Archivio del Tag ‘Enrico Letta’
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Se Trump spegnesse, con un tweet, anche il Sacro Tav
Più inafferrabile del Sacro Graal, più misterioso della Pietra Filosofale, più oscuro dei misteri di Rennes-le-Château su cui Dan Brown ha costruito il “Codice da Vinci”. Il progetto Tav Torino-Lione continua imperterrito la sua corsa ottusa e cieca, lunare, in un’Europa sempre più assurda e sempre più povera, emblema di un Occidente autistico, bellicoso e alle prese con rivolte ormai diffuse, elettorali, dalla Francia di Marine Le Pen alla Brexit, fino all’America di Trump, il presidente che con un tweet, in dieci secondi, ha messo fine persino al supremo tabù, l’intoccabile F-35, l’aereo più pazzo del mondo. Tutto cambia, velocissimamente, tranne una cosa: l’aristotelico Tav della valle di Susa, meno celebre dello stealth della Lockeed-Martin ma altrettanto ridicolo. Il Tav valsusino: “motore immobile”, dimostrazione tolemaica del fatto che, in fondo, la Terra è sempre stata piatta. Non gira attorno al sole, è il contrario. O meglio: può girare quanto vuole, la Terra, ma niente fermerà il sacro mostro ammazza-bilanci e sventra-montagne. Lo sanno tutti, da sempre: quel treno non servirà mai a nessuno, tranne ai Re Mida del denaro pubblico che forse, un giorno, costruiranno la linea ferroviaria più costosa e più inutile della storia dell’umanità.La mitologia del Tav occidentale resiste da decenni, inattaccabile come un dogma, anche se la sua surreale teologia è stata ripetutamente capovolta, relativizzata, rettificata, sminuita. Doveva essere una linea superveloce per passeggeri, con l’avvento dei voli low-cost è diventata una linea medio-veloce per merci, infine solo un tunnel (ma di 50 chilometri) per merci ormai estinte, che non esisteranno più, sulla dimenticata rotta transalpina tra Italia e Francia, nel ventre del Massiccio dell’Ambin gravido d’acque sommerse, rocce di amianto e vene di uranio. Anche i cinesi devastano intere province, ma almeno hanno uno scopo: costruire dighe idroelettriche. Lo scopo del Tav Torino-Lione va invece rintracciato nella metafisica, evidentemente, nella mistica del potere europeo, il potere reale ma impalpabile, fatto di moneta elettronica gestita da terminali alieni, da imperatori alieni come Mario Draghi, a sua volta agli ordini di invisibili Elohim biblici. La religione, appunto: è l’unica categoria che può spiegare, davvero, la natura più intima dell’oscuro potere europeo, da cui promana – anche – l’ostinata superstizione che protegge, ad ogni costo, la grande opera più screditata della storia italiana, bocciata senza appello (devastante, costosa, completamente inutile) da tutti gli esperti indipendenti della penisola, i tecnici, gli specialisti universitari d’ogni ordine e grado.Lo ripete, inutilmente, anche l’autorità elvetica delegata dalla Commissione Europea a monitorare i trasporti transalpini: la valle di Susa dispone già di una ferrovia internazionale Italia-Francia, quella del Fréjus, che è semi-deserta da anni per mancanza di utenza; sulla linea attuale, il traffico merci potrebbe tranquillamente essere incrementato del 900%. Inutile, dunque – per non dire folle, coi tempi che corrono – insistere nell’aprire un secondo traforo, che costerebbe decine di miliardi, a carico di contribuenti stremati dalla crisi. Le autorità svizzere però ragionano, ingenuamente, come Galileo e Copernico, ignorando cioè che l’astrofisica di Roma e Parigi, Bruxelles e Francoforte è ancora e sempre quella di Tolomeo. A motivare così tenacemente i grandi decisori non è scienza, è verità di fede: gli egemoni non si chinano sul volgare cannocchiale per scoprire com’è davvero il cielo, a loro basta e avanza la certezza incrollabile del dogma, che sorregge la visione magica su cui si fonda il presente feudalesimo illuminato, affidato a una schiera di eletti, secondo cui, semplicemente, quella ferrovia della malora si deve fare, punto. Dio lo vuole. E se la plebe protesta, tanto meglio: imparerà, a sue spese, che la voce del padrone non ammette repliche. Gli ordini non si discutono. La legge è una sola, quella dell’obbediente sottomissione.Ingenui come gli svizzeri, anche i valsusini hanno obiettato, appellandosi alla ragione, ancora confidando in Galileo. Promossero studi, scovarono prove, sfilarono in cortei. Brandendo Copernico, nel lontano 2005 si accamparono in massa sui prati destinati al primo cantiere. Intervenne il governo, che li disperse con la forza (spedendoli all’ospedale). Poi cambiò il governo, ma non la teologia: anche per Prodi, come per Berlusconi, la Terra era sempre piatta e assolutamente immobile. Seguirono ancora Berlusconi, poi Monti, poi Letta, poi Renzi. Tutti devoti alla religione di Tolomeo. Nel frattempo, la situazione non fece che peggiorare: fu introdotto stabilmente il germe dell’ostilità, per coltivare con profitto il carburante della rabbia, foriero di nefaste conseguenze – per la plebe, non certo per gli arconti, i re-sacerdoti, i custodi del Sacro Tav. Ogni tanto alla plebe viene concesso qualche effimero sollievo (il voto, persino il referendum), ma l’impianto teologale resta là, granitico, immutabile. E’ sempre lui, il Signore della Banca, a stabilire il prezzo dei sudditi, inclusi i servitori intermedi e le loro precarie carriere.Così, la Talpa tolemaica ancora scava la sua buia galleria – tunnel geognostico, lo chiamano. Fin dove arriverà, nel suo slancio metafisico? Un tempo, l’antica cosmogonia del Tav ne attestava l’origine divina: sarebbe stato il segmento alpino di un Sommo Disegno, chiaramente provvidenziale, destinato a unire l’Atlantico al Mar della Cina: non più semplici sudditi, gli abitanti dell’area interessata dai futuri cantieri, ma entusiasti neo-cittadini, viaggianti, di una nuova repubblica onirica, la Tratta Kiev-Lisbona. Forse c’è stato qualche contrattempo (provvidenziale, anche quello) se oggi il mezzo di trasporto più in voga è diventato il barcone, la scialuppa. Ma guai a sottovalutare il Disegno: la Talpa è inarrestabile, può raggiungere qualsiasi latitudine sotterranea, dal Celeste Impero al Cremlino. Può scavare anche il fondale oceanico e raggiungere le lontane Americhe. Purché non sbuchi, per errore, alla Casa Bianca – a quel punto, forse, con un tweet, persino il Sacro Tav potrebbe fare la fine dell’F-35. Ma l’America è lontana, cantava qualcuno. E, da questa parte dell’Atlantico, nessuno – nemmeno a Roma, tra i più accesi outsider del Parlamento – ha ancora osato sfidare, per davvero, la teologia di Tolomeo e il feudalesimo dei nuovi Elohim, che s’illuminano d’immenso davanti al terminale elettronico che decreta vita e morte, il destino di interi bilanci, la fortuna e la rovina di interi popoli, a lungo illusi da un sogno chiamato democrazia.Più inafferrabile del Sacro Graal, più misterioso della Pietra Filosofale, più oscuro dei misteri di Rennes-le-Château su cui Dan Brown ha costruito il “Codice da Vinci”. Il progetto Tav Torino-Lione continua imperterrito la sua corsa ottusa e cieca, lunare, in un’Europa sempre più assurda e sempre più povera, emblema di un Occidente autistico, bellicoso e alle prese con rivolte ormai diffuse, elettorali, dalla Francia di Marine Le Pen alla Brexit, fino all’America di Trump, il presidente che con un tweet, in dieci secondi, ha messo fine persino al supremo tabù, l’intoccabile F-35, l’aereo più pazzo del mondo. Tutto cambia, velocissimamente, tranne una cosa: l’aristotelico Tav della valle di Susa, meno celebre dello stealth della Lockeed-Martin ma altrettanto ridicolo. Il Tav valsusino: “motore immobile”, dimostrazione tolemaica del fatto che, in fondo, la Terra è sempre stata piatta. Non gira attorno al sole, è il contrario. O meglio: può girare quanto vuole, la Terra, ma niente fermerà il sacro mostro ammazza-bilanci e sventra-montagne. Lo sanno tutti, da sempre: quel treno non servirà mai a nessuno, tranne ai Re Mida del denaro pubblico che forse, un giorno, costruiranno la linea ferroviaria più costosa e più inutile della storia dell’umanità.
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Il paese scoppia? Ora se ne ‘accorgono’ anche Tv e giornali
Con un’affluenza massiccia e una percentuale schiacciante di “No”, «l’elettorato ha svelato l’esistenza nel nostro paese di un popolo della rivolta», quello che i media mainstream hanno accuratamente evitato di rappresentare. Un “popolo” che «ha bocciato la riforma della Costituzione, il presidente del Consiglio e l’establishment di governo». A votare contro Renzi, scrive Maurizio Molinari sulla “Stampa”, «sono state le famiglie del ceto medio disagiato, impoverito dalla crisi economica, senza speranze di prosperità e benessere per figli e nipoti», ma anche «i giovani senza lavoro, gli operai che si sentono minacciati dai migranti e gli stipendiati a cui le entrate non bastano più». È un “popolo della rivolta”, espressione dello stesso disagio che in Gran Bretagna ha prodotto la Brexit e negli Usa ha incoronato Trump. Caduta l’illusione-Renzi, ora bisogna «dare in fretta risposte chiare alle crisi all’origine della protesta del ceto medio», massacrato dal rigore imposto da Bruxelles e inasprito a partire dal governo Monti, che i giornali – compreso la “Stampa” – solo pochi anni fa accolsero come il salvatore del paese.Contrordine, a quanto pare: anziché i tagli senza anestesia della riforma Fornero «serve un nuovo welfare per le famiglie in difficoltà», scrive oggi il direttore del quotidiano torinese, di fronte alla catastrofe dell’evidenza. Lo stesso Molinari utilizza ancora il lessico renziano, dice che bisogna «far ripartire» l’Italia. Già, ma come? «Non basta un nuovo governo», concede il direttore della “Stampa”: «Bisogna rispettare il popolo della rivolta e rispondere alle sue istanze». Sulle stesse pagine, un osservatore come Mattia Feltri ammette che «ha vinto la gente, il mare di gente che non si fida più». Si tratta di gente «molto ben disposta verso l’inverosimile e diffidente verso il verosimile», secondo Feltri, «per intima ed esasperante convinzione che là fuori c’è qualcuno che lavora alla sua infelicità, perché manca il lavoro, perché si indeboliscono le garanzie, per invidia sociale, perché l’investimento in banca è andato storto, perché ci sono i poteri forti, perché c’è l’Europa, perché c’è una classe dirigente che in quanto tale campa sulla pelle delle periferie, fisiche o esistenziali». Comune denominatore, il «rifiuto feroce dell’establishment farabutto, una condizione che non riguarda soltanto l’Italia, come raccontano di recente la Brexit e Donald Trump».Eppure non è piovuto dal nulla, lo tsunami, anche se i giornalisti oggi se ne meravigliano. Non una recensione, sui media mainstream, dell’esemplare saggio “Il più grande crimine”, in cui Paolo Barnard – giornalista maiuscolo – ricostruisce la genesi dell’inevitabile disastro euro-Ue. Silenzio anche su voci “eretiche” ma terribilmente profetiche come quelle dell’economista Nino Galloni, secondo cui, semplicemente, il sistema-euro equivale in modo matematico al declino italiano. Non un articolo, sui grandi giornali, neppure sul libro “Massoni” di Gioele Magaldi, dove alcune eminenze grigie della super-massoneria internazionale definiscono gli italiani «bambinoni deficienti», capace di accogliere col tappeto rosso «i tre commissari che gli abbiamo inviato, nell’ordine: Monti, Letta, Renzi». Fuori dal coro dei “chi l’avrebbe mai detto?”, si segnala “Il Giornale”, che indica in Giorgio Napolitano l’altro grande sconfitto del 4 dicembre: l’ex capo dello Stato, scrive Gian Maria De Francesco, «s’era abituato a trattare Palazzo Chigi come una propria dépendance, insediandovi l’uomo che ha messo in ginocchio il paese a suon di tasse, condannandolo a una recessione dalla quale ancor oggi fatica a tirarsi fuori nonostante la spesa in deficit di Renzi sotto forma di mance e mancette varie».Per denigrare i 5 Stelle, alla vigilia del voto Napolitano s’era spinto oltre le colonne d’Ercole: «Non esiste politica senza professionalità come non esiste mondo senza élite», aveva detto. «Alla faccia della democrazia e della Costituzione», chiosa De Francesco. Ci si era messo anche l’anziano Eugenio Scalfari: prima della democrazia c’è l’oligarchia, perché il popolo non sa governarsi da solo. Parole nelle quali risuona l’eco della “sinarchia”, la forma di governo evocata a fine ‘800 dall’influente esoterista francese Alexandre Saint-Yves d’Alveydre, come ricorda Gianfranco Carpeoro nel suo saggio “Dalla massoneria al terrorismo”. Il potere quasi religioso dell’oligarchia “illuminata”: ieri, contro la marea montante del socialismo e dell’anarchismo. Oggi invece la rivolta (solo elettorale) corre via smartphone. Il “popolo” è esasperato? Se ne sono accorti persino loro, i giornalisti. Ben attenti, comunque – ancora – a non dare la parola a chi questa crisi l’aveva annunciata, con anni di anticipo, spiegandone le ragioni nei minimi dettagli. Uno su tutti: senza più sovranità, un paese crolla. Senza la disponibilità di una moneta pubblica crollano il bilancio, l’economia, l’occupazione. A crescere sono solo le tasse e il debito. Ma non è una notizia, è una legge (dell’economia). A proposito di leggi, l’Italia invece ha inserito nella propria Costituzione – così enfaticamente difesa il 4 dicembre – il pareggio di bilancio, cioè la morte clinica dello Stato come soggetto garante del benessere della comunità nazionale.Con un’affluenza massiccia e una percentuale schiacciante di “No”, «l’elettorato ha svelato l’esistenza nel nostro paese di un popolo della rivolta», quello che i media mainstream hanno accuratamente evitato di rappresentare. Un “popolo” che «ha bocciato la riforma della Costituzione, il presidente del Consiglio e l’establishment di governo». A votare contro Renzi, scrive Maurizio Molinari sulla “Stampa”, «sono state le famiglie del ceto medio disagiato, impoverito dalla crisi economica, senza speranze di prosperità e benessere per figli e nipoti», ma anche «i giovani senza lavoro, gli operai che si sentono minacciati dai migranti e gli stipendiati a cui le entrate non bastano più». È un “popolo della rivolta”, espressione dello stesso disagio che in Gran Bretagna ha prodotto la Brexit e negli Usa ha incoronato Trump. Caduta l’illusione-Renzi, ora bisogna «dare in fretta risposte chiare alle crisi all’origine della protesta del ceto medio», massacrato dal rigore imposto da Bruxelles e inasprito a partire dal governo Monti, che i giornali – compreso la “Stampa” – solo pochi anni fa accolsero come il salvatore del paese.
