Archivio del Tag ‘Europa’
-
Greta recita: sta minacciando personalmente ognuno di noi
Dovete consumare di meno (voialtri, non loro lassù). E dunque: rassegnatevi alla precarietà, all’esclusione sociale. E sentitevi in colpa, se avete appena cambiato il frigo e osato concedervi una vacanza. Dovete smettere, punto e basta. A chi parla, Greta Thunberg? A noi, le vittime dei suoi burattinai. Fino a ieri, la giovanissima attrice svedese si limitava a mormorare, dispensando saggezza dall’alto dei suoi 16 anni. Oggi ha cambiato passo: intima, minaccia, insolentisce. Le hanno messo a disposizione addirittura la platea della Nazioni Unite, per esibirsi nel suo nuovo spettacolo. Una viperetta tracotante, livida: ne saranno felcissimi, gli azionisti del suo business. In primis, a brindare è la filiera industriale delle energie rinnovabili, con la potente macchina di propaganda ben oliata dall’oligarca Al Gore, ex vice di Clinton, l’uomo che ha scatenato la finanza-canaglia globalizzata. Ma in generale, nel mirino della piccola fiammiferaia svedese (ovvero, dei suoi sceneggiatori) c’è suprattutto il famoso 99% dell’umanità, o meglio ancora dell’Occidente, il “primo mondo” che era benestante e che si è improvvisamente impoverito proprio mentre l’economia mondializzata ha moltiplicato in modo esponenziale il Pil finanziario dei decenni precedenti la caduta del Muro di Berlino.Il grande artefice del disgelo, Mikhail Gorbaciov, sognava un mondo senza più guerre. Sfrattato dal Cremlino, ha visto l’Urss smembrata e la Russia brutalmente privatizzata e saccheggiata. Ma il colpo da maestro degli strateghi del globalismo a mano armata è stato permettere alla Cina di entrare nel gioco planetario con merci prodotte sottocosto, grazie anche a condizioni schiavistiche di lavoro, senza le tutele sindacali di Europa e Usa. In pochi anni il mondo è esploso, insieme al suo fatturato, in una sorta di festa truccata: l’europeo e l’americano medio hanno perso terreno, hanno smesso di crescere in termini di benessere, hanno cominciato a intaccare i risparmi familiari e a dover mantenere i figli senza lavoro, costretti a non sposarsi o a emigrare all’estero. Devastante il fenomeno delle delocalizzazioni, la fuga delle industrie nei paesi asiatici dove l’operaio costava un dollaro al giorno. In Europa – vero laboratorio mondiale del suicidio tecnocratico della democrazia – la truffa neoliberale ha indossato la maschera austera e perbenista dell’ordoliberismo autoritario, l’ipocrita moralismo del guru austriaco Friedrich von Hayek: l’illuminato economista concepiva il welfare (ridotto a poche briciole, s’intende) solo come misura estrema e preventiva per cautelarsi dalla rivolta delle masse impoverite.Agli italiani, personaggi come Ciampi e Prodi avevano presentato l’Ue e l’Eurozona come il paradiso, il regno dell’età dell’oro. Dopo meno di vent’anni non restano che macerie, nazioni che si guardano in cagnesco e che si fanno le scarpe appena possono, mentre il Belpaese (depredato, secondo i piani) ha perso il 25% del suo potenziale industriale. L’Europa intera ha assistito senza muovere un dito alla macellazione senza anestesia del popolo greco: cos’avrebbe da dire, Greta Thunberg, ai sopravvissuti della Grecia che si sono visti scippare il Pireo e gli aeroporti, chiudere i bancomat, tagliare i salari, ridurre le pensioni fino alla soglia della fame? Cicale irresponsabili, quelle che hanno assistito alla morte dei neonati, nei loro ospedali, per mancanza di medicine? Spendaccioni scellerati, i greci, che oggi devono vedersela con piaghe che si credevano sepolte dalla storia, come la malnutrizione infantile? E’ sconcertante la consonanza fra le parole di Greta e quelle degli oligarchi europei che hanno messo la Grecia in ginocchio, accusandola di aver abusato del debito pubblico. La canzone – vagamente nazista – è sempre la stessa: la colpa è vostra, peggio per voi.La Thunberg, si sa, è una pedina importantissima della grande manipolazione mediatica sul “climate change”, ovvero la teoria – non suffragata scientificamente – secondo cui il surriscaldamento globale (peraltro appena contestato all’Onu da 500 scienziati) sarebbe di origine antropica. Sommessamente, qualche anno fa, il fisico Carlo Rubbia, Premio Nobel, ricordava che, ai tempi dell’Impero Romano, le temperature medie erano superiori a quelle di oggi. Nel solo medioevo, come gli storici sanno, si è passati dalla mini-glaciazione (che d’inverno congelava il Tamigi e la Senna, attraversabili camminando) al grande caldo del periodo basso-medievale, con colture mediterranee come l’ulivo diffuse ovunque nel Nord Italia. Ancora nom c’era neppure la macchina a vapore, figurarsi le emissioni velenose delle odierne megalopoli. L’inquinamento è tangibile e pericoloso, quello sì: negli oceani galleggiano isole di plastica vaste quanto continenti. Come è possibile che non si impieghi la tecnologia necessaria a bonificare la Terra e riconvertire ecologicamente l’industria? E soprattutto: perché – in primis – i padroni dell’universo che muovono i fili della marionetta Greta vogliono, a tutti i costi, colpevolizzare noi per quanto sta accadendo, raccontandoci addirittura che il degrado della biosfera altera il clima del pianeta?E’ tutto talmente surreale da sembrare comico, se non fosse per il caos sanguinoso che sfiora o assedia miliardi di esseri umani. Il cielo è vistosamente coperto dalle emissioni aeree della geoingegneria (guai a chiamarle scie chimiche), mentre l’aviazione Usa ammette, di colpo, che i piloti dei jet sono frastornati dai continui avvistamenti di Ufo. Il Medio Oriente non fa più notizia, eppure dovrebbe: non si è ancora spenta l’eco del terrore scatenato dal sedicente Stato Islamico, protetto e armatissimo da precisi settori dell’intelligence atlantica prima dell’elezione di Trump alla Casa Bianca. Gli stregoni della finanza oggi hanno paura: temono un crollo catastrofico dell’economia fittizia gonfiata dalla speculazione. Mario Draghi smentisce integralmente la sua vicenda professionale e arriva a evocare addirittura la Modern Money Theory, cioè la restituzione della sovranità monetaria agli Stati, mentre Christine Lagarde, in uscita dal Fmi e diretta alla Bce, parla apertamente degli eurobond che metterebbero fine all’incubo dello spread, consentendo all’economia europea di tornare a investire e produrre lavoro. Sono voci frammentarie di élite potentissime che oggi appaiono divise e lacerate da faglie profonde, come quella che oppone il governo Usa al cartello Rothschild, ora schierato con Silicon Valley e con la Cina, pronto a sostituire il dollaro con un’altra possibile valuta internazionale, come propone la Bank of England.I segnali non sono rassicuranti, c’è chi teme un collasso che potrebbe spalancare scenari di guerra. Nell’Italia che assiste alla strage indiscriminata di alberi d’alto fusto, tagliati per fare spazio al misterioso 5G (vera incognita, per la salute), i genitori si rassegnano a sottoporre i bambini a vaccinazioni improvvisamente obbligatorie, somministrate in batteria – oggi ai neonati e forse domani anche agli adulti, pena la pedita del passaporto e della patente di guida come in Argentina? Ma non importa, evidentemente, se in tanti battono le mani alla piccola strega Greta Thunberg, che recita a soggetto davanti alle Nazioni Unite puntando il dito contro tutti noi. Un’intimidazione ad personam, minacciosa e sinistra: guai a voi, branco di incoscienti. Come osate continuare a sperare di migliorare la vostra vita? Musica, per le orecchie dei tagliatori di bilanci. Nulla che possa impensierire le major, gli oligarchi, le multinazionali. Greta ce l’ha con noi, con ognuno di noi: punta a far crescere il nostro senso di colpa, quello del giovane che sogna l’auto nuova, del pensionato che fatica ad arrivare alla fine del mese. Grazie a Greta, i cialtroni dell’austerity – da Palazzo Chigi alla Commissione Ue – potranno accanirsi sul popolo bue con meno scrupoli, specie se l’economia mondiale volgerà al peggio. Nuovi sacrifici in vista? Niente paura, in soccorso ai lestofanti arriva la lezione della piccola attrice svedese: soffrire è giusto, ce lo meritiamo.Dovete consumare di meno (voialtri, non loro lassù). E dunque: rassegnatevi alla precarietà, all’esclusione sociale. E sentitevi in colpa, se avete appena comprato lo smartphone ultimo modello e avete osato concedervi una bella vacanza. Dovete smettere, punto e basta. A chi parla, Greta Thunberg? A noi, le vittime dei suoi burattinai. Fino a ieri, la giovanissima attrice svedese si limitava a mormorare, dispensando saggezza dall’alto dei suoi 16 anni. Oggi ha cambiato passo: intima, minaccia, insolentisce. Le hanno messo a disposizione addirittura la platea della Nazioni Unite, per esibirsi nel suo nuovo spettacolo. Sembra una viperetta tracotante, livida: ne saranno felicissimi, gli azionisti del suo business. In primis, a brindare è la filiera industriale delle energie rinnovabili, con la potente macchina di propaganda ben oliata dall’oligarca Al Gore, ex vice di Clinton, l’uomo che ha scatenato la finanza-canaglia globalizzata. Ma in generale, nel mirino della piccola fiammiferaia svedese (ovvero, dei suoi sceneggiatori) c’è soprattutto il famoso 99% dell’umanità, o meglio ancora dell’Occidente, il “primo mondo” che era benestante e che si è improvvisamente impoverito proprio mentre l’economia mondializzata ha moltiplicato in modo esponenziale il Pil finanziario dei decenni precedenti la caduta del Muro di Berlino.
-
Magaldi: i supermassoni Draghi e Lagarde pentiti del rigore?
