stesso modo», sottolinea Povoleri. In “Trust Us, We’re Experts” i sociologi John Stauber e Sheldon Rampton hanno raccolto una serie di dati che descrivono la scienza della creazione dell’opinione pubblica in America. Sono assiomi, scaturiti dalla nuova scienza delle “pierre”. Tipo: la tecnologia è in se stessa una religione. Oppure: se la gente è incapace di formulare un pensiero razionale, la vera democrazia è pericolosa. Quindi: le decisioni importanti dovrebbero essere lasciate agli esperti. Consigli per il manipolatore: stai lontano dalla sostanza, limitati a creare delle immagini. E non affermare mai chiaramente un bugia dimostrabile.«Le parole stesse vengono selezionate in base al loro impatto emozionale: nelle nuove scienze delle pubbliche relazioni sono entrate prepotentemente le tecniche di controllo mentale, che sfruttano le basi della psicologia e le linee guida di Bernays con le tecniche dell’illusionismo». Immagine, simbologia, parole e perfino musica e suoni. «Cinema e televisione hanno un potere enorme (esteso ora a tutta l’industria dell’intrattenimento, compreso i moderni videogiochi) in quanto hanno la capacità di ricombinare tra loro tutti questi elementi», agiunge Povoleri. «Sono molti gli esempi di uso politico del potere della musica, utilizzata come strumento psicologico di persuasione di massa. Non è un caso che durante la Seconda Guerra Mondiale la “Bbc” proibisse la messa in onda della musica di Wagner, utilizzata invece in modo mirato e massiccio dal nazismo, o che la sigla di apertura della nota emittente fossero le note basse che richiamavano la celebre apertura della Quinta di Beethoven». Secondo il filosofo Theodor Adorno, la musica crea “riflessi condizionati” che riguardano l’inconscio. Lo ricorda il consulente psicologico Matteo Rampin nel saggio “Tecniche di controllo mentale”. Nel suo filone tedesco, la musica da camera (legata alla “Sonata”, «tipica creazione della società normativa aristocratica e poi borghese») ha una componente “agonistica” che «deriva dalla struttura concorrenziale della società borghese». E così, chi ascolta quella musica «assimila inconsciamente queste strutture fondanti».Per Rampin, «si codifica un modo di ascoltare musica classica disciplinato, senza battere i piedi, in silenzio assoluto, che è parte di una educazione alla “staticità”». Se la musica produce un’educazione alla postura dei corpi, c’è da chiedersi «quali effetti avrà nel tempo l’abitudine contemporanea di ascoltare la musica in maniera autistica, mentre si lavora, si cammina, si studia, attraverso cuffie individuali e dispositivi portatili». Sempre Rampin sottolinea come l’utilizzo del sistema “Sensorround” nel film “Terremoto” (di Mark Robson, 1974) abbia proposto frequenze inferiori a quelle percepibili dall’orecchio umano (16 Hertz), in modo da traumatizzare profondamente molti spettatori, senza che questi ne sapessero il motivo. «Una delle tecniche più utilizzate nella guerra psicologica e nel lavaggio del cervello era arrivata in aiuto al filone dei film catastrofici», spiega David Annan nel saggio “Catastrophe, The end of the cinema”, del ‘75. Fu Eisenstein a sostenere che gli elementi di una singola ripresa possono essere pensati in modo matematico, al fine di produrre uno shock emozionale: il cinema ha trasformato la cultura, la percezione e forse anche la struttura mentale di miliardi di individui. Poi è arrivata la televisione, il trionfo definitivo del non-pensiero di Bernays: «Non ci sintonizziamo per scoprire cosa succede (perché in generale succedono sempre le stesse cose) ma per passare del tempo in compagnia dei personaggi». Non si cerca un programma specifico: si accende il televisore. La tv distrugge il tempo, rimpiazza la famiglia. «Per molti di noi, vive al nostro posto».La colazione “egg and bacon”: una tradizione americana? No: fu una creazione a tavolino, inventata dai produttori di pancetta. Idem il fumo esteso alle donne: non una conquista femminista, ma solo l’ennesima operazione pianificata, in questo caso pagata dai produttori di tabacco. Grazie a chi? Al padre della propaganda moderna, Edward Bernays. Piaccia o no, i nostri pensieri sono quasi sempre condizionati, come le nostre azioni, da una manipolazione incessante, di cui non ci accorgiamo. La propaganda non è qualcosa di vago e indefinito, ma una vera e propria scienza, con leggi e regole precise: un manuale di istruzioni, che subiamo alla lettera. E Bernays, l’autore di quel manuale che oggi viene scientificamente applicato in modo sistematico, è considerato uno dei 100 uomini più influenti del XX secolo. Pochissimi lo conoscono? Ovvio: ogni scienziato della manipolaziome ama la penombra e scansa i riflettori. A maggior ragione se, come in questo caso, è il nipotino di Sigmund Freud, padre della psicanalisi e indagatore dei segreti più profondi del nostro inconscio. Lo zio li ha studiati, mentre il nipote è andato oltre: ha pensato a come sfruttarle, le nostre debolezze, per venderle al mercato e comprare noi, a milioni, come polli d’allevamento.
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Un boom dei 5 Stelle inguaierebbe i padrini occulti di Grillo?
