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Giovagnoli ai cristiani: sveglia, è il Vaticano a schiacciarci
Eternamente grazie, professor Luc Montagnier: eternamente grazie. Non è una brutta notizia, quella che è arrivata. Sapete, funziona così: dobbiamo educarci al trascorrere delle cose, alla fine della bellezza fisica, al tramonto del sole, alla vecchiaia, così come ci meravigliamo della nascita, del sorgere, della giovinezza, e poi della barba che si imbianca. Si chiama vita: è così. La vita si può soltanto accettare. Si può soltanto consegnarsi, alla vita: perché, se ci si consegna alla vita, allora ci si consegna anche all’immortalità. Montagnier ha lasciato un solco indelebile, dentro ognuno di noi. E si è andato ad annidare dentro ognuno di noi. Da bravissimo virologo, è diventato un virus d’amore. E questo rende decisamente immortale la sua essenza, il suo passaggio qui su questa Terra. Tutti siamo destinati a morire, ma in pochi riescono a morire – e a farsi luce – come si è fatto luce il professor Luc Montagnier: dedicando la sua vita alla verità, che è il precursore di ogni giustizia.Continuiamo la sua opera; “siamo” la sua opera. Siamo tutti parte di questa grande opera, noi che abbiamo deciso di sacrificare la nostra vita a un ideale più alto, a un valore più alto. Non siamo venuti qui per sopravvivere: “Fatti non foste a viver come bruti”. Virtù e conoscenza, dunque. Tempo fa, parlando con una carissima amica, parlavo dello sguardo di quest’uomo. E avevamo notato che, dentro questo sguardo, risiedeva già la fermezza di chi ci parla ormai da un altro luogo: di chi non è già più qui. Arriva qui, ma non è più qui: perché ha già superato l’esistenza terrena. E’ lo stesso sguardo che avevamo colto in Giulietto Chiesa; lo stesso sguardo che vedevi nella bellezza, nell’umiltà del dottor De Donno. Questo sguardo lo descrive bene Gabriele La Porta in un libro bellissimo, dedicato a Giordano Bruno, raccontando i momenti che precedono il patibolo, prima che venisse consegnato alle atrocità viste da tutti. Gabriele La Porta si sofferma invece sulle atrocità che soltanto lui aveva visto. E dice: nei suoi occhi si vedeva già quell’assenza, tipica della santità. Gli occhi di Giordano Bruno brillavano già di una luce che arrivava da un altro mondo.Anche durante l’ordinarietà di questa vita, è possibile prendere in prestito delle schegge di quella luce. Succede ogni volta che ci mettiamo al servizio di questa verità suprema, e quindi decidiamo che la nostra vita sia qualcosa di molto più alto. Così ci stacchiamo da tutte quelle perplessità, quelle paure che la vita ordinaria propone: la precarietà, la paura di non avere successo, la paura di morire di fame, la paura di essere visti come “sbagliati”. Ecco, tutto questo è bassamente umano. E quindi viene totalmente sciolto, spazzato via – da questi atteggiamenti – con una speciale freschezza, un profumo, una giovinezza d’animo. L’invito che rivolgo innanzitutto a me stesso, tutti i giorni, è sempre questo: diventa la cosa più bella che tu possa diventare, lo strumento d’amore più potente; immolati dentro questo grande flusso: solo così potrai avere (e toccare con mano) un senso superiore, di questa vita. Altrimenti avrai semplicemente abitato una macchina, e da quella macchina avrai preso ordini.Io non prendo ordini da nessuno, neanche dalla mia macchina. Io sono al servizio di una forza che è più grande di me. E quando la sento, sento di essere in tutte le cose: è questo stato, questo “sentirsi in Dio”. Quando mi domandano, “tu credi in Dio?”, rispondo: io non credo in niente; io sento che posso entrare in uno stato. La divinità è uno stato, dove tu senti di essere dentro qualunque cosa. E senti di non essere più te stesso; perché, quando sei te stesso, parlano le tue eredità; parla la tua macchina, parlano la tua vecchiaia, la tua paura; parla il tuo ego. “Sentirsi Dio” significa trasmutare, letteralmente, quella che è la tua espressione esistenziale, e diventare qualcos’altro. Quando ti senti “in Dio”, allora ricevi le facoltà per poter compiere grandi opere: per poterti staccare, e per poter raggiungere gli altri, per dare un contributo, per “far atterrare” su questa Terra questa parola, che altrimenti non vale niente, se rimane soltanto dentro le preghiere e dentro le confessioni. Non vale niente, se rimane dentro le istituzioni: la parola Dio, se non diventa opera, non vale niente. Questi “Dio” che sono rimasti nelle parole hanno generato mostri, e lo vediamo anche oggi.Ormai sono di fronte a un ulteriore scarto, in quello che è il mio cammino. Lo sapete, io sono un alchimista. E noi alchimisti siamo stati sempre bruciati, sempre: ma non da chi animava e faceva “atterrare” il messaggio cristico, non da chi diventava espressione diretta di un Dio che, altrimenti, è solo il vuoto contenitore di una parola sterile. Siamo stati bruciati vivi da chi aveva creato un’istituzione, da chi sfruttava quella cosa. Noi li abbiamo avuti sempre contro: sono stati sempre avversi alla verità che portiamo. E’ normale: l’unico modo per spegnere gli effetti di una lampadina che offre luce è coprirla, altrimenti la luce annienta qualunque ombra, qualunque buio. E abbiamo giocato, nei secoli, questo gioco che si chiama vita. Siamo cresciuti. E oggi viviamo un momento straordinario: abbiamo un mese e mezzo di tempo, per meritarci questa libertà. Insieme, in questi mesi, ci siamo fortificati e preservati; abbiamo tenuta viva la fiamma, la speranza di trasformare qualcosa.“Speranza”: questa parola è anch’essa priva di significato, se non diventa opera. La speranza non ha senso, se non diventa volontà: è per questo che scriviamo sempre “né fede né speranza”, nei nostri studi di alchimisti. La speranza diventa una conseguenza naturale, se ci metti la volontà: se tu diventi la volontà, se tu entri nel flusso della volontà. E siamo arrivati a questo punto, a questi giorni cruciali e definitivi, nei quali io darò tutto quello che ho. Perché adesso non è più pensabile fare spettacolo, dedicarsi allo show, pensare ai follower. Guardate Andrea Colombini: più gli bloccano i profili sui social e più lui va avanti, stoico, imperterrito. Perché l’unica cosa che possiamo perdere è quella che molti hanno già perso: il senso di quest’esistenza. O siamo al servizio della luce, o la nostra esistenza non vale niente. O siamo al servizio della verità, o la nostra esistenza – ripeto – non vale assolutamente niente. Rimaniamo incastrati dentro una macchina che ci dice cosa fare e poi, a un certo punto, si spegne. E si rimane lì, si muore così. Si dice: quindi? Tutto qui? Ma dov’era, la bellezza della vita?Dobbiamo dare un senso, alla vita, altrimenti il senso è questa stupidità. In questi mesi, quindi, mi giocherò tutto. Mi sono domandato cosa fare, adesso: come ottimizzare tutta questa forza che abbiamo preservato. Stiamo fermi: siamo arrivati fin qui, ormai non ci smuove più nessuno. Però le cose non stanno cambiando. O meglio: stanno maturando, ma devono essere accompagnate. Cosa manca? Quali sono gli ingredienti che mancano? Me lo domando, non ci dormo la notte: perché devo dare un senso a questa potenza, a questa vita. Devo darle un senso, altrimenti non mi sento compiuto. E allora ho pensato a come è stato possibile costruire questo grande inganno, come ci si è arrivati, quali sono stati i personaggi che hanno giocato la loro dote. Si è mossa la finanza, si è mossa la politica, si sono mossi tutti i tentacoli del male. E si sono mosse anche queste istituzioni religiose. Si sono mosse: e hanno fagocitato quello che era un messaggio. Loro si sono fatti portavoce di quello che, in Italia, è il messaggio cristico: un messaggio fatto di fratellanza, di uguaglianza, di solidarietà, di aiuto, di comprensione, di crescita.Un messaggio che è arrivato con una volontà, ma viene trasformato: viene reso l’esatta antitesi. L’istituzione che se ne fa portavoce è la più ricca, la più occulta possibile. E’ l’istituzione intoccabile alla quale è permesso fare tutto: benedice le bombe atomiche e benediceva i fascisti, quando c’era il fascismo. E si mette a fianco del più grande dittatore. E continua, ancora oggi, a muoversi in questo regime di falsità. Quando un personaggio così benedice – come atto d’amore – tutto quello che si sta facendo, allora il gioco s’incarta. Perché c’è qualcosa che si va a infilare nella matrice sociale, bloccandola. Perché in Italia la gente non riesce a fare quel salto in più? Perché lo fanno in Canada, con dieci gradi sotto zero, e lo fanno in tutto il mondo, mentre in Italia non si riesce a raggiungere quella determinazione? Perché c’è un’infezione. C’è una falsità, che si è infiltrata nel contesto sociale. In questo anno lo abbiamo capito: il messaggio di Cristo è una cosa, la Chiesa cattolica è ben altra cosa.E allora, fino a quando il contesto sociale rimane prigioniero dei dettami imposti da questa realtà, che tradisce appieno il messaggio di fratellanza, di umiltà e di verità, noi non andremo da nessuna parte. Perché l’Italia ha una matrice cristiana potentissima. E se i cristiani italiani continuano a rimanere inerti, e a non trasformare il Verbo in azione, se non diventano essi stessi le mani del loro Dio, non abbiamo la forza per muovere un passo in più, mancherà sempre qualcosa. E loro lo sapevano che, facendo prendere questa posizione all’uomo vestito di bianco, la situazione si sarebbe totalmente “impallata”. Manca una spinta, una collaborazione, un’unità di intenti. E’ stato annichilito il più grande dei messaggi: che non ha più bandiere, se si parla di solidarietà, perché altrimenti non ha senso più niente. Se non troviamo un intento comune, nel nome di questa verità – un intento che porti a termine questa persecuzione – allora è finita l’umanità.Siamo tutti chiamati a dare un senso, una forza, alle parole di cui ci riempiamo la bocca. Premetto: io ho sempre tenuto le distanze, da quella realtà. Ma nelle piazze incontro sempre più gente che mi dice: «Guarda, io sono un cristiano; e questa Chiesa non mi piace, e nemmeno questo Papa: non mi risuona». Bene. Quanti sono, questi cristiani? Quanti siete? Siete tantissimi, sapete. Venite nelle piazze e vi confidate di nascosto, quando finisco un intervento. A volte mi consegnate un pensierino, un santino. E io li ricevo, da apostata, perché mi sono anche “sbattezzato”: non si può far convivere un’espressione di verità e di amore con chi invece usa il verbo della verità e dell’amore per poi mettere in campo una volontà che è tutt’altro che verità e amore. E allora il mio gesto, adesso, è quello di chiamare a una grande alleanza trasversale, che non deve più guardare in faccia a niente. Faccio un passo avanti io, per primo, che sono l’eretico per eccellenza e ho scritto anche un libro (“La messa è finita”, ndr) che mi ha procurato un dossier sulle spalle e l’impossibilità di lavorare con certe realtà.Faccio un passo io perché non me ne faccio niente, di Michele: devo essere oltre Michele, più avanti di Michele; perché Michele è un essere finito; e invece, l’espressione che Michele può abitare è eterna: e io sono dentro quell’espressione, come lo è ognuno di voi. Siamo chiamati a creare un’alleanza trasversale, in questi ultimi giorni che abbiamo a disposizione: perché poi non ne avremo più. E allora avrà senso che ognuno faccia i conti con se stesso. In questi giorni, insisto, siamo chiamati a creare questa grande alleanza. Ci sono dei movimenti; ci sono degli albori, lo vedo. Non ci “state dentro” nemmeno voi, dall’altra parte; avete bisogno, non vi sentite più rappresentati; volete vivere una realtà spirituale sana, come la vuole vivere chiunque. Non si può più stare dietro al dettame impartito dal “grande capo”. Se sentite che quelle parole hanno sempre animato la vostra fede, che vi hanno fatto riconoscere in un certo modo, se cioè siete dei cristiani, se sentite che quel messaggio è universale, allora è arrivato il momento di trasformare quel messaggio in una volontà: senza più guardare a quello che si può perdere, a come si verrà giudicati, e soprattutto a chi camminerà al tuo fianco.Lo dico pubblicamente: io camminerò a fianco di qualunque cristiano che voglia trasformare la propria energia in una volontà, in un’azione concreta. Il periodo è troppo serio, abbiamo un incendio in casa: non possiamo più metterci a discutere sul colore del tavolo. Poi magari torneremo a dividerci, ma oggi viviamo un momento di una serietà totale: non c’è mai stato un periodo più serio di questo. Ci serve un’unità di intenti, una volontà comune. Penso a don Emanuele Personeni: lo ringrazio, dal profondo del cuore. Un sacerdote coraggioso, di quelli che trasformano le parole in fatti. Don Emanuele ha iniziato un cammino, un pellegrinaggio in nome della verità; ha dichiarato apertamente che il suo intento è quello di far togliere qualunque obbligo di “pozione magica”, qualunque schedatura, e vuole andare di parrocchia in parrocchia. Se non ho capito male, dall’alto hanno intimato alle parrocchie di non riceverlo. Mi auguro che non sia vero: sarebbe la conferma del fatto che sta facendo qualcosa di davvero importante. Confido in tutte le persone che lo affiancheranno, in questo cammino: qualcosa che porti le idee nelle piazze e le renda visibili. Bisogna dichiararsi, e questa persona sta compiendo un gesto veramente degno.E’ un’anticipazione di un’era nuova, dove si esce da questa sterilità delle parole e si diventa realmente fatto, opera. A voi cristiani dico: date forza alle parole del vostro Dio, altrimenti rimangono aria fritta e il vostro Dio rimane impotente. Perché il vostro Dio si manifesta tramite voi, tramite la vostra espressione, tramite quello che fate. E’ inutile predicare e recitare in un angolo della vostra stanza, avendo paura di dire come la pensate. Quel Dio lì scappa; non viene più, a trovarvi. E allora, diventate l’espressione di quel Dio. Io ho il mio concetto di divinità, e sono stato sempre al suo servizio. Quando la natura mi insegna a essere sincero, onesto e palese, io cerco di esserlo il più possibile. E quando mi insegna che un’era è finita e che bisogna anticipare una stagione nuova, non tengo chiuse le mie gemme. Ecco, date senso – trasformandole in opera – alla vostre parole. Io mi unirò a don Emanuele Personeni nel suo percorso, intreccerò il suo cammino e farò un po’ di strada con lui. E sono disposto a fare spazio e dare energia: siamo una comunità di 150.000 persone; in parallelo c’è la realtà di “Essere Solare”, quasi 25.000 persone; e c’è un gruppo Telegram di altre 50.000 persone (il canale YouTube me invece l’hanno censurato, quindi non lo posso più usare).La mia forza, in ogni caso, è al servizio di tutte che le persone che, adesso, vogliono trasformare le belle parole in fatti. Ho quest’immagine di questa espressione cristiana, dove ci siano dei preti che si ricordano di cosa son venuti a fare, nel mettersi dentro quell’abito. Possono avere mille limiti, perché ognuno fa la sua scelta. Però, se mi parli d’amore, fallo “atterrare”, questo amore. E’ un invito rivolto a tanti sacerdoti: e ne ho incontrati. Alcuni mi hanno chiesto anche scusa. Una volta, a Riva del Garda, uno mi ha detto: «Guarda, tu hai chiesto scusa alle donne, a nome di tutti gli uomini, per quello che è successo nella storia; hai chiesto scusa in nome del dolore che hanno provato. E io, in qualità di sacerdote e a nome dell’istituzione che rappresento, ti chiedo scusa per il dolore che abbiamo fatto provare alle anime come te, nei secoli». Mi sono commosso. Abbiamo spremuto qualche lacrima, insieme, stretti in un abbraccio. E se mi ascolta, quel sacerdote lo ringrazio anche adesso. E che sia l’inizio, questo.Ho avuto questa visione, dicevo, dei sacerdoti che cominciano a scendere in piazza, a girare per le strade, e raccolgono tutte le persone di buona volontà. Mi auguro che si crei, finalmente, un’alleanza trasversale che dia espressione anche a chi è ai livelli più alti. Mi sono immaginato pure altri personaggi, che hanno manifestato la loro fede in questi valori e quindi cercano di dare un senso a quelle parole (altrimenti, non ha senso niente). Ho seguito alcune persone, sto seguendo Meluzzi, sto seguendo monsignor Viganò. Siamo chiamati a fare questo passo avanti: dobbiamo giocare tutte le carte, anche se questo richiede di fare un passo indietro e di sospendere certi attriti. Siamo chiamati a farle, queste mosse: non possiamo permetterci di arrivare alla fine di questo periodo, tra un mese e mezzo, senza aver tentato di stringere tutte le alleanze possibili. Invito tutti: date un senso alle parole d’amore che finora avete ospitato. O gli date un senso, o smettere di parlare a nome di chi ha portato certi messaggi: perché se quello che ha portato certi messaggi si affacciasse adesso, sicuramente non sarebbe contentissimo di quello che stanno facendo le istituzioni; ma chiederebbe a voi cristiani, uno ad uno: perché continuate a nascondervi?Mi auguro che il mio gesto sia compreso e sia supportato. Lo ripeto: io sono un eretico apostata, mi sono “sbattezzato” e ho scritto anche un testo, ben nutrito, contro le istituzioni cattoliche. E sono qui, in prima persona, a mettere la mia energia al servizio di tutti i cristiani di buona volontà. Confido nella luce che vi illumina (da dentro, non da fuori). Nel frattempo, lo so, gli altri non si fermano. Hanno cambiato la Costituzione? Certo: continueranno a fare tutto quello che è possibile, per portare a termine il loro disegno. Voglio ricordare che, come è stata cambiata, la Costituzione si può ri-cambiare. La nostra Costituzione parlava di diritti, di discriminazioni, di come non arrivare a certe situazioni; e invece è stata ampiamente superata. La Costituzione è come una bella preghiera, un bellissimo enunciato, un epitaffio straordinario, un testamento insuperabile. Ma se non viene trasformato in volontà, non vale niente: è carta straccia. Quindi, sì: possono cambiare anche la Costituzione. Ma non allarmatevi troppo: lasciate che facciano quello che vogliono; cominciate voi a decidere che cosa volete fare: perché abbiamo un mese e mezzo di tempo. Siamo arrivati liberi, su questa Terra: liberi torneremo a casa.(Michele Giovagnoli, dal video trasmesso su Facebook il 10 febbraio 2022).Eternamente grazie, professor Luc Montagnier: eternamente grazie. Non è una brutta notizia, quella che è arrivata. Sapete, funziona così: dobbiamo educarci al trascorrere delle cose, alla fine della bellezza fisica, al tramonto del sole, alla vecchiaia, così come ci meravigliamo della nascita, del sorgere, della giovinezza, e poi della barba che si imbianca. Si chiama vita: è così. La vita si può soltanto accettare. Si può soltanto consegnarsi, alla vita: perché, se ci si consegna alla vita, allora ci si consegna anche all’immortalità. Montagnier ha lasciato un solco indelebile, dentro ognuno di noi. E si è andato ad annidare dentro ognuno di noi. Da bravissimo virologo, è diventato un virus d’amore. E questo rende decisamente immortale la sua essenza, il suo passaggio qui su questa Terra. Tutti siamo destinati a morire, ma in pochi riescono a morire – e a farsi luce – come si è fatto luce il professor Luc Montagnier: dedicando la sua vita alla verità, che è il precursore di ogni giustizia.
