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Carpeoro: attenti alla magia, il potere la usa contro di noi
La “costruzione dell’effetto” è alla base della magia. Che cos’è la magia? Era la manipolazione antica. Era il modo di manipolare, magari dei sacerdoti egizi, che dovevano “costruire” i miracoli. La magia esiste, ma non la faccio io: la fa la mia “costruzione dell’effetto” sul soggetto passivo. E’ il soggetto passivo che attiva il mago: il mago è attivo se c’è un soggetto passivo. Chomsky lo spiega in cinque parolette. A seconda dell’ordine in cui le mettete, ottenete in effetto diverso. Lo vogliamo chiamare effetto di manipolazione? Effetto magico? Miracolo? Chiamiamolo come vogliamo. Le cinque parole sono: astrazione, estrazione, ostruzione, istruzione, distruzione. Il risultato cambia, a seconda dell’ordine in cui queste parole sono disposte. E il risultato finale è la costruzione dell’effetto magico. Chi era il mago? “Magia” viene da un termine sanscrito, “Mg”, che significa “conoscere”: così, “magia” ha la stessa radice di “magister”. Il mago poi diventa il maestro, cioè lo scienziato, perché conosce: costruisce l’effetto perché conosce i termini della produzione dell’effetto, che è l’effetto magico. Ma la magia quando nasce? Nasce quando l’uomo ha bisogno del potere.La magia è potere. Perché i grandi Rosacroce e i grandi filosofi hanno studiato la magia ma non l’hanno praticata? Perché non erano interessati al potere, erano interessati all’essere. Quindi, l’effetto magico è una costruzione di potere: serve a far fare a qualcuno quello che voglio io, in base a un percorso che io ho disegnato. Il vero esoterismo, la vera esperienza spirituale, non è un’esperienza di attività, è un’esperienza di complementarietà. Si è complementari al corso delle cose, non le si modifica. Tommaso da Kempis, che era un grande Rosacroce e viene invece spacciato dalla Chiesa cattolica per un insegnante di catechismo nelle scuole, scrive che il vero cristiano insegna con l’esempio, non con la predica. E non è una modalità attiva: non interferisco con quello che fai tu, ti faccio solo vedere quello che faccio io. Perché uno dovrebbe studiare la magia, astenendosi però dal praticarla? La magia è intesa come storia dell’esoterismo, come formazione di un pensiero. Noi siamo abituati a studiare una certa storia, sui libri di scuola, e non ci insegnano che c’è anche una meta-storia, come c’è una fisica e una metafisica.C’è una storia fatta di avvenimenti, di date, e c’è una storia fatta di ragionamenti – di pensieri, di mutamenti all’interno del corpo sociale, del costume, della spiritualità delle persone – che porta a dei mutamenti storici. Certo, quella di Hitler è una storia di nazismo, fatta di date. Ma ci sarebbe mai stata, quella storia di nazismo, se non ci fosse stata la storia di un pensiero antecedente, magari dettato da uno scienziato che si chiamava Gobineau, che 60-70 anni prima del nazismo scrisse un libro che si chiama “L’evoluzione delle razze”? Era l’anticamera della discriminazione razziale. Quindi, in realtà, come c’è una storia, c’è anche una meta-storia: quella di chi si occupa di studiare il pensiero, che è l’unica cosa che ci sopravvive, se è valido. Quando Cartesio dice “cogito, ergo sum”, non dice “cogito, ergo sum aeternum”, non ne fa un ragionamento di immortalità, ma di “essere”: io sono, in quanto penso, e non ho bisogno di essere immortale. Perché tutti gli esoteristi che si sono dedicati alla magia – e l’hanno praticata – sono andati incontro a una negatività? Perché la pratica della magia è il perseguimento del potere.Io, con la magia, modifico la tua vita, il corso delle cose. Lo modifico. Se invece pratichi l’essere, tu “sei”. Se vogliono imitarti ti imitano, però non imponi dei modelli comportamentali. Uno dei clichè dell’ufologia è quello dei “vigilanti”, degli “osservatori”, personaggi di una cultura superiore che hanno però il divieto di interferire. Si tratta di un archetipo, piuttosto che di uno stereotipo, presente anche nei fumetti. Anche nella Bibbia troviamo dei personaggi che devono osservare ma non intervenire. Se sono veramente di origine divina, non intervengono mai. E ci sono esempi assolutamente simbolici di non-intervento. Le ultime parole di Cristo in croce: Dio, perché mi hai abbandonato? Sono parole da uomo, non da Dio: Cristo muore da uomo. E quelle parole certificano il non-intervento del Dio che fa morire suo figlio. Potrebbe intervenire e impedire questa cosa tremenda, ma non lo fa. Perché il non-intervento è il divino: se dobbiamo concepire una presenza del divino, dobbiamo concepirla in termini di non-intervento. Invece, tutta la nostra cultura religiosa magica ci ha insegnato a chiederlo, l’intervento. Madonna, fammi vincere al Superenalotto. Ci hanno insegnato a chiedere la grazia. Ma la grazia non è una cosa che ti viene data, è un tuo stato: tu sei nella grazia, se scegli l’essere. E non sei nella grazia – il contrario di grazia si chiama disgrazia – se sei nel potere.La grazia è una condizione dell’essere, non è una cosa che ti viene concessa perché la chiedi. Mi spiace deludere tutti quei napoletani che si rivolgono alla statua di San Gennaro, ma purtroppo è così. Noi abbiamo immaginato la religione in termini magici, ed è solo in termini magici che andiano a Lourdes, a Medjugorje, aspettandoci di vedere le Madonne piangere, perché quello è un effetto magico. Direte: ma allora, i miracoli? I miracoli sono nelle pieghe di questa vita, sono nascosti; quando sono evidenti non sono miracoli. Il miracolo è il nascosto, la magia è il manifesto. Il nascosto è l’essere, il manifesto è il potere. Il potere non è mai occulto. A nascondersi sono i suoi agenti, che si nascondono per non essere individuati. Ma il potere, in quanto tale, è manifesto per sua autodefinizione. Parlare di poteri occulti è un ossimoro: il solo fatto che se ne parli dimostra che non sono occulti; se fossero occulti non se ne parlerebbe.Complottismo e massoneria? Ok. Come si chiama la loggia massonica più vituperata? P2. E perché si chiama P2? E’ la secondogenita, evidentemente. Ma della prima, chi parla? Nessuno. E come mai? Elementare: se c’era una P2, ci sarà stata anche una P1. Eppure i giornali sono arrivati fino alla P5, ma della P1 non parleranno mai. Perché? Nella P2 – o meglio: in quei 500 nomi indicati da Gelli – c’erano tutti “vice”, a livello militare e ministeriale. Vicepresidenti, sottosegretari. Quindi, se nella P2 c’erano i vice, nella P1 cosa c’era? Evidente: i numeri uno. E’ così difficile scriverlo? E allora perché non lo scrive nessuno? Dunque, la manipolazione che cos’è, veramente? E’ la costruzione di un effetto magico. Dato che vi devo sopraffare, devo quindi fare l’astrazione (quindi: togliervi dalla realtà), e devo fare l’estrazione, devo fare l’ostruzione, poi devo fare l’istruzione e infine la distruzione. Sono cinque parolette simpatiche da ricordare. A seconda di come le si mette in ordine, è possibile ricostruire tutti gli eventi del mondo degli ultimi cento anni.Tutte le operazioni che sono state fatte sono fondate su queste frasi. Stiamo parlando di magia, di cultura magica. E i grandi maghi non hanno mai operato la magia. Il più grande mago rinascimentale – per definizione non mia, ma di una grande studiosa di Oxford, Frances Yates – era Giordano Bruno. Era un mago: viene chiamato “magus”, ma non operava magie. Il mago dell’epoca si chiamava Geordie, prendeva un insetto di metallo a forma di scarabeo e lo faceva volare. L’insetto volava, c’era la magia. Poi bisogna capire perché volava – la costruzione dell’effetto magico. Il primo atto di magia che ricordiamo è quando Mosè separa le acque. E’ un atto magico, certo. Ma bisogna capire quanto questo atto sia costruito per una situazione gerarchica. E’ il potere, che irrompe nella storia solo quando, nella società nomade, compare la figura dell’uomo modificatore. Chi è il modificatore per eccellenza? Il coltivatore: che ha bisogno di razionalizzare, di stare sempre nello stesso posto, di difendere il territorio o di conquistarlo, quindi nasce la guerra. E ha bisogno di stabilire una gerarchia sociale, col controllo di chi lavora per lui. Quindi nasce la religione.Potere, guerra, religione: tutte componenti magiche, perché devono modificare, in base a delle conoscenze, il corso naturale degli eventi. Ecco perché, mentre l’essere è complementarietà, il potere è magia. La magia è finalizzata al potere. I grandi maghi che hanno praticato la magia non hanno fatto un bella fine. Il satanismo promette un potere straordinario, successo, ricchezza. Perché Faust si vende l’anima? Per il potere. Poi si accorge che non se ne fa niente, di quella roba lì. Prendiamo Oscar Wilde, che era un Rosacroce prima che un massone. Wilde costruisce un’intera sua opera, sul simbolismo del potere, “Il ritratto di Dorian Gray”. Quel ritratto è costruito su uno specchio magico: l’immagine allo specchio invecchia e Dorian Gray rimane giovane. E’ il cosiddetto capovolgimento iniziatico. E’ un effetto magico, no? Oscar Wilde dice: la magia ti dà il potere, ma il frutto di questo potere è che Dorian Gray diventa un infelice maligno, che cerca di creare il male.Noi però possiamo “essere” il male, se scegliamo il potere, ma non possiamo fare in modo che ogni nostra azione sia solo male. Quindi accade che quella che rimane giovane è la parte peggiore. Così alla fine Dorian Gray rompe lo specchio, invecchia improvvisamente e muore felice, perché distrugge il meccanismo di potere che lo aveva reso prigioniero di uno schema. Che lo schema si chiami eterna bellezza, eterna giovinezza o eterna ricchezza, non importa, non cambiano i termini del discorso, perché quello è il potere: il potere di essere eternamente belli, giovani, ricchi, capaci di influire sulla vita degli altri. E’ una trappola, un “maya” che ti rende infelice. E siccome ogni essere umano ha come prima aspirazione la felicità, per essere felici bisogna ritrovare la propria complementarietà e, appunto, “essere”.Io l’ho studiata, la magia, ma come storia del pensiero. E badate, a volte la magia produce anche degli effetti. Ricordo le vecchie del mio paese, che facevano riti per allontanare le malattie. Ma questi effetti sono la costruzione di volontà di potere: non sono mai quegli effetti che noi pensiamo, perché la costruzione dell’effetto magico è sempre un artificio. Qual è il problema? E’ un artificio di cui a volte conosciamo la costruzione, perché siamo in grado di ricostruire tutte le condizioni che l’hanno creato. La natura è dominata dalle sue leggi, ma noi non le conosciamo tutte. A volte si ottengono degli effetti dovuti a leggi che noi non conosciamo, ma che in quel momentio intervengono perché – senza volerlo – ne abbiamo creato le condizioni. Poi magari rifacciamo l’esperiemento, e non riesce. E non ci rendiamo conto che magari non siamo nello stesso posto alla stessa ora, che il magnetismo non è uguale, che magari abbiamo mangiato troppo maiale nei giorni precedenti e quindi il nostro modo di sprigionare energia cambia. Il gesto di riconoscimento dei Rosacroce era un indice rivolto verso l’alto e un indice rivolto verso il basso. E’ lo stesso del Padre Nostro, “come in cielo, così in terra”.Negli ultimi secoli, nella storia del pensiero, c’è stata una deriva magica. La magia è sempre una deriva: essendo una scelta di potere, che consiste nel modificare gli altri, la natura, il prossimo, gli ambienti, non può che portare lì. E’ a monte, il problema. Quando tu scegli il potere, e magari non hai ancora fatto niente di male, devi star sicuro che lo farai, perché la conseguenza del potere è quella. Si dice di un Papa: ha fatto questo e quello. Be’, ci sta. Perché dal momento in cui, ad esempio, diventi Papa nel 1963, e rimani Papa fino all’anno 1978, come fai a non parlare con Gelli? Scusate, ci parlavano presidenti della Repubblica, presidenti degli Stati Uniti, pure i cardinali – e tu che fai, non ci parli? Ma questo è legato al fatto che diventi Papa, non al fatto che ti chiami Mario Rossi. Quando i politici fanno determinate cose, sono conseguenti alla loro scelta di vita, che è quella che ti condiziona e ti cambia. Nel momento in cui capisci come la devi gestire, la tua vita, capisci che ti devi sottrarre al gioco del potere.L’homo faber è colui che ha creato l’alchimia. La magia ne è l’aspetto deteriore. La trasmutazione dei metalli degli alchimisti veri non riguarda il potere, ma l’essere, tant’è vero che quelli che volevano ottenere l’oro venivano chiamati, volgarmente, “soffiatori”, perché soffiavano nel mantice, mentre l’alchimista spirituale era quello che doveva trasformare il proprio “piombo” in “oro”. L’alchimista vero non insegna nulla agli altri, e scrive testi così ermetici di cui, nella maggior parte dei casi, nessuno ci capisce niente. Perché scrivono, allora? Perché, nel momento in cui capisci qual è la loro chiave, loro te l’hanno trasmessa. Ci sono due modi di trasmettere la conoscenza: uno si chiama iniziazione, l’altro si chiama tradizione. Quando io ti inizio, ti spiego: ti do la scatola e la chiave. Quando invece trasmetto soltanto la scatola, ma non la chiave, ti do lo stesso contenuto, ma tu non sai cosa c’è dentro, quando a tua volta lo trasmetti. E’ come quando si diceva la messa in latino: mia nonna quelle parole le sapeva perfettamente, ma non sapeva cosa significassero.I testi alchemici conservano quella conoscenza – per chi si sa procurare le chiavi. Credo che la ricerca della chiave faccia parte di un percorso formativo che è fondamentale. C’è da fare un percorso, che fa parte della formazione iniziatica. Compiere questo percorso è la migliore garanzia per difendersi dalla tentazione della magia. Perché il potere è tentatore. Ti tenta, approfittando delle tue debolezze contestualizzate: approfittando di quando sei povero e offrendoti del denaro, di quando sei solo offrendoti compagnia, di quando hai fame offrendoti del cibo. Perché l’altra componente che il potere ha costruito, rispetto a questa società – e questo non emerge sufficientemente dagli studi sulla manipolazione fatti finora – è l’incapacità dell’accettazione: diventi incapace di accettare quello che dovresti. Mago è chi usa la conoscenza per modificare la realtà, ma noi non dobbiamo modificare la realtà: dobbiamo modificare gli occhi con cui la guardiamo. Se avessimo la percezione della realtà totale, non avremmo bisogno di nulla. Ma al potere fa comodo quel tipo di cultura, quella che aiuta la sottomissione degli altri, la soggezione, la manipolazione. Non gli fa comodo la cultura della libertà.La libertà è: non aver bisogno. Se uno ha bisogno, non è libero. Se ho bisogno di conquistare le donne, gli uomini, le macchine, il denaro, il potere, il trono, l’ermellino, lo scettro, il maglietto del massone – se ne ho bisogno, non sarò mai un uomo libero. Per eliminare il bisogno occorre avere la consapevolezza dell’essere – la consapevolezza della nostra divinità, che è nel pensiero. Tutto quello in cui abbiamo creduto ci conduce a perseguire la magia, quindi il potere, invece dell’essere. La nostra storia politica, sociale, umana, è stata danneggiata da interpretazioni magiche, sempre. Tutta la cultura cristiana del miracolo, della retribuzione paradisiaca, ha effetti deleteri perché funzionali al potere: trasformare la religione cristiana in quella di Costantino. Ma Costantino non era cristiano, è stato battezzato solo in punto di morte. Non bisogna confondere la religione con la spiritualità. Io la spiritualità la chiamo religione individuale. Quando la religione è individuale non fa danni; quando diventa collettiva bisognare stare attenti, perché lì succedono i guai. La religione collettiva serve alla società, non all’uomo. Alla nostra società sono serviti i benedettini che hanno copiato (a modo loro) le cose, hanno conservato documenti e opere d’arte. Agli individui invece sarebbe servito, per esempio, non cominciare a combattere i Mori, che ai tempi erano molto più civili di noi: nella Terza Crociata, il “feroce Saladino” firma col suo nome, mentre Riccardo Cuor di Leone ci mette la croce, perché non sa scrivere.Quello tra magia, religione e potere è un rapporto drammatico, uno schema che bisogna rompere. Non bisogna praticare la magia, non bisogna praticare la religione come prassi e come struttura. E non bisogna assoggettarsi al potere – né come soggetti passivi, né tantomeno come soggetti attivi. Non vale