Vuoi vedere che, votando in massa per i 5 Stelle, si finisce per mettere nei guai gli sponsor occulti di Grillo e Casaleggio? «La condotta dei vertici pentastellati rivela un disegno ormai palese, interamente organico al potere. Ma non bisogna dimenticare gli elettori, i militanti e molti degli stessi parlamentari: sono brave persone, convinte di impegnarsi davvero per migliorare l’Italia». Se per ipotesi andassero al governo, «alla fine qualcosa di buono dovrebbero pur fare, pena il crollo del consenso interno e la perdita della fiducia dei loro elettori». Ragionamento in libertà che porta la firma di Fausto Carotenuto, già “allievo” di Mino Pecorelli, giornalista assassinato durante gli anni di piombo. Per molti anni analista geopolitico dei servizi segreti italiani e consulente dell’intelligence Nato, Carotenuto – ora promotore del network “Coscienze in Rete” – ha sviluppato una sua teoria, spiritualista, sulla filosofia che reggerebbe il mondo: il potere sarebbe saldamente nelle mani di “piramidi oscure” (sempre le stesse, «gesuitico-massoniche»), le cui malefatte però produrrebbero il risultato di «risvegliare gradualmente le coscienze, proprio attraverso le sofferenze inflitte».Carotenuto è un teorico del “risveglio”: sostiene che ormai, anche in Italia, un cittadino su tre non si fidi più del mainstream politico-mediatico. Al quale, a suo parere, il Movimento 5 Stelle appartiene a pieno titolo, nel ruolo di “gatekeeper”: sarebbe un controllore del dissenso, da convogliare verso forme innocue per l’establishment. «Basta vedere chi sono gli assessori romani, tutti suggeriti dallo studio legale di Previti da cui la Raggi proviene, o le frequentazioni di Di Maio nei peggiori circuiti finanziari internazionali, che si è premurato di rassicurare, spiegando che – con lui a Palazzo Chigi – il potere non avrebbe nulla da temere: non per niente, i ministri non sarebbero grillini, ma tecnici, cioè provenienti da quel mondo che Grillo, nel 2013, aveva promesso di “aprire come una scatola di sardine”». Ai microfoni di “Forme d’Onda”, Carotenuto sostiene che non c’è da farsi illusioni, anche nell’eventualità – praticamente impossibile, sondaggi alla mano – di un governo pentastellato. «I Casaleggio non piovono dal cielo: qualcuno ce li ha mandati», ben sapendo che serviva qualcosa di nuovo per “smontare” la rabbia popolare contro i vecchi partiti, «sostanzialmente pedine, tutti quanti, delle stesse “piramidi oscure”».Secondo Carotenuto, «ogni partito ha in sé entrambe le componenti», ovvero «la destra egoistica», incarnata da personaggi come Bush, Trump e Berlusconi, e la controparte più farisaica, «che a parole si richiama all’umanesimo massonico dei diritti ma solo per attrarre consenso», finendo poi per fare la stessa politica del socio occulto, l’ala destra. «Due facce della stessa medaglia». I 5 Stelle? «Sono espressione di questa seconda categoria, quella degli “amici del popolo”». Obiettivo: «Manipolare i buoni sentimenti di milioni di cittadini, sinceramente democratici». Però attenzione: «Di questo, i grillini nemmeno si accorgono: non sanno di essere manipolati». Il bicchiere mezzo pieno? «Intanto esistono, sono lì, e hanno nobili aspettative di giustizia sociale, di rispetto dell’ambiente e dei territori. Sognano una società più giusta: non sarà facile liquidarli». Come dire: se il Movimento 5 Stelle è stato fabbricato dal potere per neutralizzare il dissenso, non è detto che poi la comunità grillina non possa incidere, al di là dei piani dei fondatori, cioè dei loro presunti mandanti rimasti nell’ombra.E’ vero, finora Grillo e i Casaleggio «li hanno gestiti in modo osceno», con pratiche da caserma, «buttando fuori chiunque osasse alzare la mano per dire la sua». Così, dal programma sono spariti gli accenti originari e più radicali». Uno su tutti, la contestazione dell’euro e dell’Unione Europea. «Per non parlare della pagina, pietosa, dei vaccini: anziché attaccarli, come gli elettori 5 Stelle si sarebbero aspettati, hanno evitato di fare la guerra al decreto Lorenzin: adesso, di fronte alle proteste di milioni di famiglie, Di Maio dice che eliminerebbe l’obbligo vaccinale, ma i vaccini continuerebbe a consigliarli caldamente», fingendo di non sapere cosa significhino, per la salute, e che tipo di business alimentino. Con ciò, conclude Carotenuto, «bisogna però ammettere che il programma dei 5 Stelle, anche privo di molti temi originari, è comunque pieno di buoni spunti: siamo sicuri che non verrebbero attuati, nell’ipotesi in cui dovessero davvero andare al governo?».Vuoi vedere che, votando in massa per i 5 Stelle, si finisce per mettere nei guai gli sponsor occulti di Grillo e Casaleggio? «La condotta dei vertici pentastellati rivela un disegno ormai palese, interamente organico al potere. Ma non bisogna dimenticare gli elettori, i militanti e molti degli stessi parlamentari: sono brave persone, convinte di impegnarsi davvero per migliorare l’Italia». Se per ipotesi andassero al governo, «alla fine qualcosa di buono dovrebbero pur fare, pena il crollo del consenso interno e la perdita della fiducia dei loro elettori». Ragionamento in libertà che porta la firma di Fausto Carotenuto, già “allievo” di Mino Pecorelli, giornalista assassinato durante gli anni di piombo. Per molti anni analista geopolitico dei servizi segreti italiani e consulente dell’intelligence Nato, Carotenuto – ora promotore del network “Coscienze in Rete” – ha sviluppato una sua teoria, spiritualista, sulla filosofia che reggerebbe il mondo: il potere sarebbe saldamente nelle mani di “piramidi oscure” (sempre le stesse, «gesuitico-massoniche»), le cui malefatte però produrrebbero il risultato di «risvegliare gradualmente le coscienze, proprio attraverso le sofferenze inflitte».
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Pantani ucciso dai boss del doping che lanciarono Armstrong?
