Archivio del Tag ‘élite’
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Abusi e bugie: così stanno “riscrivendo” la Costituzione
Il giurista tedesco Otto Lenel diceva: il diritto comincia con il rispetto del fatto. Quando una prassi si sedimenta e la gente la accetta, si crea una “opinio legitimitatis”, che diventa la fonte del diritto, delle norme. Cosa stanno facendo i nostri governanti, da Conte a Draghi? Stanno abituando la popolazione, ma anche i giudici, ad accettare una riforma delle fonti del diritto: con provvedimenti amministrativi come i Dpcm (quindi non normativi, non legislativi), il governo sospende e modifica la Costituzione. Cioè: la fonte primaria del diritto diventano i decreti unilaterali del governo, semplici atti amministrativi, provvedimenti che invece – secondo i principi generali – dovrebbero essere sottoposti alla legge. Ora vedremo se, da parte della magistratura, ci sarà la volontà di far valere la legge (l’ordine, la gerarchia delle fonti), e quindi di sottoporre l’operato del governo alla conformità della legge e alla Costituzione: nel qual caso, tutto salterà. Se invece la magistratura verrà convinta ad essecondare questa grande riforma costituzionale in senso autocratico e tecnocratico, allora questa riforma probabilmente riuscirà.Ma noi abbiamo già un’Unione Europea strutturata in modo tale da dare potere a organismi esecutivi non democratici, come la Bce, la Commissione Europea e l’Ecofin, che rispondono alla comunità dei grandi banchieri internazionali. Siamo in un ambiente che è totalmente estraneo alla democrazia, e questa operazione di sovversione delle fonti del diritto, che il governo Draghi sta conducendo in continuità con il governo Conte, è semplicemente una uniformazione dell’ordinamento costituzionale italiano a quello che è già l’ordinamento del potere reale in Europa. Quando si vogliono fare grandi riforme, bisogna ottenere la collaborazione di molti soggetti. E il modo migliore per ottenerla è quello di offrire profitti. In questo caso ne sono stati offerti in termini di carriera a ministri, a sedicenti esperti televisivi, a giornalisti, ma anche e soprattutto a quell’apparato burocratico che ha gestito business come quello delle mascherine importate dalla Cina, dei banchi a rotelle, delle siringhe, dei vaccini.Poi questi vaccini hanno una proprietà fondamentale: essendo somministrati in tempo di pandemia, inducono l’insorgere di varianti (più correttamente, mutazioni). Albert Sabin, l’inventore del vaccino contro la poliomielite, diceva: non ha senso vaccinare contro i virus mutanti, perché – vaccinando – si stimola la mutazione. Queste vaccinazioni, quindi, probabilmente produrranno un effetto a catena: faranno nascere sempre nuove mutazioni, che richiederanno sempre nuovi vaccini, e il business crescerà all’infinito. Un business perpetuo, destinato a non raggiungere mai la saturazione del mercato. Più soddisfi la domanda, più la domanda cresce: è come cercare di dissetarsi con l’acqua di mare. I passaporti vaccinali? E’ chiaramente tutto illegale. Vincolare a pass sanitari la circolazione fra territori è contrario alle carte dei diritti dell’uomo e alla Costituzione. Ma se riescono a farli, se la popolazione li accetta, se li riesce a imporre magari con la violenza, allora questo verrà gradualmente accettato, e si formerà una “opinio legitimitatis”.La “green card” per condizionare la libera circolazione introduce un vulnus che non si vedeva da più di un secolo, e sarà sempre più così. Ed è solo l’inizio: cercheranno di introdurre progressivi strumenti di controllo degli spostamenti delle persone, del denaro e delle merci, con monitoraggio capillare e in tempo reale dei comportamenti. Andiamo verso una società controllata, gestita come la zootecnia. La società del futuro sarà come l’allevamento del bestiame, in cui l’allevatore esercita un potere assoluto sugli occupanti della stalla. “La fattoria degli animali”, di Orwell, ne è una perfetta anticipazione. Ribadisco il concetto espresso da Otto Lenel: il diritto nasce dal rispetto del fatto. Quando si stabilisce una prassi “contra legem” come i Dpcm, provvedimenti amministrativi usati per sospendere la Costituzione, e la società lo accetta, allora quello che era “contra legem” diventa “lex”: diventa la nuova Costituzione.Resta centrale il tema dell’onestà intellettuale nella comunicazione col popolo, con l’opinione pubblica: e il risultato inequivoco è che l’onestà intellettuale è sempre perdente. Non è mai esistita, una società realmente democratica. Tutte le società sono sempre state gestite da una élite che ha il controllo del grosso della ricchezza, del potere e della conoscenza politica. Ha il controllo della giustizia, dell’industria culturale, e oggi anche della ricerca tecnologica e scientifica, nonché delle comunicazioni di massa. La democrazia non esiste: al massimo abbiamo una rotazione delle élite. Lo sforzo del governo italiano, poi, è molto forte anche nella falsificazione dei dati: sia in sede di rilevazione, sia in sede di rielaborazione e presentazione statistica. Il Giappone, la Corea del Nord e Taiwan, molto esposti per la loro ubicazione geografica rispetto a Wuhan, pur non avendo quasi introdotto il lockdown (e non avendo quasi vaccinato), hanno avuto un tasso dichiarato di mortalità per il Covid insignificante, rispetto al nostro.L’Italia avrebbe un tasso di morti per Covid mi pare decuplo, rispetto alla media dei paesi simili. Questo perché l’Italia fa il suo dovere, in base agli accordi presi da Renzi con Obama, per fare del nostro paese il capofila della vaccinazione universale coatta. L’Italia purtroppo è sottoposta a un carico di menzogna (organizzata dalle istituzioni) che non ha pari, negli altri paesi. L’Italia inoltre falsifica i dati dei morti di Covid: lo so direttamente dalle agenzie di onoranze funebri. L’Italia falsifica con direttive anche scritte, che registrano come morto di Covid anche chi muore di altro. Nel presentare questi dati, poi, si omette di dire che i tamponi Pcr vengono usati contrariamente alle istruzioni del loro inventore, che raccomandava al massimo 24 “moltiplicazioni”; vengono fatti 35-45 cicli di “amplificazione”, privando così il tampone di qualsiasi valore veritativo.Così, secondo le stime, si costruisce un’apparenza di contagio pari a dieci volte la realtà. Per questa via, i “positivi” (veri o presunti, anche asintomatici) finiscono nel novero dei cosiddetti “casi”, insieme ai malati veri e propri, che possono avere sintomi più o meno rilevanti. Serve a spaventare la gente, che quando ha paura di morire accetta qualsiasi prevaricazione e qualsiasi illegalità: persino il nazismo, il fascismo sanitario. La gente ragiona poco anche quando non è spaventata, ma se è terrorizzata non ragiona proprio più. Molti però stanno aprendo gli occhi, oggi, di fronte al disastro economico, da cui dipende anche l’equilibrio psichico. E questo sta avvenendo grazie al coraggio di chi non ha mai smesso di informare i cittadini, contrastando la disinformazione.(Marco Della Luna, dichiarazioni rilasciate nella diretta su YouTube “Una dittatura è per sempre“, su “Visione Tv” il 20 aprile 2021. Avvocato cassazionista, Della Luna si è distinto per saggi come “Euroschiavi” e “Oligarchia per popoli superflui”. Nel 2020 è stato tra i co-autori del libro-denuncia “Operazione Corona, colpo di Stato globale”, edito da Aurola Boreale. «Di recente – racconta l’editore, Nicola Bizzi – abbiamo ripubblicato anche “Le chiavi del potere”, illuminante saggio di Della Luna che, a suo tempo, fu fatto ritirare dalle librerie su pressione di Romano Prodi, a cui quel libro dava fastidio»).Il giurista tedesco Otto Lenel diceva: il diritto comincia con il rispetto del fatto. Quando una prassi si sedimenta e la gente la accetta, si crea una “opinio legitimitatis”, che diventa la fonte del diritto, delle norme. Cosa stanno facendo i nostri governanti, da Conte a Draghi? Stanno abituando la popolazione, ma anche i giudici, ad accettare una riforma delle fonti del diritto: con provvedimenti amministrativi come i Dpcm (quindi non normativi, non legislativi), il governo sospende e modifica la Costituzione. Cioè: la fonte primaria del diritto diventano i decreti unilaterali del governo, semplici atti amministrativi, provvedimenti che invece – secondo i principi generali – dovrebbero essere sottoposti alla legge. Ora vedremo se, da parte della magistratura, ci sarà la volontà di far valere la legge (l’ordine, la gerarchia delle fonti), e quindi di sottoporre l’operato del governo alla conformità della legge e alla Costituzione: nel qual caso, tutto salterà. Se invece la magistratura verrà convinta ad assecondare questa grande riforma costituzionale in senso autocratico e tecnocratico, allora questa riforma probabilmente riuscirà.
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Una dittatura è per sempre: nel baratro, grazie al Covid
Ogni giorno ci dicono che l’emergenza finirà domani, e invece questa emergenza non passa mai. Trascorso un anno, l’eccezione è diventata la nuova normalità, costringendo di fatto i cittadini a vivere dentro una dittatura sostanziale, mascherata da emergenza sanitaria. Il passaggio da Conte a Draghi, con l’ingresso nel governo della Lega, non ha cambiato di una virgola la situazione, aumentando soltanto il tasso di ipocrisia (già elevatissimo) che contraddistingue la nostra classe dirigente. L’ultimo decreto di Draghi, quello che dovrebbe consentire alla gente di tornare a respirare a partire dal 26 aprile, si muove in teoria nel solco di una continuità che mina la serenità mentale dei cittadini, quotidianamente ossessionati dal variare del colore delle Regioni e da una tambureggiante campagna mediatica di stampo terroristico, che va avanti senza soluzione di continuità.Misure come il coprifuoco (confermate, sembra, anche per il futuro), denotano – al di là di ogni ragionevole dubbio – il desiderio del governo Draghi, diretta emanazione di quei poteri che cavalcano il Covid per realizzare un nuovo ordine globale, di imporre un regime che utilizza le paure per comprimere le libertà, grazie soprattutto al sostegno complice di presunti esperti da salotto, che ipnotizzano masse rese opportunamente isteriche e insicure. Come in ogni dittatura che si rispetti, i pochi che ancora resistono vengono diffamati con regolarità e bollati quali inguaribili complottisti, dai soliti menestrelli al servizio dei padroni. Chi è le del mestiere le riconosce, queste tecniche: imprimere nella mente del cittadino la convinzione che la nuova normalità è questa. Si vede, la mano di uno stregone malvagio: non credo sia più peregrina, l’idea che si sia sedimentato un nuovo regime.Tra le misure più indegne, tra quelle immaginate dal governo per consentire aperture parziali, spicca quella che prevede l’utilizzo di un pass sanitario indispensabile, per spostarsi da una regione all’altra a seconda dei “colori”, necessario cioè per quelle “rosse” o “arancioni”. Questo pass dovrebbe essere rilasciato ai fortunati in grado di essere guariti dal Covid da almemo sei mesi, ai vaccinati e a quelli in possesso di tampone effettuato nelle 48 ore precedenti. A breve, questo sistema potrebbe essere adottato da tutti i paesi dell’Unione Europea. Il livello di discriminazione raggiunto in danno di chi non intende vaccinarsi ha superato la soglia di guardia, nel silenzio incredibile di tutte le istituzioni di controllo, che dovrebbero in teoria vigilare sul rispetto di una Costituzione quotidianamente vilipesa e umiliata da un governo che ha accentrato tutti i poteri. Immaginare di riconoscere il diritto di muoversi liberamente solo a una ristretta élite di selezionati è qualcosa di così grave da non sembrare neppure vera.(Francesco Toscano, dichiarazioni rilasciate nella diretta “Una dittatura è per sempre”, su “Visione Tv” il 20 aprile 2021).Ogni giorno ci dicono che l’emergenza finirà domani, e invece questa emergenza non passa mai. Trascorso un anno, l’eccezione è diventata la nuova normalità, costringendo di fatto i cittadini a vivere dentro una dittatura sostanziale, mascherata da emergenza sanitaria. Il passaggio da Conte a Draghi, con l’ingresso nel governo della Lega, non ha cambiato di una virgola la situazione, aumentando soltanto il tasso di ipocrisia (già elevatissimo) che contraddistingue la nostra classe dirigente. L’ultimo decreto di Draghi, quello che dovrebbe consentire alla gente di tornare a respirare a partire dal 26 aprile, si muove in teoria nel solco di una continuità che mina la serenità mentale dei cittadini, quotidianamente ossessionati dal variare del colore delle Regioni e da una tambureggiante campagna mediatica di stampo terroristico, che va avanti senza soluzione di continuità.
