Archivio del Tag ‘euro’
-
Strategia della tensione: l’ombra della violenza-fantasma
«Attorno alla Tav ci sono anche vicende torbide: siamo convinti che non tutti gli attacchi di questi mesi siano riconducibili a persone che fanno parte del movimento». Con queste parole è il sindaco di Venaus, Nilo Durbiano, a evocare il pericoloso clima della strategia della tensione, dopo i recenti incendi notturni che a Bussoleno, Salbertrand e Gravere hanno colpito aziende coinvolte nel cantiere di Chiomonte. Tra le “vicende torbide” a cui Durbiano fa riferimento, probabilmente, ci sono anche i 12 attentati incendiari e dinamitardi che già nella seconda metà degli anni ’90 scossero la valle di Susa, rivendicati da strane sigle come “Lupi grigi” che spinsero i media a parlare di “eco-terroristi”. In carcere finirono – e morirono – i due giovani anarchici “Sole e Baleno”, Edoardo Massari e Maria Soledad Rosas, poi riconosciuti estranei agli attentati, sui quali peraltro non è mai stata fatta piena luce. Fantasmi che tornano tristemente d’attualità, nel clima di scontro che oppone i No-Tav e i promotori dell’opera, senza che la politica si sia ancora degnata di spiegare la presunta necessità di realizzare la contestatissima Torino-Lione.
-
Berlusconi affondato perché voleva portaci fuori dall’euro
Comincio a pensare che la Bce non sia una banca centrale, ma la vera sede del governo italiano, visto le sempre maggiori conferme che giungono in tal senso. L’ultima, a dir poco inquietante, è contenuta nel nuovo libro dell’ex membro del consiglio esecutivo dell’Eurotower, Lorenzo Bini Smaghi, “Morire di austerity”. Ovvero, nell’ottobre-novembre 2011 Silvio Berlusconi stava seriamente ponendo in essere un piano per far uscire l’Italia dall’euro, ragione che portò al suo immediato allontanamento da Palazzo Chigi per volontà dei “gendarmi” dell’Eurozona. A seguito, «nel 2011 l’Italia aveva formulato dei piani per uscire dall’euro» (Ambrose Evans-Pritchard, blogs.telegraph.co.uk). Nello specifico, il Cavaliere avrebbe discusso del ritiro italiano dalla moneta unica durante meeting privati con altri governanti europei, con ogni probabilità Angela Merkel e Nicolas Sarkozy.
-
Via le banche dalla Cdp, quei soldi sono il nostro futuro
Il 14 giugno del 2011 oltre 26 milioni di italiani dichiarano che l’acqua non deve sottostare alle leggi del mercato, chiedendone una gestione pubblica e partecipata. A due anni di distanza poco o nulla è stato fatto. Il ritornello è sempre lo stesso: non ci sono i soldi. La crisi colpisce, dobbiamo accettare sacrifici e piani di austerità per rimettere in sesto i conti pubblici. Ma è proprio vero che i soldi non ci sono? La Cassa Depositi e Prestiti è l’ente che raccoglie il risparmio di milioni di italiani tramite i libretti di risparmio e i buoni fruttiferi delle Poste Italiane. Una raccolta che supera i 230 miliardi di euro, con una liquidità di oltre 140 miliardi. Per decenni la Cassa, sotto il diretto controllo del ministero del Tesoro, ha avuto il compito principale di sostenere gli enti locali per investimenti di lungo periodo, in particolare tramite prestiti a condizioni favorevoli rispetto ai tassi di mercato.
-
Armiamoci e partite: boom storico dell’industria bellica
Più l’economia frena, più vola l’industria della guerra: il commercio delle armi non è mai stato così fiorente. Secondo uno studio presentato di recente a Londra, il mercato mondiale è cresciuto del 30% negli ultimi quattro anni e potrebbe raddoppiare entro il 2020, con l’esplosione dei bilanci militari, soprattutto in Asia. Il rapporto pubblicato da “Ihs Jane’s” rivela che, tra il 2008 e il 2012, le esportazioni e le importazioni di armi nel mondo sono aumentate da 56,5 a 73,5 miliardi dollari (43-56 miliardi di euro). Il mercato potrebbe raggiungere i 100 miliardi dollari entro il 2018 e raddoppiare entro il 2020. Per contro, la quota di mercato dell’Europa occidentale è diminuita, scendendo dal 34,5 % del 2008 al 27,5 % nel 2012, mentre quella dell’Asia-Pacifico, tra cui la Cina, è salita dal 3,7 al 5,4% rispetto allo stesso periodo. «Stiamo assistendo alla più grande esplosione del commercio mondiale di armi che il mondo abbia mai conosciuto», sostiene l’analista Paul Burton, tra gli autori dello studio britannico.