Vuoi vedere che Pantani è stato distrutto e poi eliminato anche per evitare che facesse ombra a Lance Armstrong, il super-campione (artificiale) vicino ai Bush? Doping, ciclismo e morte: secondo Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, l’industria segreta del doping usa i ciclisti come cavie per sperimentare nuove, micidiali droghe, destinate a soldati e guerriglieri: un business colossale, realizzato con la copertura di case farmaceutiche e gestito da poteri “supermassonici” pronti a eliminare fisicamente chiunque osi ribellarsi. Come Pantani, per esempio. La sua fine? Un monito, per qualsiasi altro ciclista che avesse provato a rifiutare la siringa. Supermassoni reazionari i Bush, “padrini” di Armstrong. Esoteristi, probabilmente, anche i killer di Pantani: lo afferma Lara Pavanetto, analizzando lo strano messaggio “alchemico” rinvenuto nella stanza in cui il campione romagnolo morì. Per Paolo Franceschetti, avvocato per lunghi anni, quel delitto è “firmato” Rosa Rossa, potente associazione occultistica all’origine di svariati crimini eccellenti, come quello del Mostro di Firenze: il delitto rituale come pratica “magica”, e il clamore mediatico come utile mezzo per spaventare l’opinione pubblica, rendendola più docile verso l’autorità costituita. Il ribelle Pantani? Andava puntito e infangato con la pena del contrappasso. Hai denunciato il doping? Bene, morirai disonorato: spacciato per cocainomane.Sono in tanti, a livello internazionale, ad aver ormai capito che il delitto Pantani era a doppio fondo. Lo sostiene la Pavanetto, autrice di originali ricerche storiche. Sul suo blog cita due giornalisti: il francese Pierre Ballester, già inviato de “L’Equipe”, e l’inglese David Walsh, del “Sunday Times”. Nel loro libro “L.A. Confidential, i segreti di Lance Armstrong”, avanzavano già nel 2004 pesanti sospetti sulle sei vittorie consecutive di Armstrong al Tour, dal 1999 al 2004, dopo il primo campionato del mondo vinto nel ‘92. Successi strabilianti, quelli del Tour, che avevano sollevato pesanti dubbi, dopo la gravissima malattia che aveva tolto Armstrong dalle corse per un paio d’anni, dalla fine del ‘96 a metà del ‘98. Tumore: asportazione di un testicolo, intervento chirurgico su gravi metastasi ai polmoni e al cervello, pesantissime cure chemioterapiche. Vengono in mente le parole del Pirata, citate nel libro del giornalista francese Philippe Brunel, “Gli ultimi giorni di Marco Pantani” (Bur, 2008): «Non hai fatto il corridore? Tu lo sai cosa vuol dire scalare una montagna, correre sotto il caldo. Credi davvero che si possa vincere il Tour dopo aver battuto il cancro?». Con il loro libro, annota Pavanetto, Ballester e Walsh avevano anticipato un’inchiesta pubblicata nel 2001 dallo stesso Walsh sul “Sunday Times”, dal titolo “Suspicion”. Il giornalista era partito dalla denuncia di un ex corridore junior, Greg Strock: secondo i suoi allenatori, Armstrong «aveva valori biologici eccezionali che non si trovavano in Usa dai tempi di Lemond».Nel 2000, ricorda Lara Pavenetto, Strock si era laureato in medicina. Grazie alle competenze acquisite, aveva denunciato la Federazione americana per averlo sottoposto a un doping sistematico che lo aveva fatto ammalare, fino a costringerlo allo stop dell’attività. Anche Armstrong, nota Walsh, era in nazionale in quel periodo. Strock chiamava in causa due tecnici della nazionale, uno dei quali, Chris Carmichael, era uno dei personaggi più vicini ad Armstrong da sempre. Nell’inchiesta si parlava anche del licenziamento improvviso dalla Us Postal (la squadra di Armstrong sponsorizzata dal ministero delle Poste statunitense) nel 1996. Fu licenziato anche il medico Steffen Prentice, che secondo Strock si era rifiutato di dopare dei ciclisti della squadra. Walsh raccolse anche la dichiarazione di un ex professionista, compagno di Armstrong alla Motorola dal 1992 al 1996, che sotto anonimato dichiarò: «Passammo all’epo nel 1995 perché non si vinceva, e avevamo avuto un 1994 nero». In “L.A. Confidencial”, Ballester e Wash hanno ricostruito anche il caso del litigio fra Armstrong e Greg Lemond a proposito di Michele Ferrari, il medico italiano coinvolto in numerosi processi di doping in Italia e difeso a spada tratta dal corridore texano. Ma la parte più interessante del racconto, scrive Lara Pavanetto, riguarda la testimonianza di Emma O’Really, massaggiatrice per tre anni (a partire dal 1998) dell’Us Postal, la squadra del trionfatrice al Tour.Nel giugno del 1999, la O’Really registra sul suo diario un colloquio con Lance. L’americano le dice che, con l’ematocrito basso, non si possono fare grosse performace. Lei allora gli chiede cosa intenda fare: «Quello che fanno tutti gli altri», ribatte lui, che più tardi, durante il Tour, le chiederà anche di coprire con fondotinta i segni delle iniezioni sulle braccia. L’americano fu trovato positivo ai corticoidi ad un controllo al Tour de France del 1999, ma fu discolpato dall’Uci (Unione ciclismo internazionale) dopo aver spiegato di aver «utilizzato una pomata contenente una sostanza vietata per curare una ferita procuratagli dal sellino della bicicletta». Armstrong affermò sempre di non avere mai assunto prodotti vietati, neppure a causa del suo tumore, che gli provocava una carente produzione fisiologica di testosterone, con la necessità dunque di assumerlo. Il libro riporta anche i pareri di scienziati illustri, i quali ritenevano umanamente impossibile – dopo un tumore, metastasi, operazioni, chemioterapie – andare forte come Armstrong, e vincere sei Tour de France.A Philippe Brunel, per il libro uscito nel 2002, Marco Pantani confida: «E’ strano, ogni volta che si parla di Armstrong tutti stanno zitti, come se nessuno avesse un’opinione. Io, in ogni caso non ci credo. E non ci crederò mai. È un personaggio finto, una specie di eroe dei fumetti – guarda, è Spiderman. Ora, chi l’ha creato? Chi lo ha voluto così? Non ne so nulla. Ma sono troppo realista per credere alla sua storia». Ma Lance Armstrong in quegli anni poteva fare e dire di tutto, e – come diceva Pantani – nessuno sembrava vedere nulla. Era “invicibile”, Armstrong. «L’amico dei repubblicani, l’amico di George W. Bush. L’amico di tanti politici e tante star di Hollywood. Armstrong sognava di correre un giorno per la poltrona di governatore del Texas e magari in seguito puntare anche alla Casa Bianca», scrive Pavanetto. Le sue perfomance “aliene” «avevano accelerato la mondializzazione di uno sport che storicamente era di matrice europea: grazie a lui, nel mondo del ciclismo la lingua inglese soppiantò il francese». Con Lance Armstrong diventarono volti abituali quelli dei cronisti del “New York Times”, del “Financial Times”, del “Wall Street Journal”, e quelli degli inviati di reti televisive come la “Cnn” o la “Cbs”, «che non perdevano una tappa se targata Armstrong: il re assoluto e incontrastato del ciclismo, temuto e idolatrato».Armstrong fu anche «l’amico di tanti potenti dello sport mondiale», e donò all’Uci centomila dollari nel 2000 per comprare dei macchinari antidoping. «Tutto quello che ha fatto Armstrong è stato possibile perché qualcuno gliel’ha permesso». Parafransando le parole di Pantani: «Chi lo ha creato? Chi l’ha voluto così?». Il doping serve a vincere, ma soprattutto a fare moltissimi soldi, ricorda Lara Pavanetto. «In due decenni di attività come ciclista