Archivio del Tag ‘George W. Bush’
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Soluzione Finale, la sporca guerra dell’élite contro di noi
Questa Europa è un lager. Perfino il “Corriere della Sera” ha pubblicato giorni fa uno studio dove si evidenzia come negli ultimi anni sia esploso anche in Italia il numero dei bambini poveri; dei bambini che, cioè, nel cuore dell’Occidente “opulento” e “libero”, vivono in condizioni paragonabili a quelle che scandiscono la vita delle famigerate favelas brasiliane. Il “Corriere della Sera”, al pari dei boss mafiosi che mandano una corona di fiori per onorare il funerale di quelli che hanno appena finito di scannare, è parte del progetto genocida in atto. Un progetto che espleta i suoi velenosi effetti senza ricorrere a metodi formalmente cruenti. Perché uccidere, quando si può indurre al suicidio? Perché depredare con la forza ciò che può essere estorto con la carta bollata? Devo ammettere che i nazisti tecnocratici che comandano il globo, appena riunitisi in Giappone per pianificare nuovi stermini e rappresaglie contro una umanità che considerano inferiore e bestiale, sono davvero scaltri.Uno dei miti più in voga che dà forza alla narrazione luciferina prevalente che tende a legittimare un modello di governo fondato sulla menzogna, sul sopruso e sull’imbroglio riguarda il tema della guerra. «Chi di voi ha nostalgia delle brutture del Novecento, quando le guerre lasciavano sul campo milioni di morti sacrificati sull’altare di un nazionalismo anacronistico e aggressivo? Se oggi domina la pace, anzi, se da settanta anni gli europei vivono in armonia, il merito è del processo di unificazione avviato all’indomani del secondo conflitto mondiale. Nessuno ha il diritto di buttare a mare un patrimonio così nobile nato con Spinelli sull’isola di Ventotene». Non è forse questo il ritornello che i servi del regime massonico-mondialista ripetono di continuo come pappagalli ammaestrati? Siete poveri, disoccupati, disperati, ammalati e non curati? Non lamentatevi, dal momento che vi abbiamo perlomeno lasciato la libertà di ammazzarvi da soli, rispondono tra le righe i padroni del vapore. Ebbene, sappiate che il ricatto della “pace”è falso come una banconota da tre euro.Intanto quelli che si gloriano di avere condotto l’umanità sulla via della tolleranza e del progresso sono gli stessi che fomentano, finanziano, pianificano e realizzano di continuo stragi in Medio Oriente. Basta studiare en passant il profilo di una Hillary Clinton, appoggiata discretamente pure dal clan Bush nella corsa alle presidenziali americane, per rendersene conto. In secondo luogo non è vero che la guerra è stata bandita nel “mondo libero”, avendo semmai assunto forme asimmetriche, ipocrite e dissimulate. La guerra, è vero, non si combatte più “orizzontalmente” tra eserciti regolari. La guerra moderna, che è in atto ed è altrettanto sanguinaria e spietata, la combattono trasversalmente i pochi potenti – ovunque dislocati nell’orbe terracqueo – contro i tanti poveracci che brulicano senza sosta in cerca di sicurezze che mai troveranno. Detta in termini più chiari ed espliciti: Obama, Merkel, Hollande, Abe, Cameron e compagnia non si combattono tra di loro perché già impegnati nel combattere insieme una guerra sporca contro tutti noi; i rappresentanti politici delle élite economiche e finanziarie dei rispettivi paesi colpiscono come un sol uomo gli esclusi e i deboli in quanto tali, senza cioè farsi condizionare da questioni di razza, sesso o religione, fattori da essi stessi marxianamente considerati poco più che “sovrastruttura”.In questo modo le élite colpiscono nell’ombra e non rischiano quasi nulla. Immaginate come sarebbe oggi il mondo se Hilter e Stalin, anziché sfidarsi mortalmente, avessero trovato all’epoca un accordo tra di loro sulle pelle delle classi subordinate tanto russe quanto tedesche. La “pace” di cui oggi “godiamo” è frutto di uno scellerato patto che “blinda” soltanto i vertici della Piramide. Per cui non bisogna lasciarsi impaurire dalle letture distorte e interessate veicolate da figuri come Giorgio Napolitano, pericolosissimo elemento che ha lavorato e lavora come pochi per disintegrare il benessere materiale e spirituale dell’Italia. Chi governa sulla paura è ontologicamente un farabutto. Chi propone di accettare una scelta dolorosa, non per convinzione ma per evitare guai peggiori, è certamente un delinquente da segnare con matita rossa per poi colpire (politicamente s’intende) con intensità e cinismo nel momento più opportuno. Fretta e isteria sono sempre cattive consigliere.Per Tony Blair, ad esempio, macellaio che falsificò documenti per giustificare una scellerata guerra in Iraq, il momento delle “spiegazioni” è quasi arrivato. Il 6 luglio verrà infatti pubblicato un report all’interno del quale saranno messe in evidenza le tante porcherie commesse dall’ex premier inglese. Solo chi insegua la “giustizia” prima o poi rischia di trovarla. Il “sistema” eretto dai massoni mondialisti e nazisti tecnocratici, che punta finalisticamente alla creazione di un mondo reso omogeneo dalla divinizzazione dei “diritti cosmetici” (a scapito di quelli sostanziali, economici e sociali), da realizzare per mezzo di endemici shock sapientemente cadenzati nel tempo, comincia a scricchiolare. In Austria hanno dovuto ricorrere all’utilizzo di pacchiani brogli elettorali per insediare al potere l’ennesimo personaggio “tegolato” e “ammaestrato”. In Francia il premier Valls ha già dato il via a rastrellamenti in stile Petain. Insomma la resa dei conti è già iniziata e i nemici della verità, della libertà e della democrazia sono spietati e pronti a tutto. I loro effimeri troni, a breve, verranno definitivamente spazzati.(Francesco Maria Toscano, “I nazisti tecnocratici pianificano la Soluzione Finale in danno delle classi subalterne”, dal blog “Il Moralista” del 27 maggio 2016).Questa Europa è un lager. Perfino il “Corriere della Sera” ha pubblicato giorni fa uno studio dove si evidenzia come negli ultimi anni sia esploso anche in Italia il numero dei bambini poveri; dei bambini che, cioè, nel cuore dell’Occidente “opulento” e “libero”, vivono in condizioni paragonabili a quelle che scandiscono la vita delle famigerate favelas brasiliane. Il “Corriere della Sera”, al pari dei boss mafiosi che mandano una corona di fiori per onorare il funerale di quelli che hanno appena finito di scannare, è parte del progetto genocida in atto. Un progetto che espleta i suoi velenosi effetti senza ricorrere a metodi formalmente cruenti. Perché uccidere, quando si può indurre al suicidio? Perché depredare con la forza ciò che può essere estorto con la carta bollata? Devo ammettere che i nazisti tecnocratici che comandano il globo, appena riunitisi in Giappone per pianificare nuovi stermini e rappresaglie contro una umanità che considerano inferiore e bestiale, sono davvero scaltri.
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Un boss disonesto: Obama, il peggior presidente della storia
Bush è stato orribile, come presidente. A quel tempo pensavo che fosse il peggiore presidente della storia americana. Ma poi è arrivato Obama e ha stabilito un sacco di record… Per esempio, l’amministrazione Obama: ha fatto perseguire legalmente più informatori (“whistleblower”, come Edward Snowden) di tutti gli altri presidenti messi assieme. Ha fatto condannare questi informatori a un numero di anni di galera 31 volte superiore a quello di tutti gli altri presidenti messi assieme. Ha perseguito meno reati finanziari di quanto abbiano fatto Reagan, Clinton, ed entrambi i presidenti Bush (per quanto pessima fosse l’amministrazione Bush, almeno ha fatto processare i vertici di Enron, Worldcom, e un po’ di altri truffatori tra i colletti bianchi; al contrario, Obama non ha fatto processare nemmeno uno degli alti dirigenti di Wall Street.) È il presidente meno trasparente di sempre. È più ostile alla stampa di qualsiasi altro presidente nella storia.Obama rivendica il potere di sospendere le libertà degli americani in un modo in cui nessun altro presidente si era permesso… e in cui nemmeno Re Giorgio d’Inghilterra si era permesso. In effetti Obama ci ha fatto retrocedere, in termini di alcune libertà, ai tempi dell’emanazione della Magna Carta, nel 1215 in Inghilterra. Ha reso l’America il paese in cui i cittadini sono i più spiati nella storia dell’umanità. Si può ritenere che abbia centralizzato il potere in misura maggiore che qualsiasi altro presidente. Ha concesso la grazia ai condannati meno volte di qualsiasi altro presidente dopo Garfield, che però governò per soli 200 giorni prima di essere assassinato nel 1881. Potrebbe rivelarsi l’unico presidente della storia Usa durante il cui mandato non si è visto nemmeno un anno di crescita economica al 3% (in termini reali, cioè al netto dell’inflazione).Oltre a questo, durante la presidenza Obama si è visto: il maggiore tasso di disuguaglianza rispetto a qualsiasi altra presidenza; la prima volta nella storia che l’America viene vista come il maggiore pericolo mondiale dai cittadini del resto del mondo; uno dei maggiori aumenti del debito pubblico (in termini netti) della storia americana; forse il governo più corrotto dell’intera storia statunitense. E, come ha notato il “New York Times” questa settimana, Obama come presidente è stato in guerra più a lungo di qualsiasi altro presidente nella storia. Il peggior presidente di sempre!(Zero Hedge, “Obama è il peggior presidente della storia americana”, post ripreso da “Voci dall’Estero” il 17 maggio 2016).Bush è stato orribile, come presidente. A quel tempo pensavo che fosse il peggiore presidente della storia americana. Ma poi è arrivato Obama e ha stabilito un sacco di record… Per esempio, l’amministrazione Obama: ha fatto perseguire legalmente più informatori (“whistleblower”, come Edward Snowden) di tutti gli altri presidenti messi assieme. Ha fatto condannare questi informatori a un numero di anni di galera 31 volte superiore a quello di tutti gli altri presidenti messi assieme. Ha perseguito meno reati finanziari di quanto abbiano fatto Reagan, Clinton, ed entrambi i presidenti Bush (per quanto pessima fosse l’amministrazione Bush, almeno ha fatto processare i vertici di Enron, Worldcom, e un po’ di altri truffatori tra i colletti bianchi; al contrario, Obama non ha fatto processare nemmeno uno degli alti dirigenti di Wall Street.) È il presidente meno trasparente di sempre. È più ostile alla stampa di qualsiasi altro presidente nella storia.