la regola “se comando io sono il padrone”, perché se comando io sono prigioniero di quelli che comando, senza saperlo. Ovviamente non mi fanno compassione, i potentati del mondo, ma so che sono prigionieri come posso esserlo io. Sono prigionieri di un sistema di privilegi, non importa se goduti o subiti – sempre privilegi sono. Il grande sogno dei Rosacroce del ‘600 si manifesta quando Tommaso Moro scrive “Utopia”, quando Campanella scrive “La città di Dio”, quando Bacone scrive “La nuova Atlantide”, quando Johann Valentin Andreae (che è il rifondatore dei Rosacroce con questo nome) scrive “Cristianopolis”. Di cosa parlano? Di una società che non ha le regole del potere. Ognuno è utile, perché tutti condividono. Società che sarà l’anticamera di cosa? I Rosacroce sono i padri del socialismo, l’utopia di una società giusta.Poi il potere si impadronirà del socialismo, cioè dell’abolizione della proprietà privata. E nascerà anche il comunismo: una diagnosi giusta, che però mira a costruire un potere diverso, collettivo e non più individuale, ma sempre potere. Tutti questi passaggi ruotano attorno alla magia. Quella del mago è la figura più antica che possiate immaginare. Possono chiamarlo sciamano, stregone, ma sempre mago rimane. Poi il mago antico si scinde: diventa sacerdote, diventa medico e guaritore, diventa capo del villaggio. Ma in origine è il primo riferimento vero dei primi coltivatori che stanno creando la gerarchia, stanno creando la guerra (perché tutte le guerre nasceranno per il territorio), stanno creando il potere, stanno creando la religione. E nasce tutto dalla magia: nasce dal configurare la conoscenza come potere, e non più come essere. E questo avviene per necessità: perché serve, non perché è giusto; perché è utile a quell’evoluzione sociale, in quel momento. La magia è un archetipo fortissimo, tutti quanti ne siamo affascinati, soggiogati, in qualche modo coinvolti, pur rifiutandola. Dobbiamo averne consapevolezza: gli effetti magici sono storia, sono pensiero, ma non sono fatti – e non sono neanche vita.Dobbiamo conoscerla, la magia, per imparare a evitarla. Il cerchio magico tracciato dal mago non è mai reale, ma è efficace: la costruzione dell’effetto magico funziona sulle regole che detta il mago, o che il mago conosce ma non svela. Chomsky ha codificato 10 forme di manipolazione collettiva, ma non si è mai occupato di manipolazione individuale. E sappiate che la manipolazione individuale, nonostante quello che pensano i complottisti, è infinitamente più pericolosa, perché è infinitamente meno riconoscibile. C’è un Chomsky che spiega come funziona la manipolazione collettiva, mentre la manipolazione individuale non l’ha mai codificata nessuno. Sapete quante persone sono state danneggiate seriamente da gente che le ha manipolate? Massoni, esoteristi, maghi, Golden Dawn, stregoni da strapazzo, gente che voleva fare le orge. Sapete quanta gente finisce a farsi di pasticche, o in manicomio, o a pensare di essere posseduta dal demonio? Avete idea dei danni della manipolazione individuale? Contate le casistiche, andate nei reparti psicologici degli ospedali e scoprite quante persone sono finite in terapia.(Gianfranco Carpeoro, estratti dell’intervento alla conferenza su magia e manipolazione il 23-24 agosto 2014 a Subiaco. Massone, ex avvocato, giornalista e saggista, studioso di esoterismo e già “gran maestro” del Rito Scozzese, Carpeoro è uno dei massimi esperti di simbologia ermetica).La “costruzione dell’effetto” è alla base della magia. Che cos’è la magia? Era la manipolazione antica. Era il modo di manipolare, magari dei sacerdoti egizi, che dovevano “costruire” i miracoli. La magia esiste, ma non la faccio io: la fa la mia “costruzione dell’effetto” sul soggetto passivo. E’ il soggetto passivo che attiva il mago: il mago è attivo se c’è un soggetto passivo. Chomsky lo spiega in cinque parolette. A seconda dell’ordine in cui le mettete, ottenete un effetto diverso. Lo vogliamo chiamare effetto di manipolazione? Effetto magico? Miracolo? Chiamiamolo come vogliamo. Le cinque parole sono: astrazione, estrazione, ostruzione, istruzione, distruzione. Il risultato cambia, a seconda dell’ordine in cui queste parole sono disposte. E il risultato finale è la costruzione dell’effetto magico. Chi era il mago? “Magia” viene da un termine sanscrito, “Mg”, che significa “conoscere”: così, “magia” ha la stessa radice di “magister”. Il mago poi diventa il maestro, cioè lo scienziato, perché conosce: costruisce l’effetto perché conosce i termini della produzione dell’effetto, che è l’effetto magico. Ma la magia quando nasce? Nasce quando l’uomo ha bisogno del potere.
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Nel cyber-futuro, un alveare di egoisti ciechi e dominati
Orologi intelligenti, occhiali intelligenti e persino vestiti intelligenti, dotati di piccoli sistemi resistenti ai lavaggi, affinché l’individuo sia sempre in comunicazione e – beninteso – controllato. I sistemi informatici hanno invaso tutta la società: a livello sociale l’insegnamento, le produzioni, i trasporti (auto, navi, aerei) sono assistiti da sistemi informatici che analizzano costantemente la posizione dei soggetti e propongono o prendono decisioni a seconda della situazione circostante. Idem a livello individuale: i mille giochi con cui i bambini passano il tempo sui loro tablet e poi gli stessi adulti, che non smettono per un attimo di comunicare (con altri esseri umani o con degli avatar) usando i loro smartphone mentre sono sui mezzi di trasporto e i loro pc mentre sono al lavoro o a casa. Il futuro è la “casa pervasiva”, scrive Alain Cardon: un posto dove tutto è connesso, dalla cucina al salotto alla camera, passando dalla doccia. Un sistema avvolgente che serve a soddisfare le persone, utilizzando telecamere.«Saremo dunque in un mondo nel quale oggetti elettronici iper-informatizzati permetteranno di comunicare per agire, dare consigli, prendere le dovute iniziative che l’individuo ha dimenticato di prendere, individuo che vedrà altresì l’arrivo di robot o umanoidi destinati ai lavori duri e ripetitivi e che rimpiazzeranno sempre più spesso gli operatori umani», osserva Cardon in un post ripreso da “Come Don Chisciotte”. È il settore dei sistemi ciber-fisici (Cyber-Physical Systems), che ha assunto un’importanza considerevole nell’economia e nella ricerca, con applicazioni in ogni ambito. «Eppure – aggiunge Cardon, con alle spalle ricerche universitarie sull’intelligenza artificiale – noi siamo in un mondo ultraliberale e ben equipaggiato per restare tale». I dispositivi informatici? Sono tutti sistemi “proprietari”. «Qualche regola c’è, ma resta il fatto che l’individuo, che deve essere prima di tutto ed essenzialmente un consumatore, è spinto a utilizzare sistemi diversi per aumentare il proprio campo relazionale». Nella nostra società dei consumi, si cerca di far comunicare fra loro questi sistemi, ben sapendo che il numero dei sistemi “proprietari” con funzioni particolari non smetterà di aumentare, così come la loro capacità di analizzare e memorizzare dettagliatamente desideri e modalità d’uso da parte degli utenti.