Archivio del Tag ‘fascismo’
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Travaglio: viva Napolitano, e la stampa si copre di ridicolo
Il “Foglio” e “Libero” – il primo in modo spiritoso, il secondo con le mèches – smentiscono quel che abbiamo scritto negli ultimi giorni e di cui facciamo ammenda: cioè che tutti i media siano genuflessi ai piedi di Sua Castità e del suo governissimo. Essi anzi manifestano una sbarazzina tendenza alla critica che rasenta il vilipendio. Per esempio il “Corriere”, che assume la guida dell’opposizione con il commento al vetriolo di Antonio Polito: «Discorso breve, severo ma intriso di commozione: una lezione di virtù repubblicana». E di Paolo Valentino: «Ci sono discorsi che cambiano la storia di un Paese. Come quello di Abraham Lincoln nel 1863 a Gettysburg… O come Lyndon Johnson, che nel 1964 pronuncia il celebre we shall over come e chiude la segregazione razziale… Il discorso di Giorgio Napolitano ha la forza retorica, l’altezza d’ispirazione e la dirompenza politica che lo rendono già un’opera prima… ha aperto una nuova pagina, restituendo dignità alla parola e regalandoci un testo di etica pubblica senza precedenti nella storia repubblicana. In un altro Paese, lo farebbero studiare nelle scuole».
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La Bonino che non t’aspetti e la carica degli impresentabili
Salvare Berlusconi dai processi e garantire a Bersani un vero incarico per un governicchio: è questa la missione delle trattative per il Quirinale? Peccato che i candidati dei partiti «sono da fare accapponare la pelle», protesta Marco Travaglio, che passa in rassegna la nomenklatura quirinalizia come una galleria degli orrori. A cominciare dall’ex “dottor sottile” di Craxi, Giuliano Amato, il premier che fece pestare a sangue i disoccupati a Napoli un anno prima del G8 di Genova, dopo essersi fatto detestare nel fatidico ’92 con il prelievo forzoso del 6 per mille dai conti correnti degli italiani, un bottino da 93.000 miliardi di lire. Un uomo d’oro, da 31.000 euro al mese, presidente dell’Antitrust ignaro del super-trust Mediaset, consulente della Deutsche Bank, membro della Treccani e della scuola San’Anna di Pisa, nonché consigliere di Monti per i tagli ai costi della politica (mai tagliati). Berlusconi lo candidò al Quirinale, il centrosinistra l’ha riempito di cariche: «Nella speciale classifica degli impresentabili è uno dei vincitori di diritto».
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Colpa degli stranieri: così i neonazisti salvano l’euro-casta
Qualcuno si è chiesto come nasce un fenomeno come quello di “Alba Dorata”, e di risposte ne sono state ipotizzate tante. Forse è l’ignoranza, forse è la Tv. Forse è la povertà, o l’intolleranza, o la guerra tra poveri, o la mentalità di taluni intrinsecamente fascista. Forse è l’esasperazione, o il non poterne più degli immigrati, o la crisi, o il degrado delle periferie. Forse sono le scarse opportunità dei giovani, o la voglia di rivalsa, o la morte dei valori e delle ideologie. O forse è la politica che crea “Alba Dorata”, deliberatamente. Può senza dubbio sembrare una teoria del complotto, ma come nella migliore tradizione dei blog, o è un complotto oppure “glielo ha detto il diavolo”: altrimenti non si spiega l’idiozia di politici di livello internazionale sulla scena europea che si abbandonano a dichiarazioni apertamente xenofobe, e vòlte ad infiammare gli animi contro gli immigrati.
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Scisma silenzioso: cristiani sempre più lontani dalla Chiesa
Il dibattito sul sistema di governo della Chiesa ha offuscato il tema grande del rapporto della Chiesa con la modernità e, più in particolare il suo cuore: il grande scisma che si sta consumando fra la Chiesa-apparato e i suoi fedeli. La Chiesa vanta 1.087.790.000 fedeli, ma, che credito dare a questo dato? Sulla carta anche io, in quanto battezzato, farei parte di quel miliardo di appartenenti alla Chiesa, ma chi scrive queste righe non è affatto credente, è ateo, razionalista e materialista. Moltissime persone, dopo il battesimo e gli altri sacramenti, sono diventate atee, agnostiche o anche genericamente teiste o cristiane, ma che non si riconoscono nella Chiesa. Questo accade soprattutto in Europa, ma in buona parte anche nelle due Americhe, per cui quel dato ha un valore essenzialmente anagrafico, ma non corrisponde ad una realtà sociale effettiva. Qualche dato può chiarire meglio il discorso.
