Archivio del Tag ‘figli’
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Tav, la talpa occulta della Casta che ci scava nelle tasche
Probabilmente non vincerà nessuno e perderemo tutti. Sulle grandi opere si sta scommettendo il futuro delle nostre economie, in particolare in Italia, perché le architetture finanziarie che si costruiscono su queste grandi opere sono meccanismi per scavare un debito pubblico occultato nella contabilità di società di diritto privato. Il cosiddetto project financing, del quale si riempiono la bocca molti politici quando le risorse pubbliche vengono a mancare, è esattamente il meccanismo che ha prodotto la crisi del 2009. In quel caso, il debito era costruito su finanziamenti privati; in questo caso, l’impacchettamento del debito è costruito sul debito pubblico. E il project financing è esattamente questo: una talpa, che provoca un debito pubblico futuro che prima o poi, inevitabilmente, emergerà. Questa talpa è già partita da molti anni – dall’inizio degli anni ’90, dal “dopo Tangentopoli” in poi – ed emergerà, prima o poi, perché è un debito occultato.
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Curzio Maltese: stop alla Torino-Lione, scandalo italiano
Se io o voi fossimo della val di Susa, probabilmente oggi saremmo sulle barricate a difendere la salute dei figli, la nostra e una terra che rischia di essere stravolta e umiliata per sempre. Già questa banale osservazione avrebbe dovuto procurare alle lotte No Tav maggior rispetto di quanto ne sia stato riservato dalla politica e dai media in questi vent’anni, ovvero nessuno. Le ironie dei giornali di destra e del conduttore di uno dei più squallidi programmi radio, “La Zanzara”, sul povero Luca Abbà, caduto mentre stava inscenando una protesta del tutto legittima e pacifica su un traliccio, meritano in pieno la reazione di Alberto Perino: «Sciacalli, jene».
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Corona No-Tav: combatterò per la val Susa, nuovo Vajont
Noi non viviamo in democrazia, viviamo in democratura: è un misto tra democrazia e dittatura. Per questo io sto con gli abitanti della val di Susa: non perché mi schiero con un colore politico o con l’altro, ma perché la ragione ce l’hanno loro che vivono quei luoghi, che sono da secoli in quella terra, che la amano, hanno sofferto, l’hanno costruita con il sangue e il sudore. Lì ci abita il cuore, non ci abita gente normale, non ci abitano corpi. E’ inaccettabile che qualcuno si arroghi il diritto di andare lì, come hanno fatto con il Vajont, e spazzare via la gente, spazzare via i boschi, secoli di cultura, tradizioni, storie. Motivazioni tecniche? Ogni omicidio ha bisogno di un movente. E chi va in val di Susa e vuole stuprarla non si rende conto di fare un danno al cuore di quella gente, non al portafogli. Per questo non riusciranno a comprare gli abitanti della valle.
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Agenti e manifestanti, timide prove di dialogo su Facebook
«Ciao manifestante, chi ti parla è quello “sbirro” che odi e che vorresti vedere morto». A scrivere è Maurizio Cudicio, sovrintendente della polizia in servizio alla questura di Trieste e rappresentante del sindacato di polizia Consap, che tenta così il suo personale dialogo con i No-Tav della val di Susa. E le risposte viaggiano sul web, con post su Facebook che alla riflessione di fondo del poliziotto («Un’unica barriera fra di noi: il pregiudizio!») replicano in modi, contenuti e colori diversi, fino all’amarezza di Marco: «Questa è una guerra fra poveri. Va a finire – scrive Marco a Maurizio – che presto verrò anch’io sull’autostrada, per accompagnare i miei figli. Tre persone in più da prendere di peso. Non esagerare… grazie».
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Vattimo: ho paura della polizia, grazie al governo fascista
Cari amici NoTav, se nei prossimi giorni mi capiterà di non venire alle manifestazioni in valle non sarà (solo) a causa di altri impegni, sarà principalmente perché ho paura. Lo confesso senza pudore, e tanto più esplicitamente quanto più mi sembra un sentimento nuovo, che non avevo più provato da tanti anni, almeno dai fatti di piazza Statuto (governo Tambroni, un millennio fa), anche perché ai tempi del G8 di Genova ero, fortunatamente per me, all’estero per lavoro. Dagli anni di Tambroni porto sempre con me il ricordo di un suggerimento a cui penso con un certo umorismo: quando stai per andare alla manifestazione non mangiare o mangia poco, perché se ti sparano nello stomaco vuoto è più facile che la ferita si rimargini. Non ho mai avuto modo di verificare se è vero.
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Revelli: naufragio Italia, la sinistra ha abbandonato la nave
Torna un antico fantasma: la povertà. Uno spettro, quello della morte per fame, che la civiltà occidentale si era illusa di aver archiviato per sempre. Ora torna ad affacciarsi, sotto forma di paura, precarietà, indigenza. L’Italia è in piena decadenza, la povertà è in continua crescita e gli italiani sono disorientati: nonostante il vergognoso arricchimento di pochi, i penultimi se la prendono con gli ultimi, mentre la politica ha toccato il fondo e ora si rassegna all’azione dei “tecnici”. Fanno venire i brividi le cifre sciorinate da Marco Revelli nel suo ultimo libro “Poveri, noi”: «Siamo cambiati nell’ultimo quarto di secolo, ci siamo guardati allo specchio e non ci siamo riconosciuti più: un paese, il nostro, sfigurato dal rancore, dall’ostilità reciproca, dalle solitudini, dalla frustrazione, dall’invidia sociale».
