Archivio del Tag ‘élite’
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Cambiare si può? Non certo con queste regole europee
Cambiare si può? Lo assicurano gli antiberlusconiani, quelli veri. Mentre gli altri, dopo un anno di sostegno bulgaro al micidiale governo sfascia-Italia, di cambiamento non osano neppure parlare – a meno che non si tratti di pura e innocua cosmesi, alla Renzi. Di cambiamento parla invece volentieri Vendola, ma solo per scherzo: lo sparuto reduce delle primarie ormai sa benissimo di essere ridotto a recitare, sfogliando un libro di sogni che non potranno avverarsi mai. Perché le attuali regole del gioco sono truccate, e spietate: le elezioni sono pressoché inutili, dal momento che la sovranità italiana è finita, confiscata senza contropartite da un’élite finanziaria, la casta europea dei ricchissimi. Senza una ribellione, una aperta violazione dei trattati, l’Italia non ha alcuna possibilità di risollevarsi. Lo sanno tutti, ma non lo dice apertamente nessuno.No al Fiscal Compact: dovrebbe essere il primo punto nel programma elettorale. Invece, quando va bene, si parla di debito e, al massimo, di legalità. Beppe Grillo, il ciclone degli ultimi mesi – accreditato del maggior patrimonio elettorale vocato all’opposizione – non ha ancora chiarito la sua posizione in materia di sovranità nazionale; rivendica una battaglia radicale sulla trasparenza della politica, ma per il momento non va oltre. Più articolato l’approccio del possibile “quarto polo”, che si affaccia alla vigilia delle elezioni al riparo di figure come Ingroia e De Magistris, simboli di dignità e pulizia delle istituzioni; si denuncia l’iniquità della tassazione orizzontale imposta con l’alibi del debito nazionale e si invoca la Costituzione del 1946 come argine maestro contro il dilagare dell’arbitrio, dimenticando però che ben altro ordinamento – la sciagurata “costituzione materiale” dell’attuale Unione Europea antidemocratica – cancella di fatto ogni prerogativa legittima ed ogni possibile forma di equità sociale.La stampa anglosassone demolisce Monti e lo accusa di aver letteralmente devastato l’Italia dalle fondamenta, eppure il paese ancora non reagisce e non trova un’alternativa credibile, una vera via d’uscita – che non può che essere il recupero della sovranità economica nazionale, lo smarcamento dall’oligarchia dell’euro, il ripristino dell’autonomia di bilancio. Agli italiani si chiede un voto praticamente inutile, destinato a premiare ancora una volta le larve annidate in Parlamento e nei partiti, protette dall’establishment della finanza, della banche, delle dinastie industriali, dei media mainstream. Il paese è tramortito dal crollo dell’economia, ma la campagna elettorale ripropone tragiche barzellette. Per l’ennesima volta, nelle urne c’è in palio di tutto, tranne quello che conta: il futuro.Cambiare si può? Lo assicurano gli antiberlusconiani, quelli veri. Mentre gli altri, dopo un anno di sostegno bulgaro al micidiale governo sfascia-Italia, di cambiamento non osano neppure parlare – a meno che non si tratti di pura e innocua cosmesi, alla Renzi. Di cambiamento parla invece volentieri Vendola, ma solo per scherzo: lo sparuto reduce delle primarie ormai sa benissimo di essere ridotto a recitare, sfogliando un libro di sogni che non potranno avverarsi mai. Perché le attuali regole del gioco sono truccate, e spietate: le elezioni sono pressoché inutili, dal momento che la sovranità italiana è finita, confiscata senza contropartite da un’élite finanziaria, la casta europea dei ricchissimi. Senza una ribellione, una aperta violazione dei trattati, l’Italia non ha alcuna possibilità di risollevarsi. Lo sanno tutti, ma non lo dice apertamente nessuno.