Suona paradossale che il governatore della Bce parli della Modern Money Theory nel momento in cui sta uscendo del suo incarico. Se l’avesse fatto uno o due anni fa, nella sua veste autorevolissima, avrebbe potuto trarne debite conseguenze. Credo che occorra rimanere cauti. A meno che non si finga di credere che avere italiani in certe istituzioni sia un aiuto per il paese. Spesso si pensa infatti che Draghi abbia aiutato l’Italia, o che avere un commissario italiano all’economia possa esserci utile. Non è così. Se sei un credente di una religione economica di un certo tipo (perché di questo si tratta, di religiosità economica), difficilmente smentirai quella fede in favore del tuo popolo. Oltretutto, parliamo di persone educate a ragionare in termini sovranazionali. Peraltro, anche in un modo diverso e migliore, perché un italiano all’Ue dovrebbe aiutare l’Italia e non anche gli altri paesi? Se si è rappresentanti dell’Europa ci si prende cura di tutti i popoli europei. Quindi, se si fanno politche diverse dalle attuali, le si fa non solo a favore dell’Italia, ma anche della Grecia, della Spagna, della Germania, della Francia. Detto questo, Draghi se ne esce con questa valutazione possibilista sulla Mmt a fine mandato, mentre Christine Lagarde non solo fa un’affermazione clamorosa, dicendo che la moneta “appartiene al popolo e al suo interesse”, ma parla addirittura della necessità di emettere gli eurobond.Sappiamo che adottare gli eurobond (titoli di Stato europei, unificati) significherebbe la fine dello spauracchio dello spread: dunque gli eurobond sarebbero un servizio efficacissimo al servizio dei popoli europei e dello sviluppo dell’economia reale. Però ricordo lo stesso Juncker, che – in vista del suo insediamento alla Commissione Europea – disse di capire il disagio socio-economico in Europa, tanto da ritenere che avessero fondamento persino alcune tesi di Marx. Affermazioni ancora più impegnative, quindi, per un neoliberista puro come Juncker. Ma cosa ne è seguito? Nulla. Anzi: insieme agli altri, Juncker è stato uno dei cani da guardia dell’austerità europea, che tuttora perdura. Ora, trattandosi di massoni di altissimo rango (ma di segno neoaristocratico, reazionario, post-democratico e neoliberista), molto difficilmente queste affermazioni del “fratello” Mario Draghi e della “sorella” Christine Lagarde significano che ci sarà un cambio di passo. Sono specchietti per le allodole: è questa la valutazione più razionale che è possibile fare oggi. Per contro, è successo tante volte che qualche pezzo grosso di una fazione lanciasse messaggi all’altra fazione, perché magari intendeva fare un cambio di casacca.Anche in questo caso, quindi, non escludo a priori che Draghi e la Lagarde stiano lanciando messaggi in questo senso, visto che il potere neoaristocratico sta perdendo la sua presa sull’Europa. La sua presa scricchiola, così come scricchiola il governo Conte-bis: era partito con grandi aspirazioni socialdemocratiche di rigenerazione del tessuto sociale ed economico italiano, e adesso sta pensando di tassare le merendine per avere quattro baiocchi in più per finanziare la scuola, che invece avrebbe bisogno di ben altro: edifici che non crollino e insegnanti pagati dignitosamente. L’insegnamento e l’educazione civica, ricordiamolo, sono tratti qualificanti di una nazione, di una collettività. Tornando a Draghi e Lagarde: vediamo cosa succederà. Certo, bisogna che alle parole seguano i fatti. Ma poi: chiediamoci come l’informazione ha gestito le notizie riguardanti le esternazioni dei due tecnocrati. Se ci si limita a registrare le loro battute, senza poi inviare giornalisti a chieder conto di quelle affermazioni, incalzando Draghi e Lagarde per sapere come contano di agire concretamente, dall’indomani, è chiaro che non succede niente.Anzi, mi immagino la Lagarde, intenta a ridacchiare coi suoi collaboratori: ecco, ho detto la mia bella cosa e i media l’hanno messa in risalto, ma nel frattempo in Europa tutto continua come prima. E tuttavia insisto: aspettiamo e vediamo. D’accordo, queste non sono posizioni concretizzabili immediatamente. Ma potrebbe anche darsi (e lo verificheremo, in sede massonica) che questo sia un segnale, verso noi progressisti, per dirci: guardate che il governo Conte scricchiola, il governo dell’Europa scricchiola, le aspettative dei popoli sono sempre più urgenti, e forse – in quest’ultima fase della nostra vita, politica e massonica – noi siamo pronti a fare il salto della quaglia. In una guerra come quella che si combatte a livello globale, direi che la miglior vittoria si verifica quando i nemici passano dalla tua parte. E’ un po’ come il pentitismo: grazie ai pentiti si sono sconfitte e ridimensionate alcune organizzazioni mafiose. Io quindi non direi di no ad un eventuale, sincero passaggio di casacca: bisogna però vedere se questo è reale.Fino ad oggi, Draghi e la Lagarde, la Merkel, Juncker e tutti i personaggi di questo circo di pseudo-governanti delle tecnocrazie e delle istituzioni pseudo-europee, hanno scientemente fatto questo gioco illusionistico: la Bce tiene bassissimi i tassi del costo del denaro e immette quantità importanti di liquidità, ma questa emissione non si vuole che arrivi direttamente alle politiche governative. Si è consentito a banche e ad entità finanziarie di ricevere denaro a bassissimo costo e di usarne una parte per l’acquisto di titoli di Stato, così da abbassare lo spread. Ma, in questa filiera, il denaro che è arrivato all’economia reale è scarsissimo. Questo però non è stato fatto per incapacità: non è che adesso si rendano conto che il sistema non funzionava. No, tutto questo è stato fatto in modo consapevole, pervicace e anche subdolo. Se poi – nella coscienza individuale di Mario Draghi e di Christine Lagarde – c’è un ripensamento sulla loro posizione nello scacchiere di potere, e quindi stando lanciando un messaggio alle reti della massoneria progressista che attende il loro crollo (perché il crollo ci sarà, dal momento che certe menzogne non tengono più), ebbene, questo lo scopriremo solo vivendo.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a Marco Moiso nel colloquio in diretta web-streaming su YouTube del 24 settembre 2019).Suona paradossale che il governatore della Bce parli della Modern Money Theory nel momento in cui sta uscendo dal suo incarico. Se l’avesse fatto uno o due anni fa, nella sua veste autorevolissima, avrebbe potuto trarne debite conseguenze. Credo che occorra rimanere cauti. A meno che non si finga di credere che avere italiani in certe istituzioni sia un aiuto per il paese. Spesso si pensa infatti che Draghi abbia aiutato l’Italia, o che avere un commissario italiano all’economia possa esserci utile. Non è così. Se sei un credente di una religione economica di un certo tipo (perché di questo si tratta, di religiosità economica), difficilmente smentirai quella fede in favore del tuo popolo. Oltretutto, parliamo di persone educate a ragionare in termini sovranazionali. Peraltro, anche in un modo diverso e migliore, perché un italiano all’Ue dovrebbe aiutare l’Italia e non anche gli altri paesi? Se si è rappresentanti dell’Europa ci si prende cura di tutti i popoli europei. Quindi, se si fanno politiche diverse dalle attuali, le si fa non solo a favore dell’Italia, ma anche della Grecia, della Spagna, della Germania, della Francia. Detto questo, Draghi se ne esce con questa valutazione possibilista sulla Mmt a fine mandato, mentre Christine Lagarde non solo fa un’affermazione clamorosa, dicendo che la moneta “appartiene al popolo e al suo interesse”, ma parla addirittura della necessità di emettere gli eurobond.
-
Veneziani: non è col sovranismo che si sconfigge il Mostro
Pontida, Atreju e poi? Tweet, selfie, comizi, talk show, magari un corteo. Ma qual è la consistenza di quel fenomeno pur maggioritario nel nostro paese che è chiamato sovranismo? Dico la consistenza oltre l’apparenza mediatica, le opinioni espresse, le facce dei leader. Sapete come la penso, sapete che la sintesi del peggio che comanda l’Italia suscita in me come in molti di voi, qualcosa di più del dissenso e dell’opposizione. Disgusto, indignazione, a tratti perfino schifo al solo vederli e sentirli. Quando il peggior settarismo si unisce al peggior trasformismo in un progetto che è agli esatti antipodi di quel che pensano, dicono, vogliono gli italiani e di quel che il puro buon senso, la realtà, non hai voglia di sottoporre a critica chi si oppone a loro. Puro sfascismo, inavvertenza del declino verso cui ci portano al galoppo, negazione di ogni senso d’italianità, di civiltà, di priorità legate alla vita reale delle persone, delle famiglie, dei popoli. Però possiamo chiederci una volta, almeno una volta, che altro c’è di solido, di credibile, di fondato oltre le facce, gli slogan e le dichiarazioni dei leader sul versante dei sovranisti?Sapete che vuol dire governare l’Italia, e sapete che vuol dire farlo avendo il mondo contro, i potentati veri, i media, Papi, i giudici d’assalto, i presidenti e i tecnocrati, le classi dominanti europee? Nessuno pensa che all’opposizione si possa disporre di mezzi e risorse adeguate ad affrontare una sfida così grande; si sa che c’è uno squilibrio clamoroso, che parliamo di Davide contro Golia, con l’unica forza che ci sono milioni di Davide a tendere la fionda del medesimo puntata contro il gigante. Ma si può costruire una credibile alternativa ai poteri armati e accessoriati solo con la biblica fionda e il tifo intorno? Può bastare l’uso dei social per combattere una vera battaglia di civiltà? Si può far rinascere un paese, rifondare una nazione sovrana con qualche palliativo, qualche piccola battaglia simbolica e poi nient’altro? No, non può bastare.Sì, qualcosa magari c’è, qualche buon amministratore locale, qualcuno che se la cava, qualche faccia credibile e rispettabile. Ma poi basta, il vuoto; nessuna classe dirigente, nessuna struttura, nessun quartier generale, nessuna vera strategia oltre la solita tattica elettorale più contorno di sondaggi. Il deserto, e gli slogan nel deserto. Non tornerò a ripeterlo, magari lo scriverò una volta su “La Verità” o su “Panorama”; per ora lo dico solo a voi, amici della pagina. Non mi va di far la cassandra; e poi, se consideri chi c’è al potere, chi abita il Palazzo, tutti gli altri se, ma, boh, finiscono in un angolo; non puoi perder tempo a “sottilizzare” sulla reale consistenza di quell’alternativa se hai la certezza che quel potere fa male. Ma ogni tanto, a bassa voce, in un orecchio, diciamocelo pure noi. Non bastano due facce, quattro slogan e tanta rabbia per costruire una seria alternativa di governo. Ce lo siamo detti, non ce lo ripeteremo. Ma dovevamo dircelo, senza ipocrisia. Con la speranza di sbagliarci o di vederla noi troppo negativamente.(Marcello Veneziani, “Detto tra noi”, da “La Verità” del 21 settembre 2019; articolo ripreso sul blog di Veneziani).Pontida, Atreju e poi? Tweet, selfie, comizi, talk show, magari un corteo. Ma qual è la consistenza di quel fenomeno pur maggioritario nel nostro paese che è chiamato sovranismo? Dico la consistenza oltre l’apparenza mediatica, le opinioni espresse, le facce dei leader. Sapete come la penso, sapete che la sintesi del peggio che comanda l’Italia suscita in me come in molti di voi, qualcosa di più del dissenso e dell’opposizione. Disgusto, indignazione, a tratti perfino schifo al solo vederli e sentirli. Quando il peggior settarismo si unisce al peggior trasformismo in un progetto che è agli esatti antipodi di quel che pensano, dicono, vogliono gli italiani e di quel che il puro buon senso, la realtà, non hai voglia di sottoporre a critica chi si oppone a loro. Puro sfascismo, inavvertenza del declino verso cui ci portano al galoppo, negazione di ogni senso d’italianità, di civiltà, di priorità legate alla vita reale delle persone, delle famiglie, dei popoli. Però possiamo chiederci una volta, almeno una volta, che altro c’è di solido, di credibile, di fondato oltre le facce, gli slogan e le dichiarazioni dei leader sul versante dei sovranisti?