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Trump Show. In alternativa, la sinistra venduta alle banche
Dopo l’estate dell’umiliazione greca è arrivato l’autunno della migrazione respinta poi l’inverno della disgregazione europea e infine la primavera di Donald Trump. Non so se Trump vincerà le elezioni di novembre, non lo credo, anche se i sondaggi cominciano a dargli un vantaggio su Hillary Clinton. La sua ascesa trionfale va comunque interpretata. Partiamo da lontano. Agli operai tedeschi affamati e umiliati dall’aggressione finanziaria anglo-francese, Hitler disse: non siete operai sfruttati, ma ariani vincitori. Il nazionalsocialismo nacque da questo cambio di prospettiva. Non intendo dire che stia per ripresentarsi lo scenario degli anni ’30 (anche perché oggi le dimensioni di potenza sono ingigantite), ma intendo dire che la dinamica che portò il nazionalsocialismo al potere si ripresenta. Si ripresenta in contemporanea con un’esplosione dell’ordine che il bacino mediterraneo ha ereditato dal colonialismo. La coincidenza di stagnazione, impoverimento della classe operaia bianca euro-americana e deflagrazione dell’ordine geopolitico produce una forma inedita di nazionalismo aggressivo della razza bianca.La soggettività che si rappresenta in Trump, come nelle forze montanti della destra europea, è l’identità bianca che reagisce disperatamente al suo declino economico, demografico e geopolitico. Lo scenario rischia di divenire terrificante. Il 5 maggio, alle domande dei giornalisti sul trionfo di Trump alle primarie repubblicane, Obama ha risposto con la sua ironia intelligente di politico dell’età moderna: «Non stiamo parlando di entertainment, questo non è un reality show, è una gara per la presidenza degli Stati Uniti». Purtroppo Obama sbaglia, perché i confini tra politica e reality show non sono più quelli che conosceva la ragion politica moderna. La gara per la presidenza degli Stati Uniti è un reality show, e Obama è un personaggio dello show di cui Trump tende a diventare il regista.Gli italiani, che in fatto di anticipazione del potere autoritario hanno una lunga esperienza, hanno imparato a loro spese la lezione. Berlusconi si presentò con una campagna pubblicitaria fondata su due parole di origine calcistica: Forza Italia. I politici risposero che mica si trattava di entertainment, la politica non è uno spot pubblicitario. Il 27 marzo del 1994 Forza Italia vinse le elezioni e i confini della politica furono per sempre ridefiniti. I politici tradizionali pensano che la politica sia il discorso onnicomprensivo, e la pubblicità una dimensione discorsiva particolare. Berlusconi mostrò che la politica è divenuta una sottosfera, che dipende da una sfera pubblica mediatizzata. Il trionfo di Trump è politicamente inspiegabile perché coloro che sono andati a votare alle primarie e che andranno probabilmente a votare a novembre non appartengono al discorso politico ma alla media-sfera del reality show. Per questo molta più gente va a votare, e quella gente sa di trovarsi entro un reality show.Durante il suo viaggio asiatico, per rassicurare gli alleati giapponesi e riferendosi a opinioni espresse da Trump, Obama ha detto che «la persona che ha espresso queste opinioni non sa molto di politica estera o di politica nucleare e neppure del mondo in generale». Naturalmente Obama ha perfettamente ragione: Trump è totalmente ignorante sullo specifico storico, economico e antropologico delle questioni su cui si esprime. Ma quel che Obama sembra non (voler) capire è che l’ignoranza non è affatto un ostacolo sulla strada del potere contemporaneo. Gli americani hanno votato (due volte) un tizio che credeva che i Talebani fossero un gruppo rock prima di scoprire che volavano nel cielo americano in direzione delle torri di Manhattan. Quel tizio ha cambiato la storia del mondo iniziando una guerra infinita. Ciò che dobbiamo capire è che l’ignoranza è una potenza gigantesca, quando è guidata da umiliazione e disperazione.Le politiche neoliberiste hanno portato alla disperazione la grande maggioranza dei lavoratori bianchi occidentali. Questi non vogliono più sentirsi dire che sono operai sfruttati, da quando la sinistra si è messa al servizio delle banche. Come nel 1933 gli operai tedeschi votarono per chi li incitava a sentirsi bianchi ariani e purissimi, e indicava gli ebrei e i rom come nemici mortali – così oggi gli operai dell’Euro-America vogliono sentirsi dire quel che gli dicono Trump, Le Pen, Kazinski, Orban, Putin e Boris Johnson. Vogliono sentirsi dire che sono la razza superiore, e che per questo vinceranno chiudendo i migranti in un gulag di campi di concentramento diffusi lungo le coste sud. Oggi siamo tutti contenti perché in Austria i nazisti sono solo il 49.7%. E intanto l’agenzia finanziaria Morgan Stanley suggerisce ai governi europei di cambiare le loro leggi per rendere possibile una pieno funzionamento del mercato globale. Merkel Hollande, Renzi e Napolitano corrono ad eseguire il diktat delle banche. Aprono la strada al peggio. Lo sanno?(Franco “Bifo” Berardi, “Perché seduce il Trump Show”, da “Micromega” del 26 maggio 2016).Dopo l’estate dell’umiliazione greca è arrivato l’autunno della migrazione respinta poi l’inverno della disgregazione europea e infine la primavera di Donald Trump. Non so se Trump vincerà le elezioni di novembre, non lo credo, anche se i sondaggi cominciano a dargli un vantaggio su Hillary Clinton. La sua ascesa trionfale va comunque interpretata. Partiamo da lontano. Agli operai tedeschi affamati e umiliati dall’aggressione finanziaria anglo-francese, Hitler disse: non siete operai sfruttati, ma ariani vincitori. Il nazionalsocialismo nacque da questo cambio di prospettiva. Non intendo dire che stia per ripresentarsi lo scenario degli anni ’30 (anche perché oggi le dimensioni di potenza sono ingigantite), ma intendo dire che la dinamica che portò il nazionalsocialismo al potere si ripresenta. Si ripresenta in contemporanea con un’esplosione dell’ordine che il bacino mediterraneo ha ereditato dal colonialismo. La coincidenza di stagnazione, impoverimento della classe operaia bianca euro-americana e deflagrazione dell’ordine geopolitico produce una forma inedita di nazionalismo aggressivo della razza bianca.
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11 Settembre: l’uomo che condannò Moro accusa Israele
Accusa i neocon con nomi e cognomi: Paul Wolfowitz allora viceministro al Pentagono, l’israelo-americano Michael Chertoff, il rabbino Dov Zakheim (numero 3 al Pentagono) di essersi infiltrati nel governo Bush jr. e di aver organizzato, “su istigazione di Israele”, il mega-attentato dell’11 Settembre 2001. E non è un complottista marginale: è stato un alto funzionario del Dipartimento di Stato, da Nixon a Carter a Bush-padre, esperto in guerra psicologica, attore in operazioni coperte (come l’uccisione di Moro) per conto degli Stati Uniti. Membro fino al 2012 del Council on Foreign Relations, quindi dell’élite dell’establisment. Né lo si può accusare di avere come motivazione l’antisemitismo: i suoi genitori erano ebrei russo-polacchi fuggiti alla Shoah, lui ha scritto persino una biografia di sua “mamma yiddish”, Teodora. E’ Steve Pieczenik. Una vecchia conoscenza anche per l’Italia, come vedremo. Steve Pieczenik ha detto tutto il 21 aprile 2016, intervistato da Alex Jones, creatore del sito “InfoWars”.La video-intervista, di 47 minuti, è stata diffusa, probabilmente non a caso, nel pieno della campagna americana per incolpare la monarchia saudita del mega-attentato dell’11 Settembre, con la minaccia di pubblicare le 28 pagine del rapporto della Commissione Senatoriale sul 9/11, secretate da Bush jr. proprio perché mostrerebbero il coinvolgimento dei sauditi ai più alti livelli. Steve Pieczenik corregge: sì, c’è stata la cooperazione di “agenti sauditi”, ma il mandante principale è Israele, insiste nell’intervista. Egli si dichiara disposto a testimoniare sotto giuramento davanti a un tribunale federale e rivelare lì le sue fonti, fra cui (dice) “un generale”. L’importanza del testimone non può essere sottovalutata. Il dottor Pieczenik (è psichiatra) fu in Italia nel marzo del 1978 e per tutti i 55 giorni del sequestro di Aldo Moro da parte delle Br; speditovi dall’allora segretario di Stato Cyrus Vance, si inserì nel Comitato di Crisi allestito da Cossiga, allora ministro dell’interno (a fianco del criminologo Franco Ferracuti, l’esperto in difesa e sicurezza Stefano Silvestri, una grafologa e il magistrato Renato Squillante) ufficialmente per dare la sua esperta assistenza al salvataggio del politico italiano e negoziare con le Brigate Rosse. In realtà, come ha rivelato in un libro nel 2008, per assicurarsi che Moro non ne uscisse vivo: gli Usa avevano deciso che Moro doveva essere “sacrificato” per garantire “la stabilità dell’Italia” (nella Nato).Intervistato da “France 5” e poi da Gianni Minoli a “Mixer” nel novembre 2013, Steve Pieczenik ha confermato tutto: per esempio raccontando che silurò l’iniziativa di Paolo VI di raccogliere una grossa somma (pare di dieci miliardi di lire), per pagare un riscatto. «Stavamo chiudendo tutti i possibili canali attraverso cui Moro avrebbe potuto essere rilasciato. Non era per Aldo Moro in quanto uomo: la posta in gioco erano le Brigate Rosse e il processo di destabilizzazione dell’Italia». Chiese Minoli: «Sostanzialmente, lei fin dal primo giorno ha pensato e ha detto a Cossiga: Moro deve morire». «Evidente», rispose il consulente: «Cossiga se ne rese conto solo nelle ultime settimane. Aldo Moro era il fulcro da sacrificare attorno al quale ruotava la salvezza dell’Italia». Sic. Per questo la Procura di Roma, nel 2014, ha accusato l’americano di concorso in omicidio. E Gero Grassi, vicepresidente dei deputati Pd che voleva una nuova commissione d’indagine sul caso, disse: «Steve Pieczenik stava al ministero dell’interno per manipolare le Brigate rosse e arrivare all’omicidio di Aldo Moro».Non è stata la sua unica impresa. Nel Dipartimento di Stato, ai tempi di Reagan, il dottore è stato incaricato di architettare il “cambio di regime” a Panama, ossia il rovesciamento di Noriega (che lo accusò apertamente di essere “un assassino” che aveva ucciso vari suoi collaboratori). Ufficialmente capo-negoziatore in una quantità di prese di ostaggi e dirottamenti (ad opera di Farc colombiane, Abu Nidal, Idi Amin, Olp) ha contribuito a creare la Delta Force, il gruppo di teste di cuoio di intervento rapido in situazioni di crisi. Ha dato le dimissioni quando fallì il tentativo di liberare gli ostaggi americani nell’ambasciata di Teheran; decisione del presidente Carter, ma probabilmente scacco suo, del dottor Pieczenik. S’è rifatto però una carriera di successo ideando trame di thriller per Tom Clancy. Nel 2011 è tornato sotto i riflettori per denunciare che la “cattura di Bin Laden” messa a segno ad Abbottabad in Pakistan e passata come un grande successo del presidente Obama, era stata tutta una messinscena (ne abbiamo avuto tutti il sospetto): il vero Bin Laden, secondo lui, è morto fin dal 2001, di sindrome di Marfan.Non può esser casuale il fatto che adesso, a 72 anni e a 15 dal mega-attentato, il vecchio agente del Dipartimento di Stato con le mani in pasta in tante storie oscure di destabilizzazione e sovversione, esca ad accusare Israele mentre tutta la grancassa politico-mediatica sta additando gli spregevoli sauditi. Una campagna a cui partecipa stranamente anche Seymour Hersh, il grande giornalista investigativo con “gole profonde” nel settore militare, che ha condotto inchieste scomode per lo “stato profondo” americano. Pochi giorni fa, intervistato da “Alternet”, Hersh ha raccontato: nel 2011 «i sauditi hanno pagato i pakistani perché non ci dicessero [che Bin Laden si trovava ad Abbottabad, sotto la loro protezione] perché non volevano che noi (americani) interrogassimo Bin Laden perché ci avrebbe parlato – è la mia ipotesi – del loro coinvolgimento [nell’11 Settembre]». Ma quale Bin Laden nascondevano i pakistani nel 2011, se Pieczenik dice (confermando versioni solide del tempo) che è morto nel 2001, pochi mesi dopo l’attentato alle Towers e al Pentagono?Può esserci una lotta di informazione e contro-informazione all’interno stesso dello “Stato profondo” americano? Certo è che i media americani sono scatenati in esibizioni di spregio verso i monarchi wahabiti: “Royal Scum”, feccia regale, titolava il “New York Daily News” qualche giorno fa. Tanto insolito “coraggio” deve essere autorizzato. Naturalmente la “rivelazione” delle 28 pagine colpisce anche il presidente Bush jr., e la sua amministrazione, perché è evidente che, se hanno coperto la parte avuta dai sauditi, sono colpevoli. Lo scandalo anti-saudita va accuratamente controllato, perché è facile che debordi e i suoi liquami schizzino a colpire proprio gli israeliani o con doppio passaporto che erano al Pentagono ai tempi di Bush jr., e additati dall’agente Pieczenik: Paul Wolfowitz, rabbi Dov Zakhiem (e il terzo, ebreo anche lui, era Douglas Feith) più Michael Chertoff, capo dell’Homeland Security e grande insabbiatore-depistatore delle indagini.Questo scontro interno è senza dubbio in relazione con l’ascesa del candidato imprevedibile, Donald Trump, nella lizza presidenziale. Dopo il suo discorso sul suo programma in politica estera – liquidato con rabbia dal “New York Times” perché propone fra l’altro un accordo con Putin e la fine dell’interventismo – «gli americani sentono di avere, per la prima volta dopo molto tempo, una alternativa sobria e basata sull’interesse nazionale alle disastrose politiche dei neocon», ha detto Jim Jatras, l’ex consigliere repubblicano del Senato. Con grande dispetto dell’establishment, Trump non raccoglie voti solo tra i rozzi arretrati operai bianchi di basso reddito che odiano gli immigrati messicani e lo sentono volgare come loro. Negli exit poll delle primarie in Pennsylvania, Maryland, Delaware, Connecticut e Rhode Island – dove ha trionfato – s’è visto che hanno scelto lui la metà degli elettori repubblicani con alto titolo di studio e con reddito di 100 mila dollari annui: il suo discorso di politica estera ha convinto proprio la classe media benestante. Questo per l’elettorato repubblicano. Quanto a quello democratico: «Continuo a incontrare gente che non sa decidere se votare Bernie Sanders oppure Donald Trump», ha confessato al “Baltimore Sun” Robert Reich, ex ministro del lavoro sotto Bill Clinton e uomo molto di sinistra (nella misura statunitense). L’elettorato di “sinistra”, quello che ha favorito Sanders il “socialista”, sta pensando di votare Trump, non Hillary. Forse è proprio la grande liberazione da Israel….(Maurizio Blondet, “11 Settembre, l’uomo di Washington accusa Israele”, dal blog di Blondet del 29 aprile 2016).Accusa i neocon con nomi e cognomi: Paul Wolfowitz allora viceministro al Pentagono, l’israelo-americano Michael Chertoff, il rabbino Dov Zakheim (numero 3 al Pentagono) di essersi infiltrati nel governo Bush jr. e di aver organizzato, “su istigazione di Israele”, il mega-attentato dell’11 Settembre 2001. E non è un complottista marginale: è stato un alto funzionario del Dipartimento di Stato, da Nixon a Carter a Bush-padre, esperto in guerra psicologica, attore in operazioni coperte (come l’uccisione di Moro) per conto degli Stati Uniti. Membro fino al 2012 del Council on Foreign Relations, quindi dell’élite dell’establisment. Né lo si può accusare di avere come motivazione l’antisemitismo: i suoi genitori erano ebrei russo-polacchi fuggiti alla Shoah, lui ha scritto persino una biografia di sua “mamma yiddish”, Teodora. E’ Steve Pieczenik. Una vecchia conoscenza anche per l’Italia, come vedremo. Steve Pieczenik ha detto tutto il 21 aprile 2016, intervistato da Alex Jones, creatore del sito “InfoWars”.