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Renzi travolto, media ancora umiliati dopo Brexit e Trump
«E fanno tre. Dopo la Brexit e l’elezione di Trump, anche il referendum italiano si può tranquillamente interpretare come un calcio in faccia al pensiero mainstream, per quanto fortemente sostenuto e veicolato dai media di regime», osserva Massimo Mazzucco, mentre i dati scodellano il bruciante 6-4 che costringe Renzi a lasciare Palazzo Chigi, sommerso dal voto contrario della maggioranza degli italiani, il 70% alle urne (solo uno su tre è rimasto fermo all’astensionismo). Ma, insieme al finto “rottamatore” al servizio dei super-poteri europei e finanziari, tra gli sconfitti Mazzucco iscrive soprattutto i media: «Non ha funzionato il terrorismo mediatico contro la Brexit (“crollerà l’economia britannica”, avevano detto), non ha funzionato il terrorismo mediatico contro Trump (“finiremo nelle mani di un incapace”, avevano detto), e non ha funzionato il terrorismo mediatico a favore del Sì (“se vince il No sarà un salto nel buio”, ci hanno detto)». Cosa accadrà ora in Italia nessuno lo sa con certezza, «ma nel frattempo l’unico che può fare il suo bel salto nel buio sarà proprio Matteo Renzi». La vera notizia? «Per tre volte in un anno i media mainstream hanno tentato di condizionare il voto degli elettori su tre eventi di grande importanza internazionale, e per tre volte gli stessi elettori – grazie alla rete e all’utilizzo dei social – si sono rifiutati di farsi infinocchiare».Questo ormai è un punto di non-ritorno, sottolinea Mazzucco su “Luogo Comune”, e «sembra che i grandi conglomerati informatici se ne stiano accorgendo con dolore», se è vero che la stessa Cnn ha promosso un dibattito sul fatto che la televisione abbia “perso il controllo delle masse”, con la sua clamorosa “incapacità di prevedere i risultati”, ovvero di «condizionare il pensiero della popolazione». Nessuna illusione: «La reazione a questo punto sarà durissima», avverte Mazzucco: «Sicuramente assisteremo alla comparsa, da qualche parte nel mondo, di tentativi più o meno goffi di imbavagliare la rete». Per Marcello Foa, è estremamente significativo che la partecipazione alle urne sia stata molto alta: «E’ stato autenticamente un voto popolare, che non lascia spazio ad interpretazioni e ad ambiguità». Anche Foa sottolinea la débacle di giornali e televisioni, editorialisti e analisti mainstream da prima serata: «Ancora una volta le intimidazioni e lo spin attraverso i media tradizionali è risultato inefficiente: le vecchie regole della propaganda e della manipolazione per influenzare e intimidire i popoli, non sono più efficienti come un tempo». Di fatto, gli italiani «si associano al messaggio già formulato con forza dai britannici scegliendo la Brexit e dagli americani eleggendo Donald Trump».Bocciando Renzi, capo del terzo governo consecutivo non-eletto dopo quelli di Monti e Letta, gli elettori sono convinti di aver «detto no all’establishment e alle élite transnazionali ed europee che hanno governato la globalizzazione, l’Europa e di fatto anche l’Italia, limitandone la sovranità e la possibilità di cambiare», scrive Foa sul “Giornale”. «Gli italiani, come gli americani e come i britannici, vogliono un vero cambiamento, vogliono tornare padroni del proprio destino». Ottimista anche Tomaso Montanari aull’”Huffington Post”: «Renzi non ha detto di aver sbagliato. Ha detto di aver perso (difficile dire il contrario). Ma non hanno vinto la Lega, il Movimento 5 Stelle o la Sinistra. Hanno vinto tutti i cittadini». C’è una rivolta in atto: sarà una rivoluzione? Il politologo Aldo Giannuli ringrazia l’elettorato giovanile, quello da 18 a 34 anni: «E’ quello che ha trainato il risultato con quasi un 70% di No». Viceversa, «le generazioni dei sessanta-ottantenni sono state quelle che hanno fatto un ultimo regalo con un 51% del Sì (a quanto pare): decisamente passano alla storia come le peggiori del secolo, le più spregevoli».Se il progetto di Renzi «fallisce e viene ripudiato dalla Repubblica Italiana», in quanto essenzialmente sleale, fondato sull’abuso di potere, come scrive Pino Cabras su “Megachip”, ora «si addensano molte nubi all’orizzonte, perché Renzi in questi suoi mille giorni non ha governato, ha rinviato, ha congelato i problemi, e ci sono sempre i poteri che vogliono spolpare l’Italia». Concorda Giannuli: «Il risultato va molto oltre la questione in sé, come sempre accade quando scattano certi numeri». E’ uno «tsunami», quello che «sta travolgendo il sistema politico». Larghe intese e altre minestre riscaldate? «Sono tutte formule esaurite, mentre sta venendo giù tutto». Ragione di più, scrive Giannuli, perché il M5S pensi davvero al da farsi, evitando passi falsi: «Gestire il successo è molto più difficile che gestire le sconfitte». Per bene che vada, prima di maggio non si voterà, e non certo con questa legge elettorale. «I partiti ne farebbero una peggiore? Possibilissimo». E’ un fatto: «Il sistema politico entra naturalmente in una fase di ristrutturazione interna che lo cambierà profondamente anche con la nascita di nuovi soggetti politici come accadde nel 1992-93 e con questa realtà occorrerà misurarsi».Com’è noto, oggi in Italia non esiste un vero piano-B, paragonabile a quello che Marine Le Pen disegna per la Francia, con il ritorno alla sovranità nazionale. Alle manfrine di Renzi contro la Ue (la minaccia del veto al bilancio comunitario) gli italiani non hanno creduto. E nella cocente bocciatura del fiorentino si possono leggere istanze precise, come scrive lo stesso Cabras: «Renzi voleva riorganizzare efficacemente il blocco sociale conservatore dopo che era crollata l’analoga funzione di Berlusconi, e voleva farlo salvaguardando una fetta ancora molto elevata del suo elettorato tradizionale proveniente da sinistra». Ma ha sbagliato: «Ha sopravvalutato la presa degli incantatori di serpenti volgari e ignoranti che aveva mobilitato, assieme alle clientele, per imbrogliare un paese affezionato alla propria Costituzione». Ricordate il referendum di aprile sulle trivelle? «Non raggiunse il quorum e i corifei renziani perculavano gli avversari con tweet irridenti. Ciaone, dicevano. Gravissimo errore di sottovalutazione». Ma anche allora gli italiani-contro erano tanti, oltre 13 milioni, «nonostante un quorum impraticabile, una propaganda assillante del governo e del Pd per spingere gli elettori a non votare, organi di stampa bugiardi e zitti».Con un’affluenza alle urne del 70% al No, per vincere, «sarebbe bastato prendersi appena un elettore su quattro di quelli che ad aprile non votarono (o votarono per tenere le trivellazioni) e vincere così con il 51%. Invece siamo ben oltre». Perché Renzi, «nella sua hybris costituzionale», ha di fatto «interpretato la propria carica fino a svilirla in una sequela di abusi: ha ridotto la Costituzione al rango di una chiacchiera da Barbara D’Urso, ha buttato a mare equilibri nati dallo studio e dal sangue per triturarli in slogan falsi (“ecco la scheda con cui voterete il Senato”, vergogna Matteo!), ha fatto di tutto per abbagliare, intimidire, costringere a schierarsi per ottenere finanziamenti che spettavano comunque agli enti locali». Senza contare le «squallide passerelle» come quella del presidente campano De Luca, per «giocare intorno al referendum fondi pubblici e risorse». Renzi «ha usato enti pubblici, televisioni, manovrine e mance», in più «ha abusato anche delle ambasciate per condizionare in modo non neutrale il voto degli italiani all’estero».Ma attenzione, conclude Cabras: «Nessuna delle forze di opposizione – alle Agende Monti, Agende Letta e Agende Renzi che ci governano da anni – può bastare a se stessa. Dovremo pensarci». E’ stata solo una micidiale “punizione” inflitta a Renzi, divenuto insopportabile ai più, o c’è anche un po’ di futuro nel voto del 4 dicembre? I 5 Stelle finora sono stati ultra-prudenti, anche su Bruxelles. Un recente sondaggio rivela che 2 italiani su 3 vogliono tenersi stretti sia l’Ue che l’euro, non collegando né l’Unione Europea dei tecnocrati né la moneta della Bce alla crisi che ha piegato l’economia nazionale. Governano, come prima, tecnocrati e banchieri: quanto impiegheranno a sostituire il loro uomo, caduto nell’imboscata democratica del 4 dicembre? O, al contrario: è credibile ipotizzare uno sviluppo non più oligarchico, sull’onda dello “tsunami” che si è abbattuto sul capo del Pd? «Renzi finirà asfaltato dai No», profetizzò tempo fa l’ex ministro socialista Rino Formica. «E il suo successore lo designerà il Vaticano».«E fanno tre. Dopo la Brexit e l’elezione di Trump, anche il referendum italiano si può tranquillamente interpretare come un calcio in faccia al pensiero mainstream, per quanto fortemente sostenuto e veicolato dai media di regime», osserva Massimo Mazzucco, mentre i dati scodellano il bruciante 6-4 che costringe Renzi a lasciare Palazzo Chigi, sommerso dal voto contrario della maggioranza degli italiani, il 70% alle urne (solo uno su tre è rimasto fermo all’astensionismo). Ma, insieme al finto “rottamatore” al servizio dei super-poteri europei e finanziari, tra gli sconfitti Mazzucco iscrive soprattutto i media: «Non ha funzionato il terrorismo mediatico contro la Brexit (“crollerà l’economia britannica”, avevano detto), non ha funzionato il terrorismo mediatico contro Trump (“finiremo nelle mani di un incapace”, avevano detto), e non ha funzionato il terrorismo mediatico a favore del Sì (“se vince il No sarà un salto nel buio”, ci hanno detto)». Cosa accadrà ora in Italia nessuno lo sa con certezza, «ma nel frattempo l’unico che può fare il suo bel salto nel buio sarà proprio Matteo Renzi». La vera notizia? «Per tre volte in un anno i media mainstream hanno tentato di condizionare il voto degli elettori su tre eventi di grande importanza internazionale, e per tre volte gli stessi elettori – grazie alla rete e all’utilizzo dei social – si sono rifiutati di farsi infinocchiare».