-
All’Onu 500 scienziati: da Greta sul clima solo menzogne
È arrivata una letterina all’Onu. Ha la forza di 500 leoni stufi di stare in gabbia. Sono gli scienziati imprigionati nel bozzolo delle idiozie della fake science. Sono 500 tra cattedratici e ricercatori dell’intero orbe terracqueo. Nella missiva contestano i dati inventati e il catastrofismo apocalittico di Greta Thurnberg. Ci giocano la faccia e si espongono al linciaggio social. C’è infatti nonostante un clima, questo sì davvero ignobile e ustionante, da caccia alle streghe alimentato dalla piccola strega, una pattuglia di coraggiosi, inutilmente competenti. Il segretario generale dell’Onu António Guterres, che ha creato un ambiente da tempio della Dea Kalì per ospitare Greta dalle dieci braccia e trentatré trecce, ne ha invitato forse uno, almeno uno a sorte di questi 500? Figuriamoci. Nessun dibattito è ammesso. Cosa daremmo per assistere a uno scambio di tesi e dialoghi alla pari tra il Nobel Carlo Rubbia e questa furiosa creatura che sembra venuta da qualche girone dantesco con quegli occhi infiammati, con quei suoi discorsi sui sogni e sulla purificazione che ricordano quelli della gioventù hitleriana? Ci domandiamo: chi ha organizzato questa sua ascesa, chi organizza i viaggi, quale organizzazione le ha fatto fissare tempi e termini della sua partecipazione a questo evento globale? Ci sono concorsi pubblici per parlare all’Onu?I 500 non hanno avuto citazioni sulle prime pagine del giornalone unico dove si spiega la magia del carisma della ragazzina. Ve ne diamo noi l’avviso, per dare un po’di salutare CO2 a tutti coloro, e sono tanti, che sono stati abbandonati dal servizio pubblico e da quello commerciale, e perciò hanno creduto di essere soli in mezzo a folle oceaniche di pupazzetti robotizzati dalle formule usate anche per aizzare i dobermann. Tranquilli. Non siamo soli. Ci sono gli scienziati, che a differenza di Greta hanno il torto di avere la laurea ed essere in alcuni casi calvi; e c’è anche il buon senso a cui vorremmo fare da megafono.Siamo in un tempo assurdo. Si crede all’onniscienza delle masse e dei suoi like, e per un senso distorto della democrazia, per cui uno vale uno, stiamo arrivando al manicomio universale con l’umanità che segue la pifferaia verso l’abisso. Funziona così. Siccome milioni di ignoranti affermano in corteo, bloccando i parlamenti, che la terra è piatta e l’araba fenice esiste (più o meno siamo a questo punto) allora, essendo molti più dei 500 scienziati, hanno ragione loro. Una bomba atomica, altro che Hiroshima. Per ora non ha fatto morti, ma può fare persino più danni se il missile ideologico lanciato dalla Profetessa Greta all’Onu si tradurrà in scelte politiche.È esattamente il contrario di quanto ci viene fatto bere. Altro che contrasto all’anidride carbonica e agli incendi dell’Amazzonia. Detta così, applausi, ovvio. Chi è favorevole alla invasione della plastica che soffoca pesci e uccelli? Ma non è questo. C’è dietro la follia di chi vuole spegnere il motore del mondo, sulla base di un allarme bugiardo, basato sull’ignoranza di Greta e la furbizia di mestatori che intendono impadronirsi della disperazione indotta da questi poveretti di cervello, a cui strani poteri hanno dato in consegna il giacimento più prezioso di tutti, quello delle coscienze. Greta è adoperata come un’arma di distrazione di massa, ma anche di distruzione di un progresso che si vorrebbe dirigere secondo gli umori oggi della finanza globale, saltando gli Stati, tranne ovviamente la Cina, dove chissà perché Greta non viene trasportata. Altro che purificazione dalle sozzure. Questa gente, che sarebbe la generazione dei liceali del mondo intero con i mestatori interessati delle multinazionali green, vuol spegnerci la luce in casa. Se fosse solo questione di corrente elettrica, ce la caveremmo con le lampade a olio, ma oddio le balene non si possono più cacciare (per fortuna), e però neanche le mucche si potranno allevare, perché producono metano, e bevono acqua, e tutto è sporco, inquinante, vietato, tranne il lusso della barca a vela e dei cibi biologici d’alta gamma.È la rivoluzione dei ricchi giovani del nord, che stanchi di distrarsi solo con le pasticche ci provano inventandosi un viaggio psichedelico nell’età dell’oro della preistoria, dove l’età media era di trenta anni, mentre ancora nell’800 in Europa si era sotto i cinquanta. Questi intendono colonizzare con la loro pseudo-scienza e morale fasulla il resto del pianeta. E il problema è che ce la stanno facendo, stanno rintronando il mondo intero. In nome del diritto a sognare questa signorina con i suoi accoliti ci ricaccia nell’incubo dei tempi in cui la scienza non aveva ancora consentito alla tecnologia di creare e far funzionare quegli strumenti che consentono l’alimentazione di sette miliardi di persone e di portare elettricità, con i suoi benefici di sicurezza e libertà, dove prima era impensabile. Quanto è accaduto all’Onu e da lì è rimbalzato nel mondo, abbattendo i vetri delle nostre case, e gonfiandosi nei nostri tinelli, nei bar e sugli autobus si può sintetizzare così: un fenomeno di ipnosi collettiva ad opera di una maga con le treccine, una creatura arrivata cavalcando i Draghi da qualche saga nordica. Dicendola altrimenti: una strega bambina ci ha gettato un sortilegio. Tutti i potenti del mondo, tranne un ironico Trump e un lievemente dubbioso Macron, si sono prostrati davanti a Greta Thurnberg e alla sua oratoria di una violenza inaudita. La questione molto semplice è che non è vero. È proprio una bugia da bambina delle elementari che ha sbagliato libro delle fiabe. Ma nessuno osa eccepire. Noi, insieme ai 500 sì!(Renato Farina, “Greta Thunberg, cinquecento scienziati scrivono all’Onu: Ma che emergenza è? I dati non sono giusti”, da “Libero” del 25 settembre 2019. Lanciata da Guus Berkhout, geofisico e professore emerito dell’Università dell’Aia, la lettera all’Onu è il risultato di una collaborazione tra scienziati e associazioni di 13 paesi, ricorda “Startmag”: la loro “Dichiarazione europea sul clima” ha lo scopo di far sapere che «non c’è urgenza né crisi climatica». La lettera, ripresa testualmente da “Europe Reloaded”, chiede quindi che le politiche climatiche vengano completamente ripensate, «riconoscendo in particolare che il riscaldamento osservato è inferiore al previsto e che l’anidride carbonica, lungi dall’essere un inquinante, ha effetti benefici per la vita sulla Terra»).È arrivata una letterina all’Onu. Ha la forza di 500 leoni stufi di stare in gabbia. Sono gli scienziati imprigionati nel bozzolo delle idiozie della fake science. Sono 500 tra cattedratici e ricercatori dell’intero orbe terracqueo. Nella missiva contestano i dati inventati e il catastrofismo apocalittico di Greta Thunberg. Ci giocano la faccia e si espongono al linciaggio social. C’è infatti nonostante un clima, questo sì davvero ignobile e ustionante, da caccia alle streghe alimentato dalla piccola strega, una pattuglia di coraggiosi, inutilmente competenti. Il segretario generale dell’Onu António Guterres, che ha creato un ambiente da tempio della Dea Kalì per ospitare Greta dalle dieci braccia e trentatré trecce, ne ha invitato forse uno, almeno uno a sorte di questi 500? Figuriamoci. Nessun dibattito è ammesso. Cosa daremmo per assistere a uno scambio di tesi e dialoghi alla pari tra il Nobel Carlo Rubbia e questa furiosa creatura che sembra venuta da qualche girone dantesco con quegli occhi infiammati, con quei suoi discorsi sui sogni e sulla purificazione che ricordano quelli della gioventù hitleriana? Ci domandiamo: chi ha organizzato questa sua ascesa, chi organizza i viaggi, quale organizzazione le ha fatto fissare tempi e termini della sua partecipazione a questo evento globale? Ci sono concorsi pubblici per parlare all’Onu?
-
Sì, l’Amazzonia brucia. Ma meno del cervello dei creduloni
Le decine di migliaia di incendi in corso in Amazzonia in questo momento hanno attirato l’attenzione di ambientalisti, politici e celebrità hollywoodiane. Sfortunatamente, molti di loro hanno diffuso cattive informazioni sotto forma di immagini vecchie di decenni e fatti errati, come l’affermazione per la quale l’Amazzonia è il “polmone del mondo”. Cristiano Ronaldo, Madonna, Greta Thunberg e Macron hanno postato immagini di foreste in fiamme che sono riferite ad altri luoghi del pianeta, e non all’Amazzonia, ma come al solito nessuno ha osato parlare di fake news pilotate per ottenere consensi. Tutti, da “Avvenire” a “Linkiesta”, sottolineano che la foresta sudamericana produce il 20% dell’ossigeno della Terra. Come ogni estate, per riempire i giornali e usare un po’ di frasi fatte, ribadiscono pure che «non si è mai visto nulla di tutto ciò». Balle! Solo pochi media, e sommessamente dopo averlo chiesto agli esperti, hanno osservato che la foresta amazzonica produce meno del 6% dell’ossigeno necessario al pianeta. Come osservato dallo scienziato Dan Nepstad, ad esempio, campi coltivati e pascoli producono la stessa quantità di ossigeno delle foreste.Inoltre, non è nemmeno vero che il mondo si stia deforestando; e il dato più tranquillizzante pare venire dall’Europa, complice la crisi industriale, perché a quanto pare nel Vecchio Continente c’è più vegetazione rispetto a cento anni or sono. Nepstad c’è andato giù pesante: «Sono stronzate», ha dichiarato. «Non c’è scienza dietro a ciò. L’Amazzonia produce molto ossigeno ma usa la stessa quantità di ossigeno attraverso la respirazione, quindi è un lavaggio». Secondo Nepstad, inoltre, il numero di incendi nel 2019 è solo del 7% superiore alla media degli ultimi 10 anni. Come se non bastasse, è uscita a dir poco in sordina la notizia che in Africa in queste ore ci sono più fiamme che in Amazzonia. Secondo i dati raccolti dalla Nasa, infatti, l’Angola e parte della repubblica del Congo starebbero bruciando più che nei dintorni di Manaus in Brasile. Ci sono prove a sostegno di questa affermazione? Indizi utili arrivano dalle applicazioni di allerta incendi come Global Forest Watch e Firms, installate sui satelliti della Nasa: «In base alle analisi condotte da Weather Source, negli ultimi giorni sono stati registrati quasi 7.000 roghi in Angola, 3.395 nella Repubblica Democratica del Congo e 2.217 in Brasile».Non è facile comprendere il motivo delle fake sull’Amazzonia e del silenzio sugli altri disastri, quelli africani in primis. Però si possono formulare alcune ipotesi. Com’è noto, infatti, il presidente Bolsonaro (che, beninteso, mi è simpatico come un paio di mutande sporche) ha prima rifiutato (e poi ritrattato) la profferta d’aiuto dalla Francia. Dopo Macron ci ha pensato anche Trudeau, il presidente del Canada, famoso per i suoi calzini. Il poeta Virgilio direbbe “timeo danaos et dona ferentes”, cioè “temo i greci anche quando portano regali”. E i doni di Marcon e Trudeau sembrano alquanto sospetti, visto che come dimostrato c’è chi è messo molto peggio (l’Africa) in tema d’incendi, mentre quelli brasiliani non sembrano affatto una novità. E dunque, perchè tutta questa attenzione? Forse l’Occidente che conta, riunitosi in pompa magna al G7 fancese, vuole mettere il cappello in casa d’altri, come al solito, oppure impedire la deforestazione per ostacolare le infrastruttre di paesi che potrebbero fungere da alternativa (Brics). Oppure, semplicemente, perchè i due fighetti del G7 sono buoni e aiutano chiunque sia in difficoltà. Scegliete voi.(Massimo Bordin, “L’Amazzonia brucia, ma mai come il cervello dei creduloni”, da “Micidial” del 28 agosto 2019. Il citato Dan Nepstad, dottore forestale e fondatore dell’Earth Innovation Institute, ha lavorato nell’Amazzonia brasiliana per oltre 30 anni, studiando l’impatto dell’uomo nella regione. Autorità mondiale in materia di sviluppo rurale a basse emissioni, ha lavorato nelle più prestigiose fondazioni scientifiche legate alle discipline ecologiche, insegnando anche all’Università di Yale. E’ stato co-fondatore dell’Amazon Environmental Research Institute (Ipam) e dell’Aliança da Terra. È stato inoltre il principale promotore del gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici Wg2).Le decine di migliaia di incendi in corso in Amazzonia in questo momento hanno attirato l’attenzione di ambientalisti, politici e celebrità hollywoodiane. Sfortunatamente, molti di loro hanno diffuso cattive informazioni sotto forma di immagini vecchie di decenni e fatti errati, come l’affermazione per la quale l’Amazzonia è il “polmone del mondo”. Cristiano Ronaldo, Madonna, Greta Thunberg e Macron hanno postato immagini di foreste in fiamme che sono riferite ad altri luoghi del pianeta, e non all’Amazzonia, ma come al solito nessuno ha osato parlare di fake news pilotate per ottenere consensi. Tutti, da “Avvenire” a “Linkiesta”, sottolineano che la foresta sudamericana produce il 20% dell’ossigeno della Terra. Come ogni estate, per riempire i giornali e usare un po’ di frasi fatte, ribadiscono pure che «non si è mai visto nulla di tutto ciò». Balle! Solo pochi media, e sommessamente dopo averlo chiesto agli esperti, hanno osservato che la foresta amazzonica produce meno del 6% dell’ossigeno necessario al pianeta. Come osservato dallo scienziato Dan Nepstad, ad esempio, campi coltivati e pascoli producono la stessa quantità di ossigeno delle foreste.