-
Debito pubblico insostenibile? Non certo per colpa nostra
Notizia sensazionale: il debito pubblico italiano non è più ripagabile, perché ormai supera i 2.000 miliardi di euro, oltre il 130% del Pil. Per assorbirlo, l’Italia dovrebbe fare due cose, entrambe estreme: non fare più deficit (assoluto pareggio di bilancio: parità tra spesa pubblica e introito fiscale) e in più varare, per molti anni, ulterori manovre “lacrime e sangue” da 100 miliardi l’anno, irrealistiche perché palesemente insostenibili. «La verità che nessun politico è disposto ad ammettere è che il debito pubblico italiano non è più ripagabile», avverte Marcello Foa. Ma c’è di peggio. La tragedia è che nessun politico – parafrasando Foa – è disposto ad ammettere che il debito pubblico non dovrebbe mai essere un problema, essendo infatti il vero “mestiere” dello Stato: che solo attraverso il deficit – la spesa pubblica, o spesa a deficit positiva – può continuare a pagare stipendi a medici e insegnanti e costruire strade, ferrovie, scuole e ospedali, cioè strutture e servizi avanzati senza cui non potrebbe vivere neppure l’economia di mercato.
-
Ma Letta che fa, lascia o raddoppia? E chi se ne frega
Ma allora il governo Letta che fa, cade insieme a Berlusconi o tira avanti? Risposta: non ce ne può fregare di meno – del governo Letta, e anche di quello che verrà dopo, fosse pure guidato dal giovane Renzi. Tanto, non sono loro a decidere, si limitano a prendere ordini: quelli che il Cavaliere – amico di Gheddafi e di Putin – non era sempre così propenso ad eseguire, nei ritagli di tempo tra affari, processi e le “cena eleganti” di Arcore. Quisquilie, comunque, di fronte al dramma: l’Italia è totalmente in mani straniere. Al punto che, con questa offerta politica, i cittadini potrebbero fare a meno di votare. Prima Bersani, il Nulla fatto a candidato, e ora il sindaco di Firenze, a fronteggiare – si fa per dire – la corte del vecchio Silvio. Ma è solo teatro. I diktat sono a monte, a prescindere: non possiamo spendere più un soldo di nostra iniziativa, siamo controllati al centesimo. E spediti in guerra, pure, su inziativa del Sommo Potere Egemone. Idee ormai ricorrenti, rarissime però da ascoltare in televisione. A colmare la lacuna, per una volta, provvede Roberto D’Agostino.
-
Bugiardi senza vergogna, questa è la loro guerra. Mondiale
Con tutta probabilità il 2013 finirà in guerra. Il colpo contro Damasco viene presentato come “limitato”, “breve”, come un “avvertimento”. In realtà è solo un trucco (questa è una storia di trucchi) per cominciare una guerra lunga. Quanto lunga? Infinita. Cioè fino alla fine. La nostra fine, quella di coloro che leggono queste righe. In realtà è la prosecuzione di una guerra che cominciò l’11 settembre 2001, ma furono in pochi ad accorgersene. E non se ne accorsero perché non avevano capito che l’Impero era entrato in una crisi ormai irreversibile, e che stava cercando di predisporre gli strumenti politici, militari, psicologici per cambiare il corso della storia, e prolungare a tutti i costi (nostri) il suo potere. Siamo dunque in guerra da dodici anni, ma facciamo fatica a capire come mai le cose vanno sempre peggio e come mai gli eventi accelerano la loro caduta verso il basso. È perché, di nuovo, non abbiamo capito bene quello che sta succedendo.
-
Rigore, tragedia-Italia: mai così tanti i senza lavoro
Tagli alla spesa, austerity, disoccupazione: per l’Italia si spalancano le porte della tragedia. Alla fine del 2013 gli italiani che non hanno un lavoro potrebbero arrivare a 3 milioni e mezzo: 400.000 in più dei 3 milioni e centomila di oggi. Nel frattempo, a giugno, il numero degli occupati, circa 22 milioni e mezzo, ha raggiunto il valore più basso del nuovo secolo. Lo riferisce il centro studi della Cna: «La crisi dell’occupazione si sta aggravando: senza una decisa e tangibile inversione di tendenza che faccia ripartire effettivamente lo sviluppo, la situazione sociale del nostro paese può diventare critica». L’analisi della Cna fa riferimento soprattutto ai 548 milioni di ore di cassa integrazione autorizzate nei primi sei mesi del 2013. A peggiorare il quadro, sempre nel primo semestre dell’anno, le pessime condizioni generali del mercato del lavoro. Rispetto allo stesso periodo del 2012 l’occupazione si è ridotta di 407.000 unità, che equivalgono all’1,8% in meno. Nel frattempo, il numero dei disoccupati è salito del 16,4%.
