Archivio del Tag ‘Est Europa’
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“Bogre”, Fredo Valla: il mio film sul massacro dei Catari
«I perseguitati non hanno sempre ragione, ma i persecutori hanno sempre torto», sono parole di Pierre Bayle (1647-1706), filosofo francese contemporaneo di Spinoza, che, perseguitato per la sua fede ugonotta, si rifugiò a Rotterdam nei Paesi Bassi. Parole che mi sono state di ispirazione nella realizzazione del mio ultimo film documentario “Bogre – la grande eresia europea”. Film dedicato alla storia dei “bogre” (si legge bugre), ossia dei Bogomìli bulgari, cristiani dualisti, e della loro filiazione in Occidente, i Catari della Francia del Midì (l’Occitania dei Trovatori), dell’Italia settentrionale e centrale, delle Fiandre, della Germania e della Bosnia. Tra loro non si dicevano Catari, né Bogomìli, ma buoni uomini o buoni cristiani. Tuttavia, in Occitania, in segno di disprezzo, li dissero “bogre”, che significa bulgaro, per la derivazione dall’eresia sorta nel X secolo nelle terre balcaniche.In Italia, il catarismo trovò terreno fertile a partire dal XI secolo, con forti comunità di buoni uomini a Desenzano, Concorezzo (Milano), Piacenza, Cremona, Sirmione, Verona, Marca Trevigiana, Firenze, Spoleto, Orvieto e, in Piemonte, a Monforte d’Alba, Roccavione, Cuneo e Acqui. Alcuni studiosi pensano che ai tempi di Farinata degli Uberti, una buona percentuale di fiorentini fosse catara. I rapporti fra le chiese catare d’Occitania, Italia e Bosnia con i bogomili di Bulgaria furono frequenti, perlomeno fino al XIII secolo, con un flusso dai Balcani di libri dottrinali e la partecipazione ai concili, favorito dai commerci e dal passaggio delle crociate verso la Terrasanta. A testimonianza della ricchezza di contatti e scambi in un’Europa medievale che siamo abituati a pensare chiusa e isolata.In Occidente il catarismo si propose come alternativa alla Chiesa di Roma. Per questo motivo nel 1209 Papa Innocenzo III scatenò contro i Catari una crociata di cristiani contro cristiani, chiamando a raccolta baroni e cavalieri del nord della Francia, coraggiosi ma spiantati – un po’ come i conquistadores spagnoli in Messico e Perù – promettendo loro la salvezza eterna e i ricchi feudi della Linguadoca. Il colpo più duro lo diede nuovamente il Papa nel 1230, con l’istituzione dei tribunali dell’Inquisizione, che crearono un clima di terrore e di delazione, che non può non portare alla mente il terrore staliniano. Ultima a resistere fu la Bosnia, dove il catarismo si estinse nella seconda metà del XV secolo con la conquista ottomana, quando la dottrina originaria già si stava esaurendo in un sincretismo religioso compromesso col potere.In che cosa credevano Bogomìli e Catari? Essenzialmente distinguevano fra Spirito e Materia. Tutto ciò che appartiene allo Spirito è stato creato dal Dio Buono, mentre tutto ciò che è Materia (quindi anche i corpi umani) sono creatura di un Demiurgo, Dio del Male o Demonio a seconda del nome che gli si voleva attribuire. In questo modo essi rispondevano alla domanda delle domande: Unde malum? Perché il Male? Il Male esiste – dicevano – perché esiste un Dio del Male. Sono anni che faccio documentari e mi occupo di lingua e di cultura occitana, quindi la vicenda dei Catari ha attraversato la mia vita. Poi nel 2005 ho avuto l’occasione di cominciare una collaborazione con Antonio e Pupi Avati, che producevano una serie di puntate sui paesi dell’Est per “Tv2000″. A me fu assegnata la Bulgaria. Là conobbi Axinia Dzurova, studiosa di testi slavi e glagolitici.Axinia, allieva di Ivan Dujcev, tra i maggiori studiosi dei Bogomili, mi rivelò – e fu una vera rivelazione – le relazioni fra Bogomìli e Catari. Da qui l’idea del film, per raccontare un’eresia europea che nessun film aveva mai raccontato. Tra il 2016 e il 2017 ho lavorato alla scrittura. Le prime riprese sono state in Bulgaria, nell’autunno del ’17, là dove la vicenda di questi eretici ha preso le mosse. A marzo di quest’anno, “Bogre” ha esordito con successo al Film Festival Internazionale di Sofia ed è un po’ come se si fosse chiuso un cerchio, come se il film cominciasse la sua strada da dove tutto è iniziato. Ma “Bogre” ha una storia particolare anche per ciò che riguarda il reclutamento della troupe, composta da ex allievi e collaboratori de “l’Aura”, la scuola di cinema che ho fondato col mio sodale Giorgio Diritti a Ostana, paese delle Alpi occitane davanti al Monviso. Girare è stato come fare scuola sul campo. Una bella soddisfazione, per me e per gli allievi che sono cresciuti facendo.“Bogre – la grande eresia europea” si presenta come un evento anche a partire dalla durata, 200 minuti, in cui chiedo allo spettatore di essermi complice, di entrare con me nella bolla e abbandonarsi alle immagini e alle parole del racconto. Per questo il film va visto al cinema e non in tivù. Duecento minuti che sono una scelta di linguaggio, in cui il film si dipana e si mostra nel suo farsi, con la mia troupe in scena, o io e il mio montatore, Beppe Leonetti che è anche co-produttore con Chambra d’Oc e Lontane Province, in sala montaggio. Ho sempre pensato che un film dura quanto deve durare. Questa volta mi sono sentito libero: come i Catari e i Bogomili. “Bogre” è un film sulla libertà di pensiero, sul diritto di scegliere (eresia significa scelta), su un’idea di giustizia in opposizione ai poteri intolleranti. Le vicende di questi eretici trovano un parallelo in storie a noi più vicine, come la Shoah, il genocidio armeno, l’intolleranza verso chi è diverso da noi e viene a “invadere” l’Occidente civilizzato. I “bogre” di oggi! Una storia estirpata dai libri di storia che ritorna, perché, ahimé, il male non finisce.(Fredo Valla, “Bogre, il mio film sulla libertà di pensiero, sul diritto di scegliere, su un’idea di giustizia contro i poteri intolleranti”, da “La Stampa” dell’8 giugno 2021. Autore, regista e sceneggiatore, Fredo Valla ha curato il copione di film come “Il vento fa il suo giro” e “Un giorno devi andare”, diretti da Giorgio Diritti. E’ un instancabile difensore della minoranza linguistica occitanica e della sua antica cultura, che sopravvive nelle valli alpine cuneesi e nel Sud della attuale Francia).«I perseguitati non hanno sempre ragione, ma i persecutori hanno sempre torto», sono parole di Pierre Bayle (1647-1706), filosofo francese contemporaneo di Spinoza, che, perseguitato per la sua fede ugonotta, si rifugiò a Rotterdam nei Paesi Bassi. Parole che mi sono state di ispirazione nella realizzazione del mio ultimo film documentario “Bogre – la grande eresia europea“. Film dedicato alla storia dei “bogre” (si legge bugre), ossia dei Bogomìli bulgari, cristiani dualisti, e della loro filiazione in Occidente, i Catari della Francia del Midì (l’Occitania dei Trovatori), dell’Italia settentrionale e centrale, delle Fiandre, della Germania e della Bosnia. Tra loro non si dicevano Catari, né Bogomìli, ma buoni uomini o buoni cristiani. Tuttavia, in Occitania, in segno di disprezzo, li dissero “bogre”, che significa bulgaro, per la derivazione dall’eresia sorta nel X secolo nelle terre balcaniche.
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Guerra all’infame tiranno Lukashenko, pirata anti-Covid
Alexandr Lukashenko ha tutto, per recitare la parte del cattivo in un filmaccio di Hollywood: al potere ininterrottamente dal 1994, dopo un quarto di secolo ha lanciato il figlio Viktor verso la successione irritando metà dei bielorussi, poco entusiasti della dinastia “sovietica” di un paese che non ha rinunciato a continuare a chiamare Kgb il suo servizio di intelligence. Stavolta pare averla fatta grossa: arrivare a dirottare un volo civile (con 6 agenti segreti a bordo, e un Mig nei cieli per “convincere” il Boeing a fare scalo a Minsk, al solo scopo di arrestare un passeggero, noto oppositore) non ha precedenti, nella storia. Per la precisione, è l’ennesimo incidente senza precedenti, in questi mesi folli, in cui succede – ogni giorno – quello che fino a ieri sarebbe stato impensabile, nel “mondo libero”. Si va dall’imposizione del distanziamento interpersonale a quella del coprifuoco, fino alla libertà vigilata e condizionata dall’inoculo vaccinale a base di farmaci genici ancora sperimentali: sostanze autorizzate solo dopo aver negato l’esistenza delle cure ordinarie, e spacciate come unico possibile rimedio di fronte a una patologia presentata come quasi incurabile, dalla quale invece si guarisce spesso da casa, in pochi giorni, mediante l’assunzione di antinfiammatori e altri farmaci di uso comune.Proprio contro la frode politica mondiale costruita attorno al Covid, il presidente-autocrate bielorusso (vero nome, Aljaksandr Lukašėnka) sparò una denuncia a reti unificate nella primavera 2020, rilanciata in Italia dallo storico Nicola Bizzi, editore di Aurora Boreale: prima l’Oms e poi il Fmi avrebbero offerto alla Bielorussia fino a 900 milioni di dollari per “fare il lockdown, come in Italia”, così da sottoporre all’ipnosi pandemica anche l’Est Europa, che gli Usa contendono alla Russia spostando sempre più in là la sfera d’influenza della Nato, in violazione degli accordi stipulati ai tempi di Gorbaciov come contropartita per la fine della guerra fredda. Immediata la reazione euro-atlantica alla denuncia anti-Covid del “dittatore” Lukashenko: l’Occidente si è accorto di colpo dell’esistenza della Bielorussia, storica alleata di Mosca, e ha sostenuto improvvisamente le opposizioni, che hanno definito “truccate” le elezioni dell’estate 2020, in cui Lukashenko (tanto per cambiare) ha incoronato se stesso per la sesta volta consecutiva. A seguire: “rivoluzione colorata” a cronometro, secondo il modello ucraino, in questo caso con gli oppositori messi in fuga dal governo di Minsk supportato da Putin, a sua volta “assediato” dall’amministrazione Biden dopo essersi fieramente opposto, anch’esso, alle misure dittatoriali anti-Covid.Il seguito è rocambolesco: il giovane Roman Patrosevich, che viaggiava su un volo Atene-Vilnius della Ryanair, è stato arrestato a Misnk dopo l’atterraggio forzato dell’aereo, che era diretto in Lituania. Lukashenko ha così messo le mani sull’oppositore, che attraverso il canale “Telegram Nexta” aveva denunciato i brogli con cui il regime avrebbe manipolato le elezioni dell’estate 2020 (poco prima che ben altri denunciati brogli, quelli statuntitensi, sfrattassero Donald Trump dalla Casa Bianca). Nel frattempo, in Europa orientale la situazione è precipitata: la Russia ha schierato oltre 10.000 soldati alla frontiera con l’Ucraina per difendere il Donbass preso a cannonate dal governo di Kiev sostenuto da Biden. E gli 007 di Mosca nelle scorse settimane hanno dichiarato di aver sventato un complotto golpista che a Minsk prevedeva addirittura l’eliminazione fisica di Lukashenko, il cui “nervosismo” può forse essere così spiegabile. Nulla che traspaia, naturalmente, dalla grancassa del mainstrem, che – come ieri per il concerto-Covid – ora si è gettato con un sol uomo (Ue in testa) per condannare e sanzionare il perfido tiranno di Misk, che osa compiere atti di pirateria aerea dirottando un volo civile, tra lo sconcerto dei passeggeri, dopo aver inventato un inesistente allarme-bomba a bordo del velivolo.L’uomo di Minsk – con il suo plumbeo look da ex ufficiale sovietico – fornisce il più perfetto degli assist, a un regime occidentale che ha sospeso la democrazia e truccato le carte persino nel “paese della libertà”, dove nell’autunno 2020 i media erano arrivati a togliere la parola persino al presidente in carica. E’ il paese delle “extraordinary rendition” dell’era Bush, gli arresti illegali con destinazione Guantanamo, il lager medievale attrezzato per le peggiori torture contro detenuti trattati come oggetti, senza diritti. E’ il sistema che in Russia inventa un oppositore di cartone come Alexej Navalnij, ma continua a tenere in carcere un eroe dell’informazione come Julian Assange, colpevole di aver mostrato al mondo l’infamia degli invasori americani in Iraq. Poteri-ombra, come quelli che hanno “aiutato” l’Isis a devastare la Siria, ora pretendono di mostrarsi ultra-trasparenti nel condannare l’imperdonabile Lukashenko, il nuovo “grande Satana” da detestare, proprio mentre i liberi cittadini del libero Occidente controllano, sul giornale, a che ora della sera potranno rincasare, per gentile concessione di governi che tengono ancora in piedi la favola nera del Covid, venduta al popolo bue come verità di fede dalla quale è severamente proibito allontanarsi.Nella democratica Germania di Angela Merkel, oggi la polizia può penetrare nelle abitazioni senza nemmeno un mandato giudiziario, solo per controllare che nessuno osi infrangere la religione del Covid. La differenza con la Bielorussia (dove basta contestare il sovrano per finire in galera, anche se si viaggia su un volo di linea) si va pericolosamente assottigliando, in un pianeta dove è evidentemente in corso una guerra mondiale che oppone golpisti e resistenza, mobilitando le massime élite in una partita necessariamente opaca, a doppio fondo, lontanissima dai riflettori. Una delle carte sul tavolo è proprio il sogno del “regime change” in Russia, dove c’è chi non perdona a Putin di aver sbaragliato l’Isis in Siria, mettendo fine alla trama del terrore che ha preceduto l’ultima versione del terrorismo, quello sanitario. E’ palese che la Bielorussia dell’impresentabile Lukashenko non è che il possibile antipasto del boccone grosso, sempre che i manovratori non ritengano la Russia il miglior baluardo possibile, in fondo, per arginare l’esuberanza inquietante della Cina. Intanto, l’autocrate di Minsk ha regalato uno splendido diversivo, ai “dittatori” del Covid impegnati nel loro convulso, contraddittorio Grande Reset, che procede a singhiozzo in mezzo a tamponi, mascherine e vaccini, nel paradiso artificiale nelle fake news televisive.(Giorgio Cattaneo, 25 maggio 2021).Alexandr Lukashenko ha tutto, per recitare la parte del cattivo in un filmaccio di Hollywood: al potere ininterrottamente dal 1994, dopo un quarto di secolo ha lanciato il figlio Viktor verso la successione irritando metà dei bielorussi, poco entusiasti della dinastia “sovietica” di un paese che non ha rinunciato a continuare a chiamare Kgb il suo servizio di intelligence. Stavolta pare averla fatta grossa: arrivare a dirottare un volo civile (con 6 agenti segreti a bordo, e un Mig nei cieli per “convincere” il Boeing a fare scalo a Minsk, al solo scopo di arrestare un passeggero, noto oppositore) non ha precedenti, nella storia. Per la precisione, è l’ennesimo incidente senza precedenti, in questi mesi folli, in cui succede – ogni giorno – quello che fino a ieri sarebbe stato impensabile, nel “mondo libero”. Si va dall’imposizione del distanziamento interpersonale a quella del coprifuoco, fino alla libertà vigilata e condizionata dall’inoculo vaccinale a base di farmaci genici ancora sperimentali: sostanze autorizzate solo dopo aver negato l’esistenza delle cure ordinarie, e spacciate come unico possibile rimedio di fronte a una patologia presentata come quasi incurabile, dalla quale invece si guarisce spesso da casa, in pochi giorni, mediante l’assunzione di antinfiammatori e altri farmaci di uso comune.