-
“Inaugurata” la Torino-Lione, che continua a non esistere
Con l’ipocrisia che lo caratterizza, il Conte-bis riesce a barare persino sul Tav Torino-Lione, evitando di presentarsi in Francia dove è stata completata l’ultima galleria geognostica in cantiere, quella di Saint-Martin-La-Porte, a oltre venti chilometri di distanza dalla frontiera stradale italiana. Cerimonia in pompa magna, con tanto di bandiere. Assente la banda-Conte, per evitare di riacutizzare la sofferenza dei 5 Stelle, che della battaglia NoTav avevano fatto una questione di vita o di morte. Il colmo è che i media – per il quali il mini-cantiere esplorativo di Chiomonte (perpendicolare al tracciato) era «l’anticamera del traforo, ormai in dirittura d’arrivo», ora accusano gli oppositori: ma non avevate raccontato che della Torino-Lione non era stato scavato neppure un metro? Infatti, così è: solo che i 9 chilometri della piccola galleria francese vengono ora contrabbandati per “il primo tronco” della connessione con l’Italia, essendo in asse con l’ipotetica, futura ferrovia. Nulla di strano, in realtà: fedele agli impegni presi nei decenni passati, la Francia ha sempre appoggiato il progetto del traforo, largamente finanziato dall’Italia, senza però varare la connessione ferroviaria tra la frontiera e Lione: Parigi ha infatti stabilito che ne valuterà l’opportunità solo nel 2038, sempre che i dati (oggi contrari all’opera) ne dimostrino l’utilità.
-
Vox Italia: Dio, patria e famiglia. Chi ha paura di Fusaro?
Lasciate ogni speranza, o voi ch’entrate: oscurati da Facebook già in partenza, tanto per cominciare. E se si prova a varcare la soglia del sito ufficiale, voxitalia.net, è Google a trasformarsi in Cerbero: sito pericoloso, potrebbero scipparvi la carta di credito e i dati sensibili. Aiuto! Non insperate mai veder lo cielo, specie se vi chiamate Vox Italia. Come mai tanta paura, per il neonato movimento ispirato e guidato dal giovane filosofo torinese Diego Fusaro? Basta fare un giretto sul web per farsene un’idea. Le reazioni vanno dalla minimizzazione all’irrisione, fino alla diffamazione. Cos’è Vox Italia? Un movimento, si legge, che nasce per dar voce all’interesse nazionale. Slogan: “Pensare e agire altrimenti”, e muoversi “obstinate contra”, scrive Fusaro. «In direzione ostinata e contraria», avrebbe detto Fabrizio De Andrè, in un’Italia dove ancora esistevano menti come quella di Fabrizio De Andrè. «Il movimento – chiarisce Fusaro – unisce valori di destra e idee di sinistra». Più precisamente: «Valori dimenticati dalla destra e idee abbandonate dalla sinistra». Vox Italia si smarca dal «coro virtuoso del politicamente corretto», definito «superstruttura santificante i rapporti di forza del globalismo finanziario a beneficio degli apolidi signori del big business sradicato e sradicante».
-
Magaldi: gli azionisti del Conte-bis temono che non durerà
Vi siete mai domandati perché le formazioni “sovraniste” che sfidano il truce potere eurocratico sono sempre costruite in modo da perdere le elezioni? Vale per l’ex Front National di Marine Le Pen in Francia, fino – in piccolo – alla nostrana Vox Italia di Diego Fusaro. Slogan bellicosi e assetti ideologici tutt’altro che rassicuranti: un profilo che sembra fatto apposta per non farcela, né ora né mai, a impensierire i padroni del vapore. Lo sostiene Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt nonché esponente del network progressista della massoneria internazionale. Che sintetizza: «Non avremo la speranza di alcun cambiamento, fino a quando ci sarà da una parte chi spera nel fronte “sovranista”, e dall’altra chi ancora si aspetta qualcosa di buono da governi come il Conte-bis, che incarna la continuità dell’austerity inagurata da Monti e proseguita da Letta, Renzi e Gentiloni». Nient’altro che maggiordomi, magari in guanti bianchi, pronti a seguire i “consigli” del Quirinale e di Bankitalia, a loro volta succursali, nel Belpaese, del potere finanziario privatistico che si è impossessato delle istituzioni europee, manovrandole a piacimento per imporre il neoliberismo di regime che impoverisce la maggioranza della popolazione.Quanto ai “mandanti” dei maggiordomi, i veri padrini del patetico governicchio messo insieme incollando alla poltrona i 5 Stelle e i fantasmi del Pd, Magaldi avverte: lorsignori «sono parecchio nervosi, perché sanno che l’esperimento non è destinato a durare». Il motivo è semplice: lo scontro con la dura realtà. Riassume Magaldi, in diretta video su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”: «Il Conte-bis sconterà gli stessi problemi che avevano indotto Salvini a staccare la spina. Se non riesci a combinare niente, i cittadini non ti faranno sconti. E i soldi per fare qualcosa di utile per il paese, esattamente come nel primo governo Conte, continuano a non esserci, grazie ai vincoli di bilancio imposti da Bruxelles». Chiarisce Magaldi: «E’ stato Salvini a lasciare il governo, non aveva scelta: sapeva che avrebbe finito col deludere i suoi elettori». Semmai, aggiunge il presidente del Movimento Roosevelt, il tempismo del leader leghista ha spiazzato gli avversari, cioè il super-potere (massonico e reazionario) che ricatta l’Italia. «Speravano di cuocerlo a fuoco lento, Salvini, facendolo cadere nel corso dell’autunno, quando Conte e Tria (legati a Mattarella e al banchiere centrale Visco) gli avrebbero negato i fondi richiesti per firmare una manovra espansiva, dalla parte degli italiani».In altre parole, continua Magaldi, il capo della Lega ha capito che non avrebbe avuto i soldi per tagliare le tasse e dare più servizi. A quel punto, vistosi circondato, ha anticipato i tempi decidendo di tagliare il cordone ombelicale già ad agosto. Si sarebbe potuto andare a elezioni anticipate, certo. Invece, il fronte opposto è riuscito nell’impresa bislacca di abborracciare il Conte-bis, imposto da Grillo a un Di Maio ridotto a ombra di se stesso. Idem sul fronte “dem”: grandi pressioni per guadagnare alla causa dell’inciucio il recalcitrante Zingaretti, salvo poi infliggergli la beffa della scissione renziana, che lo priva ulteriormente del controllo sui gruppi parlamentari. «L’euforia per i nuovi ministeri e le nuove cariche è già finita», annuncia Magaldi, facendo eco alla voce profonda del back-office del vero potere: gli azionisti del Conte-bis sono estremamente preoccupati, osservando l’estrema fragilità della neonata compagine, lacerata da divergenze interne e spaventata dalle imminenti elezioni regionali che vedono la Lega in pole position. Ma soprattutto: nemmeno al Conte-due sarà concessa la flessibilità negata al Conte-uno, indispensabile per far dare ossigeno all’economia rassicurando gli elettori.Ecco perché nessuno, da Berlino a Parigi, si fa illusioni sul governo “giallorosso”: il rigore europeo (presidiato formalmente anche da Gentiloni e incarnato da Ursula von der Leyen, eletta grazie al voto determinante dei grillini) resta il terreno minato su cui Giuseppe Conte cadrà, come temono i suoi stessi azionisti occulti, cioè i circuiti della massoneria neo-oligarchica. «Sul fronte opposto – dice Magaldi – la massoneria progressista è disponibile ad affiancare chiunque (Salvini o altri) sia pronto a dare battaglia per far nascere, un giorno, qualcosa che assomigli davvero a un’Unione Europea: cioè un’entità democratica capace di sviluppare una politica finalmente condivisa, con una banca centrale che (al contrario della Bce) faccia il suo lavoro e supporti in modo adeguato le finanze degli Stati». Ecco perché, conclude Magaldi, il cosiddetto sovranismo non è che un abbaglio, in realtà comodissimo per i sovragestori: non saranno certo gli untorelli alla Fusaro a impensierire il poderoso blocco di potere che da decenni racconta che, per crescere, bisogna prima tagliare.La prima a farlo fu l’indimentica Margaret Thatcher: paragonò lo Stato al buon padre di famiglia, che non può permettersi di indebitarsi. Affermazione integralmente falsa: a differenza dello Stato, infatti, famiglie e aziende non possono emettere moneta; e il denaro preso a prestito devono restituirlo (non così il governo, che si limita a inscrivere la spesa sotto la voce “deficit”). Eppure, quella famosa fandonia ha fatto strada, «al punto che oggi è considerata verità di fede, a reti unificate». Per colpa della Thatcher è stato criticato anche Salvini, che ha esibito la “Strega del Nord” nel pantheon leghista di Pontida. «Ma attenzione», precisa Magaldi: «Della Thatcher, Salvini ha solo citato una frase, che peraltro sottolinea una verità sacrosanta: e cioè che, senza libero mercato, non c’è neppure libertà politica». Verissimo: è la lezione fornita dall’autentico pensiero liberal-progressista. Magaldi ricorda che il maggiore economista del Novecento, l’inglese John Maynard Keynes (spesso preso a modello degli stessi “sovranisti”) non era un socialista, ma un “liberal”, così come l’inventore del welfare europeo, il connazionale William Beveridge.Vero, libertà e democrazia oggi sono fortemente conculcate dal regime Ue, che calpesta la sovranità popolare degli elettori costringendo i governi a disattendere le promesse elettorali. «Ma se si vuole più democrazia – si domanda Magaldi – come fanno i sovranisti a evocare come modelli alternativi paesi come la Russia, che non ha una democrazia compiuta, e la Cina, dove la vera democrazia non è mai esistita?». E a proposito di democraticità: «Che lezioni può dare, Vox Italia, che propone una leadership preconfezionata cooptando dall’alto una cinquantina di dirigenti? Immagino che nell’area siano presenti anche gli aderenti della Lista del Popolo messa in piedi un anno fa, con gli stessi metodi, da Giulietto Chiesa e Antonio Ingroia. Che fine ha fatto, quell’esperienza?». Magaldi è tra i fautori del Psai, “Partito che serve all’Italia”: un cantiere politico rimasto finora sottotraccia. Spiega: «Preferiamo lavorare in silenzio, ai programmi: un partito realmente alternativo può nascere e agire efficacemente solo se supportato da migliaia di italiani, sin dalla sua fondazione». Nel frattempo, tanti auguri a Vox Italia: «A chi ha simpatia per Fusaro consiglio di iscriversi, toccherà con mano quella realtà». E intanto, piena solidarietà per la nuova formazione rossobruna: «E’ stata oscurata da Facebook, che ha sicuramente violato la legge: il social network non può abusare in questo modo del servizio pubblico web, danneggiando ingiustamente una voce poltitica che ha piena dignità di espressione».Vi siete mai domandati perché le formazioni “sovraniste” che sfidano il truce potere eurocratico sono sempre costruite in modo da perdere le elezioni? Vale per l’ex Front National di Marine Le Pen in Francia, fino – in piccolo – alla nostrana Vox Italia di Diego Fusaro. Slogan bellicosi e assetti ideologici tutt’altro che rassicuranti: un profilo che sembra fatto apposta per non farcela, né ora né mai, a impensierire i padroni del vapore. Lo sostiene Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt nonché esponente del network progressista della massoneria internazionale. Che sintetizza: «Non avremo la speranza di alcun cambiamento, fino a quando ci sarà da una parte chi spera nel fronte “sovranista”, e dall’altra chi ancora si aspetta qualcosa di buono da governi come il Conte-bis, che incarna la continuità dell’austerity inaugurata da Monti e proseguita da Letta, Renzi e Gentiloni». Nient’altro che maggiordomi, magari in guanti bianchi, pronti a seguire i “consigli” del Quirinale e di Bankitalia, a loro volta succursali, nel Belpaese, del potere finanziario privatistico che si è impossessato delle istituzioni europee, manovrandole a piacimento per imporre il neoliberismo di regime che impoverisce la maggioranza della popolazione.
