Archivio del Tag ‘euro’
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Grecia, un reporter smaschera i super-evasori: arrestato
L’ha fatta franca il deputato neo-nazista che prese a cazzotti una collega comunista in diretta tv, mentre le manette sono scattate per il giornalista che ha osato pubblicare la lista dei duemila super-evasori greci. Tra questi, figurano tre ex ministri, l’attuale presidente del Parlamento, molti funzionari pubblici, diversi uomini d’affari ellenici e giornalisti, nonché un importante consigliere dell’attuale premier Antonis Samaras e lo stesso leader del partito di governo “Nea Dimokratia”. Kostas Vaxevanis, direttore della rivista “Ad Hoc”, è finito in carcere poche ore dopo la diffusione dell’elenco di 2.059 presunti evasori fiscali, accusati di possedere conti in Svizzera. E dire che quella lista, spiega Marco Santopadre su “Contropiano”, era stata trasmessa nel 2010 al governo ellenico dall’allora ministro delle finanze francese Christine Lagarde, «oggi odiata direttrice dell’Fmi».
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“Loro” lo sanno che il debito pubblico si può cancellare
Assorbire il debito pubblico con complesse manovre? No, più semplice: basterebbe cancellarloe farlo sparire per sempre dai bilanci delle banche centrali – non la Bce, ovviamente, ma quelle dei paesi liberi, dotati cioè di moneta sovrana. Ne parlano, qua e là, le pubblicazioni economiche più importanti al mondo: fine dell’austerity, delle super-tasse, dei “sacrifici”. La soluzione: una “semplice manovra contabile”. «Lo sanno tutti, sotto sotto, a Londra e a New York, al Fondo Monetario, al “Wall Street Journal”, al “Telegraph”, al “Financial Times”, alla City di Londra che il debito pubblico è un gioco di prestigio, un imbroglio e il governo lo potrebbe cancellare quando vuole», scrive il blog “Come don Chisciotte” in un intervento ripreso da “Megachip”. Il 16 ottobre il “Wall Street Journal” parla della “tentazione” della Gran Bretagna: «Cosa succederebbe se la Banca d’Inghilterra cancellasse semplicemente i 400 miliardi di debito pubblico che ora detiene?». Fa eco Gavyn Davies sul “Financial Times”: «La banca centrale cancellerà il debito pubblico?».
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Sicilia, l’euro-zoo politico spaventato da Grillo e Berlusconi
Non ha votato nemmeno un siciliano su due. Questo il primo, grande verdetto delle regionali 2012, salutate dalla lotteria degli exit poll che regalano l’altra possibile notizia: Beppe Grillo che fa volare il suo “Movimento 5 Stelle”, beffando le ex “corazzate” del centrodestra e del centrosinistra, all’indomani della clamorosa sortita dell’anziano Berlusconi che sconfessa Monti, Napolitano e la pericolosa sudditanza rispetto alla Merkel e all’Europa non-democratica della Bce, con risultati pratici che gli italiani cominciano a toccare con mano. Recessione nera, aziende in rosso, credito bancario inaccessibile, posti di lavoro che saltano. E per le famiglie tasse e rincari, tagli sanguinosi ai servizi, ticket sanitari alle stelle. La spending review è cieca e falcia anche l’Italia che funziona. «E’ la crisi», si difende Monti, sorretto da Bersani, Casini e Fini, nonché – sin qui – dai parlamentari Pdl.
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Fiscal Compact: col ricatto del debito moriremo di fame
“Affama la bestia” era lo slogan di Ronald Reagan. La “bestia” era il governo: «Non la soluzione, ma il problema». Meglio mettere tutto in mano ai privati, che così si appropriano delle funzioni pubbliche e le gestiscono in base alla legge del profitto. «La bestia da affamare è in realtà la democrazia, l’autogoverno, la possibilità per i cittadini e i lavoratori di decidere il proprio destino». L’antico programma antisociale di Reagan, secondo Guido Viale, è stato ora tradotto dall’Unione Europea e dai governi dell’Eurozona in due strumenti micidiali, il pareggio di bilancio e il Fiscal Compact. «Con queste due misure, in Italia verranno prelevati ogni anno dalle tasse, cioè dai bilanci di chi le paga, quasi 100 miliardi di interessi e altri 45-50 di ratei, per versarli ai detentori del debito: in larga parte banche e assicurazioni sull’orlo del fallimento per operazioni avventate e altri grandi speculatori nazionali ed esteri, e solo in minima parte singoli risparmiatori».
