Archivio del Tag ‘Gad Lerner’
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La casta che ha ucciso la politica ora la chiama antipolitica
Allarme “antipolitica”: di fronte al verdetto dei sondaggi, ora la casta ha paura. Bersani, alleato di Berlusconi nel sostegno al governo Monti, finge di stupirsi del successo annunciato per il movimento di Beppe Grillo. E persino Vendola, a metà del guado – tra la foto-ricordo del summit di Vasto e la tentazione di smarcarsi dal vecchio centrosinistra – oggi taccia di “populismo” l’ex comico genovese. Il momento è cruciale: Monti sta smantellando quel che resta del nostro Stato sociale, inaugurando una restaurazione autoritaria epocale. E alla disaffezione degli italiani – solo uno su due alle urne, stando alle intenzioni di voto – si aggiunge anche il disgusto per la tangentopoli leghista, mentre chi ieri strillava contro le cricche e le caste oggi sostiene il “governo dei banchieri” insieme a Silvio Berlusconi.
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Ladroni a casa nostra, Lerner: crudele nemesi padana
L’indecoroso epilogo della “rivoluzione” leghista, scivolata dalle valli del Nord nella bambagia governativa di Roma, e poi giù fino al paradiso speculativo della Tanzania, deturpa irrimediabilmente la biografia di Umberto Bossi. Il leader politico che si pretendeva addirittura fondatore di una nazione – dice Gad Lerner – viene accusato ora di avere usufruito di soldi pubblici, denaro non contabilizzato, anche per sostenere i costi della sua famiglia: il suo vero punto debole, da quando il Senatùr «s’è adoperato nel tentativo di perpetuare il suo carisma per via dinastica nell’inadeguata figura del figlio Renzo». Proprio lui che aveva fatto della sobrietà popolana la sua cifra esistenziale, continua Lerner su “Repubblica” il 4 aprile, avrebbe commesso leggerezze mai digerite dalla base militante, come la casa in Sardegna intestata al sindacato padano di cui è segretaria la sua “badante” Rosi Mauro.
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Strage di schiavi cinesi: il New York Times smaschera Apple
Morti e feriti, disperazione, suicidi a catena: dietro l’iPhone, l’inferno. «Stay hungry, stay foolish», raccomandava il guru Steve Jobs. Detto fatto: il “New York Times” l’ha preso in parola e, con un’inchiesta già in odore di Premio Pulitzer, ha smascherato l’orrore: la Foxconn, succursale cinese della Apple, era un lager per lavoratori-schiavi. E ora, sotto la pressione dell’opinione pubblica, la “fabbrica della morte” ha riconosciuto le incredibili violazioni che in tutti questi anni hanno oppresso la salute e il portafoglio di più di un milione e duecentomila dipendenti, arricchendo Jobs e gli altri capitani dell’hi-tech: dalla Dell all’Hp. Tutto nasce dalla denuncia della Fair Labor Association, super-sindacato internazionale, che ha messo alle corde la compagnia statunitense: e ora Tim Cook, l’erede di Jobs, ha ammesso lo sfruttamento e si è fatto fotografare tra gli operai cinesi di Zhengzhou, promettendo di cancellare questa vergogna mondiale.
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Sorpresa, l’Italia regalò miliardi a Morgan Stanley: perché?
Oltre due miliardi e mezzo di euro – l’equivalente di mezza riforma delle pensioni – finiti in gran silenzio nelle casse della Morgan Stanley, super-banca americana, in virtù di una strana clausola stipulata nel lontano 1994, quando a dirigere le operazioni era un certo Mario Draghi, allora a capo dello staff tecnico del Tesoro. Ora che lo Stato italiano ha versato tutti quei soldi alla Morgan, dice Gad Lerner sul suo blog, è lecito domandarsi: chi prese all’epoca quella decisione? E in base a quali motivazioni? Secondo il “Financial Times”, negli anni ’90 la banca d’affari americana vendette al governo italiano una montagna di “titoli derivati” facendo ricorso a un’insolita clausola legale, a tutto vantaggio del colosso finanziario statunitense: libero di sciogliere l’impegno non appena avesse cessato di garantirgli maxi-rendite, scaricate poi sul debito e quindi sulle tasse degli italiani.