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Altro che crescita, prepariamoci tutti a coltivare patate
Ho visto, e sperimentato di persona, cosa può produrre una, tutto sommato banale, nevicata, in un tutto sommato ancora (per poco), paese industriale “avanzato”. Al di là dei soliti lai dei mass media, che lasciano il tempo che trovano, mi sono trovato a riflettere, in un treno ad alta velocità fermo in mezzo alla neve, sulla fragilità delle nostre società. Riflessione stimolata da un articolo sul “Fatto”, di quel giorno, a firma Massimo Fini, che a sua volta rifletteva su un elemento correlato: la perdita progressiva della nostra manualità umana. Non siamo più capaci di fare niente con le nostre mani. Non siamo più capaci di praticare l’agricoltura. Il pollice è diventato dominante, quanto a trepestare sui tasti del cellulare, ma la mano non riceve più dal cervello ordini sensati che non siano quelli di usare coltello e forchetta.
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Monotono l’impiego fisso? La figlia della Fornero ne ha due
Il posto fisso è “monotono”, come sostiene il premier Mario Monti. Ma per i figli dei potenti, la monotonia non è un problema: tanto che l’erede del ministro al Lavoro Elsa Fornero, Silvia Deaglio, di 32 anni, di posti ne ha addirittura due, anche se uno non è ancora del tutto fisso. Entrambi, guardacaso, contigui ai posti di lavoro di mamma e papà. La cosa era nota da tempo, ma torna chiaramente d’attualità dopo le dichiarazioni del primo ministro, peraltro senatore a vita. Oggi lo fa rilevare con una certa dose di sana perfidia anche il blog del “Popolo viola”, che a questa vicenda tutta torinese dedica un sapido articolo. Perché la Fornero e il Deaglio al posto fisso per la figlia non si sono fieramente opposti, a quanto pare.
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L’apartheid di Monti: basta posto fisso, tutti precari a vita
«Per fortuna c’è Mario Monti, a salvare noi giovani da una vita monotona», scrive Anna Lami su “Megachip”, facendo eco all’infelice battuta del primo ministro, secondo cui «i giovani devono abituarsi all’idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita». E poi, diciamolo, «che monotonia!», sbotta il banchiere-premier: «E’ bello cambiare e accettare delle sfide», anche per «ridurre il terribile apartheid che esiste nel mercato del lavoro» tra lavoratori di serie A, col posto fisso, e giovani lavoratori di serie B, eternamente precari. E come ridurre l’apartheid: estendendo a tutti garanzie e tutele sociali? «Macchè, troppo banale», ironizza Anna Lami: «Meglio trasformare tutti in lavoratori di serie C».
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Rifkin: energia da ogni casa, la rivoluzione siamo noi
La seconda rivoluzione industriale, alimentata dal petrolio e dagli altri combustibili fossili, è entrata in un finale di partita molto pericoloso; i prezzi crescono, la disoccupazione resta alta, il debito si è impennato e la ripresa sta rallentando. Peggiora ancora il cambiamento climatico provocato dai combustibili fossili, base energetica dell’attività industriale. Di fronte a un collasso dell’economia globale, l’umanità è alla disperata ricerca di una nuova visione che ci porti nel futuro. Le grandi rivoluzioni economiche della storia si verificano quando le nuove tecnologie della comunicazione convergono con i nuovi sistemi energetici. Le rivoluzioni energetiche possono rendere il commercio più ampio ed integrato. Se accompagnate da rivoluzioni nei mezzi di comunicazione, consentono la gestione di nuove e più complesse attività commerciali.
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Londra, il ministro avverte i poveri: non fate più figli
Da che mondo è mondo, i poveri fanno figli. Sono la loro unica ricchezza, diceva un certo Karl Marx: un proletario è appunto chi non dispone di mezzi di produzione e può contare solo su se stesso e sulla sua prole, da offrire al mercato del lavoro in cambio di un salario. Sempre che il lavoro ci sia: perché se non c’è, o si emigra in cerca di uno stipendio, o si resta a casa. E se si vive in Gran Bretagna, nel 2010, può capitare di sentirsi rivolgere un invito esplicito: «Per favore, non fate più figli». L’invito proviene addirittura da un ministro. Ed è rivolto ai poveri: sono loro a doversi astenere dal procreare. Per i ricchi, invece, nessun problema: figli a volontà.
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Buon Natale, figlioli: vi amo, dal mio ergastolo
Quando siete nati il mio cuore era pieno di stelle e di sogni. Avevo sognato per voi tutto quello che avevo sognato io da bambino. Poi è arrivato il carcere e la condanna e sono partito per un lungo viaggio. Sono partito, ma non sono mai andato via dal vostro cuore, né voi dal mio. Nei peggiori momenti del mio viaggio i vostri cuori non mi hanno mai lasciato, vi ho sempre sentiti attorno al mio cuore. La vostra immagine è sempre stata nei miei occhi e il vostro sorriso ha sempre illuminato il mio viaggio.