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Verità e giustizia: è sempre giovane il sole della resistenza
Li allinearono all’alba, in montagna. Il comandante, Giulio Nicoletta (calabrese di Crotone, socialista, tenente dei carristi) spiegò loro che i nazisti avevano appena fucilato 51 ostaggi civili, giù a Cumiana. I prigionieri – Ss italiane e sottufficiali tedeschi – pensarono: ecco, ora ci fucilano per rappresaglia. E invece no: non vi fuciliamo, precisò il comandante, perché i vostri hanno in mano ancora cento ostaggi rastrellati per la strada. E non vi fuciliamo, soprattutto, perché non siamo bestie, noi. Lo scambio infine avvenne, e che scambio: militari contro civili inermi. Un anno dopo, a Torino – il 26 aprile, tra gli ultimi spari – il comandante si sentì chiamare. Erano loro, i prigionieri dell’anno prima. Ma ormai, vestiti anch’essi da partigiani. Abbiamo disertato, gli spiegarono, poco dopo esser stati rilasciati. Non erano bestie, nemmeno loro. E avevano imparato. Avevano anche visto che i partigiani rilucevano di una speciale bellezza giovane: ridevano. Quando potevano, nonostante tutto, suonavano e cantavano. Ballavano. Nel sangue avevano il futuro, non il lutto.Tachipirina e vigile attesa: per il Tar del Lazio, è stato folle impedire ai medici di curare i pazienti. Due anni dopo, gli inservienti del grande potere oscuro insistono: ai loro tirapiedi dei media fanno tuttora contare i contagi e possibilmente i ricoveri, senza mai ricordare che i protocolli per le efficacissime cure domiciliari non sono ancora stati varati. Se Conte poteva accampare qualche attenuante, raccontando la storiella della catastrofe inaspettata (e certo amplificata in ogni modo, anche dalla richiesta di evitare le autopsie), per Draghi non esistono alibi possibili. Alcuni legali, spiega Andrea Colombini, stanno predisponendo le denunce: concorso in strage colposa. Questo è il punto davvero dirimente, oggi oscurato dalla barzelletta dei non-vaccini (che non immunizzano nessuno). Non-vaccini che, per essere imposti, avevano bisogno esattamente di quello: di tanta inutile Tachipirina, di tanta pericolosa attesa. Lo hanno fatto, lo hanno rifatto, e continuano tuttora a farlo. Tanto, la colpa – per i telegiornali, per i ministri – è dei cosiddetti No-Vax, i renitenti al Super Green Pass.A proposito: secondo Confesercenti, nella sola Torino, la demolizione controllata dell’economia italiana (disposta dai signori che manovrano il governo Draghi) costa qualcosa con un milione e mezzo di euro al giorno. E il bello deve ancora arrivare, con l’ultima stretta in scadenza. Quanti sono, i cittadini muniti di terza dose? Non più del 35%, secondo lo stesso Colombini (una delle voci della resistenza civile). Per Michele Giovagnoli, altro esponente dell’Italia libera, sono 6,7 milioni le persone finora sottrattesi all’inoculo. Vanno sommate a chi ha subito la prima e la seconda dose, ma ora esitano di fronte alla terza: e infatti disertano bar e ristoranti (e domani, anche i negozi). Non sono tutti cretini: le ascoltano, le parole pronciate a Milano dal grande Luc Montagnier. Giovagnoli, che predica incessantemente la nonviolenza, paventa comunque il rischio di disordini entro febbraio. Spiega: la menzogna governativa è ormai talmente scoperta, e talmente persecutoria, da non poter produrre altro che rabbia e disperazione. Persino in un paese come il nostro, sempre riluttante di fronte alla possibilità di vere rivolte.Ben diverso, dice Michele, il caso della Francia: la sua rivoluzione cambiò il mondo. L’Italia sembra più immatura, più adolescente, anche se ha prodotto l’Impero Romano e quello vaticano, il Rinascimento, il fascismo e tante altre cose. Non è un caso – insiste Giovagnoli – che oggi il male infierisca sui due paesi europei storicamente dotati di maggior potenziale creativo, proprio mentre la Gran Bretagna festeggia la ritrovata libertà (zero restrizioni, nessuna emergenza sanitaria) e la stessa Spagna annunci di voler chiedere all’Ue di declassare il Covid, nella variante Omicron, al rango di semplice influenza, senza più alcun bisogno di politiche speciali. Da noi no, la musica è ben diversa: in attesa che la verità finisca di emergere anche ufficialmente, magari per via giudiziaria, questo potere colpevole e bugiardo (che la verità la conosce benissimo) va avanti per la sua strada, verso il baratro, sapendo di fare il male deliberatamente. Fino a quando? Già a luglio, si sbilancia Giovagnoli, assisteremo alle prime, grandi sorprese. In altre parole: la farsa ha ormai i mesi contati.Certo, agli italiani tocca soffrire ancora. Chi è riuscito a resistere al ricatto, oggi vede benissimo l’infinita debolezza (civile, politica) di chi invece all’estorsione ha ceduto: vede cioè che il ricatto aveva l’effetto magico di oscurare le cure, la drammatica necessità delle terapie. Cedere, in fondo, significava dire: vi diamo partita vinta, cose se davvero foste detentori di una parte di verità. Ma senza verità – ripeteva Giuletto Chiesa – non c’è alcuna possibilità di ottenere libertà e quindi giustizia. Proprio verso il raggruppamento di Ferruccio Parri (Giustizia e Libertà) inclinava la 43esima divisione autonoma della Val Sangone, sui monti fra Torino e Pinerolo. Era una specie di Cln in armi: la brigata garibaldina del padre di Piero Fassino convineva con quella (monarchica) del marchese Felice Cordero di Pamparato, nome di battaglia Campana, cui poi il capoluogo piemontese intitolò la storica sede universitaria delle facoltà umanistiche.Ebbi la fortuna di conoscere personalmente Giulio Nicoletta. Un uomo di pace, costretto dalla storia a fare il guerriero: scelto come comandante di divisione proprio per la sua capacità di conciliare anime tanto diverse. In casa, aveva conservato come una reliquia la pistola Luger avuta in dono dal generale delle Ss Peter Hansen, con il quale nel 1944 aveva trattato il rilascio degli ostaggi superstiti di Cumiana. Per sviare testimoni e interpreti, i due si erano parlati in latino. Ora l’ho capito, gli disse il generale, nella lingua di Cicerone: se fossi italiano – scandì – sarei anch’io partigiano. Prima regola: tirar fuori il coraggio. Mezzo secolo dopo, alla valle di quei combattenti, il Quirinale conferì una medaglia al valor militare. A una condizione: che nella cerimonia non pronuciassero mai la parola “fascismo”. Lo aveva imposto Oscar Luigi Scalfaro, spaventato dalla Lega di Pontida: la storia andava riscritta, per non rianimare il fantasma della guerra fratricida fra italiani. Me lo confidò lo stesso Nicoletta, con un groppo in gola, poco prima di prendere la parola, al sacrario dei loro caduti. Poi, quando toccò a lui, guardò in faccia il presidente Scalfaro. E vuotò il sacco: non era stata solo colpa dei tedeschi. Né si diventa partigiani per caso. Bisogna lottare, per la libertà. E qualcuno deve pur farlo.(Giorgio Cattaneo, 17 gennaio 2022).Li allinearono all’alba, in montagna. Il comandante, Giulio Nicoletta (calabrese di Crotone, socialista, tenente dei carristi) spiegò loro che i nazisti avevano appena fucilato 51 ostaggi civili, giù a Cumiana. I prigionieri – Ss italiane e sottufficiali tedeschi – pensarono: ecco, ora ci fucilano per rappresaglia. E invece no: non vi fuciliamo, precisò il comandante, perché i vostri hanno in mano ancora cento ostaggi rastrellati per la strada. E non vi fuciliamo, soprattutto, perché non siamo bestie, noi. Lo scambio infine avvenne, e che scambio: militari contro civili inermi. Un anno dopo, a Torino – il 26 aprile, tra gli ultimi spari – il comandante si sentì chiamare. Erano loro, i prigionieri dell’anno prima. Ma ormai, vestiti anch’essi da partigiani. Abbiamo disertato, gli raccontarono, poco dopo esser stati rilasciati. Non erano bestie, nemmeno loro. E avevano imparato. Avevano anche visto che i partigiani rilucevano di una speciale bellezza giovane: ridevano. Quando potevano, nonostante tutto, suonavano e cantavano. Ballavano. Nel sangue avevano il futuro, non il lutto.
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Carotenuto: il piano del male ha limiti precisi, non vincerà
La fiaccola della cultura viene trasferita, nel mondo, da una civiltà all’altra. Non voglio arrivare ad Atlantide, che ormai non c’è più, ma insomma: da Atlantide passò ai vedici, poi agli assiro-caldei, poi agli iraniani, poi agli egiziani e infine ai greci e ai romani. Dal tempo dei romani, siamo ancora in un’epoca in cui è l’Occidente, a guidare: l’impero inglese e quello francese, prima ancora l’impero spagnolo, e prima ancora il Sacro Romano Impero. Da qualche secolo, siamo nel momento di guida del mondo agloamericano, ma ora stiamo per andare al momento di guida (nel male) del mondo cinese. Tant’è vero che i grandi gruppi, mondialisti, stanno facendo crescere spropositatamente questa Cina per farne lo strumento del nuovo impero. E’ come se i poteri anti-coscienza avessero il compito di crearci l’ostacolo: devono sempre creare il male, perché da quel male, poi, viene un bene (sempre che la gente reagisca). Ma i limiti di questo ostacolo sono già prefissati: non c’è mai stata una guerra che sia durata per sempre, o un’epidemia senza fine.Questo lo impariamo dalla visione spirituale delle cose: che era quella di Dante, di Platone, di Aristotele, di Pitagora, di Socrate, di Omero. E’ lo stesso gruppo, che adotta la medesima interpretazione: sa che ci sono delle guide spirituali del mondo, che stuzzicano gli esseri umani e li fanno imparare sbagliando. Ogni volta che l’umanità affronta certi problemi, diventa più matura. E questo è sempre avvenuto: in tempi recenti, il nostro momento di crescita più bello è stato dopo la Seconda Guerra Mondiale. Perché ci siamo svegliati di più, molto più di prima, avendo vissuto il fascismo e il nazismo, le bombe atomiche, i Gulag, i campi di sterminio. Il sonno è l’immaturità delle coscienze. Ci si può svegliare anche per presa di coscienza; sta cominciando a funzionare, ma nella maggior parte dei casi la presa di coscienza la raggiungiamo solo quando qualcuno ci malmena. E’ il dolore, a spingerci a farci la domanda: perché. Mai come adesso, questa domanda ha delle risposte chiare, almeno per una parte importante dell’umanità.E’ la prima volta, che tanta gente vede il potere per quello che è. E vivaddio: questo è l’unico risultato di quello che sta accadendo. Ci stanno facendo del male? Certo: è un potere spirituale oscuro, che guida questa battaglia contro la crescita dello spirito umano. Quelli che stanno al governo non se ne rendono neppure conto: non sanno a quanti livelli sopra di loro viene deciso quello che fanno. Loro lo fanno a basta, per carriera e denaro. Ma gli stessi poteri spirituali che li guidano non sanno se poi ci arrivano davvero, alla meta. Era da ingenui, sperare che il governo ascoltasse le richieste di uno come Stefano Puzzer. Ma intanto, Stefano ha ottenuto un grande risultato: ha mostrato che moltissima gente si è finalmente svegliata. In tantissimi hanno visto come si è comportato lo Stato, come si sono comportati i media: è stato un grande disvelamento. La cosa veramente nuova è che la gente si è contata e ha detto: io non credo più, a questo sistema. Così è stato conquistato un gradino immortale della coscienza umana.Certo, noi non possiamo battere il governo: non abbiamo i carri armati, non abbiamo i servizi segreti, non abbiamo i giudici. Però possiamo dire la verità. E possiamo fare qualcosa di efficace. Per esempio: le scuole parentali, i gruppi d’acquisto, il trasporto privato dei ragazzi per bypassare i mezzi pubblici. La nostra coscienza cresce facendo concretamente cose buone, non limitandosi a declamarle. Ecco la vera libertà: fare tutto il bene che voglio. E più mi ostacoli, meglio lo faccio. Il primo passo è sempre la verità. Se voglio il bene di mio figlio, devo sapere esattamente come vive. E viceversa, come faccio a imbambolare milioni di persone? Semplice: racconto falsità. Per esempio: racconto di una malattia mortale, per la quale non esistono cure. E quando tu terrorizzi la gente con questa menzogna, la libertà gliel’hai già tolta. Vale anche per il fronte opposto: a volte è il potere stesso a emettere forme-pensiero studiate appositamente per farsi odiare, perché l’odio mina la lucidità mentale.I giornalisti? Lasciamo perdere. Da ragazzo, io ho fatto l’assistente di Mino Pecorelli: uno che è stato ammazzato, per le cose che raccontava. Oggi i giornalisti sono solo i portavoce del potere. Monica Maggioni? Prima di essere direttrice del Tg1 (e prima ancora, presidente della Rai) è stata presidente della Trilaterale Italia. Mentana? Si è circondato di cosiddetti “fact checker”: tutti figli del potere mondialista. Non sono più giornalisti: sono mercenari, che devono tutto al potere. E infatti la gente non li ascolta più: finalmente s’è capito chi sono, ecco la novità. Certo, le sofferenze inflitte a molti di noi sono tangibili, purtroppo. Non puoi più andare a mangiarti una pizza? Non puoi più prendere il treno? Non puoi più fare l’insegnante o il medico? Questo, comunque, sta risvegliando le persone. E io so che il Cielo non abbandona nessuno: vediamo quel che succederà, nei prossimi anni.Se Draghi teme gli 8 milioni di dissidenti segregati? Ufficialmente non li teme per niente. I suoi padroni oscuri invece sì, li temono: sanno benissimo che, più fanno così, più risvegliano la gente. Intendiamoci: i personaggi come Draghi sono mezze figure. Io li ho frequentati, quegli ambienti, quando lavoravo come analista geopolitico per i governi. Gli ordini arrivano dall’alto, sempre. Alcuni miei allievi, in passato, sono diventati ministri. E dopo un po’ me lo confessavano: la stanza dei bottoni non è a Palazzo Chigi. Se l’ordine che arriva è generale, obbediscono tutti. Se invece i partiti litigano, vuol dire che l’ordine è di fingere di litigare, per far credere che la democrazia esista davvero. E invece è un teatrino. Prendiamo oggi: a capo del governo hanno chiamo uno che, qualche anno fa, tre quarti del Parlamento avrebbe buttato a mare. Ora tutti si inchinano davanti a lui. La sinistra si inchina di fronte a Goldman Sachs. Questo significa che l’ordine parte da molto più in alto. E lo accettano: sanno che, a certi ordini, si deve obbedire. Poi il dibattito riprenderà, perché è lo stesso potere a volerlo: la gente se ne accorgerebbe, che qualcosa non va, se il dibattito mancasse per troppo tempo.Però attenzione: questo 10-15% della popolazione sveglia è il lievito dell’umanità, l’umanità futura (gli altri dormono, e neppure il potere non si potrà più basare a lungo solo sui dormienti). Io ho smesso di votare, dai tempi di Pecorelli. Lo Stato? Dovremmo essere noi. Invece, la “res publica” ha incollata addosso una sanguisuga, un parassita oscuro. E un po’ alla volta, adesso, un numero consistente di persone se lo domanda: ma questi chi sono? Sono degli alieni? Certo, non li voterò mai. Peccato vi sia molto pessimismo, in una parte del popolo in risveglio, solo perché le manifestazioni non hanno dato i frutti sperati. E invece: la parte che ha iniziato ad agire concretamente, intraprendendo iniziative pratiche, è felicemente gioiosa. Perché è concentrata su quello che fa, non su quello che fanno gli altri. Ripeto: la regia è più alta, rispetto al potere. Ci faranno solo quello che gli sarà consentito farci, sempre per risvegliarci. Accadrà solo quello che la regia superiore riterrà necessario, per il nostro bene. A noi tocca fare solo una cosa: mettere in pratica il bene, là dove siamo, senza preoccuparci d’altro.(Fausto Carotenuto, dichiarazioni rilasciate nel video “Alla base della libertà”, pubblicato da “Coscienze in Rete” il 22 dicembre 2021).La fiaccola della cultura viene trasferita, nel mondo, da una civiltà all’altra. Non voglio arrivare ad Atlantide, che ormai non c’è più, ma insomma: da Atlantide passò ai vedici, poi agli assiro-caldei, poi agli iraniani, poi agli egiziani e infine ai greci e ai romani. Dal tempo dei romani, siamo ancora in un’epoca in cui è l’Occidente, a guidare: l’impero inglese e quello francese, prima ancora l’impero spagnolo, e prima ancora il Sacro Romano Impero. Da qualche secolo, siamo nel momento di guida del mondo angloamericano, ma ora stiamo per andare al momento di guida (nel male) del mondo cinese. Tant’è vero che i grandi gruppi, mondialisti, stanno facendo crescere spropositatamente questa Cina per farne lo strumento del nuovo impero. E’ come se i poteri anti-coscienza avessero il compito di crearci l’ostacolo: devono sempre creare il male, perché da quel male, poi, viene un bene (sempre che la gente reagisca). Ma i limiti di questo ostacolo sono già prefissati: non c’è mai stata una guerra che sia durata per sempre, o un’epidemia senza fine.