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Tutti a casa, aspettando che finiscano di sfasciare il mondo
Cosa sta succedendo? Ovvero: che portata hanno le trasformazioni epocali che sta vivendo attualmente il mondo, a cominciare dall’Occidente? Gli sconvolgimenti planetari in corso – crisi, migrazioni, guerre – sono a dir poco spettacolari e, in apparenza, senza soluzione. Una costante riguarda l’informazione: il sistema mainstream, divenuto totalizzante, evita accuratamente di riferire le notizie principali e le spiegazioni sulle cause degli eventi che determinano le rilevantissime modificazioni nella vita sociale ed economica di oggi, quindi l’avvenire delle prossime generazioni. L’enormità degli avvenimenti suscita clamore sul web e nei blog, ma coglie impreparati molti degli osservatori ufficiali, intellettuali, economisti, scrittori, accademici. La situazione economica in Europa si è fatta catastrofica. Per la prima volta, dopo 70 anni di sviluppo ininterrotto, i figli crescono sapendo che avranno una vita meno facile di quella dei loro genitori. Il livello di disoccupazione è desolante, e non si vedono vie d’uscita: non ci sono alternative sul tappeto.La “buona politica” di cui si avverte disperatamente il bisogno, semplicemente, non esiste: tutto il personale politico in campo, nonostante movimenti anche recenti, è sostanzialmente allineato al dogmatismo del mainstream neoliberale e neo-feudale, che – dopo le violente campagne anti-casta degli anni e decenni scorsi – predica l’erosione dell’interesse pubblico e la sparizione progressiva dello Stato come soggetto strategico, sociale ed economico. In Eurozona, il miglior governo che venisse eletto sarebbe di fatto impotente, costretto a limitare la propria spesa strategica al 3% del Pil. Impossibile utilizzare, come in passato, la leva monetaria: in un paese come l’Italia, il debito pubblico ha permesso di realizzare colossali investimenti sociali e infrastrutturali che hanno determinato il boom economico degli anni ‘60 e poi i mini-boom degli anni ‘80 e ‘90. Oggi, senza più sovranità statale, fiscale, economica, finanziaria e monetaria, questo scenario non è più ripetibile.A livello geopolitico, la situazione sta assumendo caratteristiche da incubo. Un crescendo di instabilità e orrori, a partire dal collasso dell’Urss: Jugoslavia, Somalia, Cecenia; poi, dopo l’11 Settembre, la drammatica accelerazione degli ultimi 15 anni, con le guerre in Iraq, Afghanistan, Libia, Yemen, Ucraina, Siria. In tutti questi teatri, gli Usa sono passati all’offensiva, allo scopo di destabilizzare interi continenti, prima che la Cina potesse assumere una leadership pericolosa per il monopolio americano, anche l’attraverso l’asse con la Russia di Putin. L’Europa è travolta dalla tempesta profughi e terremotata dal terrorismo pilotato dall’intelligence occidentale, utilizzando la falsa bandiera dell’Isis, che ha preso il posto di Al-Qaeda. Uno dei principali obiettivi è proprio l’Europa: prima lo scandalo Volkwagen, poi il caso Bnp-Paribas, quindi l’attacco al segreto bancario svizzero, ora la vicenda Panama. Sul tappeto resta il trattato segreto Ttip, che trasferirà potere giuridico direttamente alle multinazionali, scavalcando leggi e Stati. Il trattato resta segreto, e nessuno ne parla. Il governo dell’Ue non tenta neppure di inscenare la ritualità di una democrazia formale.Il terrorismo è l’altra grande leva dell’operazione eversiva in corso. Sorretto da settori della Cia e del Pentagono, Daesh è finanziato da Arabia Saudita, Qatar, Turchia e altri paesi del Golfo. Proprio le stragi di Parigi, Charlie Hebdo e 13 novembre, e ora quella di Bruxelles, hanno spinto alcuni esponenti della massoneria ad effettuare denunce clamorose, rimaste escluse dal mainstream ma circolate sul web. La tesi riguarda l’ispirazione massonica degli attentati e il loro contenuto simbolico nascosto utilizzato come “firma”, a partire dallo stesso acronimo Isis, che corrisponde alla dea Iside, il cui secondo nome è Hathor – e Hathor Pentalpha, secondo Gioele Magaldi, è il nome della famigerata superloggia fondata dai Bush negli anni ‘80, cui avrebbero aderito Blair, Sarkozy e lo stesso Erdogan, cioè gli uomini che hanno promosso le guerre in Iraq, in Libia e in Siria, dopo aver ideato gli attentati dell’11 Settembre.Un’intera narrazione sta crollando, giorno per giorno, sotto i colpi delle rivelazioni che illuminano i retroscena della cronaca: il mainstream continua a proporla, l’informazione ufficiale, ma non riscuote più la fiducia della maggioranza dei cittadini, sempre più scettici, tentati dall’astensionismo (convinti che votare sia ormai inutile) e in ogni caso diffidenti di fronte alle notizie sfornate a ciclo continuo. In parallelo, si assiste a clamorose rivelazioni in serie: prima Julian Assange e Wikileaks, poi lo scandalo dello spionaggio di massa targato Nsa, denunciato da Edward Snowden. Sul piano culturale, in Italia e non solo, è parallelo il percorso di uno studioso isolato come Mauro Biglino, che propone la (sconcertante) traduzione letterale della Bibbia: lo Jahwè dell’Antico Testamento non è affatto una divinità, ma un feroce guerriero venuto da non si sa dove e impegnato – insieme ad alcuni “colleghi” – a instaurare un dominio di tipo coloniale in Palestina, peraltro sul Sapiens che, secondo la Genesi, sarebbe stato creato in laboratorio, mediante clonazione genetica. La teologia della creazione? Pura fantasia, di cui nella Bibbia non c’è traccia.Secondo l’ex avvocato Paolo Franceschetti, autore di contro-indagini clamorose su alcuni misteri della cronaca italiana, dalle Bestie di Satana al Mostro di Firenze (l’intuizione della spaventosa realtà dei delitti rituali compiuti da sette occulte, affollate da potentissimi insospettabili) il bicchiere mezzo pieno consiste nel fatto che, se certi orrori si sono sempre verificati, oggi finalmente se ne comincia a parlare. Un altro osservatore come Fausto Carotenuto, già analista strategico dei servizi segreti italiani, sostiene che la crescente violenza cui stiamo assistendo corrisponda all’inquietudine dell’élite al potere, che sa di aver perso il consenso di almeno il 20-30% della popolazione e quindi preme sull’acceleratore della paura per condizionare la parte restante, quella che ancora è facilmente manipolabile. Lo afferma anche un massone come Gianfranco Carpeoro, grande esperto di codici esoterici e simbolici: la strategia della tensione come arma estrema, da parte di chi pensa di non avere più altri strumenti per condizionare le masse.L’arma più antica – il terrore – per tentare di portare a compimento il grande disegno emerso negli ultimi decenni, ben illustrato da Paolo Barnard nel saggio “Il più grande crimine”: la riduzione in schiavitù del cittadino occidentale, affrancatosi dal feudalesimo con la Rivoluzione Francese, per farlo retrocedere al rango di suddito, senza più uno Stato democratico che lo tuteli. Il progetto della globalizzazione neoliberista è semplice, aggiunge Carpeoro: allineare tutti noi al livello degli abitanti del terzo mondo, cioè lavoratori pre-moderni e senza diritti. Il piano procede inesorabilmente: con le crisi finanziarie, le guerre, le bombe, le menzogne quotidiane sfornate dal “pensiero magico”, la suprema manipolazione cui ricorre il massimo potere, sempre impegnato a costruire nemici artificiali che il popolo dovrà odiare, evitando di farsi le domande giuste. Che può fare, il cittadino comune? Ricordarsi di esistere, risponde Erri De Luca: per esempio, la partecipazione al referendum contro le trivellazioni è un grido contro “l’anestesia delle coscienze”. Sapendo però che di ben altra “rianimazione” ci sarebbe bisogno, in un paese che ancora accetta l’euro, considera una sciagura il debito sovrano e pensa che, dopo Bruxelles, sarà bene avere meno libertà in cambio di più sicurezza.Cosa sta succedendo? Ovvero: che portata hanno le trasformazioni epocali che sta vivendo attualmente il mondo, a cominciare dall’Occidente? Gli sconvolgimenti planetari in corso – crisi, migrazioni, guerre – sono a dir poco spettacolari e, in apparenza, senza soluzione. Una costante riguarda l’informazione: il sistema mainstream, divenuto totalizzante, evita accuratamente di riferire le notizie principali e le spiegazioni sulle cause degli eventi che determinano le rilevantissime modificazioni nella vita sociale ed economica di oggi, quindi l’avvenire delle prossime generazioni. L’enormità degli avvenimenti suscita clamore sul web e nei blog, ma coglie impreparati molti degli osservatori ufficiali, intellettuali, economisti, scrittori, accademici. La situazione economica in Europa si è fatta catastrofica. Per la prima volta, dopo 70 anni di sviluppo ininterrotto, i figli crescono sapendo che avranno una vita meno facile di quella dei loro genitori. Il livello di disoccupazione è desolante, e non si vedono vie d’uscita: non ci sono alternative sul tappeto.