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Operazione Corona: i golpisti vorrebbero farla franca
Un colpo di Stato mondiale, progettato contro una vittima in particolare: la nostra società occidentale. Doveva scattare nel 2022, ma la crisi bancaria dei Repo ne ha accelerato i tempi. Ora il golpe è fallito, ma ha lasciato macerie: ha disastrato la democrazia e rottamato l’economia, proprio come volevano i golpisti, ingigantendo la paura e trasformando i cittadini in docilissime pecore, private delle libertà più elementari in nome di un pericolo virtuale, manipolato da cima a fondo. Ormai è cominciata una grande retromarcia, segretamente pattuita, ma a caro prezzo: non si può smontare da un giorno all’altro un “giocattolo” come quello, che ha distribuito miliardi e sta ancora arricchendo intere filiere di beneficiari, migliaia di persone. E il fardello più inquietante è quello rappresentato dai vaccini “genici” in circolazione: aleggia il vecchio incubo del depopolamento, predicato da una certa élite. Una cosa è certa: l’establishment del lockdown spera di passarla liscia, evitando una nuova Norimberga che metta in chiaro i crimini commessi. E il governo Draghi servirebbe proprio a questo: a far uscire l’Italia dall’emergenza, incanalandola però nei binari del Grande Reset in corso. E soprattutto: assolvendo la politica che ha eseguito gli ordini golpisti.In altre parole, anche il finale dovrà avere il sapore della farsa: avremo “sconfitto il virus” – si dirà – grazie ai sacrifici imposti con i lockdown, e poi soprattutto grazie alla vaccinazione di massa (imposta col ricatto, nonostante la Costituzione vieti di disporre Tso sulla base di farmaci ancora sperimentali). Tra tante voci eretiche, quella di Nicola Bizzi – storico e fondatore delle Edizioni Aurora Boreale – spicca per la precisione delle denunce solitarie, il tempismo delle previsioni e la lucidità delle analisi. Il saggio “Operazione Corona”, che oggi è il libro più censurato d’Italia, parla di un “colpo di Stato globale”: un golpe «finalizzato innanzitutto a un Grande Reset economico, finanziario e sociale, e in secondo luogo anche a una drastica riduzione delle libertà civili e democratiche, su scala planetaria». Secondo alcuni indizi doveva essere attuato solo nel 2022, ma a bruciare i tempi – nel settembre 2019 – sarebbe stata la crisi dei Repo, le compensazioni interbancarie tra banche centrali: non c’era più denaro per garantire i prestiti, e l’unica soluzione consisteva nell’arresto improvviso dell’economia, trovando un espediente adatto (il provvidenziale virus mediatico).Lo spiega l’economista Andrea Cecchi nei capitoli economici di “Operazione Corona”: la cosiddetta pandemia è stata una crisi pianificata, visto che il mondo si era trovato sull’orlo di un vero e proprio collasso economico, all’insaputa dell’opinione pubblica. «Certi “padroni del vapore” se la sono vista brutta: rischiavano che il loro giocattolo finanziario si inceppasse», dice Bizzi, in un recente video su YouTube. «Forum di Davos, Fmi e vari altri poteri sovranazionali hanno quindi dovuto anticipare questa operazione, architettando il presunto rilascio di un virus e creando una situazione senza precedenti». Quando mai s’è visto, nella storia delle epidemie, che si isolino le persone sane? «Logiche economiche: la vera funzione dei lockdown è stata quella di bloccare l’economia paralizzando la domanda, la richiesta di credito e la circolazione del denaro, così da demolire l’economia a tappe preordinate». Una vera e propria “demolizione controllata”, come quella delle Torri Gemelle. «Per fare tutto questo si sono serviti della Cina, che ha avuto il suo tornaconto (è stato l’unico paese col Pil in crescita, nel 2020) ma in realtà non è la principale colpevole».Facile, usare la Cina: «Serviva un paese totalitario, per inaugurare la logica del lockdown: e solo la Cina poteva farlo, perché il regime cinese esercita un controllo mostruoso sulla popolazione». All’inizio, dice Bizzi, si era pensato al Brasile: ipotesi subito scartata, però, per l’opposizione del presidente Bolsonaro e per la stessa indole della popolazione brasiliana, assai meno docile di quella cinese. Ma attenzione: la Cina ha chiuso completamente solo l’Hubei, la regione di Wuhan, senza fermare il resto del paese. Certo, ha collaborato perfettamente alla farsa del terrorismo psicologico: «In televisione ha mostrato persone che cadevano come morte, per strada, o in preda a convulsioni. E ancora: migliaia di persone ammassate su letti da campo allestiti in palazzetti dello sport, tutti con convulsioni simultanee: cose che poi non abbiamo mai visto, in Occidente – neanche in Italia, paese che è stato il vero epicentro di tutta questa macchinazione. Quelli cinesi erano chiaramente personaggi che recitavano un copione del terrore molto ben studiato, attraverso una Oms completamente controllata da Pechino».Chi ha buona memoria, aggiunge Bizzi, ricorderà uno spettacolo molto simile: quello della cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi di Londra nel 2012. «Incredibilmente, tutto quello che poi è successo oggi era stato raffigurato, in maniera coreografica (incluso Boris Johnson, su un letto d’ospedale) in quell’inquietante rappresentazione». Finalmente, nel 2020 lo schema è stato applicato: al mondo è stata imposta «questa idea folle e criminale di lockdown, termine che in inglese significa “carcere duro”». Colpo di Stato globale, pianificato nei minimi dettagli. «E i governi, specie quelli occidentali, hanno applicato alla lettera un “pacchetto” preconfezionato, imposto a esecutivi che sapevano molto bene, con largo anticipo, cosa sarebbe accaduto». Già nel giugno scorso, Bizzi era stato il primo a portare allo scoperto il caso della Bielorussia, passato sotto silenzio. «La Bielorussia è l’unico paese europeo a essersi rifiutato di applicare qualunque misura di contenimento: non ha attuato lockdown né chiusure, e non ha mai minimamente toccato le libertà dei cittadini. E chiaramente è stata demonizzata».In una seduta del governo, il presidente Lukashenko – ricordando ai suoi ministri di aver appena respinto una lauta proposta dell’Oms (92 milioni di dollari) per fare un lockdown “come in Italia”, ha spiegato che l’offerta era stata decuplicata dal Fmi: 900 milioni, per introdurre restrizioni “all’italiana”. «Prove alla mano – aggiunge Bizzi – ho poi dimostrato che i vertici italiani (i servizi segreti, il governo e le più alte cariche dello Stato) erano stati informati già dal mese di agosto del 2019 che sarebbe stato necessario applicare un lockdown, nel nostro paese». Sei mesi di anticipo, quindi, sulla cronologia ufficiale degli eventi? Bizzi invita a osservare certi dettagli: «Sono state potenziate in modo incredibile le forze dell’ordine, incluse le polizie municipali: aumenti di organico, mezzi, camionette, aerei, elicotteri, droni, attrezzature elettroniche. Un’operazione del genere non la fai in due settimane, servono mesi di preparazione». Ovvia deduzione: era tutto preordinario, dall’autunno 2019. E anche il nostro governo, come gli altri dell’Europa occidentale, «ha ricevuto finanziamenti a pioggia, presumibilmente da parte di organizzazioni come il Fmi, per poter garantire la tenuta di un futuro lockdown».Di questo, si sono preoccupati: di come attuare il “carcere duro”. «E non certo di potenziare la sanità e gli ospedali, o di assicurare una prevenzione sanitaria (che nel caso di una pandemia sarebbe dovuta essere la cosa più logica)». Nicola Bizzi li definisce «branco di assassini». Scandisce: «A questi signori non è mai importato niente, della salute degli italiani». Aggiunge: «Non sappiamo cosa si sia effettivamente scatenato. Ma sappiamo che questo virus, o presunto tale – come ha ben documentato Matteo Martini, in “Operazione Corona” – non è stato mai isolato». Seriamente? «Certo: e questo sta venendo fuori, perché il governo giapponese ha fatto un’interrogazione internazionale: ha dimostrato che il virus non è stato mai isolato. Soprattutto, il Giappone ha sfidato tutti i governi (soprattutto quelli dell’Occidente) a dimostrarne l’isolamento: e nessuno ha risposto». Sostanzialmente, quindi, «non c’è nessuna prova che il virus sia mai stato isolato: hanno solo fatto infiniti “sequenziamenti”, la cui utilità è tutta da spiegare. E in compenso, hanno attuato la frode della Pcr: dico frode, perché sappiamo che quello dei tamponi non è un metodo diagnostico riconosciuto. Un’operazione, peraltro, dal costo esorbitante: in un anno, per i tamponi, in Italia abbiamo speso un ammontare equivalente a 10 leggi finanziarie».Per Bizzi, però, il cuore della questione-lockdown non è il business degli approfittatori. A monte, si tratta di una decisione imposta dal super-potere mondiale che controlla le banche centrali. E a valle, una mera questione di ordini da eseguire. «A differenza di alcuni paesi del Nord Europa e dell’Est Europa, che hanno dimostrato molta più autonomia e libertà, i governi dell’Europa occidentale (Italia e Germania, Francia, Spagna) sono totalmente eterodiretti. Non hanno autonomia decisionale: tutte le decisioni importanti non vengono prese nelle sedi istituzionali (governo, Parlamento) ma nell’alveo di organizzazioni sovranazionali». Quali? «Spesso si parla del Bilderberg e della Trilaterale, ma anche queste sono organizzazioni di potere intermedie, che hanno il compito di ratificare, imponendole ai governi, decisioni che sono prese ancora più in alto». Ecco perché Bizzi ricorre a termini impegnativi: «Questo è un piano diabolico, lasciatemelo dire: mira alla distruzione completa dei diritti democratici dei cittadini e del modello stesso di democrazia occidentale».Sono stati abili, i golpisti: hanno operato con la programmazione neurolinguistica, e tutte le mosse dei governi sono state calcolate. «Dalla durata stessa dei lockdown fino ai messaggi lanciati dai media, è stata tutta un’operazione calcolata a tavolino in modo che attecchisse sulle masse, proprio secondo le tecniche della Pnl». Gli architetti della crisi che ha travolto il pianeta hanno unito molteplici interessi: «Per esempio quelli del Forum di Davos, per avviare questa “quarta rivoluzione industriale” fondata sul mito di una falsa “green economy” che in realtà vuole portare al transumanesimo, all’abolizione del contante, alla distruzione dei più basilari diritti degli esseri umani». Come reagire, dunque? «Il dovere principale di chi ha un minimo di raziocinio, e quindi ormai ha capito con che cosa abbiamo a che fare, è quello di resistere con ogni mezzo, cercando di fare corretta informazione: non dobbiamo permettere che questo piano vada avanti, dobbiamo gettare più sabbia possibile nei suoi ingranaggi». Non è facile: gli italiani – dice Bizzi – ci sono cascati: hanno creduto alla storia che è stata loro raccontata.«I nostri connazionali hanno dimostrato una grande incoscienza, e hanno accettato con estrema leggerezza le misure liberticide varate dai governi Conte e Draghi. L’illusione – portata anche dalla televisione – che i governi stessero togliendo la libertà ai cittadini per ragioni sanitarie, emergenziali, ha davvero attecchito, e ha fatto sì che molte persone si adeguassero». Questo, fatalmente, acquisce il senso di isolamento di chi, come Bizzi, alla versione ufficiale non ha mai creduto. «Io sapevo da tempo dove si sarebbe andati a parare, e quando sono arrivate le prime notizie dalla Cina mi sono detto: ecco, ci siamo. Per un mese intero, a febbraio 2020, nessuno ha spiegato che il governo Conte aveva introdotto lo stato d’emergenza già il 31 gennaio: volevano il maggior numero possibile di morti, volevano scatenare il panico e alimentare il terrore». Unica presenza anomala, nell’Italia di quei primi mesi: la Russia. «Non scordiamoci la missione della brigata di militari russi accorsi in Lombardia, specializzati in guerra batteriologica: per la prima volta nella storia, mezzi militari della Russia in un paese Nato. Erano venuti per capire come mai il problema fosse partito proprio dall’Italia».Una missione rimasta in sordina, quella dei russi. «Hanno trovato molte cose, anche se poi le evidenze sono state secretate. Pare sia stato qualcosa di batteriologico, a esser stato rilasciato sul nostro territorio. Non ne ho le prove: se questo fosse vero, però, farebbe emergere complicità criminali inaudite». Ora, però, siamo di fronte a svolte impreviste: ci stiamo forse avvicinando a un capovolgimento della situazione. «Ho ragione di essere ottimista», perché gli esecutori nazionali del piano «hanno semplicemente aggirato la Costituzione, che non è mai stata né sospesa né archiviata, né modificata: gli articoli della Costituzione sono perfettamente in vigore, così come le leggi antiterrorismo – che fra l’altro vietano di circolare a volto coperto (è reato penale)». Inutile spaventarsi: «Non hanno valore le multe comminate da certi emuli della Gestapo, che magari indossano l’uniforme della polizia municipale e sembrano in preda a un delirio di onnipotenza».Bizzi ricorda le scene a cui abbiamo assistito, nel 2020: persino donne anziane malmenate, gettate a terra solo perché non indossavano la mascherina. «Alcuni sindaci erano arrivati a imporre nei supermercati una spesa minima di 50 euro, con vecchi in coda che magari non avevano 10 euro in tasca. Cosa hanno subito, queste persone, grazie a certi amministratori locali? Qui nessuno è esente da colpe». Per Bizzi la verità sta venendo a galla molto in fretta: «E non dobbiamo permettere che certi personaggi la passino liscia. Tutti – dalle più alte cariche dello Stato, fino ai più piccoli amministratori locali – sono stati complici di questo grande inganno, di questa colossale macchinazione, che ha portato a un’indebita, incostituzionale repressione delle libertà. Misure come il coprifuoco: vogliamo scherzare? Neanche nel ‘44 venivano applicate in questo modo». Ma attenzione: «Non bisogna avere timore delle uniformi: polizia e carabinieri hanno giurato, sulla Costituzione, e si trovano a gestire una situazione che non sopportano più».