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Kazari ashkenaziti, l’ebraismo asiatico su cui Israele tace
C’è una storia dimenticata e volutamente occultata. Io sono massone, e appartengo anch’io a una minoranza, quella eleusina: e comprendo il peso che persecuzioni possano avere avuto, nella storia. La cultura tradizionale ebraica è tuttora sconosciuta, ai più: curioso, perché è tra quelle che più hanno permeato la cultura europea, negli ultimi secoli. E’ una cultura che è sempre stata un po’ chiusa. E anche per via delle fortissime tensioni storiche – con la cacciata degli ebrei dalla Spagna a opera di Isabella di Castiglia dopo la Reconquista, poi per opera dell’Inquisizione e dell’azione stessa della Chiesa cattolica, senza contare le tante conversioni forzate al cattolicesimo – non c’è mai stato un dialogo aperto fra la cultura ebraica e quella cristiana, predominanti nell’Europa moderna. E questo ha fatto sì che ci sia sempre stata una grave e lacunosa mancanza di conoscenza reciproca. Ad esempio: si parla pochissimo dell’origine degli ebrei ashkenaziti, che oggi rappresentano la maggioranza, nella popolazione ebrea.Le fonti collocano l’origine della tradizione ebraica in Medio Oriente, in Palestina, in parte anche in Egitto. Ci sono connessioni dirette tra il popolo ebraico e figure come il faraone Akhenaton e personaggi come Mosè. E’ stata invece volutamente occultata l’origine storica di quella grande parte dell’ebraismo che appartiene alla cultura ashkenazita. Le origini non risalgono all’area siro-palestinese (il Regno di Giudea), ma ad un’area geografica diversa e distante, identificabile con il territorio di quello che è storicamente conosciuto come l’Impero Kazaro. Numerose le fonti: cronache arabe, persiane, bizantine e russe (Principato di Kiev). E’ un argomento raramente studiato, cui si tende a non dare risalto, anche per una serie di ragioni politiche. L’Impero Kazaro si sviluppò in un’aera che va dal Caucaso all’odierna Ucraina, la Crimea, le steppe del Kazakhstan e l’Uzbekistan settentrionale: un territorio vastissimo. Trae origini dalle migrazioni di una serie di popoli che, nei primi secoli della nostra era, abitavano l’area della cosiddetta Asia Centrale.Erano popolazioni in una certa misura discendenti dall’antico popolo degli Sciti, storicamente stanziato sull’odierna costa dell’Ucraina e in Crimea, e in parte da popolazioni turcomanne, inizialmente nomadi, stanziate in quest’area già dal III-IV secolo dopo Cristo. Popolazioni storicamente note come Göktürk (”turchi blu”: una caratteristica totemica). Questo ramo delle popolazioni turcomanne, molto affine agli attuali ungheresi e agli unni (che molto interagirono con gli ultimi secoli dell’Impero Romano), attorno al V secolo dette origine a una prima grande forma statale, una struttura organizzata che venne chiamata Kaganato, che deriva dal termine Kagan (”Re dei Re”). Questo primario Kaganato dei Göktürk entrò inizialmente in guerra con tutte le potenze vicine, specie la Cina. Tutta la parte orientale del Kaganato venne sottomessa dai cinesi e annessa ai territori del Celeste Impero. La parte occidentale, destinata a sopravvivere più a lungo, conobbe varie traversie, fino a che non cadde sotto l’egemonia di una particolare dinastia, quella degli Hashina: nome identificato da importanti linguisti americani come derivante dall’antica lingua scita.Risolti i problemi col potente e ingombrante vicino cinese, il Kaganato entrò in rotta di collisione con altre potenze, in primis l’Impero Bizantino (cristiano), e poi con la nascente e preponderante potenza islamica. Siamo ormai nel VII secolo: l’Islam aveva appena iniziato la sua opera di espansione e dominio, e il territorio dei kazari (particolare civiltà turcomanna, di religione politeista con caratteristiche sciamaniche) fu progressivamente attaccato dagli arabi, che avevano già occupato la Persia. Dell’affascinante mitologia di fondazione del clan degli Hashina parla Diego Marin, nel libro “Il sangue degli Illuminati”. Quel clan «era considerato il prescelto dal dio celeste Tengri, associabile all’antico dio delle tempeste Teshup», o anche allo stesso Zeus.Gli Hashina veneravano i propri antenati con cerimonie annuali, che si concludevano in un luogo particolare, chiamato “la Caverna Ancestrale”, da cui si riteneva che lo stesso clan Hashina fosse fuoriuscito. «Il mito racconta la storia di un bambino, l’unico sopravvissuto a un massacro tribale. Famiglia e amici erano stati sterminati. Lui solo era riuscito a scappare, rifugiandosi in una grotta nelle vicinanze. Qui aveva incontrato una lupa, di nome Hasena». La lupa lo aveva adottato (come Romolo e Remo, allattati e salvati). «Una volta cresciuto, il bambino ebbe un’unione sessuale con la lupa, che avrebbe dato alla luce ben 10 figli, tutti gemelli, uno dei quali poi passato alla storia come il capostipite degli Hashina». La lupa Hasena è ancora ben viva, nella tradizione mitologica di tutti i popoli di origine turcomanna, dalla Turchia all’Asia Centrale (Turkmenistan, Tagikishan, Uzbekistan, Kazakhstan, fino agli uiguri dello Xinjang cinese).Ancora oggi, la lupa Hasena è il simbolo di partiti nazionalisti turchi: oggi musulmani, non hanno mai rinunciato a questa raffigurazione mitologica ancestrale che vede nella lupa Hasena l’origine dei turchi, la loro madre. Tornando ai kazari: erano in continuo stato di guerra coi vicini bizantini e arabo-persiani. Poi nell’VIII secolo vengono attaccati attraverso la Persia, vengono sottomessi, e il Kagan dell’epoca, Bulan, accetta di convertirsi formalmente all’Islam. La tregua però dura poco: i kazari contrattaccano, battono gli arabo-persiani e recuperano il loro territorio. Bulan abiura alla fede islamica e, simultaneamente, avviene un fatto incredibile, probabilmente ispirato da ragioni geo-strategiche e interessi commerciali: nel 740 dopo Cristo decide di convertirsi all’ebraismo, imponendo la conversione anche ai sudditi. Un fatto che ha segnato la storia, perché questo impero (che aveva svariati milioni di abitanti) diventa di religione ebraica, pur restando molto lontano dalla culla dell’ebraismo – l’area siro-palestinese – essendo esteso tra il Caucaso, la Crimea e le steppe del Kazakhstan.Sempre scondo le ricerche di Diego Marin, questa conversione sarebbe stata suggellata dal matrimonio tra il principe Bihar Sabriel (figlio di Bulan) e una donna di tradizione ebraica, di nome Serak, che sarebbe stata figlia di Juda Zachai, rabbino di Babilonia, appartenente al casato reale di Marsutra e quindi discendente del primo “esiliarca” di Babilonia. Sarebbe dunque stato questo ramo della tradizione ebraica a favorire la misteriosa conversione dei kazari. Divenuto ebraico, il Kaganato prospera per un po’, soprattutto grazie al commercio, ma poi va a scontrarsi nuovamente con tutti i vicini: bizantini, Impero Arabo e soprattutto con il recente Principato dei Rus’. Quella del Principato di Kiev, primo nucleo embrionale della futura Russia, non è un’origine slava, ma nordica (vichinga, norrena): furono soprattutto mercanti norreni (o variaghi, che dir si voglia) a insediarsi nell’attuale Russia settentrionale, per poi fondare – calando verso sud – l’embrione della futura potenza russa.Il Principato di Kiev, peraltro, era legato a tradizioni sciamaniche. Eppure, Kiev venne appoggiata subito da Bisanzio, nel tentativo di contrastare il Kaganato kazaro. E alla fine, dopo una serie di guerre, con personaggi come Oleg di Kiev e Sviatoslav I, l’Impero Kazaro venne sconfitto: furono occupate le fortezze principali e la stessa capitale, e il vastissimo territorio si disgregò attorno al 960. Da lì, nacquero le prime migrazioni dei kazari verso l’Europa, e il loro insediamento nella valle del Reno. Si dice che “ashkenazita” significhi “tedesco”, e che Ashkenaza fosse una regione franco-tedesca nella Renania. Subito, l’ex Impero Kazaro venne sottomesso dal nascente Stato russo, che non era ancora cristiano: la cristianizzazione della Russia (fatto curioso) fu concomitante con la caduta dell’Impero Kazaro. Il principe Vladimir di Kiev (figlio si Sviatoslav, conquistatore dell’Impero Kazaro) fu il primo regnante russo – in realtà, di origine vichinga – a convertirsi formalmente al cristianesimo. Conversione molto esaltata dai cristiani ortodossi: Vladimir fu santificato, in quanto fondatore del cristianesimo in quella che era la Rus’.Dopo aver sconfitto il potente Impero Kazaro, Vladimir venne avvicinato dagli emissari della Kazaria, che gli suggerirono di convertirsi all’ebraismo. Rifiutò, perché non voleva convertirsi alla religione di un popolo che aveva appena sottomesso. Al che, emissari dell’Impero Arabo (sempre in cambio di alleanze) gli proposero di convertirsi all’Islam. Vladimir rifiutò ancora, spiegando che non avrebbe potuto imporre al suo popolo di rinunciare alle bevande alcoliche. Il principe di Kiev sarebbe poi invece rimasto folgorato dagli emissari bizantini – si racconta – di fronte allo splendore delle chiese cristiane di Costantinopoli. Un racconto chiaramente agiografico. In realtà queste curiose conversioni, da quella del kazaro Bulan all’ebraismo a quella di Vladimir al cristianesimo, sono sempre state frutto di accordi geopolitici: la motivazione non era esattamente spirituale. Così la Russia divenne cristiana, e quello che era il primo, grande impero ebraico (al di fuori del territorio siro-palestinese) si disperse.Iniziò una prima diaspora della popolazione. Ma la vera diaspora non fu causata dal Principato russo di Kiev, che coi kazari mantenne relazioni commerciali e quindi non aveva alcun interesse a disperdere quelle popolazioni appena sottomesse. Qualche secolo dopo, nel 1200, i kazari vennero attaccati dall’Orda d’Oro di Gengis Khan: furono i mongoli, a fare terra bruciata. Travolsero lo stesso