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Carpeoro: l’élite ricorre alle bombe perché adesso ha paura
Siamo in pericolo, e lo saremo sempre di più. Motivo: l’élite planetaria, quella che oggi ricorre anche al terrorismo stragista, sta cominciando ad avere paura. Teme, per la prima volta, di perdere il potere assoluto che ha esercitato, negli ultimi decenni, in modo incontrastato. A inquietare le super-oligarchie mondiali non è solo il progressivo risveglio democratico di una parte dell’opinione pubblica, sempre più scettica di fronte alla narrazione ufficiale degli eventi. Pesa, soprattutto, la clamorosa diserzione di una parte consistente di quello stesso vertice di potere, spaventato dalle rovinose conseguenze, su scala mondiale, della “dittatura” neoliberista, il cui obiettivo è chiaro: confiscarci ogni diritto e retrocedere tutti noi a livelli di sfruttamento da terzo mondo. Lo afferma Gianfranco Carpeoro, giornalista e scrittore, acuto osservatore dei retroscena internazionali anche in virtù della sua lunga militanza nella massoneria indipendente. Già avvocato, eminente studioso della cultura simbolica esoterica, Carpeoro è oggi schierato con Gioele Magaldi nella denuncia degli abusi sempre più devastanti che costellano la deriva autoritaria della leadership globale. Qualcuno, lassù, ha cominciato a sfilarsi. E il massimo potere si è spaventato a morte, al punto da pianificare stragi, affidate alla manovalanza dell’Isis.Questa la sintesi della posizione di Carpeoro, espressa durante un lungo intervento alla trasmissione web-radio “Border Nights” del 29 marzo, condotta da Fabio Frabetti con la partecipazione di Paolo Franceschetti, indagatore di molti misteri irrisolti della cronaca italiana. Sul tappeto, l’analisi della situazione internazionale all’indomani dell’ultima ondata di attentati terroristici, da Bruxelles al Pakistan. «E’ evidente che il problema non è l’Isis, ma chi lo manovra», premette Carpeoro, che peraltro denuncia come “deliranti” le tante fantasie complottiste che inondano il web: «Assurdo perdere tempo a domandarsi se è autentico o meno il video di un attentato trasmesso in televisione: i morti sono reali, e nessuno si sforza di capire cosa c’è dietro all’organizzazione stragistica». Certo la colpa non è dell’Islam: «Per secoli, i musulmani hanno protetto ogni minoranza perseguitata, compresi gli ebrei». Siamo noi, colonialisti occidentali, che nell’ultimo scorcio storico abbiamo represso e depresso i popoli arabi, “coltivando” deliberatamente la disperazione di massa che oggi può produrre anche il fenomeno dei kamikaze. Ma bisogna sapere che si tratta di dinamiche accuratamente pilotate: non dal Califfo, ma da chi detiene il potere reale, economico e finanziario, in Occidente.Nel suo libro “Massoni”, Gioele Magaldi denuncia apertamente – per la prima volta – il ruolo criminoso di alcune superlogge segrete del vertice occulto internazionale, come ha “Hathor Pentalpha” creata dai Bush, cui avrebbero aderito anche personaggi come Blair, Sarkozy e lo stesso Erdogan. Una macchina perfetta per attuare la strategia della tensione a livello geopolitico, dall’11 Settembre fino alla creazione dell’Isis per destabilizzare il Medio Oriente e imporre ovunque la logica della guerra. Dal canto suo, Carpeoro cita spesso un grande intellettuale come Francesco Saba Sardi, che nel saggio “Dominio” condanna la natura oppressiva del potere sorto all’epoca della prima civilizzazione: con la scoperta dell’agricoltura nasce la guerra per il possesso della terra, quindi lo sfruttamento del lavoro e l’istituzione religiosa per la manipolazione psicologica di soldati e lavoratori. Carpeoro segnala il progressivo e fatale deterioramento delle condizioni sociali, imposto da un potere che ricorre ad un pensiero di tipo “magico”: fa’ quello che ti dico e avrai un premio, l’importante è non ti chieda mai il vero perché delle cose.«Per sua natura, il potere tende sempre a degradarsi col passare del tempo: un vecchio boss mafioso non avrebbe mai seppellito scorie tossiche nel prato dove giocano i suoi figli». Un ragionamento che prende in prestito da Noam Chomsky una celebre riflessione sulla comunicazione mainstream, ispirata dal potere: il pubblico viene “astratto” dalla percezione del reale e rinchiuso in un “cerchio magico”, in cui vigono le regole del “mago”, il persuasore di massa, il cui obiettivo è sempre la manipolazione, quindi la neutralizzazione della coscienza critica di chi ascolta. «A questo scopo, viene regolarmente fabbricato un nemico da detestare». Quando questo nemico tramonta – esempio, Al-Qaeda – c’è già pronto il nuovo nemico, l’Isis. «L’importante è che noi odiamo il nemico di turno, senza collegare le cose e senza mai domandarci chi vi sta dietro, a chi serve tutto il male che viene creato a suon di bombe». E’ la legge della paura, per paralizzare la società: strategia della tensione, appunto.«L’intensità del terrorismo sta crescendo – sottolinea Carpeoro – perché, evidentemente, chi lo organizza pensa di non avere più altre chances per dominarci». A preoccupare i registi occulti del terrore, sempre secondo Carpeoro, sono le importanti defezioni che ormai si registrano in tutto l’Occidente, dall’Europa agli Usa, anche nel mondo massonico e finanziario, ma non solo: «Alle primarie americane un “socialista” dichiarato come Bernie Sanders si è imposto nello Stato di Washington: un segnale inequivocabile». Qualcosa si è incrinato, nell’élite di potere, e i vecchi “dominus” non si sentono più così al sicuro: temono di perdere l’attuale onnipotenza, che consente loro – attraverso la finanza – di fare e disfare popoli, guerre, crisi, esodi (e affari colossali, nell’impunità più assoluta). Ed ecco allora il crescere dell’instabilità, il ricorso sistematico al terrore. I grandi assenti? Manco a dirlo, siamo noi: serve una contro-politica, per imporre un nuovo sistema di valori, capace di farci uscire dal delirio crisi-guerra. Se scoppiano più bombe, dice Carpeoro, è perché chi comanda ha paura che si possa arrivare a un rovesciamento dell’attuale governance. Problema: «Ci vorrà molto tempo, e intanto la situazione peggiorerà ancora. Non possiamo restare a guardare, bisognerà pur fare qualcosa». E cioè: spingere la società a risvegliarsi, per rompere l’assedio dell’orrore, ormai sistematico e quotidiano.Siamo in pericolo, e lo saremo sempre di più. Motivo: l’élite planetaria, quella che oggi ricorre anche al terrorismo stragista, sta cominciando ad avere paura. Teme, per la prima volta, di perdere il potere assoluto che ha esercitato, negli ultimi decenni, in modo incontrastato. A inquietare le super-oligarchie mondiali non è solo il progressivo risveglio democratico di una parte dell’opinione pubblica, sempre più scettica di fronte alla narrazione ufficiale degli eventi. Pesa, soprattutto, la clamorosa diserzione di una parte consistente di quello stesso vertice di potere, spaventato dalle rovinose conseguenze, su scala mondiale, della “dittatura” neoliberista, il cui obiettivo è chiaro: confiscarci ogni diritto e retrocedere tutti noi a livelli di sfruttamento da terzo mondo. Lo afferma Gianfranco Carpeoro, giornalista e scrittore, acuto osservatore dei retroscena internazionali anche in virtù della sua lunga militanza nella massoneria indipendente. Già avvocato, eminente studioso della cultura simbolica esoterica, Carpeoro è oggi schierato con Gioele Magaldi nella denuncia degli abusi sempre più devastanti che costellano la deriva autoritaria della leadership globale. Qualcuno, lassù, ha cominciato a sfilarsi. E il massimo potere si è spaventato a morte, al punto da pianificare stragi, affidate alla manovalanza dell’Isis.
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Pilger: Terza Guerra Mondiale, solo Trump non la vuole
Ho filmato nelle Isole Marshall, a nord dell’Australia, nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico. Ogni volta che dico alla gente dove sono stato, mi chiedono: «Dove si trovano?». Se come indizio faccio riferimento a “Bikini”, dicono: «Vuoi dire il costume da bagno». Pochi si rendono conto del fatto che il costume da bagno bikini è stato chiamato così per celebrare le esplosioni nucleari che hanno distrutto l’isola di Bikini. Sessantasei dispositivi nucleari furono fatti brillare dagli Stati Uniti nelle Isole Marshall tra il 1946 e il 1958 – l’equivalente di 1,6 bombe [della potenza di quella che colpì] Hiroshima – ogni giorno, per dodici anni. Oggi Bikini tace, trasformata e contaminata. Le palme crescono in una strana disposizione a griglia. Nulla si muove. Non ci sono uccelli. Le lapidi nel vecchio cimitero sono tuttora radioattive. Le mie scarpe registrano un “pericoloso” sul contatore Geiger. Sulla spiaggia, ho visto il verde smeraldo del Pacifico sprofondare in un grande buco nero. È il cratere causato dalla bomba all’idrogeno che chiamavano “Bravo”. L’esplosione avvelenò la gente e l’ecosistema per centinaia di chilometri, forse per sempre.Al mio ritorno, fermandomi all’aeroporto di Honolulu notai una rivista americana chiamata “Women’s Health”. Sulla copertina c’era una donna sorridente in bikini, e il titolo: “Anche voi, potete avere un corpo da bikini”. Pochi giorni prima, nelle Isole Marshall, avevo intervistato donne che hanno avuto “corpi da bikini” molto diversi; ognuna di loro soffriva di cancro alla tiroide e di altri tumori mortali. A differenza della donna sorridente sulla rivista, tutte erano povere: vittime e cavie umane di una superpotenza rapace che oggi è più pericolosa che mai. Racconto questa mia esperienza come avvertimento e per interrompere una confusione che ha stremato tanti di noi. Il fondatore della propaganda moderna, Edward Bernays, descrisse questo fenomeno come «la manipolazione consapevole e intelligente di abitudini e opinioni» delle società democratiche. Lo chiamò un «governo invisibile». Quante sono le persone consapevoli del fatto che una guerra mondiale è cominciata? Per il momento si tratta di una guerra di propaganda, di menzogne, di distrazione, ma tutto ciò può cambiare istantaneamente con il primo ordine sbagliato, con il primo missile.Nel 2009, il presidente Obama si trovava davanti ad una folla adorante nel centro di Praga, nel cuore dell’Europa. Lì si impegnò a rendere il mondo «libero da armi nucleari». La gente lo applaudì e alcuni piansero. Un torrente di banalità fluì da parte dei media. Successivamente, ad Obama fu assegnato il premio Nobel per la Pace. Era tutto falso. Stava mentendo. L’amministrazione Obama ha costruito più armi nucleari, più testate nucleari, più sistemi di distribuzione nucleari, più fabbriche nucleari. La sola spesa per le testate nucleari è cresciuta di più sotto Obama che sotto ogni altro presidente americano. Spalmato su trent’anni, il costo supera il trilione di dollari. Si sta pianificando la fabbricazione di una mini-bomba nucleare. È conosciuta come la B61 Modello 12. Non c’è mai stato nulla di simile. Il generale James Cartwright, un ex vice presidente del Joint Chiefs of Staff, ha detto: «Facendolo più piccolo [rende l'utilizzo di questo ordigno nucleare] un’arma più plausibile».Negli ultimi diciotto mesi, il più grande accumulo di forze militari dalla Seconda Guerra Mondiale – pianificato dagli Stati Uniti – si sta attuando lungo la frontiera occidentale della Russia. È dai tempi dell’invasione di Hitler all’Unione Sovietica che la Russia non subisce una minaccia tanto evidente da parte di truppe straniere. L’Ucraina – un tempo parte dell’Unione Sovietica – è diventata un parco a tema della Cia. Dopo aver orchestrato un colpo di stato a Kiev, Washington controlla effettivamente un regime che è vicino e ostile alla Russia: un regime letteralmente infestato da nazisti. Parlamentari ucraini di spicco sono i diretti discendenti politici dei famigerati fascisti dell’Oun e dell’Upa. Inneggiano apertamente a Hitler e chiedono l’oppressione e l’espulsione della minoranza di lingua russa. Raramente questo fa notizia in Occidente, o la si inverte per sopprimere la verità. In Lettonia, Lituania ed Estonia – alle porte della Russia – l’esercito americano sta schierando truppe da combattimento, carri armati, armi pesanti. Di questa estrema provocazione alla seconda potenza nucleare del mondo non si parla in Occidente.Quello che rende la prospettiva di una guerra nucleare ancora più pericolosa è una campagna parallela contro la Cina. Sono rari i giorni in cui la Cina non raggiunge il rango di “minaccia”. Secondo l’ammiraglio Harry Harris, comandante della flotta statunitense nel Pacifico, la Cina sta «costruendo un grande muro di sabbia nel Mar Cinese Meridionale». Ciò a cui fa riferimento è che la Cina sta approntando piste di atterraggio nelle Isole Spratly, che sono oggetto di un contenzioso con le Filippine – una controversia senza priorità fino a quando Washington non fece pressioni corrompendo il governo di Manila, mentre il Pentagono ha lanciato una campagna di propaganda chiamata “libertà di navigazione”. Cosa significa tutto ciò, in realtà? Significa che le navi da guerra americane hanno la libertà di pattugliare e dominare le acque costiere della Cina. Provate ad immaginare la reazione americana se navi da guerra cinesi facessero la stessa cosa al largo della costa della California.Ho girato un film intitolato “La Guerra che non vedete”, in cui ho intervistato illustri giornalisti in America e in Gran Bretagna: reporter del calibro di Dan Rather della “Cbs”, Rageh Omaar della “Bbc”, David Rose dell’“Observer”. Tutti hanno detto che se i giornalisti e le emittenti mediatiche avessero fatto il loro dovere e messo in discussione la propaganda che asseriva che Saddam Hussein possedeva armi di distruzione di massa, e se le bugie di George W. Bush e Tony Blair non fossero state amplificate e riportate dai giornalisti, l’invasione dell’Iraq nel 2003 non sarebbe avvenuta, e centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini sarebbero ancora vivi, oggi. In linea di principio la propaganda che sta preparando il terreno per una guerra contro la Russia e/o la Cina non è diversa. Per quanto ne so io, nessun giornalista occidentale tra i più quotati – uno come Dan Rather, per dire – chiede perché la Cina sta costruendo piste di atterraggio nel Mar Cinese Meridionale.La risposta dovrebbe essere palesamente ovvia. Gli Stati Uniti stanno circondando la Cina con una rete di basi con missili balistici, gruppi d’assalto, bombardieri armati di testate nucleari. Questo arco letale si estende dall’Australia alle isole del Pacifico, le Marianne e le Marshall e Guam nelle Filippine, quindi in Thailandia, a Okinawa, in Corea e in tutta l’Eurasia, in Afghanistan e in India. L’America ha appeso un cappio intorno al collo della Cina. Ma questo non fa notizia. Il silenzio dei media è guerra tramite i media. In tutta segretezza, nel 2015, gli Stati Uniti e l’Australia hanno inscenato la più