Archivio del Tag ‘F-35’
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Frantumare il mondo: a chi serve la macchietta Renzi
Se avete visto il magnifico e sconvolgente “The wolf of Wall Street”, di quel bimbo di Andersen (“Il re è nudo”) che è Martin Scorsese, avrete compreso l’affinità antropologica tra quei cannibali e il loro sottoprodotto al mandolino, Renzi. Ma, per capire il modello che stanno mettendo in opera, conviene fare un breve elenco dei tratti fisiognomici di una classe di criminali che ha imperversato sulle Americhe e poi sul mondo dalla Mayflower in qua. Dal genocidio degli indio-americani a oggi, gli Usa hanno superato qualsiasi altro Stato della storia per numero di guerre e vittime; in media una guerra all’anno, sempre portate, mai ricevute. Dal 1945 al 2014 sono intervenuti militarmente in 90 paesi. Attualmente sono impegnati con forze speciali, Ong, quinte colonne, bombardieri e droni, colpi di Stato effettuati o tentati, sanzioni, destabilizzazioni e mercenariato surrogato, in 135 paesi.I serial-mass-killer insediati nella Casa Bianca dal 1991 hanno ammazzato 3 milioni in Iraq, 40 mila in Afghanistan, 4000 in Serbia, 100 mila in Libia, 130 mila in Siria, migliaia in Pakistan, Yemen, Somalia. Altri milioni li hanno fatti uccidere da proconsoli e ascari in Ruanda (dove si sono confrontati Francia e Usa per chi facesse scannare più hutu), Congo, Mali, Rac, Latinoamerica. E abbiamo saltato Vietnam, Corea, Centroamerica. Con il 4% della popolazione mondiale contano per il 75% dell’inquinamento globale, l’80% del traffico e consumo di stupefacenti e il 65% dell’acqua dolce del mondo è stata avvelenata dagli agro-tossici Usa. Ogni anno la polizia Usa uccide più di 5.000 persone disarmate. Con 2,5 milioni di detenuti, sono il paese con il più alto tasso di carcerazione del mondo. Lo 0,01 più ricco possiede il 23% della ricchezza nazionale, il 90% più povero il 4%. La loro teoria economica chiamata “crisi” ha procurato al 3% un più 75% di ricchezza, alle multinazionali più 171%.Una macchina da devastazione, saccheggio, terrorismo e morte che, nel nostro paese, ha espettorato una serie di zombie addestrati a tirarsi uova marce di giorno e banchettare insieme di notte, come dal ‘700, sotto varie denominazioni, partito repubblicano e partito democratico nordamericani insegnano. E, come in ogni teatro di marionette che si rispetti, i pupi si scambiano i ruoli, a seconda delle temperie e delle urgenze di “cambiamento” e “innovazionie”, da Bertinotti a Renzi, da Occhetto a Letta, da Berlusconi ai fascisti dichiarati. Di questo avvicendarsi di parti in commedia oggi vediamo l’espressione più chiara, del tutto de-mimetizzata: il blob che si definisce centrosinistra, socialdemocrazia, rappresentante di classe operaia e ceti popolari, mette in campo un manipolo di trucidi e sciacquette che soffiano al finto avversario il modello Chiesa-Wall Street-Pentagono-mafia; gli altri, mutati da grassatori, puttanieri, ladri, in “moderati”, saltano il fosso e si pretendono a fianco di operai, ceti medi scarnificati, euroschifati e perfino Putin.Di tutto questo l’incarnazione più lineare è il capobastone del Colle, transitato dagli inni ai carri sovietici di Budapest a quelli agli F-35 Usa. E’ vero che il sangue nelle vene di costoro, se non intorbidito, si deve essere un bel po’ diluito, se riusciamo a resistere in poltrona davanti a certi vaudeville, oltre a tutto sempre più Grand Guignol. Con, per opposizione, solo una ruspa truccata da tanko di chi si vorrebbe fare lo stesso spettacolo tutto da solo. Lo stupefacente e agghiacciante fatto che un saltimbanco, incolto e abissalmente ignorante, spargitore di fuffa tossica, manifestamente imbroglione e bugiardo al solo sguardo volpino da pusher, al solo arricciarsi della boccuccia a culo di gallina, possa aver affascinato, interessato, anche solo incuriosito, questi vasti pezzi di società italiana (fuori se la ridono), è la dimostrazione di cosa ci hanno fatto vent’anni di vaudeville berlusconiana, con la stuoina “centrosinistra” a fargli strofinare le scarpe.Il volgare e mediocre Stenterello schiamazzone, accademico ineguagliato di populismo, restauratore mascherato da rottamatore, confezionato con un tweet di Bilderberg e carburato da euro-merda e cianuro, ha fatto meglio in pochi mesi di Andreotti in quarant’anni. Si permette di definirsi rullo compressore e, pur essendo di cartone, l’ignavia di massa gli consente di fare il lavoro dello schiacciasassi che tutto asfalta e sotto cui niente vive. Assimilata la pseudo-opposizione parlamentare sindacale e mediatica, quella residua delle istituzioni e dell’intelletto è considerata stravaganza di comici e, insistendo in piazza, eversione e terrorismo (vedi No Tav o No Muos). Nessun Mussolini, nessun Hitler e nemmeno i falsari elettorali delle democrazie borghesi avrebbero avuto la protervia di presentarci una legge elettorale così spudoratamente da roulette truccata con la calamita sotto. Una legge che vieta agli elettori di scegliere i loro rappresentanti, che, escludendo da ogni voce in capitolo milionate di cittadini, dà, alla tibetana, potere di vita e di morte sui sudditi a chi arriva al 20% del 50% di italiani che votano.Neanche la Gorgone Fornero, del rettilario bancario, avrebbe osato sognare la socialdemocratica riduzione in panico e schiavitù delle generazioni presenti e a venire, grazie ai 36 mesi a tempo determinato, a zompi intervallati di 4 mesi, dopodiché fuori dalle palle e sotto un altro. Infine, per elevare l’indispensabile tasso di criminalità, il bellimbusto pitocco fa passare una legge sulla custodia cautelare che esime dal gabbio quelli che, forse, si beccherebbero fino a 4 anni, cioè in prima fila i compari elettori e finanziatori dai colletti bianchi. Dopo l’avvenuta evirazione dei Comuni, abolizione delle provincie per collocare negli enti sostitutivi altri 30 mila clienti, come dimostrato dai Cinque Stelle, ma soprattutto per togliere di mezzo gli organismi intermedi di rappresentanza, potenzialmente più vicini al territorio e più distanti dalle cosche apicali. Obliterazione, grazie allo tsunami propagandistico dei “costi della politica”, di quell’istanza d’appello e di controllo che è il Senato. La sua scomparsa, per risparmiare, dicono, 300 milioni (fatti passare per 1 miliardo) ci costerà quanto costò alle libertà romane, nel passaggio dalla Repubblica al Principato, il Senato trasformato in innocua camera di compensazione di latifondisti e usurai. Riduzione delle pene per il voto di scambio, per chi si fa comprare – e obbligare – dai voti procurati dall’altra criminalità, a conferma dell’unità di gestione aziendale di Stato e mafia.Mascherine da festa cotillon che si agitano ai piani bassi dei palazzi dove, in alto, si scatenano i lupi mannari di Wall Street. Rispetto a quella realizzata nel ‘22, la loro dittatura in fieri parrebbe l’avanspettacolo di Bonolis a fronte di una tragedia di Euripide. Ma le cose stanno molto peggio. Rispetto ai triumviri e federali di Mussolini, ai gauleiter e feldmarescialli di Hitler, fenomeno assediato dal resto del mondo, questi sono i tentacoli di una piovra gigante che abbranca mezzo emisfero, tre quarti di tutte le bombe atomiche, mezzo patrimonio produttivo e finanziario, le tecnologie di controllo e soppressione più avanzate e la complicità del più potente istituto per la manipolazione religiosa di coscienze di tutti i tempi. A proposito di quest’ultimo, capeggiato oggi dal quasi-santo Francesco, a strappare i veli dall’umile buonismo esibito da costui basta la pronuncia della gerarchia cattolica del Venezuela, capeggiata dal nunzio nominato dal papa, Parolin, avverso al “despota” Maduro, e a sostegno delle bande di terroristi scatenati dalla Cia contro la nazione bolivariana. Oscenità imperialista che si affianca alla nomina a consigliere del papa di Oscar Maradiaga, primate dell’Honduras e complice di quei golpisti che proseguono nella strage di oppositori, contadini e indigeni. Fin dal suo primo “buonasera”, si sarebbe dovuto capire che il Bergoglio silente tra i generali argentini sarebbe stato l’anti-Chavez dell’America Latina.Del rilievo dato al burattino italiota dalla strategia del Nuovo Ordine Mondiale sono stati testimoni gli augusti visitatori che si sono precipitati a Roma a completare l’agenda che a Renzi era stata