«Io sono in contatto con sindacati delle forze dell’ordine, che da mesi esprimono tutto il loro dissenso: si stanno rifiutando di sanzionare i cittadini, stanno cominciando a ribellarsi anche loro», assicura Bizzi. In più, ci sono forti segnali di un capovolgimento internazionale della situazione: questo ci fa ben sperare. Essendo stata risolta la crisi dei Repo già nell’autunno 2020, «è venuto meno il motore economico di questo colpo di Stato globale: non c’è più una ragione economica per disporre nuovi lockdown allo scopo di fermare l’economia, che infatti si sta riprendendo». Bizzi segnala che è in corso di attuazione anche il Quantum Financial System, che scardinerà completamente gli attuali parametri economici globali (sulla possibilità di emissione monetaria illimitata). Non siamo mai stati completamente soli: la Russia di Putin, quella che aveva inviato i suoi specialisti in Italia, si è smarcata per prima: dimostrando quanto fosse artificiosa, l’intera operazione-paura. «Mosca ha applicato un lockdown solo inziale e molto blando, poi due mesi fa ha rimosso le ultime restrizioni. E ha fatto una mossa molto intelligente: è la stata la prima a lanciare il suo vaccino».Lo Sputnik – dice Bizzi – non è un vaccino mRna: è solo una sorta di antinfluenzale rafforzato, in Russia proposto unicamente su base volontaria. «Da noi invece si tenta di imporre – con la persuiasione, il ricatto e la minaccia – una vaccinazione sperimentale mRna. Agghiacciante: milioni di italiani si sono messi in coda come tanti lemming, pronti a lanciarsi nel precipizio. Si stanno suicidando, e non se ne rendono conto: hanno subito un vero e proprio lavaggio del cervello». Ma anche la geografia mondiale del fronte-vaccini suggerisce he questa operazione stia finendo: «Due terzi dei governi mondiali si sono di fatto smarcati, rifiutando i vaccini mRna (Pfizer, Moderna). Non solo: inaugurando le terapie domiciliari, hanno abbattuto la narrazione dell’ospedalizzazione. Hanno dimostrato che è una montatura: semplicemente assumendo determinati farmaci si evita il ricovero. Una soluzione che in Italia viene ostacolata con ogni mezzo: Speranza è ricorso al Consiglio di Stato. Hanno il terrore che venga messa in crisi la narrazione delle terapie intensive intasate».Già a febbraio, a Bizzi era stato riferito che «sarebbe stato raggiunto un accordo, nell’ambito di una trattativa internazionale fra certe organizzazioni di potere». In pratica, ai golpisti del Covid avrebbero detto: «L’operazione è fallita, è stato raggiunto appena il 20% degli obiettivi prefissati. La verità sta venendo a galla, rischiate una nuova Norimberga. Quindi vi diamo una “timeline”: se dal 12 aprile iniziate una de-escalation per chiudere questa operazione con le buone, vi permettiamo di uscirne puliti». Vale a dire: se i governi si atterranno a questa direttiva, cominceranno a dire che i contagi stanno calando. E se ne vanteranno: «Abbiamo sconfitto il terribile virus grazie ai vostri sacrifici», sarà il refrain. «E cercheranno di uscirne a testa alta. Perché il loro obiettivo è proprio quello: scongiurare una nuova Norimberga. E quindi: evitare che vengano alla luce tutte le responsabilità, a ogni livello, dal Quirinale all’ultimo Comune. Facile attaccare Conte: è indifendibile, ha firmato i provvedimenti più spregevoli. Ma tutti si dimenticano che qualcuno, al di sopra di lui, certe cose le ha autorizzate».Questi signori, quindi, secondo Bizzi «puntano a salvaguardare il sistema», cioè «a impedire che per loro finisca molto male, dal punto di vista giuridico (anche penale)». Erano dunque programmate, le riaperture: graduali, per tenere in piedi la credibilità retroattiva della farsa. «Un mese dopo la segnalazione che avevo ricevuto – racconta sempre Bizzi – Boris Johnson ha annunciato che la Gran Bretagna avrebbe riaperto proprio il 12 aprile, in concomitanza con altre riaperture europee, come quella della Spagna (anche più dura dell’Italia, nella repressione). Ebbene: da un mese la Spagna ha riaperto locali, palestre e piscine, autorizzando anche concerti con migliaia di persone. Sono riaperture chiaramente pianificate: non è che possono dire, da un giorno all’altro, “abbiamo scherzato, vi abbiamo presi in giro”. Non possono riaprire tutto di colpo: perderebbero la faccia, e dovrebbero rinunciare improvvisamente a interessi economici che sono mostruosi». Un oceano di soldi: «Qualcuno è stato appena messo da parte, ma non c’è solo Arcuri: in tanti stanno ancora guadagnando, da questa operazione».Nicola Bizzi parla di «servigi da pagare a migliaia di persone, negli apparati statali: e questa cosa non la si può interrompere da un giorno all’altro». Aggiunge: «La mia impressione – confermata da alcune informative che ricevo – è che ci sia stato un motivo preciso dietro al licenziamento di Conte, con la necessità poi di mettere in piedi questo governo, che peraltro non mi piace per niente». Mario Draghi? «Come ben sappiamo, ha più scheletri nell’armadio di Nosferatu: conosciamo il suo passato e le sue malefatte». Per Bizzi il governo Draghi resta pericoloso: «Un esecitivo che conferma Speranza alla sanità e inserisce al proprio interno personaggi come Colao è tutt’altro che raccomandabile». Per contro, la sua funzione sarebbe quella di «portare l’Italia a una de-escalation, a una uscita graduale da questa operazione, a tappe pianificate (ma in modo da lasciare indenne la politica, facendola uscire a testa alta». Torneremo a respirare, dunque, ma i “collaborazionisti” la faranno franca. «E questo non è accettabile: dobbiamo esigere che ci vengano restituite le libertà che la Costituzione ci garantisce».Se l’Operazione Corona è scattata per motivi finanziari – dice ancira Bizzi – sicuramente è stata sfruttata dai pericolosi fanatici che coltivano apertamente precisi piani mondiali per il depopolamento. Ci sono personaggi come il francese Jacques Attali (mentore di Macron), o come lo stesso Bill Gates, che da trent’anni ci dicono in faccia che siamo in troppi, sulla Terra, e che occorre ridurre forzatamente (con le buone o con le cattive) la popolazione globale, che sta sfuggendo al loro controllo finanziario e politico. «Non è vero che siamo in troppi, per le risorse terrestri. E’ vero invece che le risorse sono mal distribuite: l’1-2% detiene il 90% della ricchezza, non vuole perderne il controllo e la vuole incrementare ulteriormente». Le lezione da trarre? I golpe esistono, ma non sempre vanno in porto come previsto. «Questa operazione era partita con “pacchetti precofenzionati” a cui tutti avrebbero dovuto adeguarsi, e invece molti paesi se ne sono smarcati fin da subito: l’Africa, per esempio, non ha aderito al piano. I paesi dell’Africa nera e del Nordafrica non volevano veder distrutta la loro economia, e soprattutto non volevano partecipare a un piano genocida: perché è qui il vero nodo della questione».Già negli anni ‘80, Jacques Attali scriveva: nel futuro prossimo – visto che non possiamo più ridurre la popolazione coi campi di concentramento e le esecuzioni sommarie – sarà necessario ridurla con altri sistemi: anche con certe terapie iniettabili, che la gente stessa sarà spinta a richiedere. «E infatti ci siamo arrivati», secondo Bizzi, che segnala un sito americano molto inquietante, “Deagel.com”, che si occupa di armamenti. Nel 2017 aveva presentato strane proiezioni statistiche demografiche, immaginando – Stato per Stato – la popolazione mondiale nel 2025. Il sito dichiarò di essersi basato su fonti di intelligence (senza citare quali) e su dati di organizzazioni internazionali (probabilmente la Fao, il Fmi, l’Oms). Un quadro allarmante, che vedeva tutto l’Occidente depopolato. Un’Italia ridotta a 40 milioni di abitanti, una altrettanto drastica riduzione prevista per Francia e Spagna, e una Germania con una popolazione destinata a crollare (da 80 a 28 milioni). Analoga previsione per gli Usa: appena 90 milioni di abitanti, contro gli attuali 320. Stessa sorte per il Canada, mentre il fenomeno non avrebbe investito gli altri paesi del mondo, sostanzialmente stabili.«So che le stime sono andate correggendosi, col tempo, ma la tendenza resta: a essere colpite – secondo “Deagel” – sarebbero solo l’Europa occidentale e il Nord America, più l’Australia e la Nuova Zelanda: cioè quei paesi che hanno adottato le misure più restrittive, applicando alla lettera i dettami di questo colpo di Stato globale, incluse le vaccinazioni forzose (i vaccini mRna)». C’è un nesso, tra queste previsioni e quello che sta realmente avvenendo o che avverrà? Nel 2017 qualcuno già “sapeva” che in Occidente sarebbe stata introdotta una vaccinazione mRna, e che questa – magari – sarebbe stata tale da produrre un simile depopolamento? «Diciamo c’è di che riflettere», dice Bizzi. «La mia opinione – sostiene – è che questa sia una “guerra” contro l’umanità occidentale, contro la nostra civiltà». Guardiamoci attorno: «I paesi africani, asiatici ed est-europei hanno respinto al mittente le richieste dell’Oms. Il vero fulcro di questa operazione sono L’Europa e il Nord America». E’ un fatto: «Stiamo vivendo un’epoca di censura, di medioevo orwelliano», conclude Bizzi. «Io non possiedo tutte le risposte, però mi sto adoperando affinché le verità vengano alla luce».(Il libro: “Operazione Corona, colpo di Stato globale”, Edizioni Aurora Boreale, 588 pagine, euro 22,80. Bizzi ne è co-autore, editore e curatore insieme a Matteo Martini, chimico farmaceutico, che esamina gli aspetti scientifici e virologici dell’affare-coronavirus, dimostrando la premeditazione dell’esplosione pandemica. Un medico come il dottor Stefano Scoglio, già candidato al Nobel, approfondisce invece gli aspetti clinici della sindrome Covid. Il biologo David Suraci, a sua volta, affronta il tema vaccini, denunciando i pericoli della vaccinazione mRna. All’economista Andrea Cecchi e al giornalista Luca La Bella, analista finanziario, il compito di illuminare i retroscena bancari che sarebbero all’origine della crisi, mentre l’avvocato Marco Della Luna, già autore di “Oligarchia per popoli superflui”, approfondisce gli aspetti giuridici introdotti con le restrizioni. Gli psicologi Alfonso Guizzardi e Alessandro Gambugiati, infine, analizzano le tecniche di manipolazione adottate e i danni psicologici inferti alla popolazione, soprattutto agli anziani e ai bambini. In vetta alle classifiche, “Operazione Corona” è stato realizzato a tempo di record per offrire una panoramica completa ed esaustiva sulla considetta pandemia, illuminandone le principali zone d’ombra).Un colpo di Stato mondiale, progettato contro una vittima in particolare: la nostra società occidentale. Doveva scattare nel 2022, ma la crisi bancaria dei Repo ne ha accelerato i tempi. Ora il golpe è fallito, ma ha lasciato macerie: ha disastrato la democrazia e rottamato l’economia, proprio come volevano i golpisti, ingigantendo la paura e trasformando i cittadini in docilissime pecore, private delle libertà più elementari in nome di un pericolo virtuale, manipolato da cima a fondo. Ormai è cominciata una grande retromarcia, segretamente pattuita, ma a caro prezzo: non si può smontare da un giorno all’altro un “giocattolo” come quello, che ha distribuito miliardi e sta ancora arricchendo intere filiere di beneficiari, migliaia di persone. E il fardello più inquietante è quello rappresentato dai vaccini “genici” in circolazione: aleggia il vecchio incubo del depopolamento, predicato da una certa élite. Una cosa è certa: l’establishment del lockdown spera di passarla liscia, evitando una nuova Norimberga che metta in chiaro i crimini commessi. E il governo Draghi servirebbe proprio a questo: a far uscire l’Italia dall’emergenza, incanalandola però nei binari del Grande Reset in corso. E soprattutto: assolvendo la politica che ha eseguito gli ordini golpisti.
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Biden: anche il genocidio armeno, per nuocere a Mosca?
«Joe Biden ha deciso di riconoscere come genocidio l’uccisione di 1,5 milioni di armeni durante il periodo della Prima Guerra Mondiale da parte dell’Impero Ottomano». Lo scrive il “New York Times”, precisando che l’annuncio è atteso per il 24 aprile, 106esimo anniversario dell’eccidio di massa. «Biden sarà il primo presidente Usa a farlo, dopo che almeno una trentina di paesi hanno fatto passi analoghi», osserva “Repubblica”. L’Olocausto armeno è stato riconosciuto soprattutto in Europa e in Sudamerica, a partire dalla presa di posizione dell’Uruguay, risalente al 1965. Il Vaticano si mosse nel 2000, l’Unione Europea solo nel 2015 (dopo una prima risoluzione del 1987). L’Italia è intervenuta nel 2019, mentre la Russia già nel 1995, nel solco della storica amicizia russo-armena risalente all’epoca sovietica. La mossa degli Usa è ora destinata a infiammare le tensioni con la Turchia, alleato Nato, scrive “Repubblica”, secondo cui il gruppo di potere che oggi gestisce la Casa Bianca avrebbe «anteposto il suo impegno verso i diritti umani». Ferite aperte: e non solo con la Turchia, visto che è recentissima la crisi del Nagorno Karabakh, a due passi dalle frontiere con la Russia.La guerra del Nagorno Karabakh era deflagrata tra il gennaio 1992 e il maggio 1994, nella piccola enclave armena nel sud-ovest dell’Azerbaijan, tra la maggioranza etnica armena (sostenuta dalla vicina Armenia) e la repubblica caucasica dell’Azerbaijan. Il conflitto è riesploso nell’autunno 2020, impegnando direttamente la Russia in funzione di mediatrice. Il conflitto, sottolinea l’Ispi, si è trasformato rapidamente in una crisi umanitaria di dimensioni immani: sarebbero stati 90.000 (su una popolazione totale di 140.000 persone) i civili fuggiti dal Karabakh verso l’Armenia. Un grosso problema, per la Russia di Putin: tradizionalmente vicina agli armeni, di religione cristiana, Mosca avrebbe tentato di evitare di mettersi in urto con gli azeri, musulmani. «Altro elemento di discontinuità, che ha alterato e rovesciato l’equilibrio provvisorio e fragile di questo conflitto – scrive l’Ispi – è la natura del coinvolgimento della Turchia a fianco di Baku». Già nel 1993, Ankara chiuse i confini con l’Armenia in solidarietà all’Azerbaijan, ma stavolta ha offerto un supporto militare diretto (aviazione e droni).Se è vero che Biden aveva annunciato in anticipo (in campagna elettorale) la sua intenzione di riconoscere finalmente il dramma storico armeno, finora sottaciuto per non irritare la Turchia, membro della Nato, è impossibile non contemplare le implicazioni geopolitiche del gesto, nella primavera 2021: sono in aumento le frizioni con il regime di Erdogan, sempre meno controllabile da Washington nonostante il suo impegno – sotto l’amministrazione Obama – ad assistere l’Isis in Siria, con la complicità dell’Occidente, in un fuzione anti-russa. Lo stesso Mario Draghi (vicino all’amministrazione Biden) ha appena definito “dittatore” il sultano di Ankara, che contende all’Italia il controllo energetico della Libia, in coabitazione con una Russia ormai nel mirino degli Usa dopo le continue provocazioni a cui Mosca è stata sottoposta nell’Est Europa. «Alcuni paesi hanno preso l’abitudine di prendersela con la Russia», ha detto Vladimir Putin in questi giorni. «Per loro è come una competizione sportiva, un nuovo tipo di sport: giocano a chi sarà il più forte a parlare contro la Russia».Dal capo del Cremlino, un avvertimento esplicito: «Se vogliono bruciare i ponti, o addirittura farli saltare, si pentiranno delle loro azioni, come non si sono mai pentiti prima: la risposta della Russia sarà asimmetrica, rapida e dura». Mosca ha appena espluso 20 diplomatici cechi, in risposta alla cacciata di 18 funzionari russi, allontanati da Praga dopo esser stati incolpati di un mini-attentato più che dubbio, nella Repubbica Ceca. Una mossa che, secondo alcuni osservatori, aveva lo scopo di accendere le tensioni con la Russia e, soprattutto, distogliere i media da una notizia imbarazzante: gli 007 russi avrebbero appena sventato un golpe, a Minsk, che prevedeva l’omicidio mirato del presidente Lukashenko, l’uomo che nel 2020 denunciò l’Oms e il Fmi per aver tentato di corrompere la Bielorussia con offerte miliardarie perché adottasse il lockdown contro il Covid, agendo «come in Italia», secondo le direttive auspicate da personaggi come Bill Gates e Anthony Fauci, sostenitori di Biden.Il club internazionale del “terrorismo sanitario” (utilizzato per liquidare Donald Trump, poi rottamato con i brogli elettorali) sembra ora mettere nel mirino soprattutto la Russia, che – con il vaccino Sputnik – ha trascinato con sé vari paesi, ridimensionando l’emergenza pandemica funzionale al Great Reset socio-economico e finanziario disegnato a Davos. Può sembrare strano che a riesumare i diritti umani (degli armeni di cent’anni fa) siano personalità dal curriculum poco rassicurante come Biden e il suo segretario di Stato, Blinken. Gli Usa stanno impegnando la Nato a sostenere l’Ucraina nella repressione della popolazione russofona del Donbass, separatasi da Kiev dopo il golpe “colorato” finanziato da Soros e promosso da Obama e Biden nel 2014. La Russia risponde militarizzando le frontiere e rinforzando la sua presenza in Crimea e nel Mar Nero. A due passi c’è il Nagorno Karabakh: la presa di posizione di Biden – proprio adesso – ha anche la funzione di destabilizzare ulteriormente la regione, complicando la vita alla Russia?«Joe Biden ha deciso di riconoscere come genocidio l’uccisione di 1,5 milioni di armeni durante il periodo della Prima Guerra Mondiale da parte dell’Impero Ottomano». Lo scrive il “New York Times”, precisando che l’annuncio è atteso per il 24 aprile, 106esimo anniversario dell’eccidio di massa. «Biden sarà il primo presidente Usa a farlo, dopo che almeno una trentina di paesi hanno fatto passi analoghi», osserva “Repubblica”. L’Olocausto armeno è stato riconosciuto soprattutto in Europa e in Sudamerica, a partire dalla presa di posizione dell’Uruguay, risalente al 1965. Il Vaticano si mosse nel 2000, l’Unione Europea solo nel 2015 (dopo una prima risoluzione del 1987). L’Italia è intervenuta nel 2019, mentre la Russia già nel 1995, nel solco della storica amicizia russo-armena risalente all’epoca sovietica. La mossa degli Usa è ora destinata a infiammare le tensioni con la Turchia, alleato Nato, scrive “Repubblica”, secondo cui il gruppo di potere che oggi gestisce la Casa Bianca avrebbe «anteposto il suo impegno verso i diritti umani». Ferite aperte: e non solo con la Turchia, visto che è recentissima la crisi del Nagorno Karabakh, a due passi dalle frontiere con la Russia.