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Addavenì Roosevelt, ma per ora ci sono i padroni di Matteo
Sarà anche meno simpatico di prima, però è stato bravo, Matteo. Li ha messi tutti nel sacco: Bersani, Letta, Berlusconi. Poi ha fatto il Jobs Act, rottamando quel che restava dei diritti del lavoro, in un paese devastato dal rigore indotto dall’Eurozona. Quindi ha regalato a BlackRock metà di Poste Italiane, società che andava benissimo e fruttava ogni anno quasi mezzo miliardo, allo Stato. E adesso rilancia: più potere al governo, una sola Camera, o me o il diluvio. Ma è solo un esecutore, Matteo. Un esecutore ambizioso, certo, dotato di talento narrativo: è riuscito a far credere di lavorare davvero per l’Italia, anziché per i soliti grandi manovratori, da cui dipende il suo avvenire. Come Jamie Dimon, boss della Jp Morgan, quello che “la Costituzione italiana è oblsoleta, tutela ancora troppo i diritti sociali”. Dimon e Larry Fink, di BlackRock. E Michael Ledeen, super-falco dell’ultradestra americana, suo consigliere-ombra per la politica estera. E il fido Marco Carrai, legato a Israele come Yoram Gutgeld, “mente” economica del Pd renziano ridotto a cinghia di trasmissione dei supremi poteri. “Doveva” vincere, Matteo, contro il timido Letta, l’esausto Silvio, l’increscioso Bersani che consegnò l’Italia a Mario Monti, sottoscrivendo l’operazione internazionale affidata, per la regia italiana, a Giorgio Napolitano.Tutti a sparare contro Gelli, dice Gioele Magaldi, e nessuno che dica – a parte lui – che nello stesso anno in cui Berlusconi entrava nella P2, Napolitano veniva affiliato alla “Three Eyes”, la potentissima Ur-Lodge plasmata da personaggi come Kissinger e Rockefeller. Proprio alla “Three Eyes”, dice sempre Magaldi (massone progressista), il giovane Matteo sta tuttora “bussando”, sperando di essere accolto – nella “Three Eyes”, faro storico della destra massonica mondiale, ma anche presso altri «circuiti massonici neo-aristocratici, segnatamente quelli di cui è protagonista Mario Draghi», come le superlogge “Pan-Europa”, “Edmund Burke”, “Compass Star-Rose” e “Der Ring”, il cui venerabile maestro è il ministro delle finanze tedesco, il terribile Wolfgang Schaeuble. Sono informazioni ormai accessibili al pubblico: Magaldi le ha inserite nel suo libro “Massoni”, edito da Chiarelettere, che i media mainstream hanno evitato di recensire. «Non c’è la documentazione di quanto si afferma», ha detto qualcuno. Magaldi ha sempre risposto prontamente: «Ho a disposizione 6.000 pagine di documenti, se qualcuno dubita della veridicità di quanto ho lo scritto me lo dica, gli dimostrerò che si sbaglia». Silenzio assoluto, naturalmente.Tornando a Matteo: ha avuto buon gioco nel liquidare Letta («che è un esponente dell’Opus Dei», dichiara un altro analista di appartenenza massonica, Gianfranco Carpeoro, autore del dirompente saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, pubblicato da Uno Editori). Lo stesso Carpeoro aggiunge: quei “salotti” non lo vogliono, Renzi, perché allarmati – persino loro – dalla straordinaria disinvoltura del fiorentino, troppo privo di scrupoli (“Enrico stai sereno”) persino per i super-squali del massimo potere. Fatto fuori brutalmente Letta, Renzi ha illuso anche Berlusconi, facendosi credere disponibile a condividere il ridisegno strutturale del paese, dalla Costituzione alla legge elettorale. E, prima ancora, aveva bruciato sul traguardo il pessimo Bersani, inchiodato da Grillo alla “non-vittoria” del 2013. Bersani, ovvero: l’emblema della sinistra “politically correct” che ha dato a intendere agli italiani, per vent’anni, che il problema del paese era Berlusconi, e non la svendita dell’Italia ai super-padroni stranieri che manovrano i tecnocrati di Bruxelles, utilizzando l’abortita Unione Europea per svalutare le economie del Sud Europa, deindustrializzare, delocalizzare, demolire i diritti, far crollare il Pil, far esplodere il debito, ridurre l’ex classe media all’esasperazione che sta dietro al successo di Marine Le Pen e Donald Trump.I tempi stanno per cambiare? Forse, e non solo negli Usa. Lo disse, mesi fa, una delle più importanti eminenze grigie del “back office” super-massonico del potere americano, Zbigniew Brzezinki, già consigliere di Carter e stratega della globalizzazione. Ammonì Obama e la Clinton: basta provocazioni, è tempo di un accordo stabile con Russia e Cina. Su un altro piano, a queste dichiarazioni fa ora eco un altro super-potente, il francese Jacques Attali, già braccio destro di Mitterrand e “maestro” di Massimo D’Alema. L’epoca dell’austerity è finita, ha detto, ed è stata una catastrofe per l’Europa. Serve un nuovo Roosevelt che cambi faccia al vecchio continente, tornando a investire sulla spesa pubblica per produrre posti di lavoro. Sembra di sognare: nato come socialista, Attali divenne uno dei massimi artefici della politica neo-conservatrice che ha devastato l’Europa, da Maastricht in poi, precipitando nella crisi i paesi dell’Eurozona. Ora Attali ci ripensa: abbiamo sbagliato tutto, ammette. Nel suo piccolo ha sbagliato tutto anche Matteo, ultimamente, facendosi benedire dal tandem morente Obama-Hillary.Si mette male, per il referendum renziano? Chi può dirlo. Certo è che non esiste ancora un piano-B. Da una parte la Merkel e Juncker a puntellare la tecnocrazia della crisi, dall’altra l’esplosione dei cosiddetti populismi. Al povero Matteo, gli italiani credono sempre meno – e a milioni correranno a votare, anche solo per cancellargli dalla faccia il suo trionfalismo ipocrita e provinciale, ormai grottesco. Ma dov’è l’alternativa? Dov’è il nuovo Roosevelt di cui parla l’anziano Attali? Secondo un sondaggio commissionato dalla “Stampa”, due italiani su tre hanno paura di abbandonare sia l’euro che l’Unione Europea, non riconoscendo né l’uno né l’altra come le vere cause del disastro che subiscono, tra aziende chiuse, lavoratori a spasso, super-tassazione, erosione dei risparmi, zero futuro. Di fronte c’è un Everest praticamente invalicabile, la disinformazione sistemica: il debito pubblico è visto ancora come una colpa, anziché una leva di sviluppo. Le élite ci hanno lavorato per decenni: media, università, libri. Sfugge, al cittadino comune, il valore decisivo della sovranità statale. Non gliel’hanno spiegato né i sindacati né la sinistra di Bersani e quella di D’Alema, che andava a scuola da Attali quando ques’ultimo progettava l’annientamento dell’Europa. Restano i 5 Stelle, dice qualcuno. I 5 Stelle, appunto. Il nuovo Roosevelt può attendere.Sarà anche meno simpatico di prima, però è stato bravo, Matteo. Li ha messi tutti nel sacco: Bersani, Letta, Berlusconi. Poi ha fatto il Jobs Act, rottamando quel che restava dei diritti del lavoro, in un paese devastato dal rigore indotto dall’Eurozona. Quindi ha regalato a BlackRock metà di Poste Italiane, società che andava benissimo e fruttava ogni anno quasi mezzo miliardo, allo Stato. E adesso rilancia: più potere al governo, una sola Camera, o me o il diluvio. Ma è solo un esecutore, Matteo. Un esecutore ambizioso, certo, dotato di talento narrativo: è riuscito a far credere di lavorare davvero per l’Italia, anziché per i soliti grandi manovratori, da cui dipende il suo avvenire. Come Jamie Dimon, boss della Jp Morgan, quello che “la Costituzione italiana è oblsoleta, tutela ancora troppo i diritti sociali”. Dimon e Larry Fink, di BlackRock. E Michael Ledeen, super-falco dell’ultradestra americana, suo consigliere-ombra per la politica estera. E il fido Marco Carrai, legato a Israele come Yoram Gutgeld, “mente” economica del Pd renziano ridotto a cinghia di trasmissione dei supremi poteri. “Doveva” vincere, Matteo, contro il timido Letta, l’esausto Silvio, l’increscioso Bersani che consegnò l’Italia a Mario Monti, sottoscrivendo l’operazione internazionale affidata, per la regia italiana, a Giorgio Napolitano.