-
Amazzonia in fiamme: il business di Carrefour, Nestlé e soci
L’incendio dell’Amazzonia e l’oscuramento dei cieli da San Paolo in Brasile e a Santa Cruz in Bolivia hanno catturato la coscienza del mondo. «Gran parte della colpa degli incendi è giustamente caduta sul presidente brasiliano Jair Bolsonaro per aver incoraggiato direttamente l’incendio delle foreste e il sequestro delle terre delle popolazioni indigene». Ma l’incentivo alla distruzione proviene da grandi aziende internazionali di carne e soia come Jbs e Cargill, e dai marchi globali come Stop & Shop, Costco, McDonald’s, Walmart, Asda e Sysco, che acquistano da loro e vendono al pubblico. «Sono queste aziende che stanno creando la domanda internazionale che finanzia gli incendi e la deforestazione». Lo scrive “Shorthand”, piattaforma internazionale no-profit di giornalisti impegnati su temi etici, sociali ed ecologici. In pratica, sottolinea “Shorthand” in un post tradotto da “Coscienze in Rete”, siamo noi – indirettamente, al supermercato – ad alimentare la devastazione criminale delle foreste. E la distruzione non è limitata al Brasile: «Appena oltre il confine, nell’Amazzonia boliviana, in poche settimane sono bruciati un milione di ettari, in gran parte per liberare la terra per nuove piantagioni di bestiame e di soia. E il Paraguay sta vivendo una simile strage». Lo confermano i recenti rapporti di una Ong che sta monitorando il fenomeno, “Mighty Earth”: i peggiori in campo sono due colossi come Jbs e Cargill.«La domanda interna e internazionale di carne bovina e di cuoio ha alimentato la rapida espansione dell’industria del bestiame in Amazzonia», spiega “Shorthand”. Dal 1993 al 2013, il bestiame amazzonico si è espanso di quasi il 200% raggiungendo i 60 milioni di capi. «Mentre la deforestazione per il bestiame era stata ridotta sia grazie al settore privato che all’azione del governo, la nuova ondata di deforestazione quest’anno mostra che le grandi aziende internazionali di carne bovina e di cuoio, i loro clienti e finanziatori continuano a creare mercati per i bovini basati sulla deforestazione». La compagnia più coinvolta dalla deforestazione è Jbs: è il più grande confezionatore di carne del Brasile, nonchè la più grande azienda di carne del mondo. «Come altri importanti confezionatori di carne brasiliani, Jbs ha firmato la “moratoria del bestiame” del 2009, impegnandosi a non acquistare carne bovina da bestiame legata alla deforestazione». Ma c’è il trucco: «Le indagini del governo e delle Ong hanno ripetutamente riscontrato gravi violazioni da parte di Jbs, anche attraverso il riciclaggio di bestiame». Questi scandali hanno raggiunto la loro apoteosi con il caso Cold Meat (Carne Fria) nel 2017, in cui le forze dell’ordine brasiliane «hanno prodotto ampie prove che dimostrano che Jbs stava ricavando bestiame da aree protette».Questa e altre indagini hanno scoperto che Jbs ha violato sia le norme del governo sia le proprie politiche, acquistando bestiame riciclato che era stato allevato in aree collegate alla deforestazione e poi trasportato in “ranch puliti” per eludere i requisiti. I due fratelli che controllano la compagnia furono incarcerati per il loro ruolo negli scandali di corruzione in Brasile. Poi ci sono le catene di approvvigionamento della soia, che funzionano in modo diverso rispetto al bestiame. «I grandi coltivatori trasportano abitualmente la loro soia lungo l’autostrada Br-163 fino al porto principale di Cargill a Santarem, dove viene imbarcata e inviata in tutto il mondo per alimentare il bestiame in Europa, Cina e altrove». Cargill, Bunge e altri importanti commercianti hanno partecipato alla “moratoria della soia amazzonica” in Brasile negli ultimi dodici anni, in cui si sono impegnati a cessare l’approvvigionamento da fornitori che si sono impegnati nella deforestazione per la soia. Tuttavia, la “moratoria della soia” conteneva importanti lacune. Per esempio, «i grandi commercianti possono continuare ad acquistare soia dagli agricoltori che praticano la deforestazione su larga scala, purché la deforestazione sia per colture diverse dalla soia».L’ubicazione della deforestazione vicino alla Br-163 suggerisce che gli agricoltori stanno sfruttando questa scappatoia per continuare la deforestazione – aggiunge “Shorthand” – anche quando vendono soia a grandi commercianti come Cargill e Bunge. In secondo luogo, la “moratoria della soia” si applica solo all’Amazzonia brasiliana. E invece, i principali commercianti di soia hanno continuato a guidare la deforestazione anche nel bacino dell’Amazzonia boliviana, nel Cerrado brasiliano e nel Gran Chaco di Argentina e Paraguay. Due rapporti di “Mighty Earth”, precisamente “The Ultimate Mystery Meat” e “Still At It”, hanno mostrato gli estesi legami di Cargill con la deforestazione nel bacino dell’Amazzonia boliviana e il suo ripetuto rifiuto di agire contro i principali fornitori, anche di fronte a prove ripetute. E nonostante tutta l’attenzione che sta ricevendo l’Amazzonia, con le centinaia di milioni di ettari andati in fumo in Brasile, è stata ulteriormente disboscata anche la foresta vergine del Cerrado, famosa per la sua ricca biodiversità. «Mentre l’80% dell’Amazzonia è ancora intatto, gli interessi del bestiame, della soia e dell’agricoltura hanno distrutto più della metà del Cerrado, mettendo questo ecosistema a rischio ancora maggiore».“Mighty Earth” ha scoperto che nel Cerrado, dove è continuata la deforestazione, due erano le compagnie principali responsabili della deforestazione, Cargill e Bunge. «Cargill è il maggiore commerciante di soia proveniente dal Brasile e la più grande azienda alimentare e agricola del mondo». Un rapporto di Mighty Earth diffuso a luglio, “The Worst Company in the World”, ha profilato la vasta deforestazione di Cargill in Sud America e in altre parti del mondo, basandosi su precedenti indagini in Bolivia, nel Cerrado brasiliano, in Paraguay e in Argentina. «Sebbene Bunge abbia un ruolo di primo piano nel Cerrado, in tutto il Sud America – in Bolivia, Paraguay e Argentina – le precedenti analisi di deforestazione di “Mighty Earth” (legate alla soia destinata a diventare mangime per animali) hanno riscontrato che la Cargill era strettamente associata alla deforestazione». La compagnia ha rifiutato di interrompere i rapporti coi fornitori che “Mighty Earth” aveva scoperto essere coinvolti nella deforestazione, e in più «ha resistito agli sforzi per espandere il monitoraggio della deforestazione in Sud America al di fuori dell’Amazzonia brasiliana».C’è tanta Europa, insieme agli Usa, nella devastazione del Sudamerica. Sempre “Shorthand” fornisce una mappa estremamente precisa dei marchi coinvolti nel disastro, come acquirenti dei prodotti ottenuti dalla deforestazione. In primo piano ad esempio c’è l’Olanda con il colosso della grande distribuzione Ahold Delhaize, che possiede Stop & Shop, Giant, Food Lion e Hannaford negli Stati Uniti, e inoltre Albert Heijn, Delhaize, Etos, Albert, Alfa-Beta e altri ancora in Europa. «Pur sostenendo costantemente i propri impegni di sostenibilità, Ahold continua a vendere i suoi prodotti ai clienti da alcune delle peggiori aziende del mondo». Per quanto “grandiose” siano le azioni di Ahold Delhaize, non sono le sole: McDonald’s è probabilmente «il cliente più grande e più importante di Cargill», accusa “Shorthand”. «I ristoranti di McDonald’s sono essenzialmente vetrine di negozi per Cargill». L’azienda brasiliana «non solo fornisce pollo e manzo a McDonald’s, ma prepara e congela hamburger e McNugget, che McDonald’s semplicemente riscalda e serve». Poi c’è l’americana Sysco: con 55 miliardi di entrate annue, è il più grande distributore al mondo di prodotti alimentari a ristoranti, strutture sanitarie, università, hotel e locande. Anche Sysco si rifornisce nel Brasile in fiamme.Nonostante assicuri il contrario («proteggeranno il pianeta promuovendo pratiche agricole sostenibili, riducendo la nostra impronta di carbonio e deviando i rifiuti dalle discariche, al fine di proteggere e preservare l’ambiente per le generazioni future»), i manager di Sysco «hanno onorato Cargill come il fornitore più apprezzato di carne suina e manzo», facendo anche «affari per 525 milioni di dollari con Jbs, nel 2019, attraverso vendite e altre partnership». Da Sysco a Costco, sempre negli Usa: «Sia Jbs che Cargill elencano Costco come uno dei loro principali clienti», continua “Shorthand”. «Popolare tra le famiglie e i proprietari di piccole imprese, è il terzo più grande rivenditore al mondo». Anche Costco cerca di barare: dichiara di «procurarsi i propri prodotti in modo rispettoso per l’ambiente e per le persone». Sul loro web, un catalogo di ottime intenzioni: «Il nostro obiettivo – si legge – è contribuire a fornire un impatto positivo netto per le comunità in paesaggi che producono materie prime, facendo la nostra parte per aiutare a ridurre la perdita di foreste naturali e altri ecosistemi naturali, che includono praterie, torbiere, savane e zone umide autoctone e intatte». Peccato che, secondo “Bloomberg”, Costco abbia trattato affari, quest’anno, per un miliardo e mezzo di dollari proprio con Jbs.Tra gli “eroi” dell’Amazzonia figura anche la remota Australia, con la sua catena di fast food Burger King: ha detto al fornitore Cargill che cesserà di acquistare