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Uccidere Lukashenko: Mosca sventa il golpe Usa a Minsk
Grande Satana: con questa espressione (deformando con lenti teologiche la Bibbia, dove il “demonio” in realtà non esiste) l’ayatollah Khomeini definitiva l’imperialismo Usa, che in Iran aveva abbattuto il presidente legittimo, Mohammad Mossadeq, ostile al colonialismo petrolifero inglese, per insediare il dittatore di fiducia delle democrazie occidentali, lo scià Reza Pahlevi. Il Grande Satana sembra tornato: mentre il potere euro-statunitense e cinese sostiene che il mondo sarebbe tenuto in ostaggio dal Covid, le grandi potenze mercantili mettono nel mirino il sistema-Russia, l’unico (su scala mondiale) che si sia opposto alla narrazione fobica del coronavirus, decretando la fine dell’emergenza dopo aver rinunciato ai lockdown. Le notizie sembrano rincorrersi lungo un precipizio pericoloso, tracciato dal gruppo di potere che utilizza la Casa Bianca (Joe Biden) come paravento istituzionale per la resa dei conti con Mosca, incessantemente preparata da quando Vladimir Putin ha messo fine al saccheggio occidentale del suo paese. Mentre si assediano le posizioni russe in Ucraina, si tenta di abbattere (uccidendolo) il presidente della Bielorussia, alleato di Mosca.Fonti come “Controinformazione” e “L’Antidiplomatico” forniscono dettagli non rintraccabili nella stampa mainstream occidentale, quella che ha costruito il Grande Terrore del virus di Wuhan. I servizi segreti russi, si legge, nei giorni scorsi hanno sventato un piano per assassinare Lukashenko e i suoi famigliari, onde decapitare la dirigenza di Minsk. Tra i fermati, l’attivista Yuri Leonidovich Zyankovich (uomo con doppia cittadinanza, bielorussa e statunitense) e il politologo bielorusso Alexander Feduta. L’accusa, da parte degli 007 dell’Fsb: stavano progettando un golpe militare, in Bielorussia, tramite il collaudato scenario della “rivoluzione colorata” con il coinvolgimento dei nazionalisti locali e ucraini, da innescare dopo l’eliminazione fisica del presidente Lukashenko. Nella primavera 2020, l’autocrate di Minsk era stato quasi travolto dalle proteste di piazza, orchestrate dall’Occidente. La sua grande colpa? Aver denunciato che l’Oms e il Fmi avevano avanzato offerte miliardarie, alla Bielorussia, se avesse optato per il lockdown «come in Italia».Il cattivo esempio di Lukashenko – niente lockdown, e denuncia del complotto – andava quindi punito severamente, nel 2020 con la sua deposizione e ora addirittura con il suo “omicidio mirato”. Il golpe sventato dai servizi segreti del Cremlino rientra nella drammatica partita a scacchi tra Occidente e Russia: una caccia alle streghe ufficialmente aperta dall’attuale presidente-fantoccio degli Stati Uniti, che ha definito «un assassino» il leader russo, sostenuto in patria da un vasto consenso popolare. Va ricordato che la Russia, in questi anni, non è mai venuta meno al senso dell’onore, rispettando i patti e i trattati internazionali. Al contrario, gli Usa hanno regolarmente violato tutti gli accordi, a partire da quelli risalenti all’epoca di Gorbaciov, quando l’Urss – mettendo fine alla guerra fredda – sognava orizzonti di pace e cooperazione, a beneficio dello sviluppo mondiale. Tradendo le promesse, gli Stati Uniti non hanno esitato, infatti, a spostare continuamente verso Est l’area operativa della Nato, minacciando in modo sempre più diretto la Russia.Dal canto suo, Mosca ostenta saldezza, forte della sua dichiarata potenza difensiva affidata a tecnologie avveniristiche di origine aerospaziale: nel gennaio 2021, il super-cacciatorpediniere americano Donald Cook è stato costretto a navigare alla deriva, nel Mar Nero, dopo un sorvolo radente da parte di un caccia russo Su-24 che ha letteralmente “spento a distanza” i comandi della avanzatissima nave da battaglia statunitense. Può apparire sconcertante – specie oggi, in un clima narrativo ancora dominato dalla cosiddetta pandemia – che a fare notizia siano eventi dal sapore antico, come il dislocamento di reparti corazzati alle frontiere. La Russia ha schierato oltre 1.000 carri armati e 300 aerei a difesa dei confini con l’Ucraina, dopo l’annuncio – da parte del regime di Kiev, sostenuto dalla Nato – di volersi riprendere con la forza le regioni ucraine che nel 2014 operarono la secessione dall’Ucraina, paese storicamente russo, a cui nel 1954 – con Khrushev – l’Urss “regalò” la Crimea, in segno di amicizia.Proprio la Crimea – tornata alla madrepatria russa con regolare referendum, dall’esito plebiscitario – resta la pietra dello scandalo, nonché la potenziale polveriera che potrebbe far esplodere la crisi oggi in corso. In questi giorni, la Russia sta letteralmente militarizzando la penisola del Mar Nero, per scoraggiare un’aggressione da parte della Nato, che utilizzerebbe truppe ucraine. Il ritorno alla Russia da parte della Crimea, nel 2014, si accompagnò al distacco dell’Est Ucraina (Lugansk e Donetsk): proprio il Donbass è stato bombardato, in questi giorni, dalle artiglierie di Kiev, a pochi chilometri dalla linea oltre la quale sono schierati migliaia di soldati russi, pronti anche – secondo Mosca – a penetrare in territorio ucraino, per fermare l’eventuale avanzata delle truppe appoggiate dalla Nato. All’origine del conflitto, il golpe del 2014 truccato da “rivoluzione colorata”: cecchini e mercenari Nato spararono sulla folla per far ricadere la colpa sulla polizia ucraina dell’allora presidente, il filo-russo Viktor Yanukovic. Il colpo di Stato, condotto anche con elementi neonazisti e anti-russi, gettò nel panico le componenti russofone dell’Ucraina (Crimea e Donbass), da allora passate sotto il controllo di Mosca.Di fronte alla sconfitta (in particolare, la perdita della Crimea), Barack Obama reagì imponendo sanzioni contro Mosca: ordine prontamente eseguito dall’Unione Europea, con gravissimi danni inferti al florido export italiano. Ed era solo l’antipasto: poco dopo, infatti, Vladimir Putin avrebbe schierato i suoi aerei a protezione della Siria, salvando Damasco dalle milizie dell’Isis, protette dall’intelligence occidentale sia in modo diretto (Usa, Francia, Gran Bretagna) che attraverso attori locali come Turchia, Israele e Arabia Saudita. Una disfatta, per Obama, difficilmente tollerabile: e proprio Obama è oggi il politico più determinante, nelle scelte della Casa Bianca. Già allora, i russi offrirono speciali inviti alla prudenza: senza alcuna motivazione tattica, infatti, le postazioni dell’Isis furono colpite anche da nuovissimi missili ipersonici, lanciati da corvette in navigazione nel Mar Caspio (a 1.300 chilometri di distanza) senza che i radar Nato riuscissero a “vederli” e intercettarli, prima dell’impatto.Sembrano curiosità per appassionati, ma forse sono notizie su cui può fare affidamento chi teme seriamente che Usa e Russia possano davvero venire alle mani in modo diretto, tenendo conto che (oltre al pericoloso Obama) alla Casa Bianca siede un “signore della guerra” come Biden, scandalosamente coinvolto – anche a livello di business familiare – nel grande affare del golpe in Ucraina, insieme a falchi neocon come Victoria Nuland e personaggi come l’ultra-guerrafondaio Tony Blinken, attuale segretario di Stato. Suona oltremodo sinistro l’impegno della marina militare britannica nel Mar Nero, contro la Russia, annunciato il 18 aprile dal “Sunday Times”: nessuno dimentica il ruolo svolto da Londra, con Blair, all’epoca dell’invenzione delle “armi di distruzione” di massa di Saddam, infame campagna di disinformazione per preparare l’invasione dell’Iraq. Ci risiamo? Non è rassicurante nemmeno la strana esplusione di diplomatici russi decretata dalla Repubblica Ceca in questi giorni, probabilmente per innalzare una cortina fumogena destinata a distogliere l’attenzione dei media dall’imbarazzante golpe in Bielorussia appena sventato da Mosca, capitale di un paese che ha osato sfidare i signori del Covid, anche facendo concorrenza ai loro vaccini miliardari.Grande Satana: con questa espressione (deformando con lenti teologiche la Bibbia, dove il “demonio” in realtà non esiste) l’ayatollah Khomeini definitiva l’imperialismo Usa, che in Iran aveva abbattuto il presidente legittimo, Mohammad Mossadeq, ostile al colonialismo petrolifero inglese, per insediare il “dittatore di fiducia” delle democrazie occidentali, lo scià Reza Pahlevi. Il Grande Satana sembra tornato: mentre il potere euro-statunitense e cinese sostiene che il mondo sarebbe tenuto in ostaggio dal Covid, le grandi potenze mercantili mettono nel mirino il sistema-Russia, l’unico (su scala mondiale) che si sia opposto alla narrazione fobica del coronavirus, decretando la fine dell’emergenza dopo aver rinunciato ai lockdown. Le notizie sembrano rincorrersi lungo un precipizio pericoloso, tracciato dal gruppo di potere che utilizza la Casa Bianca (Joe Biden) come paravento istituzionale per la resa dei conti con Mosca, incessantemente preparata da quando Vladimir Putin ha messo fine al saccheggio occidentale del suo paese. Mentre si assediano le posizioni russe in Ucraina, si tenta di abbattere (uccidendolo) il presidente della Bielorussia, alleato di Mosca.
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Kazari ashkenaziti, l’ebraismo asiatico su cui Israele tace
C’è una storia dimenticata e volutamente occultata. Io sono massone, e appartengo anch’io a una minoranza, quella eleusina: e comprendo il peso che persecuzioni possano avere avuto, nella storia. La cultura tradizionale ebraica è tuttora sconosciuta, ai più: curioso, perché è tra quelle che più hanno permeato la cultura europea, negli ultimi secoli. E’ una cultura che è sempre stata un po’ chiusa. E anche per via delle fortissime tensioni storiche – con la cacciata degli ebrei dalla Spagna a opera di Isabella di Castiglia dopo la Reconquista, poi per opera dell’Inquisizione e dell’azione stessa della Chiesa cattolica, senza contare le tante conversioni forzate al cattolicesimo – non c’è mai stato un dialogo aperto fra la cultura ebraica e quella cristiana, predominanti nell’Europa moderna. E questo ha fatto sì che ci sia sempre stata una grave e lacunosa mancanza di conoscenza reciproca. Ad esempio: si parla pochissimo dell’origine degli ebrei ashkenaziti, che oggi rappresentano la maggioranza, nella popolazione ebrea.Le fonti collocano l’origine della tradizione ebraica in Medio Oriente, in Palestina, in parte anche in Egitto. Ci sono connessioni dirette tra il popolo ebraico e figure come il faraone Akhenaton e personaggi come Mosè. E’ stata invece volutamente occultata l’origine storica di quella grande parte dell’ebraismo che appartiene alla cultura ashkenazita. Le origini non risalgono all’area siro-palestinese (il Regno di Giudea), ma ad un’area geografica diversa e distante, identificabile con il territorio di quello che è storicamente conosciuto come l’Impero Kazaro. Numerose le fonti: cronache arabe, persiane, bizantine e russe (Principato di Kiev). E’ un argomento raramente studiato, cui si tende a non dare risalto, anche per una serie di ragioni politiche. L’Impero Kazaro si sviluppò in un’aera che va dal Caucaso all’odierna Ucraina, la Crimea, le steppe del Kazakhstan e l’Uzbekistan settentrionale: un territorio vastissimo. Trae origini dalle migrazioni di una serie di popoli che, nei primi secoli della nostra era, abitavano l’area della cosiddetta Asia Centrale.Erano popolazioni in una certa misura discendenti dall’antico popolo degli Sciti, storicamente stanziato sull’odierna costa dell’Ucraina e in Crimea, e in parte da popolazioni turcomanne, inizialmente nomadi, stanziate in quest’area già dal III-IV secolo dopo Cristo. Popolazioni storicamente note come Göktürk (”turchi blu”: una caratteristica totemica). Questo ramo delle popolazioni turcomanne, molto affine agli attuali ungheresi e agli unni (che molto interagirono con gli ultimi secoli dell’Impero Romano), attorno al V secolo dette origine a una prima grande forma statale, una struttura organizzata che venne chiamata Kaganato, che deriva dal termine Kagan (”Re dei Re”). Questo primario Kaganato dei Göktürk entrò inizialmente in guerra con tutte le potenze vicine, specie la Cina. Tutta la parte orientale del Kaganato venne sottomessa dai cinesi e annessa ai territori del Celeste Impero. La parte occidentale, destinata a sopravvivere più a lungo, conobbe varie traversie, fino a che non cadde sotto l’egemonia di una particolare dinastia, quella degli Hashina: nome identificato da importanti linguisti americani come derivante dall’antica lingua scita.Risolti i problemi col potente e ingombrante vicino cinese, il Kaganato entrò in rotta di collisione con altre potenze, in primis l’Impero Bizantino (cristiano), e poi con la nascente e preponderante potenza islamica. Siamo ormai nel VII secolo: l’Islam aveva appena iniziato la sua opera di espansione e dominio, e il territorio dei kazari (particolare civiltà turcomanna, di religione politeista con caratteristiche sciamaniche) fu progressivamente attaccato dagli arabi, che avevano già occupato la Persia. Dell’affascinante mitologia di fondazione del clan degli Hashina parla Diego Marin, nel libro “Il sangue degli Illuminati”. Quel clan «era considerato il prescelto dal dio celeste Tengri, associabile all’antico dio delle tempeste Teshup», o anche allo stesso Zeus.Gli Hashina veneravano i propri antenati con cerimonie annuali, che si concludevano in un luogo particolare, chiamato “la Caverna Ancestrale”, da cui si riteneva che lo stesso clan Hashina fosse fuoriuscito. «Il mito racconta la storia di un bambino, l’unico sopravvissuto a un massacro tribale. Famiglia e amici erano stati sterminati. Lui solo era riuscito a scappare, rifugiandosi in una grotta nelle vicinanze. Qui aveva incontrato una lupa, di nome Hasena». La lupa lo aveva adottato (come Romolo e Remo, allattati e salvati). «Una volta cresciuto, il bambino ebbe un’unione sessuale con la lupa, che avrebbe dato alla luce ben 10 figli, tutti gemelli, uno dei quali poi passato alla storia come il capostipite degli Hashina». La lupa Hasena è ancora ben viva, nella tradizione mitologica di tutti i popoli di origine turcomanna, dalla Turchia all’Asia Centrale (Turkmenistan, Tagikishan, Uzbekistan, Kazakhstan, fino agli uiguri dello Xinjang cinese).Ancora oggi, la lupa Hasena è il simbolo di partiti nazionalisti turchi: oggi musulmani, non hanno mai rinunciato a questa raffigurazione mitologica ancestrale che vede nella lupa Hasena l’origine dei turchi, la loro madre. Tornando ai kazari: erano in continuo stato di guerra coi vicini bizantini e arabo-persiani. Poi nell’VIII secolo vengono attaccati attraverso la Persia, vengono sottomessi, e il Kagan dell’epoca, Bulan, accetta di convertirsi formalmente all’Islam. La tregua però dura poco: i kazari contrattaccano, battono gli arabo-persiani e recuperano il loro territorio. Bulan abiura alla fede islamica e, simultaneamente, avviene un fatto incredibile, probabilmente ispirato da ragioni geo-strategiche e interessi commerciali: nel 740 dopo Cristo decide di convertirsi all’ebraismo, imponendo la conversione anche ai sudditi. Un fatto che ha segnato la storia, perché questo impero (che aveva svariati milioni di abitanti) diventa di religione ebraica, pur restando molto lontano dalla culla dell’ebraismo – l’area siro-palestinese – essendo esteso tra il Caucaso, la Crimea e le steppe del Kazakhstan.Sempre scondo le ricerche di Diego Marin, questa conversione sarebbe stata suggellata dal matrimonio tra il principe Bihar Sabriel (figlio di Bulan) e una donna di tradizione ebraica, di nome Serak, che sarebbe stata figlia di Juda Zachai, rabbino di Babilonia, appartenente al casato reale di Marsutra e quindi discendente del primo “esiliarca” di Babilonia. Sarebbe dunque stato questo ramo della tradizione ebraica a favorire la misteriosa conversione dei kazari. Divenuto ebraico, il Kaganato prospera per un po’, soprattutto grazie al commercio, ma poi va a scontrarsi nuovamente con tutti i vicini: bizantini, Impero Arabo e soprattutto con il recente Principato dei Rus’. Quella del Principato di Kiev, primo nucleo embrionale della futura Russia, non è un’origine slava, ma nordica (vichinga, norrena): furono soprattutto mercanti norreni (o variaghi, che dir si voglia) a insediarsi nell’attuale Russia settentrionale, per poi fondare – calando verso sud – l’embrione della futura potenza russa.Il Principato di Kiev, peraltro, era legato a tradizioni sciamaniche. Eppure, Kiev venne appoggiata subito da Bisanzio, nel tentativo di contrastare il Kaganato kazaro. E alla fine, dopo una serie di guerre, con personaggi come Oleg di Kiev e Sviatoslav I, l’Impero Kazaro venne sconfitto: furono occupate le fortezze principali e la stessa capitale, e il