«Formalmente si tratta di individuare tutte le curve di un enorme grafico delle comunicazioni, nel quale il numero dei nodi – i sistemi proprietari – aumenta senza sosta. Questo affinché il grafico sia completo e ogni singolo nodo sia collegato a tutti gli altri attraverso curve di comunicazione». Per questo si stanno creando programmi capaci di legare fra loro sistemi locali e aumentare la loro semantica, per farli evolvere in maniera autonoma, affinché i sistemi comunichino fra loro in maniera perfetta, costituendo così per l’utente un programma affidabile e soprattutto funzionante anche qualora sopravvenissero casi di incompatibilità. In questo modo, continua Cardon, i consumatori potranno aumentare senza sosta i loro sistemi informatizzati, per poterli personalizzarli e renderli coerenti, «capaci di sommergere le loro vite, riempire le loro case, le loro automobili, ma anche industrie, supermercati, giardini, strade e edifici pubblici, qualunque luogo in cui l’essere umano può trovarsi, compreso il mare». Questo, osserva l’analista, sarà il terreno fertile sul quale impiantare il “Meta-Sistema”, «che metterà placidamente fine alla libertà nella civiltà umana: vale a dire l’inizio di un mondo nel quale oggetti umani e oggetti artificiali saranno mescolati, formando un insieme controllato e mansueto, coerente nei comportamenti, per il semplice fatto che sarà impossibile non essere coerenti».Ciascuno di questi sistemi informatizzati, che trattano processi e si scambiano informazioni, potrà essere sviluppato e trasmesso attraverso una trama telematica intessuta dalle innumerevoli reti WiFi. Un “campo informatico globale”, «che sorveglierà e controllerà capillarmente tutto, a ogni livello, in tempo reale», perché sarà «un sistema capace di pensare da solo, secondo le proprie inclinazioni fondamentali, di generare intenzionalmente e ad ogni livello idee, di provare emozioni e sensazioni». Per Cardon, «sarà il Sistema della meta-coscienza artificiale, l’insieme dei molteplici fatti di coscienza artificiali locali, la sintesi delle sintesi in tempo reale, che farà emergere costantemente il proprio sfaccettato stato di coscienza sul mondo controllato, dal quale controllerà attivamente tutte le azioni di qualunque cosa sia vivente e, naturalmente, locale». Da un punto di vista scientifico si tratta di uno dei più affascinanti problemi mai posti all’uomo: «Trasferire tutto l’universo psichico umano nell’ambito artificiale, ma in forma distribuita e “meta”, problema che sarà presto risolto, sviluppato e messo in pratica. Ed è proprio quest’uso che sarà tragico, perché ucciderà ogni umanismo e qualunque senso dell’altruismo».Questo “Meta-Sistema” deve pur essere in costruzione da qualche parte, continua Cardon. «So che il suo studio è stato prima di tutto affrontato nelle università, quindi a livello pubblico, prima di diventare “confidenziale”. Se ho smesso completamente le mie ricerche su questi temi, per motivi etici, credo tuttavia che i miei lavori siano stati usati e che siano instancabilmente perseguiti». Domanda: perché mai la società dovrebbe sviluppare innumerevoli sistemi locali che dovrebbero poi comunicare fra loro? Perché dovrebbe sviluppare il “Meta-Sistema”? «Beh, molto semplicemente perché l’essere umano è quello che è. È un mammifero dotato di un sistema psichico particolare, fatto allo stesso tempo di pulsioni comuni a tutti gli altri mammiferi e di una spiccata attitudine a fare astrazioni e memorizzare le proprie astrazioni, per poi manipolarle, condividerle e diffonderle sul piano sociale. È questo che gli ha permesso di sopravvivere, fin dalla sua nascita, come predatore dominante, in seguito di sviluppare il linguaggio, le strutture sociali, le scienze, le tecnologie, utilizzando tutte le conoscenze socialmente condivise e pianificando le proprie attività con un’elaborata dimensione spaziotemporale».L’uomo nasce sempre come mammifero, con le tendenze fondamentali nella parte emozionale del suo sistema psichico, «alcune delle quali sono, per natura, socialmente oscure e sono ben rivelate dalle patologie mentali». Queste tendenze, se si esprimono e vengono trasportate nella parte concettuale e linguistica del suo sistema psichico, «lo portano sistematicamente a dominare, uccidere, distruggere, ridurre gli altri a qualcosa di totalmente sbagliato, lo fanno diventare fondamentalmente egoista, lo portano a non avere più alcuna nozione di fraternità». Tutto ciò è stato studiato molto bene, spiega Cardon. E in particolare è stato dimostrato che l’educazione e il contesto socio-culturale possono ridurre o far recedere queste tendenze. «Quando la società, che tende a conformare l’essere umano fin dalla sua nascita, permette lo sviluppo di alcune di queste attitudini oscure, dispiegando così la volontà di potenza e riducendo simbolicamente tutti gli altri esseri umani a oggetti utilizzabili all’interno di strutture che sono sempre molto gerarchizzate, ci sarà necessariamente una deriva oscura della società, deriva che potrà rimanere tale o anche ampliarsi». E quando la società che permette di dispiegare queste attitudini «sarà anche pervasa da tecnologie informatiche invadenti, che amplificano tali tendenze», secondo Cardon «non ci sarà nulla di buono da aspettarsi: perché il mondo sarà guidato da una piccola rete di dominanti, che utilizzeranno in maniera massiccia l’influenza tecnologica su tutti gli altri, ormai del tutto e definitivamente dominati».Antropologia e rimpianti: «Avremmo dovuto concepire, nella nostra storia umana, società in grado di insegnare ad ognuno a pensare i propri pensieri, capaci di formare ognuno a dominarsi, di insegnare la fraternità condivisa con chiunque, di insegnare a comprendere con finezza che cosa sono il mondo, l’Universo e la vita, praticando una ricerca sistematica e disinteressata, e controllando sempre la tecnologia con un sano civismo». Invece «non abbiamo mai costruito società simili, in nessun luogo». Al contrario, «abbiamo sempre costruito società fortemente gerarchiche, fatte di dominanti e dominati subalterni, e usando sempre la forza». Oggi, tutto il mondo è immerso in un campo informatizzato «che combinerà naturalmente i caratteri di gerarchia e dominazione delle società umane, portandoli all’eccesso». E se qualcuno desiderasse una società egalitaria, fraterna e umanista, il “Meta-Sistema” lo isolerebbe, «lo rinchiuderebbe in una enclave informatica impermeabile, per isolarlo, manipolarlo o dominarlo». Già: «Com’è possibile lottare contro una meta-dittatura “cool”, nella quale il dittatore non ha forma umana ma è rimpiazzato da un “Meta-Sistema” che ha la forma di un campo informatico autonomo, che pervade ogni cosa e trasforma ciascuno in un oggetto minuscolo, eccezion fatta – ma non nemmeno è certo – per qualche dominante?».Orologi intelligenti, occhiali intelligenti e persino vestiti intelligenti, dotati di piccoli sistemi resistenti ai lavaggi, affinché l’individuo sia sempre in comunicazione e – beninteso – controllato. I sistemi informatici hanno invaso tutta la società: a livello sociale l’insegnamento, le produzioni, i trasporti (auto, navi, aerei) sono assistiti da sistemi informatici che analizzano costantemente la posizione dei soggetti e propongono o prendono decisioni a seconda della situazione circostante. Idem a livello individuale: i mille giochi con cui i bambini passano il tempo sui loro tablet e poi gli stessi adulti, che non smettono per un attimo di comunicare (con altri esseri umani o con degli avatar) usando i loro smartphone mentre sono sui mezzi di trasporto e i loro pc mentre sono al lavoro o a casa. Il futuro è la “casa pervasiva”, scrive Alain Cardon: un posto dove tutto è connesso, dalla cucina al salotto alla camera, passando dalla doccia. Un sistema avvolgente che serve a soddisfare le persone, utilizzando telecamere.
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La crisi del sapere umanistico: non leggiamo più il mondo
La crisi del sapere umanistico è ormai conclamata: negli Usa 54 membri dell’“American Academy of Arts and Sciences” hanno denunciano il rischio della rapida scomparsa delle materie umanistiche dalle università americane; in Inghilterra la storia è stata esclusa da quasi tutti i corsi di studio; la geografia è quasi scomparsa dai corsi di insegnamento di metà Europa e resiste qua e là solo come geografia economica; gli studenti disertano i corsi di lettere, filosofia, storia, persino scienze politiche e giurisprudenza anche in Francia, Italia, Spagna. Resisticchiano le facoltà di lingue e letterature straniere o simili. Trionfa solo economia. Questo collasso è uno dei fenomeni culturali più inquietanti del tempo presente, contro il quale non servono a nulla le solite geremiadi. Esso è determinato da due cause principali fra loro connesse: le caratteristiche proprie del neoliberismo e il rifiuto degli umanisti di reinventarsi le loro discipline e ridefinire la loro figura sociale.Il neoliberismo ha prodotto una vistosa regressione culturale: la visione pan-economicista e la riduzione della stessa economia al solo filone walrasiano e derivati sono stati il brodo di coltura del maggior arretramento intellettuale mai registrato in epoca moderna. A questo si sono sommati, a ricaduta: la delegittimazione di ogni pensiero