commissionata nei giri per Londra, Berlino, Bruxelles e Parigi. Per Obama, d’intesa con il proconsole sul Colle, è stata la consueta intimazione-consacrazione del vassallo di turno. Per la regina Elisabetta è stato il rinnovo del patto tra classe dirigente italiana e la secolare loggia Rothschild-Windsor, sancito nel 1992 in forma definitiva sul suo yacht “Britannia”, quando emissari come Soros, Draghi, Andreatta e bancari vari, concordarono con Ciampi e poi Amato e Prodi la privatizzazione dell’Italia e la sua riduzione a piattaforma mediterranea di guerre d’aggressione e a hub del traffico di energia e stupefacenti, terra di rapina per multinazionali perfezionata nel Ttip, “Partneriato Transatlantico per Commercio e Investimenti”.Prima mossa domestica, capitoletto dell’ordine di servizio imperiale eseguito in Ucraina, Venezuela, Iran, Siria, non i soli F-35, ma la messa fuori gioco di Paolo Scaroni, ad dell’Eni. Non si tratta di compiangere un lestofante, con stipendio milionario, che s’è aperto la strada verso giacimenti e rotte petroliferi in tutto il mondo a forza di creste e tangenti. Così fan tutte ed è la condizione in questo mondo di merda per assicurare al tuo paese rifornimenti energetici. Specie se di fornitori incorrotti ne hai solo uno, il Venezuela e quell’altro onesto, la Libia, l’hai regalato ai terroristi Al Qaida. E per farcene prevedere la detronizzazione basterebbe la corifea delle banche (“basta col contante, tutto per via bancaria”), Milena Gabanelli, con la sua ossessiva denuncia delle malefatte del capo dell’Eni, in “profonda sintonia” con l’avversione al tipo da parte di governanti e petrolieri angloamericani, per le libertà che si prendeva nel saltare, insieme a russi, iraniani, africani e centroasiatici, i tubi del petrolio e del gas sotto controllo Usa. Per molto meno Enrico Mattei e Giorgio Mazzanti furono fatti fuori, uno per attentato, l’altro per scandalo.Sette sorelle, vecchie, ma sempre arrapate. In un sistema in cui i petrolieri texani devono tenere in mano il rubinetto dell’energia e neutralizzare, come predica Brzezinski, demonio all’orecchio di Obama, Bush, Clinton, Reagan e Nixon, la fisiologica tentazione europea verso l’orizzonte euroasiatico, uno come Scaroni risulta incompatibile. Ci vogliono, come per la Jugoslavia, quinte colonne imperiali che contribuiscano alla debolezza e subalternità del proprio continente e dei suoi singoli Stati. Renzi è perfetto. Il frenetico tour di Obama tra i valvassori europei e partner del Golfo va visto in sinergia con le mattanze in atto in Afghanistan, avamposto asiatico anti-russo, il caos creativo del terrorismo nel Pakistan nucleare, le stragi da droni in Somalia e Yemen, capisaldi geostrategici non normalizzati, lo sminuzzamento della Siria antisraeliana, come prima della Libia, le spedizioni degli ascari francesi nel Sahel dell’uranio e del petrolio, lo spolpamento dell’Ucraina dagli enormi terreni da assegnare alle multinazionali del cibo e dell’agrocombustibile e dei missili da piazzare sui piedi di Putin, lo scatenamento del naziterrorismo contro il Venezuela bolivariano.E’ in gioco una dittatura mondiale, fatta gestire agli Usa con stampelle anglosassoni che, attraverso il controllo del rubinetto dell’energia, regoli i rapporti di forza globali. Il Pakistan e l’Iran non devono realizzare l’oleodotto che li unirebbe. Iran, Iraq e Siria non si sognino di approvvigionare, con una nuova pipeline, l’Europa. Russia ed Europa non devono collegarsi tramite i due tubi “North Stream” e “South Stream”. Il Venezuela la deve smettere di assicurare a basso prezzo e con notevoli ricadute politiche e sociali i paesi poveri dell’area e, magari, domani l’Europa. I recentemente scoperti enormi giacimenti di gas nel bacino est del Mediterraneo devono essere sottratti a titolari come Siria, Libano, Gaza, Egitto (apposta paralizzati da costanti fibrillazioni indotte) e Cipro e messi tutti sotto controllo israeliano. Ovunque, in questi fastidi recati a “Big Oil”, c’è stata anche lo zampino dell’Eni di Scaroni (“Senza il gas russo siamo nei guai”). Tutti i percorsi indicati lacerano per il lungo e per il largo la rete sotto controllo anglo-franco-statunitense, solleticano l’insubordinazione dell’America Latina, legano Europa ai detestati Russia e Iran, garantiscono i rifornimenti alla secca Cina.Fratturare il mondo? Lo strumento si chiama scisti. Il metodo per estrarli dal sottosuolo, “fracking”, fratturazione idraulica. L’esito, la destabilizzazione del pianeta dalle profondità alla superficie, l’inquinamento delle falde e dei terreni attraverso l’immissione forzata di enormi quantità d’acqua mista a sostanze chimiche tossiche che spaccano la roccia e liberano le riserve fossili. E, come sperano, la graduale riduzione dei flussi dagli Stati indipendenti, sostituiti dal gas liquefatto che dai destinatari deve poi essere rigassificato. Costi di gran lunga superiori all’estrazione dai giacimenti e perfino alle energie rinnovabili (quelle che i petrolieri raccomandano a Sgarbi di demonizzare) e, perciò, uso della potenza militare, di cecchini nazisti, tagliagole jihadisti e vicerè obbedienti, per imporne l’inconveniente adozione.Il commercio tra Europa e Russia è 10 volte quello tra Europa e Usa. L’Europa orientale trae un terzo della sua energia dalla Russia e una bella fetta dall’Iran. L’Italia quasi metà, con il resto che arriva dall’Algeria, anche per questo in costante guerra di bassa intensità con le armate di complemento jihadiste, non più dalla Libia, e da fonti minori. Berlino ha 6.000 aziende operanti in Russia. Unica a far valere questa situazione è la Germania, che tenta una resistenza sia alle sanzioni a Mosca, sia alla deriva nazista dell’Ucraina favorita dagli Usa (il suo candidato al governo di Kiev era il “moderato” Klitschko, “fottuto”, nelle sue stesse parole, dalla sottosegretaria Usa, Nuland, con il candidato amerikano Jatseniuk). Renzianamente, Obama (vengono tutti dalla stessa caverna) ha promesso a noi e agli altri bischeri europei tanto gas dai suoi scisti da farci rinunciare a quello finora preso dalla Russia. E’ vero che le riserve nordamericane sembrano vaste e sono già fratturate da migliaia di trivelle (con altrettante rivolte della popolazione locale).Ma, se l’Europa ha un po’ di rigassificatori per il gas liquefatto negli Usa, questo paese non dispone neanche di un solo liquefattore. Nella migliore delle ipotesi il gas da scisti arriverà in Europa fra quattro anni, convogliato dal primo liquefattore costruito, capace di spedirci la miseria di 4 miliardi di Bcf di gas al giorno. Basta appena per il Belgio. E ricordiamo: il fracking per scisti incastrati tra rocce da far esplodere, e che dovrà col Ttip essere imposto a un’Europa che già si è dichiarata disponibile e ha iniziato a spaccare il sottosuolo (anche in Italia), sarà costosissimo e quindi provocherà ribellioni tra i consumatori. Sconvolge la pancia della Terra con l’immissione forzata di gigantesche quantità d’acqua – in prospettiva della guerra dell’acqua che si sta per scatenare in tutto il pianeta – e conseguente rottura verticale e orizzontale di ciò che stabilizza i nostri piedi e le nostre case. Scarseggerà l’acqua per bere, per irrigare, per tutto, e conflitti e mega-migrazioni sconvolgeranno quel che resta della stabilità globale.(Fulvio Grimaldi, estratti dall’intervento “Il fracking di Renzi e quello di Obama”, dal blog di Grimaldi dell’8 aprile 2014).Se avete visto il magnifico e sconvolgente “The wolf of Wall Street”, di quel bimbo di Andersen (“Il re è nudo”) che è Martin Scorsese, avrete compreso l’affinità antropologica tra quei cannibali e il loro sottoprodotto al mandolino, Renzi. Ma, per capire il modello che stanno mettendo in opera, conviene fare un breve elenco dei tratti fisiognomici di una classe di criminali che ha imperversato sulle Americhe e poi sul mondo dalla Mayflower in qua. Dal genocidio degli indio-americani a oggi, gli Usa hanno superato qualsiasi altro Stato della storia per numero di guerre e vittime; in media una guerra all’anno, sempre portate, mai ricevute. Dal 1945 al 2014 sono intervenuti militarmente in 90 paesi. Attualmente sono impegnati con forze speciali, Ong, quinte colonne, bombardieri e droni, colpi di Stato effettuati o tentati, sanzioni, destabilizzazioni e mercenariato surrogato, in 135 paesi.