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Via gli zombie dell’euro, l’Ue è fondata sull’imbroglio
Addio euro: si avvicina la fine di quella che è stata una pericolosa “avventura forzata” per i popoli europei e, al tempo stesso, un gioco d’azzardo per il mondo della finanza. Il premio in palio era la stabilità economica, come valore-guida di un’Europa immaginata libera, giusta e portatrice di civiltà e benessere? Fallimento totale: stiamo cercando di sopravvivere tra le macerie di un’Europa «instabile, schiavizzata, ingiusta e impoverita», osserva Alberto Conti su “Megachip”. Da noi, la crisi del sistema dominante, made in Usa, è stata aggravata dalla perdita rovinosa della sovranità monetaria – unica vera leva per attutire i colpi – e dal grande imbroglio delle politiche salariali tedesche, che «ha rappresentato la complicanza mortale di un sistema già malato». Puntando all’egemonia, non potendo svalutare la moneta, la Germania ha “svalutato” i salari, «provocando così differenziali d’inflazione che hanno rapidamente messo fuori gioco gli avversari più deboli nella gara della competitività produttiva e commerciale».
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Euro-rigore, i predoni della nostra vita truccano le carte
Politici e tecnocrati che parlano a agiscono come boss, recitando una commedia che, nella realtà, si trasforma nella nostra tragedia quotidiana: roba da leggere ai bambini come fiabe della buonanotte, dice Monia Benini, non fosse che il racconto della nostra crocifissione è fatto apposta per generare incubi. Come quelli che affiorano all’indomani della famigerata cena a bordo del panfilo Britannia ormeggiato a Civitavecchia nel giugno del ’92, con a bordo Mario Draghi e la super-lobby degli “invisibili” che avrebbe fatto un sol boccone delle privatizzazioni italiane. Le risorse del risparmio delle famiglie italiane, liberate dai titoli di Stato grazie anche al crescente interesse degli “investitori esteri” verso i titoli del nostro debito, sarebbero confluite nelle casse delle banche, attraverso i “fondi”, e questi li avrebbero a loro volta investiti nelle partecipazioni delle imprese privatizzate. Partita di giro, col trucco: i risparmi alle banche, per regalare loro l’industria statale. «Speculazione, scommesse sul nulla, gioco d’azzardo con imprese, con gli Stati e contro gli Stati».
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Menzogne in prima pagina, da Saddam alla bara di Chávez
Sempre loro, sempre gli stessi. Quelli che raccontarono che la Cia e l’Fbi, poveri dilettanti, non sapevano niente dei “misteriosi” attentatori dell’11 Settembre, impegnati a prendere lezioni di volo e poi a volare davvero, quel maledetto giorno, mentre la difesa aerea degli Stati Uniti era impegnata, per la prima volta nella sua storia, in 7 diverse esercitazioni contemporanee, coi caccia tenuti lontanissimi da Manhattan e i radar schermati da strani videogame. E’ sempre lui, l’eterno mainstream, che prende per buono il film sulla fine di Bin Laden e quello sulle “fosse comuni” di Gheddafi, dopo aver creduto alle terribili “armi di distruzione di massa” di Saddam. Viene il turno di un formidabile avversario come Hugo Chávez? Niente paura: il “dittatore socialista”, quattro volte eletto democraticamente, secondo il Tg3 non ha cambiato la faccia del Venezuela, cioè del paese che ha sconfitto la fame, l’analfabetismo e la mortalità infantile, superando anche il Brasile dei record nella distribuzione del nuovo benessere. Irrilevante, Chávez. Evidentemente, i venezuelani si disperano perché sono cretini, gente di razza inferiore.
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Financial Times: macché fascisti, viva i comici in politica
Altro che fascismo, altro che dittatori. L’Europa di oggi, che sempre più spesso piange e sempre più raramente ride, vuole i comici al potere. Nello stravolgimento che la crisi ha portato nel Vecchio continente, la gente tende a credere di più a chi scherza per lavoro che a quelli che invece per mestiere dovrebbero dire sempre la verità. Segno evidente di quello che sia diventata la politica e di come, conseguentemente, venga percepita dai cittadini. Non c’è dubbio che le analogie fra il periodo storico che stiamo vivendo e i pericolosi anni ‘30 siano parecchie. C’è una crisi economica devastante in atto, la disoccupazione è alle stelle e l’austerità picchia duro. Stanno nascendo nuovi movimenti politici come reazione, spesso più disperata che rabbiosa, da parte della gente che si ritrova inghiottita da un disastro che sembra piovuto chissà come, chissà da dove. Ma da qui a paragonare Beppe Grillo e il suo “Movimento 5 Stelle” al fascismo, ce ne passa.