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Carpeoro: Renzi è finito. E’ solo, nessuno si fida più di lui
Napolitano è stato il garante di Renzi nei confronti del sistema economico-finanziario europeo e degli altri capi di Stato: nessuna sorpresa, quindi, che oggi si schieri con Renzi. Ma il problema è che il referendum è solo lo strumento per far fuori Renzi. E un sostituto di Renzi già pronto in realtà non c’è, neanche il leader grillino Di Maio. Quindi passerebbe un altro annetto: prima di eliminarlo vogliono che Renzi rantoli, per un bel po’ di tempo. E Napolitano, che è stato il suo garante nazionale e internazionale, non ci sta. Ma questo cosa cambia? Il voto del 4 dicembre non cambia niente, gli italiani sono destinati a subire le stesse cose che subivano prima del referendum. Le cose cambieranno solo per Renzi. Perché anche il potere, nel senso più deteriore del termine, richiede una rete di complicità. E Renzi ha commesso un errore: al di là del sostegno che gli ha dato Napolitano, in questo momento è politicamente solo. Non ha più nessuna complicità: i possibili complici li ha “solàti” tutti. Berlusconi, Letta, D’Alema, Bersani: non ha mantenuto nessuno degli impegni che, con loro, aveva preso verbalmente. E quindi adesso è drammaticamente solo, sta precipitando in un dirupo e non trova nessun appiglio per fermare la caduta.Anche la gestione più deteriore possibile del potere richiede una rete di connivenze e di complicità, e Renzi queste connivenze e complicità non le trova più da nessuna parte: non è stato neanche creduto sul fatto di cambiare la legge elettorale. La gente, ormai, prima di credere a un impegno fatto verbalmente da Renzi gli dice “vabbè, fatti un’ipoteca sulla casa, firma una cambiale, e vediamo se lo mantieni”. Perché nessuno si fida più di Renzi. Avendo “solàto” tutti i possibili complici, in questo momento è assolutamente solo. Ora, nel leader di potere, questo tipo di solitudine crea un cambiamento nell’assetto psicologico: nella disgrazia, ti senti perdente perché la gente non si fa più trovare al telefono. Oggi lo spettro della sua (probabile) sconfitta non riesce più a inquadrarlo, anche perché ha motivo di temere la stessa vittoria: anche se vince, continua a non avere più la possibilità di avere delle complicità. Potrà giocarsela alle elezioni, tra un anno, ma ci deve arrivare: e sarà dura. Sta toccando con mano che probabilmente si è messo in un cul de sac dal quale non troverà vie d’uscita, perché la fiducia dei suoi possibili complici non la ritroverà più. Non ha più energia, né forza. E la gente l’ha percepito, l’isolamento di Renzi. Ormai lo vede con occhi diversi: le stesse cose che fa non hanno più lo stesso peso. E una persona totalmente isolata, dove va?Renzi, di suo, non ha nessuna voglia di entrare nella massoneria. Voleva entrare nel circolo internazionale delle Ur-Lodges, che è cosa diversa – voleva entrare soprattutto nel circuito di quelle conservatrici, perché in quelle progressiste non si è neanche peritato di provare a entrare. Siccome il circolo delle Ur-Lodges gli ha detto “no, prima devi diventare massone, poi vediamo la tua posizione”, lui allora ha cercato di entrare nella massoneria italiana. Ma è stata una scusa, da parte delle Ur-Lodges, perché tante volte hanno ammesso gente che non era nella massoneria, non erano iniziati massoni, e altre volte hanno fatto iniziazioni massoniche fittizie in logge di comodo per far entrare qualcuno. Quindi Renzi ha bussato anche alle porte della massoneria italiana tradizionale solo perché gli era stata data quella risposta. Il problema è che anche la massoneria italiana tradizionale, pur nello stato in cui è messa adesso, gli ha risposto picche. Perché Renzi non aveva garanti: non aveva nessuno che garantisse per lui. Persino Napolitano, che ha accettato di fargli da garante politico, si è rifiutato di fargli da garante massonico, o para-massonico. E questo perché? Perché si era già alterata la fiducia personale, in Renzi.Il garante, in massoneria si chiama “fratello presentatore”: qualcuno ti deve presentare, per entrare in massoneria. Devi averlo, un “fratello presentatore”, che è responsabile di te. Se presenti una persona sbagliata è un errore grave, che pregiudica anche la valutazione del “fratello presentatore”: nel senso che, un domani, se questo “fratello presentatore” deve concorrere per fare il “venerabile” di una loggia, il parere di quelli che servono perché lui faccia il “venerabile” può essere negativo: se non hai saputo giudicare uno, puoi non saper giudicare una loggia intera. Oggi, peraltro, nel 90% dei casi si entra in qualcosa che non coincide più con la dottrina, con le tradizioni e con lo schema originario della massoneria, che era vocato all’evoluzione spirituale. Oggi la massoneria diventa quello che conviene al potere del posto, nella migliore delle ipotesi diventa una specie di Rotary o Lions, oppure diventa funzionale a schemi di malaffare, o a esigenze politiche – tutto diventa, meno che la cosa originaria.Renzi è uno che non mantiene gli impegni: e questo, pure tra i delinquenti, è un difetto grave. Renzi è uno che non mantiene la parola; si è diffusa, questa cosa. L’aura di entusiastico consenso popolare che lo ha circondato all’inizio, nei settori non popolari era già incrinata, per le modalità con cui ha preso il posto di Letta e le modalità con cui ha praticamente raggirato Berlusconi e lo stesso D’Alema, che all’inizio lo aveva appoggiato perché gli aveva promesso un posto da commissario europeo che poi non gli ha dato. Anche tra persone equivoche funziona così: se lo fai una volta ti possono perdonare, ma se lo fai sempre la gente ragiona e pensa “lo farà anche con me”. Quindi in questa maniera Renzi si è isolato, tutti i suoi problemi dipendono dall’isolamento totale che ha attorno: nessuno si fida più di lui, né quelli che non sono come lui (che sono tanti e, purtroppo, passivi), né quelli che sono come lui.(Gianfranco Carpeoro, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta streaming del 27 novembre 2016, su YouTube).Napolitano è stato il garante di Renzi nei confronti del sistema economico-finanziario europeo e degli altri capi di Stato: nessuna sorpresa, quindi, che oggi si schieri con Renzi. Ma il problema è che il referendum è solo lo strumento per far fuori Renzi. E un sostituto di Renzi già pronto in realtà non c’è, neanche il leader grillino Di Maio. Quindi passerebbe un altro annetto: prima di eliminarlo vogliono che Renzi rantoli, per un bel po’ di tempo. E Napolitano, che è stato il suo garante nazionale e internazionale, non ci sta. Ma questo cosa cambia? Il voto del 4 dicembre non cambia niente, gli italiani sono destinati a subire le stesse cose che subivano prima del referendum. Le cose cambieranno solo per Renzi. Perché anche il potere, nel senso più deteriore del termine, richiede una rete di complicità. E Renzi ha commesso un errore: al di là del sostegno che gli ha dato Napolitano, in questo momento è politicamente solo. Non ha più nessuna complicità: i possibili complici li ha “solàti” tutti. Berlusconi, Letta, D’Alema, Bersani: non ha mantenuto nessuno degli impegni che, con loro, aveva preso verbalmente. E quindi adesso è drammaticamente solo, sta precipitando in un dirupo e non trova nessun appiglio per fermare la caduta.
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Ma perché votare No, se poi comanda la mafia euro-Ue?
«L’orrenda verità è che qui in Italia ci possono lasciare un Senato, due, otto, o toglierlo e farne uno di bambù, o possono farne uno coi Sette Nani, Totti e la Blasi, ma qui in Italia non cambia nulla». Per Paolo Barnard, l’unico No che avrebbe senso, il 4 dicembre, «sarebbe quello di un’Italia dove la cittadinanza poi si fa sentire, sia dalla Camera che dal Senato, per riprendersi i suoi diritti», che ci sono stati “scippati”, nell’ultimo quarto di secolo, da governi e Parlamenti sostanzialmente d’accordo sul grande piano: rottamare l’Italia, asservendola al super-potere del business imposto da Bruxelles con la revoca della sovranità nazionale. Se si capisce questo, perché mai votare? «Per mantenere un sistema bicamerale che dal 1992 a oggi ha solo firmato la distruzione d’Italia? E’ questo il sistema bicamerale che volete mantenere?», si domanda Barnard. Senza un vero No al regime Ue e all’Eurozona, ogni altro voto è perfettamente inutile, sostiene il giornalista, autore del saggio “Il più grande crimine”, nel quale mostra come l’Italia sia stata “terminata”, per volere dell’élite finanziaria, col pieno consenso dei politici al potere, di destra e di sinistra.La lista degli eventi catastrofici è sterminata: «Governi tecnici fino all’ultimo D’Alema, poi Monti e Letta», quindi «le 14, diventate poi più di 36, nuove flessibilità sul lavoro dal ‘Baffetto’ in poi», senza contare «gli interventi militari», cioè «crimini contro l’umanità» in Kosovo, Afghanistan, Iraq, poi «l’appoggio italiano al disastro libico». Ma anche «i salvataggi bancari da Tremonti in poi, per ben oltre 110 miliardi di euro». E soprattutto: «I Trattati di Maastricht, Lisbona, Europact, Six Pack, Fiscal Compact, Pareggio di Bilancio in Costituzione». E ancora: l’Efsf, il Mes, l’European Semester e tutto l’impianto dell’Eurozona, «che certificarono la più indicibile perdita di sovranità monetaria, parlamentare e costituzionale della storia d’Italia, e lo sprofondamento del paese nei Piigs», da cui «lo scannatoio-pensioni della riforma Fornero/Modigliani, l’attacco all’articolo 18 e la finanziarizzazione del diritto di pensionamento, il Jobs Act e il resto dell’abominio della nano-economia di Renzi», con in mezzo «le spending review di Cottarelli e Grilli, il massacro civile dei Patti di Stabilità dei Comuni».Barnard denuncia anche «la violazione di 17 articoli della Costituzione italiana per mano dei governi Monti e Letta col benestare di Napolitano», nonché «la continuata umiliazione di Roma che bela pietà a Bruxelles prima di poter passare una legge di bilancio, o per poter spendere 10 euro per i cataclismi naturali o per l’arrivo dei migranti, mentre Francia e Germania se ne sbattono il cazzo di Bruxelles dal primo giorno dell’entrata in Eurozona». Da segnalare anche «la mancata regolamentazione delle più fallite banche di tutta Europa con 360 miliardi di euro di buchi contabili», e poi «gli aumenti di Iva proiettati al 24% e una pressione fiscale oscillante dal 44 al 72% reali, la seconda più alta al mondo». E chi ha votato questo abominio? Chi non vi si è opposto? «Risposta: una Camera dei Deputati, e un Senato, italiani. E adesso mi si viene a dire che l’apocalisse della democrazia italiana è l’eliminazione di quel Senato? Ah, perché prima invece ci tutelava?». Per Barnard, mantenere un Senato in Italia, «dopo la sua vomitevole performance degli ultimi 24 anni», ha un senso «solo e la cittadinanza capisce che non è una questione di avere Camere, Senati, sgabuzzini e tinelli», ma sovranità vera.La questione, insiste Barnard, è «avere una cittadinanza che capisca cosa pretendere da Camere e Senati, e che pretenda subito: via dall’Eurozona dell’economicidio, via dall’Europa dei tecnocrati, dal mostro di Bruxelles». Bisogna «riprendersi tutte le sovranità: legislative, monetarie, costituzionali». Occorre «capire le operazioni monetarie per ottenere la piena occupazione, il dominio pubblico sul sistema finanziario e la supremazia dell’interesse pubblico sui profitti del settore privato», e cioè «espandere il deficit di Stato a moneta sovrana, fino alla rinascita del paese». Ma Barnard è ultra-pessimista: «Nulla mai cambierà, per noi, anche con una o due Camere, due o cinque Senati, perché quell’opinione pubblica che capisca cosa pretendere da un Parlamento non ce l’abbiamo». In Gran Bretagna c’è un bicameralismo ‘snello’ che ha una specie di Senato, i Lords, che costano la metà del nostro Senato e non possono bocciare le leggi della Camera. «Ma di chi è il merito della più grande rivoluzione europea dal 1848, quella esplosa il 23 giugno con Brexit? Non certo del loro bicameralismo ‘snello’. E’ dei britannici, che si sono fatti sentie dalla politica sul tema vitale per il loro paese, ovvero la fuga dall’Unione Europea dell’economicidio». Da noi invece c’è solo Grillo, conclude Barnard: un «buffone stellato», che agli speculatori non fa nessuna paura.«L’orrenda verità è che qui in Italia ci possono lasciare un Senato, due, otto, o toglierlo e farne uno di bambù, o possono farne uno coi Sette Nani, Totti e la Blasi, ma qui in Italia non cambia nulla». Per Paolo Barnard, l’unico No che avrebbe senso, il 4 dicembre, «sarebbe quello di un’Italia dove la cittadinanza poi si fa sentire, sia dalla Camera che dal Senato, per riprendersi i suoi diritti», che ci sono stati “scippati”, nell’ultimo quarto di secolo, da governi e Parlamenti sostanzialmente d’accordo sul grande piano: rottamare l’Italia, asservendola al super-potere del business imposto da Bruxelles con la revoca della sovranità nazionale. Se si capisce questo, perché mai votare? «Per mantenere un sistema bicamerale che dal 1992 a oggi ha solo firmato la distruzione d’Italia? E’ questo il sistema bicamerale che volete mantenere?», si domanda Barnard. Senza un vero No al regime Ue e all’Eurozona, ogni altro voto è perfettamente inutile, sostiene il giornalista, autore del saggio “Il più grande crimine”, nel quale mostra come l’Italia sia stata “terminata”, per volere dell’élite finanziaria, col pieno consenso dei politici al potere, di destra e di sinistra.