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Guerra e gas, obbedire a Obama è un pessimo affare
Dall’abbraccio mortale con Obama abbiamo tutto da perdere, se il presidente americano pretende che l’Europa si prepari a una guerra – fredda, o addirittura calda – con la Russia di Putin. Lo sostiene Manlio Dinucci, considerando il “pacco atlantico” che la Casa Bianca ha proposto all’Unione Europea. Per dirla con Susan Rice, consigliera per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, la loro missione consiste nel «premere per l’unità dell’Occidente» di fronte alla «invasione russa della Crimea». Primo passo, l’ulteriore rafforzamento della Nato, cioè «l’alleanza militare che, sotto comando Usa, ha inglobato nel 1999-2009 tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia, tre dell’ex Urss e due ex repubbliche della Jugoslavia (distrutta dalla Nato con la guerra)». Inarrestabile marcia verso est: basi, forza militare, capacità nucleare, “scudo antimissile” per minacciare Mosca. Fino al “golpe” di Kiev che ha spinto la Crimea a tornare sotto l’ala del Cremlino. Completa il quadro lo sviluppo del Trattato Transatlantico, il Ttip, detto anche “la Nato economica”, funzionale al sistema geopolitico Usa.Significativo, scrive Dinucci sul “Manifesto”, è che la visita di Obama in Europa si sia aperta con il terzo summit sulla sicurezza nucleare: una creazione dello stesso Obama, «non a caso Premio Nobel per la Pace», per “mettere in sicurezza” l’immenso arsenale atomico occidentale: alle 8.000 testate nucleari americane, tra cui 2.150 pronte al lancio, si aggiungono le 500 testate francesi e britaniche, che portano il totale Nato a oltre 2.600 testate pronte al lancio, a fronte delle circa 1.800 russe. Potenziale ora accresciuto dalla fornitura del Giappone agli Usa di oltre 300 chili di plutonio e una grossa quantità di uranio arricchito adatti alla fabbricazione di armi nucleari, cui si aggiungono 20 chili da parte dell’Italia. Nel club nucleare c’è anche Israele, l’unica potenza nucleare in Medio Oriente (non aderente al Trattato di non-proliferazione), che possiede fino a 300 testate e produce tanto plutonio da fabbricare ogni anno 10-15 bombe tipo quella di Nagasaki.Obama ha ordinato che circa 200 bombe B-61 schierate in Germania, Italia, Belgio, Olanda e Turchia (violando il trattato di non-proliferazione) siano sostituite con nuove bombe nucleari B61-12 a guida di precisione, progettate in particolare per il caccia F-35, comprese quelle anti-bunker per distruggere i centri di comando in un “first strike” nucleare. La strategia di Washington ha un duplice scopo, sostiene Dinucci: da un lato, ridimensionare la Russia, che ha rilanciato la sua politica estera (si veda il ruolo svolto in Siria) e si è riavvicinata alla Cina, e dall’altro «alimentare in Europa uno stato di tensione che permetta agli Usa di mantenere tramite la Nato la loro leadership sugli alleati». Alcuni sono veri e propri alleati, come la Germania: «Con il governo tedesco Washington tratta per la spartizione di aree di influenza». Con altri, come l’Italia, semplici paesi satelliti, la Casa Bianca «si limita a pacche sulle spalle sapendo di poter ottenere ciò che vuole».Contemporaneamente, continua Dinucci, Obama preme sugli alleati europei perché riducano le importazioni di gas e petrolio russo. Obiettivo non facile. L’Unione Europea dipende per circa un terzo dalle forniture energetiche russe: Germania e Italia per il 30%, Svezia e Romania per il 45%, Finlandia e Repubblica Ceca per il 75%, Polonia e Lituania per oltre il 90%. L’amministrazione Obama, scrive il “New York Times”, persegue una «strategia aggressiva» che mira a ridurre le forniture energetiche russe all’Europa: essa prevede che la Exxon Mobil e altre compagnie statunitensi forniscano crescenti quantità di gas all’Europa, sfruttando i giacimenti mediorientali, africani e altri, compresi quelli statunitensi la cui produzione è aumentata permettendo agli Usa di esportare gas liquefatto.In questo quadro rientra la “guerra dei gasdotti”: obiettivo statunitense è bloccare il Nord Stream, che porta nella Ue il gas russo attraverso il Mar Baltico, e impedire la realizzazione del South Stream, che lo porterebbe nella Ue attraverso il Mar Nero. Entrambi i grandi gasdotti aggirano l’Ucraina, attraverso cui passa oggi il grosso del gas russo, e sono realizzati da consorzi guidati dalla Gazprom di cui fanno parte compagnie europee. Paolo Scaroni, numero uno dell’Eni, ha avvertito il governo che, se venisse bloccato il progetto South Stream, l’Italia perderebbe ricchi contratti, come l’appalto da 2 miliardi di euro che la Saipem si è aggiudicata per la costruzione del tratto sottomarino.Dall’abbraccio mortale con Obama abbiamo tutto da perdere, se il presidente americano pretende che l’Europa si prepari a una guerra – fredda, o addirittura calda – con la Russia di Putin. Lo sostiene Manlio Dinucci, considerando il “pacco atlantico” che la Casa Bianca ha proposto all’Unione Europea. Per dirla con Susan Rice, consigliera per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, la loro missione consiste nel «premere per l’unità dell’Occidente» di fronte alla «invasione russa della Crimea». Primo passo, l’ulteriore rafforzamento della Nato, cioè «l’alleanza militare che, sotto comando Usa, ha inglobato nel 1999-2009 tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia, tre dell’ex Urss e due ex repubbliche della Jugoslavia (distrutta dalla Nato con la guerra)». Inarrestabile marcia verso est: basi, forza militare, capacità nucleare, “scudo antimissile” per minacciare Mosca. Fino al “golpe” di Kiev che ha spinto la Crimea a tornare sotto l’ala del Cremlino. Completa il quadro lo sviluppo del Trattato Transatlantico, il Ttip, detto anche “la Nato economica”, funzionale al sistema geopolitico Usa.
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Muos, il silenzio è d’oro: ecco perché i giornali tacciono
Il silenzio è d’oro: meno si parla di missili, droni e Muos, più l’imprenditoria finanziaria italiana – collegata alla grande stampa – farà affari col Pentagono. Ecco perché «la Sicilia è diventata una capitale mondiale dei droni, ma questo non è assolutamente argomento all’ordine del giorno a livello politico e mediatico nel nostro paese», accusa Antonio Mazzeo, da sempre in prima linea contro gli abusi dell’industria degli armamenti. Il nuovo sistema bellico targato Usa di stanza in Italia è un progetto che va ben oltre la semplice trasmissione di informazioni: oltre agli effetti devastanti sul territorio, l’ambiente e la salute delle popolazioni, la stazione Muos sarà un punto di riferimento fondamentale per i droni, sempre più usati in Medio Oriente per la “lotta al terrorismo” e nel nel cuore del Mediterraneo per l’individuazione e il “respingimento” dei barconi coi migranti. Tutto questo nel silenzio quasi totale dei media, nonostante le proteste No-Muos per l’installazione definitiva delle tre enormi parabole a Niscemi.L’ultimo libro di Mazzeo, “Il MUOStro di Niscemi. Per le guerre globali del XXI secolo”, offre un’analisi meticolosa e dettagliata su questo sistema di controllo e comunicazioni satellitare della Marina degli Stati Uniti. Il Muos, dice Mazzeo a Stefano Nanni e Anna Toro di “Osservatorio Iraq” in un’intervista ripresa da “Micromega”, sarà «uno strumento di guerra che a livello mondiale contribuirà a modificare radicalmente la gestione dei conflitti». Le tre antenne montate a Niscemi fanno parte dell’insieme di parabole di uno dei quattro terminali terrestri previsti a livello planetario. Il Mobile User Objective System installato in Sicilia sarà collegato con quelli dislocati alle Hawaii, in Virginia e in Australia, attraverso 5 satelliti orbitanti a 15.000 chilometri dalla Terra. L’architettura del sistema sarà pronta nel 2016, quando saranno mandati in orbita gli ultimi 3 satelliti. Compito del Muos: accelerare, anche di 10 volte, la velocità di invio di informazioni e comandi a tutti i dispositivi militari Usa nel mondo. Compresi i droni, che il ormai Pentagono impiega “a sciami” nella sua strategia di attacco: e Niscemi, a due passi da Sigonella, consentirà di “corpire” Africa, Mediterraneo e Medio Oriente.Non secondario, dice Mazzeo, il ruolo del Muos per il controllo militare dei flussi di migranti, in linea con la missione dell’agenzia europea Frontex. La stessa operazione Mare Nostrum, lanciata dal governo Letta e presentata come un’operazione umanitaria per evitare che si ripetano stragi come quella di Lampedusa del 3 ottobre 2013, in realtà «sta diventando un laboratorio sperimentale per l’uso dei droni: non solo in una funzione di vigilanza e monitoraggio ma anche di vera e propria guerra ai migranti». Risale a fine novembre un accordo tra Italia e Libia per consentire ai droni Predator (di stanza ad Amendola in Puglia ma presto trasferiti a Sigonella e Trapani) di sorvegliare lo spazio aereo libico fino ai confini col Ciad e col Sudan. «Non solo per vigilare e informare le unità navali, ma di fatto anche per individuare eventuali flussi di migranti che provengono dall’Africa Sub-Sahariana, così da avvertire direttamente le autorità libiche: in questo modo, grazie all’operazione Mare Nostrum, si rende possibile dispiegare le operazioni di contenimento e di respingimento ben prima del Mediterraneo».La Sicilia ha protestato con tutte le sue forze per l’impatto ambientale dell’installazione militare: le antenne del Muos sorgono all’interno della “Sughereta”, una delle riserve di sughero più antiche d’Europa, e lo sbancamento è avvenuto in violazione di tutte le leggi. Senza contare l’impatto sulla salute delle onde elettromagnetiche sprigionate dalle 3 maxi-antenne e dalle 46 antenne secondarie. Il governo ha demandato all’Istituto Superiore di Sanità l’ultima parola sul pericolo dell’elettromagnetismo, mentre per la decisione strategica su un impianto-mostro come il Muos il Parlamento è stato completamente scavalcato. Quasi zero anche le ricadute occupazionali: se su Vicenza piovvero 260 milioni di investimento per l’allargamento della base Dal Molin, a Niscemi ci si è limitati a meno di 15 milioni di dollari, cioè «neanche le briciole di questo enorme progetto», che è (chiavi in mano) di Lockheed Martin, «il primo complesso militare industriale a livello mondiale». Un progetto blindato dal silenzio, se non fosse per la tenace opposizione popolare del movimento No-Muos. Secondo Mazzeo, c’è stata «una enorme sottovalutazione della problematicità», come se si trattasse solo di inquinamento elettromagnetico, come ha finto di credere il presidente siciliano Rosario Crocetta.Disinformazione interessata, accusa Mazzeo: «Bisogna guardare proprio agli intrecci del complesso militare industriale e finanziario italiano con quello statunitense, da cui ovviamente dipendono buona parte dei grandi organi della stampa cartacea o radiotelevisiva: qui c’è stata una scelta – in malafede – di cercare di non parlarne, perché questo avrebbe potuto mettere profondamente in discussione i grandi interessi, quelli che portano l’Italia a dover accettare strumenti di morte, Muos, droni, il raddoppio della base a Vicenza, gli F-35 e così via». Tutte operazioni «in cui l’Italia non ci guadagna niente ma di cui al contrario si assume gli oneri, il carico sociale, economico, finanziario e, nel caso del Muos, anche ambientale». L’Italia accetta quello che altri alleati Usa rifiutano: «C’è una logica di scambio tra il capitale finanziario italiano e quello statunitense: io ti consento di trasformare la Sicilia in una roccaforte delle operazioni più sporche a livello internazionale (come le armi chimiche siriane approdate a Gioia Tauro) e tu in cambio mi consenti di diventare un partner credibile per il Pentagono».L’apparato militare Usa, infatti, è «la grande mucca da mungere a livello mondiale, in una guerra globale permanente dove proprio il Pentagono sarà certamente il principale finanziatore dei conflitti e quindi dell’acquisto di armi a livello planetario». Non è un caso che nell’ultima decade Finmeccanica si sia affermata come l’ottavo complesso a livello mondiale per giro di fatturato sulle armi. Ed ecco perché la grande stampa – collegata al capitale finanziario – evita di dire la verità sul Muos e sugli stessi droni, che invece negli Stati Uniti sono ormai un problema politico: il Congresso è spaccato e le stesse Nazioni Unite hanno dato vita a un comitato d’inchiesta sul loro uso a livello internazionale. La Sicilia è diventata «la capitale mondiale dei droni», con un’enorme concentrazione alla base di Sigonella, ma per in Italia non se ne parla. Un copione già visto, per esempio in Sardegna. «Il Muos è la punta dell’iceberg», conclude Mazzeo. Che confida però nella capacità di mobilitazione civile della protesta: le cose potrebbero cambiare, dice, se riuscissimo a spiegare agli insegnanti che si taglia l’università per finanziare la ricerca missilistica. «La crisi è strutturale perché c’è una guerra che va avanti eternamente e che noi paghiamo giorno per giorno».Il silenzio è d’oro: meno si parla di missili, droni e Muos, più l’imprenditoria finanziaria italiana – collegata alla grande stampa – farà affari col Pentagono. Ecco perché «la Sicilia è diventata una capitale mondiale dei droni, ma questo non è assolutamente argomento all’ordine del giorno a livello politico e mediatico nel nostro paese», accusa Antonio Mazzeo, da sempre in prima linea contro gli abusi dell’industria degli armamenti. Il nuovo sistema bellico targato Usa di stanza in Italia è un progetto che va ben oltre la semplice trasmissione di informazioni: oltre agli effetti devastanti sul territorio, l’ambiente e la salute delle popolazioni, la stazione Muos sarà un punto di riferimento fondamentale per i droni, sempre più usati in Medio Oriente per la “lotta al terrorismo” e nel nel cuore del Mediterraneo per l’individuazione e il “respingimento” dei barconi coi migranti. Tutto questo nel silenzio quasi totale dei media, nonostante le proteste No-Muos per l’installazione definitiva delle tre enormi parabole a Niscemi.