vastissimo territorio si disgregò attorno al 960. Da lì, nacquero le prime migrazioni dei kazari verso l’Europa, e il loro insediamento nella valle del Reno. Si dice che “ashkenazita” significhi “tedesco”, e che Ashkenaza fosse una regione franco-tedesca nella Renania. Subito, l’ex Impero Kazaro venne sottomesso dal nascente Stato russo, che non era ancora cristiano: la cristianizzazione della Russia (fatto curioso) fu concomitante con la caduta dell’Impero Kazaro. Il principe Vladimir di Kiev (figlio si Sviatoslav, conquistatore dell’Impero Kazaro) fu il primo regnante russo – in realtà, di origine vichinga – a convertirsi formalmente al cristianesimo. Conversione molto esaltata dai cristiani ortodossi: Vladimir fu santificato, in quanto fondatore del cristianesimo in quella che era la Rus’.Dopo aver sconfitto il potente Impero Kazaro, Vladimir venne avvicinato dagli emissari della Kazaria, che gli suggerirono di convertirsi all’ebraismo. Rifiutò, perché non voleva convertirsi alla religione di un popolo che aveva appena sottomesso. Al che, emissari dell’Impero Arabo (sempre in cambio di alleanze) gli proposero di convertirsi all’Islam. Vladimir rifiutò ancora, spiegando che non avrebbe potuto imporre al suo popolo di rinunciare alle bevande alcoliche. Il principe di Kiev sarebbe poi invece rimasto folgorato dagli emissari bizantini – si racconta – di fronte allo splendore delle chiese cristiane di Costantinopoli. Un racconto chiaramente agiografico. In realtà queste curiose conversioni, da quella del kazaro Bulan all’ebraismo a quella di Vladimir al cristianesimo, sono sempre state frutto di accordi geopolitici: la motivazione non era esattamente spirituale. Così la Russia divenne cristiana, e quello che era il primo, grande impero ebraico (al di fuori del territorio siro-palestinese) si disperse.Iniziò una prima diaspora della popolazione. Ma la vera diaspora non fu causata dal Principato russo di Kiev, che coi kazari mantenne relazioni commerciali e quindi non aveva alcun interesse a disperdere quelle popolazioni appena sottomesse. Qualche secolo dopo, nel 1200, i kazari vennero attaccati dall’Orda d’Oro di Gengis Khan: furono i mongoli, a fare terra bruciata. Travolsero lo stesso Principato di Kiev e sottomisero buona parte del mondo allora conosciuto. Non si limitavano a conquistare e assoggettare: radevano al suolo le città e sterminavano tutti gli abitanti. L’impressionante invasione mongola ha cambiato la storia, e ha stravolto la nascente potenza islamica: la Baghdad dell’epoca era la culla mondiale della conoscenza, l’Islam illuminato aveva fondato una delle più importanti biblioteche della storia, pari a quella di Alessandria d’Egitto. La famosa Casa della Sapienza di Baghdad conteneva l’intera letteratura del mondo, e venne distrutta dai mongoli.Di fronte all’urto dei mongoli, quindi, solo dopo il 1200 i kazari cominciarono a emigrare in massa verso la Russia, la Polonia, la Germania e l’intera Europa orientale, dove cominciarono a chiamarsi ashkenaziti, fino a raggiungere poi anche paesi dell’Europa occidentale, come l’Italia e la Francia. Gli ebrei di origine ashkenazita sono riconoscibili: hanno la carnagione molto chiara e parlano lo yiddish anziché l’ebraico. Nata proprio nell’Est Europa, quella yiddish è una lingua interessantissima, tuttora molto parlata. Ha avuto influenze slave e germaniche, e al suo interno conserva moltissimi vocaboli di origine turcomanna. L’yiddish è la lingua madre di un grande artista come Marc Chagall, reinterpretata da un grande musicista come Moni Ovadia.Invece, gli ebrei sefarditi sono in buona parte di origine spagnola, però hanno una diretta connessione con l’aria siro-palestinese. In più, a cavallo dei Pirenei (col disfacimento dell’Impero Romano) era nato anche il Principato di Settimania, importante realtà statale ebraica con caratteristiche sefardite. Dopo la cacciata degli ebrei dalla penisola iberica, a opera della cattolica dinastina castigliana, ci fu un’altra diaspora (sefardita). Una “diaspora di ritorno”, che interessò tutto il Nord Africa e tutta l’Europa. Quanto agli ashkenaziti, arrivati in epoca medievale in Italia e in Germania, generarono importanti famiglie che – si dice – oggi dominano il pianeta. E’ un’ipotesi da molti sostenuta, tutt’altro che infondata. Ancora all’inizio del 1300, comunque, gli ashkenaziti costituivano solo il 3% della popolazione ebraica mondiale. Raggiunsero il massimo dell’espansione agli inizi del ‘900: nei primi anni Trenta erano diventati il 92% degli ebrei, che oggi in tutto il mondo sono 12-13 milioni.Agli albori del ‘900, avviene un fatto curioso, citato da Mauro Biglino. La grande stampa internazionale anglosassone comincia ad “annunciare” l’imminente strage, in Europa, di 6 milioni di ebrei. Ne scrivono insistenza il “Sun”, il “New York Times”, l’”Atlanta Constitution”, la “Gazzetta di Montreal”. Si chiede ospitalità, in Palestina, per 6 milioni di ebrei che, specie nell’Est Europa, sarebbero allo stremo e starebbero soffrendo un “olocausto europeo”. Dal 1915, quindi, quando Hitler era ancora un ragazzotto, c’era chi “sapeva” che 6 milioni di ebrei sarebbero morti? Poi arriva Hitler, che nel “Mein Kampf” parla di “due stirpi”, quella degli Ariani e quella del Serpente, e infine la Shoah stermina 6 milioni di ebrei. E’ un dato che deve fare riflettere, anche se si tratta di cifre simboliche che hanno una valenza esoterica (parlo dei dati citati da Biglino, cioè i 6 milioni evocati dalla stampa prima della Shoah).Questo utilizzo di numeri è chiaramente funzionale alla nascita e allo sviluppo del movimento sionista, che ha sempre avuto interesse a catalizzare questi dati, per poi agire politicamente fino a creare l’attuale Stato di Israele, che rappresenza la realizzazione del programma politico di Theodor Herzl. Certo è curiosa, all’inizio del ‘900, la ripetizione di quella cifra (6 milioni), che secondo me ha proprio una valenza simbolico-esoterica. Indubbiamente, nella Russia zarista non c’era una situazione felice, per le popolazioni ebraiche ashkenazite, perseguitate dal potere imperiale. Ci furono molti pogrom, ma certo non massacri dall’estensione paragonabile alla Shoah. Oltretutto, in alcune aree come l’attuale Bielorussia, la maggior parte della popolazione era di origine ebraica: sarebbe stato un controsenso, l’annientamento completo di una consistente fetta della popolazione.Insomma, sono questioni su cui riflettere: ma anche facilmente strumentalizzabili. Io poi mi occupo prevalentemente di storia antica, e non voglio entrare nel merito delle cifre: ci sono storici che se ne sono occupati in modo autorevole. Certo, resta il fatto che la stampa internazionale è andata avanti per cinquant’anni, prima di Hitler, a parlare di quei famosi 6 milioni. Qualcuno si stupisce che la popolazione ebraica sia sopravvissuta in modo quasi stabile, sia alle persecuzioni pre-hitleriane che alla stessa Shoah. Ma ripeto: quelli evocati a inizio ‘900 sono numeri “anti-storici”, essenzialmente simbolici. Oggi si sostiene che una parte degli ebrei ashkenaziti sia riuscita, tramite la finanza, a costituire veri e propri imperi, arrivando a condizionare la politica economica di tutti gli Stati del mondo, a partire dagli Usa fino all’ultima creazione europea, l’euro? Ora, si ripete, potenze come quella incarnata da Soros sono impegnate in manipolazioni finanziarie globali. E se ieri la stampa dava conto di certi fenomeni, oggi del mondo ebraico si parla poco, specie dal punto di vista della finanza. Soprattutto, non si approfondisce.Io consiglio un libro inattaccabile, scritto da un professore di religione ebraica di un’università americana, uno storico: si chiama Norman Finkelstein. Il suo libro, “L’industria dell’Olocausto”, storicamente ben documentato, spiega esattamente, nel dettaglio, come la questione della Shoah sia stata interpretata e utilizzata per finalità tutt’altro che religiose o morali – ma per finalità politiche ed economiche – dal movimento sionista. Chiaramente, viene utilizzata una discriminante storica, che giocoforza si è venuta a creare. Nel 1945, in modo simbolico, questa discriminante opera una divisione: il mondo prima della Shoah e il mondo dopo la Shoah. I giornali degli anni Venti e Trenta avevano un’altra libertà di espressione, perché dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale è nata una sorta di tabù storico, di velo, di ininterpretabilità. Norman Finkelstein questa cosa la denuncia in modo molto forte. E spiega come poi, in realtà, nell’immediato dopoguerra non vi fosse tutta questa retorica dell’Olocausto: è una retorica, dice, che è stata portata avanti dalla politica israeliana in concomitanza con le prime guerre con il mondo arabo, in particolare la Guerra dei Sei Giorni (giugno 1967).Fu allora che la vulgata dell’Olocausto, in una chiave molto particolare, è stata spinta e accelarata, fino a diventare una sorta di dogma intoccabile. In realtà la storia è fatta di interpretazioni e ricerche: uno storico dovrebbe sempre avere le mani libere, per analizzare i documenti e confrontarsi. In questo caso, invece, sono stati imposti dei tabù, come fossero dogmi di fede. E questo è sinceramente anti-storico, anti-scientifico: non ha senso. Tutto questo, però, non è assolutamente dovuto alla cultura ebraica, che è una delle culture più belle da studiare (una delle più interessanti, con cui confrontarsi). Questo atteggiamento di chiusura è invece dovuto all’azione di alcuni gruppi di famiglie, che hanno utilizzato a proprio uso e consumo determinate tradizioni, decidendo che cosa dovesse diventare storico e che cosa dovesse diventare un tabù storico. Hanno utilizzato queste questioni per propri fini, politici ed economici: il che, come si vede, non rappresenta affatto la variegata ricchezza culturale del mondo ebraico, che è fatto di voci diversissime tra loro.Il problema semmai è il sionismo: un movimento anche pericoloso, creato e fondato da ashkenaziti, che ha preteso anche la manipolazione della storia a proprio vantaggio. Esistono moltissimi ebrei che sono fortemente anti-sionisti, e addirittura temono il sionismo. Nello stesso Stato di Israele gli ebrei sefarditi sono una minoranza, oggi, e in alcuni casi vengono addirittura discriminati, anche se in Occidente non se ne parla. La stessa rimozione storica dell’Impero Kazaro, che per secoli controllò enormi estensioni di territorio, è dovuta al fatto che tutte le popolazioni che da esso sono derivate, e che poi hanno portato alla nascita dell’ebraismo ashkenazita, non hanno una diretta discendenza dall’area siro-palestinese. La mancanza di un filo diretto con la Palestina è diventata un altro tabù storico: un’altra questione da non affrontare, perché va a delegittimare la nascita dello Stato di Israele.(Nicola Bizzi, video-intervento “L’Impero Kazaro e le origini dimenticate”, da “Come Don Chisciotte” del 1° novembre 2020. Storico, autore di saggi sorprendenti come “Da Eleusi a Firenze”, Bizzi è l’editore di Aurora Boreale).C’è una storia dimenticata e volutamente occultata. Io sono massone, e appartengo anch’io a una minoranza, quella eleusina: e comprendo il peso che persecuzioni possano avere avuto, nella storia. La cultura tradizionale ebraica è tuttora sconosciuta, ai più: curioso, perché è tra quelle che più hanno permeato la cultura europea, negli ultimi secoli. E’ una cultura che è sempre stata un po’ chiusa. E anche per via delle fortissime tensioni storiche – con la cacciata degli ebrei dalla Spagna a opera di Isabella di Castiglia dopo la Reconquista, poi per opera dell’Inquisizione e dell’azione stessa della Chiesa cattolica, senza contare le tante conversioni forzate al cattolicesimo – non c’è mai stato un dialogo aperto fra la cultura ebraica e quella cristiana, predominanti nell’Europa moderna. E questo ha fatto sì che ci sia sempre stata una grave e lacunosa mancanza di conoscenza reciproca. Ad esempio: si parla pochissimo dell’origine degli ebrei ashkenaziti, che oggi rappresentano la maggioranza, nella popolazione ebrea.
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Spie: c’è l’Italia, nella guerra contro Putin (e lo Sputnik)
Il presunto caso di spionaggio segnalato dai media, che coinvolgerebbe un ufficiale della marina italiana e un militare di Mosca (documenti top secret che l’italiano avrebbe ceduto al russo) sembra la premessa ideale per una “tempesta perfetta”, che scaverebbe un baratro tra il Cremlino e il neonato governo Draghi, già in partenza iper-atlantista. Da quando l’establihment Usa ha decretato la “vittoria” di Biden alle presidenziali 2020, è ricominciato l’assedio verso Est, interpretato da un personaggio – il segretario di Stato, Tony Blinken – che proviene (come lo stesso Biden) da una filiera bellicosa, di spietati finanziatori di guerre. Non a caso sono già stato bombardati gli alleati libanesi di Mosca, che in Siria hanno contribuito a sconfiggere l’Isis. Giustamente, i media rilevano che lo spionaggio resta un reato gravissimo. Al tempo stesso, puntualmente, dimenticano di ricordare come stanno le cose: dall’era Bush, e anche sotto Obama, la Russia di Putin è stata sottoposta a un accerchiamento continuo, violento e minaccioso, alimentato da clamorose falsità diffuse a reti unificate, tra un Russiagate e l’altro.Prima la Georgia, poi l’Ucraina, quindi la Siria. Golpe, rivoluzioni colorate, terrorismo, insulti e provocazioni. In modo fanciullesco, in Italia, c’è chi alza l’immancabile ditino contro la “democrazia imperfetta” dell’era post-gorbaciovana: come se il contesto fosse accademico, e non un feroce ring dove è l’Occidente ad aver regolarmente imbrogliato i russi, calpestando anche gli storici accordi sull’impegno a non estendere la Nato verso Est. Dopo aver sostenuto l’imbarazzante pupazzetto Navalny, tipico esemplare del nazional-razzismo post-sovietico, ora a dare lezioni di democrazia è un gruppetto di avventurieri che sostiene di aver vinto le ultime elezioni, negli Stati Uniti, senza che l’autorità giudiziaria abbia mai vagliato le prove di quello che Donald Trump ha definito un imbroglio senza precedenti, di portata storica. In modo patetico, l’Ue obbedisce a Washington infliggendo nuove sanzioni alla Russia (già costate miliardi, all’export italiano). Ciliegina sulla torta, quest’ultima spy-story: perfetta, a quanto pare, per cancellare per sempre il grande disgelo inaugurato da Berlusconi, che nel 2002 invitò Putin a Pratica di Mare.Un “incidente” davvero provvidenziale, quest’ultimo, a pochi giorni dagli inauditi insulti che il “presidente” Biden ha rivolto al suo omologo russo, definendolo «un assassino». Domanda: si può pensare che la situazione possa davvero degenerare? «Per ora mi sembra che sia avvenuto un semplice scambio di complimenti», ha detto Draghi qualche giorno fa, in una conferenza stampa, alludendo anche alla replica di Putin (sullo stato di salute, non ottimale, di Biden). E’ tutto solo fumo, dicono gli esperti in geopolitica: dal presunto avvelenamento di Navalny (”firmato” con la tossina sovietica dagli ipotetici killer di Putin, evidentemente imbranati) alle minacce roboanti pronunciate a beneficio dei media. In realtà, c’è chi attribuisce nel gruppo di potere del dopo-Trump il sogno del “regime change”: non perdonano a Putin di aver difeso la sovranità russa, ricorrendo anche alle armi per mettere fine all’incubo dell’Isis, capolavoro della più opaca strategia della tensione di marca occidentale. Né perdonano allo Zar di avere smascherato l’operazione-Covid: primatista mondiale sul fronte dei vaccini con lo Sputnik, la Russia è stato il primo grande paese a uscire dall’emergenza pandemica.Il presunto caso di spionaggio segnalato dai media, che coinvolgerebbe un ufficiale della marina italiana e un militare di Mosca (documenti top secret che l’italiano avrebbe ceduto al russo) sembra la premessa ideale per una “tempesta perfetta”, che scaverebbe un baratro tra il Cremlino e il neonato governo Draghi, già in partenza iper-atlantista. Da quando l’establishment Usa ha decretato la “vittoria” di Biden alle presidenziali 2020, è ricominciato l’assedio verso Est, interpretato da un personaggio – il segretario di Stato, Tony Blinken – che proviene (come lo stesso Biden) da una filiera bellicosa, di spietati finanziatori di guerre. Non a caso sono già stato bombardati gli alleati libanesi di Mosca, che in Siria hanno contribuito a sconfiggere l’Isis. Giustamente, i media rilevano che lo spionaggio resta un reato gravissimo. Al tempo stesso, puntualmente, dimenticano di ricordare come stanno le cose: dall’era Bush, dunque anche sotto Obama, la Russia di Putin è stata sottoposta a un accerchiamento continuo, violento e minaccioso, alimentato da clamorose falsità diffuse a reti unificate, tra un Russiagate e l’altro.