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Fabian Society e pandemia: come arrivare alla dittatura
Primo nemico, invariabilmente: il popolo (o forse l’essere umano, in quanto tale?). Pericolosamente anarchico, anche gioioso. In una parola: ingovernabile. Come rimediare? Ingannandolo, sostanzialmente. Nella fattispecie, ispirandosi all’arte militare di Quinto Fabio Massimo, il Temporeggiatore: saper attendere il momento propizio, per poi colpire. Come la tartaruga totemica della congrega di cui tratta Davide Rossi, nel suo saggio. Il trucco: saper aspettare, anche cent’anni. E’ il marchio di fabbrica della Fabian Society, elusiva struttura la cui ideologia (e non solo quella) sembra ispirare tanta parte delle infamie oggi inflitte all’umanità, nella cosiddetta Era Pandemica. I fabiani, eredi dei proto-socialisti all’occorrenza anche “eugenetici”, li si riconosce dall’atteggiamento politico sfuggente, per non dire subdolo: proprio come il “lupo travestito da agnello” che è l’icona storica di quell’illustre, ambivalente sodalizio nato da un certo “socialismo liberale” ottocentesco, in salsa laburista.Un’istituzione politico-culturale sorta con l’intento dichiarato di realizzare uno statalismo “zootecnico” dall’aria soft, senza cioè gli spargimenti di sangue del leninismo e dello stalinismo. Nel libro “La Fabian Society e la pandemia” (ovvero, “come si arriva alla dittaura”, edito da Arianna), l’autore va in cerca del possibile filo rosso che sembra collegare l’esoterista Annie Besant al nostro Massimo D’Alema, passando per George Bernard Shaw e lo stesso Orwell, il grande Bertrand Russell, autori come Aldous Huxley e figure recenti come quelle di Tony Blair e Gordon Brown, allievi della “terza via” – tra capitalismo e socialismo – annunciata dal sociologo fabiano Anthony Giddens. La premessa: esiste un’élite, “di sinistra”, fermamente convinta che il popolo, semplicemente, non sia in grado di governarsi da solo, cioè in modo democratico. Ergo: serve la guida illuminata di un potere paternalistico e onniveggente, che ne limiti la libertà.Per questa strada, ovviamente, si può arrivare lontanissimo: fino all’attuale regime di Pechino, non a caso adottato nel 2020 come modello – dall’Italia di Conte (e di Bergoglio) – per fronteggiare la terribile, inattesa pandemia. Davvero imprevedibile? Fate voi, dice Rossi: ve lo ricordate, lo strano “suicidio politico” di Salvini nell’agosto del 2019? Davvero pensate che sarebbe stato possibile imporre lockdown e coprifuoco con al Viminale un tizio come Salvini, demonizzato alla stregua di un brutale fascistoide? Ovvero: e se il leader della Lega fosse “impazzito ad arte”, sulla spiaggia del Papeete, proprio perché – lassù – si aveva sentore della catastrofe in arrivo? Tu chiamala, se vuoi, fantapolitica. «Jung le avrebbe definite “coincidenze significative”», chiosa Rossi, guardando all’Italia di oggi: il fabiano Speranza è ancora insediato al ministero della salute, come se Mario Draghi – impeccabile esecutore dei piani del massimo potere – avesse dovuto concedere uno spazio preciso, alla Fabian Society.L’allievo di D’Alema, scrive Rossi, è notoriamente membro della Fabian: seguace di Blair, da studente Speranza fu anche formato dalla London School of Economics, l’università fabiana. Il loro stile è inconfondibile: nessuno scrupolo nell’esercitare il peggior autoritarismo, dopo aver pazientemente atteso che maturassero le condizioni per il più ferreo controllo sociale. Non è una novità – aggiunge Rossi – neppure il fatto che alla sinistra post-comunista venga affidato il lavoro sporco. Il Green Pass imposto da Draghi, peraltro, non lascia adito a dubbi sulle intenzioni dell’élite che punta a colpire l’Italia per arrivare a sottomettere l’intero Occidente. Dove si finisce, di questo passo? Semplice, risponde Rossi: si arriva esattamente dove voleva fin dall’inizio l’ideologia fabiana, cioè a un regime fondato sulla sorveglianza. Il Green Pass? E’ solo il primo step per la nuova normalità: benessere e libertà di movimento, ma in cambio dell’obbedienza (naturalmente, “per il nostro bene”).Il loro sogno? Un mondo senza più l’intralcio della piccola proprietà privata, quella che rende le persone autonome finanziariamente, come nel caso delle Pmi che restano il nerbo dell’economia italiana. Meglio che tutto appartenga a uno Stato-padrone, disposto ad elargire concessioni solo a chi si mostra sottomesso: concessioni ovviamente revocabili in qualsiasi momento, al primo segno di insubordinazione. A meno che – dice ancora Davide Rossi – non si riescano a inceppare, dal basso, gli ingranaggi di questo meccanismo infernale, con atti di diserzione individuale. I segnali non mancano, osserva l’autore: la maggioranza degli italiani è contraria all’obbligo del Green Pass come requisito indispensabile per poter continuare a lavorare, e il 40% di essi ritiene che il “lasciapassare” non abbia alcun significato, sul piano sanitario, in termini di contenimento del famigerato virus. Tutto è evidente, ormai: il gioco è scoperto. Saranno davvero i nipotini della Fabian Society ad avere l’ultima parola?(Il libro: Davide Rossi, “La Fabian Society e la pandemia. Come si arriva alla dittatura”, Arianna Editrice, euro 14,50).Primo nemico, invariabilmente: il popolo (o forse l’essere umano, in quanto tale?). Pericolosamente anarchico, anche gioioso. In una parola: ingovernabile. Come rimediare? Ingannandolo, sostanzialmente. Nella fattispecie, ispirandosi all’arte militare di Quinto Fabio Massimo, il Temporeggiatore: saper attendere il momento propizio, per poi colpire. Come la tartaruga totemica della congrega di cui tratta Davide Rossi, nel suo saggio. Il trucco: saper aspettare, anche cent’anni. E’ il marchio di fabbrica della Fabian Society, elusiva struttura la cui ideologia (e non solo quella) sembra ispirare tanta parte delle infamie oggi inflitte all’umanità occidentale, nella cosiddetta Era Pandemica. I fabiani, eredi dei proto-socialisti all’occorrenza anche “eugenetici”, li si riconosce dall’atteggiamento politico sfuggente, per non dire subdolo: proprio come il “lupo travestito da agnello” che è l’icona storica di quell’illustre, ambivalente sodalizio nato da un certo “socialismo liberale” ottocentesco, in salsa laburista.
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L’Uomo Nero, il Re Nudo e il Nuovo Mondo che verrà
Indovina a chi serve, l’Uomo Nero. Chi lo fabbrica, dove lo manda a fare danni. E quando, e perché. L’Uomo Nero: a chi regala facili onori, la sua intimidazione sterile? Un fantasma effimero, dalla vocazione servile. Lo si lascia impunemente circolare, per poi incassare i dividendi della sua ovvia sconfitta, programmata dall’inizio. Così scopri per chi lavora, da sempre, quel sinistro teppista obbediente. E vedi fin dove si spande, tutto quel nero, nella prigione scura dei cervelli purtroppo ancora spenti, dopo venti mesi. Dunque rieccolo in pista, l’Uomo Nero, proprio adesso. Che combinazione, anche stavolta. Infatti: a che punto della storia viene puntualmente riesumata, la sua provvidenziale arte antica, progettata per puntellare proprio il potere più nero, quando il palazzo sembra vacillare? Ma poi: possibile che funzioni ancora, dopo tanto tempo, la vecchia maleodorante impostura?Eccome: può addirittura sembrare un’autentica carezza, per i ciechi. Un conforto prezioso, in tempi di spavento e di amarezze tempestose. Tutti gli altri, quelli che ormai se la sono strappata, la benda dal volto, registrano un altro spettacolo, ben diverso: anziché il buffone, al centro della scena vedono il sovrano. Lo scorgono decrepito e frustrato. Ormai è nudo, il Re: così inquieto, oggi, da rimestare nella spazzatura. Pronto persino a resuscitare, un’altra volta, lo stagionato cadavere di quel suo antico attore impresentabile: l’automa che agisce a comando, all’occorrenza, solo per invadere la prima pagina del Gazzettino della Paura, senza il minimo senso del ridicolo. Meno la si legge, la Gazzetta, e più alza i toni: tradisce stizza, manifesta l’impotenza di chi sente che la storia sta cambiando, sta già guardando altrove. Certo, la notte sarà ancora lunga: non lo si fonda da un giorno all’altro, il Nuovo Mondo. Prima, il Vecchio Mondo deve finire di compiere, sino in fondo, la sua missione disastrosa.E’ come se gli arconti lo sapessero perfettamente, di avere le ore contate (le settimane, i mesi, gli anni). Chi scruta il cielo, dice che si sta ormai chiudendo un’era precessionale: l’alba è prevista per il fatidico 2024. Gli avamposti del Nuovo Mondo, intanto, crescono a vista d’occhio. Sono interpretati da pionieri, divisi in due correnti di pensiero: chi spera di cambiarlo dall’interno, il Vecchio Mondo, e chi invece ritiene sia meglio lasciarlo semplicemente estinguere, sottraendosi pacificamente a tutte le sue regole abusive. Gli uni e gli altri lo riconoscono benissimo, l’Uomo Nero: lo sanno smascherare subito. E immaginano che non stia affatto così bene, il vetusto monarca, se davvero è disposto a prestarsi – ancora – alla vecchissima recita imbarazzante che ancora e sempre si imbastisce, attorno alle grottesche imprese dell’Uomo Nero.Indovina a chi serve, l’Uomo Nero. Chi lo fabbrica, dove lo manda a fare danni. E quando, e perché. L’Uomo Nero: a chi regala facili onori, la sua intimidazione sterile? Un fantasma effimero, dalla vocazione servile. Lo si lascia impunemente circolare, per poi incassare i dividendi della sua ovvia sconfitta, programmata dall’inizio. Così scopri per chi lavora, da sempre, quel sinistro teppista obbediente. E vedi fin dove si spande, tutto quel nero, nella prigione scura dei cervelli purtroppo ancora spenti, dopo venti mesi. Dunque rieccolo in pista, l’Uomo Nero, proprio adesso. Che combinazione, anche stavolta. Infatti: a che punto della storia viene puntualmente riesumata, la sua provvidenziale arte antica, progettata per puntellare proprio il potere più nero, quando il palazzo sembra vacillare? Ma poi: possibile che funzioni ancora, dopo tanto tempo, la vecchia maleodorante impostura?
