Archivio del Tag ‘élite’
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Canfora: governati da lontano, come i satelliti dell’Urss
L’Italia di oggi è governata da lontano. Non abbiamo una politica estera nostra, non abbiamo il potere di decidere sui destini della nostra economia, non possiamo neanche decidere il bilancio dello Stato perché esso è stato già stabilito quando Monti ha firmato quegli impegni all’inizio del suo governo. Si potrebbe dire che siamo un paese a sovranità controllata, come si diceva dei paesi-satellite dell’Urss ai tempi di Breznev. Solo che in quel caso si trattava di un’élite sclerotizzata, quasi monumentalizzata, immobile. Le nostre élite sono più duttili. Nel caso italiano, tuttavia, c’è una contraddizione latente tra le potenzialità, anche economiche e tecnologiche, del nostro paese, e la condizione di minorità politica alla quale siamo ridotti. Il governo Letta? È il tappabuchi di una situazione che deve ancora maturare, e che trascende le persone attualmente al governo.
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Italia svendesi: eccoci in pasto agli sciacalli della crisi
Quasi oscurata dalle altre notizie che hanno occupato le prime pagine dei giornali la settimana scorsa, la tematica più importante è un’altra: il nostro paese si prepara a svendere immobili e altri gioielli di famiglia, oltre a varare nuove norme, per un totale, parziale quanto si vuole eppure niente affatto modesto, di 400 miliardi. Lo scenario è pertanto inequivocabile: come era facile prevedere stiamo entrando in una nuova fase dello smantellamento del nostro Stato. Dopo l’ondata delle misure di austerità imposte da Monti, una delle ultime importanti cose che il governo del professore del Bilderberg e di Goldman Sachs non aveva fatto in tempo a mettere in pratica è ora nelle mani di Enrico Letta, anch’egli, come sappiamo, degli ambienti del “Gruppo”. Stiamo parlando delle privatizzazioni e della messa all’asta di ciò che è nostro, onde far fronte ai debiti accumulati nel tempo.
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Auto, declino e debiti: Torino come Detroit, ma guai a dirlo
Detroit chiama Torino. La capitale americana dell’auto dichiara bancarotta, travolta non tanto dal disavanzo di bilancio, ma dal mostruoso indebitamento consolidato: 20 miliardi verso 100 mila creditori. L’annuncio del fallimento è stato dato dal commissario straordinario Kevyn Orr, nominato pochi mesi fa dallo Stato del Michigan con il compito di salvare in extremis la città da una situazione finanziaria catastrofica. Ma dopo alcuni tentativi di ristrutturazione finanziaria, da un lato persuadendo i creditori a pazientare, dall’altro intavolando con i sindacati una trattativa sul taglio degli stipendi e delle pensioni del pubblico impiego, giovedì scorso ha gettato la spugna. E il governatore Rick Snyder, repubblicano, ha accettato la richiesta di Orr di ammettere Detroit all’articolo 9 della legge fallimentare americana. Secondo Snyder, questa sarebbe l’unica soluzione a un problema che si trascina da 60 anni.
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Euro-tagli, e la Regione finisce nella lotteria delle banche
Privatizzare la finanza pubblica, amputandola del suo potere naturale di spesa. Fino all’estrema aberrazione: la perdita della moneta e delle possibilità di manovra che la sovranità finanziaria consente, facoltà particolarmente preziosa in tempi di crisi. Dallo Stato centrale, letteralmente “disabilitato” dal neoliberismo a partire dal divorzio fra Tesoro e Bankitalia, fino alle sue estreme propaggini territoriali, le Regioni. Costrette anch’esse, per finanziarsi, a ricorrere al mercato finanziario privato, secondo procedure fisiologicamente anomale, dal momento che la “mission” delle banche non è ovviamente il bene pubblico ma il profitto privato. Nella trappola è finito anche il Piemonte, negli ultimi anni di boom del credito a basso costo, prima della grande crisi. Visti i tagli crescenti dei trasferimenti statali, la Regione ha acquisito strumenti finanziari per proteggersi dai rischi e tentare di sfruttare le “opportunità” offerte dai prodotti più “innovativi” delle banche. Salvo poi scoprire che i propri funzionari forse non erano così a loro agio con la lingua madre del business, l’inglese.
