Archivio del Tag ‘genocidio’
-
Spaventano la Sardegna i top-gun che terrorizzano Gaza
Manovre acrobatiche nei cieli della Sardegna, così pericolose da mettere a repentaglio l’incolumità dei piloti e quella dei residenti: evoluzioni compiute “senza motivo né vantaggio”, stando al tribunale militare israeliano che ha condannato a sette giorni di carcere (e un anno di sospensione dal volo) il pilota dell’F-16 che giusto un anno fa, durante l’operazione italo-israeliana “Vega”, compì uno spericolato “tonneau” (giro della morte, rotazione a 360 gradi) troppo vicino al suolo e al di fuori di aree di sicurezza. Sotto accusa, il 106° squadrone della Iaf, la Israeli Air Force: il caccia, scrive “PeaceReporter”, ha anche oltrepassato il muro del suolo, causano un “bang sonico” (effetto bomba) non autorizzato e al di sotto dell’altitudine consentita: come quelli che l’aviazione israeliana compie a Gaza, producendo terrorismo psicologico.
-
Israele, Golia travestito da Davide: la finta pace sia con voi
Scrivo mentre la Assemblea dell’Onu discute il riconoscimento formale dello Stato Palestinese. Sarà un grande ed inedito passo avanti verso il soddisfacimento dei diritti di quel popolo, conculcati vilmente, cinicamente, dalla cosiddetta comunità internazionale, cioè dai grandi e cinici padroni del mondo, per sessanta interminabili anni. Ma io guardo la cartina geografica e vedo come stanno le cose oggi. Vedo cos’era la Palestina nel 1946, cosa ne fu nel 1947, cosa ne restò nel 1967. E vedo adesso un puzzle di micro territori staccati gli uni dagli altri, un quinto, un decimo, forse meno, di quel territorio originario, fatto di misere nicchie isolate, impoverite, senz’acqua, senza diritti, vessate, martoriate.
-
Gaza, eredità della strage: Turchia ed Egitto contro Israele
Durante Hannukah del 2008, Israele ha attaccato Gaza con l’Operazione Piombo Fuso. Ora sta mangiando l’amaro frutto di quell’operazione, che è stata il punto di svolta per l’atteggiamento del mondo e della regione nei confronti di Israele e delle sue politiche belligeranti e violente. Le onde d’urto ci mettono del tempo ad arrivare, ma ora stanno arrivando, e sono belle alte. Ogni giorno ci sono nuovi pericoli. Alcuni sono il risultato delle azioni di Israele, della sua aggressività, della sua euforia, dell’arroganza e della sua negligenza. Risultato: gli unici due Paesi della regione che l’avevano accettato, Turchia ed Egitto, stanno bruciando i loro rapporti con Israele. Il primo lo ha fatto attraverso una decisione del governo, il secondo con una folla inferocita.
-
Noi, vittime quotidiane della Guerra dell’11 Settembre
Giulietto Chiesa la chiamò “la guerra infinita”, titolando un bestseller italiano all’indomani dell’attacco alle Torri Gemelle. Dieci anni dopo, un giornalista del “Guardian”, Jason Burke, la ribattezza in modo analogo e ancora più esplicito: la Guerra dell’11 Settembre. Cominciata a Manhattan e proseguita nel resto del mondo: sia in teatri finiti sotto i riflettori dei media, come l’Iraq e l’Afghanistan e ora la Libia, sia in latitudini meno frequentate dai reporter e delle loro narrazioni “embedded”, dai deserti del Sudan alle montagne del Tagikistan, dal mare delle Seychelles alle foreste indonesiane. Il conto delle vittime è spaventoso, ma rivela l’identità degli sconfitti: tutti noi, regolarmente all’oscuro dei piani.
-
Israele, scuola di odio: oggi bimbi, domani killer in uniforme
Palestinesi? No, meglio: arabi. A meno che non ci sia di mezzo l’argomento principe: il terrorismo. Allora, come d’incanto, gli “arabi” che vivono tra Betlemme e Gaza diventano, magicamente, “palestinesi”. Per il resto, rimangono semplicemente “arabi”, magari a dorso di cammello, vestiti come Ali Babà. «Spregevoli, devianti e criminali, gente che non paga le tasse, che vive a spese dello Stato, che non vuole progredire». E’ quello che raccontano i libri di testo israeliani, che a partire dalla scuola elementare preparano i futuri soldati di leva a prendere a fucilate gli “arabi” dei Territori Occupati e magari qualche scomodo attivista loro amico, come l’americana Rachel Corrie o l’italiano Vittorio Arrigoni. Un’indecenza, alla quale ora si ribella una docente universitaria israeliana, Nurit Peled-Elhanan.
-
Le vittime di Utøya volevano boicottare Israele
Le vittime di Utøya, nuove leve della sinistra al governo della Norvegia fatte a pezzi il 22 luglio dal “pazzo” fanatico Anders Behring Breivik, non sapevano di avere un nemico armato e pronto a sterminarli, ma erano perfettamente consapevoli dell’ostilità assoluta di un altro “avversario”, ben più attrezzato: Israele. I nostri media non ne parlano, mentre loro erano addirttura usciti sui giornali norvegesi, per proporre la più drastica delle soluzioni contro Tel Aviv: l’embargo contro lo Stato ebraico, in risposta al genocidio inflitto ai palestinesi. Una minaccia esplicita, formulata dal loro giovane leader, Eskil Pedersen: «Diffidiamo di Israele, che non ascolta le proteste del mondo; chiediamo alla Norvegia di adottare l’embargo economico contro Tel Aviv, anche unilaterale».