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Carotenuto: parla Renzi, ma a decidere è Michael Ledeen
Siccome si sono resi conto del fatto che la gente sempre meno sopporta la centralizzazione europeista, i renziani hanno deciso di fare finta di essere antieuropeisti e minacciano addirittura la “disgregazione” della Ue. Hanno posto un veto al bilancio comunitario, in quanto non tiene conto delle esigenze italiane. Che non tenga conto delle vere esigenze degli italiani ce ne eravamo accorti da sempre, ma i vari Ciampi, Prodi, Napolitano, Letta, Monti, Mattarella e Renzi hanno sempre detto il contrario: «Ci vuole più Europa», hanno proclamato fino a ieri in ogni occasione, anche a sproposito. Come soluzione panacea di qualsiasi problema. Ci prendevano in giro prima come Renzi ci prende in giro adesso. Ora per loro il problema è vincere il referendum, con la gente che non vuole questa riforma costituzionale. Con la gente che non si fida del “sistema” e di quello che propone. Il problema è che a non volerla non è solamente quel 30% più maturo del paese, ma anche le parti più immature. E non è solo la gente a non volerla: i partiti contrari vanno dai comunisti a Casapound, passando per 5 Stelle e Lega, oltre ad un grupetto di livorosi oppositori interni nel Pd.Questa singolare “ammucchiata” di oppositori politici rende facile per i renziani sbandierare che tutti i peggiori sono contrari a questa “luminosa” riforma che farà risorgere il paese. E’ fin troppo semplice dire: “Casapound vota No, e tu non vuoi essere come Casapound, vero?” Ora il suo obiettivo è la maggioranza dormiente, quella che nelle democrazie occidentali c’è sempre. E che non si fa tante domande… Di quelli che stanno lì nel sonno profondo e sognano di poter vivere tranquilli senza informarsi bene, senza occuparsi di politica in modo consapevole. Quella maggioranza fatta di gente che vota Pd e che si fida comunque del leader, di altri che si bevono la panzana del rinnovamento del paese e della diminuzione dei costi della politica, di quelli che sono contenti dei loro 80 euro mensili in più, degli altri che vogliono andare in pensione prima e che pensano di dover ringraziare Renzi… e di quelli sonnecchianti, ai quali basta raccontare di giorno in giorno un po’ di balle: come l’aumento improvviso del Pil (un ridicolo 0,9%, per altro assai sospetto persino per “Repubblica”), la finta eliminazione del bicameralismo, la riforma elettorale da fare “dopo” il referendum, la falsa chiusura di Equitalia.Da un paio di giorni hanno persino riesumato il fantasma dello spread, poverino: riposava tanto bene da anni… Renzi le sta provando tutte. Ha veramente paura di dover andare a casa. E gira insistentemente la Sicilia alla ricerca dei voti della mafia e dei comitati d’affari. La parola d’ordine è “Ponte sullo Stretto”. Un ponte pericoloso e che non serve, ma che darebbe tantissimi soldi nostri a tutti i comitati d’affari siciliani e oltre. E manda lettere agli italiani all’estero promuovendo il Sì ed impedendo al comitato del No di fare altrettanto, rifiutandogli l’accesso alle liste di indirizzi. Del resto Renzi non avrebbe alcun problema – pur di sopravvivere politicamente – a trasformarsi da ”Clinton” in “Trump”. Tanto sarebbe tutto finto… solo questione di darla a bere agli italiani. E poi lui non gode solamente dell’appoggio della sinistra americana, quella clintoniana e obamiana, ma anche della destra di sostegno a Trump, attraverso personaggi inquietanti come Michael Ledeen, vera e propria ombra sul gabinetto Renzi. Potenza trasversale degli ambienti massonici…Sì, proprio Michael Ledeen, quello delle mene americane sul caso Moro, quello espulso perfino dai nostri servizi segreti perché troppo intrigante, quello legato alla P2, quello coinvolto nel Nigergate e nello scandalo Iran-Contra, quello che per conto del reazionario Reagan si scontrò con Craxi nella notte di Sigonella (Craxi pagò amaramente quel gesto di indipendenza dagli Usa). Quello di cui non si sanno la maggior parte delle cose che ha combinato in Italia, e sarebbe bene saperle… Quello che vuole che gli Stati Uniti aumentino radicalmente il livello dei loro interventi militari nel mondo. Quel Ledeen che è da anni intimo del pupillo di Renzi, Carrai, il cui ruolo è quello di coordinare i servizi segreti italiani… Quello che lavora per la Cia e per il Mossad contemporaneamente…E’ chiaro, solo un segnale forte da parte degli italiani potrà porre almeno un freno a questa deriva anti-democratica: un bel No al referendum. Non vogliamo perdere ancora più rappresentatività, non vogliamo ancora più centralizzazione. Non vogliamo più multinazionali a rovinare il nostro territorio… Senato, regioni e province funzionano male? E allora facciamoli funzionare bene invece di abolirli… invece di togliere loro potere e abolirle, lasciando tutto in mano a pochi oscuri funzionari centrali influenzati da lobbisti predatori di tutte le razze. Lontanissimi dal controllo e dalla vigilanza delle popolazioni locali. Quanto aveva già ragione Dante: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!”. Ora il nocchiere c’è, ma è quello sbagliato, e la sua intenzione è proprio quella di aumentare il “bordello” a favore di poteri diversi da noi. Ed è singolare il profetico riferimento di Dante alle province. Forza, non dormiamo: diamoci da fare per il No.(Fausto Carotenuto, “Pur di vincere il referendum Renzi ora fa anche finta di essere antieuropeista”, da “Coscienze in Rete” del 16 novembre 2016).Siccome si sono resi conto del fatto che la gente sempre meno sopporta la centralizzazione europeista, i renziani hanno deciso di fare finta di essere antieuropeisti e minacciano addirittura la “disgregazione” della Ue. Hanno posto un veto al bilancio comunitario, in quanto non tiene conto delle esigenze italiane. Che non tenga conto delle vere esigenze degli italiani ce ne eravamo accorti da sempre, ma i vari Ciampi, Prodi, Napolitano, Letta, Monti, Mattarella e Renzi hanno sempre detto il contrario: «Ci vuole più Europa», hanno proclamato fino a ieri in ogni occasione, anche a sproposito. Come soluzione panacea di qualsiasi problema. Ci prendevano in giro prima come Renzi ci prende in giro adesso. Ora per loro il problema è vincere il referendum, con la gente che non vuole questa riforma costituzionale. Con la gente che non si fida del “sistema” e di quello che propone. Il problema è che a non volerla non è solamente quel 30% più maturo del paese, ma anche le parti più immature. E non è solo la gente a non volerla: i partiti contrari vanno dai comunisti a Casapound, passando per 5 Stelle e Lega, oltre ad un grupetto di livorosi oppositori interni nel Pd.
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Renzi presto a casa, ma intanto il lavoro sporco l’ha fatto
Il fenomeno Renzi può essere considerato come la risposta dell’establishment all’ascesa folgorante del M5S: banche, Confindustria, Marchionne, De Benedetti e lo stesso Berlusconi hanno puntato sul ricambio del vecchio gruppo dirigente del Pd ormai logoro e privo di qualsiasi spinta propulsiva. E così è stato creato Renzi il gran Rottamatore, una delle figure più reazionarie del periodo repubblicano. Renzi aveva il compito di fare esattamente quello che hanno fatto Monti e Letta, però doveva sembrare diverso agli occhi della gente perché il tracollo di Monti alle elezioni del 2013 scottava ancora. Renzi è stata una mossa giusta per le élite. Ha retto 3 anni, che è moltissimo per qualcuno incaricato di attuare politiche impopolari. Sparirà probabilmente nel 2018, se non prima, ma ha fatto quello di cui aveva bisogno chi l’ha messo lì: oltre ad aver ricoperto le imprese di incentivi che non sono serviti a rilanciare la nostra economia, ha finalmente spazzato via i diritti dei lavoratori.
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Magaldi: altro che Silvio e Gelli, il burattinaio è Napolitano
«Giorgio Napolitano? Ne penso molto male. Nello stesso anno in cui Berlusconi veniva iscritto alla P2, è stato iniziato alla Ur-Lodge “Three Eyes”, una superloggia internazionale antidemocratica, di cui la P2 non era altro che una succursale subalterna». Così Gioele Magaldi ai microfoni di “Colors Radio”, in una trasmissione dedicata all’approfondimento dell’attualità politica, italiana e internazionale. E il guaio è, aggiunge Magaldi, autore del saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata”, che Napolitano è tuttora il grande manovratore della crisi italiana, apertamente a favore del Sì al referendum renziano. «Non mi piace l’idea di un Senato che permane, ma non è più eletto direttamente dal popolo sovrano», premette Magaldi, massone progressista, presidente del Movimento Roosevelt e gran maestro del Grande Oriente Democratico. «C’è qualcosa di grave», dice, nel Senato-fantasma della riforma renziana. Ovvero: «Abituare i cittadini, in modo sublimimale, all’idea che ci possano essere organi istituzionali di un certo peso che non sono eletti direttamente». E’ una legittimazione dell’orribile Europa dei tecnocrati. «Ed è l’idea, spregevole, offerta da un Eugenio Scalfari che, passati i 90 anni, ha gettato la maschera definitivamente, nelle sue pulsioni antidemocratiche».Di recente, il fondatore di “Repubblica” ha infatti rivendicato la convinzione che la democrazia non sia altro che una forma di oligarchia “illuminata”. «Scalfari – continua Magaldi – si inscrive benissimo in quell’ideologia propagata a partire dagli anni 70, di matrice “Three Eyes”, di organizzazione delle società lasciando formalmente esistere la democrazia ma svuotandola di sostanza e dando il vero potere a organi oligarchici e possibilmente anche tecnocratici». Fino a ieri, aggiunge Magaldi, Scalfari avrebbe dissimulato un pensiero del genere, come tuttora fanno i costruttori di questo ordine europeo e globale sostanzialmente non democratico. Ora invece Scalfari “non si tiene più”, parla senza infingimenti e senza veli: «Lo dice in faccia, al popolo: tu non sei sovrano, ed è bene che non sia sovrano. Se però il popolo mantiene la sua ignoranza, poi legittima anche questi cattivi maestri, che immginano di poter dire in modo impudente “viva l’oligarchia, abbasso la democrazia”». Cattivi maestri tra i quali Magaldi annovera con decisione lo stesso Napolitano, che definisce un uomo senza scrupoli, affiliato a una potentissima organizzazione oligarchica internazionale come la “Three Eyes”.Non regge neppure il paragone con un altro super-massone, Carlo Azeglio Ciampi, che – col divorzio di Bankitalia dal Tesoro – compromise il futuro della sovranità nazionale. «Ciampi ha molte gravi responsabilità riguardo al pessimo modo in cui l’Italia è entrata nell’Eurozona e la stessa Eurozona è stata costruita, insieme a questa Europa tecnocratica e antidemocratica», dichiara Magaldi. «Però poi, quando è stato presidente della Repubblica, è stato molto proficuo nel riportare i valori risorgimentali e unitari, e anche nell’arginare certe intemperanze un po’ sgangherate dell’allora presidente del Consiglio Berlusconi». Quindi Ciampi «ha fatto molto male fino all’elezione al Quirinale». Poi, quando diventò presidente «ormai il male era fatto». Però bisogna ammettere che «ha fatto anche qualcosina di buono». Napolitano, invece, no: «Ne penso tutto il male possibile, lo considero un avversario, un antagonista, di cui riconosco semmai la raffinata abilità». Fin dall’inizio della sua lunghissima carriera politica, continua Magaldi, Giorgio Napolitano «si è distinto per spregiudicatezza, cinismo e, francamente, per una sua vocazione autenticamente oligarchica e antidemocratica».Nella prima fase della sua storia «è stato fra i togliattiani filo-stalinisti che criticavano i compagni che protestavano per l’invasione sovietica dell’Ungheria». Poi, quando il vento gli sembrava cambiato, «è stato tra i protagonisti della cosiddetta corrente “migliorista” del Pci che dialogava anche ufficialmente con gli Stati Uniti e col mondo democratico occidentale». Napolitano è stato poi tante altre cose, «ma tutto quello che ha fatto l’ha fatto promuovendo se stesso, quindi con una grande cura del suo interesse e della sua ascesa personale». Non era nella P2, ma nella “Three Eyes” sì, dichiara Magaldi: fu affiliato proprio mentre il Cavaliere entrava nella rete di Gelli, che in Italia suscitò enorme scandalo. Peccato però che la P2 fosse solo la succursale italiana, e minore, della grande superloggia di Kissinger. Naturalmente, l’interessato non ha mai confermato: «Nonostante interrogazioni di parlamentari del Movimento 5 Stelle, non c’è mai stata risposta su questa affiliazione». Eppure, insiste Magaldi, «proprio in quanto rappresentante della “Three Eyes”, Napolitano ha favorito lo scandaloso avvento di Mario Monti al potere, un Monti insignito anche del ruolo di senatore a vita con relativa indennità».Monti? «Dovrebbe un giorno essere chiamato a rispondere dei danni gravissimi, economici e civili, che ha causato al nostro paese». Anche di questo, conclude Magaldi, bisogna ringraziare Napolitano, che «è stato il padre dell’operazione Monti». Poi è stato anche «il padre dell’operazione Enrico Letta», prima di dover «subire in qualche modo l’avvento di Matteo Renzi». E adesso, nonostante si sia dimesso da presidente della Repubblica, «continua a fare il grande burattinaio, il grande manovratore, come ha senpre fatto». Ma attenzione: «Un personaggio così non ha nemmeno bisogno di fare il presidente della Repubblica per avere questo tipo di potere, che gli deriva dalle sue ascendenze massoniche di segno neo-aristocratico». Non c’è da stupirsi, dunque, che resti in cabina di regia: evidentemente è il super-garante di poteri fortissimi, gli stessi peraltro che tifano per la vittoria di Renzi al referendum.«Giorgio Napolitano? Ne penso molto male. Nello stesso anno in cui Berlusconi veniva iscritto alla P2, è stato iniziato alla Ur-Lodge “Three Eyes”, una superloggia internazionale antidemocratica, di cui la P2 non era altro che una succursale subalterna». Così Gioele Magaldi ai microfoni di “Colors Radio”, in una trasmissione dedicata all’approfondimento dell’attualità politica, italiana e internazionale. E il guaio è, aggiunge Magaldi, autore del saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata”, che Napolitano è tuttora il grande manovratore della crisi italiana, apertamente a favore del Sì al referendum renziano. «Non mi piace l’idea di un Senato che permane, ma non è più eletto direttamente dal popolo sovrano», premette Magaldi, massone progressista, presidente del Movimento Roosevelt e gran maestro del Grande Oriente Democratico. «C’è qualcosa di grave», dice, nel Senato-fantasma della riforma renziana. Ovvero: «Abituare i cittadini, in modo sublimimale, all’idea che ci possano essere organi istituzionali di un certo peso che non sono eletti direttamente». E’ una legittimazione dell’orribile Europa dei tecnocrati. «Ed è l’idea, spregevole, offerta da un Eugenio Scalfari che, passati i 90 anni, ha gettato la maschera definitivamente, nelle sue pulsioni antidemocratiche».
