Archivio del Tag ‘evasione’
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Tangenti Finmeccanica: le regole del mestiere delle armi
«Non è possibile che un incidente come quello di cui sono stati protagonisti i due marò del San Marco, colpevoli o innocenti che siano, possa portare a una crisi così clamorosa nei rapporti fra Italia e India». Parola di Davide Giacalone, editorialista di “Libero”, secondo cui i due militari sarebbero solo due pedine di un gioco più grande: “extracosti” legati alle commesse di Finmeccanica, cioè mazzette promesse e poi non versate fino in fondo. Il caso esplode ora con l’arresto di Giuseppe Orsi, ad e presidente della grande azienda. L’accusa: corruzione internazionale. Per la precisione: 50 milioni di euro versati – guardacaso – all’India, per una fornitura di elicotteri italiani. Nel gioco delle parti, ora l’India minaccia di depennare Finmeccanica dalla lista fornitori, inserendola nella “black list”. Suona perlomeno ipocrita, stando a quello che lo stesso Giacalone scriveva, con franchezza, già a gennaio: «In tutto il mondo si fanno affari pagando extracosti o consulenze, alias mazzette, specie nel settore militare».
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Finmeccanica, la super-holding per la guerra che ci attende
Per metà “bancomat” destinato ad alimentare il sistema di corruzione politico nazionale, e per metà centro dispensatore di incarichi, consulenze e prebende per mogli, amanti e figli dei potenti di turno. Dopo la Fiat, Finmeccanica è la seconda holding industriale d’Italia: produce aerei, elicotteri, locomotive, carri armati, missili, satelliti e centri di telecomunicazione, con una spiccata vocazione per gli strumenti di morte da esportare ad ogni esercito in guerra. Dal 2009 è tra le dieci regine del complesso militare industriale mondiale e ha intrecciato partnership con i giganti d’oltreoceano moltiplicando ordini e commesse. Una gallina dalle uova d’oro per manager e azionisti, inclusi il ministero dell’economia e delle finanze, che ancora controlla il 30,2% del pacchetto azionario.
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Crisi, nessuna soluzione? Elezioni inutili, vince il non-voto
«Distruggere l’Italia e assistere inerti alla sua rovina? Prego, fate pure. Ma, almeno, non contate su di me: il mio voto ve lo potete scordare». Sembra essere questa l’intenzione di almeno 20 milioni di italiani, alla vigilia delle elezioni di febbraio. Secondo i sondaggi, il primo partito sarà quello dell’astensionismo. Disertare le urne: è l’opzione che tenta soprattutto i più giovani, come rivela una recente rilevazione di “Mtv” tra i ragazzi. Quasi la metà di loro è decisa a non dare il voto a nessuno. Politici e candidati? «Corrotti, incapaci e incompetenti: una vera delusione». Ammesso che – come pare scontato – la campagna elettorale finisca col polarizzare il voto e motivare almeno in parte gli indecisi, arginando la valanga dei “renitenti”, proprio l’astensione sembra destinata a restare protagonista. Disaffezione: convinzione che il voto sia ormai assolutamente inutile, nonostante Grillo e Ingroia.
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Financial Times: Monti il peggiore, sa solo sfasciare l’Italia
Mario Monti, chi? Ah sì, il fenomeno: quello che ha praticato il rigore dell’austerity senza minimamente calcolarne gli effetti. Economia italiana ko, aziende nel panico, lavoratori a spasso, risparmi intaccati, sicurezza sociale terremotata, futuro scomparso dai radar. Giudizio impietoso, quello del “Financial Times” affidato all’editorialista Wolfgang Munchau: il tecnocrate Monti è un incapace, assolutamente inadatto a guidare un paese come l’Italia senza devastarlo. «Monti aveva sostenuto che la sua “salita” in campo serviva a togliere l’Italia dalle mani degli incapaci – osserva il “Keynes Blog” in un intervento ripreso da “Megachip” – ma il “Financial Times” la pensa in modo diametralmente opposto: Monti ha sottovalutato gli effetti dei tagli, peggiorando gravemente la situazione italiana. L’unica crisi che si è affievolita è quella finanziaria: ma il merito non è suo, bensì di Draghi.