prodotti da aree deforestate, ma solo a partire dal 2030. Importante cliente anche di Jbs, l’altro “mostro” che sta devastando la foresta amazzonica, Burger King fa parte della catena Rbi (Restaurant Brands International) che comprende anche Tim Horton e Popeye. Tra tante eccellenze etiche, poteva mancare la Svizzera? Un nome, una garanzia: Nestlé. «E’ stata tra le prime aziende a prendere impegni su “zero deforestazione”, ma ha iniziato a monitorare effettivamente le sue catene di approvvigionamento nove anni dopo, nel 2019 – e solo per l’olio di palma, non per la soia o la cellulosa». Se il 77% della sua catena di approvvigionamento è certificato come “privo di deforestazione”, in compenso Nestlé «continua ad acquistare da Cargill per la sua sussidiaria per alimenti per animali domestici, Nestlé Purina Petcare». E i dati di “Bloomberg” mostrano anche Nestlé come uno dei principali clienti di Marfrig, uno dei devastatori dell’Amazzonia. Dalla Svizzera alla Francia, poi, il passo è breve: ed ecco Carrefour, colosso della grande distribuzione. Attenzione: «Carrefour è la maggior parte proprietaria delle più grandi catene di supermercati del Brasile», con carni che vengono direttamente dalla deforestazione.Carrefour ha collegamenti significativi con le catene di fornitura Cargill e Jbs, precisa “Shorthand”. Anche la mega-azienda francese si è impegnata ad eliminare la deforestazione dai suoi prodotti entro il 2020, «ma la politica non si applica ai prodotti di carne bovina trasformati o congelati». Il che significa che «solo circa metà della distribuzione di carni bovine Carrefour in Brasile è coperta dalla sua politica di “deforestazione zero”». Secondo la “Chain Reaction Research”, appena il 35% delle carni bovine del campione Carrefour esaminato «proveniva da macelli situati all’interno dell’Amazzonia legale». Parla francese anche il gruppo Casino, con marchi come Géant Casino, Casino Supermarchés, Hyper Casino, Le Petit Casino, Casino Shop, Monoprix, Naturalia, Franprix, Leader Price, Spar, Vival, Cdiscount, Sherpa e Easydis. Gigante transalpino del supermercato, Casino vede premiata la sua reputazione per la sostenibilità. «Ma in quanto seconda catena di supermercati in Brasile, continua ad acquistare da Cargill, Bunge e dai principali fornitori di bestiame brasiliano». Sempre in Francia è basata Leclerc, catena di negozi con oltre 600 sedi in patria e più di 120 negozi all’estero. La sua politica ecologica è un colabrodo, secondo “Sherpa”, “France Nature Environment” e “Mighty Earth”: «Leclerc ha fallito nelle misure di sostenibilità della soia a tutti i livelli».La società – aggiunge “Shorthand” – rifiuta di aderire alle chiamate del settore per proteggere il Cerrado in via di estinzione. In più, non ha adempiuto agli obblighi legali di tracciatura dei prodotti in origine, non menzionando neppure il fantasma della deforestazione. «L’ultimo rapporto sulla sostenibilità di Leclerc non cita alcun impegno in materia di approvvigionamento di carne o di altre materie prime, tranne l’olio di palma». Chiude la lista del disonore l’americana Walmart, con sede in Arkansas: è la più grande azienda al mondo per fatturato e anche il più grande datore di lavoro privato. Walmart ha anche una presenza importante nel Regno Unito, attraverso la sua controllata Asda. Politica dichiarata: «Come membro del Consumer Goods Forum, abbiamo supportato la risoluzione per raggiungere la “deforestazione zero” nella nostra catena di approvvigionamento entro il 2020». L’azienda acquista carne di manzo, soia e olio di palma. Dice di «incoraggiare i produttori a lavorare prodotti d’origine realizzati senza deforestazione», per proteggere le foreste vergini e tutelare l’ambiente sudamericano. «Tuttavia – precisa “Shorthand” – Walmart ha condotto affari con Jbs per un valore di 1,68 miliardi di dollari nel 2018 e rimane un cliente leader di carni Cargill».L’incendio dell’Amazzonia e l’oscuramento dei cieli da San Paolo in Brasile e a Santa Cruz in Bolivia hanno catturato la coscienza del mondo. «Gran parte della colpa degli incendi è giustamente caduta sul presidente brasiliano Jair Bolsonaro per aver incoraggiato direttamente l’incendio delle foreste e il sequestro delle terre delle popolazioni indigene». Ma l’incentivo alla distruzione proviene da grandi aziende internazionali di carne e soia come Jbs e Cargill, e dai marchi globali come Stop & Shop, Costco, McDonald’s, Walmart, Asda e Sysco, che acquistano da loro e vendono al pubblico. «Sono queste aziende che stanno creando la domanda internazionale che finanzia gli incendi e la deforestazione». Lo scrive “Shorthand”, piattaforma internazionale no-profit di giornalisti impegnati su temi etici, sociali ed ecologici. In pratica, sottolinea “Shorthand” in un post tradotto da “Coscienze in Rete”, siamo noi – indirettamente, al supermercato – ad alimentare la devastazione criminale delle foreste. E la distruzione non è limitata al Brasile: «Appena oltre il confine, nell’Amazzonia boliviana, in poche settimane sono bruciati un milione di ettari, in gran parte per liberare la terra per nuove piantagioni di bestiame e di soia. E il Paraguay sta vivendo una simile strage». Lo confermano i recenti rapporti di una Ong che sta monitorando il fenomeno, “Mighty Earth”: i peggiori in campo sono due colossi come Jbs e Cargill.
-
Giannuli: Renzi (e Cairo) per creare un’alternativa a Salvini
Renzi, Berlusconi e Cairo? «La cosa complicata è mettere insieme tre pavoni come quelli: con la ruota che si ritrovano, non entrano in un solo ascensore». Aldo Giannuli però li vedrebbe bene, insieme, almeno stando agli elettorati potenziali di riferimento: il neo-rottamatore del Pd, nonno Silvio e il suo quasi-erede, patron de “La7” e della corazzata cartacea italiana, il “Corriere della Sera”. La notizia? Tutto è in movimento. Anche se il politologo dell’ateneo milanese non lo dice (considera uno scivolone la rottura estiva di Salvini), a terremotare la palude italiana – dopo il congelamento del governo gialloverde, commissariato dall’Ue tramite Conte, Tria e Mattarella – è stato proprio lo strappo del leader della Lega, con il suo “a queste condizioni non ci sto più”. Solo a quel punto, Renzi ha deciso di giocare la sua nuova partita, inducendo Zingaretti a ingoiare l’accordo-horror coi 5 Stelle, a loro volta “sinistrati” dall’inciucio. Obiettivo del fiorentino: oggi controllare il Conte-bis, ricattandolo, e domani gestire la partita delle super-nomine, fino alla rielezione del presidente della Repubblica nel 2022. Giannuli si limita a un’analisi tattico-elettorale senza tener conto delle voci sui contatti tra Renzi e il super-potere massonico, resi evidenti dalla passerella al meeting 2019 del Bilderberg.«Gli hanno promesso di farlo entrare finalmente nel salotto che conta, se fosse riuscito a fermare i gialloverdi», sostiene Gianfranco Carpeoro, saggista, legato a importanti ambienti massonici europei. Stando a Carpeoro – progressista, da sempre socialista – oggi Renzi può vantare una grande vittoria da esibire sui tavoli dei suoi veri mandanti: e potrebbe quindi anche alzare la posta, per chiedere per sé qualcosa di importante, con la minaccia di far cadere il Conte-bis. Semplici indiscrezioni, ma preziose: perché concorrono a delineare un quadro coerente, ben ancorato allo scenario internazionale da cui – come tutti hanno capito – dipendono le crisi italiane, compresa quella in corso. Giannuli invece preferisce attenersi al panorama di casa, articolando un’analisi ravvicinata sulle possibili mosse dei vari attori sul terreno. Renzi? Per ora è accreditato di pochi voti: dal 3 al 5% al massimo. «Ma sono convinto che si tratti solo di una base di partenza che, se il fiorentino ci saprà fare, è destinata a crescere, e non di poco», scrive Giannuli sul suo blog. Inutile negarlo: «Il sistema dei partiti esistente è tutto in crisi e c’è un diffuso malcontento dei cittadini per l’offerta politica: Forza Italia si sta liquefacendo, il M5S ha avuto una batosta alle europee dalla quale è difficile che si rimetta».Quanto al Pd, «la batosta l’ha presa alle politiche, e alle europee ha recuperato percentualmente solo per l’altissimo numero di astenuti, ma ha perso altri 100.000 voti reali)». Sinistra, +Europa e Fratelli d’Italia «non riescono a sfondare» e, di fatto, «galleggiano». Solo la Lega era esplosa: al 34% delle europee erano seguiti sondaggi che la davano prossima al 40%. «Ma la gestione scellerata della crisi di governo ha fatto crollare la credibilità di Salvini», sostiene Giannuli. «E se ancora questo non si riflette pienamente nei sondaggi, è lecito aspettarsi un calo lento ma costante, a meno che i giallorossi non ne facciano talmente tante da resuscitare la Lega e andare al voto in primavera». Dunque Renzi non sbaglia, quando dice che “c’è spazio”. La sua formazione, in primo luogo, «ha ancora da risucchiare al Pd: ci sono ancora renziani che non sono usciti, parecchi indecisi, e poi Zingaretti praticamente non esiste: Renzi non avrà difficoltà ad oscurarlo». Poi, se dovessse ingranare, «avrebbe da beccare molto nel pollaio di centro (da +Europa a Calenda, fino ai rimasugli di Dc»).Ma è soprattutto Forza Italia, col suo striminzito 6% residuo, che può dare un po’ di sangue alla neonata creatura renziana: anzi, non è neppure da escludere che i berlusconiani possano confluire nel nuovo soggetto renziano. «Insomma, un traguardo dell’11-12% potrebbe essere a portata di mano». E a quel punto, continua Giannuli, «potrebbe funzionare la sirena del fiorentino sia sul fianco della Lega che su quello dell’astensionismo». In concreto: «Non sono immaginabili particolari sfracelli, ma l’elettorato potenziale del nuovo partito potrebbe crescere sino al 15-18%», addirittura. Tornando alla realtà: «Bisognerà vedere molte cose: che farà il governo, che mosse farà Renzi, quali Salvini». Soprattutto, occorrerà valutare «se la mossa renziana di oggi sarà imitata da altri». In quel caso, alla fine ci sarebbe «un gran rimescolamento di carte che cambierà il volto del sistema dei partiti». Prima tappa, scontata, il pallido Pd: potrebbero rientrare quelli di Leu (Bersani e compagni), inducendo le ultime “sentinelle” renziane ad uscirne. Poi c’è il caso particolare di Conte: i sondaggi danno un modestissimo recupero al M5S dopo la soluzione della crisi di governo, ma un altissimo indice di consenso personale per il presidente del Consiglio. E c’è chi si spinge a ipotizzare che un suo partito possa raccogliere sino al 21%.