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La Bibbia Nuda: dietro la nostra storia, una regia occulta
E’ perfettamente lecito domandarsi a chi mai possa importare, oggi, della eventuale veridicità del libro più famoso e più diffuso al mondo, la Bibbia. Un testo sacro, per i religiosi. Un insieme di codici simbolici, per gli esoteristi. Una collezione di fiabe, per gli atei. E se invece – al di là di come la si possa pensare, e nel pieno rispetto delle convinzioni di chiunque – quell’insieme di rotoli antichi contenesse indizi sull’origine della nostra possibile, vera storia? Per cercare una risposta, risulta utilissimo il metodo (pratico, lineare) adottato da Mauro Biglino, singolare figura del panorama culturale italiano. Prima, traduttore dell’Antico Testamento per le Edizioni San Paolo, e poi autore di 14 saggi che indagano tra le pieghe del testo biblico, riletto testualmente e senza filtri, teologici o sapienziali. Dopo oltre dieci anni di studi, la domanda resta invariata: e se la Bibbia riflettesse l’eco dell’origine della nostra specie, letteralmente “fabbricata” da individui non umani? E’ proprio questa, l’angolazione che – volendo – consente di passare, in modo verticale, dalla Genesi alla difficilissima attualità del momento presente, in cui l’umanità sembra in balia di forze ostili e smisuratamente potenti.Forse è utile fare un bel passo indietro, di almeno vent’anni. Per esempio: fino al 10 settembre 2001, era diffusa la sensazione di vivere nel migliore dei mondi possibili. Non esattamente un pianeta-capolavoro, politicamente parlando, ma distante anni luce da quello che sarebbe venuto dopo, a cominciare dall’alba del giorno seguente: due Boeing contro le Torri Gemelle di New York, senza che un solo jet militare – dopo il primo impatto – si fosse levato a presidiare quelli che erano considerati i cieli più sorvegliati del globo, così da scongiurare almeno la seconda, devastante collisione. Un’avvisaglia poco rassicurante la si era avuta due mesi prima, a Genova, in mezzo a strade e piazze improvvisamente preda della follia di una violenza insensata. Wayne Madsen, già dirigente della Nsa, disse che oltre duemila agenti avevano lavorato, per mesi, a “organizzare” la carneficina del G8 genovese, puntando sul caos scatenato dai misteriosi black bloc, in apparenza venuti dal nulla. Risultato: un temporale anomalo e capace di tramortire l’opinione pubblica, spingendo i giornali a parlare di “sospensione della democrazia”, prima ancora che la vicenda vivesse i suoi pesanti strascichi giudiziari.Solo dieci anni prima, si era aperta una stagione che aveva l’aria di essere straordinariamente promettente, per il pianeta. Mikhail Gorbaciov aveva “scongelato” l’Est Europa facendo cadere il Muro di Berlino: a colpi di spettacolari super-vertici con gli Usa, sembravano spalancarsi orizzonti impensabili. Certo, di lì a poco non erano mancati “incidenti”, anche gravissimi, dopo il golpe contro Gorbaciov e l’ascesa di Eltsin, che aprì le porte alla razzia dell’ex Urss. Esplose l’odioso bagno di sangue dell’ex Jugoslavia: la tragedia infinita della guerra civile balcanica, alle porte della civilissima Europa occidentale, finì per mettere in sordina l’opaco conflitto ceceno, mentre in Israele un estremista ebraico sparava alla schiena di Yitzhak Rabin, uccidendo l’uomo che aveva osato firmare una vera pace con i palestinesi. Pur nell’immane complessità dei focolai di morte, però, la situazione sembrava ancora affrontabile su scala regionale, con gli strumenti geopolitici della diplomazia, della politica estera, della pressione militare proporzionata. Poi, appunto, il mondo esplose: tutto insieme, e di colpo.Da allora, il pianeta non ha più smesso di esplodere: Afghanistan e Iraq, le rivoluzioni colorate e le primavere arabe, la brutale esecuzione di Gheddafi, la comparsa dell’Isis e il martirio della Siria, gli attentati stragistici in Europa. Che l’orizzonte si fosse subito richiuso, dopo la finestra di speranze alimentate dalla stagione di Gorbaciov, lo si era capito anche dal peso smisurato della globalizzazione neoliberista: il via libera a Wall Street grazie a Clinton, l’ingresso della Cina nel Wto, le delocalizzazioni spericolate, la sparizione della sicurezza sociale. Tutto vertiginosamente accelerato, in pochissimi anni: la fine dei diritti del lavoro e l’avvento del precariato come condizione permanente, i tagli devastanti al welfare e la demolizione della “mid class” occidentale, in Europa crollata sotto il peso dell’iper-fiscalità imposta dall’Eurozona. Fino ad arrivare alla tempesta perfetta degli spread, agli orrori della Grecia, al commissariamento di interi paesi. Paura e incertezza: la netta percezione di avere sempre meno benessere, meno diritti, meno democrazia, meno futuro.Ora siamo nell’era universale del virus, della pandemia tendenzialmente permanente, del distanziamento sociale obbligatorio, delle campagne vaccinali come unica soluzione (in assenza di terapie domiciliari precoci, che molti medici invece ritengono efficaci). Si sprecano le narrazioni distopiche amplificate dagli strateghi visionari di Davos, che disegnano una riconversione addirittura antropologica di un’umanità che parrebbe condannata a una sorta di sottomissione tecnocratica, psico-sanitaria, quasi zootecnica secondo i più pessimisti. A questo si è arrivati per gradi, mediante l’orchestrazione planetaria di una narrazione mediatica soverchiante, inarrestabile, che è riuscita a proporre come un’esperienza inevitabile la tragedia dell’emigrazione dai paesi poveri, nonché a ridurre a problema climatico lo scempio della Terra avvelenata, e persino a presentare le evoluzioni del clima come frutto esclusivo della cattiva condotta di un’umanità colpevole e incorreggibile.Inutile sperare che i grandi media illuminino davvero la grande notte: tra giornali e televisioni, è come se parlasse una sola voce, capace di spegnere (per la prima volta, nella storia) quella dello stesso presidente degli Stati Uniti, letteralmente espulso dal sistema e silenziato, trattato come un reietto, bruscamente cancellato dall’anagrafe mondiale. Un anno davvero fatale, il 2020: che ad aprile, tra le altre cose, si è portato via anche Giulietto Chiesa. Da grande giornalista, era stato tra i primi – con Seymour Hersh, Noam Chomsky, Gore Vidal – a puntare il dito contro il nuovo mostro orwelliano oggi dilagante, l’impero della disinformazione a reti unificate. In Italia, Giulietto Chiesa (con il saggio “La guerra infinita”, uscito nel 2002) era stato il primo in assoluto a dimostrare che la versione ufficiale sui fatti dell’11 Settembre era totalmente inattendibile. In parallelo, poco dopo, un regista come Massimo Mazzucco (trasformatosi in reporter) si vide trasmettere da Canale 5 in prima serata i suoi documentari critici sul crollo delle Twin Towers: lavori che mettevano in luce il carattere inverosimile delle spiegazioni governative.Da allora, la parola “complottismo” ha preso il volo, toccando vette impensabili fino a qualche anno prima. Brutta parola, in effetti: alla voce “complottismo” viene facilmente derubricata (e quindi liquidata, ridicolizzata) qualsiasi argomentazione che ipotizzi l’esistenza stessa di possibili complotti. Colpa anche dei cosiddetti complottisti: sicuri che ogni cospirazione abbia puntualmente successo, e che qualsiasi evento planetario sia sempre e solo frutto di macchinazioni oscure. E dunque: chi ha progettato davvero l’abbattimento delle Torri Gemelle? «Non sta a noi l’onere della prova», rispondevano prontamente Giulietto Chiesa e Massimo Mazzucco, certi che la loro funzione fosse quella (preziosissima) di verificare l’inconsistenza della versione ufficiale. E’ un problema di metodo, in fondo: limitarsi ad affermare solo quanto si è sicuri di poter davvero dimostrare, dati alla mano. Una questione di serietà, di trasparenza. Dire solo quello che si sa, parlare esclusivamente di ciò che si conosce: ed esibirne le prove, incontrovertibili.Grazie alla diffusione worldwide del web e dei social come fenomeno di massa, negli ultimi anni si è fatta strada un’editoria parallela, che tra mille incertezze è comunque riuscita a proporre una narrazione alternativa degli eventi, convalidata qua e là da voci sempre più autorevoli. All’orizzonte, alcuni importanti studiosi – in ogni campo, da quello storico a quello scientifico – prospettamo una sorta di riscrittura generale della storiografia, in gran parte basata su scoperte anche recenti, come quelle della geofisica (i maremoti che avrebbero ridisegnato la geografia del pianeta, 12.000 anni fa), senza contare l’ormai inarrestabile valanga di acquisizioni archeologiche: dalle città sommerse alle tracce di civiltà di gran lunga antecedenti, rispetto a quelle registrate nei libri scolastici. Il solo sito turco di Göbekli Tepe, per esempio, costringe a retrodatare di millenni la stessa introduzione dell’agricoltura.Chi siamo, davvero? Da dove veniamo? Risale ad appena qualche anno fa la scoperta, in Siberia, dell’Uomo di Denisova, altra “sorpresa” con cui la paleontogia ora si trova a fare i conti, senza avere risposte: se il darwinismo trasformato in dogma quasi religioso sta ormai franando, emergono tracce che sembrano alludere a svariati “esordi” della nostra specie, nei più disparati angoli del pianeta, senza che sia stato ancora trovato il famoso anello mancante, genetico, tra noi e le scimmie antropomorfe. Di questo, precisamente, parla la Genesi: se la si legge alla lettera, dice Mauro Biglino, si scopre che quel testo sembra esser stato scritto, non si sa neppure da chi, per raccontare l’origine di un ceppo particolarissimo dei nostri antenati. Per Biglino, il racconto biblico è chiarissimo: sono stati gli Elohim a innestare il loro Dna sugli ominidi che popolavano la Terra. Che poi l’espressione al plurale (”gli Elohim”) venga impropriamente tradotta al singolare con la parola “Dio”, in modo del tutto arbitrario, non è che la conferma di una manipolazione ricorrente, vecchia di millenni.Dall’Eden all’11 Settembre, certo, il salto è vertiginoso: ma in fondo, perché stupirsi delle manipolazioni di oggi, se la deformazione sistematica della narrazione ufficiale risale a oltre duemila anni fa? Biglino cita un padre della Chiesa, il vescovo Eusebio di Cesarea, il quale accredita gli studi del greco Filone di Byblos, che a sua volta riporta le scoperte del fenicio Sanchuniaton, vissuto nel 1200 avanti Cristo: in Egitto, il fenicio avrebbe scoperto le prove (scritte) della primissima manipolazione operata dalla casta sacerdotale egizia, che avrebbe trasformato in divinità metafisiche i personaggi che invece camminavano tra noi, proprio come gli dèi omerici, ai tempi della mitica Età dell’Oro. Si commenta da solo, il coraggio di Mauro Biglino, per dieci anni impegnato in una generosissima maratona infinita, tra centinaia di conferenze in tutta Italia. Unica bussola, la Bibbia: la fedeltà letterale a quel testo, rinuciando a fargli dire cose che non ha mai detto. Niente spiritualità, onniscienza, onnipotenza, eternità: vocaboli assenti, nozioni che nell’Antico Testamento non conosce. Sconvolgente? Sì, certo. Ma utile, oggi più che mai, per irrobustire domande importanti.Biglino – beninteso – non si nega certo la possibilità dell’esistenza del divino: si limita a registrare che nella Bibbia, semplicemente, non ve ne sia traccia. Quelle pagine, semmai, sono affollate di velivoli meccanici, oltre che di stragi efferate e di svariate “divinità” presenti in carne e ossa. Affascinante, se l’Antico Testamento lo si considera alla stregua di una sorta di libro di storia, pieno di echi provenienti da civiltà precedenti e, in molti passi, mutuato – quasi in fotocopia – dai testi dell’epopea sumerica. E’ questo, in fondo, lo sguardo che l’ultimo lavoro in uscita (”La Bibbia nuda”) offre, a chi è pronto ad affrontare un viaggio fatto di suggestioni, scoperte e interrogativi, sapendo mettere da parte per un attimo le proprie convinzioni consolidate. E non è solo un fatto culturale: in un recente saggio che Biglino ha scritto con la professoressa Lorena Forni dell’università Milano Bicocca, si scopre che sull’errata traduzione della Bibbia sono fondati alcuni presupposti-cardine del nostro patrimonio giuridico; il legislatore, cioè, si è basato su verità in apparenza presenti nell’Antico Testamento, ma in realtà smentite dalla corretta traduzione del testo.Nel panorama mondiale del 2021, con un’umanità letteralmente travolta dall’emergenza pandemica (e in parallelo, dalle soluzioni preconfezionate per un futuro non esattamente libero e felice), le pagine de “La Bibbia nuda” – in cui l’opera pluriennale di Biglino viene messa sistematicamente a confronto con gli scenari di oggi – concorrono ad arricchirre l’interessante bibliografia che si va componendo, anno dopo anno, in un periodo che sta vistosamente sfornando trasformazioni epocali, con risvolti anche molto spiazzanti. Risale all’autunno 2019 la storica ammissione della Us Navy: i nostri aerei si imbattono frequentemente in astronavi e dischi volanti. Un’affermazione confermata nella primavera 2020 dal Pentagono, e poi ulteriormente sviluppata dal generale Chaim Eshed, per decenni a capo della sicurezza areospaziale di Israele: da trent’anni, ha detto, noi terrestri collaborariamo stabilmente con entità non terrestri, raggruppate in una sorta di alleanza che chiamiamo Federazione Galattica.Fantascienza? Non più, a quanto pare. Ma in fondo è roba vecchia, dice Mauro Biglino, se sfogliamo pagine come quelle del Libro di Enoch: tra quei versetti non si parla che di decolli e atterraggi. Domanda persino ovvia: e se le pagine di Enoch, Ezechiele (e tante altre) non contenessero che resoconti, ante litteram, di incontri ravvicinatissimi con quelle che poi i sacerdoti avrebbero chiamato divinità? Tutto è possibile, parrebbe, a patto di tenere la mente aperta. Mauro Biglino peraltro non è un ufologo, né un teorico della paleoastronautica. Si mantiene rigorosamente nel perimetro del suo ruolo precipuo, quello di traduttore biblico. Dice: impariamo a rispettarla, la Bibbia, per quello che racconta davvero. E’ sincero, l’Antico Testamento? Non possiamo saperlo. Ma oggi sappiamo – grazie a Biglino, soprattutto – che quell’insieme di libri, ininterrottamente “corretti” fino all’età di Carlomagno, non dice affatto le cose che gli vengono attribuite. Ne afferma altre, e sono interessantissime: vogliamo deciderci a prenderle finalmente in considerazione? Anche perché, per inciso, sulla traduzione teologica della Bibbia (in troppi punti inesatta, quando non falsa) si è basato per secoli, o meglio per millenni, il governo di una parte considerevole del pianeta. Come dire: vietato stupirsi, se un giorno crollano torri e i media si affrettano a veicolare invenzioni e verità di comodo, che poi non reggono alla prova dei fatti.(Il libro: Giorgio Cattaneo, “Mauro Biglino. La Bibbia Nuda”, Tuthi, 342 pagine, 18 euro).E’ perfettamente lecito domandarsi a chi mai possa importare, oggi, della eventuale veridicità del libro più famoso e più diffuso al mondo, la Bibbia. Un testo sacro, per i religiosi. Un insieme di codici simbolici, per gli esoteristi. Una collezione di fiabe, per gli atei. E se invece – al di là di come la si possa pensare, e nel pieno rispetto delle convinzioni di chiunque – quell’insieme di rotoli antichi contenesse indizi sull’origine della nostra possibile, vera storia? Per cercare una risposta, risulta utilissimo il metodo (pratico, lineare) adottato da Mauro Biglino, singolare figura del panorama culturale italiano. Prima, traduttore dell’Antico Testamento per le Edizioni San Paolo, e poi autore di 14 saggi che indagano tra le pieghe del testo biblico, riletto testualmente e senza filtri, teologici o sapienziali. Dopo oltre dieci anni di studi, la domanda resta invariata: e se la Bibbia riflettesse l’eco dell’origine della nostra specie, letteralmente “fabbricata” da individui non umani? E’ proprio questa, l’angolazione che – volendo – consente di passare, in modo verticale, dalla Genesi alla difficilissima attualità del momento presente, in cui l’umanità sembra in balia di forze ostili e smisuratamente potenti.