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Bifarini: lockdown climatici, ora siamo davvero in pericolo
Nel Grande Reset siamo arrivati a una fase successiva, rispetto a quella sanitaria. Siamo entrati dentro una nuova narrazione. Quella sanitaria, basata sul terrore costante della malattia, della morte, va avanti ormai da circa 20 mesi, nonostante abbia raggiunto enormi risultati, inaspettati. Pensiamo che è stato istituito un Green Pass, un lasciapassare di Stato, quindi è stata legittimata la discriminazione, l’apartheid di Stato. Sono stati sdoganati concetti che mai avremmo pensato che sarebbero stati accettati dalla popolazione, come appunto questa discriminazione senza precedenti nella nostra storia moderna, se non nei tempui bui del secolo scorso. Pensiamo alla telemedicina, al telelavoro, alla teledidattica; la narrativa pandemica ha raggiunto enormi risultati, e ora è pronta alla seconda fase: ad alimentarsi di nuove paure e di nuove crisi.Nel mentre, la narrazione del terrore sanitario non sparirà completamente; continuerà e si intreccerà con delle nuove emergenze: inedite, finora, anche se in realtà prospettate da lungo periodo. Va avanti, intanto, questa vaccinazione di massa, che ha raggiunto risultati molto importanti. La narrazione dell’emergenza pandemica, ripeto, non sparirà del tutto: si andrà dileguando, affievolendo, per lasciare il posto a queste nuove narrazioni del terrore; però ce la ritroveremo sempre, a mio parere, come sottofondo, o comunque come qualcosa che si potrebbe ripresentare di volta in volta. Ormai è stata instillata una psicosi di massa, una forma ossessiva per cui siamo tutti potenzialmente untori, malati e a rischio di virus (che in realtà sono sempre esistiti, nella storia dell’uomo). Ma improvvisamente si è deciso quasi di chiudere l’uomo dentro una campana di vetro per impedirgli qualsiasi contatto.Abbiamo dovuto rinunciare alla stretta di mano, ma anche al sorriso: è quasi impossibile avere uno scambio con un’altra persona senza poter guardare il suo volto. Pensiamo ai bambini: ne vediamo tantissimi che hanno la mascherina, e magari – indotti dai genitori – pensano che sia qualcosa di divertente, come un gioco; invece è qualcosa che verrà interiorizzato, nella loro psiche, e avrà ripercussioni sulle loro relazioni e sulla loro formazione. Venti mesi sono lunghissimi: pensiamo anche alle persone che continuano a girare con la mascherina in luoghi dove non c’è nessun rischio di contagio. Ci sono forme psicotiche di “evitamento sociale” che si sono accentuate. Ma questa psicosi verrà continuamente alimentata e riproposta: ci sono stati diversi annunci, molto chiari, per cui siamo entrati in un’Era Pandemica.Ci sono già delle previsioni come quella della Spars 2025-2028, quindi una nuova pandemia; inoltre c’è tutto il business della vaccinazione, che ormai si è innescato e di certo non si può fermare. E ora, come dicevo, stiamo passando da un lockdown di tipo sanitario a possibili lockdown di altra natura: ci sarà sempre il sottofondo dell’allarme sanitario, ma ci stiamo dirigendo verso una nuova narrativa. E’ la narrativa della crisi, del terrorismo (alimentato dal mainstream) sulla questione climatica. Abbiamo già visto come, dal punto di vista delle materie prime e delle risorse energetiche, ci troviamo di fronte a una crisi: sono già aumentati in modo notevole i prezzi di gas e carbone, sono aumentati (a causa dell’inasprimento dei nuovi standard) i costi per le emissioni di CO2 per le attività industriali. E questo sta creando una crisi, in ambito energetico, che potrebbe essere davvero esplosiva, tale da creare un effetto-domino su tutta l’economia.Abbiamo già le prime avvisaglie in Cina, dove il governo sta pianificando lockdown energetici. Alcune città cinesi, inizialmente quelle dell’Est ma poi anche città come Pechino e Shangai, sono state lasciate – volutamente – senza luce, senza illuminazione, senza elettricità. Addirittura hanno chiuso persino le fabbriche, e quindi questo sta creando una serie di ripercussioni a livello economico e di esportazioni, con ricadute su tutta la filiera di approvvigionamento e sull’intera economia mondiale, che tanto dipende dalla Cina. Situazioni analoghe si stanno vivendo e materializzando anche in Germania: un video che circola sul web, diffuso dalla Tv tedesca, mostra una donna anziana che si trova a dover fronteggiare un blackout energetico, trovando un metodo per riscaldarsi riunendo anche i vicini di casa. Queste sono proprio le fasi preparative a quelle che potranno essere le nuove emergenze.Lockdown energetici: se ne parla anche in Italia. Un quotidiano come “La Stampa” sta aprendo le cosiddette Finestre di Overton: ha fatto già dei titoli che ipotizzano un Natale senza luce, un inverno a lume di candela. E questo è davvero qualcosa di inquietante, che potrebbe materializzarsi quanto prima. Tutto per una crisi energetica che ha alla base una questione climatica, proprio perché sono stati inaspriti gli standard per le quote di emissioni di CO2: l’obiettivo è la neutralità, ossia “zero emissioni” (sono gli obiettivi della famosa Agenda 2030). Non è solo un impegno dell’Unione Europea: in realtà è un’agenda mondiale, condivisa. Possiamo far risalire la sua pianificazione al Club di Roma, che produsse quello che possiamo considerare un documento-chiave per interpretare la natura del Grande Reset. Sto parlando del famoso studio, pubblicato nel 1972, sui “limiti dello sviluppo”.Lo studio fu poi demandato al Mit (il Massachusetts Institute of Technology di Boston) per uno studio molto dettagliato e scrupoloso per determinare quali sarebbero i limiti dello sviluppo. Quello studio del 1972, di circa 200 pagine, è diventato un bestseller tradotto in trenta lingue e venduto in 12 milioni di copie, in tutto il mondo. Se ne è discusso tantissimo, da parte dell’opinione pubblica: per la prima volta, quello studio dichiara come, proseguendo con l’attuale modello di sviluppo economico e demografico (quello di allora, perlomeno), l’umanità sarebbe destinata al collasso entro il XXI Secolo. Viene quindi applicato un modello matematico di tipo informatico, che ricorre allo strumento delle simulazioni. La sintesi è netta: se non riducono tutte le variabili che interagiscono tra loro (ossia: la crescita della popolazione mondiale, la crescita economica e l’inquinamento), si arriverà a una catastrofe irrimediabile, alla quale l’uomo non saprà far fronte.Quindi viene auspicata una decrescita della popolazione, considerata fuori controllo già allora (1972), quando la popolazione mondiale era circa la metà di quella odierna. Sempre secondo quello studio, la crescita della popolazione avrebbe per forza comportato una crescita dell’inquinamento, e dunque un collasso del sistema naturale. Dopo vent’anni quello studio è stato aggiornato: vengono ribaditi i concetti principali e si dichiara che i parametri sono stati addirittura superati. Quindi inizia un’escalation di appelli e l’introduzione di misure sempre più orientate a contenere il riscaldamento clinmatico, che diventa il tema dei temi, l’obiettivo principale di tutti i consessi internazionali e dei gruppi di potere, a discapito di una tutela dell’ambiente e della riduzione dell’inquinamento (che potremmo tutti condividere). E invece: il riscaldamento climatico e il contenimento della popolazione mondiale diventano le priorità ineludibili.Abbiamo visto come, in Europa, questo approccio malthusiano abbia effettivamente portato, soprattutto in paesi come l’Italia, a una decrescita della popolazione. Occorre tempo, perché si abbiano i risultati di questa pianificazione, ma ora siamo davvero giunti a una fase di denatalità. Addirittura abbiamo avuto anche l’avviso dell’Istat, una sorta di “spoiler”: l’istituto di statistica ci ha appena detto che l’Italia è un paese da 32 milioni di abitanti. E l’obiettivo è proprio questo: raggiungere uno stato in cui l’uomo è visto come un essere che inquina, come ha detto lo stesso ministro Cingolani; dato che l’uomo ha un’impronta ecologica, la popolazione mondiale deve essere contenuta, così come il modello di crescita non può più continuare a seguire il corso dello sviluppo che ha seguito finora.Lo stesso Club di Roma auspica quella che definisce “una rivoluzione copernicana delle menti”. In altre parole, la progettazione del Grande Reset di oggi risale in qualche modo a cinquant’anni fa. Quello studio del 1972 è stato una linea-guida. Pensiamo che il Club di Roma fu fondato da Aurelio Peccei, già amministratore delegato della Olivetti, la cui Fondazione pare che abbia finanziato poi la Casaleggio. Pensiamo anche che quello studio fu commissionato e pagato dalla Volkswagen, poi coinvolta nello scandalo del “Dieselgate”. Se si legge quel documento, vi si ritrovano i concetti (e anche le espressioni) che sono alla base della nuova narrazione dominante: cioè questo senso di urgenza, la tesi secondo cui ogni anno perso è quasi un crimine contro l’umanità. Gli autori esortano ad adottare un cambio radicale di mentalità, investendo tutta l’opinione pubblica.E solo attraverso la consapevolezza della gravità di quello che starebbe per accadere si potrà raggiungere l’obiettivo. Solo allora le persone potranno agire di conseguenza. Quindi aleggia continuamente questo spettro di una catastrofe imminente, che può essere scongiurata soltanto con un cambio radicale, drastico, e che richiede sacrifici, da parte dell’umanità. Vediamo quindi che la narrazione è la stessa, rispetto a quella proposta oggi. Poi ci sono anche frange di fanatici dell’ecologismo, che addirittura auspicherebbero un ritorno al livello pre-industriale della popolazione. C’è anche chi auspica che la stessa Inghilerra torni a 2 milioni di abitanti: sono eco-totalitaristi, eco-nazisti a tutti gli effetti.Nei giorni scorsi, abbiamo visto Draghi e Cingolani interagire con Greta Thunberg quasi con deferenza. Greta non è certamente una scienziata né una super-esperta in materia: è lampante tutta l’ipocrisia e il carattere contradditorio di questa narrativa. Si dice che Greta soffra di disturbi dello spettro autistico, che tendono a produrre comportamenti ripetitivi e stereotipati. Non a caso, vediamo come questa ragazza si esprima per slogan, con un’esasperazione che le è stata indotta, inculcata, di cui probabilmente non si rende nemmeno conto. Ma gli slogan che lei ripete sono, appunto, quelli del Club di Roma, che poi hanno improntato tutte le ricerche e tutte le politiche successive. Ossia: “La casa sta andando in fiamme, siamo di fronte a un disastro; voi non fate nulla di concreto, è ora di agire, non c’è più tempo”.Sono slogan che fanno presa, sulle masse. E quindi, cinicamente: quale migliore interprete, di una ragazzina che soffre di questo disturbo, e che quindi probabilmente non si renderà mai conto di essere stata manipolata? Quella della narrazione di Greta è una retorica così consunta da lasciare stupefatti, nel vedere come invece continui a far presa sull’opinione pubblica. Non a caso, alla ragazzina svedese con la sindrome di Asperger (che la rende indifesa e quindi inattaccabile: sarebbe un tabù offendere una ragazzina che ha problemi comportamentali) è stata ora affiancata l’altra icona, Vanessa, la ragazza di colore che viene dall’Africa. Quindi abbiamo tutti gli stereotipi della retorica inclusivista: si predica l’equità e, per raggiungerla – ci dice sempre il Club di Roma – occorre eliminare l’ostacolo della crescita demografica. E’ davvero una narrazione stucchevole, piena di melassa.La deferenza di Draghi e Cingolani non è nei confronti di Greta, ma – chiaramente – nei confronti del piano di cui lei è una chiara espressione, una marionetta (credo anche ignara: Greta è un puro prodotto mediatico). La deferenza è verso questo piano: che è ben preciso e si sta sviluppando ormai concretamente. La catastrofe preannunciata dovrebbe avverarsi entro il XXI Secolo: per cui non abbiamo più tempo, secondo i cosiddetti filantropi e secondo le menti di questo Green Reset. Di fatto, l’obiettivo è quello: avere una società con un nuovo modello, che sia di decrescita (infelice, più che felice). Una decrescita economica e anche demografica, tutta improntata al contenimento del riscaldamento climatico, che la scienza mainstream oggi imputa all’azione antropica.Tacitati gli scienzati che contestano questa tesi, e nonostante il fatto che l’aumento della temperatura terrestre sia minimo, tutto sarà improntato alla narrazione del controllo del riscaldamento climatico. Tutta un’economia verrà trasformata, e i rapporti umani subiranno una svolta verso una digitalizzazione, considerata più “green”. Ma allo stesso tempo, e qui si chiude il cerchio, la digitalizzazione – dei rapporti umani, dell’economia, della moneta, della sanità (con la telemedicina), della didattica, delle nostre identità (con l’identità digitale) – ci mette sempre di più in pericolo. Ai lockdown sanitari potranno aggiungersi blackout energetici, lockdown climatici e (come abbiamo appena visto) blackout informatici. Riguardo a questi ultimi, gli episodi divenuti sempre più frequenti: nei mesi scorsi il caso di SolarWinds (un’azienda americana di software), poi Colonial Pipeline (azienda petrolifera, sempre Usa), quindi il caso della Regione Lazio, e ora il blackout di Facebook. La popolazione mondiale, ormai assuefatta all’uso di Internet e dei social, viene messa davanti alla sua fragilità: da un momento all’altro, tutto ciò potrebbe venir meno.Dobbiamo stare attenti: al di là del fatto che probabilmente non sapremo mai il motivo alla base delle 6 ore di sospensione di Facebook, non dobbiamo cadere nelle strumentalizzazioni del mainstream stesso; perché c’è chi afferma che, senza la Rete, saremmo tutti più sereni. Non è così, ovviamente: proprio grazie all’utilizzo dei social, infatti, abbiamo potuto costruire delle reti, limitando il dominio monopolistico del mainstream. Ora il web subisce la censura, che prima non era presente: e anche la censura dei social fa parte del Grande Reset. E’ detto in modo esplicito: i social hanno un ruolo importante, nella limitazione delle famigerate “fake news”; quindi, la sospensione di Internet e della libera informazione è un obiettivo dichiarato. Pensiamo anche al momento in cui saremo tutti digitalizzati, e tutto dipenderà da Internet e dalla nostra connessione; ogni cosa: la nostra identità digitale, la nostra stessa moneta.Ecco, pensiamo a un caso di blackout: arriverebbe a disconnettere l’uomo stesso, che in questo nuovo corso (di Reset totale) diventa un’entità digitale che può essere accesa o spenta secondo una programmazione – che può essere spacciata per incidente o può essere un incidente effettivo (non lo sapremo mai, di fatto). Però ci troviamo sempre nell’ambito delle profezie auto-avveranti. E non a caso che a luglio ci sta stata la simulazione del Cyber Polygon 2021, aperta dallo stesso Klaus Schwab, che ha detto: «Occorre vaccinare anche Internet, perché un evento pandemico informatico potrebbe far sembrare il Covid una sciocchezza». Quindi, cerchiamo di andare oltre le apparenze. Purtroppo, abbiamo visto – a nostre spese – che tutta la narrazione del mainstream è sempre mendace e ingannevole.(Ilaria Bifarini, dichiarazioni rilasciate a Carlo Savegnago sul canale YouTube “Il Vaso di Pandora” il 7 ottobre 2021. Economista, Bifarini è autrice del bestseller “Il Grande Reset”. «La vorticosa velocità dei cambiamenti oggi in atto – dice Savegnago – non ci lascia il tempo di pensare, e quindi di capire cosa sta davvero avvenendo»).Nel Grande Reset siamo arrivati a una fase successiva, rispetto a quella sanitaria. Siamo entrati dentro una nuova narrazione. Quella sanitaria, basata sul terrore costante della malattia, della morte, va avanti ormai da circa 20 mesi, nonostante abbia raggiunto enormi risultati, inaspettati. Pensiamo che è stato istituito un Green Pass, un lasciapassare di Stato, quindi è stata legittimata la discriminazione, l’apartheid di Stato. Sono stati sdoganati concetti che mai avremmo pensato che sarebbero stati accettati dalla popolazione, come appunto questa discriminazione senza precedenti nella nostra storia moderna, se non nei tempi bui del secolo scorso. Pensiamo alla telemedicina, al telelavoro, alla teledidattica; la narrativa pandemica ha raggiunto enormi risultati, e ora è pronta alla seconda fase: ad alimentarsi di nuove paure e di nuove crisi.
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Roma ha paura della rivoluzione di Michele Giovagnoli?