«Certo i sondaggi vanno presi con le molle», premette Giannuli, però vanno monitorati con attenzione. «E qui la domanda sorge spontanea: che farà “Giuseppi” alle elezioni? Potrebbe ritirarsi a vita privata, come ha ripetutamente assicurato (e questo è una conferma che non si ritirerà affatto: tutti quelli che vogliono restare in campo dicono di star facendo le valide per ritirarsi). Oppure potrebbe presentarsi con il M5S, magari come candidato presidente del Consiglio». O ancora – terza opzione – potrebbe fare una sua lista, «più o meno apparentata coi 5 Stelle: dipenderà dal sistema elettorale». Secondo Giannuli, una “lista Conte” potrebbe attingere voti tanto al M5S quanto al Pd e persino all’area di centro (e quindi sottrarre voti a Renzi), ma potrebbe anche dare credibilità al partito di Renzi come possibile alleato. Altri sconvolgimenti, sempre secondo Giannuli, potrebbero investire la Lega: se si votasse tra un anno, il monte voti del Carroccio «potrebbe precipitare anche verso il 20%, e a quel punto non è detto che il partito resti integro». Ad esempio, Maroni «potrebbe uscire per fare altro». Oppure i maggiorenti della Lega (Giorgetti in testa) potrebbero «pensare a una qualche congiura per cacciare il “rais”».Se questo è lo scenario dell’attuale palazzo, poi ci sono quelli che premono da fuori: in primo luogo i Verdi, che «senza aver attaccato un solo manifesto, con pochissime apparizioni televisive e con una manciata di euro per la campagna elettorale, hanno preso il 2%», ovvero «un po’ di più della “Sinistra”, che pure aveva parlamentari, più spazi televisivi e decisamente più soldi». I Verdi avrebbero dalla loro «la simpatia dei giovani “gretisti”, il mutamento climatico che ormai non è più una previsione ma una realtà in atto, e di conseguenza una certa attenzione dei mass media». Gli ultimi eredi del “Sole che ride” potrebbero anche «fare liste comuni con quel che resta della sinistra o assorbirne un po’ di voti». Giannuli non prende nemmeno in considerazione il piccolo fronte rosso-bruno apertosi con “Vox Italia”, il sovranismo “socialista” capitanato da Diego Fusaro (che sembra autoemarginarsi da subito, peraltro, chiedendo l’uscita dall’euro, dall’Ue e dalla Nato). Una galassia, quella del voto-contro, che nel 2018 diede largamente fiducia ai 5 Stelle: milioni di voti che poi, di fronte al fallimento gialloverde incarnato da Di Maio, sono tornati a gonfiare l’oceano dell’astensionismo già alle europee, tornata in cui ha votato poco più di un italiano su due (un elettore su tre, invece, ha scommesso ancora su Salvini).Tornando a Renzi, Giannuli punta i riflettori sul grande centro: l’altra grande incognita esterna è l’editore Urbano Cairo, che recentemente ha concesso «un’intervista di due ettari» al “Foglio” «per spiegare che non ha intenzione di candidarsi», e che però, «se fosse costretto a farlo, avrebbe un programma fatto così e così». Tradotto: «La smentita, al solito, vale la conferma delle intenzioni di esserci». Su che seguito elettorale potrebbe contare, Cairo? «Impossibile a dirsi, allo stato attuale», che è quello di una intenzione «molto futura». E poi, candidarsi per fare che? «Un partito suo? Entrare in Forza Italia e rivitalizzarla? Fare il presidente di una qualche confederazione di centro con Renzi e lo stesso Cavaliere? Tutto possibile». Urbano Cairo possiede “La7” e il “Corriere della Sera”, «ma non sono più i tempi della discesa in campo del Cavaliere». Inoltre, «l’appporto dei suoi media è realisticamente molto più ridotto». Secondo Giannuli, poi, «un appoggio troppo sfacciato, soprattutto da parte del blasonatissimo “Corriere”, potrebbe costare molto in termini di audience e di lettori». Lo si è visto con il mitico “fate presto” con cui la grande stampa italiana accolse il finto salvatore Mario Monti nel 2011, salvo poi “scoprire” – fuori tempo massimo – che non si trattava esattamente di un benefattore della nazione.Resta virtualmente da spendere la carta del classico partito personale, a meno che Cairo non abbia già nella manica «un parterre da far paura» fatto di grandi nomi, «presidenti di associazioni», e magari la benedizione del Papa. Viceversa, avrebbe «qualche possibilità di successo in più la sua adesione a Forza Italia», che di fatto «potrebbe dare qualche goccia di sangue fresco alla moribonda creatura berlusconiama». Ma la cosa più ragionevole, per Giannuli, sarebbe «la confederazione con il fiorentino e il Cavaliere». Poi ci sono una serie di personaggi singoli molto noti (Tremonti, Sgarbi, Monti, Rutelli, magari anche Fini), che forse hanno «solo un po’ di seguito d’opinione», eppure «possono regalare visibilità a una forza politica nuova», anche perché «la parata di vecchie stelle del varietà funziona sempre», fino a un certo punto. L’unica vera notizia è che «le bocce sono in movimento, e altre – completamente nuove, che oggi neanche immaginiamo – possono entrare in campo». Molte cose cambieranno, conclude Giannuli, sempre senza tener conto del quadro internazionale, europeo e non solo, così determinante – finora – per la crisi italiana (dalla Via della Seta al decreto Golden Power contro Huawei, dal Russiagate anti-Salvini alla guerriglia con Macron e il voltafaccia dei 5 Stelle, fino all’elezione di Ursula von der Leyen).L’analisi di Giannuli, apprezzabile per i riflessi immediati sull’agenda di Palazzo Chigi e dintorni, non legge le ricadute italiane dei grandi giochi in corso, dalla Hard Brexit alla crociata contro Trump. Clamoroso il guanto di sfida lanciato dal governatore della Bank of England, uomo Rothschild: Mark Joseph Carney è stato applaudito a Wall Street, nientemeno, per aver annunciato la necessità di una valuta internazionale alternativa al dollaro. Corretto il focus di Giannuli su Cairo: ma come si schiererebbe, l’editore, rispetto allo scacchiere che conta, cioè quello dei veri poteri che telecomandano l’Italia? E poi: sicuri che Salvini sia sul viale del tramonto? Cosa c’è nella testa di quei milioni di italiani che tuttora fanno della Lega il primo partito? Salvini non è certo ostile a Putin, che peraltro non è un campione di democrazia. A sua volta, Putin non è assolutamente lontano da Trump, che pure sembra aver cessato di sostenere Salvini. Quello che si legge è un caos, nel quale sembra precipitata l’oligarchia di ieri. L’Italia gialloverde era vista – da fuori, forse a torto – come un “pericoloso” banco di prova per sperimentare un’alternativa al paradigma ordoliberista. Il pallottoliere di Giannuli, per ora, non ne fa cenno. Ma sarebbe ingenuo non cercare di mettere a fuoco la vera domanda: per chi sta lavorando, oggi, Matteo Renzi? Per se stesso, come al solito? Certo, anche. Ma si sa, le cose accadono a più livelli. I giochi sono tanti, così come i giocatori. E quelli italiani, visibili, sono solo la vetta dell’iceberg.Renzi, Berlusconi e Cairo? «La cosa complicata è mettere insieme tre pavoni come quelli: con la ruota che si ritrovano, non entrano in un solo ascensore». Aldo Giannuli però li vedrebbe bene, insieme, almeno stando agli elettorati potenziali di riferimento: il neo-rottamatore del Pd, nonno Silvio e il suo quasi-erede, patron de “La7” e della corazzata cartacea italiana, il “Corriere della Sera”. La notizia? Tutto è in movimento. Anche se il politologo dell’ateneo milanese non lo dice (considera uno scivolone la rottura estiva di Salvini), a terremotare la palude italiana – dopo il congelamento del governo gialloverde, commissariato dall’Ue tramite Conte, Tria e Mattarella – è stato proprio lo strappo del leader della Lega, con il suo “a queste condizioni non ci sto più”. Solo a quel punto, Renzi ha deciso di giocare la sua nuova partita, inducendo Zingaretti a ingoiare l’accordo-horror coi 5 Stelle, a loro volta “sinistrati” dall’inciucio. Obiettivo del fiorentino: oggi controllare il Conte-bis, ricattandolo, e domani gestire la partita delle super-nomine, fino alla rielezione del presidente della Repubblica nel 2022. Giannuli si limita a un’analisi tattico-elettorale senza tener conto delle voci sui contatti tra Renzi e il super-potere massonico, resi evidenti dalla passerella al meeting 2019 del Bilderberg.