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Ghigliottina esangue: perché la Boldrini deve dimettersi
Dev’essere tutta colpa del nipote di Magozurlì, quel tal Carloconti che imperversa la sera su Rai-uno trainando l’ascolto del Tiggì più caro agli italiani con un programma – l’eredità – in cui una ghigliottina cala sul gruzzolo dei concorrenti che si sono sudati la vincita rispondendo a domande impegnative sostenendo che Hitler salì al cancellierato di Germania nel 1970… Il ritorno di moda di una “invenzione” talmente micidiale che ne finì vittima persino il suo ideatore deve aver affascinato una predestinata ad alte cariche istituzionali come la presidente protempore della Camera dei deputati. La butto sull’ironico perché ho letto attentamente e con rispetto una lunga e profonda discussione che alcuni “amici” si sono scambiati sul mio “profilo facebook” scatenata da un post che a mia volta avevo condiviso dal social network.Dico subito che stimo molto coloro che conosco (al di la dell’“amicizia virtuale”) e che altrettanta stima ritengo si debba accordare anche a chi non conosco personalmente ma vedo che si appassiona a ragionare – (oggi!) – di democrazia a rischio! Ma francamente non immaginavo di provocare tanta rovente discussione, raccogliendo la segnalazione di un pezzo uscito su un blog dichiaratamente caustico nei confronti di tutto ciò che pretende di essere “politicamente corretto”. Qualunque commento rischia quindi di essere inadeguato, ma se non lo si fa nell’arena virtuale – potendosi sbagliare e correggere senza aver provocato danni irreparabili – non vedo come si possa auspicare che ciò possa avvenire nelle assemblee elettive di ogni ordine e grado. In tali consessi infatti tutti, anche i migliori, devono difendere la propria squadra non fosse altro in quanto strumento per lavorare al conseguimento dei più nobili obiettivi.Io non conosco la Boldrini se non attraverso la stima di persone che ci hanno avuto direttamente a che fare nella delicata esperienza legata alla sorte degli “ultimi”, dei migranti vittima di tante tragedie consumatesi nella indifferenza quando non nell’ostilità di buona parte dell’opinione pubblica. Ma a maggior ragione chi ha alle spalle quel tipo di storia non può permettersi di “dare scandalo” quando cambia mestiere: io non so e non mi permetto di dire che meglio sarebbe stato se si fosse legata una pietra al collo piuttosto che azionare – per la prima volta in Italia – la lama di una ghigliottina. E non è possibile cavarsela dicendo che non è corso sangue e nessuna testa è caduta nella cesta.Io sto ai fatti perché, mentre “la cosa” stava succedendo, quello che lei ha fatto passare stroncando l’“abominevole ostruzionismo grillino” (ma anche di alcuni suoi “ex compagni” di Sel e degli eletti di Fratellid’italia) è un provvedimento incoerente come tutti i decreti che lo hanno preceduto, un pezzo del quale poteva anche aver requisiti di “necessità e urgenza”, quello relativo alla soppressione dell’Imu, giusta o sbagliata che sia, ma l’altro – il grazioso regalo alle peggio banche italiane e non (vedi Unicredit) – oltre ad essere a dir poco discutibile era sicuramente rinviabile (e proprio con lo scopo di poterne discutere fino in fondo). E’ di queste stesse ore la notizia dell’apposizione di una sorta di segreto di Stato sulla richiesta di Bruxelles che il Monte dei Paschi di Siena restituisca 3 dei 4 miliardi di aiuti ottenuti dal Governomonti…Ora, mentre quel che arriva dalla Commissione Ue diventa sacro e immediatamente esecutivo se si tratta di tagliare pensioni, rientrare dal deficit eccessivo o rinunciare alla italianità della mozzarella, ecco che su questa “trascurabile raccomandazione” cala il più classico dei silenzi assordanti. Che le banche siano importanti (che sia fondamentale che tornino a svolgere la funzione del credito per cui si può considerare un bene da difendere anche la loro “italianità” alla faccia della globalizzazione) è fuor di dubbio. Ma quale uso sia meglio fare di sette miliardi e mezzo di riserve valutarie della Banca d’Italia deve essere materia su cui l’opposizione possa esercitare il diritto regolamentarmene disciplinato ad opporsi. Differentemente tale decisione, come quella su Mps o l’acquisto degli F-35 diventano prerogativa dell’Abi o una scelta insindacabile dell’esecutivo, o materia del Comitato per la Difesa Nazionale presieduto da un post-comunista che si è fatto monarca!Cose ognuna delle quali rappresenta un delitto contro la democrazia assai più grave di turpiloquio, sessismo, e – secondo me – persino delle più volgari e vergognose minacce. Che condanno, sia chiaro, come hanno fatto anche molti eletti a 5stelle – nonostante l’“obbligo di difesa della casamadre” cui ho fatto cenno. Ma che sono il sintomo, non la causa della malattia. Come lo è il tentativo (sin qui fallito) dei forconi che magari (come qualcuno paventava) credevano di avere dalla loro poliziotti e camionisti, ma non sapevano che i primi si sono tolti il casco per ravviarsi i capelli e i secondi erano garantiti da Palenzona & Lupi che di banche, pedaggi autostradali e rimborsi delle accise sul gasolio sono da sempre “razzapadrona”.Ora io credo che se la Boldrini non perde occasione per rincarare la dose affermando (virgolettato) che quello dei parlamentari 5stelle è stato un “attacco eversivo”, farebbe bene a dimettersi senza bisogno che glielo chieda nessuno, perché non può non sapere che sta seduta su una polveriera incomparabilmente più destabilizzante, i cui fuochisti sono quelli che hanno manovrato i pentiti per depistare i magistrati dallo scoprire chi sono stati se non i mandanti almeno i complici “istituzionali” dalle stragi di Capaci e via d’Amelio; perché è circondata da lobbysti che decidono indisturbati in che modo usare le risorse pubbliche per i loro affari privati e quali emolumenti attribuirsi.Allora delle due l’una: o ammetti di essere inadeguato per un ruolo imparziale e ne trai le conseguenze o sei complice di un disegno che è eversivo (quello sì) di quella stessa Costituzione su cui hai giurato. E siccome di spergiuri è piena la lista di attesa, meglio se a compiere (o avallare) le inevitabili nefandezze prossime venture saranno persone dal curriculum politico spregevole e riconoscibili come tali. Spiacente, ma di difensori della classe operaia che passavano da una festa all’altra della nobiltà romana ne abbiamo gia avuto uno, e non era neanche una donna, per cui chi – giustamente – lo attaccava, se non altro, non poteva essere tacciato di sessismo.(Claudio Giorno, “La ghigliottina esangue”, dal blog di Giorno del 2 febbraio 2014).Dev’essere tutta colpa del nipote di Magozurlì, quel tal Carloconti che imperversa la sera su Rai-uno trainando l’ascolto del Tiggì più caro agli italiani con un programma – l’eredità – in cui una ghigliottina cala sul gruzzolo dei concorrenti che si sono sudati la vincita rispondendo a domande impegnative sostenendo che Hitler salì al cancellierato di Germania nel 1970… Il ritorno di moda di una “invenzione” talmente micidiale che ne finì vittima persino il suo ideatore deve aver affascinato una predestinata ad alte cariche istituzionali come la presidente protempore della Camera dei deputati. La butto sull’ironico perché ho letto attentamente e con rispetto una lunga e profonda discussione che alcuni “amici” si sono scambiati sul mio “profilo facebook” scatenata da un post che a mia volta avevo condiviso dal social network.
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Travaglio: e secondo voi esiste ancora un Parlamento?