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Nessuno come l’Italia ci guadagnerebbe, lasciando l’euro
Un aglosassone fuori dal coro: mentre “Financial Times” e “Wall Street Journal” hanno fatto un endorsement per un Monti-Bis, Ambrose Evans-Pritchard la pensa all’opposto. E spiega perché dovremmo applicare una terapia opposta a quella, suicida, di Monti. In termini pro capite, l’Italia è una nazione più ricca della Germania , con circa 9 trilioni (9.000 miliardi) di ricchezza privata. Abbiamo il più grande avanzo primario di bilancio del blocco G7, mentre il nostro debito “combinato”, quello che si ottiene facendo la media tra debito pubblico ed esposizione privata, ammonta al 265% del Pil ed è quindi inferiore a quello di Francia, Olanda, Gran Bretagna, Usa e Giappone. Per l’indice del Fmi, il punteggio dell’Italia è il migliore per “sostenibilità a lungo termine del debito” tra i principali paesi industrializzati. «Hanno un vivace settore delle esportazioni, e un avanzo primario», dice Andrew Roberts di “Rbs”. «Se c’è un paese dell’Eurozona che potrebbe trarre beneficio dall’abbandonare l’euro e ripristinare la competitività, è ovviamente l’Italia».«I numeri parlano da soli», aggiunge Roberts. «Pensiamo che nel 2013, non si tratterà di sapere quali paesi saranno costretti a lasciare l’euro, ma chi sceglierà di andarsene». Uno studio basato sulla “teoria dei giochi” e condotto da Bank of America ha concluso che l’Italia, sganciandosi e ripristinando il controllo sovrano sulle sue leve politiche, guadagnerebbe più di altri membri dell’unione monetaria. La nostra posizione patrimoniale sull’estero è vicina all’equilibrio, in netto contrasto con Spagna e Portogallo, entrambi in deficit per oltre 90% del Pil. L’avanzo primario, aggiunge Evans-Pritchard in un intervento sul “Telegraph” ripreso dal blog “Informare per Resistere”, implica che l’Italia «può lasciare l’Eurozona in qualsiasi momento lo desideri, senza dover affrontare una crisi di finanziamento». Un tasso di risparmio elevato, aggiunge il grande economista inglese, significa che qualsiasi shock del tasso di interesse dopo il ritorno alla lira rifluirebbe nell’economia attraverso maggiori pagamenti a obbligazionisti italiani: spesso ci si dimentica che in Italia i tassi reali erano molto più bassi sotto la Banca d’Italia.«Roma possiede una serie di carte vincenti», sostiene Evans-Pritchard. «Il grande ostacolo è il premier Mario Monti, installato a capo di una squadra di tecnocrati grazie al golpe del novembre del 2011 voluto dal cancelliere tedesco Angela Merkel e dalla Banca Centrale Europea, tra gli applausi dei media e della classe politica europea». Monti «potrebbe essere uno dei grandi gentlemen d’Europa», ma sfortuna vuole che sia anche «un sommo sacerdote del progetto Ue» e, in Italia, «un promotore decisivo dell’adesione all’euro». Per cui: «Prima se ne va, prima l’Italia può fermare la diapositiva in depressione cronica». I “mercati” sono ovviamente inorriditi all’idea che si dimetta una volta approvata la legge di bilancio 2013, visto che i rendimenti sul debito italiano sono cresciuti. «L’armistizio è durato 13 mesi. Ora la guerra continua. Il mondo ci guarda con incredulità», scrive il “Corriere della Sera”.Il rischio immediato per gli investitori obbligazionari sta nel Parlamento fratturato, sostiene Evans-Pritchard, con almeno il 25% dei seggi attributi a «forze euroscettiche», cioè Berlusconi, la Lega Nord e lo stesso Grillo, quotato attorno al 18% . «Siamo condannati, se non vi sarà chiara maggioranza in Parlamento», avverte il professor Giuseppe Ragusa dell’università Luiss Guido Carli di Roma. «Qualsiasi risultato del genere – ammette Evans-Pritchard – lascerebbe i mercati obbligazionari palesemente esposti, come lo erano nel luglio scorso, durante l’ultimo spasimo della crisi del debito in Europa. Roma avrebbe ancora meno probabilità di richiedere un salvataggio e firmare un “Memorandum” rinunciando alla sovranità fiscale», che poi è la pre-condizione già prevista dal Fiscal Compact affinché entri in azione la Bce per tenere a bada i rendimenti dei