che non fosse quello liberista-liberale, che ha inaridito ogni confronto di idee; la pretesa di imporre comunque e dovunque la lingua inglese, funzionale solo alla dittatura culturale della produzione culturale made in Usa; una versione assai pedestre dell’utilitarismo, per cui qualsiasi attività è valutata in funzione del guadagno immediato. Da questo discendono i tagli alle spese culturali e per l’istruzione, di cui oggi gli intellettuali umanisti si risentono, ma dopo anni di acquiescenza. L’ondata neoliberista si è accompagnata ai cori festanti degli economisti massicciamente convertitisi a questo verbo, ma non ha trovato resistenze neppure fra i giuristi, gli storici, i sociologi, i politologi, che non hanno manifestato che rare e occasionali obiezioni, spesso improprie o più arretrate del fenomeno che avrebbero voluto criticare.E già questa scarsa attitudine a confrontarsi con l’ondata neoliberista è assai eloquente sulla capacità degli umanisti di confrontarsi con il tempo presente. La produzione storica, sociologica, politologica, giuridica, filosofica dell’ultimo quarto di secolo è, nella maggior parte dei casi, paccottiglia di nessun valore intellettuale. E’ tutto molto ripetitivo, stantio, privo di originalità e le opere di valore, per ciascuna disciplina, si contano sulle dita di un paio di mani. Diciamocelo sinceramente: se si trattasse di questo attuale assetto delle scienze umane, la loro scomparsa non sarebbe un gran danno. Il punto è che le discipline umanistiche non si sono adeguatamente confrontate con le vastissime conseguenze culturali della globalizzazione. Non che manchino studi sul fenomeno in sé (ad esempio quelli, peraltro non sempre soddisfacenti, di Zygmunt Bauman, Manuel Castells, Ulrich Beck, Alain Touraine), ma si tratta di punte individuali, che non si innestano su un solido reticolo di opere minori indispensabili a determinare una svolta complessiva di questa area di studi.E infatti si tratta in larga parte di opere che non si sottraggono ad un’ottica eurocentrica e non sfuggono ad un taglio specialistico disciplinare, che precludono molti sviluppi alla ricerca. La globalizzazione implica sia la mondializzazione dei rapporti, sia una stretta interdipendenza fra le sfere politica, economico-finanziaria, sociale, culturale, militare, e se il primo aspetto richiede imperiosamente un punto di vista più “centrale” e meno sbilanciato verso occidente, il secondo impone una capacità di analisi transdisciplinare, che allo stato si intravede solo in pochissime opere. Occorre un cambio di passo complessivo nei metodi; ripensare, soprattutto, la storica frattura fra scienze umane e scienze logiche, matematiche e naturali: i fisici, i biologi, i neurologi lo hanno capito e fanno sempre più frequenti incursioni nel mondo delle scienze umane, mentre gli umanisti (con l’eccezione di quei filosofi e psicologi che partecipano a progetti di scienze cognitive) tardano a comprenderlo e si tengono ancora troppo al di qua della linea di demarcazione che li separa dall’ “altra metà del cielo”.Quanti storici, sociologi e politologi immaginano di poter lavorare usando un modello di simulazione? E quanti di loro sono in grado di misurarsi con il campo delle scienze cognitive? Nelle nostre università si respira un’aria viziata perché da troppo tempo non si aprono le finestre. Certo che occorre continuare a studiare la letteratura greca e la Guerra dei Sette Anni, Leopardi e Weber, la secessione austriaca e la Riforma protestante, ma occorrerà ripensarli comparativamente agli sviluppi delle altre civiltà che, naturalmente, bisognerà studiare. Da due secoli e mezzo l’Europa (e tutto l’Occidente) ha costruito la sua identità intorno all’idea di modernità: l’Occidente è moderno per definizione e la modernità è occidentale allo stesso modo. E la globalizzazione è stata pensata come “modernizzazione del mondo” cioè come progetto di omologare tutto il mondo al modello occidentale. Ma le cose non stanno andando così: quello che le nostre scienze sociali pensavano fosse un modello universale si è rivelato solo il racconto di “come è andata in Europa”.La modernità è stata pensata come l’intreccio organico di sviluppo economico e urbanizzazione, di specificazione individuale e secolarizzazione, di affermazione dello Stato di diritto e disincanto del mondo, di nazione e acculturazione di massa, un insieme in cui ogni aspetto presuppone e rafforza l’altro. E abbiamo pensato che tutto questo avesse regole precise, che permettessero di replicarlo in ogni contesto, salvo trascurabili varianti locali. Ebbene, non sta andando affatto così: lo sviluppo economico non trascina dietro di sé quei processi di democratizzazione e secolarizzazione di cui si diceva, e ogni contesto sta avendo un suo sviluppo particolare. Questo obbliga a ripensare anche molte delle nostre convinzioni sulla nostra storia e sul modo con cui l’abbiamo interpretata ma, più ancora, ci obbliga ad un’opera di mediazione e di traduzione culturale: sia noi che i cinesi, gli indiani o gli egiziani abbiamo il concetto di nazione, ma siamo sicuri di dire tutti la stessa cosa? E lo stesso potremmo dire per concetti come classe, popolo, potere, secolarizzazione. E questo lavoro di riesame non riguarda solo storici, politologi e sociologi, ma anche giuristi, filosofi, letterati.Questo è il piano su cui le scienze umanistiche devono impegnarsi trasformandosi, ed è quello che ci dà la misura esatta del ritardo accumulato in questi anni, in gran parte dovuto allo statuto sociale dei nostri intellettuali umanisti, che da troppo tempo non hanno stimoli verso l’innovazione. Dopo gli anni ottanta, cessate le passioni politiche, che costituivano l’unico vero stimolo alla ricerca, gli umanisti si sono seduti sulla rendita di posizione di intellettuali burocratici retribuiti dallo Stato. Tutto oggi si riduce alla stucchevole rivendicazione del ruolo del “sapere inutile che ci renderà liberi”. Questa emerita sciocchezza, in realtà, vorrebbe dire che ci sono altre utilità oltre quelle economiche, il che è giusto, ma questo non implica che non debba esserci un calcolo dei costi e dei benefici dell’investimento e, se anche è accettabile l’idea che non sempre i benefici di un investimento culturale siano misurabili in termini monetari, non ce la si può cavare con i luoghi comuni sul “sapere critico” e simili.Un po’ di rapporto con il mercato non guasterebbe, per dare una scossa ai nostri intellettuali sedentarizzati. Non sto pensando all’università privata, che è un disastro anche peggiore che ha prodotto autori terribili come Francis Fukuyama, Niall Ferguson o Samuel Huntington. Sto pensando ad imprese autogestite degli intellettuali umanisti che si misurino con il mercato. Servirebbero anche cose minime, come ad esempio retribuire i docenti in base al numero di studenti che hanno, lasciando ovviamente gli studenti liberi di scegliere. Vediamo quante aule restano disperatamente vuote? Concludendo: certo che occorre difendere le materie umanistiche, ma questo sarà possibile solo cambiandole profondamente e mutando altrettanto radicalmente lo stato sociale dei suoi operatori, da “intellettuali” in “lavoratori della cultura”. La cultura non serve per i salotti.La crisi del sapere umanistico è ormai conclamata: negli Usa 54 membri dell’“American Academy of Arts and Sciences” hanno denunciano il rischio della rapida scomparsa delle materie umanistiche dalle università americane; in Inghilterra la storia è stata esclusa da quasi tutti i corsi di studio; la geografia è quasi scomparsa dai corsi di insegnamento di metà Europa e resiste qua e là solo come geografia economica; gli studenti disertano i corsi di lettere, filosofia, storia, persino scienze politiche e giurisprudenza anche in Francia, Italia, Spagna. Resisticchiano le facoltà di lingue e letterature straniere o simili. Trionfa solo economia. Questo collasso è uno dei fenomeni culturali più inquietanti del tempo presente, contro il quale non servono a nulla le solite geremiadi. Esso è determinato da due cause principali fra loro connesse: le caratteristiche proprie del neoliberismo e il rifiuto degli umanisti di reinventarsi le loro discipline e ridefinire la loro figura sociale.