professionista, grazie alle sponsorizzazioni, Lance Armstrong ha accumulato un patrimonio stimato attorno ai 125 milioni di dollari». Ma anche gli sponsor fanno fiumi di soldi col doping, «per cui la diffusione del fenomeno non è attribuibile solo ad atleti, allenatori, medici o direttori sportivi, ma anche a chi alimenta l’ingranaggio». Come l’Us Postal Service: «Fu lo sponsor di Armstrong tra il 2001 e il 2004, spese 32,27 milioni di dollari per sponsorizzare il team di Armstrong e ricevette benefici di immagine e marketing per 103,63 milioni». Come sottolineò l’avvocato di Armstrong, Tim Herman, a scandalo doping ormai scoppiato, «il ritorno per il ministero delle Poste statunitensi fu del 320% in quattro anni».I guai di Pantani, ricorda Pavanetto, iniziano il 5 giugno 1999 subito dopo l’arrivo a Madonna di Campiglio, penultima tappa di un Giro d’Italia che il Pirata aveva dominato e praticamente già vinto. «Sottoposto a un controllo del sangue, il suo ematocrito fu trovato fuori norma e, da regolamento, gli fu vietato di gareggiare per i seguenti 15 giorni. Il Giro dunque era perso». Anche le sue vittorie passate, a questo punto, vengono messe in discussione. «Tutta la sua carriera è messa in dubbio», tanto che Pantani non partecipò al Tour de France un mese dopo. «In quel momento era un campione nella sua fase di massimo rendimento: l’anno prima, il 1998, aveva vinto sia il Giro che il Tour. La sua popolarità era enorme e internazionale». Nel 2000, Pantani riuscì a prepararsi per partecipare al Tour e ne fu ancora un protagonista. Ma nel 2001 al Giro d’Italia ci fu la vicenda della siringa di insulina trovata nell’albergo dei ciclisti e attribuita a lui, che fu condannato. «Per questo episodio Leblanc, l’organizzatore del Tour, rifiutò l’iscrizione di Pantani all’edizione di quell’anno». Nel Giro del 2003, Pantani arrivò quattordicesimo, un risultato normale considerata la preparazione per forza scadente. «Quando Leblanc rifiutò nuovamente la sua iscrizione al Tour di quell’anno, Pantani gettò la spugna». Pochi mesi dopo, il 14 febbraio 2004, fu trovato morto nel residence “Le Rose” di Rimini, dove aveva soggiornato per una settimana, confermando l’alloggio giorno per giorno.Il motivo della morte fu fissato dal medico legale in overdose di cocaina, e ancora ad oggi questa è la versione ufficiale. «Nel frattempo c’erano anche stati i procedimenti giudiziari aperti contro di lui dalla giustizia ordinaria italiana, sempre per illecito uso di sostanze dopanti», scrive Pavanetto. «Alla fine Pantani era stato assolto da ogni reato, ma intanto sette Procure lo avevano portato a giudizio e le sue spese legali erano ammontate in totale a un miliardo e mezzo di lire». Nel frattempo comincia a brillare la stella di Lance Armstrong, che proprio a partire dal 1999 inizia a vincere “facile”: cinque Tour de France di fila (dal 1999 al 2003). «Ogni volta succede qualcosa che gli toglie di mezzo l’avversario più forte, cioè Marco Pantani: nell’edizione del ‘99 Pantani era assente per la vicenda di Madonna di Campiglio; in quella del 2000 era presente ma psicologicamente sotto pressione, il 2 marzo si era ritirato dalla Vuelta de Murcia per “stato acuto di stress”; al Giro aveva subito gli umilianti controlli medici a sorpresa dell’Uci; nelle successive gare Pantani era assente perché la sua iscrizione era stata respinta». Lara Pavanetto fa notare che nel 2000, pur nelle condizioni in cui era, il Pirata era stato l’unico ad attentare alla leadership di Armstrong: «Vinse due importanti tappe di montagna, una scalando il Mont Ventoux e l’altra a Courchevel». E’ indubbio che l’assenza di Pantani spianò la strada ad Armstrong.Alcuni mesi dopo la conclusione del Giro del 1999, continua Pavanetto, emerse l’ipotesi che Pantani fosse stato boicottato dall’ambiente delle scommesse clandestine italiane. Un’ipotesi che è ritornata prepotentemente in auge con due libri usciti di recente: “Pantani è tornato. Il complotto, il delitto, l’onore”, di Davide de Zan (Piemme, 2014), e “Il caso pantani. Doveva morire”, di Luca Steffenoni (Chiarelettere, 2017). Quella delle scommesse clandestine «resta sempre sullo sfondo ormai come unica ipotesi, quasi unico movente, assieme alla cocaina, della carriera rovinata del campione e poi della sua morte». Ma se lo scopo era quello di far perdere a Pantani, a due giornate dalla fine, un Giro che aveva già vinto per guadagnare sulle puntate, perché poi – si domanda Pavanetto – continuare il complotto negli anni successivi e nei vari livelli in Italia e in Francia, e presso l’Unione Ciclistica Internazionale? «E chi mai, nell’ambiente delle scommesse clandestine italiane, avrebbe avuto tali poteri di manipolazione a livello mondiale?». Ancora: «Il fatto che il ministero delle Poste americano sponsorizzasse uno squadrone ciclistico che, si può ben dire, andò all’attacco del ciclismo europeo, non è mai sembrato strano a nessuno?».Soltanto dopo la morte di Pantani si seppe che la “prodigiosa” ascesa di Lance Armstrong «fu viziata da un uso criminale del doping, per vincere a tutti i costi». Ma, appunto: «Nessuno all’epoca vide nulla?». Come disse Pantani: «E’ strano, ogni volta che si parla di Armstrong tutti stanno zitti, come se nessuno avesse un’opinione». Forse, conclude Lara Pavanetto, «era molto pericoloso avere un’opinione sullo squadrone e sulla star della Us Postal Service». E a quanto sembra, «ancora oggi è meno pericoloso avere un’opinione sulle scommesse della criminalità organizzata, che sulla storia dell’Us Postal Service». Si può parlare con una certa tranquillità delle scommesse clandestine gestite dalla mafia attorno al ciclismo delle gare truccate, mentre resta estremamente rischioso, ancora oggi, aprir bocca «sulla strana sincronicità degli eventi che videro tramontare la stella del Pirata e sorgere, luminosa e prepotente, quella di Lance Armstrong».Sulla misteriosa morte di Pantani, dice Pavanetto, resta fondamentale l’analisi offerta da Paolo Franceschetti sul suo blog: un delitto “rituale”, firmato Rosa Rossa nel residence “Le Rose” con quel sibillino biglietto: “Oggi le rose sono contente, la rosa rossa è la più contata”. In realtà, sottolinea la ricercatrice ricorda che nessun esame grafologico ha finora attestato che quelle frasi – su carta intestata dell’hotel – siano state scritte proprio da Pantani. «Io ne dubito fortemente – dice – anche perché secondo me in quelle poche, apparenti sconnesse righe potrebbero esserci la firma e il movente dell’assassino, seppure espresso in un modo allegorico e per certi versi burlesco, quasi si trattasse di un macabro gioco». A parte il