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Cambiare l’euro-sistema, o ogni altra lotta sarà inutile
Non potevamo prevedere che all’Unione Europea sarebbe stato concesso un Nobel per la Pace: la nostra fantasia non arrivava a tanto. Ma sapevamo che tra le motivazioni c’è sicuramente quella che l’Unione Europea ha garantito la pace e la stabilità in Europa. E’ un’idea sostanzialmente ridicola, perché l’altro aspetto che evidenzia la forza dell’ideologia che ci è stata propinata negli ultimi tempi è quello che l’Unione Europea viene usata come sinonimo di Europa. L’Unione Europea non è l’Europa. Noi abbiamo la pace in Europa, a parte il dettaglio della guerra in Kosovo – “dettaglio” ovviamente detto in modo ironico – c’era l’Unione Europea e abbiamo fatto la guerra, oltre che farla all’esterno ovunque quando gli Stati Uniti vogliono, ma all’interno dell’Europa abbiamo la pace da immediatamente dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, quando non c’era nessuna Unione Europea.
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L’Angola, ex colonia, ora si compra il Portogallo in mutande
Ricordo – di nuovo – un vecchio racconto di fantascienza, uno dei tanti: si chiamava “L’inverno senza fine”, di John Christopher, lo stesso autore di “Morte dell’Erba”. Roba catastrofista. Nel racconto, una nuova glaciazione ricopriva l’emisfero boreale e gli europei, ridotti alla fame, emigravano in massa in Africa nelle ex-colonie, dove finivano a fare le domestiche e i camerieri. La fantascienza catastrofica prima o poi trova sempre il modo di avverarsi, ed ecco che un po’ la stessa cosa sta succedendo tra l’europeo Portogallo e l’arretratissima Angola. Secondo l’osservatorio per le migrazioni, sono già 100 mila i giovani portoghesi che hanno fatto le valigie, sono fuggiti dal loro Paese che affonda e si sono diretti a cercare lavoro in Africa nella ex-colonia.
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Finiguerra: riscattiamo l’Italia. Già, ma con che soldi?
Domenico Finiguerra, sindaco di Cassinetta di Lugagnano in provincia di Milano, è un uomo libero e coraggioso. Uno dei tanti volti puliti dell’Italia sana, quella che funziona ma non sa più a che santo (politico) votarsi, data la “resa” di Pd e Pdl alla drammatica “agenda Monti”. Con altri sindaci “virtuosi”, Finiguerra ha redatto un appello per il riscatto civico del paese: impossibile che cittadini e movimenti continuino a procedere in ordine sparso, con la tentazione del non-voto, di fronte allo scenario del progressivo sfacelo, sotto il colpi del “rigore” imposto da Bruxelles. Imperativo categorico: fronteggiare seriamente la crisi e creare posti di lavoro riconvertendo l’economia in modo sostenibile. Più democrazia, più partecipazione, nuova sovranità dei territori. Tutto giusto, ma Finiguerra e colleghi – nel loro documento – non menzionano le cause della catastrofe: l’euro e l’Unione Europea.
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Tagli, l’eredità di Monti: massacro sociale da qui all’eternità
L’Italia è praticamente spacciata: inseguendo il pareggio di bilancio prescritto dal Fiscal Compact voluto da Bruxelles, non uscirà dal tunnel recessione. Anche se cresce il prelievo fiscale, che opprime aziende e famiglie, il gettito diminuisce perché le manovre da “economia di guerra” per tagliare il debito pubblico non fanno che deprimere i consumi, senza creare nessuno spiraglio per risalire la china. Note di allarme anche dagli analisi della Cgil: con l’ultima operazione, Monti consegna ai successori un pacchetto di misure laceranti, considerato che soltanto per la spending review andranno trovati altri 18 miliardi da tagliare. E non è che un antipasto, scrive Francesco Piccioni sul “Manifesto”. L’effetto totale delle sei “svolte” imposte dai tecnocrati supera ormai i 120 miliardi, circa l’8% del Pil, con tanti saluti all’agognata “crescita”: se oggi il prodotto interno lordo è a quota -2,4%, per l’Fmi nel 2013 l’Italia supererà la soglia del -3%.