titoli italiani.Tutti quegli investitori che si sono esposti sul debito italiano (e quello spagnolo) dopo la promessa di Mario Draghi che la Bce avrebbe fatto tutto il possibile per salvare l’Eurozona ora potrebbero scoprire che Draghi non è in grado di tener fede alla sua promessa, perché ha le mani legate dalla politica. I detentori dei titoli italiani sono preoccupati, «ma gli interessi della democrazia italiana e quelli dei creditori stranieri non sono più allineati», dice Evans-Pritchard. «Le politiche deflazionistiche stile anni ’30 imposte da Berlino e Bruxelles hanno spinto il paese in un vortice greco». Confindustria ha detto che la nazione è ridotta in macerie, e gli ultimi dati confermano che la produzione industriale in Italia è in caduta libera, giù del 6,2% rispetto all’ottobre dell’anno prima. «Abbiamo visto, negli ultimi 12 mesi, un crollo completo del settore privato», conferma Dario Perkins, del Lombard Street Research. «La fiducia delle imprese è tornata ai livelli dei momenti più bui della crisi finanziaria. La fiducia dei consumatori è la più bassa di sempre. Berlusconi ha ragione a dire che l’austerità è stata un completo disastro».I consumi sono è scesi del 4,8% anche a causa della stretta fiscale. «Questi numeri non hanno precedenti: il rischio per il 2013 è che la caduta sarà ancora peggiore», avverte la Confcommercio. Le origini di questa crisi, per Evans-Pritchard, risalgono a metà degli anni ’90, quando il marco e la lira sono stati inchiodati per sempre ad un tasso di cambio fisso. L’Italia, che aveva la “scala mobile” salariale ed era abituata all’inflazione, ha così perduto progressivamante dal 30% al 40% di competitività del lavoro rispetto alla Germania. E il surplus commerciale storico con la Germania è diventato un grande deficit strutturale. «Il danno ormai è fatto: non è possibile riportare indietro le lancette dell’orologio. Eppure – insiste Evans-Pritchard – questo è esattamente ciò che le élite politiche dell’Ue stanno cercando di fare con l’austerità e la drastica “svalutazione interna”».Una simile politica può funzionare in una piccola economia aperta come quella irlandese, con alti ingranaggi commerciali, mentre in Italia «significa replicare l’esperienza della Gran Bretagna dopo che Winston Churchill fece tornare la sterlina all’ancoraggio all’oro, tornando così al tasso sopravvalutato del 1925». Come Keynes disse acidamente, i salari sono condannati a scendere. Difatti, gli inglesi pagarono con gli stenti i cinque anni successivi. «L’effetto principale di questa politica è quello di portare alle stelle il tasso di disoccupazione», che per i giovani italiani ha superato il 36% e va aumentando ancora. «Il commissario Monti, con la stretta fiscale, si è mangiato quest’anno il 3,2% del Pil, tre volte la dose terapeutica». Eppure, non c’era alcuna ragione economica per farlo: «L’Italia ha avuto un budget vicino al saldo primario nel corso degli ultimi sei anni. È stata, sotto Berlusconi, un raro esempio di rettitudine».L’avanzo primario raggiungerà quest’anno il 3,6% del Pil, per poi passare addirittura al 4,9% l’anno prossimo. «Non si potrebbe essere più virtuosi, eppure il dolore è stato più dannoso che inutile». L’inasprimento fiscale, aggiunge Evans-Pritchard, ha spinto in zona-pericolo il debito pubblico italiano, che era in equilibrio stabile. Il Fmi conferma: il nostro debito sta crescendo molto più velocemente di prima, saltando dal 120% dello scorso anno al 126% di quest’anno per salire al 128% nel 2013. E l’economia? Ha subito una contrazione per cinque trimestri consecutivi: secondo Citigroup, l’economia italiana non si riprenderà fino al 2017. «Sarebbe straordinario se gli elettori italiani tollerassero questa débacle per lungo tempo», dice Evans-Pritcahrd, anche se Bersani – come pare probabile – vincerà le elezioni con un centrosinistra pro-euro.Gli ultimi sondaggi rivelano che ormai solo il 30% della popolazione pensa ancora che l’euro sia “una cosa buona”. «Il coro in favore dell’uscita dell’Eurozona è stato silenziato dopo la promessa di salvezza di Draghi». E ora, cinque mesi dopo, «è