-
Matteocrazia: Renzi e Salvini partner perfetti nel Circo Italia
Tu chiamala, se vuoi, Matteocrazia. Chi meglio di Salvini, per resuscitare Renzi? E chi meglio di Renzi, per aiutare Salvini ad allenarsi all’opposizione? Tramontato nonno Silvio, in giro non ci sono altri protagonisti: a meno che qualcuno non pensi, davvero, che sia qualcosa di diverso da una comparsa di lusso il professor-avvocato Giuseppe Conte, provvisoriamente miracolato dall’incerta lotteria dei sondaggi. L’altro vero protagonista, Beppe Grillo, gioca comodamente da casa, col telecomando con cui pilota la spaurita scolaresca grillina, fino a ieri guidata (in apparenza) dal capoclasse Di Maio, ora eclissato al ministero degli esteri, lasciando il mestiere diplomatico a Conte, Mattarella e Gentiloni. Altri? Non pervenuti, se non a spiccioli: il nano-liberismo all’italiana di Carlo Calenda, il mausoleo della fu sinistra di Bersani e Zingaretti, la piccola destra di complemento capitanata da Giorgia Meloni. Bipolarismo onomastico, Salvini e Renzi: coppia perfetta per reggere il palcoscenico. Il buono e il cattivo: intercambiabili, a seconda della platea. Il poeta e il contadino, il bizantino Machiavelli e il guerriero padano di Pontida.I due Mattei, in fondo, sono gli unici padroni della scena. Il fiorentino si gode la recentissima, spericolata conquista del ring. Ha letteralmente sfrattato Zingaretti, azzerato Di Maio, atterrito Conte. Un uno-due magistrale: prima il governo coi profughi grillini, poi il divorzio dal rottamificio. Uno spettacolo che deve aver letteralmente deliziato il competitore omonimo, impegnato nel facilissimo bombardamento quotidiano contro l’osceno partito trasversale delle poltrone. Che fortuna, per Salvini, scoprire in Renzi il partner ideale per recitare la commedia, in questa Italia in cui svettano giganti del pensiero politico come Marco Travaglio, Lilli Gruber e Corrado Formigli, per oltre un anno impegnati nel supremo cimento antifascista, antisovranista e antirazzista, ingaggiato con indomito coraggio per la salvezza morale, politica e spirituale della nazione. Come non chiamarli eroi, sentinelle della democrazia italiana? E’ grazie a loro, dopotutto, se il Belpaese è rimasto in Europa anziché essere annesso all’Impero Zarista, potendo oggi godere dell’immenso prestigio internazionale assicurato da statisti del calibro di Conte e Gentiloni, di cui parleranno per secoli i libri di storia.Questa coraggiosa battaglia per la libertà italiana è stata combattuta non esattamente in solitudine, certo: gli impavidi opliti della resistenza cartacea e radiotelevisiva hanno potuto beneficiare delle testate Rai, Mediaset e La7, del “Corriere” e di “Repubblica”, della “Stampa” e del “Fatto”. Giusta causa: cacciare l’usurpatore e impedire che il paese sprofondasse nella barbarie. Che meraviglia, oggi, ritrovare i vecchi amici dell’Italia, dalla Merkel a Macron, fino alla diletta Ursula, novella condottiera della gloriosa Unione Europea che tante gioie ha regalato agli italiani. Se però la festa ha un sapore imperfetto, con un che di beffardo, forse dipende proprio dall’inatteso avvento della nuovissima Matteocrazia. Si possono immaginare, le risate dei due Mattei, di fronte allo spettacolo di Salvini e Zingaretti alle prese con il terrore delle imminenti elezioni regionali, in cui si tenteranno alleanze elusive e mimetiche, deboli e perdenti. Il povero Conte già traballa: finito di negoziare ogni virgola col Matteo di ieri, gli tocca ricominciare col Matteo di oggi. Se non altro, il patetico avanspettacolo ha regalato al pubblico una verità: sono in pista gli unici due politici capaci di pensare, rischiare e decidere. E’ la Matteocrazia, appunto. E i vari Travaglio, Gruber e Formigli non possono davvero farci niente.Tu chiamala, se vuoi, Matteocrazia. Chi meglio di Salvini, per resuscitare Renzi? E chi meglio di Renzi, per aiutare Salvini ad allenarsi all’opposizione? Tramontato nonno Silvio, in giro non ci sono altri protagonisti: a meno che qualcuno non pensi, davvero, che sia qualcosa di diverso da una comparsa di lusso il professor-avvocato Giuseppe Conte, provvisoriamente miracolato dall’incerta lotteria dei sondaggi. L’altro vero protagonista, Beppe Grillo, gioca comodamente da casa, col telecomando con cui pilota la spaurita scolaresca grillina, fino a ieri guidata (in apparenza) dal capoclasse Di Maio, ora eclissato al ministero degli esteri, lasciando il mestiere diplomatico a Conte, Mattarella e Gentiloni. Altri? Non pervenuti, se non a spiccioli: il nano-liberismo all’italiana di Carlo Calenda, il mausoleo della fu sinistra di Bersani e Zingaretti, la piccola destra di complemento capitanata da Giorgia Meloni. Bipolarismo onomastico, Salvini e Renzi: coppia perfetta per reggere il palcoscenico. Il buono e il cattivo: intercambiabili, a seconda della platea. Il poeta e il contadino, il bizantino Machiavelli e il guerriero padano di Pontida.
-
Tribuni della Plebe, per completare la Democrazia Mafiosa
“Democrazie mafiose”: mezzo secolo fa, il giurista Panfilo Gentile (che aveva aderito al “Manifesto degli intellettuali antifascisti”, redatto da Benedetto Croce) pubblicò un affilato pamphlet sull’involuzione oligarchica delle democrazie. I partiti? Progressivamente ridotti a «circuiti chiusi e autoreferenziali di stampo mafioso». Volume pubblicato nel 1969 dall’editore Volpe, nella ristretta cerchia dei lettori di destra, ma poi “sdoganato” da Indro Montanelli sul “Corriere della Sera”. Lo ricorda Marcello Veneziani su “Panorama”: «Ci aveva visto giusto, Gentile, sull’involuzione mafiosa e partitocratica delle democrazie». Sua, tra l’altro, l’invenzione dell’espressione “sottogoverno”. Ma Gentile, aggiunge Veneziani, non aveva ancora visto l’Italia (e l’Europa) dei nostri anni, cioè «la spaccatura verticale tra popolo e notabilato, tra sovranità nazionali e potentati interni e internazionali, l’esproprio del voto fino al disprezzo per la volontà popolare e gli interessi nazionali». Osserva Veneziani: con la nascita del grottesco Conte-bis, «è la quarta volta consecutiva che la sinistra in Italia si affaccia al governo non legittimata direttamente dalle urne». Dopo l’orrore del governo Monti-Fornero, costato carissimo al paese (disastro sociale e perdita del 25% del potenziale industriale italiano) si sono succeduti Letta, Renzi e Gentiloni, senza mai la convalida delle urne. E ora il Conte-bis, «nato con lo scopo evidente di evitarle».«Per adeguarsi al tono e al livello delle accuse che lancia la sinistra a chiunque governi senza il suo benestare – dittatura, ritorno al nazismo e al fascismo, leader anti-sinistra trattati tutti come delinquenti comuni – si potrebbe dire che la sinistra è un’associazione politico-culturale di stampo mafioso che elimina gli avversari con sistemi non democratici, mette a tacere i dissidenti con forme di omertà e discriminazione, s’impossessa del potere con metodi non democratici e impone un protettorato antipopolare funzionale ai codici ideologici e politici della cosca», accusa Veneziani su “Panorama”. Tralasciando per un attimo «il terreno melmoso» delle polemiche italiane, sosa sta succedendo alle democrazie europee? «Le classi dirigenti si sentono assediate a nord dal modello Brexit, a sud dal modello Salvini, a est dal modello Orban e a ovest dal modello Le Pen». Secondo Veneziani «sono i quattro punti cardinali del sovranismo, ma sono anche quattro forze maggioritarie nei loro paesi, tutte criminalizzate». Dietro di loro «vengono esorcizzati gli spettri di Trump, di Putin, di Bolsonaro, di Modi, di Abe, e si potrebbe continuare: forme diverse di primato nazionale e identitario rispetto al modello liberal-radical-dem della sinistra».Per trovare un modello diverso di rifermento, continua Veneziani, si ricorre al modello cinese. Recensioni entusiastiche del “Corriere della Sera” e della “Repubblica” hanno accompagnato la traduzione del libro di Daniel Bell “Il modello Cina”, che ha un sottotitolo indicativo: “Meritocrazia politica e limiti della democrazia” (Luiss, prefazione di Sebastiano Maffettone). «Il modello cinese non è una democrazia, ma è un regime liberista, oligarchico e comunista, col doppio primato del mercato e del partito. È un sistema capitalistico ma illiberale, in cui la sovranità popolare è in realtà un feticcio ereditato dai tempi di Mao, che elogiava il popolo ma poi lo rieducava con la forza, instaurando una sanguinaria dittatura». Ora quel tempo è passato, la Cina ha fatto passi da gigante e si espande nel mondo tra tecnica e finanza, dall’Africa all’Occidente, eppure «il turbo-comunismo resta catechismo di Stato», e il capitalismo «assume in Cina il ruolo che aveva la tecnologia per Lenin: la sua formula fu “socialismo + elettrificazione”, oggi la formula cinese è “comunismo + mercato”».Bell, canadese che guida una facoltà di scienze politiche e pubblica amministrazione in Cina, non sposa il regime cinese nei suoi tratti più repressivi, corrotti e totalitari o l’autocrazia di Xi Jinping ma lo addita come modello per la formazione di classi politiche competenti, per il controllo del consenso popolare e la nascita di una tecnocrazia vigilata sotto il profilo etico (l’ultimo travestimento dell’ideologia e del politically correct). La Cina diventa per l’Europa e in particolare per l’Italia (che coi grillini ha già sposato la Via della Seta) il paese di riferimento per uscire dalla morsa Usa-Russia-India-Brasile più sovranisti nostrani e per limitare la democrazia. «Un modello che ruota intorno all’Intellettuale Collettivo che è poi il Partito, la Setta, la Casta; è la Cupola a rilasciare o revocare patenti di legittimazione, a vigilare sulla democrazia e a stabilirne i filtri, i limiti e a deciderne gli assetti», prosegue Veneziani, che aggiunge: «Resta però irrisolto un molesto interlocutore, il popolo sovrano. Come aggirarne la volontà e come impedire – oltre che con le inchieste giudiziarie e le criminalizzazioni mediatiche – l’avvento di leader sovranisti?».In modo non del tutto ironico, Veneziani suggerisce di prendere esempio «non dalla lontana Cina ma dalla lontana Roma del quinto secolo avanti Cristo: istituire i Tribuni della Plebe». Ovvero: «Incanalare il consenso popolare, gli umori, e legare i capi populisti verso quei ruoli d’alta magistratura». I tribuni della plebe, scrive Veneziani, erano difensori civici che rappresentavano i sentimenti popolari, legittimamente nominati e ascoltati; ma poi a governare ci pensavano i consoli e i patrizi («ora provvisoriamente consociati a un altro clan prodotto dalla piattaforma Rousseau»). Quella tribunizia, per Veneziani, sarebbe forse «la soluzione più equilibrata e meno truffaldina di limitare la democrazia: il popolo non esercita più la sovranità, ma solo il controllo tramite i tribuni». Così, come anticipato da Panfilo Gentile, «il potere resta saldamente nelle mani del patriziato, delle oligarchie, delle cupole». Tribuni della plebe? «Un compromesso, una divisione dei poteri, una regolamentazione “costituzionale” del potere mafioso vigente in Italia e per certi versi in Europa, dove governano leader di minoranza quasi ovunque, dalla Francia alla Germania, alla Spagna». Conclude Veneziani: «Pensateci, è una soluzione per aggirare la democrazia e frenare i populisti».“Democrazie mafiose”: mezzo secolo fa, il giurista Panfilo Gentile (che aveva aderito al “Manifesto degli intellettuali antifascisti”, redatto da Benedetto Croce) pubblicò un affilato pamphlet sull’involuzione oligarchica delle democrazie. I partiti? Progressivamente ridotti a «circuiti chiusi e autoreferenziali di stampo mafioso». Volume pubblicato nel 1969 dall’editore Volpe, nella ristretta cerchia dei lettori di destra, ma poi “sdoganato” da Indro Montanelli sul “Corriere della Sera”. Lo ricorda Marcello Veneziani su “Panorama”: «Ci aveva visto giusto, Gentile, sull’involuzione mafiosa e partitocratica delle democrazie». Sua, tra l’altro, l’invenzione dell’espressione “sottogoverno”. Ma Gentile, aggiunge Veneziani, non aveva ancora visto l’Italia (e l’Europa) dei nostri anni, cioè «la spaccatura verticale tra popolo e notabilato, tra sovranità nazionali e potentati interni e internazionali, l’esproprio del voto fino al disprezzo per la volontà popolare e gli interessi nazionali». Osserva Veneziani: con la nascita del grottesco Conte-bis, «è la quarta volta consecutiva che la sinistra in Italia si affaccia al governo non legittimata direttamente dalle urne». Dopo l’orrore del governo Monti-Fornero, costato carissimo al paese (disastro sociale e perdita del 25% del potenziale industriale italiano) si sono succeduti Letta, Renzi e Gentiloni, senza mai la convalida delle urne. E ora il Conte-bis, «nato con lo scopo evidente di evitarle».