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Tringali: a chi conviene l’euro, la nostra grande rovina
Debito pubblico, Berlusconi e la casta, la corruzione, la mafia? Aggravanti, ma non certo la causa della crisi, nonostante le chiacchiere di chi ripete che non saremmo “capaci di stare al pari con gli altri paesi dell’Europa migliori di noi”. Ormai, sostiene Fabrizio Tringali, anche l’opinione pubblica l’ha capito: l’origine della crisi, italiana ed europea, sta tutta nell’adozione della moneta unica, l’euro, che «ha unito economie molto diverse tra di loro». Così quelle più forti, Germania in primis, hanno finito per schiacciare quelle più deboli. Verità palese, ancorché negata, anche se «le criticità dell’unione monetaria europea erano assolutamente note già trent’anni fa». Nessun mistero: se la crisi finanziaria americana esplosa nel 2007-2008 era stata ben poco prevista, quella dell’euro era invece chiaramente segnalata sui radar degli economisti. In Italia, già durante il regno di Giulio Andreotti.
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Macché debito sprecone, siamo risparmiatori: derubati
La fortuna del potere è costruita sull’incuria e l’incompetenza: non la propria, ma quella dei sudditi. Sicuro che nessuno verifica la veridicità dei fatti, ma che tutti ripetono a pappagallo le notizie ben confezionate, ne fabbrica di proprie, false e tendenziose, per affidarle ai ripetitori acefali affinché le trasformino in luoghi comuni. In idee, cioè, che nessuno mette in discussione perché assorbite come verità incrollabili. E’ successo quando hanno voluto imporci una globalizzazione a misura di multinazionali, quando hanno voluto rifilarci un’Europa al servizio di banche e speculatori, quando hanno voluto scipparci l’acqua e gli altri beni comuni a vantaggio delle imprese private. E oggi sta succedendo col debito pubblico.
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Monti affonda l’Italia ma vuole lo scalpo dei lavoratori
Il confronto sulla produttività tra governo e parti sociali, che entra nel vivo in questi giorni, è un imbroglio a partire dal suo nome. Non molto tempo fa il Cnel ha annunciato una ricerca che proprio per i suoi risultati sorprendenti è stata subito rimossa. Sulla base di essa, il decennio più produttivo degli ultimi quarant’anni è stato quello tra il 1970 e il 79. Sì, proprio il decennio delle conquiste sindacali, sociali, civili, della scala mobile, del posto fisso, degli orari e dei contratti rigidi, dello stato sociale e della grande industria pubblica. Proprio quel decennio ha visto il nostro paese raggiungere il tasso di produttività più alto di tutto l’Occidente industriale. Da allora quel tasso è progressivamente diminuito, con un andamento parallelo alla regressione delle condizioni del mondo del lavoro. Fino agli anni Duemila, che con l’euro e le privatizzazioni hanno visto un vero e proprio tracollo sia del salario sia della produttività.
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Il Cnel: Italia in declino a partire dall’avvento dell’euro
Negli anni Settanta, l’Italia era al primo posto per crescita della produttività nell’industria rispetto ai principali Paesi nostri concorrenti nel mondo, mentre negli anni Duemila siamo in coda alla classifica. Lo afferma l’ultimo rapporto sul mercato del lavoro curato dal giuslavorista Carlo Dell’Aringa per il Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro presieduto da Antonio Marzano. Nel decennio 1970-1979, in Italia il valore aggiunto nel settore manifatturiero era cresciuto in media del 6,5% l’anno. Meglio del Giappone e dell’Olanda, appena sopra il 5%, e molto meglio di Francia e Germania, ferme al 4%. Per non parlare degli Usa, attestati al 2,7% prima di riconquistare la leaderiship mondiale negli anni Novanta, grazie soprattutto alle innovazioni tecnologiche e informatiche. Ma è nel primo decennio del Duemila, cioè dopo l’introduzione dell’euro, che la produttività nel nostro Paese precipita a un misero 0,4% in media d’anno, contro l’1,8% della Germania, il 2,5% della Francia, il 2,8% dell’Olanda, il 3% del Regno Unito. E meglio di noi ha fatto anche la Spagna (1,5%).