Archivio del Tag ‘europeismo’
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Cesaratto: l’euro uccide la democrazia, ditelo alla sinistra
Il nostro è un paese dall’identità storicamente fragile. Sfiducia nello Stato nazionale o sfiducia nella saldezza democratica del popolo hanno fatto in modo che sia a destra che a sinistra si guardasse all’Europa per rafforzare la nostra debole costituzione. Un pizzico di utopia spinelliana ha fatto il resto. Quest’ultima di per sé non guasta, se non fosse andata (in particolare a sinistra) troppo oltre, dimenticando che l’Europa è un consesso di Stati nazionali che fanno ciascuno il proprio interesse. L’utopismo ha inoltre offuscato il segno reazionario che ha preso la costruzione europea, soprattutto col progetto della moneta unica. Come l’antico gold standard, la moneta unica è uno strumento disciplinante. C’è chi ha detto che precisamente attraverso questa crisi, frutto dell’euro, la moneta unica sta realizzando i suoi obiettivi: un ritorno a un capitalismo ottocentesco, quello del gold standard appunto. La sinistra ha assistito imbelle e genuflessa agli ideali europeisti, allo svuotamento dei poteri dello Stato nazionale.Quest’ultimo è il playing field naturale della democrazia, del conflitto democratico su come creare e distribuire le risorse. Una volta svuotato dei sui poteri, trasferiti a livello sovra-nazionale, con lo Stato nazionale scompare la democrazia. Fior di economisti hanno sostenuto l’incompatibilità fra moneta unica e democrazia! Il Parlamento Europeo non può sostituire le democrazie nazionali perché troppo cacofonico. Lì finiscono per prevalere gli interessi nazionali, mentre le classi lavoratrici nazionali non hanno più un terreno rivendicativo su cui esprimersi. A me pare, contrariamente alle accuse mosse dagli utopisti delle liste di sinistra, che Stati sovrani siano il presupposto di democrazia e cooperazione internazionale, mentre sia l’europeismo superficiale a fomentare il nazionalismo: dio ci scampi dagli utopisti!L’Europa dovrebbe invertire il segno delle politiche di bilancio con un forte sostegno della Bce nel controllo dei tassi di interesse e nell’agevolare forme di ristrutturazione del debito (vi sono varie proposte in merito). Il dramma è che la Germania non è interessata a quest’Europa. Essa ha un modello mercantilista (export-led) basato su un forte ordine sociale interno accompagnato dalla moderazione salariale e fiscale che non intende mettere in forse (e ciò è comprensibile). Quindi è un bel pasticcio. Parlare di Europe federali vuol dire vaneggiare. Una forte affermazione delle forze anti-euro è dunque benvenuta, se smuoverà le acque, anche se sia chiaro che in nessun senso personalmente appoggio compagini xenofobe o di destra con cui, a differenza di qualche collega (o presunto tale), non intendo avere rapporti.La sinistra avrebbe dovuto riprendere la bandiera della nostra libertà nazionale in un senso democratico e positivo, ma ne ha paura. Questo è un dramma. Una rottura consensuale dell’euro sarebbe benvenuta, ma è un processo assai complicato, forse troppo. Ma certo, se l’Europa ci prova a chiederci di applicare il Fiscal Compact, allora la rottura se la saranno cercata. Ricordiamo poi che tutto il dramma europeo cade in un quadro mondiale a sua volta assai complesso: dal pericolo di una “stagnazione secolare” del capitalismo – anche alla luce delle crescenti disuguaglianze che mortificano la domanda aggregata oltre che le coscienze – alla sfida epocale dei paesi emergenti fatta del combinato disposto di bassi salari e crescente tecnologia. Una vera unione politica, che implicherebbe uguali diritti sociali, non è e non sarà nel futuro prevedibile all’ordine del giorno. Dimentichiamoci queste stupide utopie.