grande esercitazione militare “aria-mare” della storia recente, chiamata “Talisman Sabre”. Lo scopo era quello di collaudare un piano di battaglia “aria-mare”, bloccando arterie marittime, come lo Stretto di Malacca e lo Stretto di Lombok, che tagliano l’accesso della Cina al petrolio, gas e altre materie prime vitali che arrivano dal Medio Oriente e dall’Africa.Nel circo noto come la campagna presidenziale americana, Donald Trump è stato presentato come un pazzo, un fascista. Certamente odioso lo è; ma è anche una figura di odio mediatico. Questo da solo dovrebbe suscitare il nostro scetticismo. Il punto di vista di Trump sulla migrazione è grottesco, ma non più grottesco di quello di David Cameron. Non è Trump il “grande deportatore” dagli Stati Uniti, ma il vincitore del Premio Nobel per la Pace, Barack Obama. Secondo un geniale commentatore liberale, Trump sta «scatenando le forze oscure della violenza» negli Stati Uniti. Sta scatenando? Questo è il paese dove i poco più che lattanti sparano alle loro madri e dove la polizia ha dichiarato una guerra assassina contro i neri americani. Questo è il paese che ha attaccato e cercato di rovesciare più di 50 governi, molti dei quali democrazie, e bombardato dall’Asia al Medio Oriente, causando morte e privazioni a milioni di persone. Nessun paese può uguagliare questo sistematico record di violenza. La maggior parte delle guerre americane (quasi tutte contro paesi indifesi) sono stati lanciate non da presidenti repubblicani, ma da democratici liberali: Truman, Kennedy, Johnson, Carter, Clinton, Obama.Una serie di direttive del Consiglio di Sicurezza Nazionale, nel 1947, determinava che l’obiettivo primario della politica estera americana fosse “un mondo sostanzialmente fatto a propria [dell'America] immagine”. L’ideologia era l’americanismo messianico. Eravamo tutti americani. Altrimenti…. gli eretici sarebbero stati convertiti, sovvertiti, corrotti, macchiati o schiacciati. Donald Trump è un sintomo di tutto ciò, ma è anche un anticonformista. Dice che è stato un crimine invadere l’Iraq; lui non vuole andare in guerra contro la Russia e la Cina. Il pericolo per il resto di noi non è Trump, ma Hillary Clinton. Lei non è anticonformista. Lei incarna la resilienza e la violenza di un sistema il cui decantato “eccezionalismo” è totalitario, con un occasionale volto liberale. Mentre il giorno delle elezioni presidenziali si avvicina, la Clinton sarà salutata come il primo presidente donna, a prescindere dai suoi crimini e menzogne – proprio come Barack Obama è stato osannato come il primo presidente nero e i liberali si bevvero le sue sciocchezze sulla “speranza”. E lo sbavare continua.Descritto dal giornalista del “Guardian” Owen Jones come «divertente, affascinante, con un’impassibilità che sfugge praticamente ad ogni altro politico», l’altro giorno Obama ha inviato droni a macellare 150 persone in Somalia. Di solito lui uccide la gente il martedì, secondo quanto scrive il “New York Times”, quando gli viene consegnato un elenco di candidati per la morte da drone. Molto cool. Nella campagna presidenziale del 2008, Hillary Clinton minacciò di «annientare totalmente» l’Iran con armi nucleari. Come segretario di Stato sotto Obama, ha partecipato al rovesciamento del governo democratico dell’Honduras. Il suo contributo alla distruzione della Libia nel 2011 è stato quasi allegro. Quando il leader libico, il colonnello Gheddafi, fu pubblicamente sodomizzato con un coltello – un omicidio reso possibile dalla logistica americana – la Clinton gongolava per la sua morte: «Siamo venuti, abbiamo visto, lui è morto».Uno dei più stretti alleati della Clinton è Madeleine Albright, l’ex segretario di Stato, che ha attaccato le giovani donne che non sostengono “Hillary”. Questa è la stessa Madeleine Albright, tristemente ricordata per aver detto in tv che la morte di mezzo milione di bambini iracheni era «valsa la pena». Tra i più grandi sostenitori della Clinton troviamo la lobby israeliana e le società di armi che alimentano la violenza in Medio Oriente. Lei e suo marito hanno ricevuto una fortuna da Wall Street, e lei sta per essere nominata come candidato delle donne, per sbarazzarsi del malvagio Trump, il demone ufficiale. I suoi sostenitori includono femministe illustri: gente del calibro di Gloria Steinem negli Stati Uniti e Anne Summers in Australia. Una generazione fa, un culto post-moderno ora conosciuto come “politica dell’identità” ha fatto sì che molte persone intelligenti e dalla mentalità liberale smettessero di esaminare le cause e gli individui che sostenevano – come le falsità di Obama e della Clinton, o come i fasulli movimenti progressisti tipo “Syriza” in Grecia, che hanno tradito il popolo di quel paese e si sono alleati con i loro nemici. L’essere assorbiti da se stessi, una sorta di “me-ismo”, è diventato il nuovo spirito del tempo nelle società occidentali privilegiate ed ha siglato la fine dei grandi movimenti collettivi contro la guerra, l’ingiustizia sociale, la disuguaglianza, il razzismo e il sessismo.Oggi, il lungo sonno potrebbe essere terminato. I giovani si stanno scuotendo di nuovo, gradualmente. Le migliaia in Gran Bretagna che hanno sostenuto Jeremy Corbyn come leader laburista fanno parte di questo risveglio – come lo sono quelli che si sono radunati per sostenere il senatore Bernie Sanders. La settimana scorsa in Gran Bretagna, il più stretto alleato di Jeremy Corbyn, John McDonnell, ha impegnato un prossimo governo laburista a pagare i debiti delle banche piratesche, cioè a continuare di conseguenza, la cosiddetta austerità. Negli Stati Uniti, Bernie Sanders ha promesso di sostenere la Clinton se e quando sarà nominata come candidato presidenziale. Anche lui ha votato perché l’America usi la violenza contro altri paesi quando pensa che sia «giusto». Dice che Obama ha fatto «un ottimo lavoro».In Australia, c’è una sorta di politica mortuaria, in cui i noiosi giochi parlamentari vengono riproposti nei media, mentre i rifugiati e gli indigeni sono perseguitati e la disuguaglianza cresce, insieme al pericolo di guerra. Il governo di Malcolm Turnbull ha appena annunciato un cosiddetto bilancio per la difesa di 195 miliardi di dollari che avvicina alla guerra. Non c’è stato alcun dibattito. Silenzio. Dov’è andata a finire la grande tradizione di azione diretta popolare, slegata dai partiti? Dove sono il coraggio, la fantasia e l’impegno necessari per iniziare il lungo viaggio verso un migliore, giusto e pacifico mondo? Dove sono i dissidenti dell’arte, del cinema, del teatro, della letteratura? Dove sono quelli che romperanno il silenzio? O aspettiamo che venga sparato il primo missile nucleare?(John Pilger, riassunto di una recente lezione tenuta all’Università di Sydney, dal titolo “Una Guerra Mondiale è cominciata”; post ripreso dal sito “Counterpunch” del 23 marzo 2016 e tradotto da Gianni Ellena per “Come Don Chisciotte”. Di origine australiana, tra i più noti e prestigiosi giornalisti internazionali, Pilger ha ricevuto numerosi premi e dottorati per le sue battaglie per i diritti umani ed è stato nominato per ben due volte “Giornalista dell’anno” in Inghilterra).Ho filmato nelle Isole Marshall, a nord dell’Australia, nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico. Ogni volta che dico alla gente dove sono stato, mi chiedono: «Dove si trovano?». Se come indizio faccio riferimento a “Bikini”, dicono: «Vuoi dire il costume da bagno». Pochi si rendono conto del fatto che il costume da bagno bikini è stato chiamato così per celebrare le esplosioni nucleari che hanno distrutto l’isola di Bikini. Sessantasei dispositivi nucleari furono fatti brillare dagli Stati Uniti nelle Isole Marshall tra il 1946 e il 1958 – l’equivalente di 1,6 bombe [della potenza di quella che colpì] Hiroshima – ogni giorno, per dodici anni. Oggi Bikini tace, trasformata e contaminata. Le palme crescono in una strana disposizione a griglia. Nulla si muove. Non ci sono uccelli. Le lapidi nel vecchio cimitero sono tuttora radioattive. Le mie scarpe registrano un “pericoloso” sul contatore Geiger. Sulla spiaggia, ho visto il verde smeraldo del Pacifico sprofondare in un grande buco nero. È il cratere causato dalla bomba all’idrogeno che chiamavano “Bravo”. L’esplosione avvelenò la gente e l’ecosistema per centinaia di chilometri, forse per sempre.
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Lo 007 confessa: la Turchia dietro la strage di Bruxelles
I servizi segreti turchi dietro alla strage di Bruxelles? A lanciare direttamente la pista di Ankara, coinvolgendo nientemeno che il presidente Erdogan, sono i “nemici” storici della Turchia, i curdi, in questo caso affiancati da un paese come la Russia, anch’essa entrata in rotta di collisione coi turchi dopo l’abbattimento di un bombardiere Sukhoi impegnato nell’unica efficace campagna militare finora condotta in Siria contro l’Isis. Un impegno, quello russo, che ha preso in contropiede l’Occidente e ha oltretutto permesso di giungere alla denuncia, documentata, del supporto turco allo Stato Islamico attraverso basi logistiche alla frontiera e soprattutto il contrabbando di petrolio. La Turchia sul banco degli imputati ora anche per le bombe esplose a Bruxelles? La notizia la fornisce il 24 marzo Nahed Al Husaini, corrispondente da Damasco del sito statunitense di contro-informazione “Veterans Today”: intercettazioni russe avrebbero portato alla cattura, da parte dei miliziani curdi, di un responsabile dell’intelligence di Ankara. L’uomo avrebbe confessato che gli attentati di Bruxelles sarebbero stati progettati a Raqqah su ordine di Erdogan.«Le forze popolari curde che combattono in Siria hanno oggi [24 marzo] catturato un alto funzionario dei servizi segreti turchi che, “sottoposto ad interrogatorio”, ha coinvolto il presidente Erdogan», scrive “Veterans Today” in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”. «A Veterans Today – aggiunge Nahed Al Husaini – è stato dato accesso alle confessioni registrate che hanno rivelato il ruolo del Mit (Milli Istihbarat Teskilati, l’intelligence turca) nelle esplosioni di Bruxelles ed i piani per effettuare ulteriori attacchi in Europa. Il “funzionario sospetto” ha confessato il suo ruolo nella pianificazione – a Raqqah – dell’attacco di Bruxelles, in collaborazione con l’Isis». L’informazione che ha portato alla cattura del funzionario, scrive “Veterans Today”, deriva da un’intercettazione effettuata dai russi: le forze di Mosca non sarebbero state direttamente coinvolte nell’operazione, ma si presume che unità di “Spetsnaz”, i corpi speciali russi, potrebbero essere state messe a disposizione dei curdi, come supporto.Secondo le affermazioni estorte al funzionario catturato, i servizi segreti turchi gestirebbero un centro di pianificazione operativa collocato in un complesso sotterraneo di Raqqah, la “capitale” del Califfato in Siria. «Il centro, costruito al di sotto di un impianto di atletica, contiene scorte di armi chimiche e biologiche, tra le quali il gas sarin, il virus per l’influenza suina e tonnellate di materiali per la produzione di altri tipi di gas», scrive ancora Nahed Al Husaini. «Gli Stati Uniti, coordinandosi con l’unità siriana “Tigre”, colpirono quel complesso nell’ottobre del 2014, nell’ambito di una di quella mezza dozzina di operazioni altamente segrete effettuate congiuntamente. L’operazione portò alla cattura di alcuni ufficiali del Qatar, dell’Arabia Saudita e della Turchia». “Veterans Today” dichiara di aver ricevuto un resoconto dell’interrogatorio da Haissam Bou Said, segretario generale del Desi, Dipartimento sicurezza e informazioni per l’Europa, secondo cui «dietro agli orribili attentati suicidi c’è proprio il Mit».Sempre secondo questa fonte, «alcune cellule terroristiche turche erano state impiantate anni fa in Europa, in collaborazione con un’infrastruttura del crimine organizzato attiva nel traffico degli esseri umani e della droga, al lavoro con gruppi israeliani e sauditi per effettuare attacchi terroristici “false flag”», cioè “sotto falsa bandiera”, secondo il copione (italiano) della “strategia della tensione”. Il presidente turco Erdogan, sempre secondo la fonte di “Veterans Today”, avrebbe introdotto le cellule terroristiche addestrate dal Mit «nascondendole all’interno del flusso di profughi, attentamente orchestrato, per poi indirizzarle presso le comunità della criminalità turca, con sede in Germania, Belgio e Olanda». Per l’intelligence Usa, «da oltre un decennio la criminalità organizzata turca è concentrata a Monaco di Baviera, che è il “ground zero” per gli attacchi terroristici che dovrebbero colpire gli Stati Uniti alla vigilia delle prossime elezioni presidenziali».Da anni, il presidente turco è al centro di crescenti polemiche, anche per via del giro di vite autoritario sulla stampa nazionale, che ha portato giornalisti in carcere. Contestato da più parti anche la violenza della repressione interna affidata alla polizia, Erdogan ha tentato di coinvolgere la Nato nello scontro con la Russia, con l’abbattimento del jet di Mosca. Ma non è tutto: nel suo libro “Massoni”, Gioele Magaldi scrive che lo stesso Erdogan è affiliato alla superloggia segreta “Hathor Pentalpha”, fondata dai Bush. Si tratta di un club super-massonico internazionale definiti “del sangue e della vendetta”, di cui farebbero parte anche Tony Blair, inventore del falso storico delle “armi di distruzione di massa” di Saddam, e il francese Sarkozy, protagonista della guerra in Libia contro Gheddafi. La “Hathor Pentalpha” avrebbe avuto un ruolo di primo piano nel maxi-attentato dell’11 Settembre, per poi lasciare la propria “firma” anche nell’Isis, acronimo che richiama la dea egizia Iside, chiamata anche Hathor.I servizi segreti turchi dietro alla strage di Bruxelles? A lanciare direttamente la pista di Ankara, coinvolgendo nientemeno che il presidente Erdogan, sono i “nemici” storici della Turchia, i curdi, in questo caso affiancati da un paese come la Russia, anch’essa entrata in rotta di collisione coi turchi dopo l’abbattimento di un bombardiere Sukhoi impegnato nell’unica efficace campagna militare finora condotta in Siria contro l’Isis. Un impegno, quello russo, che ha preso in contropiede l’Occidente e ha oltretutto permesso di giungere alla denuncia, documentata, del supporto turco allo Stato Islamico attraverso basi logistiche alla frontiera e soprattutto il contrabbando di petrolio. La Turchia sul banco degli imputati ora anche per le bombe esplose a Bruxelles? La notizia la fornisce il 24 marzo Nahed Al Husaini, corrispondente da Damasco del sito statunitense di contro-informazione “Veterans Today”: intercettazioni russe avrebbero portato alla cattura, da parte dei miliziani curdi, di un responsabile dell’intelligence di Ankara. L’uomo avrebbe confessato che gli attentati di Bruxelles sarebbero stati progettati a Raqqah su ordine di Erdogan.