Principato di Kiev e sottomisero buona parte del mondo allora conosciuto. Non si limitavano a conquistare e assoggettare: radevano al suolo le città e sterminavano tutti gli abitanti. L’impressionante invasione mongola ha cambiato la storia, e ha stravolto la nascente potenza islamica: la Baghdad dell’epoca era la culla mondiale della conoscenza, l’Islam illuminato aveva fondato una delle più importanti biblioteche della storia, pari a quella di Alessandria d’Egitto. La famosa Casa della Sapienza di Baghdad conteneva l’intera letteratura del mondo, e venne distrutta dai mongoli.Di fronte all’urto dei mongoli, quindi, solo dopo il 1200 i kazari cominciarono a emigrare in massa verso la Russia, la Polonia, la Germania e l’intera Europa orientale, dove cominciarono a chiamarsi ashkenaziti, fino a raggiungere poi anche paesi dell’Europa occidentale, come l’Italia e la Francia. Gli ebrei di origine ashkenazita sono riconoscibili: hanno la carnagione molto chiara e parlano lo yiddish anziché l’ebraico. Nata proprio nell’Est Europa, quella yiddish è una lingua interessantissima, tuttora molto parlata. Ha avuto influenze slave e germaniche, e al suo interno conserva moltissimi vocaboli di origine turcomanna. L’yiddish è la lingua madre di un grande artista come Marc Chagall, reinterpretata da un grande musicista come Moni Ovadia.Invece, gli ebrei sefarditi sono in buona parte di origine spagnola, però hanno una diretta connessione con l’aria siro-palestinese. In più, a cavallo dei Pirenei (col disfacimento dell’Impero Romano) era nato anche il Principato di Settimania, importante realtà statale ebraica con caratteristiche sefardite. Dopo la cacciata degli ebrei dalla penisola iberica, a opera della cattolica dinastina castigliana, ci fu un’altra diaspora (sefardita). Una “diaspora di ritorno”, che interessò tutto il Nord Africa e tutta l’Europa. Quanto agli ashkenaziti, arrivati in epoca medievale in Italia e in Germania, generarono importanti famiglie che – si dice – oggi dominano il pianeta. E’ un’ipotesi da molti sostenuta, tutt’altro che infondata. Ancora all’inizio del 1300, comunque, gli ashkenaziti costituivano solo il 3% della popolazione ebraica mondiale. Raggiunsero il massimo dell’espansione agli inizi del ‘900: nei primi anni Trenta erano diventati il 92% degli ebrei, che oggi in tutto il mondo sono 12-13 milioni.Agli albori del ‘900, avviene un fatto curioso, citato da Mauro Biglino. La grande stampa internazionale anglosassone comincia ad “annunciare” l’imminente strage, in Europa, di 6 milioni di ebrei. Ne scrivono insistenza il “Sun”, il “New York Times”, l’”Atlanta Constitution”, la “Gazzetta di Montreal”. Si chiede ospitalità, in Palestina, per 6 milioni di ebrei che, specie nell’Est Europa, sarebbero allo stremo e starebbero soffrendo un “olocausto europeo”. Dal 1915, quindi, quando Hitler era ancora un ragazzotto, c’era chi “sapeva” che 6 milioni di ebrei sarebbero morti? Poi arriva Hitler, che nel “Mein Kampf” parla di “due stirpi”, quella degli Ariani e quella del Serpente, e infine la Shoah stermina 6 milioni di ebrei. E’ un dato che deve fare riflettere, anche se si tratta di cifre simboliche che hanno una valenza esoterica (parlo dei dati citati da Biglino, cioè i 6 milioni evocati dalla stampa prima della Shoah).Questo utilizzo di numeri è chiaramente funzionale alla nascita e allo sviluppo del movimento sionista, che ha sempre avuto interesse a catalizzare questi dati, per poi agire politicamente fino a creare l’attuale Stato di Israele, che rappresenza la realizzazione del programma politico di Theodor Herzl. Certo è curiosa, all’inizio del ‘900, la ripetizione di quella cifra (6 milioni), che secondo me ha proprio una valenza simbolico-esoterica. Indubbiamente, nella Russia zarista non c’era una situazione felice, per le popolazioni ebraiche ashkenazite, perseguitate dal potere imperiale. Ci furono molti pogrom, ma certo non massacri dall’estensione paragonabile alla Shoah. Oltretutto, in alcune aree come l’attuale Bielorussia, la maggior parte della popolazione era di origine ebraica: sarebbe stato un controsenso, l’annientamento completo di una consistente fetta della popolazione.Insomma, sono questioni su cui riflettere: ma anche facilmente strumentalizzabili. Io poi mi occupo prevalentemente di storia antica, e non voglio entrare nel merito delle cifre: ci sono storici che se ne sono occupati in modo autorevole. Certo, resta il fatto che la stampa internazionale è andata avanti per cinquant’anni, prima di Hitler, a parlare di quei famosi 6 milioni. Qualcuno si stupisce che la popolazione ebraica sia sopravvissuta in modo quasi stabile, sia alle persecuzioni pre-hitleriane che alla stessa Shoah. Ma ripeto: quelli evocati a inizio ‘900 sono numeri “anti-storici”, essenzialmente simbolici. Oggi si sostiene che una parte degli ebrei ashkenaziti sia riuscita, tramite la finanza, a costituire veri e propri imperi, arrivando a condizionare la politica economica di tutti gli Stati del mondo, a partire dagli Usa fino all’ultima creazione europea, l’euro? Ora, si ripete, potenze come quella incarnata da Soros sono impegnate in manipolazioni finanziarie globali. E se ieri la stampa dava conto di certi fenomeni, oggi del mondo ebraico si parla poco, specie dal punto di vista della finanza. Soprattutto, non si approfondisce.Io consiglio un libro inattaccabile, scritto da un professore di religione ebraica di un’università americana, uno storico: si chiama Norman Finkelstein. Il suo libro, “L’industria dell’Olocausto”, storicamente ben documentato, spiega esattamente, nel dettaglio, come la questione della Shoah sia stata interpretata e utilizzata per finalità tutt’altro che religiose o morali – ma per finalità politiche ed economiche – dal movimento sionista. Chiaramente, viene utilizzata una discriminante storica, che giocoforza si è venuta a creare. Nel 1945, in modo simbolico, questa discriminante opera una divisione: il mondo prima della Shoah e il mondo dopo la Shoah. I giornali degli anni Venti e Trenta avevano un’altra libertà di espressione, perché dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale è nata una sorta di tabù storico, di velo, di ininterpretabilità. Norman Finkelstein questa cosa la denuncia in modo molto forte. E spiega come poi, in realtà, nell’immediato dopoguerra non vi fosse tutta questa retorica dell’Olocausto: è una retorica, dice, che è stata portata avanti dalla politica israeliana in concomitanza con le prime guerre con il mondo arabo, in particolare la Guerra dei Sei Giorni (giugno 1967).Fu allora che la vulgata dell’Olocausto, in una chiave molto particolare, è stata spinta e accelarata, fino a diventare una sorta di dogma intoccabile. In realtà la storia è fatta di interpretazioni e ricerche: uno storico dovrebbe sempre avere le mani libere, per analizzare i documenti e confrontarsi. In questo caso, invece, sono stati imposti dei tabù, come fossero dogmi di fede. E questo è sinceramente anti-storico, anti-scientifico: non ha senso. Tutto questo, però, non è assolutamente dovuto alla cultura ebraica, che è una delle culture più belle da studiare (una delle più interessanti, con cui confrontarsi). Questo atteggiamento di chiusura è invece dovuto all’azione di alcuni gruppi di famiglie, che hanno utilizzato a proprio uso e consumo determinate tradizioni, decidendo che cosa dovesse diventare storico e che cosa dovesse diventare un tabù storico. Hanno utilizzato queste questioni per propri fini, politici ed economici: il che, come si vede, non rappresenta affatto la variegata ricchezza culturale del mondo ebraico, che è fatto di voci diversissime tra loro.Il problema semmai è il sionismo: un movimento anche pericoloso, creato e fondato da ashkenaziti, che ha preteso anche la manipolazione della storia a proprio vantaggio. Esistono moltissimi ebrei che sono fortemente anti-sionisti, e addirittura temono il sionismo. Nello stesso Stato di Israele gli ebrei sefarditi sono una minoranza, oggi, e in alcuni casi vengono addirittura discriminati, anche se in Occidente non se ne parla. La stessa rimozione storica dell’Impero Kazaro, che per secoli controllò enormi estensioni di territorio, è dovuta al fatto che tutte le popolazioni che da esso sono derivate, e che poi hanno portato alla nascita dell’ebraismo ashkenazita, non hanno una diretta discendenza dall’area siro-palestinese. La mancanza di un filo diretto con la Palestina è diventata un altro tabù storico: un’altra questione da non affrontare, perché va a delegittimare la nascita dello Stato di Israele.(Nicola Bizzi, video-intervento “L’Impero Kazaro e le origini dimenticate”, da “Come Don Chisciotte” del 1° novembre 2020. Storico, autore di saggi sorprendenti come “Da Eleusi a Firenze”, Bizzi è l’editore di Aurora Boreale).C’è una storia dimenticata e volutamente occultata. Io sono massone, e appartengo anch’io a una minoranza, quella eleusina: e comprendo il peso che persecuzioni possano avere avuto, nella storia. La cultura tradizionale ebraica è tuttora sconosciuta, ai più: curioso, perché è tra quelle che più hanno permeato la cultura europea, negli ultimi secoli. E’ una cultura che è sempre stata un po’ chiusa. E anche per via delle fortissime tensioni storiche – con la cacciata degli ebrei dalla Spagna a opera di Isabella di Castiglia dopo la Reconquista, poi per opera dell’Inquisizione e dell’azione stessa della Chiesa cattolica, senza contare le tante conversioni forzate al cattolicesimo – non c’è mai stato un dialogo aperto fra la cultura ebraica e quella cristiana, predominanti nell’Europa moderna. E questo ha fatto sì che ci sia sempre stata una grave e lacunosa mancanza di conoscenza reciproca. Ad esempio: si parla pochissimo dell’origine degli ebrei ashkenaziti, che oggi rappresentano la maggioranza, nella popolazione ebrea.