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I poteri forti voglion sfrattare Renzi. Il motivo? Terrificante
Tutto cominciò cinque anni fa alla Leopolda quando sul palcoscenico della stazione ferroviaria di Firenze si affacciava quello che all’epoca era considerato poco più di un giovanotto rampante e piuttosto arrogante, uno di quelli con la parlata svelta ma che non si preoccupa troppo di quello che dice. Matteo Renzi esordiva così nella politica italiana, parlando della necessità di una rottamazione della vecchia classe dirigente del Pd, incapace di interpretare al meglio i cambiamenti del futuro e ormai troppo legata ad un passato fatto di effigi e simboli che non appartengono più alla sinistra moderna. Dentro il Pd, non fu accolto bene. D’Alema, Marini e Bersani non hanno mai visto con favore l’avvento di questo giovane spregiudicato e arrampicatore, ma hanno ingoiato il rospo della sua ascesa perché così era stato deciso dai piani alti dell’Europa e di Washington. Quando Renzi venne scelto come sostituto di Enrico Letta, l’intera stampa italiana e internazionale si schierò tutta come un sol uomo a favore dell’ex sindaco di Firenze. La presenza del rottamatore nei media era bulimica, e invadeva tutti gli spazi delle principali reti nazionali a ogni ora del giorno.Confindustria e De Benedetti ne decantavano le lodi, vedevano nella sua figura l’uomo che avrebbe una volta per tutte infranto quei tabù che tutti i governi precedenti non avevano osato sfidare. È stato così per la riforma dell’articolo 18, un passaggio storico che ha inferto un duro colpo al già provato edificio dello Stato sociale e ha concesso un potere ancora maggiore al grande capitale dell’industria italiana. Nessuno era riuscito in questo, né i vecchi ex compagni di una volta come D’Alema avrebbero potuto riuscirci. Il motivo è apparentemente intuitivo quanto semplice: per approvare delle riforme del genere occorreva costruire un logos di novità, di immagine giovane e fresca di cui la classe dirigente del Pd era del tutto priva. I media hanno contribuito e alimentato quel logos falso e artificiale per permettere di descrivere le riforme renziane come un enorme passo in avanti per la società italiana, quando esse rappresentano un salto all’indietro di 60 anni, azzerando decenni di conquiste e lotte sindacali.Da qui la fiducia in bianco al rottamatore da tutti gli ambienti che contano: dalla finanza anglosassone per mezzo del “Financial Times”, dalla cancelliera Angela Merkel che vedeva in Renzi una garanzia che l’Italia non violasse il teorema dell’austerità e rimanesse ben salda all’euro, fino alle istituzioni europee sicure che il Belpaese nelle mani del governo Renzi non fosse più una minaccia per la stabilità dell’Ue. Ora l’idillio sembra essere finito. La Commissione Europea solamente pochi mesi fa ha descritto Renzi come un personaggio «inaffidabile», l’ingegner De Benedetti si schiera per il No al referendum e il “Financial Times” condanna la riforma costituzionale definendola come «un ponte verso il nulla». Dunque il potere attrattivo dell’uomo nuovo sembra esaurito, gli ambienti un tempo di casa lo considerano ora un ospite indesiderato al quale va mostrata l’uscita per fare spazio ad altri invitati più graditi. Se dunque gli sponsor di Renzi gli voltano le spalle, e preferiscono schierarsi apertamente per il No al referendum, appare evidente che l’intenzione è quella di provocare un cambio nella politica italiana.Sebbene le riforme costituzionali siano state pensate principalmente per dare ancora più potere alle istituzioni europee e abrogare il titolo V (ultimo ostacolo per le privatizzazioni delle municipalizzate ancora in mano agli enti locali) i poteri esteri e italiani preferiscono adesso votare No per favorire così una probabile crisi di governo i cui esiti porteranno a tutto tranne che a elezioni anticipate. Negli anni passati il Quirinale ha sempre rimandato l’opzione delle urne, viste come fonte di instabilità dai mercati, e ha preferito sempre cercare una soluzione per mantenere in vita la legislatura. Da Monti in poi, è stato impedito ai cittadini italiani di potersi esprimere nel nome di logiche sovranazionali che chiedevano la prosecuzione delle legislature, così da mantenere inalterato lo status quo e guadagnare terreno sullo smantellamento dello Stato sociale italiano.Ora però per continuare su quel cammino è necessario un altro cambio perché il tempo di Renzi è finito. E il referendum pare quasi diventato lo strumento migliore per dare il benservito a Renzi. In caso di un’eventuale sconfitta al referendum farà di tutto per restare al suo posto ma non ci riuscirà. È molto più probabile l’entrata in scena di un governo tecnico o di larghe intese: in entrambi i casi sarebbero approvate altre “riforme” che il premier precedente governo non aveva la forza di approvare. Il cammino degli ultimi 5 anni è stato così, si designa un premier dall’esterno e si giustifica la sua ascesa con la situazione interna di emergenza indotta. Una volta che lo scopo è stato raggiunto e occorre passare alla fase successiva, gli si dà il benservito e si passa al nuovo personaggio da sostenere, che può essere anche un vecchio riciclato. Monti, Letta e Renzi sono saliti al potere con questo schema. Chi verrà dopo di loro dovrà portare a termine il lavoro iniziato da questi. Svendere completamente gli asset più importanti dello Stato e aggredire il risparmio degli italiani.(Paolo Becchi e Cesare Sacchetti, “Ai poteri forti serve un nuovo governo. Il motivo? Terrificante”, da “Il Giornale” del 7 ottobre 2016).Tutto cominciò cinque anni fa alla Leopolda quando sul palcoscenico della stazione ferroviaria di Firenze si affacciava quello che all’epoca era considerato poco più di un giovanotto rampante e piuttosto arrogante, uno di quelli con la parlata svelta ma che non si preoccupa troppo di quello che dice. Matteo Renzi esordiva così nella politica italiana, parlando della necessità di una rottamazione della vecchia classe dirigente del Pd, incapace di interpretare al meglio i cambiamenti del futuro e ormai troppo legata ad un passato fatto di effigi e simboli che non appartengono più alla sinistra moderna. Dentro il Pd, non fu accolto bene. D’Alema, Marini e Bersani non hanno mai visto con favore l’avvento di questo giovane spregiudicato e arrampicatore, ma hanno ingoiato il rospo della sua ascesa perché così era stato deciso dai piani alti dell’Europa e di Washington. Quando Renzi venne scelto come sostituto di Enrico Letta, l’intera stampa italiana e internazionale si schierò tutta come un sol uomo a favore dell’ex sindaco di Firenze. La presenza del rottamatore nei media era bulimica, e invadeva tutti gli spazi delle principali reti nazionali a ogni ora del giorno.