chiaro che la crisi è più profonda è ancora purulenta». Berlusconi «gioca maliziosamente con il tema»: un giorno accenna alla sua “pazza idea” di autorizzare Bankitalia a stampare euro con aria di sfida, aggiungendo che «non è una bestemmia dire di lasciare l’euro». Poi, gli affondi più recenti: l’Italia «sull’orlo del baratro», la «spirale senza fine» della recessione. In un anno, un vero e proprio crollo: milioni di disoccupati, debito alle stelle, imprese che chiudono, industrie ko come quella dell’auto. «Non possiamo continuare ad andare avanti in questo modo», dice il bellicoso Berlusconi elettorale, prima dell’ennesimo folle dietrofront pro-Monti. Impossibile continuare così? «Infatti: non si può», conferma Evans-Pritchard. Che invita l’Italia a svegliarsi, e scrollarsi di dosso il parassita che la sta dissanguando: l’euro e la setta finanziaria che l’ha imposto, azzoppando un paese dall’economia solida e dalla ricchezza ragguardevole.Un aglosassone fuori dal coro: mentre “Financial Times” e “Wall Street Journal” hanno fatto un endorsement per un Monti-Bis, Ambrose Evans-Pritchard la pensa all’opposto. E spiega perché dovremmo applicare una terapia opposta a quella, suicida, di Monti. In termini pro capite, l’Italia è una nazione più ricca della Germania , con circa 9 trilioni (9.000 miliardi) di ricchezza privata. Abbiamo il più grande avanzo primario di bilancio del blocco G7, mentre il nostro debito “combinato”, quello che si ottiene facendo la media tra debito pubblico ed esposizione privata, ammonta al 265% del Pil ed è quindi inferiore a quello di Francia, Olanda, Gran Bretagna, Usa e Giappone. Per l’indice del Fmi, il punteggio dell’Italia è il migliore per “sostenibilità a lungo termine del debito” tra i principali paesi industrializzati. «Hanno un vivace settore delle esportazioni, e un avanzo primario», dice Andrew Roberts di “Rbs”. «Se c’è un paese dell’Eurozona che potrebbe trarre beneficio dall’abbandonare l’euro e ripristinare la competitività, è ovviamente l’Italia».
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Grillo: morire di spread, ormai gli italiani temono Monti
Ancora tu? Ma non dovevamo rivederci più? La riesumazione di Berlusconi e le elezioni anticipate sono alle porte. Non sembra che gli italiani siano sconvolti o sorpresi, molti al grido di “arridatece il puzzone” vogliono liberarsi il prima possibile di Monti rimettendo allo psiconano ogni peccato. Rigor Montis ci ha messo del suo, insieme a una stampa montiana compiacente fino al leccaculismo più esasperato. L’agenda Monti, sottoscritta con voluttà dal pdmenoelle, prevedeva un solo punto: lo spread, ma lo spread non si mangia e soprattutto non dipende da Monti, ma dalle agenzie di rating internazionali. Lo spread che è salito alle stelle in estate (colpa dei mercati?) e sotto i 300 punti a dicembre (merito di Monti?) è una variabile indipendente dal governo. E’ un guinzaglio per tenere sotto controllo la politica italiana, una corda che si stringe a piacere in mano alla finanza internazionale. Non si vive di solo spread, e di spread, con la politica di Rigor Montis, si può solo morire.
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Grillo scelga i migliori, se vuol salvare la Terza Repubblica
Machiavelli scrisse il “Principe” per trovare soluzioni politiche pratiche e per immaginare un soggetto forte che le mettesse in atto. Pensava che nella crisi di allora ci fosse comunque un’opportunità. Anche nella crisi di oggi sorgono opportunità, cambieranno gli interpreti, muteranno i partiti politici. E in molti già ora vogliono dire la loro, esserci, sfiorare i panni che il “Principe” potrà vestire. Che “Principe” avremo nel 2013? Monti? Berlusconi? Bersani? O magari proprio Grillo, come si augura Pino Cabras? Stretto collaboratore di Giulietto Chiesa nel laboratorio politico “Alternativa”, Cabras lancia una proposta precisa: allargare la rappresentanza dei “5 Stelle”, aprire agli indipendenti, irrobustire le candidature e puntare su un programma forte, in grado di ribaltare per davvero il futuro della Terza Repubblica che si va preparando.