Di cosa ha paura, il governo che prende a sprangate in faccia gli italiani, trattandoli come animali d’allevamento? Le piazze ribollono, contro l’incombente dittatura sanitaria. Ma forse gli slogan furenti sono più facili, da tollerare, rispetto ai messaggi realmente rivoluzionari: forse anche perché il sentimento della rabbia può essere “nutriente”, per chi esercita il dominio, quasi quanto l’altrui sofferenza, l’altrui dolore. Un male in questo caso inferto a milioni di persone mentendo a tutti, cioè raccontando ancora la fiaba di un’emergenza artificiale, per avere l’alibi che porti a quello che fin dall’inizio era il vero obiettivo, la digitalizzazione totale di massa imposta per decreto. Il sogno di Davos: l’obbedienza universale definitiva, per via cibernetica, pensata per una popolazione post-umana (che l’Istat prevede in forte declino demografico, immaginando un’Italia dimezzata e ridotta a una nazione di appena 32 milioni di persone).Se gli esperti di proiezioni statistiche parlano di “denatalità”, la sensazione è che le fauci di un mostro siano ormai spalancate, pronte – dal 15 ottobre 2021 – ad azzannare chiunque, in nome di imprecisate divinità, proprio nell’anno in cui Bergoglio ha reso omaggio in Iraq alla piramide di Ur, simbolo del culto mesopotamico degli Anunnaki, i signori delle stelle che secondo Zecharia Sitchin discesero dal pianeta Nibiru. Tornando coi piedi per terra: nell’ottobre del 1931 il regime fascista richiese il giuramento di fedeltà ai professori universitari. Soltanto in 14 (nella storiografia ufficiale se ne indicano 12) rifiutarono di subire l’imposizione. Oggi appartiene a tutt’altro contesto, la motivazione di chi si oppone alla coercizione di sapore totalitario varata dal governo Draghi. E’ un diktat che fa a pugni con la Costituzione italiana e con le stesse direttive dell’Unione Europea, che proibiscono di discriminare i cittadini intenzionati a non sottoporsi all’inoculo del siero sperimentale, l’intruglio presentato come farmaco “vaccinale” progettato per inibire la sindrome Covid e frenare la diffusione virale del morbo.In televisione, voci come quelle di Mario Giordano e Carlo Freccero (in tandem con Barbara Palombelli) hanno cominciato a smontare la farsa che tiene in ostaggio l’Occidente da un anno e mezzo, mentre il resto del mondo se ne va liberando e gran parte dell’Europa – dalla Gran Bretagna alla Spagna, passando il Nord Europa e l’Est Europeo – non intende seguire l’Italia nella sua pericolosa follia. Le cifre sono lapidarie: in Inghilterra, 9 malati su 10 sono stati “vaccinati” (fonte: il ministero della sanità britannico). Analogo il bilancio di Israele: gli ospedali sono pieni di pazienti Covid, reduci anche da tre dosi di siero. Eppure, secondo Bergoglio, sottoporsi all’inoculo sarebbe “un atto d’amore”. E per Draghi, addirittura, sottrarsi all’iniezione equivale a commettere omicidio. Testualmente: «Se non ti vaccini, ti ammali e muori. E fai morire anche gli altri». E’ vero il contrario: secondo l’Ema, sono ormai 24.000 le morti sospette e direttamente correlabili all’inoculo, senza contare i 2 milioni di europei costretti a ricorrere a cure sanitarie dopo l’iniezione.Il cosiddetto vaccino-Covid non protegge nessuno: né chi lo ha assunto, né le persone che vengono in contatto con i “vaccinati”, che possono restare contagiosi. Nonostante questo, il governo Draghi vara l’obbligo vaccinale mascherato, grazie al ricatto del Green Pass, infliggendo alla popolazione italiana la più grande confisca delle libertà personali e degli stessi diritti umani. A motivare la ribellione morale di tanti milioni di cittadini è proprio la piena consapevolezza dell’abuso fondato sulla menzogna, commesso dopo aver negato, oscurato e criminalizzato le terapie che consentono di trattare il Covid come qualsiasi altra malattia. Il fatto che solo per questa patologia venga messo in piedi un regime che non ha precedenti, nella storia degli ultimi settant’anni, annulla di per sé il valore di qualunque possibile intervento l’esecutivo possa promuovere, per ridare fiato all’economia dopo il blackout del 2020, che è stato un vero e proprio colpo di grazia dopo decenni di rapina neoliberista ed eurocratica, orchestrata da strateghi come lo stesso Draghi.Se la politica è clinicamente morta e i reggenti (tutti quanti, da Confindustria ai sindacati) si accodano alle direttive autoritarie del governo zootecnico, c’è chi tiene duro e continua a marciare “in direzione ostinata e contraria”, per citare l’anarchico Fabrizio De André. Tra questi, spicca la figura atipica di Michele Giovagnoli, alchimista, di professione formatore. Già all’inizio del 2020 aveva fiutato il Grande Freddo in arrivo, e negli ultimi due mesi si è messo in marcia, visitando le principali piazze italiane, per il suo “Agorà d’amore”. Incontri entusiasmanti, rincuoranti, seguiti (sul web) da decine di migliaia di persone. “Il santone dell’amore”, lo ha prontamente ribattezzato il “Resto del Carlino”, canzonandolo per l’esposizione del simbolo della sua campagna: il cuore. Messaggio esplicito: se si archivia la sterile protesta e, semplicemente, si abbandona il campo in nome dei valori umani più autentici, si aiuta a far nascere una comunità alternativa e non più solo di nicchia, con le sue scuole parentali ormai affollate di alunni e insegnanti decisi a stare alla larga dalla scuola pubblica, trasformata in reclusorio per bambini.In altre parole: disertare, per sottrarsi a ogni ricatto e restare liberi. Fa paura, tutto questo? Sembrerebbe di sì, se è vero che il 25 settembre le autorità di Roma hanno negato a Giovagnoli il permesso di incontrare i suoi supporter in piazza Campo dei Fiori, ai piedi della statua di Giordano Bruno. Un modo come un altro per impedirgli di parlare, da quel luogo simbolico. Corsi e ricorsi: il 17 febbraio 1600 fu messa la mordacchia, a Filippo Bruno da Nola, già frate Giordano, in modo che non potesse rivolgere neppure un estremo saluto alla folla che si era radunata per assistere alla sua morte. Dava così fastidio, l’idea che Giovagnoli potesse richiamare direttamente il sacrificio di Giordano Bruno e la sua titanica fermezza nel rifiutare l’abiura? Giovagnoli omaggia i tanti italiani che stanno pagando di persona per sottrarsi al ricatto. Come Andrea Camperio Ciani, sociologo di fama internazionale, che ha lasciato un presidio culturale prestigioso come l’Università di Padova.Non certo una città a caso, ricorda Michele, in un video girato a tarda ora dopo aver dovuto abbandonare Roma: come dimenticare il padovano Palazzo della Ragione, realizzato da Pietro D’Abano con il contributo di personaggi come Giotto e Dante? Concepirono un meraviglioso zodiaco vivente, per insegnare a leggere le energie dell’universo (la cui divulgazione portò Giordano Bruno sul rogo). Tre secoli prima, il Palazzo della Ragione – ispirato all’antico Calendario Tebaico Egizio – era costato la vita anche a Pietro d’Abano: arrestato, torturato, ucciso, processato e infamato anche da morto (la salma, riesumata per essere bruciata). «Sono tanti, oggi, gli eroi che si stanno muovendo al nostro fianco», dice l’alchimista Michele. Tra questi il dottor Riccardo Szumski, medico e sindaco di Santa Lucia di Piave, Treviso: per aggirare vaccino-Covid e Green Pass ha trasferito il suo ufficio in piazza, allestendo un gazebo.Onore anche al maestro Stefano Leoni, docente e vicedirettore del Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino: «Si è dimesso da vicedirettore, ma non da docente: continuerà a insegnare online per non abbandonare i suoi ragazzi». Ha tanti volti, l’Italia libera che sta sorgendo in questi giorni: centinaia di insegnanti rifiutano di tornare in una scuola dell’orrore, trasformata in carcere. Francesca Del Santo, professoressa di biologia a Sacile (Pordenone) ha scelto di restare a casa. «Pensate agli ex allevi di questi insegnanti, a come saranno fieri di loro: non si sono comportati come i cantanti italiani, gli idoli dei ragazzi, che oggi se ne stanno ben zitti, tutti quanti, di fronte a quello che sta succedendo». E’ un’Italia degna, quella che si va disvelando giorno per giorno: come nel caso di Fabrizio Masucci, presidente e direttore del Museo Cappella Sansevero di Napoli, che ospita il “Cristo velato” di Giuseppe Sanmartino. Anche Masucci ha fatto la sua scelta: dimissioni.«Sono persone che tengono la schiena diritta», dice Giovagnoli, «e ricordano a tutti cos’è davvero l’umanità». Applausi anche «ai docenti dell’Alto Adige che si sono dimessi o si sono fatti sospendere, per tener fede alla loro dignità: grazie a tutti loro, questo tempo finirà». Un messaggio diretto, rivolto ai “disertori”: «Tornerete di fronte ai vostri ragazzi e sarete riconosciuti come quelli che hanno saputo resistere, uomini e donne, tutti pronti a immolarsi per essere fedeli a una causa più alta». Dagli insegnanti alla sterminata lista dei medici, intimiditi e vessati: come Massimo Citro, «fermissimo nelle sue convinzioni nonostante le insolenze subite in televisione: un atteggiamento, il suo, che rivela la stessa fermezza dimostrata da Luc Montagnier». Per inciso: il tour di Michele Giovagnoli è interamente dedicato al dottor Giuseppe De Donno, martire italiano delle cure per il Covid.“Un altro mondo è possibile”, era lo slogan dei No-Global che a furono letteralmente fatti a pezzi nelle strade di Genova, vent’anni fa. Sembrava l’ultimo rigurgito, fuori tempo massimo, del fuoco innescato nel Sessantotto. «Il potere aveva davvero paura di quei ragazzi», ha dichiarato Wayne Madsen, già dirigente dell’intelligence Usa: «Nel 2001 le multinazionali avevano il terrore di un movimento così trasversale e universale, deciso a contestare il tipo di globalizzazione che si andava costruendo». Di lì a poco crollarono le Torri Gemelle, segnando l’agenda del ventennio: guerre, terrorismo, austerity finanziaria. Poi è arrivato il morbo di Wuhan, a chiudere il cerchio. Mezza Europa è determinata a uscire dall’incubo, nel quale paesi come l’India e la Russia non sono mai neppure entrati. Sotto tiro restano Usa e Canada, Australia, Nuova Zelanda e Francia, mentre l’Italia politica (annichilita, azzerata) sottoscrive il delirio inaugurato da Conte e ora reso permanente da Draghi.In questi mesi, Michele Giovagnoli ha riscaldato cuori e contribuito a contenere lo smarrimento di decine di migliaia di persone, tradite dal governo. Che fare? Semplice: restare fermi, immobili, di fronte alle intimidazioni. E cominciare a disertare ristoranti, cinema, manifestazioni. Il Green Pass? No, grazie. Dovremo rinunciare a molti aspetti piacevoli della vita? Sì, ma temporaneamente. Perché – dice Michele – se saremo abbastanza numeri (e lo siamo, a quanto pare) il governo non potrà permettersi il costo anche economico di una diserzione di massa. Comunque la si veda, la politica della paura e della coercizione (che collega Conte a Draghi, senza soluzione di continuità) sta rendendo palese la natura di una certa declinazione del potere, facendo scoprire definitivamente “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. Non è per niente allettante, il mondo che stanno apparecchiando. E francamente, non lo era neppure prima che l’abisso si spalancasse.«Noi siamo quelli “sbagliati”», ammette Giovagnoli. «Quelli che vorrebbero utilizzare il cuore, come strumento fondamentale: per questo ci hanno sempre canzonato, fino a emarginarci». Le rivolte studentesche di mezzo secolo fa? «Forse erano troppo in anticipo, sui tempi». Però avevano inaugurato un certo risveglio delle coscienze. «Ora ci hanno sottoposti a una magia potente, quella della paura. Ma così hanno gettato la maschera, mostrando il loro vero volto: non sono qui per fare il nostro bene». Il divorzio sociale è ormai una realtà: è incalcolabile, la quota di cittadini che non si fidano più dei media, dei partiti e delle istituzioni. Sullo strumento della politica, Giovagnoli non scommette più: non c’è più tempo, dice. Le cose ci stanno crollando addosso alla velocità della luce. Non c’è altro da fare, insiste: restare fermi, non aderire a quanto ci viene proposto. «La nostra passività può riuscire addirittura devastante, per chi ha cattive intenzioni: lo dimostra la storia di Gandhi». Tempi durissimi, in arrivo: «Ci sarà un prezzo da pagare, certo. Ma ricordiamocelo: liberi siamo arrivati, su questa Terra, e liberi torneremo a casa».Di cosa ha paura, il governo che prende a sprangate in faccia gli italiani, trattandoli come animali d’allevamento? Le piazze ribollono, contro l’incombente dittatura sanitaria. Ma forse gli slogan furenti sono più facili, da tollerare, rispetto ai messaggi realmente rivoluzionari: forse anche perché il sentimento della rabbia può essere “nutriente”, per chi esercita il dominio, quasi quanto l’altrui sofferenza, l’altrui dolore? Un male in questo caso inferto a milioni di persone mentendo a tutti, cioè raccontando ancora la fiaba di un’emergenza artificiale, per avere l’alibi che porti a quello che fin dall’inizio era il vero obiettivo, la digitalizzazione totale di massa imposta per decreto. Il sogno di Davos: l’obbedienza universale definitiva, per via cibernetica, pensata per una popolazione post-democratica (che l’Istat prevede in forte declino demografico, immaginando un’Italia dimezzata e ridotta a una nazione di appena 32 milioni di persone).
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Abbandonare l’Italia, oppure resistere alla “dittatura”?
Ormai la stessa voce si rincorre ovunque, anche sui canali web più battuti, come quello di Claudio Messora: abbandonare l’Italia. Per scappare dove? Ovunque i cittadini non siano obbligati a subire il ricatto psico-sanitario, degno di una dittatura. Tutto era cominciato con il grottesco Conte, capace di imporre il lockdown e di invitare a Roma gli “specialisti” cinesi per farsi spiegare (da loro) come gestire la Grande Emergenza, che da noi è letteralmente esplosa dopo aver ignorato il piano pandemico dell’Oms, proibito le autopsie e negato le cure nel frattempo messe a punto dai medici. Poi è arrivato Draghi, con un imperativo categorico: riparire il paese. Ma a una condizione: prima, sottoporre l’intera popolazione alla “timbratura digitale” corporea, presentata come “campagna vaccinale” (mutuando quindi il termine da un presidio sanitario che appartiene alla storia della medicina moderna: il vaccino, ossia l’inoculo dell’agente patogeno depotenziato).Stavolta la faccenda è diversa: niente patogeno. In compenso, nei preparati compare l’ossido magnetico del grafene, virtualmente adatto a “dialogare a distanza” con le antenne 5G nel frattempo installate in tutta la penisola. Chi chiama “no vax” i tanti cittadini che ancora resistono all’imposizione del Tso, magari accusandoli di avere “paura del vaccino”, forse dimentica che a scatenare l’indignazione dei più è semmai il disprezzo che il governo mostra nei loro confronti, calpestando le libertà elementari: fino al punto di arrivare all’ingiunzione ricattatoria più estrema, la perdita del posto di lavoro. Di fronte a questo, cambia l’ordine di grandezza del ragionamento: se oggi mi costringi a questo, sulla base di invenzioni fraudolente (e continuando a ignorare le terapie domiciliari), domani che cosa arriverai a impormi? Ergo: se cedo oggi, non rischio forse di consegnarmi a un futuro da pecorella “cinese”, col suo bravo certificato provvisorio di buona condotta?Questo il sentimento dei tanti milioni di italiani finora restii a cedere: il loro timore è quello di veder archiviato anche l’ultimo residuo scampolo di democrazia. Di qui la tentazione di fare i bagagli, fuggendo all’estero: Spagna, Danimarca, Est Europa, Gran Bretagna. Persino la Russia di Putin, ad alcuni, appare oggi preferibile alla nuova “democratura” italica, dove la marchiatura di massa è potuta procedere (e nemmeno con successo) solo ricorrendo alla menzogna, alla minaccia e all’uso della forza. Si susseguono manifestazioni di piazza contro il Green Pass, c’è chi raccoglie firme per un referendum. Ma il governo Draghi tira dritto, come se gli italiani non esistessero proprio: forse potrebbe fermarlo solo uno sciopero generale, a oltranza. Qualcosa di ultra-utopico, però, se si considera il profilo politico della Cgil di Landini. In compenso, si moltiplicano i fenomeni di resistenza individuale: nuove piattaforme web prenotano bambini e docenti per dribblare la scuola statale, trasformata in gabbia per animaletti domestici dotati di museruola e lasciapassare.Di fronte all’estrema intimazione – quella del trattamento digitale obbligatorio, spacciato per sanitario – rischia davvero di rompersi il patto sociale, come avverte Massimo Cacciari, specie se dalla politica non emerge una sola voce in grado di opporsi a una simile, tenebrosa deriva. Lasciare l’Italia, come ormai si ventila anche dalle parti di “ByoBlu”? Dal canto suo, una voce come quella di Nicola Bizzi si sfoga: perché invece non denunciare l’Italia a livello internazionale, lanciando una sorta di embargo come quelli che colpiscono le dittature? Gli italiani all’estero sono 4 milioni, mentre sono ben 200 milioni i cittadini di origine italiana che abitano i quattro lati del mondo: non è possibile che restino insensibili al grido di dolore che dovessere sorgere dalla madrepadria dei loro antenati. Cosa sta succedendo, in Italia? Se lo domandano un po’ dappertutto: ma da noi ne parla pubblicamente solo “La Verità”, il quotidiano di Maurizio Belpietro, l’unico a svolgere ancora funzioni giornalistiche.Non che il resto del mondo emetta segnali rassicuranti: in Germania molti politici vorrebbero imitare l’Italia, mentre nella Francia di Macron è stato cacciato da Marsiglia un luminare come il professor Didier Raoult, scopritore dell’efficacia dell’idrossiclorochina. Anche da noi i caduti non si contano più: se Giuseppe De Donno è stato trovato appeso a una corda, a Mantova, dopo aver sperimentato con efficacia il plasma iperimmune (e aver vagheggiato l’apertura di un centro clinico speciale, per guarire i malati usando proprio la plasmaferesi), a Novara un medico in prima linea come il primario infettivologo Pietro Luigi Garavelli, con alle spalle brillanti successi nelle terapie-Covid, è arrivato a gettare la spugna: sta valutando la possibilità di abbandonare la professione medica. Uno spettacolo terribile, al quale assistono sgomenti milioni di italiani: quelli che sanno perfettamente quante decine di migliaia di pazienti sono stati guariti, da casa, dai medici coraggiosi come quelli di “Ippocrate”.L’aria che tira, in alcuni paesi leader dell’Occidente, non è equivocabile: negli Usa, 24 Stati sono sul piede di guerra contro Biden, che ha manifestato l’intenzione di rendere obbligatoria la “timbratura”, per tutti. Il che fa pensare a qualcosa di sinistro: nessuna ragione, al mondo (men che meno, il morbo “pandemico” di Wuhan), autorizza la necessità sanitaria di misure così categoriche, evidentemente motivate da ben altre finalità. Colpisce la gran fretta dei “vaccinatori”: come se davvero – ipotizza qualcuno – temessero la scadenza del 2024, astrologicamente propizia ai grandi rivolgimenti sociali, di portata epocale, magari corroborata da possibili interventi “esopolitici” come quelli evocati da chi si interroga sulla curiosa coincidenza della “disclosure aliena”, o almeno sull’apertura – di punto in bianco – dei dossier ufficiali che ammettono l’esistenza degli Ufo, ribattezzati Uap. Fantapolitica? Lo è anche l’agenda del Green New Deal, secondo cui le variazioni climatiche dipenderebbero dalle emissioni umane.L’Italia traccia le strade, diceva Steiner. Nel bene e nel male: è italiano il copyright del fascismo, ma anche quello del Rinascimento (la maggiore rivoluzione culturale del millennio precedente). Era italiano anche il più clamoroso Grande Reset del primo millennio: l’avvento del cristianesimo romano, reso brutalmente obbligatorio da Teodosio. Non è certo la prima volta, che le persone finiscono in trappola. Stavolta la corda potrebbe spezzarsi? Dipende: basta non aspettarsi più niente, dalla politica. E’ la tesi di un alchimista come Michele Giovagnoli, secondo cui l’élite che manovra i governi è addirittura antica, vecchia di migliaia di anni, abituata a impartire ordini disumani. Oggi i dominatori mostrano una gran fretta, come se temessero di avere i giorni contati. Lasciare l’Italia? Giovagnoli suggerisce un Piano-B: resistere. Perché – dice – l’aggressività del potere tradisce la sua debolezza, la sua fragilità.Numeri: è ancora molto consistente, la quota di cittadini decisi a non subire il ricatto. E metà di quelli che hanno ceduto l’hanno fatto per disperazione, maledicendo chi li ha costretti. Non è propriamente un vanto, per un governo che parla di rilancio della nazione: che razza di economia ci si può attendere, da una società post-democratica imbrogliata e letteralmente piegata con l’intimidazione e la coercizione? La partita è aperta, dicono gli ottimisti: oltre metà del mondo non ne vuole più sapere, di quest’incubo fabbricato da pericolosi cialtroni. Nel mirino a quanto pare resta soprattutto l’Occidente: è l’uomo bianco, a essere vessato e colpito. Si era illuso che fosse irreversibile, la sontuosa libertà relativa che gli sembrava di aver raggiunto? Tragico errore di valutazione, se è vero che diversi italiani – scopertisi soli, traditi e abbandonati da qualsiasi organizzazione politica – ora accarezzano davvero l’idea di scappare come profughi, lasciandosi alle spalle il paese più bello del mondo.Ormai la stessa voce si rincorre ovunque, anche sui canali web più battuti, come quello di Claudio Messora: abbandonare l’Italia. Per scappare dove? Ovunque i cittadini non siano obbligati a subire il ricatto psico-sanitario, degno di una dittatura. Tutto era cominciato con il grottesco Conte, capace di imporre il lockdown e di invitare a Roma gli “specialisti” cinesi per farsi spiegare (da loro) come gestire la Grande Emergenza, che da noi è letteralmente esplosa dopo aver ignorato il piano pandemico dell’Oms, proibito le autopsie e negato le cure nel frattempo messe a punto dai medici. Poi è arrivato Draghi, con un imperativo categorico: riaprire il paese. Ma a una condizione: prima, sottoporre l’intera popolazione alla “timbratura digitale” corporea, presentata come “campagna vaccinale” (mutuando quindi il termine da un presidio sanitario che appartiene alla storia della medicina moderna: il vaccino, ossia l’inoculo dell’agente patogeno depotenziato).