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L’Italia è sovragestita dalla P1, massoni traditori e terroristi
Dietro la nascita del 5 Stelle ci sono degli equivoci, e dei personaggi equivoci. Chi sta dietro Grillo si è abbastanza impegnato, coinvolgendo i livelli più alti dei 5 Stelle, in una frequentazione abituale di luoghi, ambasciate e consolati americani dove ricevono indicazioni che purtroppo poi mettono in pratica. Quindi il problema è che noi in Italia siamo sovragestiti. Non mi riferisco a tutto il mondo americano, ma a delle massonerie reazionarie che sono specializzate nel controllo delle rivoluzioni: praticano le contro-rivoluzioni controllando le rivoluzioni. E’ una vecchia pratica, è un’operazione riuscita a grandissimi livelli. Se pensate che in questo momento, tramite ambienti americani piuttosto precisi, figure come Michael Ledeen e compagnia cantante sponsorizzano tanto Renzi che Di Maio, ho l’impressione che il voto del referendum per certi aspetti sia inutile. Perché se Renzi vince (Renzi, non la riforma) diventa forte e ce lo dobbiamo tenere. Se Renzi perde, e diventa debole, ce lo teniamo lo stesso. Non cambia niente: perché un Renzi debole viene gestito in un modo, un Renzi forte viene gestito in un altro.Tra l’altro, vorrei smentire che Renzi sia a tutt’oggi massone. Ha fatto più volte domanda, e non l’hanno mai fatto entrare: perché questa sua graziosa abitudine di “fottere” il prossimo e di non mantenere mai un impegno politico spinge tutti quanti a tenerlo sulla soglia. La prossima volta che Renzi vuol fare un accordo con una forza politica, deve ipotecare la casa dal notaio, perché tutti sanno che non mantiene mai nulla. E dopo aver “fregato” una pletora di persone con lo stesso metodo – Berlusconi, Enrico Letta, Bersani – capirai se qualcuno fa più accordi con lui… Il problema della nostra posizione politica attuale è che noi, in ogni caso, siamo sovragestiti – ma talmente sovragestiti che, ai suoi tempi, questo personaggio che vorrei far conoscere ai più, che si chiama Michael Ledeen, ha sponsorizzato diversi personaggi. Il primo, nell’ordine? Craxi. E siccome poi l’ha fregato in una straordinaria telefonata relativa a Sigonella, quando se ne parlava, poi a Craxi prendeva l’orticaria. Poi ha sponsorizzato Di Pietro. E poi ha sponsorizzato Grillo.Purtroppo noi siamo sovragestiti. Dobbiamo prescindere dai personaggi. Adesso tutta l’Italia è convinta che Renzi sia il male assoluto. E non sa che quello che prenderà il posto di Renzi è sovragestito. Se non smantelliamo la sovragestione, non abbiamo sovranità – non ce l’abbiamo più, da quarant’anni. E’ possibile abbatterla, la sovragestione? Se Galileo e Giordano Bruno si fossero posti il problema e avessero ragionato solo nei termini delle loro esistenze, noi saremmo ancora alla Controriforma. Anche se il gioco del potere pretende il contrario, noi dobbiamo prescindere dalla nostra esistenza: dobbiamo fare questa battaglia perché bisogna farla. Se uno non lotta per la sua libertà, per che cosa lotta? Poi non necessariamente raggiunge l’obiettivo relativamente alla sua libertà. Ma scopre, nel percorso, che la lotta è per la libertà. Ed è una lotta per gradi, perché il potere è uno schema astratto. Il potere ti compra, ti coinvolge, ti gestisce, magari a volte senza che neanche te ne accorga. Ha gestito personaggi di un’intelligenza straordinaria. Ma è una battaglia che dobbiamo fare, prescindendo dalle nostre esistenze. Guai se non la facciamo, pensando che, tanto, nell’arco della nostra vita non succede niente.Cos’è che ha smantellato il potere nel corso del XX Secolo, e c’è parzialmente riuscito? Le ideologie. Sono le ideologie che ti consentono di superare – con la speranza, la convinzione, la coerenza – l’arco breve della tua vita. Tutti coloro che iniziano una rivoluzione pensando di usufruire dei suoi effetti, in realtà sono destinati a non farla, la rivoluzione. E’ questo il problema: dobbiamo tornare ad avere progetti che prescindono anche da noi stessi. Serve un progetto nel quale si possa credere, non una tattica per la quale si possa vivere bene. La tattica prevede che tu debba magiare e star bene il giorno stesso, al massimo il giorno dopo. La strategia è quella che mira a costruire. E’ quello che la massoneria ha perso, negli anni. La catatteristica dei massoni medievali qual era? Costruivano cose che sfidavano i secoli – con un sistema, una filosofia, una dottrina di vita. Nel momento in cui la massoneria ha perso la “mission” del costruire, era inevitabilmente assoggettabile al potere, perché mancava il suo progetto. I Templari hanno perso Gerusalemme per colpa loro: e a cosa servivano, dei Templari, senza tempio? Erano destinati a morire, non potevano sopravvivere all’aver perso la loro “mission”. Poi sono stati sterminati, certo, ma era sopraggiunto anche un certo degrado presso di loro. Succede alle realtà, quando perdono il motivo per cui esistevano.La politica ha perso il suo motivo di esistere. Ieri, la politica fabbricava progetti, idee, modelli di società. Li pensava. Si scontrava, ma per quelli – non per chi si aggiudicava una maggior fetta di potere. Il potere non è una cosa negativa di per sé, ma quando diventa astratto, quando diventa un fine anziché un mezzo, dove vai? Le cose non sono mai come sembrano. In un recente studio ho provato – con ragionamenti e documenti – che c’è stato un periodo in cui Mussolini, da mangiapreti, è diventato l’uomo dei Patti Lateranensi. In quel periodo, prendeva uno stipendio dai servizi segreti inglesi – quelli che poi dicono di essere laici. La cultura anglosassone, in nome di un potere astratto, si allea con chi le conviene. E chi le conviene, in Italia? Il Vaticano, che è il suo contrario – è il contrario della massoneria illuministica. Il problema, quindi, è che il potere è diventato qualcosa di astratto. Non puoi più giudicarlo in funzione di appartenenze: non gli conviene avere appartenenze. Oggi bisogna prescindere dalle appartenenze, e valutare il potere per quello che è: non esiste più la religione, esiste la religione del potere.Il fatto che ci siano personaggi dei servizi segreti (anche esteri) che operano all’interno di istituzioni non mi meraviglia, perché noi, in realtà, servizi segreti nostri non li abbiamo mai avuti. Il Sismi ha sempre avuto una struttura sovragestita, che io ho chiamato P1, ammessa da tutti. Francesco Pazienza, attualmente ancora in carcere, è uno che si è salvato la pelle parlando a metà. C’è un suo memoriale che praticamente lo ammette: dice che c’era una struttura Super-Sismi, collegata a sovragestioni connesse con la P2 in maniera non ufficiale (quella che io chiamo P1, e di cui nessuno parla) e praticamente questo organismo era autorizzato a entrare in tutti i nostri ministeri, perché figuravano come pratiche di intelligence nazionali, e non lo erano. Chi si era indotto a smantellare questo tipo di struttura, collegata peraltro a una struttura finanziaria italiana che si chiama Banca d’Italia, era stato proprio Craxi. Il progetto di privatizzare la Banca d’Italia rispondeva a questa volontà. E difatti, l’attacco frontale a Craxi è iniziato – combinazione – quando ha mostrato ufficialmente questo progetto. Nel momento in cui Craxi ha detto “voglio smantellare, privatizzare la Banca d’Italia”, è stato organizzato l’assalto – assalto che lui si è andato anche a cercare con i suoi errori, per carità. Non voglio avviare impropriamente una mitizzazione del personaggio: lui ha favorito tutto questo. Ma è pratica costante del potere approfittare delle debolezze e degli errori altrui – se no come potrebbe, il potere, essere veramente un potere?Noi in Italia siamo tuttora gestiti tramite la P1. Il potere le cose le fa sotto gli occhi di tutti. Tutti i giornali e i media parlano tranquillamente della P2 (della P3, della P4, della P5, della P6), ma nessuno si è mai chiesto fino in fondo perché si chiamasse P2. L’avete mai letta la spiegazione della Commissione Anselmi sul perché la P2 si chiamasse così? E’ una spiegazione ridicola: la vecchia loggia “Propaganda” sarebbe stata ricostruita secondo la nuova numerazione delle logge del Goi. E’ stata accettata acriticamente una evidente bugia del Grande Oriente d’Italia sui suoi archivi. Che aspettarsi, se la situazione sta in questi termini? E’ solo con la connivenza di tante persone che il potere può realizzare progetti così ambiziosi. E noi in Italia ci teniamo tuttora la P1, esattamente come negli anni Sessanta, senza che nessuno faccia un fiato. La massoneria aveva una mission di libertà, di indipendenza, di tutela dei diritti. Da quando quella missione si è smarrita, le cose sono andate come sappiamo. Gelli? E’ stato uno strumento di poteri infinitamente più alti. Coinvolgendo rapporti internazionali e il Super-Sismi, in Italia c’era una struttura al di sopra di Gelli, che ha utilizzato la P2 solo per le “pulizie di casa”.Quando dagli archivi del Goi è emersa una ricostruzione della P2 che comincia dalla data in cui Gelli diventa “venerabile”, io francamente non ci ho creduto. E non ci credo tuttora. Anche perché nessuna documentazione è stata raccolta, dalla Commissione Anselmi, su cosa sia successo – in quella che il Goi dice essere P2 – fino al 1970. Chi era il “venerabile” della P2 prima del 1970? Quando è stata ricostituita la loggia? Dov’è la bolla che ha ricostituito la “Propaganda” come “Propaganda 2”? Tutte domande rimaste senza risposta. Non sappiamo chi era il “venerabile” prima di Gelli, non sappiamo dell’attività della P2 prima del 1970, non sappiamo nulla. E allora mi pongo questo interrogativo: non è che si comincia da Gelli perché, quando è stata costruita la vicenda P2, probabilmente bisognava nascondere qualcos’altro? Sicuramente c’era una sovragestione.Una sovragestione la vedo anche nella nascita del Movimento 5 Stelle – una sovragestione parallela all’operazione Di Pietro. Ma ho fiducia nel fatto che, con i giusti sviluppi e gli opportuni accorgimenti, il Movimento 5 Stelle possa essere un bene. Ho visto dirigenti capaci – molti li ho conosciuti anche personalmente. Hanno quello che serve nella politica: il progetto. Questo è un momento in cui la gente tende a disperarsi, a pensare che non ci siano soluzioni. E invece bisogna sempre sperare di poter cambiare le cose, perché altrimenti la vita diventa una cosa molto piccola – e rischiamo anche noi, inconsapevolmente, di essere il frutto di una sovragestione. Quindi in realtà il Movimento 5 Stelle io lo vedo come una grande speranza, anche nel senso di riuscire a portare un movimento nato in un certo modo in qualcosa di diverso. In questo c’è una visione alchimistica della massoneria: gli alchimisti veri non trasformano il piombo in oro, sanno perfettamente che nel piombo è già contenuto l’oro. Il Movimento 5 Stelle è una grande possibilità di rinnovamento del paese. E’ un grande movimento anche etico, che si sviluppa su basi etiche e progettuali.Nel libro “Dalla massoneria al terrorismo” parto dalle origini leggendarie e poi storiche della massoneria, cito questa sua vocazione a essere costruttrice di civiltà, e amaramente arrivo alla condizione attuale, dove la massoneria stessa è diventata strumento di chi vuole dedicarsi alla distruzione. La caratteristica della sovragestione terroristica – che non è un’idea massonica, ma putroppo passa in questo momento storico tramite la complicità di una serie di realtà massoniche o para-massoniche – evidenzia questo paradosso: qualcosa che storicamente ha regalato all’umanità bellissime cattedrali e bellissime realtà, è diventato sostanziale strumento organizzativo della distruzione: il terrorismo è qualcosa che distrugge. Un massone come me lo sottolinea con dolore. Ma era inevitabile, vista l’evoluzione che c’è stata rispetto al tradimento delle origini della massoneria. Quando una serie di persone tradiscono le loro origini e il posto da cui vengono, le conseguenze sono queste.Poi arrivo anche a descrivere come avviene, questa sovragestione, com’è cresciuta nel tempo, quali personaggi ne sono stati protagonisti – citavo prima Michael Ledeen, ma parlo anche di Gelli, che pure accettò il ruolo ancillare della P2. Nel libro parlo delle scorribande compiute dagli anni ‘60 agli anni ‘90. Ledeen è un personaggio di cui nessuno parla, ma è stato protagonista della vita pseudo-politica non solo del suo paese, ma anche del nostro: è la riprova del fatto che siamo un paese drammaticamente eterogestito. Per gli aspetti che vedono Gelli coinvolto nel tentato golpe Borghese ho attinto al mio archivio personale, all’archivio della “legittima e storica comunione di Piazza del Gesù”, e racconto un carteggio tra Caradonna e Di Tullio (che è stato il mio precessore), che comprova che – sia pure in buona fede – la massoneria nazionale era stata fortemente coinvolta nel golpe Borghese. E questo coinvolgimento – pensate, i paradossi della storia – non si è perfezionato perché è intervenuto Giulio Andreotti.Cioè, Andreotti è intervenuto quando già erano state occupate le sedi Rai di Roma e Milano, rispettivamente da Giulio Caradonna e dallo stesso Carlo Alberto Di Tullio, e il vice di Gelli, Francesco Cosentino (un ex magistrato) era già nell’ufficio del presidente della Repubblica per convincerlo a firmare i vari decreti di sospensione dei diritti costituzionali. Così arrivò la telefonata di Andreotti, che dice a Gelli (cosa che Gelli ha riferito sia a Caradonna che a Di Tullio). Me lo confermò poi Andreotti stesso, quando lavorai per lui. Andreotti giustificò questa cosa sostenendo che lo avevano chiamato dall’America perché il colpo di Stato non avesse alcun esito.E poi racconto la sovragestione del terrorismo. La verità vera è che in Italia l’ultimo soggetto che si è opposto a questi poteri e a questa realtà è stato Craxi. Dopo di lui, non si è opposto più nessuno – Berlusconi compreso – perché ognuno aveva degli interessi da tutelare: Berlusconi aveva le aziende, Monti comunque era uno della partita. Ognuno, sul prinicipio del “tengo famiglia”, che in Italia è assolutamente dominante, ha deciso di non opporsi più a nessuna manovra di sovragestione. Mentre fino ai tempi di Craxi almeno qualche tentativo di non subire la sovragestione c’era stato – e se pensate a Sigonella capite cosa intendo – da quel momento in poi non c’è stato più nessuno che abbia deciso che l’Italia dovesse prendere decisioni indipendenti. E questa è una realtà difficilmente discutibile, sfido chiunque a dire che non è vero. Nel libro dunque faccio questa “cavalcata”, confermata da una cosa che, una volta, per i massoni, aveva un significato di sacralità, e cioè la tavola sull’architetto di Vitruvio. Era un architetto romano, prestigiosissimo e tuttora studiato nelle università. Cosa fa, Vitruvio? Scrive quali devono essere le caratteristiche dei costruttori.Questi stessi strumenti vengono oggi usati per distruggere, da questi attuali pseudo-massoni reazionari di cui fin dal 2003 avevo percepito drammaticamente l’esistenza e la potenza, prima che arrivasse il libro “Massoni” di Gioele Magaldi, col quale condivido la speranza vivificatrice che queste cose possano essee combattute. Nel mio libro, ricordo i principi di Vitruvio e dimostro come vengano applicati per distruggere, come venga messo in discussione lo stesso nascere della massoneria. Non è una difesa della massoneria, che è una dottrina e non ha bisogno di essere difesa da me. E’ solo un grave attacco a certi massoni, quello sì. Io non attacco mai il Cristianesimo, ma certi cattolici mi permetto di attaccarli: il Cristianesimo è comunque un’ideologia nobile, una filosofia di vita, una fede. Ma di alcuni personaggi del Cristianesimo, anche storici, non ho stima. Il mio è un libro di 200 pagine e contiene una postilla finale di Francesco Saba Sardi, “L’istituzione dell’odio”, fondamentale per capire certe cose.(Gianfranco Carpeoro, dichiarazioni rilasciate a “Border Radio” il 4 ottobre 2016, trasmissione web-radio ripresa anche su YouTube. Il libro “Dalla massoneria al terrorismo” – Uno Editori, 189 pagine, 13 euro – denuncia la “sovragestione” di potere diretta dall’élite massonica internazionale utilizzando i servizi segreti anche per operazioni come quella che oggi porta il nome di Isis).Dietro la nascita del 5 Stelle ci sono degli equivoci, e dei personaggi equivoci. Chi sta dietro Grillo si è abbastanza impegnato, coinvolgendo i livelli più alti dei 5 Stelle, in una frequentazione abituale di luoghi, ambasciate e consolati americani dove ricevono indicazioni che purtroppo poi mettono in pratica. Quindi il problema è che noi in Italia siamo sovragestiti. Non mi riferisco a tutto il mondo americano, ma a delle massonerie reazionarie che sono specializzate nel controllo delle rivoluzioni: praticano le contro-rivoluzioni controllando le rivoluzioni. E’ una vecchia pratica, è un’operazione riuscita a grandissimi livelli. Se pensate che in questo momento, tramite ambienti americani piuttosto precisi, figure come Michael Ledeen e compagnia cantante sponsorizzano tanto Renzi che Di Maio, ho l’impressione che il voto del referendum per certi aspetti sia inutile. Perché se Renzi vince (Renzi, non la riforma) diventa forte e ce lo dobbiamo tenere. Se Renzi perde, e diventa debole, ce lo teniamo lo stesso. Non cambia niente: perché un Renzi debole viene gestito in un modo, un Renzi forte viene gestito in un altro.