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Debora Billi: fascisti siete voi, finta sinistra italiana
No, basta. Basta davvero. Non mi importa di quel che dice Grillo, ma sono davvero stufa di leggere le indignazioni social di chi piagnucola sull’attacco ai santini. Va bene, compagni, vi do una brutta notizia: non siamo più nel 1975. E’ finita. La sinistra italiana non esiste più, e quelli che voi chiamate “valori” sono parole vuote usate solo per prendervi per i fondelli. Orrore e scandalo? Scandalizzatevi pure. Vogliamo parlare di antifascismo, compagni? Eccomi: sono la prima a volerlo fare. Facciamo un piccolo test, pronti? Bene: guardate la Grecia. Guardatela bene. Leggete tutto quel che si dice della Grecia. Dei loro debiti, dei loro evasori, delle loro corruzioni, dei loro sprechi. E dopo, date un giudizio. Se pensate che se la sono cercata, che “hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità”, che “è giusto che i debiti si paghino”, allora siete fascisti. Anche se votate per la finta sinistra italiana, complice di questo delirio, e vi sentite tanto “di sinistra” siete irrimediabilmente fascisti.
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Cremaschi: caro Ingroia, la vera mafia è quella di Bruxelles
Caro Ingroia, l’antimafia non basta: perché oggi il vero nemico che ci minaccia è molto più pericoloso del potere delle cosche, persino di quelle che si infiltrano nell’economia fino ad avvelenarla. Deve cadere il Muro di Bruxelles, quello che ricatta i popoli dell’Eurozona sulla base dei diktat emanati dalle oligarchie finanziarie, ordini firmati da tecnocrati non eletti da nessuno, a cui – grazie all’attuale personale politico – siamo costretti a sottometterci, per fare la stessa fine della Grecia. Dopo i “garanti” dei movimenti firmatari dell’appello “Cambiare si può”, anche l’ex leader della Fiom Giorgio Cremaschi, vicino ai No-Tav e promotore del Comitato No-Debito e del “No-Monti Day”, prende le distanze dalla lista “arancione” capeggiata da Antonio Ingroia, ipotetico leader del “quarto polo”, sul quale confluiscono i partiti di Di Pietro, Ferrero e Diliberto, insieme ai Verdi di Bonelli.
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Giannuli: se il Coniglio della Bocconi torna in panchina
Questa volta non c’è nessuna “dietrologia” fa fare: è tutto molto evidente e la rinuncia di Monti si spiega da sé. Infatti, è del tutto evidente che quel “Se Monti si candida può dimenticarsi il Quirinale” detto da Berlusconi era il preannuncio del “metodo Boffo” applicato al Professore. E’ altrettanto evidente che a Monti non sarebbe stato risparmiato nessun colpo e che anche il Pd ed i suoi sodali lo avrebbero attaccato (ieri, “Repubblica” on line aveva messo un video-blob con tutte le esternazioni in cui Monti giurava che non si sarebbe mai candidato: un anticipo di quello che sarebbe stato il fuoco di bordata per tutta la campagna elettorale). Ed è intuitivo come i sondaggi non lo abbiamo incoraggiato, stimando una sua lista a meno del 10% che, sommato ad un ipotetico 8-9% dei centristi, lo avrebbe collocato sotto il 20%.
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Il buono, il brutto e il cattivo: già visto, ma il buono dov’è?
Il buono, il brutto e il cattivo: massima semplificazione, spaghetti-western. Solo che, nello spettacolo politico, manca sempre uno dei tre: il buono. Abbondano invece i brutti e cattivi, perfetti per rubare la scena – tra lanci di monetine e girotondi – proprio mentre nel backstage, lontano dai riflettori, si consuma qualcosa di decisivo e irrimediabile, orchestrato con sapienza da altri attori, sicuramente meno brutti ma molto più cattivi. Corsi e ricorsi: prima Craxi, poi Berlusconi. Stessa sacrosanta indignazione popolare. E, nel retroscena, il piano: vent’anni fa gli accordi storici per l’avvento dell’euro-capestro a condizioni di sfavore, e dopo due decenni l’attuazione definitiva dello smantellamento dello Stato democratico moderno, il sanguinoso “massacro sociale” – senza precedenti, dal dopoguerra – con la subdola scusa dello spread, pilotato dagli stessi grandi registi del film.