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Bush-Clinton, abbraccio infernale tra due dinastie pericolose
Come volevasi dimostrare. Hillary Clinton è oramai il candidato semi-ufficiale per la poltrona di presidente degli Stati Uniti d’America della famiglia Bush. Il 23 febbraio del 2016, sulle pagine de “Il Moralista”, pubblicavo un articolo titolato “Jeb Bush e Hillary Clinton sono espressione degli stessi centri occulti di potere”. Venerdi 11 marzo, in occasione dei funerali di Nancy Reagan, Hillary e George W., in versione amanti clandestini finalmente usciti allo scoperto, si sono fatti fotografare avvinghiati in un caloroso e complice abbraccio. In politica nulla si fa per caso, e la scelta di veicolare questo tipo di immagine non può essere casuale. D’altronde non c’è molto da stupirsi, dal momento che, al punto in cui siamo, la saldatura di un establishment tanto debole quanto intrinsecamente assassino era pressoché scontata. La dicotomia destra/sinistra, come ripetiamo da tempo, è buona solo per ingannare i tonti, masse di ingenui facilmente impressionabili da una sigla di partito o da un simbolo carico di storia. Dietro i simboli di partito però ci sono sempre gli uomini in carne ed ossa, con cordate al seguito e rispettivi interessi privati da soddisfare.I “mondi” dei Clinton e dei Bush sono chiaramente comunicanti. Entrambe le dinastie politiche prima citate portano responsabilità gravissime per quanto concerne la distruzione del Medio Oriente, insanguinato da guerre infami e farlocche, avviate dai Bush e poi proseguite dal segretario di Stato Hillary Clinton, notoriamente ossessionata dall’idea di uccidere Gheddafi e Assad per destabilizzare l’intera regione e favorire l’ascesa dei “finti nemici” dell’Isis. Perfino Obama, non certo un cuor di leone, ha avuto modo di denunciare la furia distruttrice di Hillary Clinton, protagonista insieme a Cameron, Sarkozy, Napolitano e altra bella gente dell’insensata e folle guerra alla Libia del 2011, indegna macelleria ammantata di nobili e ipocriti ideali. Bush e Clinton, poi, a differenza di Trump, sono filo-israeliani e fautori della prosecuzione delle sanzioni alla Russia di Putin, colpevole ai loro occhi di avere smontato il giochino del terrorismo islamico globale, costruito con tanta cura e pazienza dai principali e sanguinari network esoterici in voga negli Stati Uniti d’America e non solo.Al Bagdhadi, sedicente califfo del terrore, è stato appositamente liberato da un campo di prigionia per farne una specie di redivivo Bin Laden, mostro mediatico utilissimo per legittimare e consentire una nuova stagione di “guerre per la libertà” (Orwell, ci sei?) per la gioia di petrolieri alla Dick Cheney e dei signori del famigerato complesso militare e industriale a stelle e strisce. Oltre alle affinità sul tema “terrorismo politico”, le somiglianze tra i Bush e i Clinton non mancano neppure con riferimento al “terrorismo finanziario ed economico”. Fu proprio durante la presidenza di Bill Clinton che venne abolito lo “Steagall Act” di rooseveltiana memoria, linea Maginot che per anni impedì il dilagare dei nazisti tecnocratici di Wall Street ora impuniti e imperanti.Mentre i Bush sono da sempre fautori della teoria dello “sgocciolamento”, tesi bislacca che tutela i soli interessi dei milionari sull’assunto che, ingrossando le tasche dei pochi “Paperoni”, qualche briciola finirà infine per forza anche sulla tavola dei tanti straccioni. Nel merito delle scelte di indirizzo politico effettivamente intraprese, al netto cioè di ricostruzioni suggestive e non dimostrabili, Bush e Clinton somigliano a due gemelli che fino ad oggi hanno “marciato divisi per colpire uniti” (l’utilizzo di simile immagine è da ritenersi per nulla casuale, ndm). A partire da venerdi 11 marzo a quanto pare – oltre a colpire – uniti ci “marciano” (in tutti i sensi) pure.Due considerazioni finali. I Clinton e i Bush traducono in concreto visioni e idee maturate all’interno di consessi gnostici, pan-teistici e di fatto di ispirazione satanica. La politica, per elementi simili che puzzano di zolfo lontano un miglio, è poco più che un paravento. Per dimostrare quanto sia amata fuori dai confini americani Hillary Clinton ha pensato bene di vantarsi del sostegno del premier/cazzaro Matteo Renzi. Giusto come nota di cronaca è bene ricordare che uno dei “consulenti strategici” del premier italiano è Michael Ledeen, uomo dal raffinato ingegno organico al primo cerchio di potere riconducibile alla famiglia Bush (di recente Ledeen ha partecipato ad incontri molto interessanti nel sud d’Italia). Un tassello in più che dimostra quale tipo di “triangolazione” si celi dietro “l’innocente abbraccio” tra l’ex first lady e l’ex inquilino della Casa Bianca al tempo degli attentati alle Torri Gemelle.(Francesco Maria Toscano, “A mali estremi, estremi rimedi: Hillary Clinton e George W. Bush gettano la maschera”, dal blog “Il Moralista” del 15 marzo 2015).Come volevasi dimostrare. Hillary Clinton è oramai il candidato semi-ufficiale per la poltrona di presidente degli Stati Uniti d’America della famiglia Bush. Il 23 febbraio del 2016, sulle pagine de “Il Moralista”, pubblicavo un articolo titolato “Jeb Bush e Hillary Clinton sono espressione degli stessi centri occulti di potere”. Venerdi 11 marzo, in occasione dei funerali di Nancy Reagan, Hillary e George W., in versione amanti clandestini finalmente usciti allo scoperto, si sono fatti fotografare avvinghiati in un caloroso e complice abbraccio. In politica nulla si fa per caso, e la scelta di veicolare questo tipo di immagine non può essere casuale. D’altronde non c’è molto da stupirsi, dal momento che, al punto in cui siamo, la saldatura di un establishment tanto debole quanto intrinsecamente assassino era pressoché scontata. La dicotomia destra/sinistra, come ripetiamo da tempo, è buona solo per ingannare i tonti, masse di ingenui facilmente impressionabili da una sigla di partito o da un simbolo carico di storia. Dietro i simboli di partito però ci sono sempre gli uomini in carne ed ossa, con cordate al seguito e rispettivi interessi privati da soddisfare.
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Vietato indagare su Bataclan e Mossad, cronista nei guai
Prima il segreto di Stato (segereto militare) imposto su Charlie Hebdo, dopo che la magistratura francese aveva individuato l’ombra dei servizi segreti di Parigi nella triangolazione col Belgio per le armi slovacche messe a disposizione del commando, che sterminò la redazione del giornale satirico abbandonando però un passaporto sul cruscotto dell’auto utilizzata per la strage. E ora, cala il bavaglio delle autorità anche sull’attentato al Bataclan compiuto venerdì 13 novembre 2015, da più parti segnalato come “false flag” di matrice massonica, con tanto di “firma”: il primo infausto “venerdì 13” della storia fu quello dell’ottobre 1307, quando Filippo il Bello emanò l’ordine di arresto per i Templari, e un mese dopo – il 13 novembre – alcuni cavalieri (che poi contribuirono a fondare la massoneria) riuscirono a lasciare Parigi riparando in Scozia. Chi ha organizzato la strage si considera “erede” dei Cavalieri del Tempio, al di là del paravento dell’Isis? Oggi, nel mirino delle indagini indipendenti – che tanto preoccupano il governo Hollande – non c’è la Scozia, ma Israele. Lo ha scoperto un reporter come Hicham Hamza, arrestato e incriminato per “violazione del segreto istruttorio e diffusioni di immagini gravemente lesive della dignità umana”, quelle della mattanza nel teatro parigino.Effettivamente, scrive Maurizio Blondet nel suo blog, il 15 dicembre Hamza aveva postato una foto ripresa all’interno del Bataclan pochi minuti dopo la strage: l’immagine mostrava l’orribile scena di decine di corpi smembrati. Il punto è che non è stato Hamza a scattare la foto, «subito scomparsa per ordine giudiziario». Una foto pericolosa, capace di rivelare dettagli scomodi? Il giornalista l’ha trovata su un tweet – il cui webmaster è situato a Gerusalemme – firmato “Israel News Feed”, “@IsraelHatzolah”. «Ora, “IsraelHatzola” è praticamente la stessa cosa di United Hatzolah, una Ong israeliana di paramedici che collabora con l’esercito di Israele», spiega Blondet. «Il presidente di United Hatzolah è particolarmente interessante: trattasi di Mark Gerson, un ebreo americano che è stato direttore esecutivo del famos think-tank neocon “Project for a New American Century”», il famigerato Pnac, quello che “consigliava” a George W. Bush di lanciare un grande riarmo, per il quale però sarebbe stata necessaria “una nuova Pearl Harbor”. «L’11 Settembre, quando la nuova Pearl Harbor si verificò, membri importanti del Pnac erano nel governo Bush, e lanciarono le guerre l’invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq».Invece di indagare su questa pista, chiedendosi come mai un sito israeliano legato ai necon e al Mossad aveva le foto dell’interno del teatro, scattate pochi minuti dopo la strage, gli inquirenti francesi hanno perseguito Hamza. «Varie personalità politiche e giornalisti lo hanno querelato per diffamazione, contando di rovinarlo economicamente: sul suo sito, “Panamza”, il perseguitato chiede ai lettori 10 mila euro per pagare le spese legali». Che la persecuzione sia originata dal governo non c’è dubbio, continua Blondet: Gilles Clavreul, delegato interministeriale del premier Manuel Valls, addetto alla “lotta contro il razzismo e l’antisemitismo”, s’è lasciato sfuggire durante un’intervista radio di stare cercando «egli inghippi giuridici per arrivare a perseguire» il giornalista. Hamza è colui che ha scoperto una quantità di indizi che consentono di interpretare l’attentato islamico del 13 novembre come un “false flag” con “segnatura” sionista. Una storia contraddistinta da parecchie “coincidenze”, a cominciare dalle date: l’11 settembre (ancora), cioè due mesi prima della strage, la famiglia Toutou aveva venduto il Bataclan, per poi trasferirsi definitivamente in Israele.«I responsabili della sicurezza della comunità ebraica erano stati avvertiti in anticipo dell’imminenza di un grosso attacco terroristico», secondo il “Times” di Israele, «che poi ha censurato la notizia». Da chi? «Dal banchiere barone Edmund De Rotschild, nientemeno». Il 13 novembre, giorno dell’attentato, era inoltre in corso un’immancabile esercitazione “antiterrorismo” programmata mesi prima dal Samu, il pronto soccorso municipale di Parigi, basata sullo scenario di tre attentati simultanei compiuti da tre gruppi di terroristi, che prevedeva 50 morti e 150 feriti. E ancora: la rivendicazione con cui Daesh si attribuiva gli attentati è stata diffusa dal “Site” di Rita Katz, l’ex collaboratrice del Mossad che ora opera dagli Stati Uniti. Secondo “France Télévision”, poi, i decreti per lo stato d’emergenza sarebbero stati adottati già prima dell’attentato al Bataclàn, alle 22.30, quando François Hollande uscì dallo Stade de France dove assisteva alla partita Francia-Germania: fuori dallo stadio, tre kamikaze si erano fatti saltare in aria con le cinture esplosive, uccidendo solo se stessi.«La strage del Bataclan non era ancora avvenuta, ma la bozza del decreto era pronta da tempo», scrive Blondet citando Hamza. Lo ha rivelato lo stesso funzionario, direttore degli affari giuridici del ministero dell’interno, che ha stilato il documento. Si chiama Thomas Andreu, «legato alla comunità ebraica e a Israele attraverso la moglie, Marguerite Bérard, cognata di Marie-Hélène Bérard, tesoriera della Camera di Commercio Francia-Israele e membro del direttivo del Crif, Conseil Représentatif des Institutions Juives de France». Per la mattanza – 90 morti – è finito nei guai anche Jesse Hughes, il cantante degli Eagles of Death Metal, il complesso che si esibiva al Bataclàn, davanti a 1500 spettatori: in una intervista rilasciata a “Fox Business Network” quattro mesi dopo, Hughes ha rivelato che quella sera aveva scoperto che ben sei uomini addetti alla sicurezza del palco erano inspiegabilmente assenti. Poco dopo ha ricevuto minacce di morte: un’immagine con una mitraglietta Uzi sulla bandiera israeliera e la scritta “on te fume”, ti eliminiamo.Per dare un’idea «del clima che Hollande sta facendo imporre nella ex patria della libertà di opinione», Blondet segnala anche il caso del professore di storia Pascal Geneste, duramente attaccato per aver difeso Putin come «uno dei precursori della lotta al terrorismo islamico, come dimostra l’intervento russo in Siria contro l’Isis». Geneste è stato convocato in gendarmeria e sottoposto a interrogatorio. E il 17 febbraio, 6 dei suoi allievi sono stati convocati in gendarmeria dove hanno subito un analogo interrogatorio sulla lezione pro-Putin. A premere sulla censura – anche sul web – è sempre il Crif, la rappresentanza franco-israeliana, che chiede che anche a Internet si applichi lo stato d’emergenza varato da Valls dopo l’eccidio del Bataclan, con poteri speciali allo Stato per frugare appartamenti, intercettare telefonate, ridurre le libertà personali. In realtà, il decreto contiene già misure repressive applicabili alla Rete: «Lo Stato può bloccare l’accesso a determinati siti, vietare a una persona tutte le comunicazioni via web, copiare tutti i dati trovati su terminali, smartphone e computer durante un’irruzione di polizia, compresi quelli sul cloud. Ma al Crif non basta: vuole siano punti e censurati i “messaggi di odio”», magari interpretando come tali anche le inquietanti rivelazioni di Hamza sul presunto ruolo del Mossad nella strage del 13 novembre.Prima il segreto di Stato (segreto militare) imposto su Charlie Hebdo, dopo che la magistratura francese aveva individuato l’ombra dei servizi segreti di Parigi nella triangolazione col Belgio per le armi slovacche messe a disposizione del commando, che sterminò la redazione del giornale satirico abbandonando però un passaporto sul cruscotto dell’auto utilizzata per la strage. E ora, cala il bavaglio delle autorità anche sull’attentato al Bataclan compiuto venerdì 13 novembre 2015, da più parti segnalato come “false flag” di matrice massonica, con tanto di “firma”: il primo infausto “venerdì 13” della storia fu quello dell’ottobre 1307, quando Filippo il Bello emanò l’ordine di arresto per i Templari, e un mese dopo – il 13 novembre – alcuni cavalieri (che poi contribuirono a fondare la massoneria) riuscirono a lasciare Parigi riparando in Scozia. Chi ha organizzato la strage si considera “erede” dei Cavalieri del Tempio, al di là del paravento dell’Isis? Oggi, nel mirino delle indagini indipendenti – che tanto preoccupano il governo Hollande – non c’è la Scozia, ma Israele. Lo ha scoperto un reporter come Hicham Hamza, arrestato e incriminato per “violazione del segreto istruttorio e diffusioni di immagini gravemente lesive della dignità umana”, quelle della mattanza nel teatro parigino.