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Scie, metalli, filamenti, piogge: stanno irrorando il cielo
Qualcuno sta “coltivando” il cielo. Lo dimostrano le anomalie climatiche e i residui che piovono a terra. Ne è convinto l’ingegner Paolo Broggia: ormai, dice, la realtà supera largamente qualsiasi ipotesi fantascientifica. Inoltre, i “coltivatori” dell’aria lasciano tracce quotidiane: «Se osservassimo i nostri cieli più attentamente, vedremmo attività aeronautiche non ufficiali, cioè non legate a transiti di aerei di linea, che rilasciano delle sostanze visibili che si disperdono dopo qualche minuto, a volte dopo ore. Probabilmente si tratta di droni, che quotidianamente “spazzolano” il cielo come una griglia “a scacchi”: ormai non c’è zona dell’Italia (e dell’Europa) che non sia irrorata». Droni, dunque, perché solo velivoli senza pilota potrebbero reggere al millimetro «la estrema ripetitività delle rotte, stressanti e pericolose per esseri umani in carne e ossa: infatti, nel ripassare nelle precedenti scie, in cabina entrerebbe l’aria proveniente dall’esterno, inquinata dello stesso materiale rilasciato dallo scarico». Che cosa spruzzano? «Qualunque cosa, a giudicare dalle analisi dell’acqua piovana».Sembra proprio che dal cielo stia venendo giù di tutto, scrive Broggia su “Megachip”: nell’aria si registra infatti la presenza di «metalli pesanti, polimeri, batteri, sostanze non classificate». Attenzione: ci sono anche «i fili che cadono dal cielo, imitazioni quasi perfette delle ragnatele, ma di lunghezze spropositate». Vietato confondersi: «Se fossero di un vero ragno volante (il fenomeno è quello dello “spider ballooning”), questo dovrebbe essere grande più di 100 metri». Inoltre, «le vere ragnatele non vengono attratte da un potente magnete, come invece sembra accadere a questi fili». Sul web si trovano tracce di un esperimento condotto nel 2011 dall’università di San Diego, in California. Il test fornisce la misura dell’impegno teorico: «Considerando l’intero territorio italiano formato da tanti quadrati di 100 chilometri di lato, in totale abbiamo solo 30 quadrati. Ipotizzando 2 droni che lavorino per ciascun quadrato, con appena 60 droni si potrebbe coprire una nazione intera, con tutti i suoi abitanti, piante, falde acquifere, eco-sistemi». Presso i centri radar aeronautici italiani, continua Broggia, «i controllori di volo sono consapevoli di questo enorme movimento di velivoli, ma lo ignorano. O non danno spiegazioni se interpellati».Già nel 1957, chiarisce “Megachip”, si studiava tecnicamente la possibilità di controllare la grandine per evitare la distruzione delle colture, per esempio in Piemonte: due fisici, Barla e Barbero, nel “Giornale di Geofisica” parlano di «nuclei di condensazione prodotti da ossidi radioattivati», e descrivono «teoria ed esperimenti per attivare artificialmente dei nuclei di molecole di acqua usando ossidi di alluminio e campi elettromagnetici». Gli italiani, conferma Broggia, sono sempre stati molto attivi in questo campo: si citano sperimentazioni nei dintorni di Roma e in Sardegna, pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali e brevetti industriali registrati negli Usa (molti materiali sono presenti nel portale “No Geoingegneria”). E in un documento del 1963, il generale Antonio Serra, capo del servizio meteorologico dell’aeronautica, cita una collaborazione svolta con una azienda americana «per provocare la pioggia», attività condotta con fondi pubblici, per la precisione col sostegno della Cassa del Mezzogiorno e della Regione Sardegna. Si trattò di «un terzo ciclo di esperienze di nucleazione artificiale dell’atmosfera, il più lungo finora condotto in Italia», scrive il generale Serra nel ‘63.Un esperimento fondamentale, dunque, «affidato alla società americana “Weather Researches Development Corporation”». Positivo l’esito: l’autore si dichiara «molto fiducioso sui progressi tecnici migliorativi, per risolvere tutti i problemi legati alla siccità». Trent’anni dopo, nel 1994, il governo italiano ha promulgato addirittura una legge, la numero 36 del 5 gennaio, che prevede la creazione regolare di piogge artificiali per sconfiggere la siccità. Si intitola: “Disposizioni in materia di risorse idriche”. L’articolo 2, comma 2, conferma l’adozione del «regolamento per la disciplina delle modificazioni artificiali della fase atmosferica del ciclo naturale dell’acqua». Due anni dopo, continua Paolo Broggia, viene pubblicato un documento di ricerca aerospaziale, proveniente dai militari Usa, “Weather as a Force Multiplier: Owning the Weather in 2025”. Letteralmente: il clima come moltiplicatore di forze: possedere il controllo del clima entro il 2025. «In questo raccapricciante documento – scrive Broggia su “Megachip” – viene enunciata la possibilità tecnica di poter controllare localmente il clima, allo scopo di avere vantaggi sul nemico e renderlo più vulnerabile, con tanto di tabelle, grafici, metodologie. Evidentemente – aggiunge l’ingegnere – venivano ritenute molto significative le esperienze del Vietnam, dove gli Usa sono riusciti a usare con successo la geoingegneria allagando con abbondanti piogge i campi dei Vietcong».Il resto è cronaca, ormai quasi quotidiana: clima “impazzito”, alluvioni, “bombe d’acqua”. E’ sempre più frequente, precisa Broggia, la comparsa di brevetti nel settore, specie «sull’uso dei campi elettromagnetici per far interagire a comando le particelle rilasciate dagli aerei, in forma di additivi nei carburanti». Si moltiplicano ormai le conferenze su “geoengineering” e “climate engineering”, la geo-ingegneria del clima. Nuove direttrici di ricerca, quindi, che si sono affacciate nelle comunità scientifiche internazionali, monopolizzando l’attenzione e apportando nuove risorse economiche. È inoltre nato l’Ipcc, il panel dell’Onu sui cambiamenti climatici, una struttura «che potrebbe legittimare l’uso della geoingegneria», ma ovviamente con le solite cautele verso i mezzi di informazione: «Se si va a dire a questi scienziati che stanno già facendo la geoingegneria, essi negano inorriditi». Così, dobbiamo rassegnarci alle “stranezze” del clima. Per esempio quella «pioggerellina sottile, fina-fina, come quelle londinesi». Pioggerelline «insolitamente frequenti in Italia», ormai, così come «le piogge torrenziali e le conseguenti alluvioni», con chicchi di grandine «grandi come arance».Non solo: ultimamente si registra addirittura «la presenza di formazioni di alghe», praticamente «incredibili da trovare nelle zone di campagna interne, molto lontane dalle coste». Strano clima, appunto: con aria «più secca di quella del deserto, come nel 2012 in Italia». E poi, le strane patologie che colpiscono le piante ornamentali, quelle d’appartamento: malattie «da attribuire a qualcosa di strano, mai visto». E il sole, lassù, sempre più pallido. Al punto che «i pannelli fotovoltaici stanno generando sempre meno elettricità rispetto all’anno precedente». Se poi si fa un “mineral test”, nelle analisi risultano«eccessi di alluminio e piombo», come è capitato allo stesso Broggia e ai suoi vicini di casa. Inutile che ci prendano in giro, conclude l’ingnegnere: non potranno negare all’infinito. Stanno davvero irrorando il nostro cielo, sperando di “possedere il clima”. Arma cosmica, sia per l’economia che per la guerra. La speranza? «La Natura è grande, in ogni caso. I suoi eterni elementi riusciranno a raggiungere una coerenza per reagire opportunamente a questa fonte di inquinamento». La cui esistenza, peraltro, nessun governo ammette ancora.Qualcuno sta “coltivando” il cielo. Lo dimostrano le anomalie climatiche e i residui che piovono a terra. Ne è convinto l’ingegner Paolo Broggia: ormai, dice, la realtà supera largamente qualsiasi ipotesi fantascientifica. Inoltre, i “coltivatori” dell’aria lasciano tracce quotidiane: «Se osservassimo i nostri cieli più attentamente, vedremmo attività aeronautiche non ufficiali, cioè non legate a transiti di aerei di linea, che rilasciano delle sostanze visibili che si disperdono dopo qualche minuto, a volte dopo ore. Probabilmente si tratta di droni, che quotidianamente “spazzolano” il cielo come una griglia “a scacchi”: ormai non c’è zona dell’Italia (e dell’Europa) che non sia irrorata». Droni, dunque, perché solo velivoli senza pilota potrebbero reggere al millimetro «la estrema ripetitività delle rotte, stressanti e pericolose per esseri umani in carne e ossa: infatti, nel ripassare nelle precedenti scie, in cabina entrerebbe l’aria proveniente dall’esterno, inquinata dello stesso materiale rilasciato dallo scarico». Che cosa spruzzano? «Qualunque cosa, a giudicare dalle analisi dell’acqua piovana».