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Usato sicuro, l’equivoco delle primarie targate Monti
Settimane di ipnosi mediatica totale, dopo lo choc della Sicilia “grillina”, grazie anche all’eclissi del centrodestra: tivù e giornali scatenati, nemmeno fossero state le primarie Usa, e non invece le piccole primarie del centrosinistra italiano, “trionfo di partecipazione democratrica” che ha coinvolto un’esigua minoranza, il 5% del paese, un italiano su venti. Finale scontato: grazie anche a Vendola, ormai ridotto a una costola del Pd, vince l’“usato sicuro” di Bersani, che rottama il giovane Renzi e si tiene stretto Mario Monti, pensando magari di “promuoverlo” al Quirinale – a meno che, come suggerisce Claudio Burlando, i sostenitori del professore imposto dai poteri forti non pensino di ripescare per il Colle nientemeno che Romano Prodi, l’uomo che più di ogni altro – firmando drammatici trattati-capestro – ha concorso all’euro-disastro nel quale si dibatte ora l’Italia, prigioniera dell’Eurozona.
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L’Olanda: chi vuole, lasci l’euro. Cadrà il Muro di Bruxelles?
Il governo olandese vuole consentire l’abbandono dell’euro ai paesi in crisi con le regole dell’unione monetaria ed economica. Una svolta annunciata da un’intervista del premier dei Paesi Bassi, Mark Rutte, a “Süddeutsche Zeitung” e “Financial Times”, la prima effettuata dal leader dei liberali dopo la formazione del nuovo governo. L’esecutivo olandese, scrive il blog di Gad Lerner, si è contraddistinto finora per essere uno dei più fedeli alleati di Angela Merkel nella difesa dell’austerity come politica economica per risolvere la crisi dei debiti sovrani. E nonostante il recente cambio di maggioranza – al posto del centrodestra ora i Paesi Bassi sono governati da un’alleanza tra liberali e sinistra riformista – questa posizione non cambierà, almeno secondo Rutte. I paesi dell’eurozona che sono in difficoltà con i programmi di austerità però potrebbero lasciare la moneta unica, se lo volessero.
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La polizia violenta e l’agente che commuove New York
Si chiama Lawrence, ha 25 anni e ha scoperto di essere diventato ufficialmente un eroe: da quando, in una gelida sera di novembre, si è chinato su un barbone che giaceva scalzo sul marciapiede di Times Square. «Serve qualcosa? Scarpe?». Risposta: no, grazie. Proprio alle spalle dell’homeless, un negozio di calzature. Lawrence entra, ordina un paio di calzettoni e dei comodi stivali. Sarebbero 100 dollari, ma la commessa intuisce le sue intenzioni e gli fa un bello sconto. Lawrence torna dal senzatetto, che ha i piedi nudi piagati dalle vesciche e, nel rivederlo, sembra incredulo: «Che Dio ti benedica, figliolo». A due passi, la scena è immortalata dallo scatto fotografico del cellulare di una turista, Jennifer Foster. E la foto fa il giro del mondo: 350.000 link su Facebook, 80.000 condivisioni e quasi 20.000 commenti di stima ed elogio. Perché Lawrence non è solo un bravo ragazzo: indossa anche l’uniforme del Dipartimento di polizia di New York.
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Camilleri e Hack: una sola Camera, bastano 100 deputati
Attenti: in tutti questi anni, il centrosinistra non ha fatto niente di serio per contrastare davvero il regime di Berlusconi. E l’attuale sbando delle destre potrebbe propiziare una nuova metamorfosi del “partito del privilegio”, sotto le sembianze di un “nuovo centrismo”, ancora una volta benedetto dal Vaticano, attorno a nomi come quelli di Monti, Casini e Montezemolo. Per Andrea Camilleri e Margherita Hack, il disastro-Italia non è imputabile all’Europa (non una parola, infatti, sulla catastrofe antidemocratica dell’Eurozona) ma al male endemico del Belpaese: la “casta”. Via d’uscita: una lista civica di salvezza nazionale che, alle elezioni della primavera 2013, promuova una “riforma istituzionale” che spazzi via tutto il marcio che ha indebolito il paese. E’ l’appello che Camilleri e la Hack rivolgono ai giovani attraverso “Micromega”. Con loro il direttore della rivista, Paolo Flores d’Arcais, nonché Adriano Prosperi, Mario Alighiero Manacorda e Barbara Spinelli.