passaggio sulle “rose”, il libro di Philippe Brunel sostiene che, in quel foglio, Pantani (o chi per lui) parla di «coincidenze saline» e di «una strana alchimia, dove si mette in relazione il fosforo con il potassio, la linfa, la “clorofilla di sangue”», e si legge: «Tutto passa come il mare». L’alchimia è la prima cosa che salta all’occhio, conferma Pavanetto. «Queste parole sembrano descrivere una trasmutazione alchemica. Il fosforo, simbolo dell’illuminazione spirituale; il potassio, la linfa; e soprattutto la “clorofilla di sangue”, e infine quel “tutto passa con il mare”».La clorofilla è chiamata anche “sangue vegetale” e può essere considerata un vero rigeneratore per le cellule, in quanto apporta ossigeno. «Può essere utile in varie forme di anemia, migliora la contrazione cardiaca e si rivela utile soprattutto per gli sportivi poiché ne aumenta la resistenza». E’ chiamata “sangue vegetale”, spiega Pavanetto, perché la sua struttura chimica è simile a quella dell’emoglobina, con la sola differenza che la clorofilla contiene magnesio anziché ferro. «Sin dal 1936 fu studiata come fattore per la rigenerazione del sangue, soprattutto in relazione all’emofilia». Studi che poi «servirono molto nel mondo del doping, dove appunto si “esercita” la rigenerazione del sangue». Sembra un macabro gioco di specchi e scatole cinesi, continua Lara Pavanetto: sapete qual è il simbolo alchemico del magnesio? La lettera D. E Pantani soggiornava (e morì) nella camera D5.Attenzione: il numero 5, «essenza del Pentacolo, è ricondotto al numero degli elementi, la quintessenza spirituale e i quattro elementi abituali: Acqua, Fuoco, Terra e Aria». I quattro elementi alchemici. “E tutto passa come il mare”: il mare «fu per gli alchimisti l’acqua mercuriale, l’elisir, l’oceano increato dove la materia prima subì il processo di trasformazione e di maturazione fino allo stato di perfezione». E, a proposito di “contrappasso” dantesco, Lara Pavanetto ricorda il canto primo del Purgatorio, nella “Divina Commedia”, in cui Virgilio lava Dante dalla “nerezza” dell’Inferno: «Con le mani bagnate dalla rugiada del mattino, Virgilio rimuove dalle guance lacrimose di Dante quella nerezza che l’Inferno gli aveva lasciato. Poi lo cinge con un giunco sottile che cresce nel limo del mare, giunco che nasce miracolosamente là dove viene reciso. E’ un nuovo battesimo, una nuova purificazione eseguita questa volta con la rugiada, cioè acqua che viene dal cielo, simbolo di doni spirituali». Recita quel fatidico biglietto: “E tutto passa come il mare”. Firma e chiave “rituale”, con spiegazione simbolica, dell’omicidio del campione ribelle che doveva essere punito in modo esemplare?Vuoi vedere che Pantani è stato distrutto e poi eliminato anche per evitare che facesse ombra a Lance Armstrong, il super-campione (artificiale) vicino ai Bush? Doping, ciclismo e morte: secondo Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, l’industria segreta del doping usa i ciclisti come cavie per sperimentare nuove, micidiali droghe “performanti”, destinate a soldati e guerriglieri: un business colossale, realizzato con la copertura di case farmaceutiche e gestito da poteri “supermassonici” pronti a eliminare fisicamente chiunque osi ribellarsi. Come Pantani, per esempio? La sua fine: un monito, per qualsiasi altro ciclista che avesse provato a rifiutare la siringa? Supermassoni reazionari i Bush, “padrini” di Armstrong. Esoteristi, probabilmente, anche i killer di Pantani: lo afferma Lara Pavanetto, analizzando lo strano messaggio “alchemico” rinvenuto nella stanza in cui il campione romagnolo morì. Per Paolo Franceschetti, avvocato per lunghi anni, quel delitto è “firmato” Rosa Rossa, potente associazione occultistica all’origine di svariati crimini eccellenti, come quello del Mostro di Firenze: il delitto rituale come pratica “magica”, e il clamore mediatico come utile mezzo per spaventare l’opinione pubblica, rendendola più docile verso l’autorità costituita. Il ribelle Pantani? Andava punito e infangato con la pena del contrappasso. Aveva evocato lo spettro del doping? Bene, sarebbe morto disonorato: spacciato per cocainomane.
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Bin Laden massone, Kevin Spacey silurato dal Bohemian
Tutti a gonfiare il coro istituzionale contro le cosiddette “fake news” provenienti dal web, ma tutti zitti se la valanga del gossip al veleno travolge un monumento del cinema come Woody Allen. O magari un altro big di Hollywood del calibro di Kevin Spacey, messo fuori gioco – combinazione – dopo che la seguitissima serie di cui era protagonista, “House of Cards”, un successo platenario, aveva appena evocato l’ombra del super-potere massonico dietro alla Casa Bianca. “Fake news”? Maneggiare con cura, specie se a bandire l’attuale crociata è questo mainstream reticente e asservito, negazionista e tendenzioso: stampa e network televisivi sono sempre stranamente “distratti” di fronte alle verità più imbarazzanti. Una delle peggiori? Osama Bin Laden socio dei Bush: non solo per affari di petrolio, ma anche di terrorismo. Possibile? «Eccome. Così com’è assolutamente pacifico il fatto che Bin Laden fosse massone». Lo afferma Gioele Magaldi, autore del besteller “Massoni” pubblicato da Chiarelettere a fine 2014. Il capo di Al-Qaeda in grembiulino? «Senz’altro. Fu iniziato alla Ur-Lodge “Three Eyes” da quel grande stratega americano che fu Zbigniew Brzezinski, “mente” geopolitica dell’amministrazione Carter, poi “king maker” per l’elezione di Wojtyla al soglio pontificio e infine ispiratore della candidatura Obama».E’ un fiume in piena, Magaldi, nella diretta radiofonica “Massoneria on Air” ai microfoni di “Colors Radio” il 29 gennaio. «Scusi, ma lei come fa a dire che Bin Laden era massone?», lo incalza un ascoltatore. «Lo seppi direttamente da chi lo iniziò», risponde Magaldi: «Fu Brzezinski a rivelarmelo», mostrandogli anche la documentazione comprovante l’affiliazione di Bin Laden alla “Three Eyes”, superloggia neo-conservatrice alla quale, secondo Magaldi, appartengono eminenti figure dell’attuale panorama istituzionale – fra gli italiani, Mario Draghi e Giorgio Napolitano, insieme a Marta Dassù (Finmeccanica) e Gianfelice Rocca (Techint e Assolombarda), fino all’ex ministra renziana Federica Guidi. Un peso massimo, la “Three Eyes” (leader storico, Henry Kissinger) nell’ispirazione delle politiche neo-feudali e neoliberiste, fedelmente “eseguite” da personaggi come la francese Christine Lagarde (Fmi), l’americana Condoleezza Rice, il portoghese Pedro Passos Coelho, l’ex premier greco Antonis Samaras, l’olandese Mark Rutte. Ma