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La Fiat suicida l’auto ma vuole il Corriere, cioè il potere
Inaugurando per l’ennesima volta lo stabilimento Sevel in Abruzzo, Sergio Marchionne ha dichiarato che quegli investimenti saranno gli ultimi in Italia, se resterà ancora in vigore la Costituzione e ancor di più se ci sarà chi la fa applicare. Il criptofascismo dell’amministratore delegato Fiat non è una novità, ma in questo caso la minaccia contiene anche una bugia perché la sua azienda e già impegnata in un nuovo investimento nel nostro paese, l’acquisto del controllo sul “Corriere della Sera”. Immaginate la Ford all’assalto del “New York Times”, o la Peugeot che vuol controllare “Le Monde”, o la Volkswagen che spende per la “Frankfurter Zeitung”… Solo da noi questo avviene senza scandalo, e con il servilismo del governo e di chi lo sostiene. Ma perché una multinazionale dell’auto prevalentemente americana considera strategico il controllo della Rcs?
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Ostaggi della Germania: la nostra crisi è il loro business
Un governo inerte che vive solo di rinvii, soprattutto in materia di economia e tassazione: persino il Fmi ammette che la politica di rigore è suicida, ma nessuno osa contrastare il diktat della Germania. Che, per fare profitto, ha bisogno esattamente di questo: indebolire di proposito il Sud Europa, per imporre il suo export demolendo la concorrenza industriale stritolata dalla crisi e “rubando” manodopera specializzata. Queste, spiega Guglielmo Forges Davanzati su “Micromega”, sono le ragioni per le quali «il governo tedesco ha interesse a mantenere (e perpetuare) un’Europa a doppia velocità». L’economia tedesca costituisce oggi il 23% del Pil dell’Eurozona. La crescita economica tedesca è essenzialmente trainata dalle esportazioni: e circa il 60% dell’export tedesco è rivolto ai paesi dell’Eurozona. «A fronte di ciò, il resto dell’Eurozona (i paesi mediterranei, innanzitutto) fa registrare tassi di crescita negativi, consistenti aumenti della disoccupazione – e in particolare della disoccupazione giovanile – riduzione dei consumi e degli investimenti». E nessuno ferma la Germania, perché temono che salterebbe in aria l’euro.
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Letta, l’esultanza e la realtà: Italia svenduta agli stranieri
E bravo Letta: il premier esulta per il contentino strappato a Bruxelles, che ci concede di spendere un po’ di soldi – i nostri, comunque – mentre il piano europeo di devastazione del paese va avanti indisturbato, e senza che i media mainstream e i partiti ne parlino mai. «Le vittorie di Letta sono quantitativamente insignificanti e servono a non parlare dei vizi strutturali macroeconomici dell’Eurosistema», accusa l’analista indipendente Marco Della Luna, che “smaschera” – conti alla mano – la reale portata dell’operazione d’immagine gestita dal governo. «Dal potere europeo – spiega Della Luna – Enrico Letta ha ottenuto 1,5 miliardi spendibili in due anni a partire dal prossimo gennaio, e altri 7 miliardi in cofinanziamento, cioè 3,5 messi dall’Italia e 3,5 messi dall’Ue, però con soldi dei contributi italiani, grazie a una deroga al plafond del 3% di disavanzo pubblico». Sostanzialmente, per tutto il 2014, «si tratta dell’autorizzazione a spendere soldi quasi tutti nostri».
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Barnard: ricattati dall’Ue, non osate ricostruire l’Aquila
Trovo un po’ fuorviante buttare l’accento sul “chiediamo all’Europa”: all’Europa non si può chiedere niente, è retta da un sistema di tecnocrati che hanno fatto trattati per cui lo Stato italiano è oggi completamente esautorato da qualsiasi decisione. Lei, Fassina, cita il Fiscal Compact, e cita precisamente l’articolo 3 – parte 1, comma C – dove viene previsto un possibile allentamento dei parametri di riduzione del deficit, se succede qualcosa. Lo prevede nel breve termine e pure nel medio termine: vuol dire che – per L’Aquila – bisognerebbe ripagare questo esborso in poche settimane o pochi mesi, ritrovando i fondi per ripianarlo. Quindi, all’Europa non si può chiedere niente. Il problema è che voi non ne avete il coraggio. Cioè: la politica italiana non ha coraggio. Ma perché non avete coraggio, mentre invece gli altri ce l’hanno? La Germania ha avuto un coraggio indecente quando ha chiesto la parificazione del marco – uno a uno – con la Germania dell’Est, che è stato come se l’Europa avesse permesso alla Germania un’espansione del deficit di migliaia di miliardi.