Giorgio Napolitano & Enrico Letta sono molto preoccupati per il Parlamento, profanato dalle squadracce pentastellate ansiose di trasformare quell’aula sorda e grigia in un bivacco di manipoli. Tutte le forze democratiche, da Grasso alla Boldrini, da Renzi a De Luca a Farinetti, da Berlusconi a Verdini a Dell’Utri, da Alfano a Cicchitto a Giovanardi, da Monti a Piercasinando a Cesa, da Salvini a Maroni a Borghezio, senza dimenticare La Russa, la Cancellieri in Ligresti e tutto il cucuzzaro, sono precettate per stringersi a coorte in un nuovo arco costituzionale, pronte alla morte per difendere il sacro tempio del potere legislativo così orrendamente sfigurato dai nuovi lanzichenecchi. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che tre anni fa votava a gran maggioranza la mozione “Ruby nipote di Mubarak”.Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che ha approvato in vent’anni un centinaio di leggi vergogna, perlopiù incostituzionali, su misura per Berlusconi, i suoi reati, i suoi processi, le sue aziende, le sue tv, i suoi affari. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che dal 1994 a oggi ha eseguito punto per punto il “papello” di Totò Riina, abolendo le supercarceri di Pianosa e Asinara, l’arresto obbligatorio per i mafiosi, l’ergastolo, i pentiti e ora completando l’opera dimezzando le pene ai boss per farli uscire prima. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che ha salvato dall’arresto una trentina di parlamentari, compresi Dell’Utri, Previti e Cosentino. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che in vent’anni ha votato tre scudi fiscali e una dozzina fra condoni tributari, edilizi e ambientali.Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che ha regalato ai partiti 2,3 miliardi di rimborsi-truffa tradendo il referendum che abolì i finanziamenti pubblici. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che l’anno scorso, in un empito di dignità, approvò una mozione M5S-Sel per sospendere l’acquisto dei caccia F-35, dopodiché Napolitano riunì il Consiglio di Difesa e decretò che il Parlamento non doveva impicciarsi. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che Napolitano tratta come il cortile del Quirinale, minacciando le dimissioni casomai non obbedisse ai suoi ordini. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che un anno fa ricevette l’ordine di Napolitano & Letta di devastare la Costituzione, e pure con una certa urgenza, tant’è che doveva pure scassinarne l’art. 138 per fare alla svelta.Napolitano e Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che è stata totalmente bypassata per la nuova legge elettorale prima da Napolitano, che convocò i gruppi di maggioranza per discuterne aumma aumma al Quirinale; poi da Renzi&Berlusconi che han fabbricato l’Italicum Pregiudicatum in luoghi privati col beneplacito di Napolitano & Letta. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che è stata ridotta da Napolitano e dai suoi governi a passacarte di Palazzo Chigi e del Quirinale: nel primo settennato, Napolitano ha firmato e il Parlamento ratificato (quasi sempre strozzato dalle fiducie) 168 decreti, in gran parte incostituzionali perché privi dei requisiti di necessità e urgenza: 47 del governo Prodi-2, 80 del governo Berlusconi-3, 41 del governo Monti. Senza contare quelli del NapoLetta. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che ha appena eseguito il diktat di Letta convertendo il decreto che, con la scusa dell’Imu, regala 4,5-7,5 miliardi alle banche con soldi nostri, rapinati dalle riserve di Bankitalia. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento: perché, c’è ancora un Parlamento?(Marco Travaglio, “Napolitano & Letta: da che pulpito la predica!”, da “Il Fatto Quotidiano” del 2 febbraio 2014, intervento ripreso da “Megachip”).Giorgio Napolitano & Enrico Letta sono molto preoccupati per il Parlamento, profanato dalle squadracce pentastellate ansiose di trasformare quell’aula sorda e grigia in un bivacco di manipoli. Tutte le forze democratiche, da Grasso alla Boldrini, da Renzi a De Luca a Farinetti, da Berlusconi a Verdini a Dell’Utri, da Alfano a Cicchitto a Giovanardi, da Monti a Piercasinando a Cesa, da Salvini a Maroni a Borghezio, senza dimenticare La Russa, la Cancellieri in Ligresti e tutto il cucuzzaro, sono precettate per stringersi a coorte in un nuovo arco costituzionale, pronte alla morte per difendere il sacro tempio del potere legislativo così orrendamente sfigurato dai nuovi lanzichenecchi. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che tre anni fa votava a gran maggioranza la mozione “Ruby nipote di Mubarak”.
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D’Orsi: povera Italia, se resta nelle mani di lorsignori
Ci lamentavamo di Bersani? Becchiamoci Renzi.«Qualcuno annunciava la spaccatura del Pd», e invece «Fassina e Cuperlo hanno appena aderito a tutto», e tace pure «il giovin Civati», mentre Laura Boldrini ha «inferto un colpo quasi mortale alla dialettica parlamentare, con il ricorso alla “ghigliottina”», per bloccare il dibattito in aula e far convertire in legge «il vergognosissimo decreto Imu-Banca d’Italia». Per Angelo d’Orsi, della Boldrini offende il fatto che lei, Napolitano e Grasso «si comportino come parte integrante dell’esecutivo». Ovvero: «Stiamo assistendo alla formazione di un blocco storico, mai visto nella vicenda nazionale, neppure ai tempi bui del fascismo: un blocco che cancella le differenze di ruoli tra le istituzioni (esecutivo e legislativo diventano tutt’uno), che elimina le diversità delle opzioni politiche», visto che Pd-Fi «ormai vanno verso una identità sostanziale», al netto di «leggere sfumature che hanno il mero scopo di preservare una identità ai fini elettorali». Il nuovo blocco di potere «toglie persino il velo alla relazione strettissima tra potentati economico-finanziari e apparati politici».Stesso destino, scrive d’Orsi su “Micromega”, per i sindacati: «Come possiamo ancora distinguere la Cgil dalla voce del padrone?» Di Cisl e Uil «manco vale la pena di parlare, tanto appiattiti sono ormai da anni sulle logiche padronali». C’è il decreto-vergogna per la “ricapitalizzazione” della Banca d’Italia, gigantesco regalo alle grandi banche, e c’è «il silenzio ossequiente verso le scellerate scelte “strategiche” di Marchionne e dell’“azionista di riferimento” Fiat (Agnelli-Elkann), che meriterebbero risposte adeguate», per finire con l’altro scandalo, quello degli F-35 «appena dichiarati pericolosi e costosi dal Pentagono». Mentre il governo Letta, quello “virtuoso”, «persevera nella politica delle commesse alle multinazionali produttrici di questi giocattoli di guerra». E sul tappeto restano inevase le pratiche più scellerate, dall’inutile e mostruoso Tav Torino-Lione della valle di Susa fino al Muos di Niscemi, la piattaforma super-tecnologica siciliana per la guerra totale.«Insomma, un catalogo di orrori – aggiunfe d’Orsi – che sta facendo toccare con mano quanto fossero esatte le funeste previsioni all’ascesa alla guida del Pd del giovane rottamatore, che sta inanellando una vittoria dopo l’altra, nel silenzio complice o inerte degli uni, o nell’adesione convinta o necessitata degli altri». Ma attenzione: «Le vittorie di Renzi sono altrettante sconfitte della democrazia». E il gennaio 2014 sarà ricordato come una “macchia scura” nella vicenda dello stesso sistema liberal-democratico, «per il delitto perfetto che è stato consumato dai “democratici” Renzi e Letta, sotto la regia di Napolitano, con la benevolenza istituzionale dei presidenti delle Camere, e soprattutto la complicità attiva e interessatissima del riesumato Berlusconi e della sua gang». Non paghi di una legge elettorale «persino peggiore della precedente», l’infame “Porcellum”, Pd e Forza Italia mostrano di voler puntare su «uno scenario cimiteriale, dove due partitoni indistinguibili, come sovente sono laburisti e conservatori in Gran Bretagna, democratici e repubblicani negli Usa, occuperanno l’intero panorama politico». E questa sarebbe la “moderna democrazia”?Ma non basta, continua d’Orsi. La nuova «gioiosa macchina da guerra» guidata da Renzi, «il piccolo duce», avanza «nello stupefatto balbettio della minoranza interna», ma anche «nell’entusiasmo di chi lo chiama “Matteo” e lo acclama come la star da opporre finalmente al Berlusconi, e capace di fermare il “fenomeno Grillo”». Ora, guadagnato il fortilizio elettorale, «con un’ultima ignominiosa correzione per impedire che la Lega Nord esca dal giro», la macchina marcia verso la Costituzione, che da almeno tre decenni i soloni del “novitismo”, delle “riforme” e della “governabilità” hanno classificato come “obsoleta”: e in quattro e quattr’otto l’amputazione si farà, «recando una ferita che non sarà più possibile rimarginare, neppure quando ci si liberasse del Berluscone e del Berluschino». Secondo d’Orsi, a quel punto, «occorrerà una rivoluzione per restituire dignità al paese e valore alle sue leggi, rinnovando completamente la sua classe dirigente». Ma questa rivoluzione ancora non si vede: «Si vedono proteste, jacqueries, ribellioni, uno scontento generale e gigantesco che si traduce anche, per fortuna, in atti di resistenza». Episodi numerosissimi e diffusi, che «hanno il solo torto di non essere coordinati e spesso neppure conosciuti». Il che significa che «davanti a questo sfascio, se si prende atto che l’alternativa tra Pd e tutta l’ammucchiata di centrodestra è ormai fasulla, non solo ribellarsi è giusto ma è anche possibile».Purtroppo, sempre secondo d’Orsi, «al di là delle simpatie che si possano provare», il “Movimento 5 Stelle” non è ancora un’alternativa pienamente credibile. Grillo e Casaleggio, «i due capetti», lo tengono tuttora in pugno. Per contro, al di là del «fastidio per tanti suoi ridicoli esponenti (basti pensare a Vito Crimi, degno del senatore Razzi imitato dal comico Crozza», oggi «solo questi ragazzacci», i giovani parlamentari “5 Stelle”, «stanno provando ad alzare la voce contro lo schifo», e certo «è meglio di nulla». E se i colleghi del Pd non provano vergogna nell’intonare “Bella ciao” per difendere il decreto Imu-Bankitalia, Alessandro Gilioli osserva: «È davvero notevole lo sforzo con cui il Pd, Forza Italia, Boldrini e Napolitano stanno trasportando verso il “Movimento 5 Stelle” anche gli italiani meno attratti da Grillo e Casaleggio». Quanto agli antiberlusconiani «schifati di tutte le scelte del Pd» nonché «delusi di un Vendola rimasto capace di affabulare solo se stesso allo specchio», che fare? Rifugiarsi nell’astensionismo? Oppure, viceversa, «connettere le tante isole di opposizione allo schifo», perché «un’altra Italia esiste», e può unire tutti quelli che «sono contro lorsignori».Ci lamentavamo di Bersani? Becchiamoci Renzi.«Qualcuno annunciava la spaccatura del Pd», e invece «Fassina e Cuperlo hanno appena aderito a tutto», e tace pure «il giovin Civati», mentre Laura Boldrini ha «inferto un colpo quasi mortale alla dialettica parlamentare, con il ricorso alla “ghigliottina”», per bloccare il dibattito in aula e far convertire in legge «il vergognosissimo decreto Imu-Banca d’Italia». Per Angelo d’Orsi, della Boldrini offende il fatto che lei, Napolitano e Grasso «si comportino come parte integrante dell’esecutivo». Ovvero: «Stiamo assistendo alla formazione di un blocco storico, mai visto nella vicenda nazionale, neppure ai tempi bui del fascismo: un blocco che cancella le differenze di ruoli tra le istituzioni (esecutivo e legislativo diventano tutt’uno), che elimina le diversità delle opzioni politiche», visto che Pd-Fi «ormai vanno verso una identità sostanziale», al netto di «leggere sfumature che hanno il mero scopo di preservare una identità ai fini elettorali». Il nuovo blocco di potere «toglie persino il velo alla relazione strettissima tra potentati economico-finanziari e apparati politici».