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Draghistan, il regime del ricatto: nessuno peggio di noi
Chi è che dà di matto sul Covid, Mario Draghi o Zoran Milanović? Quest’ultimo nome non appare mai, nei media italiani, chiusi nella loro bolla provinciale. Figuriamoci se lo pronunciano i parlamentari, i governanti, prigionieri di questa bolla e pronti a imprigionarvi tutti gli italiani. Milanović è semplicemente il presidente della Croazia, un paese membro dell’Unione Europea, della Nato, del Consiglio d’Europa. E’ un esponente storico del Partito Socialista Europeo, lo stesso di tanti illustri colleghi di questo Parlamento schiacciato dai decreti. Ebbene, il 10 settembre scorso, il signor Milanović ci ha spiegato in modo chiaro quanto di più antitetico si possa immaginare, rispetto al Green Pass nostrano. Pur in un discorso in cui valorizza l’opportunità del vaccino, infatti, il presidente croato dice, testualmente: «Il delirio dei media per il Covid-19 è eccessivo. Dovremmo conoscere lo scopo di tutto questo delirio. Se qualcuno mi dice che l’obiettivo è sradicare completamente il coronavirus, gli dirò che è una follia: è impossibile. Ciò che conta ora è l’adeguamento e la ripresa della vita normale». E aggiunge: «E’ folle sostenere la cultura ossessiva della sicurezza».Sottolineo: la cultura ossessiva della sicurezza. Dice ancora Milanović: «Nessuno può essere assolutamente sicuro e protetto, non c’è vita senza il rischio di malattie». Puntando sui media, Milanović aggiunge: «Quel che fanno equivale a seminare il panico. E sono gli unici a farlo, dall’inizio della pandemia. Semplicemente, non esiste una sicurezza assoluta che escluda ogni possibilità di ammalarsi. Le persone sviluppano migliaia di malattie più gravi, mentre da un anno e mezzo commentiamo soltanto il Covid. Da mesi sento solo pareri senza senso». E chiude così: «Basta, tormentare la gente chiedendo ossessivamente di vaccinarsi a chi non vuole». Molti di voi, chiusi nella bolla tutta italiana della paura, la bolla esclusivamente italiana della paura, si chiederanno: ma è diventato matto, questo presidente? Non è mica saggio come i nostri capi, che ci dicono che dobbiamo avere tanta paura, “paurissima”. E’ stato proprio Draghi, infatti a dire: «Non ti vaccini? Ti ammali e muori, oppure fai morire gli altri. Non ti vaccini, contagi, così lui e lei muoiono». Sembra una vecchia gag.E mentre sillabava questa paura primordiale della morte, senza distinzioni tra gli anziani che rischiano e i ragazzini che non rischiano nulla, ha giustificato il Green Pass più rigido del pianeta, il lasciapassare più opprimente e illogico, la limitazione più vasta e senza precedenti, in tutto l’Occidente, delle libertà personali, del lavoro, della scuola, dell’università, del viaggio. Non contenti, Draghi e gli altri suoi profeti della paura hanno esteso sempre di più un sistema di estorsione, quella che Milanović avrebbe chiamato “cultura ossessiva della sicurezza”. Allora ripeto la domanda, ma stavolta per tutti i paesi europei e tutti i governi del continente: chi è il folle, sul Covid, Mario Draghi o Zoran Milanović? Be’, questo referendum europeo è stato già fatto. Nessun paese si sogna di chiedere, alle persone sane, le cose che chiede – anzi, impone – il governo Draghi. Nessun governo fomenta la paura per far dimenticare, nel mentre, i regali miliardari che i tecnocrati di Draghi fanno agli oligarchi che si mangiano le autostrade e le banche.Nessun governo europeo si è voluto spingere dove si spinge il governo italiano, e nessuno ha gestito le cose in modo peggiore: tutti hanno sostanzialmente meno contagi e meno morti. Forse perché trattano le persone come cittadini, non come sudditi. E forse credono nella normale persuasione, non nel bullismo. Noi de “L’Alternativa” vediamo, già ora, 46 alternative: gli altri 46 membri del Consiglio d’Europa fanno meglio. Il governo Draghi ha ingabbiato, unico al mondo, un’intera Repubblica nata libera, trasformandola in un sistema che ha trasformato ogni casa in una dogana, ogni ufficio in una frontiera, ogni scuola in un check point, ogni aula in un confine, ogni piazza in una succursale della questura, ogni mensa in una segregazione. Mentre i cittadini di mezzo mondo vengono liberati dalle restrizioni, i sudditi del Draghistan sono gravati ogni settimana di nuovi ricatti. E quest’ultimo decreto è l’apoteosi dei ricatti, perché oltre ai cittadini ricatta il “tempio della democrazia”, il Parlamento, che non può più discutere né correggere nulla, bombardato dai voti di fiducia.Viene promessa una cosa impossibile, l’immunità di gregge, mentre quello che si vuole davvero – coi voti di fiducia a raffica, sulla riforma della giustizia – è l’impunità di gregge. Vogliono mettere mano al bilancio dello Stato con la riorganizzazione del Recovery Plan, per consegnare i piani miliardari a degli avventurieri che cianciano di transizioni ecologiche e sanitarie per creare le condizioni della loro impunità, se qualche giudice vorrà mettere becco nelle loro scorribande. Ecco perché a Draghi, e a tutta questa maggioranza irresponsabile, non serve un paese che si riprende davvero: serve un paese impaurito, un paese esausto. Serve un popolo che, per non cadere nell’indigenza, deve credere e obbedire – combattere no, quello mai. Il governo Draghi vuole un popolo passivo che accetti di avere una libertà a rate, che non discuta mai questo stato di emergenza interminabile, mentre altrove è già terminato. Vuole educare una generazione di giovani a essere pronta a terze e quarte dosi, in cambio di briciole di libertà.Se ne parla con una leggerezza che fa venire i brividi: nessun principio di prudenza. Ministri che non saprebbero distinguere un virus da un paracarro sono già certi che tutto sarà sicuro anche per i bambini. Senza nessun criterio scientifico estendono il Green Pass per i vaccinati da 9 a 12 mesi: neanche i pubblicitari della Pfizer sono così spudorati. E almeno, loro fanno il mestiere. Vorrei chiedere a Speranza: ma lei che mestiere fa, signor ministro, oltre a fare il Ministro della Paura? Non sa che contagiamo anche da vaccinati? E allora non ha senso, il Green Pass. In tutta Europa i tamponi sono praticamente gratis: lo volete riconoscere, questo? Si trovano a ogni angolo di strada, e non si assilla la gente. Perciò le adesioni ai vaccini avvengono nel rispetto della dignità umana. Invece, qui in Italia i prezzi dei tamponi sono il paradiso degli speculatori sanitari, oltre ogni giustificazione economica o scientifica. È un ricatto politico da estorsori ed eversori, particolarmente odioso verso i poveri. Ed è anche una forma di austerity mascherata, che dà al governo l’immenso potere di sacrificare interi settori economici. Qualcuno, ai piani alti – con banche compiacenti – comprerà le aziende fallite a prezzo vile.C’è un problema-democrazia: sentiamo una marea di personalità che “scomunicano” con furore ogni forma di dissenso. Quel che proponiamo è un ritorno alla scienza, alla razionalità, al buon senso. Basta, con questo maccartismo fuori tempo. L’Italia ha meno dell’1% della popolazione mondiale, ma crede fortemente che, anche per il rimanente 99% dell’umanità, la questione Covid sia affrontata negli stessi modi, con le stesse “virustar” a dominare gli schermi. Vi diamo una notizia: fuori dalla bolla-Italia, esiste un mondo intero “Burioni free”. Un mondo che ha sì cambiato, com’è giusto, la propria profilassi, ma fa meno drammi: e fa stare meglio la gente. E non si sogna di manomettere le libertà con un Green Pass che può prestarsi a ogni abuso. Ogni tanto l’Italia vuole sperimentare l’originalità di nuove misure autoritarie, con il plauso di un sistema dei media che ormai “vuole i colonnelli”, impedendo al popolo di conoscere le libertà godute da altri paesi. E finisce per sperimentare le solite vecchie catastrofi. Non andrà tutto bene: noi non daremo il Green Pass al governo della catastrofe. Ora più che mai occorre che costruiamo l’Alternativa alla catastrofe.(Pino Cabras, “Noi siamo l’alternativa a questo governo della catastrofe”, discorso pronunciato in una conferenza alla Camera il 22 settembre 2021. Eletto deputato coi 5 Stelle e poi fuoriuscito dal gruppo grillino, Cabras – storico collaboratore di Giulietto Chiesa – è l’animatore del neonato movimento “L’Alternativa c’è”).Chi è che dà di matto sul Covid, Mario Draghi o Zoran Milanović? Quest’ultimo nome non appare mai, nei media italiani, chiusi nella loro bolla provinciale. Figuriamoci se lo pronunciano i parlamentari, i governanti, prigionieri di questa bolla e pronti a imprigionarvi tutti gli italiani. Milanović è semplicemente il presidente della Croazia, un paese membro dell’Unione Europea, della Nato, del Consiglio d’Europa. E’ un esponente storico del Partito Socialista Europeo, lo stesso di tanti illustri colleghi di questo Parlamento schiacciato dai decreti. Ebbene, il 10 settembre scorso, il signor Milanović ci ha spiegato in modo chiaro quanto di più antitetico si possa immaginare, rispetto al Green Pass nostrano. Pur in un discorso in cui valorizza l’opportunità del vaccino, infatti, il presidente croato dice, testualmente: «Il delirio dei media per il Covid-19 è eccessivo. Dovremmo conoscere lo scopo di tutto questo delirio. Se qualcuno mi dice che l’obiettivo è sradicare completamente il coronavirus, gli dirò che è una follia: è impossibile. Ciò che conta ora è l’adeguamento e la ripresa della vita normale». E aggiunge: «E’ folle sostenere la cultura ossessiva della sicurezza».
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Spassosa, l’ultima barzelletta sul conto di Mario Draghi
Una delle più gustose barzellette circolate sul conto di Mario Draghi è la seguente: l’ex banchiere centrale, poverino, non avrebbe nessuna competenza, in materia di sanità. In altre parole: di Covid, non ci capirebbe un tubo. E certo, benedetto figliolo: dopo tutti quegli anni spesi a studiare solo diavolerie finanziarie per fare la felicità dei popoli, come pretendere anche che studiasse, un minimo, il caso della Famosa Emergenza Pandemica? Quella semmai è roba da professoroni, da Premi Nobel, da menti eccelse come quella di Roberto Speranza. Credibile, no? Il problema numero uno – dal 2020 – è esattamente il Covid. O meglio: l’impazzimento generale (normativo, politico, sociale) causato dal Covid. E quindi chi piazzare, a Palazzo Chigi? Ovvio: uno che, con tutto il rispetto, di Covid non capisce una mazza. Non fa una grinza, in effetti. E’ proprio un ragionamento impeccabile, da offrire a quegli italiani che, in questi mesi, hanno seguito con crescente apprensione l’inesorabile avvitarsi degli eventi.Lockdown, coprifuoco, zone rosse. Poi, per fortuna, arriva Draghi. E cosa s’inventa? Il Green Pass. Se ce l’hai, sei libero. Se non ce l’hai, pensi di somigliare agli africani di pelle scura, nel paese di Nelson Mandela, all’epoca in cui la libertà era appannaggio dei soli bianchi. Ma non basta: visto che solo 6 italiani su 10 hanno finora accettato il grazioso ricatto, ora i giornali alzano il volume. E certo, che diamine: bisognarà pure imporlo, l’obbligo, se almeno l’80% del parco zootecnico, tra un mese, non avrà accettato di subire il fatidico inoculo. Che poi la sostanza introdotta nel corpo sia inutile (come parrebbe dimostrare Israele, con gli ospedali pieni di cittadini “vaccinati”) è irrilevante. Così come è irrilevante che gli “inoculati” restino tranquillamente contagiabili, e addirittura contagiosi a loro volta. Questo non ha impedito al Signor Mario di imporre ai medici e agli insegnanti di subire obbligatoriamente l’inoculo. Ma è vero, come dimenticarlo? Il povero Mario, di Covid, non capisce niente. Va scusato: non ha avuto tempo, per prepararsi sulla materia.Non ha avuto tempo, neppure distrattamente, di leggere i nomi dei medici – anche italiani: decine, centinaia – che il mitico Covid lo curano da casa, in pochi giorni. Avrà avuto almeno un minuto per accorgersi della strana morte del dottor Giuseppe De Donno? E’ stata sua l’intuizione – confermata addirittura dal sublime Burioni – della validità della profilassi anticorpale: e infatti si basa proprio sugli anticorpi la nuovissima terapia validata dall’Unione Europea (che notoriamente, proprio come un tempo si diceva del Duce, “ha sempre ragione”). Ora, se tutto questo non è altro che una riedizione del Truman Show, in versione comica, passi. Purché nessuno venga davvero inseguito, braccato dagli “inoculatori”, e magari minacciato – in caso di diniego – di dover rinunciare magari al passaporto, alla patente di guida. Quanto manca, davvero, alla mezzanotte? Resta un’ultima speranza: che almeno, i burloni la smettano di parlare di politica, ostinandosi a distinguere tra progressivi e regressivi. Se non altro, per una questione di estetica: di stomaco.Una delle più gustose barzellette circolate sul conto di Mario Draghi è la seguente: l’ex banchiere centrale, poverino, non avrebbe nessuna competenza, in materia di sanità. In altre parole: di Covid, non ci capirebbe un tubo. E certo, benedetto figliolo: dopo tutti quegli anni spesi a mettere a punto diavolerie finanziarie per fare la felicità dei popoli, come pretendere anche che studiasse, un minimo, il caso della Famosa Emergenza Pandemica? Quella semmai è roba da professoroni, da Premi Nobel, da menti eccelse come quella di Roberto Speranza. Credibile, no? Il problema numero uno – dal 2020 – è esattamente il Covid. O meglio: l’impazzimento generale (normativo, politico, sociale) causato dal Covid. E quindi chi piazzare, a Palazzo Chigi? Ovvio: uno che, con tutto il rispetto, di Covid non capisce una mazza. Non fa una grinza, in effetti. E’ proprio un ragionamento impeccabile, da offrire a quegli italiani che, in questi mesi, hanno seguito con crescente apprensione l’inesorabile avvitarsi degli eventi.