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Comunisti, cioè santi: sul Pci, frottole lunghe 100 anni
Antonio Gramsci era un santo. Palmiro Togliatti un fior di riformista, sulla scia del socialista Filippo Turati. Il Partito comunista era non solo del Migliore (Togliatti, appunto), ma anche dei migliori, essendo i suoi elettori colti e moralmente irreprensibili. La svolta della Bolognina e la trasformazione in Partito democratico della sinistra fu una geniale intuizione di Giorgio Napolitano, e non di Achille Occhetto. Botteghe Oscure prese le distanze da Mosca un poco alla volta, ma con decisione, fin dal dopoguerra, quando scelse di partecipare al processo democratico. Budapest non è mai esistita. La Primavera di Praga, neppure. I Gulag sono un’invenzione della propaganda. L’Unione Sovietica era pacifista, a differenza dei guerrafondai statunitensi. I dissidenti erano fascisti sotto mentite spoglie. Questo, a sommi capi, è il ritratto del Partito comunista italiano, nato cento anni fa con la scissione di Livorno, che abbiamo potuto leggere sui quotidiani, in pratica tutti, spesso in articoli firmati da… (ex?) comunisti.Massì. Non facciamo i bastian contrari a tutti i costi. È stupido ricordare fatti sgradevoli. San Gramsci disse che la piccola e media borghesia erano «la barriera di umanità corrotta, dissoluta, putrescente, con cui il capitalismo difende il suo potere economico e politico, umanità servile, abietta, umanità di sicari e di lacchè». Quindi proseguiva, con divino afflato, che la classe sociale in questione bisognava «espellerla dal campo sociale, come si espelle una volata di locuste da un campo semidistrutto, col ferro e col fuoco». Col ferro e col fuoco, che carino. Sul riformismo di Togliatti, sarebbe proprio cercare il pelo nell’uovo il voler ricordare queste parole del Migliore: «Nella persona e nell’attività di Filippo Turati si sommano tutti gli elementi negativi, tutte le tare, tutti i difetti che sin dalle origini viziarono e corruppero il movimento socialista italiano, che lo condannarono al disastro, al fallimento, alla rovina. Per questo la sua vita può bene essere presa come simbolo e, come un simbolo, anche la sua fine. L’insegna sotto cui questa vita e questa fine possono essere poste è l’insegna del tradimento e del fallimento. Nella teoria Turati fu uno zero».Uno zero? Dai, Palmiro, non fare l’invidioso, sappiamo tutti (?) che in realtà Turati fu il tuo maestro. Quanto alla guerra di Liberazione, chiedere informazioni nel triangolo rosso e lungo il confine orientale: regolamento di conti a mano armata (quella comunista), brigate tradite e sotterrate (dai gappisti), infoibamenti (dai gappisti e dai compagni titini). La “svolta” democratica era tatticismo, voluto e ordinato da Mosca, che stava rafforzando la presa sull’Europa dell’Est e non poteva permettersi l’apertura di un fronte in Italia. In quanto alle posizioni del Partito comunista davanti all’ingresso dei carri armati in Ungheria, sono limpide. Ecco qua cosa scriveva Giorgio Napolitano: «L’intervento sovietico ha non solo contribuito a impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, ma alla pace nel mondo». Secondo “l’Unità”, gli insorti non erano socialisti in cerca di riforme ma «teppisti, spregevoli provocatori e fascisti».Beh, direte voi, però a Praga nel 1968… No, signori, davanti alla repressione, il Partito comunista, con Berlinguer in ascesa a fianco di Luigi Longo, non riuscì ad andare oltre un «forte dissenso». Ah, il dissenso. Vogliamo parlare del tentativo, andato a vuoto, di impedire la pubblicazione del “Dottor Zivago” di Boris Pasternak? Rossana Rossanda si prese la briga di far capire all’editore Giangiacomo Feltrinelli che quel romanzo era brutta propaganda anti-comunista. Darlo alle stampe significava «passare il segno». Non solo Rossana Rossanda. Scese in campo tutta la prima linea della dirigenza: Pietro Secchia, Paolo Robotti, Palmiro Togliatti, Luigi Longo, Mario Alicata. E quando il Premio Nobel per la letteratura Aleksandr Solgenitsin fu esiliato? I comunisti di casa nostra giudicarono l’atto proporzionato, una dimostrazione di responsabilità da parte dei sovietici. Certo, l’esilio era una misura restrittiva dei diritti individuali, ma Solgenitsin aveva sfidato lo Stato e sostenuto aberranti tesi controrivoluzionarie.Sì, però dopo… a un certo punto le cose saranno cambiate. Nel 1977, non ancora. Quello fu l’anno della Biennale del dissenso voluta da Carlo Ripa di Meana. Ordine diretto di Mosca, subito raccolto dai compagni italiani: boicottate la mostra veneziana. Inutilmente cercherete notizia di questi o analoghi fatti. Prevale, nella stampa e nell’editoria, l’adorazione per la storia formidabile del comunismo italiano, senza macchia e senza paura. D’altronde, il comunismo ha perso come sistema politico ma ha vinto come sistema culturale, come mentalità di massa. Facciamo un esempio. Chi ha pagato il conto più salato in questi mesi piagati dalla pandemia? La piccola o media borghesia, impossibilitata a lavorare e ingannata dai mitici ristori, ovvero soldi a pioggia che non arriveranno mai nella misura necessaria e promessa. D’altro canto, come potrebbe lo Stato italiano, che non ha un centesimo, provvedere davvero a tutto? Bene, ricordate le parole di Gramsci da cui siamo partiti? La borghesia «da espellere… col ferro e col fuoco»?(Alessandro Gnocchi, “Il Pci celebra cento anni di menzogne”, dal “Giornale” del 19 gennaio 2021).Antonio Gramsci era un santo. Palmiro Togliatti un fior di riformista, sulla scia del socialista Filippo Turati. Il Partito comunista era non solo del Migliore (Togliatti, appunto), ma anche dei migliori, essendo i suoi elettori colti e moralmente irreprensibili. La svolta della Bolognina e la trasformazione in Partito democratico della sinistra fu una geniale intuizione di Giorgio Napolitano, e non di Achille Occhetto. Botteghe Oscure prese le distanze da Mosca un poco alla volta, ma con decisione, fin dal dopoguerra, quando scelse di partecipare al processo democratico. Budapest non è mai esistita. La Primavera di Praga, neppure. I Gulag sono un’invenzione della propaganda. L’Unione Sovietica era pacifista, a differenza dei guerrafondai statunitensi. I dissidenti erano fascisti sotto mentite spoglie. Questo, a sommi capi, è il ritratto del Partito comunista italiano, nato cento anni fa con la scissione di Livorno, che abbiamo potuto leggere sui quotidiani, in pratica tutti, spesso in articoli firmati da… (ex?) comunisti.
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Maddalena: il debito con l’Ue ci rende schiavi degli stranieri
Per la prima volta nella storia si assiste a una doppia tragedia di carattere universale. Da un lato la distruzione ambientale che avanza senza soste, destando enormi preoccupazioni soprattutto per lo scioglimento delle calotte polari e l’estinzione dei ghiacciai che alimentano le sorgenti di acqua potabile. Dall’altro lato l’aumento, che sembra irrefrenabile, dell’infezione da corona virus, che, secondo dati ufficiali, ha superato il milione di decessi e 33 milioni di contagi, creando più morti di Aids e malaria messi insieme, accertati nel 2019. E c’è una malattia ancora più grave, quella che Cicerone chiamava la imbecillitas mentis, cioè l’indebolimento della logica e l’indifferenza generale, al punto che il negazionismo ha raggiunto quote inimmaginabili (si pensi ai due veneziani, convinti che la terra è piatta, i quali su una barca volevano raggiungere il confine del mondo e sono stati salvati per miracolo nei pressi dell’isola di Ustica). Per quanto riguarda l’economia, c’è oscurità nelle proposte avanzate dal nostro governo, che si dibatte tra 557 proposte (tra loro scollegate) per l’utilizzo del Recovery Fund, mentre non decide, come vorrebbero il Pd e lo stesso Visco, governatore della Banca d’Italia, per l’acquisizione dei prestiti del Mes.Nessuno ha capito che più l’Italia si indebita, più diviene schiava degli stranieri, ed è costretta a continuare a svendere le proprie fonti di produzione di ricchezza e, addirittura, l’intero territorio nazionale. L’Italia, invero, ha una sola via da percorrere, revisionare il debito attuale, che per la quasi totalità è stato messo sulle nostre spalle dalle ciniche operazioni del mercato generale, che fece schizzare i tassi d’interesse fin oltre il 30%, dopo che Andreatta, con lettera del 12 febbraio 1981, impedì alla Banca d’Italia di comprare i buoni del Tesoro rimasti invenduti. Si tenga presente in proposito che dalla speculazione, che è un fatto illecito, non possono nascere diritti di credito, e quindi detto debito pubblico, come ha già scritto Paolo Ferrero, deve ritenersi inesistente. Non bisogna poi assumere nuovi debiti di qualsiasi natura e far ricorso invece all’emissione di una moneta di Stato, la cui circolazione è limitata al territorio nazionale. Fatto questo non vietato dai Trattati e ritenuto necessario da economisti della portata di Joseph Stiglitz e James Kenneth Galbraith. Fondamentale poi è ricorrere ricostituzione del “patrimonio pubblico italiano”, facendo ricorso alle rinazionalizzazioni dei servizi pubblici essenziali, delle fonti di energia e delle situazioni di monopolio, come prescrive il più volte citato articolo 43 della nostra Costituzione.Se l’Italia non riprende la ricchezza nazionale che le appartiene a titolo di sovranità, non uscirà mai dal ginepraio nel quale l’hanno gettata molti governanti traditori della Patria attraverso le micidiali “privatizzazioni”. E a questo punto bisogna ricordare che le delocalizzazioni e le svendite di imprese strategiche devono essere vietate dal governo con l’uso del Golden power. Per quanto ci risulta mai utilizzato. Solo ricostruendo l’Italia sul piano finanziario ed economico, riprendendoci il patrimonio pubblico, che è nella proprietà pubblica del popolo a titolo di sovranità, potremo uscire da questa impasse, piuttosto che asservirci allo straniero. Ma i nostri governanti, con a capo il ministro del Tesoro Gualtieri, e ora anche il governatore della Banca d’Italia Visco, vivono ancora in un mondo diverso, e non si rendono conto, ad esempio, che le Autostrade sono proprietà pubblica del popolo italiano e che Atlantia è soltanto gestore di questo bene. Mentre il governo ha il dovere imprescindibile, se davvero volesse agire con disciplina e onore, di utilizzare l’unica via che la legge gli impone: quello della revoca delle dette gestioni a causa delle inadempienze contrattuali del detto gestore, anche se avvenute due anni fa. Si ricorda che la prescrizione contrattuale è di 10 anni, mentre quella aquiliana è di 5 anni, secondo il vigente Codice civile.Inappropriate sono anche le discussioni che si fanno nei confronti dell’Europa, alla quale noi non abbiamo “ceduto” la nostra sovranità, ma soltanto “limitato” il suo esercizio per perseguire, in condizioni di parità con gli altri Stati, la pace e la giustizia fra le nazioni, e non per arricchire i paesi più forti ai danni dei più deboli, come vuole il pensiero predatorio neoliberista, accolto in pieno dai manovratori dell’Europa (con qualche recente eccezione da parte della Ursula von der Leyen). Tale pensiero predatorio neoliberista ha portato addirittura la Corte Europea a dichiarare lecita la costituzione di paradisi fiscali all’interno dell’Unione, fatto che dimostra una subordinazione a detto pensiero anche da parte di detti giudici. L’Italia deve agire con dignità ed onore e deve essa scegliersi i suoi partner internazionali, escludendo, allo stato dei fatti, Olanda, Austria, Danimarca, Finlandia, Svezia e i paesi del blocco di Visegrad, e aprendo invece ai paesi a lei più vicini per tradizione e cultura, come Spagna, Grecia e Portogallo. “Quisque artifex fortunae suae”, ciascuno è artefice della propria fortuna, e mai, come in questo momento, l’Italia deve liberarsi da idee sopraffattrici imposte dagli stranieri e agire per la sua salvezza, tenendo presente che l’obiettivo ultimo da raggiungere è la “salus rei pubblicae”, la salvezza della Patria.(Paolo Maddalena, “L’Italia più si indebita più diventa schiava degli stranieri, serve l’emissione di una moneta di Stato”, da “L’Antidiplomatico” del 28 settembre 2020. Il professor Maddalena, eminente giurista italiano, è vicepresidente emerito della Corte Costituzionale e presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”).Per la prima volta nella storia si assiste a una doppia tragedia di carattere universale. Da un lato la distruzione ambientale che avanza senza soste, destando enormi preoccupazioni soprattutto per lo scioglimento delle calotte polari e l’estinzione dei ghiacciai che alimentano le sorgenti di acqua potabile. Dall’altro lato l’aumento, che sembra irrefrenabile, dell’infezione da corona virus, che, secondo dati ufficiali, ha superato il milione di decessi e 33 milioni di contagi, creando più morti di Aids e malaria messi insieme, accertati nel 2019. E c’è una malattia ancora più grave, quella che Cicerone chiamava la imbecillitas mentis, cioè l’indebolimento della logica e l’indifferenza generale, al punto che il negazionismo ha raggiunto quote inimmaginabili (si pensi ai due veneziani, convinti che la terra è piatta, i quali su una barca volevano raggiungere il confine del mondo e sono stati salvati per miracolo nei pressi dell’isola di Ustica). Per quanto riguarda l’economia, c’è oscurità nelle proposte avanzate dal nostro governo, che si dibatte tra 557 proposte (tra loro scollegate) per l’utilizzo del Recovery Fund, mentre non decide, come vorrebbero il Pd e lo stesso Visco, governatore della Banca d’Italia, per l’acquisizione dei prestiti del Mes.