(Sergio Cesaratto, dichiarazioni rilasciate a “ForexInfo” per l’intervista “L’Europa che non c’è”, ripresa da “Megachip” il 6 maggio 2014. Eminente economista, esperto di politica fiscale europea, il professor Cesaratto è docente all’università di Siena e curatore del blog “Politica Economia”).Il nostro è un paese dall’identità storicamente fragile. Sfiducia nello Stato nazionale o sfiducia nella saldezza democratica del popolo hanno fatto in modo che sia a destra che a sinistra si guardasse all’Europa per rafforzare la nostra debole costituzione. Un pizzico di utopia spinelliana ha fatto il resto. Quest’ultima di per sé non guasta, se non fosse andata (in particolare a sinistra) troppo oltre, dimenticando che l’Europa è un consesso di Stati nazionali che fanno ciascuno il proprio interesse. L’utopismo ha inoltre offuscato il segno reazionario che ha preso la costruzione europea, soprattutto col progetto della moneta unica. Come l’antico gold standard, la moneta unica è uno strumento disciplinante. C’è chi ha detto che precisamente attraverso questa crisi, frutto dell’euro, la moneta unica sta realizzando i suoi obiettivi: un ritorno a un capitalismo ottocentesco, quello del gold standard appunto. La sinistra ha assistito imbelle e genuflessa agli ideali europeisti, allo svuotamento dei poteri dello Stato nazionale.
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Parigi, Londra, Roma: un voto per scardinare il regime Ue
L’incognita del voto in Francia è sicuramente «il punto più vulnerabile della costruzione europea», in questa fase.Segue a ruota l’Inghilterra, dove si prevede un’affermazione non irrilevante dell’Ukip che, però, difficilmente supererà di molto il 25% e quasi certamente non raggiungerà il 30%. Discorso diverso: da sempre, l’europeismo inglese è piuttosto tiepido. Non a caso, infatti, «l’Inghilterra non è nell’Eurozona e, spesso, in politica estera, ha seguito più gli Usa che i partner europei». Secondo Giannuli, un forte successo dell’Ukip darebbe una spinta forse decisiva all’Inghilterra a sciogliere gli ormeggi europei. Inoltre lo United Kingdom Independence Party è particolarmente forte nel Galles, paese che potrebbe essere contagiato dal secessionismo della Scozia, che sta andando al referendum sulla separazione da Londra. «Se si profilasse un’uscita contemporanea di Scozia e Galles, entrerebbe seriamente in crisi il Regno Unito, riducendolo di fatto alla sola Inghilterra o poco più, con effetti che si riverserebbero anche sulla Ue, che si troverebbe a dover ripensare tutti i trattati istitutivi».Infine, il caso italiano: le soglie critiche sono quelle legate al derby Renzi-Grillo. Il leader del Movimento 5 Stelle «deve superare il 25% per mantenere un certo peso politico», mentre il neo-premier «è nei guai se va sotto il 30% anche di un solo voto». Soprattutto, «la distanza fra i due deve essere superiore ai tre punti dal punto di vista di Renzi e inferiore da quello di Grillo». Infatti, una differenza sotto i tre punti «renderebbe il M5S competitivo con il Pd in caso di elezioni politiche». In soldoni, conclude Giannuli, «il problema è quello della stabilità del quadro politico del massimo debitore di Europa: se il governo entra in fibrillazione e si trascina con sé le leggendarie riforme renziane, i mercati finanziari europei non possono non risentirne». Ai “mercati”, infatti, piace tanto il regime di Bruxelles: prepariamoci a vederli di nuovo all’opera, a suon di spread, se il vento di rivolta – come tutto lascia pensare – comincerà a soffiare su tutta l’Europa, con la sola ovvia eccezione della Germania, dove il consenso pro-euro è quotato attorno al 90%.Il voto francese, inglese e italiano può mettere in crisi l’Ue. Attenti a leggere bene il risultato europeo del 25 maggio: se una delle tante liste anti-austerità (o meglio, anti-Germania) dovesse ottenere un clamoroso successo in un paese, le forze di governo di quel paese si troverebbero strette fra la tenaglia del vincolo europeo e la pressione interna anti-Ue. Alcuni governi, per non essere travolti, potrebbero essere costretti ad adottare politiche meno arrendevoli verso Bruxelles. Altri, invece, potrebbero scegliere la strada opposta, col rischio di una conflittualità sociale ben più aspra del passato. In ogni caso, la crisi elettorale potrebbe spingere diversi sistemi politici al limite della rottura. Lo sostiene Aldo Giannuli, guardando al verdetto delle europee: se in Germania vincerà la linea Merkel-Spd mentre nel resto d’Europa cresceranno molto le liste euroscettiche, una “grande coalizione” a Strasburgo tra popolari e socialdemocratici rafforzerebbe ulteriormente la percezione di una “Europa tedesca”, facendo esplodere gli atteggiamenti anti-tedeschi e anti-Ue, determinando una spirale incontrollabile.