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Craig Roberts: i media sanno che la verità ufficiale è falsa
Gli americani vivono in una falsa realtà, creata con fatti inventati. «La maggior parte delle persone consapevoli e capaci di pensare hanno rinunciato a credere al sistema chiamato “media mainstream”». E le “presstitutes”, gli organi di stampa “prostituiti al potere” «hanno perso la loro credibilità pur di aiutare Washington a mentire», sostiene un autorevolissimo analista come Paul Craig Roberts, economista e politologo, già viceministro di Ronald Reagan. Il piano? Diffondere crescente insicurezza, in un vista di una svolta autoritaria. E’ un po’ uno schema che si va ripetendo, sia a livello nazionale che internazionale: le “armi di distruzione di massa” di Saddam, il “nucleare iraniano”, e poi l’uso delle armi chimiche attribuito ad Assad e “l’invasione russa” dell’Ucraina”. Dai media, solo la versione ufficiale, su tutto: l’11 Settembre, le bombe sulla maratona di Boston, le «presunte sparatorie sulle masse, come Sandy Hook e San Bernardino». Nonostante «le incongruenze lampanti, le contraddizioni e i fallimenti dei sistemi di sicurezza che sembrano troppo improbabili per essere credibili – aggiunge Roberts – i media mainstream non si fanno domande e non indagano: si limitano a raccontare, come un dato di fatto, tutto quello che dicono le autorità».Il segno di uno Stato totalitario o autoritario, scrive Craig Roberts in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”, si ha quando i media non sentono più la responsabilità di dover indagare per cercare la verità, accettando invece il ruolo del propagandista. «Negli Stati Uniti la trasformazione dei giornalisti in propagandisti si è completata con la concentrazione di un sistema che era formato da parecchi media indipendenti in sei mega-società che ormai non sono più gestite da giornalisti». Di conseguenza, le persone più avvedute «fanno affidamento sempre più su media alternativi, quelli che si fanno domande, che seguono la logica dei fatti e che offrono analisi al posto di una linea ufficiale con storie incredibili». Il primo esempio fu l’11 Settembre, in cui la versione ufficiale è stata smontata da centinaia di esperti e tecnici. Nonostante ciò, grazie ai media, la versione ufficiale regge ancora: «Dobbiamo credere che alcuni sauditi, senza nessuna tecnologia che potesse andare oltre il coltellino da tasca e senza nessun appoggio dei servizi segreti di nessun governo, siano stati tanto abili da superare in astuzia la tecnologia di sorveglianza di massa creata dalla Darpa (Defense Advanced Research Projects Agency) e dalla Nsa (National Security Agency) e che siano stati capaci di affondare il colpo più umiliante mai subito da una superpotenza in tutta la storia umana».Invece di mettersi alla guida delle indagini su un fallimento tanto massiccio della sicurezza, la Casa Bianca ha continuato a resistere per più di un anno prima di cedere alle richieste delle famiglie delle vittime delle Torri Gemelle, e solo allora ha accettato di nominare una commissione d’inchiesta, che però «non investigò, ma semplicemente si insediò e scrisse la stessa storia che aveva raccontato il governo», anche se poi gli stessi protagonisti della commissione – presidente, co-presidente e consulenti legali – hanno scritto libri in cui si dichiara che ogni informazione era stata negata alla commissione, che i funzionari governativi avevano mentito e che la Commissione «era stata istituita per fallire». Eppure, le “presstitutes” ancora ripetono la stessa propaganda ufficiale, «e ci sono abbastanza americani che ci credono, tanto da evitare che debbano essere riconosciute le vere responsabilità». Continua Craig Roberts: «Qualsiasi storico competente sa che vengono usati degli eventi “false flag” per portare a compimento gli ordini del giorno che, altrimenti, non potrebbro essere raggiunti». L’11 Settembre? «Diede ai neocon, che controllavano l’amministrazione Bush, una nuova Pearl Harbor che, dicevano, era necessaria per lanciare le loro invasioni militari egemoniche sui paesi musulmani».E le bombe alla maratona di Boston? «Hanno permesso di testare la polizia americana», verificando «come si può isolare totalmente una grande città, mandando per le strade 10.000 soldati armati e squadre speciali con truppe che facevano perquisizioni casa per casa costringendo, con le armi, gli abitanti a lasciare le loro case». Una operazione senza precedenti, «giustificata come necessaria per trovare un ragazzino di 19 anni, ferito, che era chiaramente un capro espiatorio». In mezzo, un’infinità di anomalie, a cui nessuno si cura di dare una spiegazione. In un video, realizzato montando le copertine dei telegiornali, compare un uomo in lutto per la perdita del figlio. E’ la stessa persona che, in altre immagini, indossa l’uniforme delle squadre speciali Swat mentre è intenta a seguire la sparatoria di Sandy Hook. Si tratta di un attore conosciuto, scrive Roberts, che interpreta parti diverse: «Dobbiamo chiederci il perché di questo falso». I primi che dovrebbero farlo sono proprio i media, ma non lo fanno. Insieme a Mike Palecek, il professor Jim Fetzer ha scritto in un libro che Sandy Hook sarebbe stato un esperimento della Fema per promuovere il controllo delle armi. Si dice anche che non sia morto nessuno, a Sandy Hook. «Il libro era disponibile su Amazon, ma è stato improvvisamente vietato. Perché vietare un libro?».«Se le informazioni fornite da Fetzer sono corrette – aggiunge Craig Roberts – risulta chiaramente che il governo degli Stati Uniti sta mettendo in atto un’agenda di lavori autoritaria e che sta usando eventi orchestrati ad arte per mostre una falsa realtà agli americani, per raggiungere gli obiettivi della sua agenda». Fetzer «non può essere liquidato come un semplice folle: è uno che si è laureato con lode all’università di Princeton, ha un dottorato di ricerca dell’Indiana University ed è stato “distinguished professor” alla McKnight University del Minnesota fino al suo pensionamento nel 2006. Ha avuto una borsa di studio della National Science Foundation e ha pubblicato più di 100 articoli e 20 libri di filosofia della scienza. E’ esperto di intelligenza articiale e di “computer science”, ha anche fondato la rivista internazionale “Minds and Machines”».Per una persona di media intelligenza, continua Craig Roberts, sia la storia ufficiale dell’assassinio del presidente Kennedy che quella dell’11 Settembre semplicemente non sono credibili, perché le storie ufficiali non sono coerenti con le prove. «Quello che mi disturba è che nessuno, né tra le autorità né tra i media mainstream, mostra un minimo interesse a controllare i fatti. Invece, quelli che hanno tirato fuori delle questioni scomode vengono additati come teorici della cospirazione». Sappiamo dall’Operazione Gladio e dall’Operazione Northwoods che i governi «si invischiano in cospirazioni criminali contro i propri cittadini: pertanto, il vero errore è concludere che i governi non si impegnino nelle cospirazioni». Spesso, si sente qualcuno che obietta che se l’11 Settembre fosse stato un attacco “false flag”, qualcuno avrebbe parlato. «Perché avrebbero dovuto parlare? Dovrebbe sapere qualcosa solo chi ha organizzato la cospirazione. E allora perché dovrebbe far venire altri dubbi su quella che è stata una sua congiura?».Ricordiamoci di William Binney, l’uomo che sviluppò il sistema di sorveglianza utilizzato dalla Nsa. Quando si rese conto che il suo sistema veniva usato contro il popolo americano, Binney si mise a parlare. «Ma non si era preso nessun documento con cui poter provare le sue affermazioni, cosa che lo salvò dall’essere condannato ma che non gli permise di produrre nessuna prova su quanto diceva», scrive Roberts. «Questo è il motivo per cui Edward Snowden si è preso tutti i documenti e li ha resi pubblici. Tuttavia, molti vedono Snowden come una spia, come uno che ha rubato dei segreti sulla sicurezza nazionale, non lo vedono come uno che ha saputo avvertirci che la Costituzione – quella cosa che ci protegge – è stata ribaltata».Funzionari governativi di alto livello hanno smentito varie parti della storia ufficiale sia dell’11 Settembre che della versione ufficiale che lega l’attentato alle Twin Towers all’invasione dell’Iraq, attraverso la fiaba delle “armi di distruzione di massa”. Il segretario ai trasporti, Norman Mineta, smentì il vicepresidente Cheney e la tempistica della storia ufficiale dell’11 Settembre, ricorda Craig Roberts. E il segretario del Tesoro, Paul O’Neill, affermò che il rovesciamento di Saddam Hussein fu oggetto della prima riunione di gabinetto dell’amministrazione di George W. Bush, molto prima dell’11 Settembre. Lo scrisse in un libro e lo disse a “Cbs News”. Anche la Cnn e altri organi di stampa ne parlarono, ma la cosa non ebbe nessun effetto. Gli informatori – quelli veri – pagano un caro prezzo e molti finiscono in carcere. «Obama ne ha perseguito e incarcerato un numero record. Una volta che li hanno buttati in galera, la domanda diventa: “Chi avrebbe creduto a un criminale?”».Per quanto riguarda l’11 Settembre, aggiunge Craig Roberts, hanno parlato persone di ogni tipo: oltre 100 poliziotti, vigili del fuoco e altri soccorritori hanno riferito di aver nettamente percepito un gran numero di esplosioni nelle Torri. Il personale della manutenzione ha raccontato di enormi esplosioni avvenute negli scantinati appena prima che gli edifici fossero colpiti dagli aerei. Ma nulla da fare: «Niente di tutte queste testimonianze ha avuto qualche effetto né con le autorità che erano dietro la storia ufficiale, né con le “presstitutes”». Ci sono 2.300 architetti e ingegneri che hanno scritto al Congresso chiedendo di aprire una vera indagine, ma invece di accogliere la richiesta con il rispetto che meritano 2.300 professionisti, sono stati liquidati come “teorici della cospirazione”. E ancora: una tavola internazionale di scienziati ha segnalato la presenza di un potentissimo esplosivo come la nanotermite nelle polveri del World Trade Center. Hanno offerto dei campioni alle agenzie governative e agli scienziati, per ottenere conferma. Ma nessuno potrà toccare quei reperti. «Il motivo è chiaro: oggi i finanziamenti per la scienza sono fortemente dipendenti dal governo federale e dalle aziende private che hanno contratti federali. Gli scienziati sanno bene che tirare fuori qualcosa sull’11 Settembre significa la fine della carriera».Il governo americano, conclude Craig Roberts, ci ha reso proprio come voleva: impotenti e disinformati, completamente privi di strumenti per capire quello che sta realmente accadendo, sulla nostra pelle. «La maggior parte degli americani sono troppo ignoranti per essere in grado di comprendere la differenza tra un edificio che crolla per danni strutturali (per asimmetria) e edifici che invece saltano in aria. I giornalisti mainstream non possono fare domante o fare indagini e contemporaneamente mantenersi il posto di lavoro. Gli scienziati non possono parlare se vogliono continuare ad essere finanziati». E così., sintetizza amaramente l’ex viceministro di Reagan, «dire la verità è un compito che ormai si permettono solo i media Internet alternativi, tra i quali io scommetto che il governo sta gestendo dei siti che gridano selvaggiamente alle cospirazioni, con il vero scopo di screditare tutti gli altri siti, quelli scettici».Gli americani vivono in una falsa realtà, creata con fatti inventati. «La maggior parte delle persone consapevoli e capaci di pensare hanno rinunciato a credere al sistema chiamato “media mainstream”». E le “presstitutes”, gli organi di stampa “prostituiti al potere” «hanno perso la loro credibilità pur di aiutare Washington a mentire», sostiene un autorevolissimo analista come Paul Craig Roberts, economista e politologo, già viceministro di Ronald Reagan. Il piano? Diffondere crescente insicurezza, in un vista di una svolta autoritaria. E’ un po’ uno schema che si va ripetendo, sia a livello nazionale che internazionale: le “armi di distruzione di massa” di Saddam, il “nucleare iraniano”, e poi l’uso delle armi chimiche attribuito ad Assad e “l’invasione russa” dell’Ucraina”. Dai media, solo la versione ufficiale, su tutto: l’11 Settembre, le bombe sulla maratona di Boston, le «presunte sparatorie sulle masse, come Sandy Hook e San Bernardino». Nonostante «le incongruenze lampanti, le contraddizioni e i fallimenti dei sistemi di sicurezza che sembrano troppo improbabili per essere credibili – aggiunge Roberts – i media mainstream non si fanno domande e non indagano: si limitano a raccontare, come un dato di fatto, tutto quello che dicono le autorità».