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Bizzi: governi pagati da Oms e Fmi per imporre il lockdown
Sono uno storico, uno scrittore e un giornalista freelance. È dallo scorso mese di gennaio, con l’introduzione in Italia dello stato d’emergenza da parte del governo di Giuseppe Conte, che mi sento in guerra, letteralmente catapultato notte e giorno in una trincea. Mi sento in guerra non certo contro un “virus” o un nemico invisibile, ma contro un governo totalmente eterodiretto da forze e poteri molto pericolosi che hanno messo in scena un vero e proprio colpo di Stato globale, finalizzato alla progressiva riduzione e cancellazione della democrazia, della libertà e dei diritti civili, alla repressione di qualsiasi dissenso e all’instaurazione di una dittatura mondiale tecnocratico-sanitaria che definire di stampo orwelliano sarebbe un complimento. Tale piano, che va avanti indisturbato già da molti anni e che si pone purtroppo anche altri obiettivi molto più pericolosi, ha coinvolto la maggir parte dei governi mondiali e alcuni europei in particolare. Non tutti i governi europei si sono approcciati all’Operazione Corona nello stesso modo, anche se, almeno nella fase iniziale, l’hanno generalmente sostenuta, anche perché sapevano che sarebbe stata funzionale a un reset finanziario globale dal quale non volevano rischiare di restare esclusi.In ogni modo, in alcuni paesi scandinavi, in Svizzera, in Croazia e – in parte – anche in Germania, questa operazione è venuta presto a scontrarsi con la solidità dei sistemi democratici e ci sono stati notevoli ripensamenti, se non addirittura dei chiari tentativi di smarcamento. In altri paesi, come ad esempio in Italia, Spagna, Francia, Serbia e Bulgaria, l’operazione è stata invece portata avanti con maggiore forza e violenza. Questo è potuto avvenire sia per via di crescenti pressioni internazionali che grazie a sostanziosi incentivi economici provenuti da organizzazioni come il Fondo Monetario Internazionale e l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Tutti i governi europei erano stati messi al corrente già dal mese di settembre del 2019 di cosa sarebbe successo, e hanno ricevuto enormi finanziamenti clandestini (nel senso di non ufficialmente dichiarati): una vera e propria pioggia di denaro, non certo destinata a finanziare e potenziare la sanità e gli ospedali, ma esclusivamente per dichiarare il lockdown e garantirne la tenuta attraverso un massiccio potenziamento delle forze dell’ordine.Non sono in grado di sapere quale sia l’esatto ammontare di questi finanziamenti, anche perché sono stati sistematicamente coperti da segreto di Stato, e perché sono stati diversi da paese a paese. A rompere la diga è stato il presidente della Bielorussia Aljaksandr Lukashenko, che notoriamente si è sempre rifiutato di adottare nel suo paese alcuna misura di emergenza, di lockdown o di “distanziamento sociale”. In una riunione del governo bielorusso ha dichiarato di aver ricevuto una cospicua offerta in denaro (92 milioni di dollari) da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, affinché facesse «come in Italia». Offerta che, dopo il secco no di Lukashenko, sarebbe stata in poche settimane addirittura decuplicata: ben 940 milioni di dollari, questa volta offerti dal Fondo Monetario Internazionale, accompagnati dalla medesima richiesta: chiudere tutto e fare “come in Italia”. Non a caso, dopo questa coraggiosa presa di posizione, Lukashenko è stato demonizzato dalla “comunità internazionale”, è stato accusato di brogli elettorali e stanno tentando di rovesciarlo con una ridicola e meschina rivoluzione “colorata” finanziata da criminali come George Soros e alimentata da personaggi di squallore, servi del potere globalista, come Bernard-Henri Lévy.Cosa si sarebbe impegnato a fare esattamente Aleksandar Vučić per quei soldi? Ho contatti nell’ambiente dell’intelligence, sia in Italia che in altri paesi, e mi hanno confermato che il governo italiano ed altri governi europei, incluso quello della Serbia, hanno ricevuto e accettato questi finanziamenti occulti. Non posso sapere con certezza come Aleksandar Vučić li abbia impiegati, ma so che in Italia sono stati destinati al potenziamento delle forze dell’ordine per la gestione e la tenuta del lockdown e per corrompere i media, affinché mantenessero alto il clima di paura per il “virus”. Molto probabilmente la stessa cosa è accaduta in Serbia, ma deve essere il popolo serbo a pretendere e a ottenere la verità. Se ci sono ancora in Serbia politici con le mani libere, devono trovare il coraggio di chiedere al loro governo quanto denaro ha realmente ricevuto e come lo ha speso. Sono stato uno dei primi giornalisti al mondo a denunciare tali questioni attraverso il sito www.databaseitalia.it. I popoli hanno il diritto di conoscere la verità.Finanziamenti segreti per adottare il lockdown e per appoggiare la psy-op dell’Operazione Corona sono stati offerti alla maggior parte delle nazioni, a dimostrazione del fatto che si è trattato di un vero e proprio colpo di Stato globale. Questo è accaduto in Canada, Australia, America Latina, Medio Oriente, Asia e Africa. Molti leader africani, in particolare i presidenti della Tanzania, del Burundi e del Madagascar hanno pubblicamente denunciato questi tentativi di corruzione e hanno preso le distanze dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dimostrandosì così molto più liberi e coraggiosi dei leader europei. Sicuramente tutti i paesi dell’Europa Sud-orientale hanno raggiunto simili accordi, compresi Romania, Bulgaria, Albania, Montenegro e Macedonia, ma non conosco gli importi di tali finanziamenti. In Grecia e a Cipro ci sono state maggiori resistenze politiche, e la Chiesa Ortodossa ha avuto molto peso nella difesa della democrazia e della libertà dei cittadini. Questa è una guerra contro i nostri diritti, contro la democrazia e per la distruzione della nostra stessa civiltà. Tutti i popoli d’Europa devono ribellarsi e lottare per il proprio futuro.(Nicola Bizzi, “Sapevano del coronavirus dallo scorso autunno, il presidente serbo Vučić ha preso i soldi”, da “Database Italia” del 7 settembre 2020. «Sono passate poche settimane da quando il suo articolo in esclusiva per “Databaseitalia.it” ha fatto il giro del mondo», scrive Davide Donateo ricordando la denuncia di Lukashenko sottolineata da Bizzi, «scoperchiando il sistema con cui il Fmi è riuscito a “convincere” i governi ad entrare in lockdown, seguendo il modello italiano». In un’intervista rilasciata per l’importante sito serbo “Srbin.info”, Bizzi ha alzato la posta rivendicando la veridicità di ogni parola di quell’articolo, aggiungendo ulteriori dettagli. «Amo molto la Serbia, parlo la vostra lingua e ho studiato la vostra storia», dice Bizzi, editore di Aurola Boreale, rivolgendosi ai serbi. «Ho vissuto a lungo nel vostro paese negli anni ’90 e ho avuto l’onore di conoscere e incontrare Slobodan Milošević», aggiunge. «Ero molto amico di Dragoš Kalajić, un grande intellettuale, artista e patriota, e ho lavorato con lui per difendere nel mondo l’immagine e l’onore della Serbia»).Sono uno storico, uno scrittore e un giornalista freelance. È dallo scorso mese di gennaio, con l’introduzione in Italia dello stato d’emergenza da parte del governo di Giuseppe Conte, che mi sento in guerra, letteralmente catapultato notte e giorno in una trincea. Mi sento in guerra non certo contro un “virus” o un nemico invisibile, ma contro un governo totalmente eterodiretto da forze e poteri molto pericolosi che hanno messo in scena un vero e proprio colpo di Stato globale, finalizzato alla progressiva riduzione e cancellazione della democrazia, della libertà e dei diritti civili, alla repressione di qualsiasi dissenso e all’instaurazione di una dittatura mondiale tecnocratico-sanitaria che definire di stampo orwelliano sarebbe un complimento. Tale piano, che va avanti indisturbato già da molti anni e che si pone purtroppo anche altri obiettivi molto più pericolosi, ha coinvolto la maggior parte dei governi mondiali e alcuni europei in particolare. Non tutti i governi europei si sono approcciati all’Operazione Corona nello stesso modo, anche se, almeno nella fase iniziale, l’hanno generalmente sostenuta, anche perché sapevano che sarebbe stata funzionale a un reset finanziario globale dal quale non volevano rischiare di restare esclusi.
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Pagati dall’Oms per fare il lockdown? La Bielorussia accusa
Il governo italiano è stato pagato sottobanco per imporre il lockdown più severo e disastroso d’Europa? Se lo domanda lo storico Nicola Bizzi, editore di Aurola Boreale, riflettendo sullo scandalo denunciato dalla Bielorussia: prima l’Oms e poi addirittura il Fmi avrebbero offerto un mare di soldi, a Minsk, per “fare come in Italia”. Chiudere in casa il paese, sulla base di un allarme gonfiato, fino a rovinarlo economicamente? Nemmeno per sogno, ha risposto il governo bielorusso: per fronteggiare il Covid bastano e avanzano le normali misure sanitarie adottate nel paese est-europeo, senza nessun coprifuoco e nessun blocco suicida dell’economia. E se una simile “offerta” fosse stata avanzata anche all’Italia, in primis, visto che «come ben sappiamo, in tutta questa sceneggiata» il nostro paese «ha sempre avuto il ruolo di modello-pilota», decisivo per premere sul resto d’Europa verso il modulo-Wuhan? «Ben conoscendo la mentalità dei nostri politicanti, dubito fortemente che non sia stata accettata», scrive Bizzi sulla sua pagina Facebook, nel giorno in cui a denunciare il governo, la Protezione Civile, il Comitato Tecnico-Scientifico e lo stesso ministro Speranza è nientemeno che il prestigioso fisico Giorgio Parisi, presidente dell’Accademia dei Lincei.L’accusa: l’Italia è stata ingannata, sulla base della «volontà fraudolenta» del Cts, «per mezzo della Protezione Civile», complice anche l’Istituto Superiore di Sanità. «Devono spiegarci perché in Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna i dati sono di pubblico dominio, e in Italia no», ha detto Parisi, completamente ignorato dai grandi media nazionali, sui cui vigilia la task-force istituita a Palazzo Chigi per filtrare le notizie scomode sul Covid. Grande silenzio anche sulle sconcertanti esternazioni che il presidente bielorusso Aljaksandr Lukashenko ha rilasciato ufficialmente di fronte al Parlamento di Minsk. Il mese scorso, ricorda Bizzi, il presidente Lukashenko, «che notoriamente si è sempre rifiutato di adottare nel suo paese alcuna misura di emergenza, di lockdown o di “distanziamento sociale”», ha dichiarato di aver ricevuto «una cospicua offerta in denaro (92 milioni di dollari) da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, affinché facesse “come in Italia”». Offerta che, dopo il secco no di Lukashenko, sarebbe stata in poche settimane addirittura decuplicata: «Ben 900 milioni di dollari, questa volta offerti dal Fondo Monetario Internazionale, accompagnati dalla medesima richiesta: chiudere tutto e fare “come in Italia”».Aggiunge Bizzi: «So, da fonti di intelligence, che simili offerte sono state fatte a molti altri paesi europei e non solo europei. E so anche che molti capi di Stato o di governo, tra cui il presidente della Serbia Aleksandar Vučić, non hanno esitato un attimo ad accettarle». Per Bizzi, la logica vuole che anche l’Italia «potrebbe aver avuto una lauta offerta in tal senso», particolarmente allettante per «i nostri politicanti». Peraltro, aggiunge Bizzi, «questa ipotesi potrebbe spiegare dove e come il governo Conte abbia reperito le risorse destinate (probabilmente già all’inizio dell’anno) al potenziamento delle forze dell’ordine per garantire la tenuta e la riuscita del lockdown». Già in precedenza, Bizzi aveva parlato di anomale e inspiegabili “spese pazze” per dotare polizia e carabinieri di auto e fuoristrada, droni, elicotteri. «Mi auguro sinceramente che fra gli atti e i verbali secretati che il Tar del Lazio ha ordinato di rendere pubblici – aggiunge Bizzi – si possa presto trovare la risposta a questo e a molti altri nodi irrisolti, come ad esempio la folle e inconcepibile direttiva che “sconsigliava” le autopsie». Bizzi si riferisce alla sentenza del 13 luglio, sulla base della quale – dopo l’esposto dei legali della Fondazione Einaudi – il tribunale amministrativo chiede al governo di rendere pubblici, entro 30 giorni, i dati autentici sull’emergenza sanitaria italiana.La sentenza del Tar, ricorda Bizzi, impone alla presidenza del Consiglio e alla Protezione Civile di togliere il velo ai verbali del Comitato Tecnico-Scientifico, «in base a cui il governo Conte avrebbe preso tutte le decisioni più importanti per mettere in scena lo “stato d’emergenza”, il lockdown, l’arbitraria sospensione dei diritti civili dei cittadini sanciti dalla Costituzione e tutte le orwelliane misure repressive che ben conosciamo e che abbiamo sperimentato sulla nostra pelle negli ultimi mesi, dal “distanziamento sociale” alle museruole». Atti e verbali che erano stati secretati, «peraltro senza alcuna oggettiva giustificazione», e la cui lettura o conoscenza è stata fino ad oggi preclusa e negata «non solo ai parlamentari, ma addirittura agli stessi membri del governo, come ha più volte lamentato il vice-ministro della salute Pierpaolo Sileri». Tutto questo avviene mentre ci avviciniamo al 31 luglio, giorno che (almeno formalmente) dovrebbe sancire la fine dello stato d’dmergenza imposto da Conte all’Italia e agli italiani lo scorso gennaio. «Stato d’emergenza che, nonostante la sempre più massiccia levata di scudi da parte di centinaia di illustri medici, giuristi, costituzionalisti, docenti universitari e intellettuali, tenteranno fino all’ultimo di prorogare, non certo per motivi sanitari».Secondo Bizzi, gli uomini attualmente al governo del paese prorogherebbero volentieri il catastrofico “stato d’emergenza” «per coprire i loro misfatti, per evitare che vadano in fumo affari milionari e per continuare a governare a colpi di Dpcm, nel totale silenzio del Quirinale e delle cosiddette “opposizioni”», che per Bizzi – da Salvini a Berlusconi, fino alla Meloni – hanno solo finto di contrastare Conte, attenendosi in realtà alla linea del lockdown che ha trasformato l’emergenza sanitaria in catastrofe socio-economica a orologeria. Tuona Parisi, presidente dei Lincei: «Ignoriamo quando e quante siano venute a mancare le persone per Covid. Quanti siano i contagi effettivi, per quanti giorni siano state ricoverate le persone, il reale quadro clinico di ognuna di esse». Parisi parla di una «storia oscura», e aggiunge: «I numeri non tornavano mai, sia nel confronto con gli altri anni, sia con il numero delle vittime rispetto al 2015, che in quell’anno furono oltre 50.000, 15.000 più di oggi, senza che bloccassero il paese». Un’accusa durissima: «Tradotto dal politichese, quei numeri erano un solenne imbroglio senza alcun fondamento, utile solo per generare un clima di terrore». Di qui il sospetto evocato da Bizzi: non è che i nostri governanti hanno accettato finanziamenti dall’Oms per imporre il lockdown più pazzo d’Europa, in modo che gli stregoni della nuova “polizia sanitaria” potessero andare in giro per il mondo, soldi alla mano, a proporre di “fare come l’Italia”?Il governo italiano è stato pagato sottobanco per imporre il lockdown più severo e disastroso d’Europa? Se lo domanda lo storico Nicola Bizzi, editore di Aurola Boreale, riflettendo sullo scandalo denunciato dalla Bielorussia: prima l’Oms e poi addirittura il Fmi avrebbero offerto un mare di soldi, a Minsk, per “fare come in Italia”. Chiudere in casa il paese, sulla base di un allarme gonfiato, fino a rovinarlo economicamente? Nemmeno per sogno, ha risposto il governo bielorusso: per fronteggiare il Covid bastano e avanzano le normali misure sanitarie adottate nel paese est-europeo, senza nessun coprifuoco e nessun blocco suicida dell’economia. E se una simile “offerta” fosse stata avanzata anche all’Italia, in primis, visto che «come ben sappiamo, in tutta questa sceneggiata» il nostro paese «ha sempre avuto il ruolo di modello-pilota», decisivo per premere sul resto d’Europa verso il modulo-Wuhan? «Ben conoscendo la mentalità dei nostri politicanti, dubito fortemente che non sia stata accettata», scrive Bizzi sulla sua pagina Facebook, nel giorno in cui a denunciare il governo, la Protezione Civile, il Comitato Tecnico-Scientifico e lo stesso ministro Speranza è nientemeno che il prestigioso fisico Giorgio Parisi, presidente dell’Accademia dei Lincei.