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Sono solo comparse del Partito Ipnocratico di Massa
Avviso ai naviganti. Questo è un messaggio per chi è iscritto, a sua insaputa, al Partito Ipnocratico di Massa. Per appurare se hai la tessera, controlla se sei sotto ipnosi senza saperlo. Osserva i sintomi. Hai intenzione di votare Pd alle prossime elezioni europee (o uno qualsiasi dei partiti del nuovo arco costituzionale del sonno, Forza Italia e Nuovo Centro Destra compresi)? Hai preso parte alle primarie democratiche? Sei iscritto a un club Forza Silvio? Sei convinto che Renzi sia l’ultima (buona) occasione per l’Italia di uscire dal pantano? Se hai risposto di sì ad almeno una delle precedenti domande la diagnosi è confermata. Ciò che stai per leggere potrebbe svegliarti per cui prosegui solo se ti consideri pronto. Anzi, leggi lo stesso. Alla fine del pezzo ti riaddormenterò di nuovo e non ricorderai più nulla. Qualcuno ha detto che è meglio illudersi da ignoranti che disperarsi da consapevoli, quindi, forse, dormire è la ricetta giusta. Ecco un buon vademecum da portarsi in cabina elettorale.L’Unione Europea è una costruzione intrinsecamente anti-democratica. Nessuno dei suoi organi muniti di prerogative sovrane è elettivo. Non la Commissione Europea, che ha il potere di iniziativa legislativa, cioè di proporre le leggi che tu subirai. Non il Consiglio Europeo, che definisce orientamenti e priorità generali della Ue. Non il Consiglio dell’Unione Europea che approva le leggi che la Commissione fa e a cui tu obbedisci. C’è il Parlamento, obietterai, da europeista dormiente quale sei. Certo, ma non ha funzioni legislative e non ha alcun reale potere a parte fungere da foglia di fico, ogni cinque anni, per far credere ai cittadini di contare ancora qualcosa con la farsa delle elezioni. Ma il lato veramente liberticida di tutta la faccenda è la composizione della Commissione. E’ l’organo più potente, fa le leggi, gestisce il bilancio, vigila sull’applicazione del diritto comunitario, bacchetta gli Stati membri se non fanno i compiti per casa, può infliggergli sanzioni e le sue decisioni sono vincolanti (en passant, rappresenta pure l’Europa nel mondo).Tu, europeista addormentato nel bosco, oltre a non sapere che la Commissione non è elettiva (i tuoi leader si sono sempre dimenticati di dirtelo) non sai neppure da quanti membri sia composta questa nomenklatura. Ventotto. Incredibile, vero? Meno di trenta persone non elette che fanno e disfano le sorti di trecento milioni di persone. Non è finita. La Commissione si riunisce una volta alla settimana, le sue riunioni non sono pubbliche e le sue decisioni hanno carattere riservato. I piccoli chimici che si son dilettati a generare in provetta la Ue ne han fatte anche di peggio. Tipo concepire un sistema che privava gli Stati sovrani di una loro banca con cui fare politiche sociali tramite la spesa pubblica e attribuirne le funzioni a una banca centrale che non può rifornire di denaro gli Stati. Geniale, non trovi? E gli Stati son diventati succubi dei