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Brancaccio: ma il pericolo è la Merkel, non certo Berlusconi
Nessuno crede davvero che Berlusconi possa vincere le elezioni. Ma tutti – dalla finanza speculativa in giù – hanno capito che la sua rimonta sarà alimentata da una forte campagna contro l’euro-rigore. Peggio per gli altri, sostiene l’economista Emiliano Brancaccio: se il centrosinistra continua a sostenere i dogmi dell’attuale assetto europeo, non andrà lontano neppure in caso in vittoria, perché dovrà fare i conti con una situazione sempre più insostenibile, di sola depressione, senza spiragli. Al contrario, il prossimo governo dovrebbe archiviare Monti come un brutto incidente della storia e sospendere i trattati-capestro come il Fiscal Compact con l’unica arma possibile: minacciare la Germania di non mettere a rischio solo il futuro della moneta unica, ma anche quello del mercato comune europeo. «Credo che questa sia l’ultima carta per tentare di mutare i rapporti di forza interni all’Unione», sostiene Brancaccio. «Se ci si affiderà invece a un europeismo acritico e indiscriminato, si pagheranno nel più lungo periodo pesanti conseguenze politiche».
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Grillo: morire di spread, ormai gli italiani temono Monti
Ancora tu? Ma non dovevamo rivederci più? La riesumazione di Berlusconi e le elezioni anticipate sono alle porte. Non sembra che gli italiani siano sconvolti o sorpresi, molti al grido di “arridatece il puzzone” vogliono liberarsi il prima possibile di Monti rimettendo allo psiconano ogni peccato. Rigor Montis ci ha messo del suo, insieme a una stampa montiana compiacente fino al leccaculismo più esasperato. L’agenda Monti, sottoscritta con voluttà dal pdmenoelle, prevedeva un solo punto: lo spread, ma lo spread non si mangia e soprattutto non dipende da Monti, ma dalle agenzie di rating internazionali. Lo spread che è salito alle stelle in estate (colpa dei mercati?) e sotto i 300 punti a dicembre (merito di Monti?) è una variabile indipendente dal governo. E’ un guinzaglio per tenere sotto controllo la politica italiana, una corda che si stringe a piacere in mano alla finanza internazionale. Non si vive di solo spread, e di spread, con la politica di Rigor Montis, si può solo morire.
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La solitudine di Sallusti e il grande silenzio del mainstream
Quattordici mesi di carcere, per un reato di opinione: che, in primo grado, era costato appena 5.000 euro di multa. Paga, in modo abnorme, Alessandro Sallusti. Un “antipatico” di professione: «Forcaiolo coi deboli e garantista coi potenti», lo definisce Gad Lerner, che però gli manifesta assoluta solidarietà: punizione eccessiva e inaccettabile. Idem Enrico Mentana, che parla di una vicenda assurda e definisce «insensato» finire addirittura in arresto, nel 2012, per omesso controllo di un articolo del 2007 nel quale peraltro non si annunciavano notizie false, ma si presentava un commento (sia pure pessimo e scritto da altri, sotto pseudonimo) che riprendeva una notizia – quella sì, falsa – già pubblicata il giorno prima da un altro giornale, “La Stampa”. Fu il quotidiano torinese, e non il giornale di Sallusti, a raccontare il falso: e cioè che un magistrato avrebbe “indotto all’aborto” una minorenne. Sallusti non pubblicò mai una smentita, peraltro non richiesta: anziché pretenderla (inviando alla redazione una lettera raccomandata, come da prassi) la parte lesa si limitò a diffondere la precisazione tramite agenzie di stampa.
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Bersani, lo smacchiatore dell’Ilva: ora restituisca quei soldi
Dicono che torna la politica e si riprende la sua autonomia. Ma, a leggere le carte dell’inchiesta Ilva: autonomia, quale? Rispetto a cosa?, viene da domandarsi. Perché di autonomia ce n’era poca. Anzi, i politici – e anche i tecnici – sembravano un po’ succubi della grande impresa: anche di quella che, come abbiamo sentito, in 15 anni ha fatto tre miliardi di utili sull’acciaio, mentre a Taranto morivano 1.600 persone all’anno perché l’Ilva non bonificava gli impianti. Ora, il governo, d’accordo con Napolitano, fa il decreto per neutralizzare le ordinanze dei giudici, “quarto grado di giudizio”: se il giudice decide una cosa che non piace, invece di impugnarla davanti al Riesame o alla Cassazione, si va dal governo che fa un decreto e la cancella, e nessuno fiata – a parte Di Pietro, che ormai è considerato un appestato.