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Monica Maggioni (Rai) presidente italiana della Trilaterale?
«La notizia è di quelle da far saltare sulla sedia». Secondo quanto riportato da Lia Quilici su “L’Espresso”, la presidente della Rai Monica Maggioni il prossimo 8 ottobre sarà nominata presidente della Trilateral Italia. «Un incredibile cortocircuito di potere che metterebbe nelle stesse mani da una parte il controllo del servizio d’informazione radiotelevisivo pubblico e dall’altra la gestione della filiale italiana di una delle più importanti organizzazioni d’interessi privati nel mondo», scrive “Megachip”, che per illuminare i retroscena della Commissione Trilaterale, fondata nel 1973 negli Usa da David Rockefeller, ripropone una recente analisi di Stefania Elena Carnemolla. Il personaggio-chiave, oggi, in Italia? Itzhak Yoram Gutgeld, economista israeliano naturalizzato italiano e deputato Pd, “mente” economica del governo Renzi: «Nell’armadio di Gutgeld c’è lo scheletro della Trilaterale, centro di potere espressione dell’élite». Se Gutgeld è membro del gruppo italiano, dal 2011 il presidente europeo è Jean-Claude Trichet, ex governatore della Bce. «Star italiana della Trilaterale è Mario Monti». E al super-club «si onora di appartenere anche l’ex primo ministro e deputato Pd Enrico Letta, oggi accademico a Parigi».Insieme al Bilderberg, stra-chiacchierato “salotto” dell’élite finanziaria mondiale insieme al Forum di Davos, la Trilaterale – secondo Gioele Magaldi, autore di “Massoni, società a responsabilità illimitata” – fa parte del segmento strategico di “associazioni paramassoniche” destinare a fare da cinghia di trasmissione tra i “vertice esoterico” dell’oligarchia, rappresentato da 36 Ur-Lodges internazionali, e le classi dirigenti – banche, università, industria, politica. A differenza dei potentissimi think-tanks citati da Paolo Barnard nel saggio “Il più grande crimine” (tra questi la Ert, European Roundtable of Industrialists), la Trilaterale ospita ex capi di Stato e di governo, “dialogando” direttamente con le istituzioni del super-potere, dalla Fed alla Bce, dal Fmi alla Banca Mondiale. Fu proprio la Trilaterale, guidata da eminenze grige come Kissinger e Rockefeller, a “far applicare”, dagli anni ‘70, i micidiali dettami dello storico Memorandum che la Camera di Commercio Usa aveva commissionato all’avvocato d’affari Lewis Powell. Obiettivo: stroncare la sinistra democratica e sindacale negli Usa e in Europa, demolire il welfare, aprire il varco al neoliberismo globalizzato e al “totalitarismo finanziario”.«Chi sono gli italiani della Trilaterale?», si domanda Stefania Elena Carnemolla, su “Megachip”. «È gente che piace alla gente che piace, che passa da un incarico all’altro, che presiede fortini di potere. Ci sono renziani, banchieri, ex ministri, ex viceministri, ammiragli, ambasciatori, industriali, deputati, vertici Rai, ex presidenti del Consiglio, studiosi di politica internazionale. Nomi che s’intrecciano con il Bilderberg e con l’Ispi, l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale. Personaggi da sliding door, che se non sono in un luogo, sono in un altro». La sede del gruppo italiano della Trilaterale è al civico 5 di via Clerici, a Milano, dove c’è l’omonimo palazzo che ospita l’Ispi. Tra i membri della Trilaterale «c’è il professore Carlo Secchi, che ne è il chairman – né è una coincidenza che Secchi sia vicepresidente dell’Ispi, oltre che suo consigliere di amministrazione». Altri membri della Trilaterale con ramificazioni nell’Ispi? «Sono Paolo Magri, segretario del gruppo italiano della Trilaterale, nonché vicepresidente esecutivo, direttore e consigliere di amministrazione Ispi; Patrizia Grieco, consigliere di amministrazione Ispi, nominata da Renzi presidente Enel».Nell’elenco, continua Carnemolla, figura anche la giornalista Monica Maggioni, presidente Rai e consigliere di amministrazione Ispi, «nonché ospite, nel 2014, della conferenza Bilderberg di Copenhagen, quand’ancora dirigeva “Rai News 24”». Insieme alla Maggioni figura Lia Quartapelle, che Renzi voleva ministro degli esteri: deputato Pd, è ricercatrice Ispi per l’Africa ed è alla Trilaterale «grazie al David Rockefeller Fellowship Program». Poi c’è Marco Tronchetti Provera, vicepresidente esecutivo e amministratore delegato Pirelli, senza contare le altre cariche, «da Mediobanca a Rcs, passando per la Bocconi, Confindustria, Assolombarda, l’Aspen Institute e altro ancora». E quindi Gianfelice Rocca, presidente di Techint, dell’Istituto Clinico Humanitas e di Assolombarda, oltre che consigliere di amministrazione Ispi. E Marcello Sala, vicepresidente vicario del consiglio di gestione Intesa SanPaolo e consigliere di amministrazione Ispi.Poi ci sono membri della Trilaterale non legati all’Ispi: fra i banchieri Maurizio Sella (presidente del Gruppo Banca Sella), quindi Giuseppe Vita (presidente Unicredit), Carlo Messina (ad di Intesa SanPaolo) e Andrea Moltrasio (presidente del consiglio di sorveglianza di Ubi Banca). Membro della Trilaterale, continua Stefania Elena Carnemolla, è anche l’ambasciatore Ferdinando Salleo, che ne è vicepresidente (ed è anche collaboratore di politica estera per la “Repubblica”, guidata da Mario Calabresi). Con lui Giuseppe Bono (Fincantieri), John Elkann (Fiat), l’ammiraglio Giampaolo Di Paola (ex ministro della difesa del governo Monti, già dirigente Nato). E ancora: Marta Dassù, nominata da Renzi nel consiglio di amministrazione di Finmeccanica. La Dassù è membro dell’advisory board della dalemiana Fondazione Italianieuropei, del comitato esecutivo dell’Aspen Institute, di quello scientifico di Confindustria, della Fondazione Italia-Usa, del direttivo dell’Istituto Affari Internazionali. Ha diretto il Centro Studi Politica Internazionale e le attività internazionali di Aspen Institute Italia, è stata consigliere per la politica estera dei governi D’Alema e del secondo governo Amato, e poi viceministro degli esteri nei governi Monti e Letta.Membro della Trilaterale, continua “Megachip”, è stata pure Federica Guidi, ex leader dei giovani di Confindustria e ministro dello sviluppo economico del governo Renzi. «E lo è stato Stefano Silvestri, editorialista del quotidiano di Confindustria, “Il Sole 24 Ore”, ex presidente dell’Istituto Affari Internazionali, di cui è oggi consigliere scientifico». Secondo Stefania Elena Carnemolla, il sogno di molti è comunque il Bilderberg Group: «Ci sono passati in tanti e di nuovi ne entrano – come Claudio Costamagna, presidente di Cassa Depositi e Prestiti, una carriera in Goldman Sachs; Lilli Gruber, Franco Bernabè, Fulvio Conti, Enrico Letta, Mario Monti, gli Elkann e gli Agnelli, Alberto Nagel di Mediobanca, Romano Prodi, Tommaso Padoa-Schioppa». Poi ci sono «quegli italiani che al Bilderberg sono andati ospiti, come Paolo Scaroni, allora a capo di Eni, e Giulio Tremonti, che vi andò, ministro economico del governo Berlusconi, nel 2011, quando la riunione fu ospitata a St. Moritz, in Svizzera, trovandovi Mario Monti. Mesi dopo, Monti, nominato senatore a vita da Giorgio Napolitano, sarebbe entrato, caduto il governo Berlusconi, a Palazzo Chigi». La Trilaterale, l’Ispi, il Gruppo Bilderberg e gli altri club esclusivi, «dove vanno e vengono i soliti: un gioco di società, dai tanti tentacoli, che non ha risparmiato l’Italia renziana». Fino all’annunciata nomina della Maggioni alla Trilaterale.«La notizia è di quelle da far saltare sulla sedia». Secondo quanto riportato da Lia Quilici su “L’Espresso”, la presidente della Rai Monica Maggioni il prossimo 8 ottobre sarà nominata presidente della Trilateral Italia. «Un incredibile cortocircuito di potere che metterebbe nelle stesse mani da una parte il controllo del servizio d’informazione radiotelevisivo pubblico e dall’altra la gestione della filiale italiana di una delle più importanti organizzazioni d’interessi privati nel mondo», scrive “Megachip”, che per illuminare i retroscena della Commissione Trilaterale, fondata nel 1973 negli Usa da David Rockefeller, ripropone una recente analisi di Stefania Elena Carnemolla. Il personaggio-chiave, oggi, in Italia? Itzhak Yoram Gutgeld, economista israeliano naturalizzato italiano e deputato Pd, “mente” economica del governo Renzi: «Nell’armadio di Gutgeld c’è lo scheletro della Trilaterale, centro di potere espressione dell’élite». Se Gutgeld è membro del gruppo italiano, dal 2011 il presidente europeo è Jean-Claude Trichet, ex governatore della Bce. «Star italiana della Trilaterale è Mario Monti». E al super-club «si onora di appartenere anche l’ex primo ministro e deputato Pd Enrico Letta, oggi accademico a Parigi».