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Avviso ai genitori No-Tav: i vostri ragazzi teneteli in casa
Finisce in Parlamento il caso delle tre famiglie No-Tav della val Susa, convocate – su richiesta della Procura – nell’ufficio degli assistenti sociali. Il “problema”: aver permesso ai loro figli minorenni di partecipare a manifestazioni contro l’alta velocità. Immediata la protesta della deputata radicale Elisabetta Zamparutti, che ha presentato un’interrogazione ai ministri della Giustizia e degli Interni: «Emerge uno Stato di polizia – afferma – di cui il governo, se non interviene, rischia di divenire complice». E’ evidente, commenta sul suo blog Claudio Giorno, ambientalista e militante No-Tav della prima ora, che l’onorevole Zamparutti «ha capito lucidamente che qui non si tratta più solo di stabilire se il Tav è utile o inutile, accettabilmente o inaccettabilmente dannoso al territorio attraversato e agli umani che lo abitano: qui e ora si tratta di stabilire quali siano i margini di dissenso lasciati ai cittadini».
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Monti ci massacra, grazie al silenzio-assenso di Pd e Cgil
Il patto sulla produttività rappresenta un concentrato delle ideologie reazionarie e della programmata iniquità che è alla base della agenda Monti. La tesi di fondo che l’ispira è un brutale imbroglio di classe. La produttività italiana ha toccato il massimo negli anni ‘70, quando il potere dei lavoratori nelle imprese e nel mercato del lavoro era al massimo. Da allora è sempre declinata, fino a crollare quando il sistema economico è stato strangolato dai vincoli dell’euro e del liberismo europeo. In tutti questi anni il salario ha solo perso posizioni, sia rispetto ai profitti sia nel confronto con gli altri paesi Ocse. Un operaio italiano in un anno lavora due mesi in più del suo equivalente tedesco, eppure la produttività della Germania è ai vertici. Allora perché in Italia si fa un accordo che chiede a chi lavora ancora più orario in cambio di ancor meno salario?
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Il Fmi: moneta sovrana, non più monopolio delle banche
Eliminare il debito pubblico degli Usa in un colpo solo, e fare lo stesso con Gran Bretagna, Italia, Germania, Giappone, Grecia. E nello stesso tempo rilanciare l’economia, stabilizzare i prezzi e spodestare i banchieri. In modo pulito e indolore, e più rapidamente di quel che si può immaginare. Con una bacchetta magica? No. Con una legge semplice, ma capace di sostituire l’attuale sistema, in cui a creare denaro dal nulla sono le banche private. Basterebbe un provvedimento che obblighi gli istituti di credito a detenere una riserva finanziaria reale, del 100%. A proporlo sono due economisti del Fondo Monetario Internazionale, Jaromir Beneš e Michael Kumhof. Tu, banca, vuoi lucrare sul prestito di denaro? Prima devi dimostrare di averlo davvero, quel denaro. Troppo comodo farselo dare dalla banca centrale (che lo fabbrica dal nulla) per poi “taglieggiare” famiglie, aziende e interi Stati, imponendo interessi esorbitanti.
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Tecno-casta: lo scandalo del nuovo potere totalitario
Casta: gruppo chiuso di privilegiati, che pretendono di esercitare poteri sulla base di una presunzione di potere superiore, senza regole o con regole proprie. «C’è la casta degli intoccabili, dei potenti aggrappati alla poltrona, la casta dell’immoralità pubblica e privata e della corruzione, del potere fine a se stesso che viola quotidianamente le regole più elementari della democrazia e dello stato di diritto». Casta, oppure élite auto-referenziale. Oppure oligarchia. Parentopoli e tangentopoli. «Ma esiste anche un’altra casta, definibile come “tecno-casta”: è quella del governo Monti, dei professori, dei tecnici», della troika formata da Fmi, Bce e Unione Europea. E’ «la casta degli esperti, di coloro che si credono esperti o che vengono definiti come esperti, con i cittadini costretti a delegare loro il “potere” non più in nome della democrazia liberale e rappresentativa ma dello “stato di necessità” neoliberista: la crisi, l’Europa, Angela Merkel e le sue ossessioni».