mercati. Et voilà monsieur lo spread!Così facendo han violato una caterva di articoli di quella Costituzione per la quale i tuoi nonni son morti in montagna. Dal primo (per cui la sovranità appartiene al popolo) al trentottesimo (tutela dei lavoratori) al quarantunesimo (per cui l’attività economica non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale). Benvenuto nel futuro, dove vigono regole diametralmente opposte: competitività, flessibilità, mercati in primis; poi, se resta tempo e spazio, politica e democrazia. Ora, lo so bene, caro elettore del P.I.M., che sembra una roba da regime, ma così da regime che se te l’avessero detto prima e ad alta voce li avresti appesi a testa in giù da qualche parte. E infatti lo è, solo che le tue guide te l’han fatta sotto il naso mentre eri distratto a guardare la telenovela “Berlusconi contro Occhetto” e i sequel “Berlusconi contro Rutelli”, “Berlusconi contro Veltroni”, “Berlusconi contro Bersani”.Poi, quando l’opera al nero è stata completata, han rottamato tutti i primattori e le comparse del tragicomico ventennio che abbiamo alle spalle: destra e sinistra, il partito della libertà e la classe dirigente del partito democratico, le Province e il Senato.Ora che abbiamo trovato il cadavere (la repubblica democratica e sovrana) non resta che chiedersi se qualcuno è stato corrivo con l’assassino. Purtroppo, caro elettore del P.I.M., la risposta è affermativa. Avevi un pantheon di eroi che si chiamavano De Gasperi e Togliatti, Dossetti e Nenni, Moro e Berlinguer? Bene, gli epigoni dei tuoi miti di bambino, quell’accozzaglia di acronimi che la storia ha già digerito ed evacuato (Pds, Ds, Fi, Ppi, Ccd, Udc, Pdl, Pd, Ncd) sono stati il cavallo di Troia che ti ha portato in casa la Merkel, Barroso e Van Rompuy. Quindi significa che c’è un disegno? Certo che sì. La sinistra post-comunista e la destra post-democristiana, sostenitrici accorate (e unificate) dell’ingresso dell’Italia nell’Ue, sono state il grimaldello per consegnare il nostro paese a un futuro tecnocratico, ademocratico, oligarchico (cioè il presente in cui viviamo).Vuoi la pistola fumante? Vai a rileggere il rapporto redatto nel 1975 da Michel Crouzier, Samuel Huntington e Joji Watanuki per conto della Commissione Trilaterale dove, tra l’altro, si scriveva: «Il funzionamento efficace di un sistema democratico necessita di un livello di apatia da parte di individui e gruppi. In passato ogni società democratica ha avuto una popolazione di dimensioni variabili che stava ai margini, che non partecipava alla politica. Ciò è intrinsecamente anti-democratico, ma è stato anche uno dei fattori che ha permesso alla democrazia di funzionare bene. (…) Curare la democrazia con ancor più democrazia è come aggiungere benzina al fuoco». Adesso andiamo a citare alcuni dei padri nobili “de sinistra” e “de destra” che preconizzarono il sol dell’avvenire da cui ora ti ritrovi ustionato. Jean Claude Juncker (ex presidente dell’Eurogruppo), il 21 dicembre 1999, a “Der Spiegel”, sul modus operandi della Commissione Europea: «Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere cosa succede. Se non provoca proteste né rivolte, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa é stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno».Romano Prodi, il 4 dicembre 2001, al “Financial Times”: «Sono sicuro che l’euro ci costringerà a introdurre un nuovo insieme di strumenti di politica economica. Proporli adesso è politicamente impossibile, ma un bel giorno ci sarà una crisi e si creeranno i nuovi strumenti». Jacques Attali (uno dei padri fondatori dell’Unione Europea e dei trattati europei), il 24 gennaio 2011, all’università partecipativa: «Abbiamo minuziosamente “dimenticato” di includere l’articolo per uscire da Maastricht. In primo luogo, tutti coloro, e io ho il privilegio di averne fatto parte, che hanno partecipato alla stesura delle prime bozze del trattato di Maastricht, hanno o meglio ci siamo incoraggiati a fare in modo che uscirne sia impossibile. Abbiamo attentamente “dimenticato” di scrivere l’articolo che permetta di uscirne. Non è stato molto democratico, naturalmente, ma è stata un’ottima garanzia per rendere le cose più difficili, per costringerci ad andare avanti».Helmuth Kohl, il 9 aprile 2013, al “Telegraph”, sull’ingresso nell’euro da parte della Germania: «Sapevo che non avrei mai potuto vincere un referendum in Germania. Avremmo perso il referendum sull’introduzione dell’euro. Questo è abbastanza chiaro. Avrei perso sette a tre. Nel caso dell’euro, sono stato come un dittatore». Ecco, caro elettore del Partito Ipnocratico di Massa, chi sono i paladini cui darai, tra poco, il tuo voto. Ora che lo sai, rilassati, inspira, espira, inspira, espira, inspira, espira. Tutto ciò che hai letto è solo un brutto sogno. Conta da ventuno a zero, piano piano. Ninna nanna, ninna oh, questo Mostro a chi lo do? Leggi i manifesti del Pd, ascolta un sermone di Renzi, sparati un monito di Napolitano. Fatto. Ora puoi tornare a dormire.(Francesco Carraro, “Il Partito Ipnocratico di Massa”,da “Libero” del 14 aprile 2014).Avviso ai naviganti. Questo è un messaggio per chi è iscritto, a sua insaputa, al Partito Ipnocratico di Massa. Per appurare se hai la tessera, controlla se sei sotto ipnosi senza saperlo. Osserva i sintomi. Hai intenzione di votare Pd alle prossime elezioni europee (o uno qualsiasi dei partiti del nuovo arco costituzionale del sonno, Forza Italia e Nuovo Centro Destra compresi)? Hai preso parte alle primarie democratiche? Sei iscritto a un club Forza Silvio? Sei convinto che Renzi sia l’ultima (buona) occasione per l’Italia di uscire dal pantano? Se hai risposto di sì ad almeno una delle precedenti domande la diagnosi è confermata. Ciò che stai per leggere potrebbe svegliarti per cui prosegui solo se ti consideri pronto. Anzi, leggi lo stesso. Alla fine del pezzo ti riaddormenterò di nuovo e non ricorderai più nulla. Qualcuno ha detto che è meglio illudersi da ignoranti che disperarsi da consapevoli, quindi, forse, dormire è la ricetta giusta. Ecco un buon vademecum da portarsi in cabina elettorale.