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Oscurati i nostri padri: gli Etruschi, giunti dall’Anatolia
Vi hanno raccontato della necessità assoluta di inocularvi non si sa bene cosa, per poter continuare a vivere liberi e sereni? Se è per questo, vi avranno anche detto che i misteriosi Etruschi erano di origine italiana. E’ normale, dice Nicola Bizzi: l’archeologia ufficiale si comporta sempre così, quando si imbatte in verità scomode. Negazionismo accademico? Fate voi. Però sappiate – avverte Bizzi, sul canale YouTube “Facciamo Finta Che”, di Gianluca Lamberti (di seguito, il testo integrale) – che i nostri antenati etruschi venivano dall’Anatolia, cioè dal mare. Arrivarono via nave dalle coste meridionali della Turchia: Lidia, Misia. In altre parole, dalle parti di Troia: infatti, Roma accettava che il suo mitico fondatore (Enea) fosse un profugo troiano. La migrazione dalle coste dell’attuale Turchia la confermano storici come Erodoto ed Ellanico. In Italia, si tace sulla Cultura di Rinaldone fiorita sul Lago di Bolsena (con scheletri anatolici spariti nel nulla) e sugli imponenti palazzi “cretesi” emersi a Luni sul Mignone, tra Roma e Viterbo. Silenzio anche sulle scoperte dei genetisti: in Toscana e Lazio, il 30% degli abitanti ha un corredo genico anatolico. Viene dall’oltremare anche la più famosa razza bovina toscana, la Chianina. Perché fanno così paura, gli Etruschi? Perché avevano una società matriarcale che introdusse in Italia una civiltà già evolutissima a partire dal 2500 avanti Cristo?Un fitto silenzio circonda il popolo etrusco, di cui l’ufficialità accademica parla il meno possibile, condizionata com’è dal paradigma che ingessa l’archeologia, in modo poco scientifico, rifiutando le fonti scomode e le scoperti recenti. Resiste ancora una vecchia convenzione, quella della presunta italianità degli Etruschi: italianità poi rafforzata dal mito fascista di Roma. Eppure, per i Romani stessi, la civiltà del Tevere era stata fondata da Enea, che era presentato come proveniente da Troia, in Anatolia. Ma chi erano, davvero, gli Etruschi? I Greci li chiamavano Tirreni, mentre i Romani li definivano Tusci. Gli stessi Etruschi chiamavano se stessi con un altro npme: Raslak, o anche Rasena. In Italia, la denominazione più diffusa era quella adottata dai latini: Tirreni. Ora, Tirra è l’antico nome di una regione costiera anatolica, affacciata sull’Egeo, che Omero chiama Meonia, e che poi si chiamerà Lidia ai tempi della grecia classica.La Lidia è situata nel nord-ovest dell’Anatolia (come la Misia), fra Troia e i Dardanelli. Si tratta di zone anticamente popolate da genti affini all’antica civiltà minoico-cretese. Avevano leggi avanzatissime, società fondate sul matriarcato e sul culto delle antiche divinità titaniche. Nel primo libro delle sue “Storie”, il sommo storiografo Erodoto scrive che i Lidi avrebbero colonizzato la Tirrenide, cioè l’Etruria. A spingerli lontano da casa sarebbe stata una gravissima carestia. Di qui l’emigrazione, fino alla terra degli Umbri. Ai Greci dava fastidio la libertà dei costumi etruschi: a differenza di quella greca, la donna etrusca poteva sedere a tavola col marito. Aveva prerogative sacrali e poteva anche dare il proprio nome alla stirpe. Dal X secolo avanti Cristo, queste popolazioni anatoliche riuscirono a colonizzare buona parte della penisola italiana: Lombardia e Veneto, zone della Liguria, l’intera Toscana e l’intero Lazio, parte di Umbria e Marche, parte della Campania: Napoli era stata un approdo etrusco, prima che una colonia della Magna Grecia.Gli Etruschi erano tipicamente orientali: per arte, stile architettonico, cultura. E che venissero dall’Oriente lo conferma un altro autore: Ellanico di Mitilene, storico vissuto dal 490 al 405, contemporaneo di Platone. Nella sua “Foronide”, descrive più migrazioni dall’Anatolia: spiega quante migrazioni sono avvenute, chi le guidava (quali sovrani), dove arrivarono in Italia e quali città italiane avrebbero fondato. Piena conferma, di questo, ci giunge da reperti archeologici e dalla toponomastica dei luoghi: i nomi di decine di località (anche di rilievo, come Ancona e Lucca) corrispondono a quelli di siti presenti sulle coste anatoliche. Sull’isola di Lemnos, patria della metallurgia nell’Egeo – colonizzata già dal 12.000 avanti Cristo, come rilevato da recenti scavi archeologici – sono state rinvenute molte iscrizioni in lingua etrusca: la stessa lingua che troviamo a Tarquinia, a Cere, a Vulci, a Fiesole, nelle città etrusche della Campania e nella Mantova di Virgilio (che discendeva da antenati etruschi).Ci sono squillanti evidenze anche scientifiche: alla fine degli anni ‘90, alcuni docenti universitari spagnoli si sono avvalsi degli studi di genetisti delle università di Madrid e Salamanca. Avevano condotto esami sulla popolazione della Toscana e dell’alto Lazio, confrontando il loro Dna con quello dei popoli anatolici. Ebbene: in oltre il 30% degli attuali abitanti del territorio corrispondente all’antica Etruria, fra l’Arno e il Tevere, i geni corrispondono pienamente con quelli delle popolazioni autoctone dell’Anatolia. E la corrispondenza non interessa solo gli umani: viene dall’Anatolia anche una razza bovina come la Chianina, quella della mitica bistecca fiorentina. Discende cioè da una razza anatolica, portata in Italia circa 4.000 anni fa. Ora, ci volevano i genetisti spagnoli, per capire che gli abitanti dell’Etruria venivano dall’Oriente? Evidentemente sì. Però non basta: perché gli archeologi, quando una scoperta infrange i loro paradigmi, molto spesso la ignorano.Gli archeologi accademici rifiutano ancora la scoperta (geologica) della verà età della Sfinge. E rigettano pure le rivelazioni dell’archeoastronomia, cioè la disposizione di certi siti secondo criteri astronomici. Così hanno rifiutato anche le scoperte della genetica, perché sono scomode per la vecchia tesi dell’autoctonia del popolo etrusco, la cui origine è convenzionalmente italica (per non parlare delle ultime ipotesi, decisamente deliranti e campate per aria, che lo vorrebbero disceso dalle Alpi o addirittura dalla Germania). E questo, nonostante vengano smentiti dagli autori antichi. Sempre Ellanico di Mitilene, ad esempio, parla di un certo Nana, mitico re dei Pelasgi (popoli del mare: grandi navigatori, mercanti e pirati). Attorno al 2500 avanti Cristo, quindi 4.500 anni fa, questo Nana – cacciato dai suoi sudditi – avrebbe risalito l’Adriatico con una sua flotta, per poi fondare importanti nuclei urbani lungo la penisola italiana.Uno studioso “eleusino” come Guido Maria Stelvio Mariani di Costa Sancti Severi, in un articolo uscito quattro anni fa sulla rivista “Archeomisteri” (da me citato nel saggio “I Minoici in America e le memorie di una civiltà perduta”) conferma che il termine Nana lo si ritrova nelle culture lelegiche della Caria, un’altra regione costiera anatolica. Probabilmente, Nana non era un nome proprio di persona, ma una sorta di nome sacrale: un po’ come il Faraone in Egitto, o il Minosse a Creta. Un termine che potrebbe essere assimilabile a quello di “condottiero”, o di Vanax nella civiltà micenea. Ebbene: Ellanico dice che questo Nana avrebbe creato vari scali adriatici, fondando diversi insediamenti. Nelle Marche avrebbe sbarcato un robusto contingente, gettando le basi per la nascita di una città che ancora oggi si chiama Pedaso, nell’attuale provincia di Fermo. E Pedasa è una importante città costiera anatolica: era l’antica capitale dei Lelegi della Caria, davanti all’isola di Rodi.Risalendo la costa marchigiana verso nord, il condottiero Nana avrebbe fondato una città molto importante: Ancona, nientemeno. Il capoluogo marchigiano deriva infatti il suo nome da Ankh e Uni: l’Ankh è la croce della vita per gli egizi, un simbolo molto noto anche alle popolazioni dell’Anatolia, mentre Uni è una dea, parte integrante del pantheon etrusco. Poi, sempre nel 2500 avanti Cristo, Nana avrebbe proseguito il suo viaggio fino a fondare un’altra importante città: Arimna, cioè l’odierna Rimini. E Arimna – guardacaso – è il nome di un altro centro urbano rilevante, nel sud della Licia, sempre sulle coste anatoliche. Nana avrebbe fondato anche Spina, alle foci del Po: importantissimo porto commerciale già dal VII secolo avanti Cristo, gestito “in condominio” da Etruschi e Veneti, sul confine tra le due aree d’influenza. Poi Nana si sarebbe spinto nell’entroterra, verso sud, fondando Curiti: l’odierna Cortona. Quindi avrebbe fondato Ar-Tinia: Arezzo. In etrusco, Ar significa insediamento, mentre Tinia è una delle principali divinità etrusche, un “dio degli elementi” equiparabile a Zeus.Finendo per realizzare un’ulteriore fondazione (Fruntac, corrispondente a Ferento), lo stesso Nana avrebbe seguito un percorso preciso, tracciato sulla base della geografia sacra: evidentemente aveva una meta prestabilita, cioè il Lago di Bolsena. Doveva certo conoscerne l’esistenza: era un posto già considerato sacro, per millenni, da altre popolazioni. Quel lago, poi, sarebbe diventato il luogo sacro d’eccellenza, per il popolo etrusco. Sempre secondo Ellanico, quindi, Nana sarebbe arrivato sul Lago di Bolsena, fondando la città di Vels Nani, poi Volsini Veteres, destinata a diventare la vera capitale sacrale degli Etruschi. Capitale sacra, perché lì convergevano gli ordinamenti di tutte le Lucumonie. Gli Etruschi non hanno mai avuto un regno unitario, erano pòliadi: ogni comunità faceva capo a una Lucumonia, unità amministrativa estesa su una o più città. A volte, queste Lucumonie erano anche in guerra fra loro.Purtroppo, non si allearono mai – tutte insieme – se non quando ormai era troppo tardi. Ed è per questo che poi Roma riuscì ad averne ragione, conquistandole tutte, una dopo l’altra. Però queste Lucumonie facevano tutte capo a Volsini Veteres sul Lago di Bolsena, dove c’era il fanoso Fanus Voltumnae, cioè il tempo di Vultumna, grande dea della civiltà etrusca. Nel tempio venivano stabiliti i conteggi delle epoche: chiodi infissi, di bronzo, scandivano lo scorrere sacro del tempo. Tornando a Nana, avrebbe infine fondato anche Orvieto e Viterbo. Tutte città antichissime, risalenti a 4.500 anni fa: e i riscontri archeologici non mancano. Quella di Nana, però, secondo Ellanico fu solo una prima migrazione. Si ritiene che queste spedizioni fossero intraprese da marinai molto esperti, che a mio parere avevano un fine esplorativo e di colonizzazione. E l’Italia, crocevia del Mediterraneo e piena di risorse minerarie, ha sempre fatto gola: soprattutto ai popoli dell’Oriente. E’ naturale, quindi, che vi siano state queste progressive ondate di colonizzazione.Sempre secondo Ellanico, una seconda grande ondata si sarebbe verificata cinque secoli dopo, attorno al 2000 avanti Cristo. Sarebbe da mettere in relazione con la cosiddetta Cultura di Rinaldone, un villaggio della provincia di Viterbo sulla costa meridionale del Lago di Bolsena. Nel 1903, proprio a Rinaldone venne scoperta una necropoli con scheletri sorprendentemente alti. Non erano giganti, sia chiaro; ma mentre i popoli italiani dell’epoca superavano raramente il metro e sessanta di statura, gli scheletri di Rinaldone oltrepassavano i due metri: e risultavano appartenenti a popolazioni provenienti dall’Anatolia. Ufficialmente, questi resti umani sarebbero stati portati al Museo Archeologico di Firenze. Eppure, dopo un’inchiesta svolta da diversi studiosi, in passato, oggi nessuno sa più dire dove siano. Probabilmente sono nascosti in qualche scantinato, o sono addirittura stati distrutti. Non me ne stupirei: con la loro stessa esistenza, infatti, quegli scheletri provavano la provenienza anatolica di quelle genti finite in Italia. E anche questo la dice lunga su come vengano continuamente occultati certi indizi, certe testimonianze: le prove vengono fatte sparire, soprattutto se sono scomode.Le altre ondate migratorie di cui ci parla Ellanico, poi, sarebbero provenute dalla Misia e dalla Caria, sempre regioni costiere dell’Anatolia affacciate sull’Egeo. Proprio le stirpi arrivate con la seconda ondata avrebbero fondato città fondamentali, per la successiva cultura etrusca: Vulci, Sovana, Sorano (da Sur, “il Sole” in lingua etrusca). Poi Pitigliano, Misa, Tuscania, Poggio Buco, Saturnia, Marsiliana sull’Albenia. Tutti siti importantissimi dell’Etruria vera e propria. Sempre secondo Ellanico, un secolo dopo sarebbe giunta (dalla Licia) una terza ondata migratoria: un’ondata molto importante, guidata da un discendente del primo Nana. Anche in quella occasione, alla spedizione avrebbero preso parte diversi popoli del mare. Per Ellanico, il vero nome dei Lici sarebbe stato Luccu o Lucca. E infatti troviamo la città toscana di Lucca, sulle rive del Serchio, fondata proprio durante questa seconda ondata, insieme a Luni (in Lunigiana) e a diversi altri centri della zona delle Alpi Apuane.Più tardi, attorno al 1800 avanti Cristo, avrebbe avuto luogo quella che possiamo considerare una quarta ondata migratoria: un certo Kuriti (o Corito) avrebbe ampliato, regnandovi, uno dei centri fondati dal precedente Nana nel 2500 avanti Cristo, cioè l’odierna Cortona. E suo figlio, Dardano, disceso verso sud, avrebbe fondato la città di Cori. Secondo la tradizione, poi, Dardano avrebbe intrapreso un viaggio verso Creta, fondando la particolare stirpe dei Teucri Dardani (ma quest’ultimo, sottolineo, è un aspetto mitologico). In seguito ci sarebbero state ulteriori, successive ondate migratorie: ed è proprio grazie a questi arrivi se poi si formò in Italia quello che conosciamo come il popolo etrusco. Ci fu una sesta ondata migratoria, poi un’altra (dal 1800 al 1500 avanti Cristo) che secondo diverse interpretazioni – mitologiche, anche in questo caso – sarebbe stata all’origine di tutte quelle importantissime città del basso Lazio, in particolare della Ciociaria, che vengono chiamate Città Saturnie. Costruite con imponenti mura megalitiche (come Alatri, Ferentino, la stessa Cassino), eppure ignorate per decenni dagli archeologi, che fino agli anni ‘30-40 ne attribuivano l’origine ai Romani.Solo adesso, timidamente, si comincia ad ammettere che quelle città risalirebbero almeno al 1200-1300 avanti Cristo; ma pare vi siano elementi per collocarle anche nel 1500 avanti Cristo. A quella data risalirebbe Luni sul Mignone, a cavallo tra le province di Viterbo e Roma, in una zona oggi inaccessibile: l’hanno proprio esclusa dagli itinerari turistici. Luni sul Mignone venne scavata da una missione archeologica svedese: negli anni ‘60, su una collina costeggiata dal fiume Mignone trovarono un insediamento imponente, con edifici palaziali (di tipo minoico, oserei dire) costruiti in solida pietra, con stanze anche di 10 metri di lunghezza. Ma poi, tutto è stato incredibilmente ricoperto. Finita la missione (finanziata dal re di Svezia, grande appassionato di archeologia), uno dei siti archeologi più straordinari d’Europa è stato nuovamente sepolto dalla terra. Attualmente, il sito è in stato di abbandono: si trova tra il fiume Mignone e la stazione abbandonata di San Romano lungo l’ex ferrovia Orte-Civitavecchia, oggi dismessa. L’accesso è quasi proibitivo: si devono percorrere chilometri a piedi, itinerari scomodi e anche pericolosi.Questo sito l’hanno voluto cancellare dalle mappe archeologiche: perché è scomodo. L’abbiamo visto: per gli autori antichi, gli Etruschi venivano da Oriente. Eppure, è stato fatto di tutto per mettere in discussione questa origine (ormai confermata dalla stessa genetica). Quanto ai Greci, è noto che non amassero gli Etruschi, a cui – attraverso le colonie elleniche della Magna Grecia – hanno sempre conteso i porti e le risorse minerarie della penisola italiana. Spesso e volentieri, gli Etruschi si sono alleati con i Cartaginesi per arginare la colonizzazione ellenica dell’Italia meridionale. Questa rivalità era anche fondata su motivazioni religiose. Una parte della popolazione della Grecia classica continuava a praticare ancestrali forme di religiosità ancora legate all’antico pantheon titanico, ma la maggior parte della dirigenza politica delle poleis greche praticava il nuovo culto delle divinità olimpiche, che gli Etruschi vedevano come fumo negli occhi. Soprattutto, gli Etruschi non digerivano la caratterizzazione patriarcale della civiltà greca, alla quale anteponevano con orgoglio la forma matriarcale della loro società.Tornando al tema archeologico, si parla spesso in maniera impropria della Civiltà Villanoviana, oscurando invece la Cultura di Rinaldone. Ebbene: sono entrambe forme della stessa cultura. Quella che viene definita Civiltà Villanoviana, in realtà, è un falso scientifico, un po’ come le varianti Covid o certi ominidi “inventati” dalla palentologia, che in realtà non sono mai esistiti. Infatti, da alcuni reperti trovati nel sito di Villanova, sull’Appennino bolognese – un po’ come hanno fatto in America con la Cultura