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Fermato l’euro-golpe, Italia al bivio: democrazia o guerra
L’Unione Europea nacque come progetto di pace e di solidarietà sociale raccogliendo l’eredità della cultura socialista e internazionalista che si oppose al fascismo. Negli anni ’90 le grandi centrali del capitalismo finanziario hanno deciso di distruggere il modello europeo, e dalla firma del Trattato di Maastricht in poi hanno scatenato un’aggressione neoliberista. Negli ultimi tre anni l’anti-Europa della Bce e della Deutsche Bank ha preso l’occasione della crisi finanziaria americana del 2008 per trasformare la diversità culturale interna al continente europeo (le culture protestanti gotiche e comunitarie, le culture cattoliche barocche e individualiste, le culture ortodosse spiritualiste e iconoclaste) in un fattore di disgregazione politica dell’unione europea, e soprattutto per piegare la resistenza del lavoro alla definitiva sottomissione al globalismo capitalista.
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Il Guardian: grazie Italia, svolta democratica per l’Europa
«Oh giorno felice. Il risultato elettorale italiano è un trionfo per la democrazia. “Nessun Papa, nessun governo, nessun capo della polizia”, recitava un Tweet a diffusione virale che salutava l’arrivo a Roma della “politica punk”. Il risultato è un antidoto, non solo per la corrotta politica italiana, ma anche per il dogma di austerità che ora prende l’economia dell’Europa per la gola. L’unico modo di allentare la sua presa è attraverso il voto. Congratulazioni, Italia». Così il “Guardian”, attraverso Simon Jenkins, saluta il clamoroso risultato italiano. «Il trionfatore elettorale più spettacolare è Beppe Grillo, un comico satirico scatenato ma con un messaggio chiaro: l’austerità, l’euro e la corruzione tutti insieme sono la causa dei mali continui che tormentano l’Italia. Possiamo discutere i problemi, ma perché preoccuparsi quando nessuno ascolta? Basti dire alle autorità in carica, come fa Grillo, di andare affanculo. Quando i politici hanno bandito Grillo dalle Tv, questi si è messo a usare il blog e la piazza. Il suo colpo da ko è stato il voto».
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Il voto italiano accelera la fine dell’euro, ma il Pd dorme
Sta’ a vedere che agli italiani riuscirà il miracolo: uscire dall’euro, per ora messo «in coma farmacologico» dal “dottor” Draghi, vista l’impossibilità di una vera guarigione. «Lasciarlo dormire o farlo morire? Draghi insisteva per la prima soluzione. Ma ad un tratto – scrive l’economista democratico Emiliano Brancaccio all’indomani delle elezioni – il popolo italiano ha improvvisamente optato per la seconda: ormai l’euro è solo uno zombie, un morto che cammina. Volenti o nolenti, prendiamone atto». Gli strateghi della Bce l’hanno capito, e ora «si accingeranno a modificare la “regola di solvibilità” della politica monetaria: il famigerato ombrello europeo contro la speculazione verrà pian piano chiuso, per poi finire in cantina». Le più fosche previsioni di un appello di 300 economisti, pubblicato già nel giugno 2010 contro le politiche di austerity in Europa, si stanno avverando: l’euro non può reggere alla crisi economica.
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La storia siamo noi, nessuno si senta escluso
Quando esplose il reattore di Chernobyl, nel remoto 1986, il Muro di Berlino era ancora in piedi, ma a Mosca si era appena insediato l’uomo che lo avrebbe abbattuto, Mikhail Gorbaciov. Nell’Italia pre-tangentopoli, ancora ignara dei terremoti che proprio il crollo dell’Urss avrebbe causato, licenziando l’ormai inutile casta politica anti-sovietica della Prima Repubblica, si muoveva un’esigua minoranza di kamikaze, immediatamente criminalizzati dal mainstream come eretici guastatori, qualunquisti, avanguardie dell’antipolitica. I loro nomi: Alex Langer, Gianni Mattioli, Massimo Scalia. In altre parole, i Verdi: quelli che – complice il disastro bielorusso – riuscirono a trascinare l’Italia al voto, spingendo il paese a mettere al bando il nucleare.