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Meluzzi: guerra mondiale, l’élite gnostica spegne l’umano
C’è una grande, potentissima élite intellettuale, che nasce intorno a un mondo a cavallo tra il ‘500 e il ‘600: nell’Inghilterra elisabettiana, nella Germania dei Rosacroce, nella Francia del pre-Illuminismo. Un’élite fondamentalmente gnostica, che pensa ci sia un sapere elitario che renda alcuni uomini “più uomini degli altri”, più liberi degli altri, e degni (per ragioni sapienziali, scientifiche o pseudo-scientifiche) di governare il mondo. Come i libri di storia ci insegnano, dall’Encyclopédie francese alla Rivoluzione Americana (passando anche per la massoneria e la rivoluzione scientifica), questa élite da luogo a quelle che io chiamo le quattro grandi rivoluzioni. La Rivoluzione Francese distrugge la classe dirigente di prima, composta da clero e aristocrazia, e dà luogo a un dominio del mondo della borghesia produttiva e capitalistica: e questo in America si accentua ancora di più.Poi c’è una seconda rivoluzione – quella industriale, ben analizzata da Marx – che si realizza soprattutto in Inghilterra, ma anche nell’Europa continentale, e distrugge la società contadina. Poi c’è una terza rivoluzione, che si compie immediatamente dopo la Seconda Guerra Mondiale, e attraverso la cultura della “società dell’Acquario”, del Sessantotto, della liberazione sessuale, distrugge la famiglia. E adesso siamo entrati nella quarta rivoluzione: quella che deve “algoritmizzare”, robotizzare, separare gli esseri umani attraverso una dimensione di distanziamento fisico e sociale. Deve distruggere le dimensioni della differenza tra i sessi, tra i popoli e le culture, le etnie, le religioni. E darci un unico uomo-monade, isolato come un atomo, collegato a un computer, “algoritmizzato” e “datizzato”, e proprio per questa ragione – in un mondo globalizzato – molto più facilmente governabile fa questa stessa élite gnostica che governa il mondo da molto tempo.E’ un’élite che in parte conosco, e di cui forse posso anche apprezzare alcuni aspetti. Naturalmente, mi fa orrore pensare che ci siano alcuni che negano agli altri la conoscenza della realtà, e che pensano che – se questo accadesse, nella democrazia – ci sarebbe un caos irrimediabile. Quindi adesso ci dev’essere il Great Reset, ci devono essere le cose che sono state dette a Davos, quelle presenti nella cosiddetta “Agenda 2030″, che prevedono la distruzione della proprietà privata, l’annilichilazione della famiglia tradizionale, l’algoritmizzazione dell’uomo, e questa classe – gnostica – che governa più facilmente la riduzione dei consumi, a partire da quello dell’energia, la cosiddetta “rivoluzione verde”, la denatalità (vera ossessione del malthusianesimo espresso dal Club di Roma). E ci arriveranno: basta vedere quest’anno quanto sono diminuite le nascite, in Italia e in Europa. Avranno ragione? Avranno torto? Saranno gli ecologisti di domani?Questi gnostici ci porteranno alla felicità, in un pianeta non più abitato da 6-7 miliardi di esseri umani ma, come dicono loro, da non più di un miliardo e mezzo? Staremo a vedere. Certamente, non possiamo fingere che tutto questo non sia in atto. E non possiamo fingere che tutto questo non si traduca in fatti economico-politici. E non possiamo pensare che quelli che in questo momento governano il mondo (e l’Italia, da Draghi in giù) non siano legati a questi poteri internazionali: se non lo fossero, semplicemente, non sarebbero lì. Chiunque tenti di discostarsi da questa linea è destinato all’annichilazione, o al tentativo di annichilazione. A costo di apparire troppo apocalittico, vorrei ricordare a tutti che ormai vengono annunciati i venti di una Terza Guerra Mondiale che, come Soros ha detto, deve partire dall’Ucraina. E ci stiamo avvicinando a questo, credetemi: le navi americane stanno entrando nel Mar Nero.Putin è sicuramente un ostacolo, a questi disegni, per il semplice fatto in una nazione ortodossa, che non vuole farsi calpestare. In qualche modo è un ostacolo persino Erdogan. La sconfitta di Trump negli Stati Uniti ha aperto le porte a un demone infinito, che è il mondo “dem”, “radical” e politically correct americano, che è pronto a schierare i missili per affermare la cultura gender. Non possiamo fingere che questa élite gnostica non stia governando il nostro mondo. La Cina ha già fatto patti stretti, con questa élite gnostico-globalista, mentre la Russia no. Il mondo islamico? E’ spezzato in almeno tre tronconi: uno è rappresentato dal “sultano” turco, un altro dal mondo arabo (quello che piace tanto a Renzi) e un terzo dal mondo iraniano. Poi c’è il resto del terzo mondo: l’Africa, ormai largamente comprata dai cinesi, e l’America Latina tributaria degli Usa. L’Europa è un vaso di coccio tra vasi di ferro, destinato in qualche misura a essere smembrato.Anche le attuali politiche economico-sanitarie vanno in questa direzione. Ma ripeto: la distruzione della proprietà privata, del ceto medio, della piccola economia degli artigiani e dei professionisti è ben programmata. Non si dovrà più andare a cena nella trattoria sotto casa, ma al fast food di un catena multinazionale. Il caffè non lo si prenderù più al bar sotto casa, ma in uno Starbucks di una catena internazionale. I bagnini non dovranno più fare i bagnini, ma dovrà esserci la direttiva Bolkenstein che svende le spiagge attraverso gare internazionali. Cioè: il potere dev’essere accentrato, dall’élite gnostica. Quindi non si può permettere che i bambini vedano altri bambini, devono stare a casa. Non si può permettere che l’artigiano tiri su la saracinesca. Non si può permettere che ognuno sia padrone di casa sua, perché la casa dovrà essere gestita “a uso”, con un reddito stabilito da un computer, in maniera tale che nessuno sia libero di fare quello che vuole.Questo è lo scenario che hanno in mente. Può darsi che sia uno scenario bellissimo. Hanno fatto uno spot, “Agenda 2030″, in cui una povera ragazza (danese, credo) dice: «Non posseggo più niente e non ho più la privacy, ma non sono mai stata così felice». Come dire: è già iniziata una campagna di preparazione, rispetto a questo disegno. Se noi non capiamo che l’obiettivo è questo, non potremo neanche provare a difenderci. Oppure, se ci piace, teniamocelo. Basta leggere quello che disse Schäuble al Forum di Davos, l’anno scorso, per capire che queste cose sono scritte su libri, non su semplici documenti: e fa impressione che non si voglia neppure provare a leggerli. Sia chiaro: quello che deciderà Draghi lo hanno già deciso a Davos. Il ministro leghista Giorgetti lo capisce, questo, o fa parte anche lui dello stesso giro? E’ funzionale anche lui a questo disegno? E Giorgia Meloni? Anche lei è funzionale al piano? E lo stesso Salvini? Voglio saperlo, dovendo scegliere chi votare. E’ difficile scostarsi dalla logica conformistica del potere.Le cose che racconto, credetemi, espongono a rischi inimmaginabili. Di vaccini non posso più parlare, perché temo di essere radiato dall’Ordine dei Medici (e ho ancora bisogno di lavorare, come medico). Se l’avete notato, in televisione non mi invitano più. Succede anche, per esempio, a Diego Fusaro. La linea, ormai, è di farci passare per pazzi. E adesso, preparatevi ai container: gli 8.000 container, per ogni regione, riservate ai dissenzienti (altra cosa che è sotto gli occhi di tutti: allestire campi profughi per chissà quale catastrofe; campi esattamente come quelli preparati in Canada e in Cina, e che probabilmente dovrebbero servire a isolare i contagi: l’idea che si stiano preparando campi di concentramento, in Italia, la trovo una prospettiva terrorizzante, e la cosa peggiore è che nessuno ne parli). La stessa Chiesa è governata dai gesuiti bergogliani, e quindi il mondo cattolico è azzerato. Io però confido nella fede, e anche in quella parte buona e santa di quel popolo eletto d’Israele, che nei “tempi ultimi” avrà un ruolo molto importante. La salvezza verrà dai giudei: quelli che invece hanno scelto il potere – la finta scienza, la finta sapienza, la finta gnosi, l’Arbatax e la potenza di Lucifero – saranno sprofondati, mi auguro, nelle fiamme del nulla.(Alessandro Meluzzi, dichiarazioni rilasciate a Roberto Maggi a “Radio Padania Libera” l’11 aprile 2021).C’è una grande, potentissima élite intellettuale, che nasce intorno a un mondo a cavallo tra il ‘500 e il ‘600: nell’Inghilterra elisabettiana, nella Germania dei Rosacroce, nella Francia del pre-Illuminismo. Un’élite fondamentalmente gnostica, che pensa ci sia un sapere elitario che renda alcuni uomini “più uomini degli altri”, più liberi degli altri, e degni (per ragioni sapienziali, scientifiche o pseudo-scientifiche) di governare il mondo. Come i libri di storia ci insegnano, dall’Encyclopédie francese alla Rivoluzione Americana (passando anche per la massoneria e la rivoluzione scientifica), questa élite dà luogo a quelle che io chiamo le quattro grandi rivoluzioni. La Rivoluzione Francese distrugge la classe dirigente di prima, composta da clero e aristocrazia, e dà luogo a un dominio del mondo della borghesia produttiva e capitalistica: e questo in America si accentua ancora di più.
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Vaccino eterno, e niente cure: è il patto del 12 aprile?