-
Preso Mladic, il macellaio: ultimo atto di un’atroce farsa
“Le ragazze bosniache puzzano”. Slogan razzista: serbo? No: olandese. Campeggia sulle pareti della caserma di Potocari, alle porte di Srebrenica, dove i caschi blu europei l’11 luglio 1995 restarono spettatori della feroce pulizia etnica condotta dal macellaio serbo Ratko Mladić, l’uomo finalmente arrestato dalla polizia di Belgrado quindici anni dopo, il 26 maggio 2011, per permettere alla Serbia di entrare nell’Unione Europea. Stratega dell’assedio di Sarajevo, Mladić sarà incarcerato all’Aja insieme al suo leader, Radovan Karadzić, nelle celle dove morì il loro capo supremo, Slobodan Milosević, portando con sé tutti i segreti della sua “guerra sporca”. L’altro macellaio, Zeliko Raznatović, detto Arkan, era già stato assassinato a Belgrado. E se per molti serbi lo stesso Mladić è stato un eroe, a lungo protetto dalle autorità locali, a evitare di dargli la caccia sono stati soprattutto gli Usa.
-
Abbiamo ucciso 400.000 civili: scusate, chi è il terrorista?
L’Occidente si considera una “cultura superiore” (nuovo conio del razzismo, essendo diventato quello classico impresentabile dopo Hitler), ritiene di avere i valori migliori, anzi assoluti, e quindi il dovere morale di imporli, abbattendo dittature, autocrazie, teocrazie e quei Paesi, come l’Afghanistan talebano, dove si pratica l’intollerabile sharia (ma la sharia non c’è anche in Arabia Saudita? E che c’entra? Quelli sono alleati). E vediamola allora, a volo d’uccello, la storia della “cultura superiore”. Dal 1500 al 1700 portoghesi, spagnoli e inglesi si specializzarono nella tratta degli schiavi (la schiavitù era scomparsa da mille anni, col crollo dell’impero romano). Ma nel 1789 arrivò la Rivoluzione francese con i suoi sacri principi: libertè, egalitè, fraternitè. Peccato che l’800 sia stato il secolo del colonialismo sistematico europeo. I “sacri principi” non valevano per gli altri.
-
Ultimo saluto a Vittorio: «E’ morto in croce, come Cristo»
E’ morto sulla croce come il Cristo, per la resurrezione di un popolo martoriato, affinché questo popolo potesse avere giustizia e pace. Le parole dell’arcivescovo emerito di Gerusalemme, Hilarion Capucci, hanno risuonato ieri nella palestra del centro sportivo di Bulciago, gremita di amici per dare l’ultimo saluto a Vittorio Arrigoni, ucciso a Gaza il 15 aprile da estremisti islamici. Sono arrivati in centinaia dall’Italia e dall’estero tra amici, conoscenti, autorità e persone comuni, per partecipare alle esequie. Avvolti nelle kefiah, con foto del pacifista stampate su fogli di carta, insieme a poesie e pensieri improvvisati, in centinaia hanno riempito il palazzetto dello sport, mentre altre centinaia attendevano fuori.
-
Restiamo umani: ciao Vittorio, non ci arrenderemo
Ci siamo svegliati piangendo, questa mattina. Hanno ucciso Vittorio Arrigoni. E’ la morte di un eroe del nostro tempo, che sempre di più avrà bisogno di eroi. Vittorio Arrigoni è stato ucciso perché chi uccide non tollera testimoni. Ma anche perché la spirale di follia in cui questo mondo sta scivolando richiederà sempre più sangue, sull’altare dei potenti. Il modo migliore per onorare la sua memoria sarà quello di prepararci a fronteggiare un’ondata di violenza che sarà proporzionale alla gravità della crisi in cui si dibattono i poteri che hanno portato il mondo nella tempesta che è già cominciata.
-
Ucciso Arrigoni: denunciò le atrocità di Israele a Gaza
Era la spina nel fianco di Israele, la voce di Gaza sotto le bombe al fosforo bianco. Lo hanno ritrovato con gli occhi bendati: non doveva vedere più. Il corpo senza vita di Vittorio Arrigoni, 36 anni, coraggioso reporter indipendente, è stato rinvenuto nella notte fra il 14 e il 15 aprile in un appartamento di Gaza City al termine del blitz organizzato da Hamas per tentare di salvarlo. Sarebbe stato soffocato o strangolato, molto prima dell’ultimatum lanciato dai rapitori, appartenenti – secondo le rivendicazioni ufficiali – a un gruppo salafita islamico ultra-radicale, vicino ad Al Qaeda. L’atroce morte di Arrigoni rappresenta in realtà una svolta per i “falchi” di Tel Aviv: Vittorio era rimasto l’unico, sul campo, a testimoniare le atrocità israeliane contro la popolazione palestinese.
-
Libia, il razzismo ipocrita di chi diffida dei giovani ribelli
L’ultimo spettacolo di questi giorni è quello dei soci di Gheddafi – vecchi amici e alleati, clienti e fornitori – che si esercitano nel salire in cattedra per dare pagelle di democrazia agli insorti libici, generalmente chiamati “ribelli di Bengasi” e “separatisti della Cirenaica”, dimenticando che dal 17 febbraio si è sollevata tutta la Libia contro il dittatore, che oggi assedia ancora Misurata, terza città del paese vicinissima a Tripoli, dopo che le truppe del Colonnello hanno schiacciato nel sangue le rivolte esplose in tutto l’Ovest, da Zuara a Zawiya. E’ vero, ci sono anche i clan tribali, ma è una geografia ormai fluida: il fattore decisivo, sottolinea “Fortress Europe”, è il coraggio dei giovanissimi che sono scesi in piazza a mani nude contro il tiranno, prima ancora della diserzione delle prime unità territoriali delle forze armate, che ha trasformato la sollevazione popolare in guerra civile.