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Duff: uno di questi pagliacci dominerà gli Usa (e il mondo)
Ho appena finito di farmi una barba lunga così ascoltando Mitt Romney e Donald Trump. Cominciamo allora dal livello di assurdità che li distingue: ai tempi della guerra in Vietnam sono stati entrambi degli spregevoli renitenti alla leva. Nel corso della loro vita hanno avuto entrambi dei forti legami con il crimine organizzato. Hanno entrambi ereditato le loro fortune personali, poi incrementate fregando gli altri. Affrontiamo inoltre un’altra verità a lungo dimenticata: il Gop è interamente gestito da Sheldon Adelson, un boss del gioco d’azzardo di Macao, con una storia di cui non possiamo cominciare a discutere sperando poi di poter entrare in una macchina senza l’aiuto di una squadra di artificieri. Ad aiutarli ci sono i ‘gemelli malvagi’, i fratelli Koch, dei mostri indescrivibili. Guidano il Partito Repubblicano e possono evitare di essere considerati come ‘criminalità organizzata’ solo perché sono più grandi e potenti del tradizionale ‘crimine organizzato’, oltre che molto più pericolosi.Mentre la gente è costretta a saccheggiare i propri risparmi, sono proprio queste bestie [Adelson, i Koch …] e i politici che esse controllano – sono 350 i membri del Congresso e 22 i governatori di cui tirano le fila, assieme ai cartelli della droga, alle compagnie petrolifere e a Wall Street – ad essere i veri terroristi: sono essi stessi l’Isis, Al-Qaeda, l’incarnazione stessa della guerra. Puntare il dito contro Hillary o George Soros è semplice … sono dei bersagli molto facili, lo ammetto. Sono i pianificatori delle vicende di Bengasi, i sostenitori di Boko Haram, di al Qaeda e dell’Isis. Tuttavia, se vogliamo ‘crescere’ e porci delle domande difficili, chiediamoci perché la tronfia ‘principessa neocon’ [Victoria Nuland], moglie di uno dei fratelli Kagan, fu ‘consacrata’ alla distruzione dell’Ucraina proprio da Hillary Clinton. I ratti stanno spolpando l’Ucraina mentre i politici fascisti che a loro fanno capo, con l’aiuto di una ben orchestrata ‘crisi dei profughi’, stanno prendendo l’Europa dal basso.Prendetevi i 6 minuti e 27 secondi che sono necessari e sedetevi su una sedia a guardare il video del “South Front”. Cominciate a pensare alla situazione del mondo intero e al fatto che, mentre stiamo spingendo la Russia verso la bancarotta e la Cina verso la guerra, i nostri ‘salvatori’ dovrebbero essere proprio questi pagliacci. Mi piace veramente tanto ascoltare Trump. Quello che posso dire è che ha un’intelligenza di basso livello, che è un personaggio tutto sbagliato ed essenzialmente la caricatura di se stesso: il cartone animato di un cartone animato. Tuttavia, vale il doppio di Mitt Romney ed è una specie divinità se comparato a Kasich, a McCain o a Jeb Bush. Romney crede veramente di potersi infilare nella corsa alla presidenza e c’è un motivo se può nutrire questa speranza. Il Gop sta alimentando il ‘Dipartimento di Giustizia’ con dei propri files su Trump. Romney, inoltre, sembrerebbe un candidato perfetto, affidabile, con la sua abbronzatura scintillante e i suoi abiti sempre un po’ troppo attillati.Mi ricordo di G. W. Bush e della sua enorme tuta antiproiettile, adatta a coprire il suo grosso sedere e le sue spalle strette: un tentativo per bilanciare il suo sguardo, compreso fra quello di uno scimpanzé e quello del ‘Gollum’ [un personaggio del “Signore degli Anelli”]. Romney, invece, ha un aspetto esteriore veramente bello e, dopo aver ascoltato il discorso di Trump, il suo commento ‘in ginocchio’, comincio a pormi un paio di domande al riguardo di Trump. Ma poi, di nuovo, in una nazione governata da pedofili, l’idea di mettere in discussione la natura di qualsiasi relazione fra adulto e adulto – o fra essere umano ed essere umano, se quest’ultimo termine è più chiaro – viola i veri standard morali dell’America, per come essi sono nella realtà. Nel 2012 alcuni amici dell’Fbi vennero a trovarci nella nostra sede, portando con loro la prova della complicità di Romney con la criminalità organizzata, con il traffico di droga – assieme al suo partner Carlos Salinas – e infine i contratti clandestini che aveva stipulato con Castro ed il ‘Kgb’. Le registrazioni di quelle interviste sono su YouTube.Qualunque sia la mia opinione su Trump, è un ‘capo’ e ha le spalle ben al di sopra della gente del Gop. Ha introdotto un nuovo livello di chiarezza nel discorso politico americano. Il solo problema è che molto di quello che dice è poco considerato, una conseguenza del suo convulsivo modo di parlare, generato da quello che posso solo immaginare sia un caso di ‘sindrome da deficit di attenzione’. Non credo, comunque, che intenda esprimere, nella realtà, le cose folli che gli escono di bocca ed è senz’altro molto meno ‘pericoloso’ di quanto possa sembrare. Anch’io credo che non sia in possesso delle capacità amministrative e dell’energia personale che possano metterlo davanti al ‘pacchetto’ [dei candidati repubblicani alla presidenza]. Per quanto riguarda i democratici, in questo momento è Hillary la favorita. A meno che non venga uccisa, sarà lei il presidente. Il suo programma di politica interna è eccezionale ma, per quanto riguarda la politica estera, è chiaro che lei è ‘gestita’ da una ‘forza nascosta’ che non ama molto gli Stati Uniti.E’ molto doloroso doverlo dire, in particolare per chi come me è sempre più anziano e non è ancora uno stupido integrale. Mi ricordo di Ike, di Nixon e di Reagan. Dei rospi velenosi che avrebbero dovuto essere strangolati nella culla, ma che tuttavia erano lontani mille miglia da ‘W’ [Bush], la più grande mostruosità umana della nostra epoca, di qualsiasi nazione e di qualsiasi specie. Il rischio reale, con Trump, è che nessuno lo può comprare e che lui non condivide i sogni del resto del Gop, capace solo di blandire i ragazzini e ballare al fianco di Tony Scalia, in una gioiosa esaltazione dell’Angelo della Luce [Lucifero]. “Veterans Today” è per la maggior parte un club di bravi ragazzi ma, per quanto riguarda le pubblicazioni, lo staff di Vt è composto più da ‘Bar Fighters’ [combattenti da bar] che da ‘Bible Thumpers’ [coloro che considerano la Bibbia uno strumento per attaccare gli altri e non la guida per una vita corretta]. Ci sono delle verità in quello che stiamo dicendo, per la memoria di cui siamo portatori e che speriamo di condividere con tutti gli altri, mettendo gli orologi indietro fino all’epoca di presidenti ormai morti da molto tempo, come Roosevelt, Truman, Ike e gente simile, come ad esempio il primo ministro Churchill.Ma siamo ormai arrivati al momento della ‘ricreazione’ pomeridiana, del football consumato ‘out of the box’. Il pipistrello si è liberato dai legacci e ha messo fuori la testa, sul campo di gioco. Alcuni ragazzi sono rimasti indietro, giocano al ‘salto della corda’ con le ragazze sviluppando quelle capacità che altri vorrebbero aver guadagnato. Altri invece si sono attaccati alle gonne delle insegnanti in attesa del suono della campanella, che consentirà loro di tornare alla sicurezza e al calore delle loro scrivanie. Sono proprio quest’ultimi, coloro che non hanno mai fatto una scelta, che non hanno mai battuto troppi sentieri, sono proprio costoro i nostri leader nazionali. Se guardiamo ai candidati del Gop, a Jeb, a Kasish, a Cruz, a Rubio o a Trump, anche a Romney, ebbene sono proprio loro ‘quei ragazzi’, quelli di cui ci eravamo scordati e che sono riapparsi nella nostra vita come una vile pugnalata alle spalle, con le loro facce che sorridono alle organizzazioni criminali. Ditemi voi se mi sto sbagliando.(Gordon Duff, “Solo una goccia d’intelligenza”, da “Veterans Today” del 3 marzo 2016, tradotto da “Come Don Chisciotte”. Veterano del Vietnam, Duff è un prestigioso analista internazionale, molto popolare anche sui media).Ho appena finito di farmi una barba lunga così ascoltando Mitt Romney e Donald Trump. Cominciamo allora dal livello di assurdità che li distingue: ai tempi della guerra in Vietnam sono stati entrambi degli spregevoli renitenti alla leva. Nel corso della loro vita hanno avuto entrambi dei forti legami con il crimine organizzato. Hanno entrambi ereditato le loro fortune personali, poi incrementate fregando gli altri. Affrontiamo inoltre un’altra verità a lungo dimenticata: il Gop è interamente gestito da Sheldon Adelson, un boss del gioco d’azzardo di Macao, con una storia di cui non possiamo cominciare a discutere sperando poi di poter entrare in una macchina senza l’aiuto di una squadra di artificieri. Ad aiutarli ci sono i ‘gemelli malvagi’, i fratelli Koch, dei mostri indescrivibili. Guidano il Partito Repubblicano e possono evitare di essere considerati come ‘criminalità organizzata’ solo perché sono più grandi e potenti del tradizionale ‘crimine organizzato’, oltre che molto più pericolosi.