Clovis, altro falso clamoroso – hanno voluto creare una cultura a sé stante, dichiarandola prettamente italica e separandola dalla cultura etrusca vera e propria, con il pretesto che la Villanoviana poteva essere identificata come precedente, rispetto a quella propriamente etrusca. Con schematismi a mio parere del tutto fuori luogo, la cultura etrusca la si fa iniziare ufficialmente nell’XVIII secolo avanti Cristo; tutto quello che è le preesistente, riconducibile alla stessa matrice culturale, viene etichettato come “villanoviano”.Da qui l’invenzione della presunta matrice culturale autoctona, per giustificare l’autoctonia del successivo popolo etrusco. E al tempo stesso, si evita di riconoscere la Cultura di Rinaldone, non certo limitata a Rinaldone: era una cultura pre-etrusca, di fatto riconducibile alle migrazioni dall’Anatolia, e aveva caratterizzato almeno metà del territorio italiano. Quindi: vengono ignorati 2.000 anni (1.500, a essere stretti) di ininterrotta civilizzazione della nostra penisola, da parte di una cultura avanzata, proveniente dall’Oriente, che avrebbe portato qui l’agricoltura, la metallurgia, forme evolute di urbanizzazione e di ingegneria (dighe, canali irrigui). Sembra incredibile, ma è così: tutto questo viene ignorato, ripeto, per non ammettere l’origine orientale della matrice etrusca. Eppure fu proprio questa Cultura Rinaldoniana ad arrivare in Italia: già formatasi, già pronta. Fu questa, gradualmente, a fondersi poi e a integrarsi gradualmente con popolazioni locali come quelle dei Piceni delle Marche e degli Umbri veri e propri (quelli dell’Umbria), che avevano un’origine – loro sì – prettamente italica.Gli Etruschi entrarono in contatto con gli stessi Latini, con i Sabini. La stessa Roma è stata etrusca per secoli, assimilando dagli Etruschi gli ordinamenti, la divisione in centurie, molte simbologie (come lo stesso fascio littorio, che è di origine etrusca). Con il pretesto che la lingua etrusca non sia stata correttamente tradotta e interpretata, si continua a ricamare – sugli Etruschi – tutto quello che si vuole, a completa discrezione dei paradigmi di certi studiosi, di certi baroni universari. E non è nemmeno vero che l’etrusco non sia stato tradotto. E’ una lingua di matrice assolutamente non indoeuropea (come invece il latino e alcune lingue di origine celtica). La lingua etrusca è la stessa che veniva parlata in Anatolia e sull’isola di Lemnos, scritta con i medesimi caratteri. E’ stata tradotta; solo, non disponiamo di testi abbastanza estesi da poter ampliare il vocabolario. Il testo più lungo che conosciamo è quello della cosiddetta Mummia di Zagabria: una mummia tardo-egizia, di epoca tolemaica, conservata nel Museo Archeologico della capitale croata.Quella mummia è stata bendata con strisce di lino “riciclate”; erano etrusche, e su quelle gli Etruschi avevano scritto lunghi testi sacri, di natura religiosa, che probabilmente sarebbero andati perduti se non fossero stati utilizzati per fasciare quel corpo. Esistono poi vari testi scritti su tavole di bronzo, di natura giuridica o commerciale: il loro vocabolario è quindi limitato. Poi la lingua etrusca è andata arenandosi, purtroppo, già all’inizio dell’epoca dell’Impero Romano. Sono sopravvissute a livello religioso varie confraternite etrusche, alcune delle quali ancora attive ai tempi di Costantino, che però mantenevano l’uso della lingua solo per competenze strettamente inizitiche e cerimoniali, riservate esclusivamente agli adepti. Poi, con la soppressione di queste confraternite, si è perso l’ultimo uso effettivo della lingua etrusca. E’ pur vero però che il grande imperatore romano Claudio, vissuto nel I secolo dopo Cristo, aveva una moglie etrusca, Tanaquilla: una sacerdotessa, una donna di elevatissima cultura.Claudio si appassionò alla storia degli Etruschi, e raccolse tutte le documentazioni ancora disponibili, al suo tempo. Tant’è che l’imperatore fu probabilmente l’ultimo romano a saper parlare e leggere in maniera corretta la lingua etrusca. Poi, con l’assimilazione delle ultime Lucumonie (tra cui quella di Vulci), gli Etruschi entrarono completamente nella romanizzazione. Le loro città divennero municipalità romane, e iniziarono forzatamente a utilizzare la lingua latina: nel giro di 3-4 generazioni, gli Etruschi persero completamente l’uso della loro lingua. E lo avevano anche previsto: sapevano che la loro civiltà di sarebbe conclusa nel corso di quello che per noi è il I secolo dopo Cristo. Eppure, tantissimo è rimasto, di loro. Erano uno dei popoli più religiosi dell’antichità, oltre che uno dei più evoluti sul piano sociale e culturale. Avevano espressioni artistiche uniche, incredibili.A volte imitavano l’arte greca, tendevano a prendere il meglio delle culture altrui. Erano in grado di realizzare ceramiche di tipo attico, “made in Etruria”, addirittura superiori alle originali: e le esportavano, anche per dare fastidio al commercio dei greci. Ci hanno lasciato testimonianze straordinarie: scultoree, di fusione del bronzo. Per non parlare delle opere idrauliche: anche nei pressi di Firenze hanno trovato antichi acquedotti etruschi, potenzialmente ancora funzionanti. E nonostante questo, le Sorvintendenze continuano a ignorare certi ritrovamenti. Ci sono tantissimi siti etruschi in rovina, coperti dalle erbacce. Tombe meravigliose, le cui pitture stanno scomparendo: mai state oggetto di una adeguata conservazione. Quello etrusco – ripeto – è un popolo volutamente dimenticato, perché dà fastidio. Gli Etruschi fondavano ogni istante della loro vita sul confronto con le divinità. La Disciplina Etrusca era fondata su determinati libri, andati perduti (almeno, ufficialmente). Ne è rimasto ben poco, anche se nell’800, in Inghilterra, pare sia spuntata una trascrizione dei Libri Sibillini, o ciò che ne resterebbe (impossibile verificare, dato che non disponiamo più degli originali).Sappiamo comunque che gli Etruschi dividevano il territorio secondo una geografia sacra incredibilmente strutturata. Non solo conoscevano la precessione degli equinozi e le dinamiche dei solstizi, ma costruivano ogni loro sito secondo precisi schemi di geografia sacra. Nulla era mai costruito a caso, neppure la singola abitazione privata: tutto andava realizzato su determinati punti del terreno, che erano sacralizzati dal lucumone o dal sacerdote. Quei luoghi dovevano emanare determinate energie ctonie, telluriche, in sintonia con gli dèi. Costruire un edificio in un luogo non propizio, considerato funesto dalle regole della Disciplina Etrusca, sarebbe stato un sacrilegio. Piuttosto che far passare una strada in un’area inadatta, cioè fuori dalle direttrici delle “porte solstiziali”, erano capaci di spianare una collina, affrontando un lavoro di mesi.Un grande ricercatore come Giovanni Feo, appena scomparso, è stato forse tra i pochissimi a capire davvero l’anima del popolo etrusco. Ci ha lasciato libri bellissimi, che ci spiegano l’origine della religiosità fondata sulla Disciplina Etrusca e il rapporto costante che avevano con gli dèi. Interrogavano le forze della natura in ogni cicostanza, per le azioni più importanti: e attendevano i responsi, che poi ottenevano (così almeno interpretavano la caduta di un fulmine, il volo di alcuni uccelli). Il loro era un rapporto di simbiosi – forte, irrinunciabile – con le forze della natura, sia quelle del sottosuolo che quelle degli dèi celesti. E’ un popolo fondamentale, per le nostre origini: e tuttora se ne parla il meno possibile, e non certo in modo corretto. La reticenza sugli Etruschi, in sostanza, non fa che confermare l’inattendibilità spesso tendenziosa di una archeologia cattedratica che stenta a riconoscere alcune tra le più importanti scoperte sulla nostra vera origine, proprio perché la costringerebbero ad archiviare il suo paradigma convenzionale, ormai superato.(Nicola Bizzi, dalla trasmissione “Etruschi: origine e storia di una civiltà scomoda”, in diretta streaming il 1° agosto 2021 nella rubrica “Il Sentiero di Atlantide”, sul canale YouTube “Facciamo Finta Che”, di Gianluca Lamberti. Nel libro “I Minoici in America”, Bizzi svela come l’archeologia stenti ancora a riconoscere come i Popoli del Mare, di origine titanico-atlantidea secondo la tradizione eleusina, abbiano dominato il Mediterraneo e l’Atlantico ben prima dell’affermarsi delle civiltà successive – mesopotamica, egizia, greco-romana).Vi hanno raccontato della necessità assoluta di inocularvi non si sa bene cosa, per poter continuare a vivere liberi e sereni? Se è per questo, vi avranno anche detto che i misteriosi Etruschi erano di origine italiana. E’ normale, dice Nicola Bizzi: l’archeologia ufficiale si comporta sempre così, quando si imbatte in verità scomode. Negazionismo accademico? Fate voi. Però sappiate – avverte Bizzi, sul canale YouTube “Facciamo Finta Che”, di Gianluca Lamberti (di seguito, il testo integrale) – che i nostri antenati etruschi venivano dall’Anatolia, cioè dal mare. Arrivarono via nave dalle coste meridionali della Turchia: Lidia, Misia. In altre parole, dalle parti di Troia: infatti, Roma accettava che il suo mitico fondatore (Enea) fosse un profugo troiano. La migrazione dalle coste dell’attuale Turchia la confermano storici come Erodoto ed Ellanico. In Italia, si tace sulla Cultura di Rinaldone fiorita sul Lago di Bolsena (con scheletri anatolici spariti nel nulla) e sugli imponenti palazzi “cretesi” emersi a Luni sul Mignone, tra Roma e Viterbo. Silenzio anche sulle scoperte dei genetisti: in Toscana e Lazio, il 30% degli abitanti ha un corredo genico anatolico. Viene dall’oltremare anche la più famosa razza bovina toscana, la Chianina. Perché fanno così paura, gli Etruschi? Forse perché avevano una società matriarcale “titanica” che introdusse in Italia una civiltà “inspiegabilmente” evoluta già nel 2500 avanti Cristo?
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Censura annullata: riecco il video MrTv sulle cure precoci
Una buona notizia: YouTube si è rimangiata la censura e ha pubblicato il video sulle terapie domiciliari per il Covid, che aveva bannato prima ancora che venisse messo online. «Lo avevamo appena caricato sul canale, e ci era subito arrivato l’altolà, con minacce precise: un secondo “incidente” ci sarebbe costato la sospensione del canale per una settimana, e una terza contestazione avrebbe comportato addirittura la chiusura del canale», afferma Roberto Hechich, una delle anime di “MrTv”, la web-tv del Movimento Roosevelt. Pietra dello scandalo, la diretta della manifestazione dell’8 maggio a Roma, promossa da Erich Grimaldi con medici e infermieri per rivendicare il diritto alla cure precoci. In piazza, per “MrTv”, la giornalista “rooseveltiana” Monica Soldano. Vietato anche solo parlare di cure vere e proprie, ben oltre il ridicolo protocollo ancora in vigore, che si limita alla Tachipirina e alla “vigile attesa”? Per inciso: proprio il mancato riconoscimento dell’esistenza delle (ormai tante) terapie efficaci – ricorda Massimo Mazzucco in un recente video-reportage – ha consentito di arrivare all’autorizzazione d’emergenza per i vaccini, che lo stesso governo Draghi considera l’unica soluzione per uscire dalla crisi-Covid.E com’è che la censura è stata sconfitta, nel caso del video oscurato preventivamente? «Più che YouTube – spiega Hechich – abbiamo accusato direttamente il governo e in particolare il ministero della sanità, per aver chiesto ai media – già nel 2020 – di ridurre o addirittura eliminare le notizie sgradite». Hechich ringrazia i cittadini che hanno sottoscritto la petizione che il Movimento Roosevelt ha inoltrato all’Agcom, anche attraverso una raccolta di firme su “Change.org”. «La situazione si è poi sbloccata di fronte alla seconda protesta rivolta a YouTube da un nostro attivista, Marco Ludovico: video finalmente pubblicato, con tante scuse da parte di YouTube». Si domanda lo stesso Ludovico: «Perché vengono prese di mira proprio le idee? Se attraggono tanta attenzione, forse non sono così inutili e così ininfluenti, come troppe volte si tende lasciar credere». E poi: «Se esprimo un’opinione (giusta o sbagliata) questo non dovrebbe essere così pericoloso, specie se sono gli stessi grandi media ad aver cambiato idea su tutto, in merito al Covid, nell’arco di appena un anno». E questo, per Marco Ludovico, «dimostra che una verità assoluta non esiste, neppure sul Covid».Roberto Hechich invoca il ritorno all’educazione civica, fin dalla più tenera età: «Bisogna abituare le persone a pensare con la propria testa, a ricostruire l’origine di una notizia e a capire la differenza tra una fake news (una notizia falsa) e una notizia vera». Per Hechich, se è abbastanza facile riconoscere una bufala, è più complicato riconoscere «le notizie più insidiose, cioè quelle manipolate, in parte vere e in parte no». E attenzione: «Proprio la censura preventiva, su idee e interpretazioni come quelle che noi diffondiamo, non fa altro che disabituare le persone a distinguere tra una notizia manipolata e una semplice, legittima interpretazione». Marco Moiso, altro esponente di primo piano del Movimento Roosevelt, condanna la deriva autoritaria (con censure a tappeto sui social) introdotta con la gestione emergenziale del Covid: «Un fortissima stretta, senza precedenti, alla libertà di espressione». Moiso fa notare che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, cui si ispirano i “rooseveltiani”, fu scritta praticamente in contemporanea con la Costituzione italiana nell’immediato dopoguerra, nel momento storico dell’uscita dalle dittature.«Tutti hanno diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero, e la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure: così recita l’articolo 21 della Carta costituzionale italiana». Ancora più esplicito l’articolo 19 della dichiarazione universale promossa all’Onu da Eleanor Roosevelt: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo». Moiso rivolge un appello politico agli «amici di una sedicente sinistra, che spesso pretende di parlare da un pulpito di presunta superiorità morale o culturale». Ovvero: «La libertà di esprimere le proprie idee è anche libertà di dire cazzate, incluse le fake news». Tradotto: «La libertà va garantita sempre, a prescindere dal contenuto», sottolinea Moiso. «Vuol dire lasciar parlare proprio tutti: persino chi dice cose antitetiche anche al sistema di diritti nel quale vive la società occidentale».Questo, secondo Moiso, è il grande vizio di oggi: «Il dibattito è polarizzato tra persone convinte di esprimere posizioni nel bene dell’interesse collettivo e posizioni ritenute non legittime. Quindi, chi pensa di essere nel giusto si considera legittimato a censurare chi voglia diffondere un’idea difforme, rispetto a quella del mainstream dominante». Lo stesso Moiso cita l’insigne linguista Noam Chomsky, considerato uno dei massimi referenti politico-culturali del vero progressismo mondiale: è facile parlare di libertà di espressione laddove le persone dicono quello in cui crediamo noi, dice Chomsky; ma se siamo onesti con noi stessi, aggiunge, dobbiamo concludere che non siamo molto lontani dall’Urss o dal nazismo, se arriviamo a censurare, come non legittime, le opinioni che non condividiamo. La storia degli ultimi 15 mesi, che ha sprofondato anche l’Italia in una palude di autoritarismo “sanitario”, è figlia di una lunga torsione post-democratica, collaudata sul terreno dell’economia (con la “religione” del neoliberismo), ora approdata al tema della salute, con la nuovissima “religione” del Covid, che penalizza le terapie per lanciare i vaccini (zittendo anche i sanitari, e le voci come quella di “MrTv”).Una buona notizia: YouTube si è rimangiata la censura e ha pubblicato il video sulle terapie domiciliari per il Covid, che aveva bannato prima ancora che venisse messo online. «Lo avevamo appena caricato sul canale, e ci era subito arrivato l’altolà, con minacce precise: un secondo “incidente” ci sarebbe costato la sospensione del canale per una settimana, e una terza contestazione avrebbe comportato addirittura la chiusura del canale», afferma Roberto Hechich, una delle anime di “MrTv”, la web-tv del Movimento Roosevelt. Pietra dello scandalo, la diretta della manifestazione dell’8 maggio a Roma, promossa da Erich Grimaldi con medici e infermieri per rivendicare il diritto alla cure precoci. In piazza, per “MrTv”, la giornalista “rooseveltiana” Monica Soldano. Vietato anche solo parlare di cure vere e proprie, ben oltre il ridicolo protocollo ancora in vigore, che si limita alla Tachipirina e alla “vigile attesa”? Per inciso: proprio il mancato riconoscimento dell’esistenza delle (ormai tante) terapie efficaci – ricorda Massimo Mazzucco in un recente video-reportage – ha consentito di arrivare all’autorizzazione d’emergenza per i vaccini, che lo stesso governo Draghi considera l’unica soluzione per uscire dalla crisi-Covid.