-
Maxi-debito contro la crisi: così Tokyo smentisce l’Europa
L’ipoteca che pesa sulla “Abenomics”, la “montagna di carta che non crolla mai” – il debito pubblico giapponese – ha toccato una vetta mai raggiunta: più di un “quadrillion” di yen, cioè più di un milione di miliardi. Per la precisione, a fine giugno la cifra dell’indebitamento dell’amministrazione centrale di Tokyo era questa: 1.008.628.100.000.000 yen. In euro fa 7.800 miliardi. E’ ovviamente un record: per il Giappone sin da quando lo yen è diventato la sua valuta ufficiale, nel 1871, e per il resto del mondo che non ha mai visto una quantità di “pagherò” del genere. Siamo attorno al 200% del Prodotto interno lordo (Pil): se si aggiungono i debiti delle amministrazioni locali, si arriverà al 247% a fine anno, secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale. L’Italia, attorno al 130%, se non avesse la zavorra dell’euro sarebbe un paradiso. Ma il Sol Levante, dotato di moneta sovrana, può permettersi di rinunciare all’austerity.
-
La catastrofe: loro fabbricano soldi, noi paghiamo il debito
Le guerre? Ottimo affare. Devono essere «dirette in modo tale» che le nazioni «sprofondino sempre di più nel loro debito e, quindi, sempre di più sotto il nostro potere». Parola del banchiere Amshel Mayer Rothschild, che visse a cavallo tra ‘700 e ‘800. Thomas Jefferson, il presidente americano raffigurato sulle banconote da due dollari, sapeva bene con che razza di banditi avesse a che fare: «Io credo che le istituzioni bancarie siano più pericolose per le nostre libertà di quanto non lo siano gli eserciti armati». Quella «aristocrazia facoltosa» può mettere in croce qualsiasi governo. Quindi: «Il potere di emissione dev’essere tolto alle banche e restituito al popolo». Chiosa il coevo Andrew Jefferson, settimo presidente degli Stati Uniti: «Se solo gli americani capissero la totale ingiustizia del nostro sistema monetario e bancario, ci sarebbe una rivoluzione prima di domani mattina». Sintetizza Giulietto Chiesa: se l’emissione di moneta non è più sovrana, ma appaltata alle banche, lo Stato ha le ore contate, e così i suoi cittadini. Ecco spiegata l’apocalisse finanziaria.
-
Ue, oligarchia e mercato: così Bruxelles ci sta stritolando
Entrato in vigore il 1° dicembre 2009, il Trattato di Lisbona è stato messo in mora, anzi di fatto sostituito con un sistema di governance messo a punto da una serie di direttive, concordate anche con il Parlamento Europeo, la prima delle quali emanata dall’Ecofin il 7 settembre 2010 dando inizio al Semestre Europeo. La nuova governance, nata per fronteggiare la crisi economico-finanziaria, si è strutturata con accordi intergovernativi: il Patto Fiscale e il trattato Esm. Fino al 2009 si poteva parlare di deficit democratico, ora si deve parlare di deriva oligarchica dell’Ue. Per controllare ex ante ed ex post le politiche di bilancio è stato successivamente emanato un gruppo di direttive: il Six Pack e il Two Pack. Con questa serie di misure si sono concentrati i poteri nel Consiglio Europeo, nella Bce e nelle due nuove istanze istituzionali, quelle dell’Euro Summit e del suo presidente, che attualmente coincide con quello del Consiglio europeo, Van Rompuy: sono questi i “giudici di ultima istanza” che dettano le misure di bilancio e di politica economica, mentre la Bce regna sulla moneta.
-
Un G20 storico, se i Brics fermano i predoni del pianeta
L’irruzione dei Brics nel G20 dimostra che i tempi stanno per cambiare: non potrà più essere solo Washington a dettare le regole del gioco. Una lunghissima stagione egemonica, dopo Yalta e Bretton Woods, forzata nel ’71 con la fine del Golden Exchange Standard, evento che fece crollare tutto l’impianto, «figlio della Rivoluzione Francese ed elaborato dalla massoneria mondiale». Fu in quell’occasione, rileva Glauco Benigni, che «la volontà di egemonia di una minoranza» si impose apertamente «contro il resto dell’umanità»: e il pianeta «paga tuttora quel progetto», che consente al dollaro di considerarsi (al 65%) moneta di riserva mondiale, quindi stampabile all’infinito, «solo perchè garantito e “coperto” dal bisogno di petrolio degli umani». Se la Guerra del Kippur nel ’73 siglò il secondo atto della tragedia e la caduta del Muro di Berlino una nuova pace provvisoria, lo scoppio del Nasdaq nel 1999 fu l’alba della nuova era, quella dalla quale il mondo sta ora cercando affannosamente di uscire.