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Borghi: voto per recidere il cancro mortale chiamato euro
Da quando si tengono le elezioni europee, tutti i partiti che si presentano agli elettori dicono di voler cambiare l’Europa. Peccato che dagli inizi degli anni ‘80 l’Europa sia sempre cambiata in peggio, perché nessuno ha mai affrontato il cuore del problema, vale a dire la gestione accentrata dell’economia attraverso l’imposizione dei cambi fissi prima e l’euro poi: uno strumento che si è rivelato mortale, in quanto metodo di governo per riuscire a mettere in difficoltà alcuni Stati in favore di altri. L’euro è uno zaino dello stesso peso che, però, viene fatto indossare a corridori di corporatura diversa. Non è uguale per tutti. Per chi è più leggero e agile, è uno strumento che lo svantaggia incredibilmente; per chi è più grande e massiccio, è un forte vantaggio relativo. Gli europeisti che, pur di scongiurare l’addio all’euro, dipingono scenari apocalittici? Sono persone che lavorano troppo di fantasia. E per questo, purtroppo, sono in vantaggio.Mi rendo conto che le mie valutazioni rischiano di essere meno affascinanti rispetto al panorama di morte, distruzione e terrore che viene messo in scena da questi signori. Però la teoria economia e il buon senso dicono che si può e si deve uscire dall’euro. Per ottenere un vero cambiamento, bisogna avere i numeri. Qualora riuscisse il miracolo e si realizzasse un Europarlamento a maggioranza euroscettica, probabilmente la Germania se ne andrebbe risolvendo il problema nella maniera più semplice. Se a un giocatore che sta vincendo al poker barando viene puntata la pistola alla tempia, può anche essere che pensi di andarsene pur di portare a casa quanto è riuscito a vincere. Viceversa, se nessuno obietta e tutti lasciano fare, allora quel giocatore andrà avanti a vincere barando. Cercare alleanze in Europa fa dunque parte di un punto cruciale della nostra strategia. Strategia che avrebbe potuto rivelarsi vincente pure in Italia.Nel suo ultimo libro, George Soros ha calcolato che nonostante la crisi economica la Germania sia riuscita a guadagnare oltre 100 miliardi di euro, mentre altri paesi dell’Eurozona andavano gambe all’aria. Effettivamente, dinnanzi al disastro creato dall’euro numerosi economisti italiani non sanno far altro che proporre più Europa, come accorgersi di essere sul punto di morire per avvelenamento e scegliere di prendere altro veleno. Succede proprio in Italia, dove il dibattito è ammorbato da queste bugie. Probabilmente chi gestisce un partito preferisce conservare uno 0,5% piuttosto che perdere qualche elettore per strada dicendo la verità. L’Europa, però, si sta svegliando. In Francia, per esempio, il Front National punta a essere il primo partito con un programma assolutamente aderente a quello portato avanti dalla Lega Nord. Chi vota la Le Pen non è assolutamente di destra, ma ci troviamo di fronte a un elettorato trasversale stufo di questa Europa.In Inghilterra si annuncia l’exploit dello Uk Independence Party: in caso di vittoria, Farage punterà a portare gli inglesi fuori dall’Unione Europea. Troppo spesso viene montata ad arte una certa confusione tra euro e Europa. Chi vuole contrastare l’euroscettismo tende a far credere che essere contro l’euro significhi anche essere contro l’Europa. In realtà, così non è. Tuttavia, bisogna capire quale Europa, perché un’Europa che va contro gli interessi dell’Italia, come probabilmente Farage pensa che sia nei confronti dell’Inghilterra, a noi non piace. Fino ad oggi i tedeschi hanno seguito proprio questo modello facendo solo ed esclusivamente i propri interessi. Se Bruxelles continua a sfornare leggi che indeboliscono la piccola e media impresa e avvantaggiano l’industria tedesca, allora non ci interessa nemmeno l’Europa. Isolazionismo? Stupidaggini! Non si pensi che in Svizzera sia impossibile andare a studiare all’estero o avere le pesche o che non ci sia il roaming dei telefonini! L’associazione e il coordinamento degli Stati europei possono essere serenamente portati avanti senza l’euro, che è uno strumento di divisione, e senza quelle prevaricazioni che vanno a vantaggio esclusivamente di un paese.Negli ultimi anni è sicuramente venuto a mancare un coordinamento