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Chiedetevi perché il Pd non vuole aiutare gli italiani
Mistero: ma perché quelli del Pd non propongono mai nessuna vera via d’uscita dalla crisi? Due ipotesi: sono semplicemente cretini, oppure sono stati comprati. Il professor Guido Ortona, che insegna all’università del Piemonte Orientale, propende per la seconda ipotesi: «E’ molto plausibile che il Pd si sia venduto ai padroni», sia pure «padroni di tipo nuovo, diversi dai loschi commendatori di un tempo». E la stessa Sel, ovvero «l’unico partito di sinistra che rimane», dimostra «una analoga mancanza di coraggio nel fare proposte chiare» per uscire dal tunnel. Un critico come Paolo Barnard invita a rileggere lo spietato “memorandum” dell’avvocato d’affari Lewis Powell, incaricato già all’inizio degli anni ‘70 – dalla destra americana – di risolvere il “problema” della sinistra. La ricetta di Powell? Semplicissima: “comprare” i generali nemici costa molto meno che sostenere una guerra contro i loro eserciti. Dunque: stroncare la sinistra radicale – politica e sindacale – e “addomesticare” la sinistra riformista, in modo che rinunci a difendere i diritti sociali.«Nessuna componente del Pd sta mettendo al centro del suo programma politico delle proposte per uscire dalla crisi», premette Ortona in un post su “Goofynomics”. «La cosa è tanto più strana», perché «nella cultura economica della sinistra queste proposte invece non solo esistono, ma sono ovvie». Come spiegare questo silenzio? «Non è sufficiente invocare la stupidità, la corruzione e l’ignoranza dei politici del Pd, che sono peraltro sotto gli occhi di tutti», perchè «essere ignoranti e stupidi può essere non tanto un caso quanto una scelta, come lo è ovviamente essere corrotti». Per Ortona, le conseguenze del massacro sociale in atto – per volere dell’élite oligarchica che regge l’Unione Europea – non sono che «ovvietà storiche ed economiche». La prima: non è mai esistita un’economia capitalistica basata solo sull’efficienza dei mercati. E’ sempre stato necessario un poderoso intervento dello Stato, declinabile in due modi: politica monetaria (espandere l’offerta di moneta e/o operare sui tassi di cambio) o politica fiscale (espandere il debito pubblico e/o trasferire redditi mediante politiche redistributive). Problema: una politica monetaria espansiva «è resa impossibile dalla partecipazione all’euro», mentre una politica fiscale espansiva è bloccata «dal livello del debito pubblico».In queste condizioni, quindi, «non si può uscire dalla crisi». Anzi, «la crisi è destinata ad aggravarsi, perché ogni anno lo Stato sottrae alcune decine di miliardi al circuito economico per pagare gli interessi sul debito». “Sottrae”, perché la maggior parte del debito è sottoscritto dal sistema bancario internazionale; solo per un settimo circa è in mano alle famiglie italiane. «Ciò significa che gli interessi pagati non stimolano la domanda italiana se non in minima parte, a differenza per esempio del Giappone, dove il debito è quasi tutto in mano a cittadini giapponesi, e quindi il pagamento di interessi si traduce quasi solo nella trasformazione di domanda pubblica in domanda privata». Verità palesi, eppure negate – senza timore del ridicolo – da chi, come lo stesso Renzi, continua a sostenere che per uscire dal disastro basti tagliare la spesa pubblica (proprio come vogliono le super-lobby) senza fare alcuna politica monetaria, ovvero senza uscire dall’euro o trasformarlo in moneta sovrana. «Dato che nessuno può sostenere quanto sopra in buona fede, abbiamo un primo indizio per risolvere il mistero: in realtà il Pd non vuole uscire dalla crisi». Già, ma perché?È evidente, continua Ortona, che chi avesse il coraggio di proporre delle soluzioni serie alla crisi avrebbe un cospicuo vantaggio elettorale; e tanto più se queste soluzioni implicassero una seria politica redistributiva ai danni di una minoranza e a favore di una maggioranza. «I ricchi in Italia non sono mai stati così ricchi: difficilmente una politica di perequazione sarebbe impopolare». Per esempio, «un’imposta dell’1% sulla ricchezza finanziaria dei ricchi basterebbe a risolvere il problema della povertà». Eppure, «non solo non lo si fa», ma «non lo si dice nemmeno». Peggio: «Non si vuole redistribuire il reddito mediante politiche fiscali. E poiché è ovvio che questa sarebbe una politica possibile e popolare, è evidente che il Pd come partito di governo è disposto a rinunciare a massimizzare il consenso. A riprova di ciò, il colossale trasferimento di voti ai “5 Stelle” non ha destato particolari preoccupazioni». Sicché, gli “indizi” cominciano ad assumere una direzione precisa. «È evidente che se un partito politico non ha più come obbiettivo quello di massimizzare i voti è perché ne ha qualche altro. Quale può essere?». Seguite i soldi, direbbe l’investigatore. E i soldi dei nuovi super-ricchi sono quelli della finanza, ormai svincolata dall’economia reale. Un vero, mostruoso apparato di dominio.«I padroni del Monte dei Paschi hanno sperperato miliardi, ma ogni euro sperperato da qualcuno è un euro guadagnato da qualcun altro», continua Ortona. «E quei miliardi erano sicuramente abbastanza per creare un enorme sistema di potere. Non solo Mussari e compagni: un sacco di gente ha bisogno che i crediti del sistema bancario vengano pagati. È una lotta di classe. Da una parte i padroni della finanza, e i loro vassalli, vogliono che l’economia reale rimborsi i loro crediti e paghi i loro interessi; dall’altra l’economia reale, dato che è in crisi profonda (sopratutto in Italia) deve sottrarre queste cifre ad altri usi, come le pensioni, i salari e i servizi pubblici. Ciò naturalmente crea ulteriore depressione, e così via: come in Grecia, se vincono i primi ci si fermerà solo quando non ci saranno più ossa da spolpare». Quindi: ci sono delle lobby così ricche e potenti da imporre agli italiani di pagare «col sudore e col sangue i loro crediti». E un sacco di gente «vive dei profitti (meglio, delle rendite) di costoro». Eppure – altro indizio – il Pd non denuncia questa situazione.Mettiamo allora insieme gli indizi, continua Ortona. Il Pd non vuole uscire dalla crisi; dalla crisi si esce solo contrastando il potere del capitale finanziario (per esempio uscendo dall’euro, il che svaluta il debito e rilancia le esportazioni, oppure congelando il debito o facendo default, il che riduce i pagamenti per interessi); il capitale finanziario è potentissimo; il Pd ha obbiettivi diversi dal massimizzare il consenso. «La conclusione sembra chiara: il Partito Democratico è stato comprato dal capitale finanziario». Attenzione: «Non è detto che questo sia sempre stato fatto con il vecchio metodo delle valigette piene di denaro. Fra questo estremo e la perfetta buona fede ci sono infinite gradazioni, e i dirigenti del Pd, a partire dal presidente delle Repubblica, hanno ampiamente dimostrato di sapere venire a patti molto bene con la loro coscienza. Se un dirigente del Pd vuole pagare fior di quattrini per degli inutili F-35 potrà essere perché è stato pagato, o perché è riuscito a convincersi che servono davvero. Sono affari suoi. La sostanza non cambia».Purtroppo, aggiunge Ortina, gli “indizi contrari” non sono attendibili. «Il primo è risibile, ma viene spesso citato: e cioè che la base del Pd è composta perlopiù da persone per bene». L’ovvia obiezione è che «la base del Pd ha ben poco a che fare coi suoi vertici». La seconda obiezione: la crisi sta travolgendo anche gli stessi vertici. In effetti, «sembra difficile che un partito così pasticcione e pasticciato possa essere un buon strumento nelle mani di chi l’ha comprato». Eppure, la contraddizione è solo apparente: «La lotta fra satrapi di partito diventa violenta (nel caso del Pd la si potrebbe definire, con Karl Kraus, una lotta disperata ma non seria) quando la ricollocazione del partito stesso apre da una parte prospettive ricchissime per chi sa posizionarsi bene, e dall’altra una tragica fine per chi sbaglia scelta». Lo slogan del festival nazionale del Pd a Genova era “perché l’Italia vale”. «Non deve essere stato facile trovare una frase così stupida e soprattutto così priva di significato: ma questa mancanza indica appunto quanto sia grande la paura di spaventare qualcuno che domani potrebbe essere vincente».Il terzo controindizio è anche quello a prima vista più convincente: molti esponenti intermedi del Pd sono seri professionisti che fanno il loro mestiere, non sono corrotti e non hanno tempo da perdere con tutte quelle beghe politiche. Ci sono Comuni da gestire, appalti da assegnare, concorsi da indire. Se il partito ha deciso di comprare gli F-35, al sindaco spetta il compito di amministrare i fondi che ne derivano alla sua istituzione. La decisione ormai è presa. Chi riceveva soldi dal Monte dei Paschi non aveva né tempo né interesse a chiedersi da dove venivano. «Ma supponiamo che invece se lo fosse chiesto. Cosa cambiava? Se avesse dato l’allarme avrebbe ottenuto solo di perdere il posto, senza in realtà produrre nessun cambiamento nel sistema. Meglio tacere. Ora, in realtà c’era, e c’è, una soluzione ancora migliore del tacere: non sapere. È molto più rapido e sicuro non porsi le domande piuttosto che dovere gestire delle risposte scomode. Essere ignoranti e apparentemente sciocchi