Occhio alla data: 12 aprile. Il primo a evocarla, in Italia, era stato Nicola Bizzi. Tema: l’inizio della fine, per le restrizioni Covid, sulla base di un patto che sarebbe stato siglato, lontano dai riflettori, a fine 2020. Ora una conferma viene dal Regno Unito: è stato Boris Johnson in persona, dopo aver stra-vaccinato gli inglesi, ad annunciare che il 12 aprile la Gran Bretagna avrebbe riaperto i battenti, compresi quelli notturni dei pub. L’effetto del patto evocato da Bizzi? L’accordo – dice lo storico, editore di Aurola Boreale nonché massone e in contatto con fonti di intelligence – avrebbe riguardato la stessa piramide del grande potere, spaccatasi in due: al progetto originario dei “falchi” (prolungare l’emergenza “sanitaria” fino al 2023) si sarebbe opposta la fazione delle “colombe”, capitanata dai Rothschild, decisa a far cessare l’allarme in tempi più ragionevoli. Precisamente, a partire dal 12 aprile 2021. La contropartita, concessa ai “falchi”: il business planetario dei vaccini, al quale peraltro sembra aver dato il via libera lo stesso Mario Draghi, che dichiara di vedere nella vaccinazione di massa l’unica possibile via d’uscita dal Covid.Come dire: vi lasciamo fare, comprandovi tonnellate di dosi vaccinali, a patto che voi – a vostra volta – non ostacoliate la normale ripresa dell’economia e, in generale, della vita sociale. E’ davvero così? Certo, la precisione della “profezia” di Bizzi fa pensare: 12 aprile. Quanto a Draghi, se un simile tacito accordo esistesse davvero, potrebbe non essere incoerente con l’intera traiettoria dell’azione politica dell’ex capo della Bce. Gioele Magaldi lo presenta come “neoaristocratico pentito”, supermassone già ai vertici dell’élite europea del rigore, ma poi convertitosi e tornato ai lidi keynesiani dell’economia democratica (alla cui scuola, peraltro, il giovane Mario era cresciuto, sotto la guida del professor Federico Caffè). Come si sta muovendo, Draghi? E’ abbastanza evidente: cerca di traghettare l’Italia fuori dai guai, ma senza smascherare gli “inventori” dell’emergenza che ha quasi schiantato il paese, da un lato imponendo il lockdown e dall’altro evitando (per un anno intero) di curare i malati a casa, col risultato di provocare l’inevitabile corsa all’ospedale, spesso fuori tempo massimo.Pare sia davvero il maggiore dei tabù: fior di medici anche italiani, come i volontari dell’associazione “Ippocrate”, dimostrano che – intervenendo tempestivamente, e con i farmaci giusti – dal Covid si guarisce praticamente sempre, evitando di finire all’ospedale. Il dottor Mariano Amici, di Roma, vanta un bilancio invidiabile: 2.000 pazienti guariti, in un anno, grazie alle cure precoci. Nessuna perdita, nessun ricovero. Chiave di volta: le terapie domiciliari, somministrate in modo sollecito. Domanda: ma se dal Covid si guarisce così, che senso ha vaccinarsi? E che senso ha costringere alla vaccinazione i sanitari, quando sono gli stessi scienziati “vaccinisti” ad ammettere che il vaccino non impedisce al vaccinato di restare contagioso? Poi ovviamente ci sono le incognite di questi farmaci, che in realtà sono “preparati genici” ancora sperimentali: com’è possibile imporne l’inoculo, per legge? E Mario Draghi – sponsorizzato dalla massoneria progressista – non avrebbe dovuto essere il garante di certi diritti, a presidio delle libertà sospese nel tragico 2020?Non solo: prende quota il “partito” che vorrebbe imporre il “pass vaccinale”. Corollario: dato che i vaccini genici per il Covid garantiscono un’ipotetica copertura solo per qualche mese, si prefigura una sorta di campagna vaccinale permanente, teoricamente prolungabile in eterno, per la gioia di Big Pharma. E’ sempre l’effetto del patto segreto di cui parla Bizzi? In altre parole: all’emergenza eterna si è sostituito l’obbligo vaccinale perenne? Sono domande a cui prima o poi occorrerà rispondere, se si immagina una vera “ripartenza” per il sistema-Italia. Oltretutto, il “corona” non sarà certo l’ultimo virus ad apparire sulla scena: e se si instaura la prassi corrente che cosa facciamo, ogni volta il lockdown in attesa del “salvifico” vaccino? Trattasi, evidentemente, di una deformazione logica, prima ancora che politica o sanitaria.Dall’incubo – ormai appare evidente, agli osservatori attenti – si uscirà in un solo modo: chiarendo com’è facile, sotto controllo medico, guarire presto e bene. Ma dirlo, ancora, non si può. E lo stesso Draghi finge di non saperlo. Il che la dice lunga, probabilmente, sul genere di minaccia che incombe: se ai “falchi” non si lascia il “premio di consolazione” del vaccino, dobbiamo aspettarci il peggio? In questi termini, la missione di Draghi (dando per buono il suo impegno per il paese) si mostra estremamente ardua: come se l’Italia non potesse permettersi di svelare il trucco, dovendo innanzitutto uscire dal ruolo di Cenerentola europea, al quale l’hanno relegata gli oligarchi dell’austerity. Quasi che Draghi, tra le righe, dicesse: posso mettercela tutta per far cessare il rigore, ponendo le basi per un cambio di paradigma storico, a livello europeo; ma non chiedetemi anche di denunciare il raggiro del “terrorismo sanitario”. Non ce la possiamo ancora consentire, dunque, la verità sul Covid?In realtà, non se la consente quasi nessuno, in Europa: Germania e Francia sono allineate alla consegna del coprifuoco, e la Gran Bretagna – che in modo quasi spavaldo voleva puntare sui contagi in libertà per raggiungere l’immunità di gregge, è stata riconcotta all’ovile (è il caso di dirlo) con “l’incidente” che ha portato Boris Johnson in serio pericolo di vita. A cantare tutt’altra canzone sono paesi come la Svizzera e la Svezia, per non parlare della Russia: la prima, con Putin, a decretare l’uscita dall’emergenza. Ancora una volta: decisioni politiche, non sanitarie. Sembra che tutti la conoscano, la “vera vertà”, ma non se la possano permettere: passi, che a subire il copione fosse – in Italia – un signor nessuno come l’imbarazzante prestanome Giuseppe Conte, prono a qualsiasi diktat. Se però ad accodarsi all’ipocrisia generale è anche un certo Mario Draghi, tuttora presidente del Gruppo dei Trenta, significa che la partita – ancora pienamente in corso – ha un rilievo che probabilmente non è sbagliato definire storico.Occhio alla data: 12 aprile. Il primo a evocarla, in Italia, era stato Nicola Bizzi. Tema: l’inizio della fine, per le restrizioni Covid, sulla base di un patto che sarebbe stato siglato, lontano dai riflettori, a fine 2020. Ora una conferma viene dal Regno Unito: è stato Boris Johnson in persona, dopo aver stra-vaccinato gli inglesi, ad annunciare che il 12 aprile la Gran Bretagna avrebbe riaperto i battenti, compresi quelli notturni dei pub. L’effetto del patto evocato da Bizzi? L’accordo – dice lo storico, editore di Aurora Boreale nonché massone e in contatto con fonti di intelligence – avrebbe riguardato la stessa piramide del grande potere, spaccatasi in due: al progetto originario dei “falchi” (prolungare l’emergenza “sanitaria” fino al 2023) si sarebbe opposta la fazione delle “colombe”, capitanata dai Rothschild, decisa a far cessare l’allarme in tempi più ragionevoli. Precisamente, a partire dal 12 aprile 2021. La contropartita, concessa ai “falchi”: il business planetario dei vaccini, al quale peraltro sembra aver dato il via libera lo stesso Mario Draghi, che dichiara di vedere nella vaccinazione di massa l’unica possibile via d’uscita dal Covid.
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L’Egitto ’schiera’ i suoi faraoni contro i signori del Covid
Attenti all’Egitto: ora riesuma i suoi antichi faraoni, per far rinascere lo spirito nazionale. E lo fa con una gigantesca kermesse, che rivela due intenti: scrollarsi di dosso un certo globalismo-canaglia, quello che ha imposto il “panico Covid” nella sua agenda, e al tempo stesso “resuscitare” l’antico culto egizio, quello della civiltà delle piramidi ereditata dai Figli delle Stelle, per avvertire quella élite che ancora oggi, segretamente e in modo inconfessabile, sembra devota alle divinità mesopotamiche (Moloch) declinate in modo pericolosamente anti-umano. E’ la lettura che Matt Martini fornisce della grandiosa “Pharaohs’ Golden Parade” andata in scena il 3 aprile al Cairo, per il trasferimento di 22 salme regali, trasportate dal museo egizio della capitale al museo nazionale della civiltà egizia a Giza, proprio all’ombra della Sfinge. Senza nascondere i tratti «anche un po’ kitsch» della “Parata d’oro dei faraoni”, Martini – esperto di orientalistica e co-autore del saggio “Operazione Corona”, edito da Aurora Boreale – avverte: siamo in presenza della volontà (esibita) di far “risorgere” l’Egitto, interpretato come erede di divinità venute dal cielo, “richiamate in servizio” per soccorrere la Terra, caduta in preda agli eccessi del mondialismo più criminale.Una lettura visionaria? Per capire che così non è, basta osservare l’espressione dell’attuale “faraone” in carica, il generale Al-Sisi, appena colpito dall’oscuro, minaccioso blocco del Canale del Suez con l’anomalo incagliamento del cargo Ever Given, riconducibile (nella compagine azionaria degli armatori) al club di Bill Gates e Hillary Clinton. Nelle immagini televisive della “Pharaohs’ Golden Parade”, Al-Sisi ostenta un’espressione inequivocabile: ai suoi occhi, quelle mummie in viaggio sono una sorta di totem nazionale, il cuore sacro dell’Egitto. Attenzione: è un classico, il ricorso alla simbologia (esoterica) da parte del grande potere. Sul suo canale YouTube, Giorgio Di Salvo ha sottolineato le stranezze della cerimonia di insediamento dello stesso Joe Biden: «E’ stata la rappresentazione di un vero e proprio rito di iniziazione, incentrato sulla figura dell’eccentrica Lady Gaga, abbigliata in modo da riprodurre il vestiario e il corredo della Statua della Libertà: non quella famosa, al porto di New York, ma quella che per i massoni americani è la vera Statua della Libertà. Si tratta della statua che sormonta la cupola del Campidoglio, a Washington: la “libertà armata”, che richiama la dea greca Athena».Come se non bastasse, Di Salvo rievoca un’altra cerimonia di insediamento, quella di Emmanuel Macron a Parigi: «Per un attimo (in modo però attentamente studiato) le braccia levate del neo-eletto, sullo sfondo della piramide del Louvre, disegnano alla perfezione la combinazione simbolica costituita da squadra e compasso». Da Napoleone in poi, l’Egitto si è conquistato un posto d’onore, sulle rive della Senna. «Ma mentre i riti massonici di ispirazione egizia sono di origine moderna, nelle terre che vanno dal Nilo all’Eufrate sopravvivono in modo clandestino le ritualità cultuali antiche», precisa lo storico Nicola Bizzi, presente con Matt Martini e Tom Bosco nella trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi”, sul canale YouTube di “Border Nights”. Lo stesso Martini cita la religione egizia tuttora praticata da «importanti sceicchi del Cairo», sotto la vernice ufficiale dell’Islam. Dal canto suo, Bizzi conferma che in Iraq «si praticano culti di origine sumerica, al riparo dei circoli Sufi (in teoria, islamici) che ospitavano personalità vicinissime al potere già all’epoca del regime di Saddam Hussein».Curioso che poi lo stesso Saddam sia stato abbattuto dai Bush – padre e figlio – che Gioele Magaldi presenta come fondatori della nefasta superloggia “Hathor Pentalpha”, dedita anche al terrorismo internazionale, avendo arruolato tra le sue fila prima Osama Bin Laden e poi Abu Bakr Al-Baghdadi, leader dell’Isis. C’è chi fa notare il collegamento tra l’acronimo Isis (Islamic State of Iraq and Sirya) e il nome della dea egizia Iside, chiamata anche Hathor. Iside-Hathor è la vedova di Osiride, nonché la madre di Horus: il trio incarna la “sacra famiglia” dell’antico Egitto faraonico, la “trimurti” fondativa del Nilo. Padre, madre e figlio, a sottolineare una tripartizione “energetica” successivamente reinterpretata in modo difforme dalla Trinità cristiana, rimodellando teologicamente la Tetractis triangolare di Pitagora: figura ricomparsa – in modo clamoroso – nella coreografia della grande Parata dei Faraoni appena proposta al Cairo, nel segno del recupero dell’antica sapienza “pagana”.