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No al dialogo: la guerra contro la valle di Susa continua
Niente dialogo, la “guerra” continua: anche il presidente della Repubblica rifiuta di parlare con i rappresentanti istituzionali della valle di Susa assediata dai reparti antisommossa spediti dal governo Monti a imporre, manu militari, la Torino-Lione, cioè l’opera pubblica più costosa, più dannosa e più inutile della storia nazionale, secondo l’opinione di milioni di italiani, suffragata dai migliori tecnici delle nostre università. Giorgio Napolitano rifiuta l’incontro coi sindaci valsusini il 6 marzo a Torino, così come aveva rifiutato di rispondere all’appello di 150 docenti universitari di tutta Italia per chiedere un ripensamento sul progetto. Nel vuoto anche l’ultima lettera aperta rivolta a Monti, firmata da 360 professori e tecnici, e persino l’appello al dialogo invocato da don Luigi Ciotti, che chiede invano al governo di trovare il coraggio di discutere finalmente un’opera così fortemente contrastata.
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Per favore, basta menzogne: se l’Italia diventa No-Tav
No-Tav di tutto il mondo unitevi: mentre in migliaia sfilavano nel centro di Roma dopo l’incredibile “niet” di Mario Monti, che si rifiuta di aprire un dialogo con la valle di Susa, manifestanti mobilitati contro la sordità del potere che vuole imporre la Torino-Lione senza dare spiegazioni hanno trasformato il 3 marzo in una giornata anche internazionale di protesta. Oltre al fash-mob dei valsusini che hanno beffato la sorveglianza e aperto a sorpresa, per mezz’ora, il casello autostradale di Avigliana, abolendo il pedaggio e distribuendo agli automobilisti volantini con scritto “Oggi paga Monti”, i No-Tav italiani hanno manifestato a Perugia, Catania, Imperia, Mantova, Pisa, Pesaro, Sestri Levante e Trieste. Ma anche all’estero: a Parigi, a Dublino e a San Sebastian nei Paesi Baschi, a Londra sotto il consolato italiano, a Ginevra davanti alla sede Onu e persino a Budapest con un presidio musicale vicino all’ambasciata.
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L’ultimo diktat: lo Stato sarà condannato a impoverirci
Coventrizzazione: bombardamento a tappeto. Solo che ad essere rasa al suolo non sarà la cittadina inglese di Coventry, spianata nel 1940 dalle bombe della Luftwaffe, ma il Belpaese straziato dai “signori del debito”, i titolari palesi e occulti dell’esposizione italiana: gli stessi che “nominano” i dirigenti della Commissione Europea, del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Centrale Europea e, ultimamente, degli stessi governi nazionali: Mario Monti e Lucas Papademos, entrambi “allevati” dalla Goldman Sachs, ora alla guida di Italia e Grecia, mentre in Spagna il neo-premier Mariano Rajoy rivela l’esistenza di un diktat della Bce, l’Ungheria ribelle deve piegarsi alla tecnocrazia di Bruxelles e persino per la Romania in crisi si profila un altrettanto inquietante “governo tecnico”.