non è quindi necessariamente una caratteristica antropologica (anche se naturalmente in molti casi uno sciocco è più utile di un non sciocco): può benissimo essere una scelta».Così, «l’ignoranza diventa buon senso, la limitatezza delle vedute diventa realismo». Anche il sistema di potere Craxi-Andreotti-Forlani era un sistema di potere “normale” per chi vi operava, «come ha coerentemente e nostalgicamente ricordato Fassino non molto tempo fa». Risultato finale: «La tragica scomparsa del livello reale dei problemi dal dibattito politico», ignorando sempre «il livello in cui la gente normale vive e soffre». Conclusioni: «Parafrasando Sherlock Holmes, “quando tutte le ipotesi assurde devono essere rifiutate, allora rimangono solo quelle plausibili”». Esatto: il Pd è stato “comprato” – secondo la ricetta di Lewis Powell – perché evitasse di disturbare i grandi manovratori del noeliberismo, che in Europa hanno trasformato Bruxelles in una capitale coloniale, mettendo al guinzaglio tutti i governi dell’Eurozona. Altrimenti non si spiega la condotta del Pd: che continua a non voler risolvere nulla e si rassegna persino a perdere voti, dal momento che rinuncia “misteriosamente” a difendere gli italiani. «Voglio sperare che si tratti solo di ignoranza e inadeguatezza», conclude Ortona, «ma non ne sono sicuro».Mistero: ma perché quelli del Pd non propongono mai nessuna vera via d’uscita dalla crisi? Due ipotesi: sono semplicemente cretini, oppure sono stati comprati. Il professor Guido Ortona, che insegna all’università del Piemonte Orientale, propende per la seconda ipotesi: «E’ molto plausibile che il Pd si sia venduto ai padroni», sia pure «padroni di tipo nuovo, diversi dai loschi commendatori di un tempo». E la stessa Sel, ovvero «l’unico partito di sinistra che rimane», dimostra «una analoga mancanza di coraggio nel fare proposte chiare» per uscire dal tunnel. Un critico come Paolo Barnard invita a rileggere lo spietato “memorandum” dell’avvocato d’affari Lewis Powell, incaricato già all’inizio degli anni ‘70 – dalla destra americana – di risolvere il “problema” della sinistra. La ricetta di Powell? Semplicissima: “comprare” i generali nemici costa molto meno che sostenere una guerra contro i loro eserciti. Dunque: stroncare la sinistra radicale – politica e sindacale – e “addomesticare” la sinistra riformista, in modo che rinunci a difendere i diritti sociali.
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Maxi-riarmo, Russia e Cina si difendono dagli Usa
iMosca, rende noto “La Voce della Russia”, ha avviato un massiccio riarmo già nel 2008, quando sono state drasticamente aumentate le spese per l’acquisto di nuovi armamenti. In 5 anni l’incidenza delle armi moderne nelle forze armate russe è aumentata dal 6 al 16%. Attualmente l’esercito russo usa prevalentemente armi prodotte negli ultimi 5-10 anni di esistenza dell’Unione Sovietica. Entro il 2020 la Russia cercherà di sostituire il parco esistente dei caccia Sukhoj-27 e Mig-29 Fulcrum con aerei Su-35S, Su-30SM. In primo piano anche i velivoli “stealth” di quinta generazione, come il Sukhoj T-50 Pak-Fa, che sarà sviluppato in collaborazione con l’India, che ha preferito il Pak-Fa all’F-35. Gli aerei d’attacco Su-24 saranno rimpiazzati dai nuovi bombardieri Su-34. Idem per le macchine delle forze terrestri, che saranno sostituite con tre piattaforme da combattimento multiruolo, e cioè con la piattaforma pesante Armata (tank da combattimento), con la piattaforma media Kurganeć-25 e con quella leggera Boomerang. La difesa contraerea userà i sistemi S-400 e S-500. Inoltre, tutte le brigate missilistiche delle truppe terrestri saranno dotate dei nuovi sistemi Iskander.«Il processo di sostituzione delle armi sovietiche con quelle nuove russe durerà altre un decennio», aggiunge “La Voce della Russia”. «Questo processo sarà più lento in caso di navi militari di superficie, in quanto la flotta non ha ancora determinato definitivamente le proprie esigenze verso l’industria». Si parla comunque di nuove portaerei e di un cacciatorpediniere pesante, da dotare di un nuovo sistema contraereo e di un sistema multifunzionale di comando degli armamenti, simile al sistema americano Aegis. Alla costruzione della flotta sottomarina viene attribuita, al contrario, un’attenzione prioritaria: sarà inviata nel Pacifico una parte rilevante dei nuovi sottomarini nucleari Jasen’ dotati di missili da crociera e dei sottomarini portamissili Borej. Per la sua dinamica, «il programma del riarmo russo assomiglia in parte al programma del riarmo cinese, ma con un ritardo di 10-15 anni». Anche Pechino, comunque, considera il 2020 l’anno decisivo entro il quale avrà definitivamente sostituito i vecchi armamenti.Si vis pacem, para bellum. Da una parte l’America, che teme l’ascesa della Cina, e dall’altra il gigante asiatico, che agisce in sinergia con la Russia: il rischio di guerra è così alto che da decenni non si vedeva una corsa così colossale al riarmo. Per gli Usa l’anno 2020 è una data importante nel processo di modifica della configurazione della propria presenza militare globale. Così, nel 2012 a Singapore, alla conferenza sui problemi della sicurezza, l’allora ministro della difesa statunitense Leon Panetta ha dichiarato che nel 2020 nel Pacifico sarà concentrato il 60% delle forze navali americane, tra cui 6 portaerei e gran parte delle navi militari di superficie e dei sottomarini. Il 2020 sarà emblematico anche per le forze armate russe e cinesi: l’incidenza delle armi moderne nelle forze amate russe sarà portata al 70%. Nello stesso periodo, la Cina intende raggiungere risultati importanti nella realizzazione del programma di modernizzazione del proprio esercito.
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Vauro in val Susa: proiettili, Alfano e le Brigate Rodotà
«Io credo che questa lotta si vincerà, perché saranno sempre meno gli spettatori e sempre di più i partecipanti». Vauro Senesi, il mattatore satirico accanto a Santoro negli studi televisivi di “Servizio Pubblico”, crede nel successo della battaglia civile della valle di Susa contro l’inutile ecomostro Torino-Lione. «Per me avete già vinto, sul piano morale e anche su quello politico – aggiunge Giulietto Chiesa, con Vauro in val Susa il 12 ottobre – dal momento che la Francia ha rinviato il capitolo Tav al 2030», cioè nel futuro remoto. «Fondamentale, però – dice Vauro – evitare si lasciarsi rinchiudere nel recinto militarizzato dello scontro: è esattamente quello che vogliono certi apparati dello Stato, per localizzare una protesta che invece è ormai diventata nazionale, grazie all’abilità dei valsusini». Lo diceva il generale Giap, l’eroe vietnamita che riuscì a battere sia i francesi che gli americani: «In un piccolo campo di battaglia, un piccolo esercito non ha scampo. Per vincere, deve uscire dal recinto e dare battaglia su un campo grande».Convinzioni serissime, quelle di Vauro, dispensate in mezz’ora di comicità intensa, a tratti irresistibile, giusto per scacciare il clima di cupezza che la repressione fa gravare sulla valle “ribelle”. Sulla questione No-Tav, Vauro dichiara di esser stato “illuminato” da un politico. Fassino? «Ma no, Fassino non illumina neanche se gli dai fuoco!». A “illuminare” Vauro è stato «questo astro nascente della politica italiana: Alfano. Che, dicono i tg, è andato in val di Susa a sorpresa – nella giungla, col machete? Nei telegiornali tutti decantavano il suo coraggio». Domanda al pubblico: «Ma voi mangiate i bambini come facciamo noi comunisti? Mangiate gli alfani? Sapete, noi del centro Italia abbiamo di voi del nord una visione barbarica, e quando ho sentito che Alfano era venuto qui – non senza scorta, ma coraggiosamente – mi son chiesto: ma cosa gli fanno, agli alfani lassù? C’è la Sagra degli Alfani? Se li mangiano?». Alfano in val Susa: «Il muso duro dello Stato, cazzo. E io che credevo che lo Stato non ci fosse neanche più, andato a puttane insieme all’ex presidente del Consiglio». E invece: «Alfano dice: noi la Tav la faremo, nonostante le Brigate Rodotà».Già, perché poi a Rodotà hanno dato del quasi-fiancheggiatore del terrorismo, per aver preso le difese della valle di Susa. Vauro: «Difatti son venuto qui speranzoso: ‘sta a vedere che ci sono ancora le Brigate Rosse, in val di Susa. Roba di quando avevo ancora i pantaloni a campana e c’erano i Pooh! Dico: ma io vado a fare un bel revival. E invece qui non vedo nessun brigatista, nessun passamontagna: che delusione». Tornando ad Alfano: «Vi ricordate quando la maestra vi spiegava che lo Stato siamo noi, tutti insieme? Bene, Alfano è venuto e dirvi: lo Stato sono io, tiè. Lo Stato sono io, non voi, perché – nonostante voi – noi faremo la Tav. E allora uno si chiede: chi è questo Stato? E cosa rappresenta, oltre ad Alfano?». Le risposte vanno cercate all’Ilva di Taranto, a Lampedusa, alla Fiat di Pomigliano. Luoghi dove lo Stato «sembra rappresentare un intreccio fortissimo di interessi finanziari, criminali ed economici». E’ la stessa concezione delle famigerate grandi opere, che dovrebbero modernizzare il paese e creare lavoro, in una repubblica dove l’Aquila è ancora com’era il giorno dopo il terremoto, e dove basta un giorno di pioggia per provocare alluvioni e morti. «La grande opera che serve? La manutenzione del territorio: quella sì che crea