Bin Laden? «Fu “reclutato” da Brzezinski per essere impiegato in Afghanistan in chiave anti-sovietica», poi però lo stesso Bin Laden lasciò la “Three Eyes”, spiazzando Brzezinski, per approdare alla “Hathor Pentalpha” fondata dai Bush.La “Hathor” è la “loggia del sangue della vendetta” sospettata di aver orchestrato il maxi-attentato dell’11 Settembre. Secondo Magaldi vi fanno parte l’inglese Blair, il francese Sarkozy, il turco Erdogan e lo stesso Abu Bakr Al-Bahdadi, il fantomatico capo dell’Isis, cioè l’ultima incarnazione della “strategia della tensione internazionale” che ha suscitato sconcerto persino tra i falchi della destra economica super-massonica. «Posso provare ogni mia affermazione, esibendo 6.000 pagine di documenti», assicura Magaldi. Qualcuno gliene ha fatto richiesta? Nessuno, mai. Silenzio assoluto, anche sui giornali, di fronte a notizie teoricamente esplosive, perché consentono di mappare il vero potere e smascherare molta ipocrisia ufficiale. Ma il mainstream, semplicemente, tace. Preferisce frugare tra le lenzuola di Woody Allen, fingendo di ignorare l’ipotesi più ovvia, «e cioè che Mia Farrow, moglie abbandonata, gli abbia “messo contro” i figli adottivi per metterlo in cattiva luce». Addirittura sinistro il caso di Spacey, anche lui accusato di molestie, dopo che “House of Cards” ha lasciato intravedere il ruolo del Bohemian Club, «nota associazione paramassonica mondialista che è lo schermo di alcune potentissime Ur-Lodges neo-aristocratiche».Per Magaldi, questo «nuovo maccartismo, di strano segno» non ha giustificazioni: «Le “bufale” esistono, per carità, ma – se costituiscono diffamazione – sono perseguibili per legge. Altra cosa, invece, è questo clima infame, da caccia alle streghe, degno dei regimi polizieschi di sovietica memoria: un metodo “perfetto”, per far fuori chiunque sia scomodo, prendendo per buone le accuse di qualcuno che ce l’ha con te e, per distruggerti, riesuma episodi vecchi di trent’anni. Hai voglia a difenderti in tribunale: finisci alla berlina all’istante, emarginato». Sta accadendo a Woody Allen, ormai in difficoltà con la distribuzione del suo ultimo film, anche per colpa di «attori anche mediocri, o magari vincitori di un Oscar proprio grazie a lui, che oggi lo scaricano in una gara di zelo verminoso, come fosse un appestato da mettere al bando». Il guaio? «Questo meccanismo, fondato sulla delazione indiscriminata e senza controllo, rende tutti più vulnerabili». Un sospetto: «Penso che alcune “manine” americane abbiano soffiato sul fuoco, per creare un clima adatto a eliminare personaggi non graditi al potere». “Manine” americane, fino agli esecutori italiani: «Da noi, grazie all’ineffabile Minniti, sarà la polizia – non la magistratura – a stabilire se una notizia web è vera o no. Siamo al Ministero della Verità di Orwell, sembra di tornare ai tempi dell’Inquisizione». E nel frattempo, silenzio di tomba sulle notizie più indigeste. Bin Laden? Ma certo, il fanatico islamico: il capo dei cattivi.Tutti a gonfiare il coro istituzionale contro le cosiddette “fake news” provenienti dal web, ma tutti zitti se la valanga del gossip al veleno travolge un monumento del cinema come Woody Allen. O magari un altro big di Hollywood del calibro di Kevin Spacey, messo fuori gioco – combinazione – dopo che la seguitissima serie di cui era protagonista, “House of Cards”, un successo platenario, aveva appena evocato l’ombra del super-potere massonico dietro alla Casa Bianca. “Fake news”? Maneggiare con cura, specie se a bandire l’attuale crociata è questo mainstream reticente e asservito, negazionista e tendenzioso: stampa e network televisivi sono sempre stranamente “distratti” di fronte alle verità più imbarazzanti. Una delle peggiori? Osama Bin Laden socio dei Bush: non solo per affari di petrolio, ma anche di terrorismo. Possibile? «Eccome. Così com’è assolutamente pacifico il fatto che Bin Laden fosse massone». Lo afferma Gioele Magaldi, autore del besteller “Massoni” pubblicato da Chiarelettere a fine 2014. Il capo di Al-Qaeda in grembiulino? «Senz’altro. Fu iniziato alla Ur-Lodge “Three Eyes” da quel grande stratega americano che fu Zbigniew Brzezinski, “mente” geopolitica dell’amministrazione Carter, poi “king maker” per l’elezione di Wojtyla al soglio pontificio e infine ispiratore della candidatura Obama».
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Ur-Lodges, gli uomini al comando: la mappa del vero potere
Mario Draghi (classe 1947, presidente della Banca centrale europea dal 2011, affiliato alla “Edmund Burke”, alla “Pan-Europa”, alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”, alla “Three Eyes” e alla “Der Ring”). Giorgio Napolitano (classe 1925, già presidente della Repubblica italiana, affiliato alla “Three Eyes”). Massimo D’Alema, affiliato alla “Pan-Europa” e alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”. Mario Monti (classe 1943, economista, senatore a vita e presidente del Consiglio italiano dal 2011 al 2013, affiliato in forma più o meno coperta alla United Grand Lodge of England e alla Ur-Lodge “Babel Tower”). Fabrizio Saccomanni (classe 1942, banchiere, economista, già direttore generale della Banca d’Italia dal 2006 al 2013, dal 2013 al 2014 è stato ministro dell’economia del governo Letta, affiliato alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum” e alla “Edmund Burke”). Pier Carlo Padoan (classe 1950, economista, dal 24 febbraio 2014 ministro dell’economia nel governo Renzi e nel governo Gentiloni, affiliato alla “Pan-Europa” e alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”).Gianfelice Rocca (classe 1948, tra i più importanti imprenditori italiani, presidente di Techint e di Assolombarda, affiliato alla “Three Eyes”). Domenico Siniscalco (classe 1954, economista, banchiere, già ministro dell’economia dal 2004 al 2005, affiliato alla “Edmund Burke”). Giuseppe Recchi (classe 1964, top manager, affiliato alla “Three Eyes”). Marta Dassù (classe 1955, saggista, già sottosegretaria e viceministra degli affari esteri, attualmente nel cda di Finmeccanica, affiliata alla “Three Eyes”). Corrado Passera (classe 1954, banchiere, manager, politico, già ministro dello sviluppo economico dal 2011 al 2013 nel governo Monti, affiliato alla “Atlantis-Aletheia”). Ignazio Visco (classe 1949, economista, governatore della Banca d’Italia dal 2011, affiliato alla “Edmund Burke”).Enrico Tommaso Cucchiani (classe 1950, banchiere e top manager, affiliato alla “Three Eyes”). Alfredo Ambrosetti (classe 1931, economista, fondatore e presidente emerito di The European House-Ambrosetti, affiliano alla “Pan-Europa”).Carlo