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Cardini: giustizia, la rivoluzione che l’umanità attende
Il generale malessere del mondo, la crisi europea, le strane “primavere arabe” e il ritorno di potenze come la Francia, pronte a strumentalizzare i movimenti islamisti. E poi le rivolte in Egitto e in Turchia, che hanno messo i media di fronte a una domanda drammatica: di fronte a tanta ingiusizia, l’unica via d’uscita sarà una rivoluzione necessariamente globale? Ebbene sì, risponde lo storico Franco Cardini: serve una rivoluzione mondiale basata sulla giustizia e sulla redistribuzione della ricchezza, capace di trasformare i consumi salvaguardando il rapporto con l’ambiente. La «rivoluzione del futuro», inutile non vederla, ormai «ci sta davanti», sospinta dalla potenza formidabile del Bric, il cartello dei grandi paesi emergenti: Brasile, Russia, India e Cina, cui domani potrebbe aggiungersi anche l’Iran. «Questa rivoluzione potrà anche non verificarsi, oppure fallire: ma allora saremo tutti condannati».
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Tradita dall’euro: se crolla l’Italia, nona potenza mondiale
Economia a pezzi, demolita dal regime di austerity indotto da Bruxelles e della cricca finanziaria dell’Eurozona, la “fabbrica del debito” che diventa letale perché costringe lo Stato a super-tassare i cittadini e tagliare la spesa pubblica, non avendo più alcuna possibilità di manovra sul piano del bilancio. Risultato: ora l’Italia sta per crollare davvero. «Le dure misure di austerità stanno facendo rallentare l’economia italiana ancora più di prima», afferma il blogger economico Michael Snyder. «Eppure, anche con tutte le misure di austerità, il governo italiano continua solo ad accumulare più debito: questo è esattamente lo stesso percorso che ha intrapreso la Grecia». L’austerità provoca un calo nelle entrate pubbliche, cosa che impedisce il raggiungimento degli obiettivi di riduzione del deficit, e quindi provoca ancora più misure di austerità. «Ma se l’Italia crolla economicamente, sarà un affare molto più grande di quello che è stato in Grecia», avverte Snyder. «L’Italia è la nona economia su tutto il pianeta. In realtà era l’ottava, ma ora la Russia l’ha sorpassata. Se l’Italia continuerà ad arrancare, anche India e Canada la sorpasseranno».
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Grillo: misure di guerra, o in autunno l’Italia salta in aria
Ho girato l’Italia in camper, incontrando l’Italia dimenticata dalla politica e ignorata dall’informazione, e ho detto al presidente della Repubblica che servono misure straordinarie, pari a quelle di un’economia di guerra: siamo un paese in macerie, e quelle misure straordinarie non possono più aspettare oltre, neppure un giorno. Non abbiamo più tempo, l’Italia si avvia verso la catastrofe. Chi è oggi al governo del paese è responsabile dello sfacelo, sono gli stessi che hanno distrutto l’economia. Questa classe politica non è in grado di risolvere alcun problema, perché essa stessa è il problema. Il governo delle larghe intese, voluto fortemente da Napolitano, tutela soltanto lo status quo e gli interessi di Berlusconi, che in qualsiasi paese normale, di democrazia occidentale, non sarebbe ammesso ad alcuna carica pubblica, tantomeno in Parlamento. La nazione è una pentola a pressione che sta per saltare, mentre – ormai da mesi – il governo Letta si balocca con il rinvio dell’Imu, la cancellazione di un punto dell’Iva, senza trovare una soluzione.
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Grecia, Cipro e Siria messe ko, per rubargli il gas dell’Egeo
Grecia, Cipro, Siria. Tre crisi ben distinte, secondo la narrazione mainstream: il debito pubblico non più tollerato dall’Europa del rigore, la fragilità del sistema bancario dell’isola mediterranea, la rivolta armata contro il regime di Assad. Peccato che nessuno veda cosa c’è sotto: ma proprio in fondo, là in basso, nel fondale marino dell’Egeo. Tecnicamente: uno smisurato giacimento di gas. Un tesoro inestimabile, a cui avrebbero accesso – per diritto internazionale – sia i greci massacrati dalla Troika, sia i ciprioti strapazzati da Bruxelles, sia i siriani assediati dai miliziani Nato travestiti da ribelli. Quel tesoro lo vogliono per intero, e a prezzi stracciati, le Sette Sorelle. E’ questo il vero motivo per cui si sta cercando di radere al suolo la sovranità della Grecia, di Cipro e della Siria. Non si tratta di una tesi, ma di fatti che il mondo diplomatico conosce. Parola di Agostino Chiesa Alciator, già console italiano in Francia. Che avverte: il disastro che ci sta rovinando addosso – crisi economica, catastrofe finanziaria, focolai di guerra permanente in ogni angolo del pianeta – ha una precisa di data d’inizio: 11 settembre. Non quello del 2001, le Torri Gemelle. Si tratta di undici anni prima: la caduta del Muro di Berlino.