«La grande kermesse egiziana è stata anche un atto di magia cerimoniale», sostiene Matt Martini a “L’Orizzonte degli Eventi”. «Obiettivo: risvegliare “l’eggregore” nazionale, il genio egizio: una vera e propria evocazione, tramite il ruolo delle mummie solennemente traslate da un museo all’altro, in mezzo ad ali di folla». Le mummie regali egizie, dice Martini, vanno considerate – nelle intenzioni degli organizzatori – come «veri e propri talismani umani: quelle salme sono state preparate ritualmente e trattate come oggetti di culto: per migliaia di anni, hanno ricevuto offerte votive». Dunque, per Martini, «sul piano magico sono strumenti perfetti, per fare da ponte con altre dimensioni». Spiega il saggista: «Si crede che la mummia, se conservata, contenga ancora il Ka del defunto: un’impronta dell’anima. A sua volta, il Ka viene visitato dal Ba, cioè l’anima che sale e scende. Infine, il Ba comunica con l’Akh, lo spirito trasfigurato dell’iniziato (il faraone), che secondo l’antica religione egizia resta in contatto con la dimensione degli Aku, i principi divini, gli Splendenti». In altre parole: un ascensore per il cielo, nel nome dell’Egitto delle piramidi.Martini invita a far caso ai numeri: sono state trasferite 22 salme, precisamente quelle di 18 faraoni e di 4 regine. Tutti regnanti compresi tra la 17esima e la 20esima dinastia. «La 17esima dinastima fu l’ultima del Secondo Periodo Intermedio, quello dominato dal caos, quando l’Egitto fu invaso dagli Hyksos. La dinastia successiva, quella Ramesside, segnò invece la restaurazione del potere faraonico egizio: l’inizio del Nuovo Regno». Anche al Cairo, assicura Martini, il potere gioca con i simboli: è come se il generale Al-Sisi paragonasse se stesso ai faraoni di nome Ramses, rifondatori dell’Egitto dopo le tempeste della storia. L’ultima, in questo caso, si chiama Covid: «Si noti: la mascherina non viene indossata né dai figuranti, spesso assiepati, né dalle migliaia di spettatori che assistono al corteo, stretti l’uno all’altro». Sembra un messaggio diretto ai “signori del coronavirus” e agli stessi vicini israeliani, che hanno trasformato il loro paese in area-test per la vaccinazione di massa. Per inciso: in concomitanza con lo strano incidente di Suez, Al-Sisi ha fatto riaprire (dopo anni) il valico di Rafah, a Gaza: l’unico non controllato da Israele.Oggi l’Egitto è un paese islamico e anche cristiano, ricorda Martini, alludendo all’importante confessione copta. Ma Al-Sisi – aggiunge – come militare impegnato in politica è pur sempre erede del nazionalismo laico, incarnaato dall’ex partito Baath, socialista e panarabo, cresciuto nel mito del grande leader terzomondista Abdel Gamal Nasser, che sfidò Francia, Gran Bretagna e Israele per rivendicare la piena sovranità del suo paese. Non si scherza, con l’Egitto: nel 1956 – quando inglesi e francesi sbarcarono a Porto Said per rovesciare Nasser, che aveva bloccato il Canale di Suez perché la Banca Mondiale non voleva concedere agli egiziani il prestito per erigere la diga di Assuan – l’Unione Sovietica (con il tacito consenso degli Usa) arrivò a minacciare gli invasori anglo-francesi di ricorrere alla bomba atomica, se non avessero lasciato l’Egitto. Finì nell’ignominia – e con il trionfo politico di Nasser – l’ultimo colpo di coda del colonialismo europeo nel Mediterraneo. Poi gli uomini del pararabismo Baath sono stati perseguitati: ucciso Saddam, invasa la Siria di Assad.Abdel Fattah Al-Sisi, in qualche modo erede di Mubarak (già allievo della scuola ufficiali di Mosca) si è imposto nel 2014 incarcerando i Fratelli Musulmani, inizialmente votati dagli egiziani dopo la turbolenta “primavera araba” innescata al Cairo dallo storico discorso incendiario del massone Obama, con l’obiettivo di “resettare” le oligarchie nordafricane non-allineate al potere di Washington (preservando invece le brutali petro-monarchie del Golfo, in primis quella saudita, devotissime al superpotere statunitense). Siamo tuttora in pieno caos: Giulio Regeni, reclutato (a sua insaputa) dall’intelligence britannica tramite una Ong universitaria, è stato barbamente assassinato per ostacolare i nascenti rapporti strategici tra Italia ed Egitto, dopo la scoperta da parte dell’Eni di un immenso giacimento marittimo di gas e petrolio al largo delle coste egiziane. Regeni – scrisse il “Giornale”, citando servizi segreti italiani – fu ucciso da manovalanza del Cairo, ma su ordine inglese, proprio per mettere in imbarazzo Al-Sisi, proprio mentre l’Italia stava chiedendo la protezione militare dell’Egitto, allora influente in Cirenaica, nell’ipotesi di inviare un contingente italiano in Libia.Oggi, Bengasi è passata sotto il controllo della Russia: è avvenuto dopo che, in modo simmetrico, Tripoli è caduta nelle mani della Turchia. Altro volto del caos di oggi è l’insidioso neo-ottomanesimo di Erdogan, supermassone reazionario e illustre membro della spietata “Hathor Pentalpha”, secondo Magaldi. Con un gesto inaudito, che riporta l’Italia al centro della scena in politica estera, Mario Draghi ha definito “un dittatore” il sultano di Ankara. Si tratta di un messaggio in codice – spiega Dario Fabbri, di “Limes” – rivolto agli Usa: Draghi li invita a non sacrificare gli interessi italiani in Libia, dopo che Ergodan ha promesso di aprire il Mar Nero alle portaerei americane (in funzione anti-russa) se lo Zio Sam chiuderà un occhio, anzi due, sulle ambizioni imperiali dei turchi nel Mediterraneo. Dalla parte dell’Italia c’è sicuramente l’Egitto, nuovo Eldorado per l’Eni dopo i problemi sopraggiunti in Libia. Nonostante le proteste per il doloroso caso Regeni, infatti, l’Italia ha appena ceduto al Cairo due fregate Fremm, gioiello della marina militare che l’Egitto immagina di dover impiegare, come arma di dissuasione, anche e soprattutto contro la Turchia di Erdogan.Modernissime fregate lanciamissili, ma non solo: la vera arma di Al-Sisi, a quanto pare, potrebbero essere proprio i venerati faraoni della 18esima dinastia, omaggiati come il Graal dell’Egitto. «Nella “Pharaohs’ Golden Parade” – insiste Matt Martini – si può leggere il ritorno alle origini ancestrali della nazione». Martini è attentissimo ai dettagli: le salme traslate con tutti gli onori sono 22, «come le lettere dell’alfabeto ebraico, che potrebbe derivare dall’alfabeto geroglifico egizio». Il trait d’union, dice l’analista, potrebbe essere stato l’alfabeto proto-sinaitico, una forma linguistica di transizione tra l’egizio geroglifico e gli alfabeti semitici (fenicio e aramaico, fino poi al più recente ebraico biblico). Sempre 22 – aggiunge Martini – erano anche i Nòmoi (i distretti amministrativi) dell’Alto Egitto, che aveva per capitale Tebe, la città della dinastia Ramesside. «Sono numeri non casuali: esprimono un preciso linguaggio, simbolico e operativo: quello di un’operazione di magia cerimoniale, a scopi politici e meta-politici».Indicazioni che Martini trae dall’analisi della grande parata del Cairo. «Allì’inizio, la soprano al centro della scena canta un inno a Iside. Poi, i militari sfilano in un viale illuminato di rosso, che è il colore di Seth e anche degli Hyksos: quindi, è come se i militari egiziani stessero calpestando gli Hyksos, nemici dell’Egitto». Quindi, il cambio di scenografia: «A un certo punto, il viale diventa blu: ed entra in scena una figurante (blu, anch’essa) che incarna Nuit, o Nut, la dea egizia del cielo stellato». Si vede una moltitudine di ancelle agitare un contenitore luminoso: «Qui punti di luce simboleggiano proprio le stelle, con un’allusione precisa: i nostri antenati ancestrali – di cui i faraoni erano i rappresentanti terreni – venivano dal cielo: erano Figli delle Stelle».Al Cairo, la grande parata è conclusa dal corteo dalle mummie, racchiuse nei loro sarcofagi trasportati su carri scenografati in modo un po’ hollywoodiano, per ricordare i mezzi di trasporto di migliaia di anni fa. «Per la religione tradizionale egizia – precisa Martini – le mummie vengono dal Duat, dalla dimensione stellare degli Aku. Questi faraoni non sono comuni mortali: sono tecnicamente delle divinità, non vengono dall’oltretomba infero ma dalla dimensione stellare». Significati sottolineati dalla stessa data scelta per la grandiosa cerimonia: «Il 3 aprile è il 23esimo giorno del mese di Ermuti, dedicato a Iside. Ed è l’ultimo giorno di un ciclo di festività dedicate a Horus, che è il vendicatore di suo padre, e dunque il vendicatore dell’Egitto». Messaggio: «Il potere che ha allestito la parata ha voluto celebrare un atto magico, per il risveglio nazionale dell’Egitto». Si tratta di un’élite che «lavora anche sul piano “sottile” e pratica ancora la teurgia, cioè l’arte di comunicare con le divinità». Non pensiate – assicura Martini – che la cosa sia sfuggita, ai “signori del Covid”: «Queste sono operazioni molto temute, da chi vuole nascondere certe cose». L’oligarchia ostile è avvisata: contro i nemici, ora l’Egitto schiera i suoi faraoni.Attenti all’Egitto: ora riesuma i suoi antichi faraoni, per far rinascere lo spirito nazionale. E lo fa con una gigantesca kermesse, che rivela due intenti: scrollarsi di dosso un certo globalismo-canaglia, quello che ha imposto il “panico Covid” nella sua agenda, e al tempo stesso “resuscitare” l’antico culto egizio, quello della civiltà delle piramidi ereditata dai Figli delle Stelle, per avvertire quella élite che ancora oggi, segretamente e in modo inconfessabile, sembra devota alle divinità mesopotamiche (Moloch) declinate in modo pericolosamente anti-umano. E’ la lettura che Matt Martini fornisce della grandiosa “Pharaohs’ Golden Parade” andata in scena il 3 aprile al Cairo, per il trasferimento di 22 salme regali, trasportate dal museo egizio della capitale al museo nazionale della civiltà egizia a Giza, proprio all’ombra della Sfinge. Senza nascondere i tratti «anche un po’ kitsch» della “Parata d’oro dei faraoni”, Martini – esperto di orientalistica e co-autore del saggio “Operazione Corona”, edito da Aurora Boreale – avverte: siamo in presenza della volontà (esibita) di far “risorgere” l’Egitto, interpretato come erede di divinità venute dal cielo, “richiamate in servizio” per soccorrere la Terra, caduta in preda agli eccessi del mondialismo più criminale.