Secchi (classe 1944, economista e politico, affiliato alla “Three Eyes”, alla “Pan-Europa” e alla “Babel Tower”). Emma Marcegaglia (classe 1965, imprenditrice e top manager, affiliata alla “Pan-Europa”). Matteo Arpe (classe 1964, banchiere e top manager, affiliato alla “Edmund Burke”). Vittorio Grilli (classe 1957, economista, direttore generale del ministero del Tesoro dal 2005 al 2011 e ministro dell’economia con il governo Monti, affiliato alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”). Giampaolo Di Paola (classe 1944, ammiraglio, ministro della difesa dal 2011 al 2013 con il governo Monti, affiliato alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”). Federica Guidi (classe 1969, imprenditrice, già ministro dello sviluppo economico del governo Renzi, affiliata alla “Three Eyes”).Angela Merkel (classe 1954, politica, cancelliera tedesca dal 2005, affiliata alla “Golden Eurasia”, alla “Valhalla” e alla “Parsifal”). Vladimir Putin (classe 1952, attuale presidente della Federazione Russa, affiliato alla “Golden Eurasia”). Christine Lagarde (classe 1956, avvocatessa e politica francese, direttrice del Fondo Monetario Internazionale, affiliata alla “Three Eyes” e alla “Pan-Europa”). George W. Bush (classe 1949, presidente degli Stati Uniti dal 2001 al 2009, affiliato alla “Hathor Pentalpha”). Michael Ledeen (classe 1941, giornalista, intellettuale e politologo statunitense, affiliato alla “White Eagle” alla “Hathor Pentalpha”). Condoleezza Rice (classe 1954, politica, affiliata alla “Three Eyes” e alla “Hathor Pentalpha”, già esponente di punta dell’amministrazione Bush). Abu Bakr Al-Baghdadi (classe 1971, terrorista iracheno, leader dell’Isis e Califfo dell’autoproclamato Stato islamico, affiliato alla “Hathor Pentalpha”).José Manuel Durão Barroso (classe 1956, portoghese, docente universitario, politico, presidente della Commissione Europea dal 2004 al 2014, affiliato alla “Pan-Europa” e alla “Parsifal”). Olli Rehn (classe 1962, politico finlandese, già vicepresidente della Commissione Europea, affiliato alla “Pan-Europa” e alla “Babel Tower”). Tony Blair (classe 1953, premier britannico dal 1997 al 2007, affiliato alla “Edmund Burke” e poi alla “Hathor Pentalpha”). David Cameron (classe 1966, premier britannico dal 2010, affiliato alla “Edmund Burke” e alla “Geburah”). Pedro Passos Coelho (classe 1964, primo ministro del Portogallo dal 2011, affiliato alla “Three Eyes”, alla “Edmund Burke” e alla “White Eagle”). Mariano Rajoy (classe 1955, primo ministro della Spagna dal 2011, affiliato alla “Pan-Europa”, alla “Valhalla” e alla “Parsifal”). Antonis Samaras (classe 1951, politico, già primo ministro della Grecia, affiliato alla “Three Eyes”). Jean-Claude Trichet (classe 1942, economista e banchiere francese, presidente della Bce dal 2003 al 2011, affiliato alla “Pan-Europa”, alla “Babel Tower” e alla “Der Ring”.Bernard Arnault (classe 1949, imprenditore francese, dominus della Louis Vuitton Moët Hennessy, affiliato alla “Three Eyes” e alla “Edmund Burke”). Nicolas Sarkozy (classe 1955, politico, presidente della Repubblica francese dal 2007 al 2012, affiliato alla “Edmund Burke”, alla “Geburah”, alla “Atlantis-Aletheia”, alla “Pan-Europa” e alla “Hathor Pentelpha”). Manuel Valls (classe 1962, già primo ministro francese, iniziato a suo tempo nel Grand Orient de France e poi affiliato alla “Edmund Burke”, alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum” e alla “Der Ring”). Christian Noyer (classe 1950, banchiere, attuale governatore della Banca di Francia, affiliato alla “Pan-Europa”, e alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”). Mark Rutte (classe 1967, primo ministro dei Paesi Bassi dal 2010, affiliato alla “Three Eyes” e alla “Pan-Europa”). Ben van Beurden (classe 1958, top manager olandese, ceo della Royal Dutch Shell, affiliato alla “Geburah” e alla “Der Ring”). Wolfgang Schäuble (classe 1942, politico, attuale ministro delle finanze tedesco, attuale maestro venerabile della “Der Ring”, affiliato alla “Joseph de Maistre”). Peter Voser (classe 1958, top manager olandese e ceo della Royal Dutch Shell, affiliato alla “Pan-Europa”). Bill Gates (classe 1955, imprenditore statunitense fondatore della Microsoft, affiliato alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”).(Elenco sintetico di eminenti personalità italiane e internazionali affiliate a superlogge neo-conservatrici e reazionarie, fornito dal libro di Gioele Magaldi “Massoni. Società a responsabilità illimitata. La scoperta delle Ur-Lodges”. Secondo Magaldi, già “venerabile” della loggia romana Monte Sion del Grande Oriente d’Italia e poi iniziato alla superloggia sovranazionale progressista “Thomas Paine”, le 36 logge madri di cui ha rivelato l’esistenza costituirebbero l’autentico “back-office” del potere mondiale. Nel dopoguerra e fino agli anni ‘70, sostiene Magaldi, la leadership internazionale è stata esercitata in questo ambito da strutture di orientamento progressista, rooseveltiano e keynesiano, con esiti misurabili in Europa dall’impegno di personaggi come l’inglese William Beveridge, “l’inventore” del welfare, e lo svedese Olof Palme, punta avanzata della miglior socialdemocrazia europea. Poi, dagli anni ‘80, anche gli esponenti della tradizione socialista – da Blair a D’Alema, da Manuel Valls allo stesso Napolitano – sarebbero stati affiliati a Ur-Lodge di segno neo-feudale e oligarchico, massime interpreti della globalizzazione più vorace e privatizzatrice).Mario Draghi (classe 1947, presidente della Banca centrale europea dal 2011, affiliato alla “Edmund Burke”, alla “Pan-Europa”, alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”, alla “Three Eyes” e alla “Der Ring”). Giorgio Napolitano (classe 1925, già presidente della Repubblica italiana, affiliato alla “Three Eyes”). Massimo D’Alema, affiliato alla “Pan-Europa” e alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”. Mario Monti (classe 1943, economista, senatore a vita e presidente del Consiglio italiano dal 2011 al 2013, affiliato in forma più o meno coperta alla United Grand Lodge of England e alla Ur-Lodge “Babel Tower”). Fabrizio Saccomanni (classe 1942, banchiere, economista, già direttore generale della Banca d’Italia dal 2006 al 2013, dal 2013 al 2014 è stato ministro dell’economia del governo Letta, affiliato alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum” e alla “Edmund Burke”). Pier Carlo Padoan (classe 1950, economista, dal 24 febbraio 2014 ministro dell’economia nel governo Renzi e nel governo Gentiloni, affiliato alla “Pan-Europa” e alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”).