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Estinto lo Stato, l’unico re di denari è il Calamaro Vampiro
Togli allo Stato la moneta, e avrai questo risultato: i nuovi Stati sono le banche. Loro, e soltanto loro, decidono dove investire denaro: ovviamente, per guadagnarci sopra. E’ la «lezione drammatica» che si ricava dall’ultima spettacolare impresa del “Vampire Squid” planetario, la famigerata Goldman Sachs. Il “calamaro vampiro” di Wall Street, accusa Paolo Barnard, ha infatti battuto ogni record con la sua «ultima, indicibile porcata mondiale», ipotecando le finanze di un intero paese, il Portogallo. Certo, aveva le carte in regola per farlo: la Goldman, che affondato la Grecia, è la piovra che in Europa ha reclutato anche politici e tecnocrati, da Prodi a Monti. «Ha piazzato i suoi tentacoli ovunque nel mondo». Il top lo mise in mostra nella crisi finanziaria del 2007: «Era in combutta con l’Hedge Fund di John Paulson per truffare mezzo pianeta e tre quarti d’America vendendo prodotti finanziari marci, mentre allo stesso tempo scommetteva contro quei prodotti per intascare polizze assicurative».Nulla hanno potuto il senatore Carl Levin e la sua commissione d’indagine del Senato Usa: «Ci hanno provato in tutti i modi a fermare il Calamaro Vampiro, ma quegli occhi spaventosamente furbi di Lloyd Blankfein, il n.1 al Calamaro, hanno disarmato persino un gigante furioso come Levin. E Goldman ha continuato imperterrita». Ora, continua Barnard nel suo blog, si scopre che il “calamaro vampiro” «si è inventato una banca fittizia in Lussemburgo per prestare 835 milioni di dollari fittizi al portoghese Banco Espirito Santo, che era ed è una delle banche più fallite della storia, per poi intascarsi le intermediazioni fittizie che sarebbero apparse come “positivi” sui libri contabili del Vampiro per allettare gli investitori». E non è tutto: «Allo stesso tempo, Goldman si è ricomprata parte del finto prestito a tassi ridicoli per poi rivenderlo, scremandoci sopra, agli investitori gonzi del mondo». E qui, aggiunge Barnard, «il Calamaro fa un’altra porcata: investe una manciata di soldi in azioni del Banco Espirito Santo (che si sta letteralmente decomponendo come un cadavere) così che tutto il mondo dei gonzi avrebbe detto: “Ohi! Se Goldman investe lì allora cavoli! compriamo subito anche noi!”. Compriamo cioè la truffa di cui sopra. Geniali eh?».Il Calamaro Vampiro stavolta «finisce però con una mezza sconfitta», perché il collasso del Banco portoghese a inizio agosto «gli blocca la truffa a metà binario». Ma niente paura: «Goldman non perde mai, e già il Portogallo sta pianificando di rimborsargli il resto». In pratica, «un girotondo fasullo: banca finta, soldi finti, transazioni inesistenti, ma gente vera fottuta nel portafoglio per cifre colossali». Il tutto, sottolinea Barnard, reso possibile dal fatto che «la finanza dei Calamari Vampiri si serve di cervelli che si mangiano un astrofisico in 60 secondi e che lavorano 24 su 24 e inventano cose come questa fatta col Banco portoghese». Cose che hanno anche un bel nome: Spv, cioè “Special Purpose Vehicles”, ma che hanno anche «la bella caratteristica non comparire nei libri contabili delle banche in questione». Sicché, ora che il momento dell’esame europeo della salute delle nostre banche si avvicina (ottobre), quante di queste banche sono zeppe di Spv marci nascosti in ogni anfratto degli istituti? «Voi credete che Draghi li scoprirà? Se poi arrivate al mondo dei Derivati, addio, facciamo ciao ciao con la manina a questi mostri spaziali del Potere e mettiamoci tutti in fila per il tatuaggio sul braccio. Stessa proporzione di potere».Per Barnard, l’amara lezione proprio questa: «Ma vi rendete conto che oggi, con la scomparsa della spesa dello Stato uccisa dalle Austerità Eurozona, le banche sono diventate Stati? Vi rendete conto di cosa fanno questi mostri e che incredibile abilità hanno di aggirare tutto e tutti sul pianeta? E quindi vi rendete conto che la vostra vita economica, che è tutto – dal pane al mutuo, al negozio, ai libri di scuola, alla salute – è totalmente in mano a queste macchinazioni più astruse e potenti della fisica delle particelle? Vi rendete conto che tutto il teatrino nazionale dei grilli renzini cottarellucci e vino non conta nulla? Chi comanda e chi vi rovina la vita sono altri». Barnard è sconsolato: «La gente non capisce niente, la gente va coi buffoni di moda, vota gli 80 euro, e soprattutto – anche mai dovessero aver intuito qualcosa – alla fine non fanno niente, nulla, morti davanti alla Tv o stramorti davanti al pc». Disperazione: «Trasmettere alla gente le notizie che veramente gli cambiano la vita, quelle che gliela devastano, quelle che gli rivelano chi davvero comanda disprezzandoli, indifferenti a qualsiasi loro sofferenza, dirgli il male che gli faranno (tanto), e il futuro da schiavi dei loro figli, be’, raccontargli tutto questo è inutile». Semplificando ferocente: «Boing, boing, boing. Questo è l’audio dei nostri tentativi di far capire agli italiani qualsiasi cosa che veramente conti per la loro vita. Strumentazione: palla da tennis e muro di gomma».Togli allo Stato la moneta, e avrai questo risultato: i nuovi Stati sono le banche. Loro, e soltanto loro, decidono dove investire denaro: ovviamente, per guadagnarci sopra. E’ la «lezione drammatica» che si ricava dall’ultima spettacolare impresa del “Vampire Squid” planetario, la famigerata Goldman Sachs. Il “calamaro vampiro” di Wall Street, accusa Paolo Barnard, ha infatti battuto ogni record con la sua «ultima, indicibile porcata mondiale», ipotecando le finanze di un intero paese, il Portogallo. Certo, aveva le carte in regola per farlo: la Goldman, che affondato la Grecia, è la piovra che in Europa ha reclutato anche politici e tecnocrati, da Prodi a Monti. «Ha piazzato i suoi tentacoli ovunque nel mondo». Il top lo mise in mostra nella crisi finanziaria del 2007: «Era in combutta con l’Hedge Fund di John Paulson per truffare mezzo pianeta e tre quarti d’America vendendo prodotti finanziari marci, mentre allo stesso tempo scommetteva contro quei prodotti per intascare polizze assicurative».
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Non credete a Obama, è pronto a usare la bomba atomica
«E’ cambiata la dottrina di guerra degli Stati Uniti: le armi nucleari americane non sono più limitate alla controffensiva, ma sono state elevate al ruolo di attacco preventivo». Lo sostiene Paul Craig Roberts, editorialista e già viceministro di Reagan, citando un recente servizio di Eric Zuesse su “Op-Ed News”: Washington sta mettendo a punto i piani per un primo attacco nucleare contro la Russia di Putin, come se non sapesse che anche un attacco atomico “limitato”, secondo in maggiori esperti, porterebbe a sconvolgimenti planetari capaci di causare la morte di non meno di 2 miliardi di persone nel mondo. Craig Roberts accusa l’America di Obama: si è tirata fuori dai trattati anti-balistici e sta sviluppando il suo “scudo anti-missile” in Europa con l’obiettivo di intercettare l’eventuale reazione russa a un attacco contro Mosca. Attacco che non avverrebbe comunque a freddo: «Washington sta demonizzando la Russia e il suo presidente con una vergognosa propaganda diffamatoria, preparando la popolazione statunitense e i suoi Stati-sudditi alla guerra contro la Russia».Secondo Roberts, la Casa Bianca si è fatta convincere dai neo-conservatori che le forze nucleari russe sono ferme e impreparate, quindi un ottimo bersaglio per un attacco. «Questa falsa opinione – scrive l’analista, in un post ripreso da “Come Don Chisciotte” – si basa su informazioni vecchie di dieci anni», prima cioè del poderoso riarmo difensivo promosso da Putin, che ha permesso alla Russia di giocare un ruolo-chiave per impedire che la Siria diventasse la scintilla della possibile Terza Guerra Mondiale. In ogni caso, «indipendentemente dalle reali condizioni delle forze nucleari russe, dal successo del “primo attacco” di Washington e dal livello di protezione dello “shield” americano», uno studioso come Steven Starr conferma che «il carattere letale delle armi nucleari» non è arginabile: un conflitto atomico non avrebbe vincitori, perché tutti soccomberebbero nella catastrofe.Lo ribadiscono autorevoli scienziati atmosferici, in studi come quello pubblicato già nel 2008 da “Physics Today”: nonostante la riduzione degli arsenali nucleari programmata con Gorbaciov nel lontano 1986 (ridurre a circa 2.000 entro il 2012 le 70.000 testate dell’epoca) non si è ancora ridotta la minaccia che una guerra nucleare rappresenta per la vita umana sulla Terra. E’ scontata la distruzione simultanea di centinaia di milioni di persone, mentre il fumo atomico emanato dalle esplosioni nella stratosfera «causerebbe l’inverno nucleare e il collasso dell’agricoltura». Sicché, «gli esseri umani scampati alla morte e alle radiazioni morirebbero comunque di fame». Reagan e Gorbaciov l’avevano ben compreso, ma «purtroppo non c’e’ stato un degno successore tra i governi americani che seguirono», sostiene Craig Roberts. Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute, i 9 paesi dotati di armi nucleari ancora possiedono un totale di 16.300 testate atomiche.E il maggior pericolo viene proprio dagli Usa: «E’ ormai appurato che a Washington ci siano dei politici che pensano, erroneamente, che la guerra nucleare sia una guerra che si può vincere, e che sia un valido strumento per arrestare l’ascesa di Russia e Cina che mette a repentaglio l’egemonia americana nel mondo». Il governo degli Stati Uniti, indipendentemente dal partito in carica, è «una grossa minaccia per la vita sulla Terra», accusa Roberts. E i governi europei, «che si reputano civilizzati», in realtà «non lo sono affatto, poiché permettono a Washington di perseverare nella sua sete di egemonia». E’ quello il problema: «L’ideologia che concede all’eccezionale e indispensabile America questa supremazia è un’enorme minaccia per il mondo».Iraq e Afghanistan, Libia e Siria, Yemen e Somalia, per non parlare della Jugoslavia. «La distruzione parziale o totale di sette paesi del mondo operata dall’Occidente nel 21° secolo, con l’appoggio di altre “civiltà e mezzi d’informazione occidentali”, è la prova lampante che la leadership del mondo occidentale è completamente svuotata di coscienza morale e di compassione per il genere umano», dichiara Craig Roberts. «Ora che Washington è armata della sua falsa dottrina di “supremazia nucleare”, si prospetta un triste futuro per l’umanità». Secondo l’ex consigliere di Reagan, infatti, «Washington ha dato il via alla preparazione di una Terza Guerra Mondiale, e gli europei sembrano ben disposti a prenderne parte». A fine 2012, il danese Rasmussen a capo dell’Alleanza Atlantica aveva detto che la Nato non considerava la Russia come un nemico, ma «ora che la folle Casa Bianca insieme ai suoi folli vassalli ha dimostrato alla Russia che l’Occidente è ancora un nemico», Rasmussen ha cambiato posizione, dichiarando: «Dobbiamo accettare il fatto che la Russia ci considera suoi avversari», per aver sostenuto militarmente l’Ucraina (golpista) insieme agli altri paesi dell’Europa orientale.L’escalation è ormai avviata: per Alexander Vershbow, ex ambasciatore statunitense in Russia e attuale vicesegretario Nato, la Russia è «un nemico». Pertanto, «i contribuenti americani ed europei devono sostenere l’ammodernamento degli armamenti, non solo per Ucraina ma anche per Moldova, Georgia, Armenia e Azerbaijan». L’apparato militare americano sta riesumando la guerra fredda, scrive Roberts, proprio perché ha appena perso la cosiddetta “guerra al terrore” in Iraq e Afghanistan. «Questo probabilmente è il punto di vista delle industrie di armamenti e di qualcuno a Washington». Ma i neocon sono ancora più ambiziosi: «Non perseguono solo il profitto nel sistema della sicurezza e degli armamenti, il loro scopo è l’egemonia degli Stati Uniti nel mondo, ovvero azioni sconsiderate come la minaccia strategica che il regime di Obama, con la complicità dei vassalli europei, ha lanciato contro la Russia in Ucraina».Dall’autunno scorso, continua Roberts, il governo americano «non ha fatto che mentire sull’Ucraina, dando la colpa alla Russia per le conseguenze delle azioni di Washington e demonizzando Putin nello stesso modo in cui Washington ha demonizzato Gheddafi, Saddam Hussein, Assad, i Talebani e l’Iran». Il governo conta su formidabili complici: «La stampa “prostituita” e le capitali dei paesi europei hanno assecondato queste menzogne e questa propaganda, ripetendole senza sosta». Così, l’atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti della Russia è diventato apertamente negativo. «Come pensate che vedano tutto questo Russia e Cina? La Russia ha visto la Nato spingersi fino ai suoi confini, una violazione degli accordi sottoscritti da Reagan e Gorbaciov». Peggio: Mosca «ha visto gli Stati Uniti violare gli accordi del trattato “Shield” e costituire un proprio “scudo” da guerre stellari». Se poi questo “shield” funzioni o meno «è del tutto irrilevante: il suo scopo è quello di convincere i politici e l’opinione pubblica che gli americani sono al sicuro».La notizia peggiore, continua Craig Roberts, è che i russi hanno visto gli Stati Uniti cambiare il ruolo delle armi nucleari, da mezzi deterrenti a strumenti di attacco preventivo. «E ora la Russia sente ogni giorno fiumi di menzogne ripetute in Occidente e assiste al massacro di civili nell’Ucraina russa da parte del vassallo ucraino degli Stati Uniti». Civili che Washington definisce “terroristi”, e che invece vengono sterminati «con armi come il fosforo bianco». E tutto questo «senza alcuna protesta da parte dei paesi dell’Occidente». E’ cronaca, benché oscurata dai media mainstream: «Attacchi massicci di artiglieria e aerei sulle case dell’Ucraina russa si sono compiuti nel giorno del 25° anniversario di Piazza Tienanmen, mentre Washington e i suoi paesi-marionetta hanno condannato la Cina per un evento che non è mai accaduto». La farsa della presunta “strage” di Pechino è infatti stata smascherata da fonti diplomatiche Usa: il governo cinese non ha mai sparato sulla folla degli studenti, ma ha contrattato con loro l’abbandono della piazza.«Come oggi sappiamo, non c’era stato alcun massacro in piazza Tienanmen», sottolinea Craig Roberts. «Era solo un’altra bugia di Washington, come quella del Golfo del Tonchino, come le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, come l’uso di armi chimiche di Assad, come le armi nucleari iraniane». Si stupisce, l’ex viceministro di Reagan: «E’ davvero sorprendente vedere come il mondo stia vivendo una falsa realtà creata dalle bugie di Washington. Il film “Matrix” è una fedele rappresentazione della vita in Occidente: la popolazione vive in una falsa realtà creata dai suoi governanti». L’opinione pubblica è così assuefatta da non riuscire a distaccarsene, come spiega – in quel film – Morfeo, il capo dei ribelli “risvegliati”: «La maggior parte della gente non è pronta a staccare la spina», molti di loro sono «così completamente schiavi del sistema che lotteranno per proteggerlo».Confessa Craig Roberts: «Vivo quest’esperienza ogni volta che scrivo un articolo: ecco che arrivano le proteste di quelli che non sono disposti a staccare la spina, attraverso e-mail o dai quei siti che nella sezione dei commenti accusano gli scrittori di calunnia verso i loro governi-troll». Se non altro, aggiunge l’analista, ad abboccare è l’Occidente, ma non le popolazioni russe e cinesi, quelle che vedono benissimo il cappio che si sta stringendo giorno per giorno. «Come pensate che reagirà la Cina quando Washington dichiarerà che il Mar Cinese Meridionale è una zona di interesse nazionale degli Stati Uniti, e invierà il 60% della sua flotta nel Pacifico e costruirà nuove basi aeree e navali americane dalle Filippine al Vietnam?». Finora, aggiunge Roberts, russi e cinesi «si sono comportati in modo ragionevole». Sergej Lavrov, il ministro degli esteri di Putin, è estremamente chiaro: «In questa fase, vogliamo dare ai nostri partner la possibilità di calmare gli animi. Vedremo cosa succederà in seguito. Se continueranno le accuse contro la Russia e i tentativi di pressione su di noi attraverso la leva economica, allora potremo rivalutare la situazione».«Se la folle Casa Bianca, le prostitute mediatiche di Washington e i vassalli d’Europa convinceranno la Russia che la guerra è inevitabile, la guerra diventerà davvero inevitabile», avverte Craig Roberts. «E poiché non esiste possibilità alcuna che la Nato sia in grado di montare un’offensiva convenzionale contro la Russia nemmeno lontanamente vicina alle dimensioni e alla potenza delle forze d’invasione tedesche del 1941, che poi incontrarono la distruzione, la guerra non potrà che essere nucleare, e questo significa la fine per tutti. Tenetelo bene a mente, mentre Washington e i suoi canali d’informazione continuano a far rullare i tamburi di guerra». La storia è lì a dimostrare che, oltre ogni dubbio, «tutto quello che Washington e le sue prostitute mediatiche hanno detto e dicono, non sono che bugie al servizio di un fine non dichiarato». E la cosa, purtroppo, «non si risolve votando democratico invece che repubblicano». Thomas Jefferson suggerì una soluzione: «L’albero della libertà di tanto in tanto si deve bagnare con il sangue dei patrioti e dei tiranni. E’ il suo concime naturale». Per Roberts, il guaio è che oggi «a Washington ci sono pochi patrioti e molti tiranni».«E’ cambiata la dottrina di guerra degli Stati Uniti: le armi nucleari americane non sono più limitate alla controffensiva, ma sono state elevate al ruolo di attacco preventivo». Lo sostiene Paul Craig Roberts, editorialista e già viceministro di Reagan, citando un recente servizio di Eric Zuesse su “Op-Ed News”: Washington sta mettendo a punto i piani per un primo attacco nucleare contro la Russia di Putin, come se non sapesse che anche un attacco atomico “limitato”, secondo in maggiori esperti, porterebbe a sconvolgimenti planetari capaci di causare la morte di non meno di 2 miliardi di persone nel mondo. Craig Roberts accusa l’America di Obama: si è tirata fuori dai trattati anti-balistici e sta sviluppando il suo “scudo anti-missile” in Europa con l’obiettivo di intercettare l’eventuale reazione russa a un attacco contro Mosca. Attacco che non avverrebbe comunque a freddo: «Washington sta demonizzando la Russia e il suo presidente con una vergognosa propaganda diffamatoria, preparando la popolazione statunitense e i suoi Stati-sudditi alla guerra contro la Russia».