lavoro, tanto e utile, anche su scala locale».Dunque, se una popolazione come quella valsusina «si ribella a una devastazione scellerata e pericolosa», uno Stato veramente democratico «si interroga sul perché di questa ribellione». E invece: istituzioni sorde e politica «latitante e connivente con l’intreccio di interessi finanziari e mafiosi che caratterizza tutta la crisi: perché non si salvano i piccoli imprenditori e invece si salva il Monte dei Paschi di Siena?». Siamo il paese che piange perché non ha motovedette ma poi si affretta a comprare gli F-35. E’ uno Stato che non vuole ascoltare, ma la voce di chi protesta arriva lo stesso: «Colpisce vedere le bandiere No-Tav che sventolano anche a Niscemi alle manifestazioni contro il Muos, l’installazione che piloterà i droni che andranno a bombardare, massacrando donne e bambini». Le comunità parlano la stessa lingua, che non è quella dei poteri forti. E vengono boicottate: con la disinformazione, e non solo. «Non a caso, dov’è cominciato tutto lo scorreggiamento sulle nuove Brigate Rosse? Buste con proiettili: non so chi le abbia mandate, ma sono vecchio abbastanza per ricordare. Mi son chiesto: strano che non si siano firmati “falange”, data la fantasia dei servizi. C’è qualcuno che da trent’anni, quando fa queste cose, si firma “falange armata”». Quindi, attenzione: «Non fatevi rinchiudere in un ring, non accettate di dare battaglia in un “piccolo cortile”: è quello che gli avversari vogliono, per ridurre la questione al solo piano militare». Vale anche per molti giornali, sempre a caccia di mostri: «Peccato che è morto Bin Laden, sennò era qui: un perfetto No-Tav».«Io credo che questa lotta si vincerà, perché saranno sempre meno gli spettatori e sempre di più i partecipanti». Vauro Senesi, il mattatore satirico accanto a Santoro negli studi televisivi di “Servizio Pubblico”, crede nel successo della battaglia civile della valle di Susa contro l’inutile ecomostro Torino-Lione. «Per me avete già vinto, sul piano morale e anche su quello politico – aggiunge Giulietto Chiesa, con Vauro in val Susa il 12 ottobre – dal momento che la Francia ha rinviato il capitolo Tav al 2030», cioè in un futuro remotissimo e improbabile. «Fondamentale, però – dice Vauro – evitare si lasciarsi rinchiudere nel recinto militarizzato dello scontro: è esattamente quello che vogliono certi apparati dello Stato, per localizzare una protesta che invece è ormai diventata nazionale, grazie all’abilità dei valsusini». Lo diceva il generale Giap, l’eroe vietnamita che riuscì a battere sia i francesi che gli americani: «In un piccolo campo di battaglia, un piccolo esercito non ha scampo. Per vincere, deve uscire dal recinto e dare battaglia su un campo grande».
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Grillo: stanno spolpando l’Italia, non lo dimenticheremo
Questo governo ha fatto solo annunci e ha aumentato le tasse dirette e indirette. Qualcuno ha detto che qualunque imbecille è capace di aumentare le tasse. Non ha tagliato nulla, auto blu, F-35, finanziamenti pubblici, pensioni d’oro, Province e mille altri sperperi non sono stati neppure sfiorati. Questo governo ha come obiettivo di resistere, resistere, resistere al cambiamento e vendere il patrimonio nazionale, quello che ne è rimasto, per guadagnare tempo. Neppure un pazzo affiderebbe alla coppietta del crack, Capitan Findus Letta e Pesce Palla Alfano, i destini di una nazione. Napolitano lo ha fatto, lo fa, si crede invulnerabile come chi è sopravvissuto a tutto e a tutti. Questo governo si è auto-eletto a norma di legge, ma gli italiani, il voto, la democrazia non c’entrano nulla. Elezioni, referendum, leggi popolari sono diventate un rito. A loro della volontà popolare non gliene frega un beneamato cazzo. Occupano Palazzo e istituzioni da decenni e non se ne vogliono andare.Questo governo ha al suo fianco l’informazione più vergognosa dell’intero Occidente. Ogni anno scende di qualche posizione, superata nel mondo, in modo surreale, da molti paesi africani. La stampa di Dada Amin e di Bokassa non è mai arrivata ai livelli sublimi di menzogna, diffamazione, leccaculismo dei giornali e telegiornali italiani. Di uno Scalfari domenicale al quale va ricordato che chi ha fottuto Prodi nell’urna sono stati Renzi e D’Alema, i suoi amici del cuore, e che il M5S voterà compatto per la decadenza di Berlusconi. Non siamo suoi pari, freni la lingua. Siamo in guerra e ormai non è più un modo di dire. E’ necessario schierarsi. Riconoscere gli amici dai nemici e prepararsi ai materassi. E’ una lunga marcia quella che ci aspetta. Hanno troppi interessi, troppi scheletri, troppi collegamenti con la criminalità organizzata, con le lobby più o meno occulte per uscire di scena. Questi sono gli eredi della P2, dei servizi deviati, della trattativa Stato-mafia. Troppi processi li attenderebbero. Molti finirebbero in galera o ai servizi sociali come Berlusconi, che è solo uno dei tanti predatori dell’Italia, forse neppure il peggiore.L’Italia viene spogliata come un carciofo, foglia dopo foglia, lasciando le famiglie nell’indigenza. In una settimana hanno licenziato due amministratori delegati, Cucchiani di Intesa San Paolo, che si opponeva all’acquisizione di Mps, che dovrebbe essere nazionalizzata con l’avvio di una commissione di inchiesta, e Bernabè di Telecom Italia, regalata a Telefonica da un governo imbelle. Tra poco sarà il turno delle cessioni di quote di Eni, Enel e Finmeccanica. Un italiano su otto non mangia perché il loro appetito è insaziabile. Per poter cambiare devono andarsene. Nessun compromesso con questa gentaglia. John Kennedy disse: «Perdona i tuoi nemici, ma non scordare mai i loro nomi». Faremo dei nodi ai fazzoletti. Noi non dimenticheremo.(Beppe Grillo, “I nodi al fazzoletto, non dimenticheremo”, dal blog di Grillo del 6 ottobre 2013).Questo governo ha fatto solo annunci e ha aumentato le tasse dirette e indirette. Qualcuno ha detto che qualunque imbecille è capace di aumentare le tasse. Non ha tagliato nulla, auto blu, F-35, finanziamenti pubblici, pensioni d’oro, Province e mille altri sperperi non sono stati neppure sfiorati. Questo governo ha come obiettivo di resistere, resistere, resistere al cambiamento e vendere il patrimonio nazionale, quello che ne è rimasto, per guadagnare tempo. Neppure un pazzo affiderebbe alla coppietta del crack, Capitan Findus Letta e Pesce Palla Alfano, i destini di una nazione. Napolitano lo ha fatto, lo fa, si crede invulnerabile come chi è sopravvissuto a tutto e a tutti. Questo governo si è auto-eletto a norma di legge, ma gli italiani, il voto, la democrazia non c’entrano nulla. Elezioni, referendum, leggi popolari sono diventate un rito. A loro della volontà popolare non gliene frega un beneamato cazzo. Occupano Palazzo e istituzioni da decenni e non se ne vogliono andare.
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Italia vicina al collasso voluto dall’Ue, e la casta obbedisce
Svalutazione interna del 10%, vale a dire: l’Italia deve “costare” meno. Meno soldi per salari, pensioni e servizi, mettendo mano alle “riforme strutturali” neoliberiste invocate da Mario Monti e ora sul tavolo di Letta, Alfano e Saccomanni, cioè la “squadra” messa insieme da Napolitano. E’ la drammatica “ricetta” avanzata dall’élite finanziaria mondiale per tramite del famigerato Fmi, che nella settimana della crisi-burla ha recapitato a Roma un dossier di 300 pagine in cui il braccio armato della Troika disegna l’imminente fallimento del nostro paese, prenotandone la resa: cessione dello Stato a prezzi di realizzo, smantellamento di quel che resta del welfare, ulteriore compressione degli stipendi. Il rapporto rivela che il saldo della nostra bilancia dei pagamenti è migliorato solo “per disgrazia ricevuta”: spendiamo meno per le importazioni perché stanno franando i consumi sotto la scure dell’austerità, mentre le aziende chiudono e il 25% dei giovanissimi vive in famiglie che non sanno più come arrivare alla fine del mese.
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Salvare l’Italia? Dimentichiamoci Letta, Renzi e Berlusconi
La parola d’ordine è una sola: vincere. Così Mussolini dal fatale balcone, tanti anni fa. Oggi che il Duce non c’è più, resta comunque una parola d’ordine – un’altra: sopravvivere – ed è sempre l’indizio di un gioco truccato. Chi parla per proclami, oggi più di ieri, sta barando: sa benissimo che la verità è lontana anni luce dalle parole. Non solo non si può “vincere”, ma non si può più nemmeno sopravvivere. E’ matematico, pallottoliere alla mano: se non hai più moneta da creare e quindi da spendere, e se ormai è lo straniero a gestire addirittura la tua borsa, le speranze di continuare a galleggiare – lavoro, consumi, servizi – sono ridotte a zero. La beffa suprema è che la verità seguita e restare fuori dalla porta, oscurata con zelo dai mattatori della disinformazione, oscuri manovali e pallidi eredi del Solista del Balcone. Agli ordini delle grandi lobby che dominano le comparse della democrazia – cartelli elettorali e semi-leader, sindacati e ras industriali complici della finanza – giornali e televisioni parlano di Letta, Napolitano e Berlusconi come di autorità politiche in grado di gestire davvero la crisi italiana, senza mai neppure domandarsi da dove venga, questa maledetta crisi.