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Chi prende il comando, se il presidente americano muore
Cosa hanno in comune Andrew Cuomo e Dick Cheney, Ted Stevens ed Eric Holder, Bob Gates e Terrel Bell? Apparentemente nulla se non una profonda rivalità politica. Eppure tutti quanti rientrano in una categoria forse ai più sconosciuta, ma di importanza strategica per le dinamiche a stelle e strisce. Parliamo dei designated survivors, i sopravvissuti designati, detti anche i presidenti (mancati) per un giorno. Ossia, chi deve essere pronto a guidare il paese se tutti quelli che lo precedono nella linea di successione alla Casa Bianca vengono a mancare. Cosa accadrebbe infatti se si verificasse un cataclisma o un attentato nelle occasioni in cui il Commander in Chief e gli altri membri della linea di successione si trovano nel medesimo luogo, per esempio quando il Congresso è riunito in seduta comune? L’intera catena di comando americana verrebbe annientata, e il paese si troverebbe senza nessuna autorità riconosciuta. Per questo, dagli anni della guerra fredda, quando era forte il timore di un attacco nucleare, c’è la consuetudine di nominare i sopravvissuti designati, che vengono tenuti in un posto fisicamente lontano, sicuro e segreto, per mantenere ininterrotta la catena di comando in caso un evento catastrofico elimini tutti gli altri.La legge statunitense non prevede che altre persone oltre quelle della lista possano accedere al potere, e quindi nell’ipotesi di una catastrofe, deve esserci qualcuno che prenda in mano le redini della nazione. Quella dei sopravvissuti designati è una figura istituzionale negli Usa, che può essere rivestita solo da chi possiede i requisiti costituzionali per diventare presidente. Il prescelto entra in gioco in alcuni momenti particolarmente significativi dell’anno: per esempio, durante il discorso sullo Stato dell’Unione, il messaggio che l’inquilino della Casa Bianca legge annualmente alle Camere in seduta comune, e durante la cerimonia di insediamento del presidente. A levare i veli a questa categoria di politici è stata ancor prima delle cronache politiche delle cannoniere mediatiche Usa una serie televisiva americana chiamata appunto “Designated Survivor”, trasmessa dal 21 settembre 2016 dall’emittente “Abc”. Da poco è iniziata la seconda stagione, che va in onda anche in Italia su Netflix, dal 6 ottobre. La serie ha come protagonista Kiefer Sutherland nei panni di un membro di poco rilievo del gabinetto Usa, Tom Kirkman, segretario dello sviluppo urbano, che è stato scelto come sopravvissuto designato per il discorso sullo Stato dell’Unione.Kirkman sta seguendo l’appuntamento con la moglie Alex davanti al televisore, quando il Campidoglio viene fatto saltare in aria uccidendo il presidente, il vicepresidente e quasi tutti i membri del Congresso, dell’amministrazione e i giudici della Corte Suprema. E lui viene portato di fretta alla Casa Bianca per assumere le funzione di presidente. La consuetudine va avanti dal 1981, a partire dall’insediamento al 1600 di Pennsylvania Avenue di Ronald Reagan, 40esimo presidente degli Stati Uniti. Il primo sopravvissuto designato di cui si ha notizia è Terrel Bell, segretario dell’Istruzione, che il 18 febbraio fu tenuto in un luogo segreto durante il discorso presidenziale al Congresso in seduta comune. La maggior parte di loro sono sconosciuti ai più, ma scorrendo la lista si trova anche qualche nome noto, come l’attuale governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo, che il 19 gennaio del 1999, durante il discorso sullo Stato dell’Unione dell’allora presidente Bill Clinton, fu scelto come designated survivor. Il democratico a quell’epoca ricopriva il ruolo di segretario dello sviluppo urbano. Sebbene nella realtà nessuno dei sopravvissuti designati abbia preso in mano le redini del paese, come avviene nella fiction, la figura ha assunto una maggiore rilevanza dopo gli attentati dell’11 settembre 2001.In momenti particolarmente difficili della storia americana, il designated survivor è addirittura il vicepresidente, così da assicurare al paese una leadership autorevole in caso di bisogno. Proprio ciò che accadde il 20 settembre 2001, nove giorni dopo gli attacchi alle Torri Gemelle e al Pentagono: durante il discorso al Congresso di George W. Bush è stato il numero due Dick Cheney a rivestire questo ruolo. Il leader dei falchi dell’amministrazione, che facevano capo alla corrente dei neocon, dopo l’11 settembre assunse direttamente la gestione della crisi in atto, e per motivi di sicurezza rimase per un periodo sempre fisicamente distante da Bush, alloggiando in una serie di località segrete. Per l’insediamento di Barack Obama nel 2009, invece, è stato scelto Robert Michael Gates, segretario della difesa durante l’era Bush, succeduto al dimissionario Donald Rumsfeld. Nel caso della transizione da un’amministrazione a un’altra, il sopravvissuto designato viene scelto all’interno del gabinetto uscente, visto che il neo eletto deve ancora formare il governo. Dopo la vittoria di Obama, però, fu tutto più semplice, visto che Gates ha accettato di rimanere nel medesimo ruolo anche con il 44esimo presidente sino al 2011, quando è arrivato Leon Panetta. Nell’era Trump i designated survivor sono stati due: il senatore dello Utah Orrin Hatch, scelto per il ruolo durante l’Inauguration Day del 20 gennaio scorso, e David Shulkin, segretario per gli affari dei veterani, sopravvissuto designato al discorso del tycoon al Congresso in seduta comune, il 28 febbraio scorso.(Valeria Robecco, “Gli uomini al comando se i leader Usa muoiono”, dal “Giornale” del 13 ottobre 2017).Cosa hanno in comune Andrew Cuomo e Dick Cheney, Ted Stevens ed Eric Holder, Bob Gates e Terrel Bell? Apparentemente nulla se non una profonda rivalità politica. Eppure tutti quanti rientrano in una categoria forse ai più sconosciuta, ma di importanza strategica per le dinamiche a stelle e strisce. Parliamo dei designated survivors, i sopravvissuti designati, detti anche i presidenti (mancati) per un giorno. Ossia, chi deve essere pronto a guidare il paese se tutti quelli che lo precedono nella linea di successione alla Casa Bianca vengono a mancare. Cosa accadrebbe infatti se si verificasse un cataclisma o un attentato nelle occasioni in cui il Commander in Chief e gli altri membri della linea di successione si trovano nel medesimo luogo, per esempio quando il Congresso è riunito in seduta comune? L’intera catena di comando americana verrebbe annientata, e il paese si troverebbe senza nessuna autorità riconosciuta. Per questo, dagli anni della guerra fredda, quando era forte il timore di un attacco nucleare, c’è la consuetudine di nominare i sopravvissuti designati, che vengono tenuti in un posto fisicamente lontano, sicuro e segreto, per mantenere ininterrotta la catena di comando in caso un evento catastrofico elimini tutti gli altri.