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Pasqua in rosso: Draghi non smonta la menzogna Covid
Sistemare le cose un po’ alla volta, evitando però di mettere in piazza le magagne peggiori? Tradotto: via Arcuri, ma Speranza resta. E l’Italia rimane in quasi-lockdown, per le festività pasquali. Una bella sfoltita al Cts, un cambio della guardia alla Protezione Civile, ma i mitici ristori-lampo (annunciati come veri, stavolta) si rivelano una beffa, come quelli di Conte. Chi paga, intanto? Indovinato: gli italiani. E se filtrano voci di possibili intese tra il partito di Salvini e quello di Putin, ecco che l’unico politico governativo contrario all’autismo delle chiusure permanenti viene “avvertito”, con lo strano arresto – strombazzatissimo – di un ufficiale italiano che avrebbe passato documenti riservati (pagati però appena 5.000 euro) ai servizi segreti russi. In balia di quale altra verità apparente siamo finiti, dopo aver licenziato il grottesco prestanome Conte? Quanti punti dovrà ancora perdere, il Pil nazionale, prima che i grandi registi planetari decidano che si può cominciare a dichiarare terminate le ostilità, sulla base di un’economia ormai sufficientemente trasformata dalla crisi?In altre parole: a quale gioco sta giocando, quel segmento di élite mondiale che ora vorrebbe chiudere il capitolo Covid ma senza vuotare il sacco? A quale Reset sta pensando, dopo aver bocciato formalmente quello dai tratti più distopici, di marca atlantico-cinese, destinato – nei piani originari – a far durare il regime di terrore fino a tutto il 2023? Al centro della scena italiana, l’elusivo Mario Draghi – ancora a capo del Gruppo dei Trenta creato dai Rockefeller, ma poi passato ad assumere accenti post-keynesiani – sull’emergenza sanitaria lascia volentieri il palcoscenico al Ministro della Paura, il cui non-pensiero è bene espresso anche dal Pd e da personaggi come l’ex segretaria della Cgil, Susanna Camusso. Ovvero: restare in casa, tutti, anche per sempre, in attesa che sia passata (da sola) la tempesta Covid. Idee deliranti, a cui il governo Draghi – escluso Salvini – si allinea: come se non sapesse che i virus come il Corona diventano endemici, visto che sono qui per restare.Se si agevolano i contagi, questi virus diventano innocui. Se invece vengono ostacolati con il distanziamento (non risolutivo in ogni caso, e disastroso sul piano socio-economico), le insidie virali resteranno un problema per anni. Si è scelto di contrastare il Covid con un’unica arma, peraltro dall’efficacia molto incerta – il vaccino – continuando a ignorare deliberatamente, in modo criminoso, le statistiche dei medici che dimostrano che la verità è tutt’altra: per guarire, da casa, bastano le cure precoci. Quelle che il governo Draghi si ostina a non raccomandare, attraverso un protocollo terapeutico nazionale. Il che è inaccettabile, oltre che sinistro: per tener fede a un evidente impegno di rilievo internazionale (regalare miliardi ai produttori di vaccini) si continua a non curare i malati tempestivamente, a domicilio. Quando infine ricorrono all’ospedale, in molti casi è ormai troppo tardi.Dire la verità un dovere morale, innanzitutto. Oggi, poi, è anche questione di vita o di morte. Dove spera di arrivare, un governo che ancora si diverte – rinunciando alle terapie domestiche – a colorare le Regioni e confinare i cittadini, a oltre un anno dalla comparsa di un morbo che (se curato subito) ha una letalità irrisoria? Certo, in questo suicidio nazionale gli italiani sono complici: depistati dai mercenari del mainstream mediatico, hanno assorbito la legge della paura e circolano come pecore, con l’inutile museruola a coprire il volto. Per nulla al mondo violerebbero i diktat che provengono dall’alto, anche se rendono una pagina vergognosa – l’ennesima – anche la Pasquetta 2021, col divieto assoluto di mettere il naso fuori di casa, dopo un intero anno in cui il ministero della sanità ha fatto di tutto, tranne che impegnarsi a salvare i malati.Scandaloso? Sì certo: se si investisse nella medicina territoriale, crollerebbero i ricoveri. Il film dei vaccini finirebbe prima ancora di cominciare (ma così andrebbe in fumo il fanta-business collaterale di Big Pharma). E’ il prezzo da pagare per uscire dall’incubo di un’emergenza di cartapesta? Se è così, si tratta di un prezzo salatissimo. Perché i vaccini non danno garanzie di efficacia, né di sicurezza. E perché, così facendo, si continua a non credere nell’unico rimedio affidabile, le cure precoci. Non solo: sull’altare del business dei vaccini viene sacrificata anche la libertà dei sanitari, costretti a sottoporsi a un Tso costituito da farmaci ancora sperimentali. Il clima da obitorio, che tanto piace al Ministro della Paura, è perfetto anche per vessare all’infinito i cittadini, costringendoli a un test – il tampone – che molti scienziati ormai ritengono ridicolo. La cattiva notizia (pessima, davvero) è che Mario Draghi non abbia fatto assolutamente nulla, nemmeno lui, per ristabilire almeno un po’ di giustizia e di verità, in tutto questo orrore nutrito di menzogne e lubrificato da fior di miliardi.Sistemare le cose un po’ alla volta, evitando però di mettere in piazza le magagne peggiori? Tradotto: via Arcuri, ma Speranza resta. E l’Italia rimane in quasi-lockdown, per le festività pasquali. Una bella sfoltita al Cts, un cambio della guardia alla Protezione Civile, ma i mitici ristori-lampo (annunciati come veri, stavolta) si rivelano una beffa, come quelli di Conte. Chi paga, intanto? Indovinato: gli italiani. E se filtrano voci di possibili intese tra il partito di Salvini e quello di Putin, ecco che l’unico politico governativo contrario all’autismo delle chiusure permanenti viene “avvertito”, con lo strano arresto – strombazzatissimo – di un ufficiale italiano che avrebbe passato documenti riservati (pagati però appena 5.000 euro) ai servizi segreti russi. In balia di quale altra verità apparente siamo finiti, dopo aver licenziato il grottesco prestanome Conte? Quanti punti dovrà ancora perdere, il Pil nazionale, prima che i grandi registi planetari decidano che si potrà cominciare a dichiarare terminate le ostilità, sulla base di un’economia ormai sufficientemente trasformata dalla crisi?
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Alieni, Covid, Atlantide: è la “resurrezione” della verità?
Ora non potranno più raccontarci la solita favoletta: l’ammissione della Us Navy ha la portata storica e definitiva di un cambio d’epoca, preceduta di pochissimo dall’annuncio – da parte di Donald Trump – della creazione di una Space Force, unità militare per la difesa aerospaziale. Roberto Pinotti è uno degli ufologi più prestigiosi che esistano: ha collaborato con autorità militari e, negli Usa, ha partecipato al grande progetto internazionale Seti, che ricerca le eventuali “intelligenze non terrestri”. Ha scritto libri tradotti in tutto il mondo, ha fondato e diretto il Cun (centro ufologico nazionale) che ha spesso cooperato con l’aeronautica militare italiana. Quando si parla di Ufo, Pinotti finisce spesso in televisione: nel 2019, ospite della Rai, ha sottolineato il carattere inequivocabile delle esternazioni della Us Navy sugli incontri (frequenti) con oggetti volanti non identificati. Affermazioni poi confermate ufficialmente dal Pentagono nel 2020, mentre il mondo era già intrappolato nel disastro globale chiamato Covid.
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Segreti da 5.000 euro: i padrini del Covid contro Mosca
Qualcuno (come Guido Crosetto, di Fratelli d’Italia) può trovare quasi comico il fatto che si esibisca come super-traditore un ufficiale pronto a vendere ai russi “segreti strategici” dal valore di ben 5.000 euro, cioè pari alla multa prevista per la famiglia Rossi se violasse il lockdown di Pasqua? Crosetto non è il solo a sentire puzza di bruciato: parlando all’agenzia “Adn Kronos”, lo stesso generale Mario Mori, già a capo del Ros e del Sisde, conferma: «Di Maio ha parlato di “atto ostile”, ma gli atti ostili li fanno tutti, anche gli americani, gli inglesi, i cinesi. Si fa attività di spionaggio, la fanno i russi, la fa tutto il mondo». Piuttosto: il caso dell’arresto del capitano di fregata Walter Biot, “sorpreso” a passare documenti a un agente russo, sembra chiaramente ingigantito dai media, «perché tutto sommato quell’ufficiale, un tenente colonnello con quella collocazione – dice Mori – non è che potesse detenere grandissimi segreti militari della Nato». L’altra notizia – quella vera – parla invece della risposta russa in arrivo: Mosca ha “tirato fuori dai silos” i suoi missili nucleari, in previsione di un eventuale attacco, a guida Usa, nell’Est dell’Ucraina.
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Vaccini e soldi, Ratto: le grandi famiglie dei nostri padroni
Grandi famiglie (Rothschild, Warburg, Rockefeller, Morgan) gestiscono il complesso industrial-finanziario europeo e statunitense. In un libro uscito proprio all’inizio dell’epidemia, nel febbraio 2020, intitolato “L’Industria della Vaccinazione. Storia e contro-Storia”, credo di aver dimostrato quanti e quali siano gli interessi in gioco e gli scheletri nell’armadio delle grandi multinazionali del farmaco, più o meno direttamente riconducibili a queste grandi élite che, in questo momento, incassano giganteschi proventi grazie al commercio dei vaccini e degli antivirali contro il Covid-19. Da quanto dura questo dominio nascosto? Perché i veri dominatori non si mostrano? Come ho scritto nelle conclusioni del mio “I Rothschild e gli Altri”, in un mondo dove ognuno fa di tutto per apparire e collezionare sui social il maggior numero possibile di condivisioni e apprezzamenti, chi davvero conta e stabilisce le regole del gioco rimane dietro le quinte.Nei libri di storia adottati a scuola non esiste un solo riferimento a una famiglia come quella dei Rothschild, ad esempio, che pure risulta assolutamente determinante per tutte le vicende storiche degli ultimi due secoli e mezzo. E’ evidente come questo mantenersi nell’anonimato sia funzionale, ad esempio, a non esplicitare i nomi di chi controlla i grandi colossi finanziari che amministrano tutte le multinazionali, molte banche centrali, o le più influenti società di lobbying (di cui parlo nel libro appena uscito: “Lobbying”), tramite le quali le stesse élite condizionano massicciamente il potere politico, a livello locale e internazionale. L’unico caso in cui si parla dei Rothschild è sempre e solo quello legato alla famosa Dichiarazione Balfour – guardandosi bene, però, dal sottolinearne i presupposti maturati nel corso della Prima Guerra Mondiale, o le conseguenze prodotte sulla Seconda. Una questione particolarmente urticante, questa, che ho approfondito nel mio libro “Rockefeller e Warburg”.Come penso che reagiranno, queste famiglie autocratiche, davanti al “blocco eurasiatico” che si pone in netto contrasto con la Ue e gli Stati Uniti? Non credo che si facciano trovare impreparate. Non credo nemmeno che questi nuovi modelli siano effettivamente come si presentano. Da tempo i grandi uomini d’affari asiatici sono entrati in relazione con queste importanti dinastie. Vale sempre il principio che si tramandano i Rockefeller di padre in figlio: è la concorrenza il vero peccato. Tra la Commissione Europea e AstraZeneca c’è un contratto-capestro, e AstraZeneca è nelle mani dei Wallenberg, una potentissima famiglia svedese. I Wallenberg – il cui principale esponente, Peter Wallenberg (membro influentissimo del Round Table of Industrialists di cui fanno parte anche De Benedetti, gli Agnelli e Vittorio Colao, attuale ministro del governo Draghi) ha fondato AstraZeneca nel 1999 – sono una grande famiglia di imprenditori e banchieri svedesi. A metà Ottocento diedero vita alla Stockholms Enskilda Bank e oggi controllano Ericsson, Electrolux, Abb, ma anche il Gruppo Nasdaq, che gestisce l’omonimo mercato borsistico elettronico.Fecero anche proficui affari con la Germania nazista. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la loro Skf forniva i cuscinetti a sfera sia agli inglesi che ai tedeschi. Un po’ come le bombe sganciate da Hitler su Londra, che contenevano componenti forniti dalla società americana Itt. Il nipote di Peter Wallenberg (figlio del fratello Marc), Marcus Wallenberg (ex CityBank, Deutsche Bank, e S.G. Warburg & Co.) è nel direttivo del Bilderberg, così come lo stesso figlio di Peter, Jakob Wallenberg. I Wallenberg controllano anche Seb, enorme gruppo finanziario svedese. Come spiego nel mio “Lobbying”, anche il contratto stipulato dall’Unione Europea con AstraZeneca contiene davvero pochissime condizioni alle quali la casa farmaceutica debba sottostare. Non a caso, il testo dell’accordo è stato a lungo secretato e pubblicato solo recentemente, con innumerevoli omissis.Che impatto hanno, sulle nostre vite, le scelte delle multinazionali? Questo mio nuovo libro, “Lobbying”, attacca proprio il progressivo e colpevole assottigliamento tra “pubblico” e “privato” che, concettualmente e materialmente, si sta realizzando nel nostro tempo. Un azzeramento che tende a lasciare un ampio spazio di manovra ai conflitti d’interessi e alle pressioni dell’imprenditoria privata sull’attività legislativa degli organi politici, senza che la gran parte dell’opinione pubblica se ne preoccupi. Per anni mi sono occupato delle grandi famiglie di banchieri e industriali e della loro influenza sulle decisioni delle amministrazioni pubbliche. Questo lavoro sposta l’attenzione sui meccanismi e sulle società tramite le quali questo fenomeno si verifica. McKinsey è proprio uno di questi giganteschi colossi specializzati in quelle che definisco “consulenze” esercitate sulla politica – ma altro non sono che vere e proprie pressioni, sapientemente gestite attraverso una rete di contatti efficientissima e capillare – per conto dei maggiori gruppi di potere determinati a incassar la maggior dose possibile di vantaggi, attraverso leggi spesso confezionate ad hoc.Nel libro – che ad esempio approfondisce il cosiddetto trucco del “revolving door” atto a consentire un continuo e fluido passaggio di uomini dalle amministrazioni statali a quelle aziendali, con conseguente utilizzo e riutilizzo di tutte quelle conoscenze indispensabili per fare lobbying – si affrontano questioni relative alla regolamentazione (spesso più di facciata che effettiva) di questo fenomeno. Regolamentazione che varia da Stato a Stato e che serve, spesso, solo a “imbiancare il sepolcro” delle collusioni, delle molteplici forme di corruzione e delle connivenze tra imprenditoria e politica. Al centro del saggio, la storia delle ripetute e ignorate sollecitazioni e sentenze formulate da enti e organi ufficiali, appositamente istituiti dall’Ue, nei confronti di certe inquietanti appartenenze del nostro attuale premier a gruppi internazionali di potere e di lobbying particolarmente influenti, pur nelle sue funzioni di presidente della Bce, prima, e di presidente del Consiglio adesso.(Pietro Ratto, dichiarazioni rilasciate nell’intervista “Chi sono i padroni del discorso”, pubblicata da Mitt Dolcino il 31 marzo 2021. L’ultimo libro citato, opera del saggista piemontese: Pietro Ratto, “Lobbying”, Bibliotheka Edizioni, 136 pagine, euro 13,30).Grandi famiglie (Rothschild, Warburg, Rockefeller, Morgan) gestiscono il complesso industrial-finanziario europeo e statunitense. In un libro uscito proprio all’inizio dell’epidemia, nel febbraio 2020, intitolato “L’Industria della Vaccinazione. Storia e contro-Storia”, credo di aver dimostrato quanti e quali siano gli interessi in gioco e gli scheletri nell’armadio delle grandi multinazionali del farmaco, più o meno direttamente riconducibili a queste grandi élite che, in questo momento, incassano giganteschi proventi grazie al commercio dei vaccini e degli antivirali contro il Covid-19. Da quanto dura questo dominio nascosto? Perché i veri dominatori non si mostrano? Come ho scritto nelle conclusioni del mio “I Rothschild e gli Altri”, in un mondo dove ognuno fa di tutto per apparire e collezionare sui social il maggior numero possibile di condivisioni e apprezzamenti, chi davvero conta e stabilisce le regole del gioco rimane dietro le quinte.