volto a contrastare l’emergenza immigrazione. Ma tra un po’ dovremo affrontare un problema ancora più dannoso, cioè l’emigrazione. Se la disoccupazione salirà ancora, tanti giovani italiani saranno costretti ad andarsene. Il governo dovrebbe occuparsi di questo disagio, perché ognuno di noi dovrebbe avere il diritto di lavorare qui e non vedersi costretto a cercare fortuna in giro per il mondo. Il problema delle frontiere è molto più complesso e passa inevitabilmente dal rendere il paese sempre più attraente. La gestione dell’immigrazione è il classico esempio di legiferazione a danno dell’Italia: in quanto paese di frontiera, dobbiamo sottostare a regole assurde di accoglienza ma non siamo in grado di gestire autonomamente questo flusso. L’Italia fa da filtro. L’immigrazione migliore, fatta di persone che vogliono lavorare, persegue verso i paesi del Nord. Qui da noi rimane solo quella peggiore, fatta di delinquenti. Insomma, il lavoro sporco è come sempre nostro, mentre i vantaggi vanno ad altri.Alla Bce è stato dato un solo mandato: mantenere basso il livello di inflazione. Un problema molto relativo, che è stato assurto a concetto base. Ma se si guarda a quello che potrebbe essere un successo (un tasso del 2% per tutta l’Eurozona), in realtà a livello locale la situazione è ben diversa. Il fatto che ci sia una scarpa che sia uguale per tutti quando i numeri dei piedi sono differenti, fa capire quanto non funzioni questa Europa. Ancora oggi c’è tantissimo che non viene detto e, per questo, quando giro per l’Italia trovo sale strapiene di gente che viene a sentir parlare di economia. Questo deficit di conoscenza non può essere colmato con le battute nei talk show. Si tratta, infatti, di argomenti spinosi che devono essere spiegati a parole e visti con immagini. Pochissimi fanno vedere cosa succede in Grecia, pochissimi fanno vedere come sta aumentando la disoccupazione in Francia. Questo perché c’è una informazione di regime che tramuta qualsiasi tipo di notizia, anche male interpretata ma che può essere vista come positiva, come un trionfo dell’Europa.Chi tira i fili in questa operazione? In primo luogo c’è chi ha un interesse diretto. Se il nostro vicino ha qualcosa che ci piace, di sicuro non gli auguriamo il successo ma speriamo in un rovescio economico per potergliela comprare per un tozzo di pane. I paesi europei più ricchi hanno industrie interessate alle ricchezze italiane. E, guarda caso, sono gli stessi che pagano l’informazione. In secondo luogo ci sono quelli che inizialmente in buona fede hanno spinto per entrare in Europa e che ora, davanti allo sfacelo, sono prigionieri dei propri errori. Non ammetteranno mai di aver sbagliato. E tantomeno chiederanno mai scusa.(Claudio Borghi Aquilini, dichiarazioni rilasciate ad Andrea Indini per l’intervista “Così l’Italia uscirà dall’euro”, pubblicata da “Il Giornale” il 28 aprile 2014. Il professor Borghi Aquilini, economista dell’Università Cattolica di Milano, è candidato come indipendente per la Lega Nord alle elezioni europee: «Una volta tanto andiamo al cuore del problema», dice. «Non si tratta di un programma vago in cui ci si propone di battere i pugni sul tavolo per far sentire la propria voce o per chiedere riforme. Noi puntiamo a recidere la catena che ci tiene bloccati».Da quando si tengono le elezioni europee, tutti i partiti che si presentano agli elettori dicono di voler cambiare l’Europa. Peccato che dagli inizi degli anni ‘80 l’Europa sia sempre cambiata in peggio, perché nessuno ha mai affrontato il cuore del problema, vale a dire la gestione accentrata dell’economia attraverso l’imposizione dei cambi fissi prima e l’euro poi: uno strumento che si è rivelato mortale, in quanto metodo di governo per riuscire a mettere in difficoltà alcuni Stati in favore di altri. L’euro è uno zaino dello stesso peso che, però, viene fatto indossare a corridori di corporatura diversa. Non è uguale per tutti. Per chi è più leggero e agile, è uno strumento che lo svantaggia incredibilmente; per chi è più grande e massiccio, è un forte vantaggio relativo. Gli europeisti che, pur di scongiurare l’addio all’euro, dipingono scenari apocalittici? Sono persone che lavorano troppo di fantasia. E per questo, purtroppo, sono in vantaggio.