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Lerner: pessima Europa, se comanda solo la Germania
Sarò pure un attempato residuo della metà del secolo scorso – venuto al mondo neanche dieci anni dopo la catastrofe bellica, affiliato alla generazione dei baby boomers, e quindi coscritto dalla Fornero a sfondare i quarant’anni lavorativi – ma a me un’Europa a guida tedesca che si separa dall’Inghilterra suona malissimo. Mi fa paura. Sto sbagliando? Sono rétro? Concedetemi almeno che mi trovo in buona compagnia. Lo stesso concetto trovo espresso con brutalità da Joschka Fischer, l’ex leader sessantottino addentratosi nella memoria dei crimini commessi dal suo popolo, divenuto protagonista del pacifismo tedesco, poi ministro degli Esteri e vicecancelliere allorquando l’Unione Europea fu allargata a est: «Il continente germanizzato è un’idea malsana»
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Pogrom contro i Rom: se anche a Torino saltano i nervi
«La crisi nella quale sprofonderemo sarà così grande, così grave e così improvvisa da farci perdere ogni sicurezza: a quel punto, quando il nostro standard di vita sarà a rischio, avrà buon gioco il primo infame che si alzerà a gridare che è tutta colpa degli immigrati, dei musulmani, dei Rom». Profezia di Giulietto Chiesa, applaudita recentemente in un’affollata assemblea No-Tav in valle di Susa. Rom? E’ toccato proprio a loro, il 10 dicembre, a Torino: il loro campo assaltato e incendiato dopo la denuncia di uno stupro, poi rivelatasi completamente inventata. «Il pogrom di Torino contro un campo nomadi – dice Gad Lerner – ci ricorda che la barbarie è sempre lì dietro l’angolo». Semmai la notizia è un’altra: stavolta, a cedere, è una città come Torino, una vera “capitale dell’accoglienza”.
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Poveri noi, se basta un referendum a seminare il panico
Fino a che punto le regole vigenti nell’economia mondiale sono tuttora compatibili con l’esercizio della democrazia? La domanda è più che legittima, vista la reazione di panico con cui i mercati finanziari, e insieme a loro tanti leader politici nonché le principali istituzioni monetarie, hanno condannato la decisione del governo greco di convocare un referendum sulle ricette amare prescritte dall’Ue. Il presidente della Banca mondiale, Robert Zoellick, ne parla come di un “lancio di dadi”. Il governo tedesco lo qualifica come inaccettabile “perdita di tempo”. Quanto alle reazioni dell’establishment di casa nostra, basti per tutti l’aggettivo con cui Ferruccio de Bortoli, sul “Corriere della Sera”, liquida il referendum indetto da Papandreou: “Scellerato”.
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Gli zombie della violenza che calpestano l’Italia migliore
Una replica fuori tempo massimo dell’insurrezionalismo novecentesco si è sovrapposta con la violenza alla novità di un movimento democratico che lanciava la sua sfida creativa alla tirannia finanziaria. Ha preso la mira per sbriciolarlo e per impossessarsene, riconducendolo agli schemi di un’ideologia militaresca che i giovani di tutto il mondo, sia pure ribelli, avevano ripudiato da anni. A questo scopo i replicanti hanno sfregiato la città di Roma, calpestando la resistenza inutilmente opposta loro dal corteo formato in massima parte da un popolo che crede nella protesta pacifica; perché a loro piace ridurre ogni popolo a fenomeno criminale.
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Sfascisti codardi e perdenti, non spegnerete la nostra voce
«Hanno violentato la legittima protesta degli “indignati”», scrive Gad Lerner all’indomani del disastro della manifestazione romana del 15 ottobre, nella quale alcune centinaia di teppisti hanno rovinato l’I-Day, il corteo pacifico di duecentomola dimostranti contro la “dittatura” della finanza mondiale che taglia il welfare con la scusa del debito gonfiato dalla speculazione. «Di fronte a quegli scalmanati in nero che hanno umiliato e nascosto le nostre legittime incazzature – rincara la dose Ennio Remondino, valoroso inviato di guerra della Rai – l’espressione più diretta che mi viene sarà forse rozza, ma sincera: bastardi, brutti bastardi. Codardi, aggiungo, col vostro mascherarvi alle spalle di chi quell’enorme corteo pacifico lo stava vivendo come momento di grande democrazia.