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Lockdown, medioevo nel 2021: i terrapiattisti del Covid
Uscire dal medioevo: lo chiedeva (in modo “gridato”) un giornalista come Paolo Barnard, co-fondatore di “Report”, almeno dieci anni fa. Nel saggio “Il più grande crimine”, denunciava il carattere neo-feudale dell’élite eurocratica ordoliberista, capace di coniugare neoliberismo economico e autoritarismo politico-sociale nell’adesione fanatica al dogma mercantilista dell’economia “neoclassica”, tra i fantasmi settecenteschi di David Ricardo (prima produco, poi risparmio: senza possibilità di investire a monte, scommettendo sull’economia), come se il denaro fosse ancora un bene materiale e limitato, paragonabile alle materie prime e ai prodotti agricoli come il grano. Al centro della polemica innescata da Barnard campeggiava la grande menzogna sulla “scarsità di moneta”, utilizzata (ormai in tempi di valuta “fiat”, virtualmente illimitata e a costo zero) da un oligopolio privatistico, pronto a imporre l’austerity per ottenere la più grande retrocessione sociale di massa della storia moderna: il debito pubblico come colpa e come handicap, non più interpretato in modo keynesiano come leva strategica destinata a produrre benessere diffuso attraverso investimenti lungimiranti.
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Bizzi: la farsa-Covid è finita, grazie a Putin e ai Rothschild
Qualcosa è cambiato, dopo un anno di bugie e sofferenze? Sembrerebbe di sì: persino il massimo portavoce degli spaventapasseri-Covid, cioè il catastrofico Roberto Speranza, ha stranamente annunciato l’imminente uscita graduale dal tunnel, nel corso della primavera, in vista di un’estate finalmente quasi normale. Facile la spiegazione di comodo offerta dal ministro-carceriere: i vaccini garantiranno l’immunità di massa, dopo che i lockdown hanno limitato i danni. Falsità visibili dalla Luna: l’Italia delle zone rosse ha collezionato centomila morti (dichiarati, almeno). E gli attuali non-vaccini (cioè i preparati genici che inseguono le varianti del coronavirus) non riusciranno mai – secondo autorevoli infettivologi come Pietro Luigi Garavelli, primario a Novara – a proteggere davvero la popolazione, perché il virus (mutante) sarà sempre più veloce di loro. Come se ne esce? Lo spiegano i medici che guariscono i pazienti: le cure precoci, prescritte ai primi sintomi, molto spesso permettono di curarsi da casa, evitando il ricovero.Così si sgonfiano i numeri dell’emergenza: ci crede il Piemonte, prima Regione italiana ad adottare il protocollo-base che il ministero della sanità si è finora rifiutato di fornire ai medici di famiglia. Niente più panico, dunque. I primi a raccomandare l’opposto della linea adottata dai governi occidentali erano stati i luminari che un anno fa sottoscrissero la Dichiarazione di Great Barrington, negli Usa: bisogna lasciarlo correre, il virus, per raggiungere in fretta l’immunità di gregge, stando pronti a usare i farmaci giusti per curare (a casa, presto e bene) chi si ammala. I vaccini? Non indispensabili. Parola dei maggiori epidemiologi del mondo, quelli che per primi affrontarono l’Ebola. Unica accortezza: proteggere anziani e malati, tenendoli isolati (loro sì), ma evitando assolutamente i lockdown e ogni forma di distanziamento, pena il trascinarsi del Covid per anni. Recenti studi pubblicati da “Science” e “Nature” lo confermano: se ci si contagia a milioni, il Sars-Cov-2 diventa progressivamente innocuo, come un banale raffreddore.Se è così, perché mai abbiamo sbagliato tutto – distanziando, chiudendo, ospedalizzando – per un anno intero? «Non è stato affatto un errore, ma una scelta deliberata». Lo sostiene Nicola Bizzi, storico ed editore di Aurola Boreale, co-autore del saggio “Operazione Corona, colpo di Stato globale”. Nella trasmissione web-streaming “L’orizzonte degli eventi”, condotta sul canale YouTube di “Border Nights” insieme a Tom Bosco e Matt Martini, Bizzi sintetizza: l’anonimo “sequestro” del pianeta, in virtù di una semplice sindrome influenzale (sia pure pericolosa, se non curata tempestivamente) faceva parte di un piano preciso, coltivato da élite oscure. L’altra notizia è che questo piano mostruoso è tecnicamente fallito: già a novembre, dice Bizzi, i “golpisti” hanno trattato la resa, accettando un esito diverso: la “pandemia” sarebbe terminata a fine aprile. Ultima concessione, il lauto business dei vaccini. Poi, la ritirata: cioè l’annuncio che il virus sarebbe stato sconfitto. «L’alternativa sarebbe stata un Processo di Norimberga, per crimini contro l’umanità».In altre parole: sbrigatevi a vendere i vostri inutili vaccini, ancora per qualche mese, e poi toglietevi di torno. Credibile? Per Bizzi, assolutamente sì: «Fate caso ai segnali che provengono dal mondo che conta, quello della finanza: stranamente, da settimane, le agenzie di rating prevedono la fine della pandemia entro aprile e il grande rilancio di settori come il turismo e l’immobiliare». Eppure, per i media, siamo ancora alle prese con il peggio. «Appunto: i media si adegueranno rapidamente». Non potendo ammettere che i numeri dell’emergenza erano gonfiati, oltre che propiziati dal pazzesco rifiuto di curare i pazienti in modo tempestivo, a casa, ora parleranno dell’effetto miracoloso dei vaccini. «Una recita, ampiamente prevista e concordata coi vincitori». Chi sono? «Una parte dell’élite mondiale, che non ha mai approvato il Grande Reset disegnato a Davos, il progetto di schiavizzazione dell’umanità». Nomi? Uno, enorme: «I Rothschild: hanno contrastato la cordata di Bill Gates e Fauci, della Cina, dell’Oms. Evidentemente, quel tipo di Great Reset contrastava coi loro interessi».Non solo: Bizzi – che vanta importanti relazioni col mondo dell’intelligence – parla di una storica “guerra” all’interno della stessa, potente massoneria sovranazionale: una fazione importante si sarebbe opposta con ogni mezzo al “totalitarismo sanitario”, che secondo i “falchi” «doveva durare fino a tutto il 2023, cancellando per sempre diritti, libertà e democrazia». Se quel piano è fallito – sottolinea Bizzi – lo dobbiamo in gran parte alla Russia di Vladimir Putin: «Col suo vaccino Sputnik, che è sostanzialmente un antinfluenzale, si è portata dietro tre quarti del mondo, dall’India al Sudamerica». Abile, Putin: «Ha usato la Bielorussia come apripista. Ricordate? Il presidente Lukashenko – immediatamente aggredito con la solita “rivoluzione colorata” finanziata da Soros – denunciò il tentativo di corruzione da parte di Oms e Fmi: avrebbero coperto di soldi la Bielorussia, se avesse accettato di attuare il lockdown “come l’Italia”. Una denuncia che non è rimasta inascoltata».Putin, il presidente che Joe Biden ha appena definito «un assassino», ha messo fine per primo allo stato d’emergenza, abolendo ogni forma di distanziamento: «La scorsa settimana ha celebrato a furor di popolo la riunificazione con la Crimea: nel più grande stadio di Mosca c’erano duecentomila persone strette l’una all’altra, mano nella mano, e senza mascherina». Messaggi eloquenti, in mondovisione: «E’ il segnale: l’incubo ha le settimane contate, ormai, anche in Occidente, che – attenzione – resta di gran lunga l’area del mondo più colpita: sia in termini sanitari che in termini economici. E non credo proprio sia un caso». Alla luce del Bizzi-pensiero, le traduzioni nostrane sembrano più agevoli: Mario Draghi, che ha adottato la sottigliezza del soft-power, ha pubblicamente elogiato lo stesso Speranza (la maschera del rigore) irritando moltissimi italiani, ormai insofferenti di fronte al “regime” sanitario delle restrizioni. Ma ecco che, in capo a pochi giorni, proprio Speranza comincia a intonare la nuova canzone (”ne usciremo presto”) che, secondo Bizzi, era stata concordata già a novembre, nelle segrete stanze del grande potere: quello che poi, a cascata, spiega anche ai Roberto Speranza cosa dire, e quando.Qualcosa è cambiato, dopo un anno di bugie e sofferenze? Sembrerebbe di sì: persino il massimo portavoce degli spaventapasseri-Covid, cioè il catastrofico Roberto Speranza, ha stranamente annunciato l’imminente uscita graduale dal tunnel, nel corso della primavera, in vista di un’estate finalmente quasi normale. Facile la spiegazione di comodo offerta dal ministro-carceriere: i vaccini garantiranno l’immunità di massa, dopo che i lockdown hanno limitato i danni. Falsità visibili dalla Luna: l’Italia delle zone rosse ha collezionato centomila morti (dichiarati, almeno). E gli attuali non-vaccini (cioè i preparati genici che inseguono le varianti del coronavirus) non riusciranno mai – secondo autorevoli infettivologi come Pietro Luigi Garavelli, primario a Novara – a proteggere davvero la popolazione, perché il virus (mutante) sarà sempre più veloce di loro. Come se ne esce? Lo spiegano i medici che guariscono i pazienti: le cure precoci, prescritte ai primi sintomi, molto spesso permettono di curarsi da casa, evitando il ricovero.