Archivio del Tag ‘élite’
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La finanza parassitaria, il cancro che uccide il lavoro
Se l’industria produce 100, la finanza pretende una “tangente” che va da 50 a 70. I parassiti stanno letteralmente divorando le aziende, cui impongono costi finanziari mostruosi. L’Unione Europea sta dalla parte della finanza e lascia al suo destino l’industria. La quale, complici i dirigenti – reagisce in un solo modo, e cioè tagliando posti di lavoro. E’ la crisi europea “spiegata” dall’economista francese Laurent Cordonnier, co-autore di un importante studio dell’università di Lille, che dimostra che è proprio la rendita finanziaria ad aver cannibalizzato il lavoro in Europa, provocando l’attuale disastro. «L’aumento del costo del capitale – o piuttosto del suo sovraccosto – sulla scia della finanziarizzazione dell’economia, spiega le performance deludenti che le vecchie economie sviluppate hanno offerto negli ultimi trent’anni: il ritmo fiacco dell’accumulazione di capitale, l’aumento delle diseguaglianze, il boom dei redditi finanziari, la persistenza di un massiccio fenomeno di sottoccupazione».
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Saldarci il debito: il bazooka che Draghi non vuole usare
Un influente economista europeo, Charles Wyplosz, è coautore di una proposta di una semplicità cristallina per cominciare a sdrammatizzare la crisi in corso (voxeu.org). In breve Wyplosz propone che la Bce acquisti un quarto dei debiti pubblici dei paesi europei periferici (Francia inclusa) pari a 1.200 miliardi di euro, circa un quarto del loro Pil. In sostanza, man mano che titoli del debito di questi paesi vengono a scadenza, la restituzione viene finanziata dalla Bce, che in cambio ottiene titoli perpetui con un tasso di interesse zero. Operazione quindi a costo zero per i contribuenti europei. Ma che fine fa la moneta messa così in circolazione? Wyplosz non ritiene che essa costituisca un pericolo inflazionistico nelle circostanze attuali. In effetti, liberatesi di una mole notevole di titoli pubblici problematici, le banche potrebbero utilizzare la liquidità per restituire precedenti prestiti dalla Bce. Oppure quest’ultima potrebbe drenarla emettendo titoli di deposito – poiché questi vanno remunerati a un tasso minimo questo ha un costo, ma non si tratterebbe di gran cosa rispetto ai vantaggi.
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Lottare per il lavoro: il grido di Bergoglio nel Merkel-day
Sì, la notizia del giorno era la riconferma della cancelliera Angela Merkel. Ma mi son distratto. Ieri la mia città, Cagliari, ospitava Papa Francesco. C’erano quasi quattrocentomila persone a salutarlo in piazza, con un entusiasmo popolare palpabile (e papabile). Si è riversato in poche vie un quarto della popolazione sarda. Sono numeri che dovrebbero fare notizia, perché sono destinati a ripetersi in tante altre realtà che vivranno la Grande Crisi in questi anni. Quel che ho visto ieri a Cagliari – in una regione in cui metà dei giovani non hanno lavoro – lo vedranno in tanti anche altrove. Ho visto un’infinità di disoccupati commossi fino alle lacrime dalle parole del Papa. Mentre il mondo politico che un tempo parlava alle masse non ha più il polso né dei lavoratori né dei poveri, accade invece che il più originale prodotto del peronismo argentino, Jorge Bergoglio, stia entrando nei loro cuori.
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Ancora Merkel: Berlino continua la guerra contro di noi
«Un risultato super», che consentirà «altri quattro anni di successi». Sono le prime parole, agghiaccianti, della regina neoliberista Angela Merkel dopo il trionfo del referendum a cui ha sottoposto se stessa, chiedendo ai tedeschi il via libera per continuare a far precipitare nel baratro il resto dell’Europa. Con oltre il 40% dei voti e ora la prospettiva di prolungare fino a 12 anni la propria stagione di potere, la Merkel è il primo leader di un paese europeo a ottenere la conferma degli elettori dopo l’inizio della grande crisi, la tempesta economico-finanziaria innescata dall’Eurozona. “Alternativa per la Germania”, il partito anti-euro, non entra neppure in Parlamento, dove probabilmente anche la cancelliera dovrà rassegnarsi alle “larghe intese” con l’incolore Spd, mentre né i Verdi né la Linke hanno mai attaccato frontalmente – come necessario – il sistema egemonico dell’Unione Europea che mette in croce i popoli, cominciando dai più deboli. Con il plebiscito tributatole dai tedeschi, a cui ha mentito – raccontando loro di aver frenato il Sud Europa “spendaccione” – la Merkel rischia di far impallidire persino il ricordo della “strega” Margaret Thatcher.
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Amoroso: via dall’euro, o facciamo la fine della Jugoslavia
La ricreazione è finita, presto vi dovrete arrangiare anche per le pensioni. Questo, in sintesi, il discorso-choc che il sovrano olandese Guglielmo Alessandro ha rivolto alla nazione: la globalizzazione impone anche all’Olanda l’addio al glorioso sistema del welfare e delle protezioni sociali. E’ l’élite, direttamente, che parla: la stessa élite feudale che si è impadronita della moneta, imponendoci l’Eurozona, per poi dirci: scusate, non ci sono più soldi. Falso. I soldi li “fabbricano” loro, mentre a mancare sono i politici in grado di difenderci. Enrico Letta, che rincorre i diktat della Merkel, governa con Berlusconi, che nel suo videomessaggio del 18 settembre, di fronte alla catastrofe economica dell’Italia, proclama: «Occorre imboccare la strada maestra del liberalismo: meno Stato, meno spesa pubblica». Il liberismo: cioè il tunnel senza uscita del quale siamo già prigionieri, da vent’anni. Attenti, avverte il professor Bruno Amoroso: di questo passo, già a novembre sprofonderemo nel baratro della Grecia, saremo esposti a tempeste mai viste e rischiamo di fare la fine della Jugoslavia.
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Debito, nuovo colonialismo: ma oggi le colonie siamo noi
Dimentichiamo l’“austerità” e tutto il teatrino politico; per riuscire a capire veramente la zona euro, l’unico modo è cercare di comprendere come funziona il modello neocoloniale della finanziarizzazione, perché questo è il motore della zona euro. Nel vecchio modello del colonialismo, la potenza colonizzatrice conquistava o cooptava le élite di potere della regione conquistata e cominciava a sfruttare le risorse e la manodopera della nuova colonia, per arricchire il “centro” dell’impero. Nel neocolonialismo, le forze della finanziarizzazione (debito e leva finanziaria controllati dai cartelli bancari che appoggiano lo Stato) sono utilizzati per obbligare le élite locali e il popolo a stipulare contratti con le banche: le “colonie periferiche” prendono in prestito soldi per comprare i prodotti finiti, venduti dal “core/centro dell’impero”, arricchendo così il centro in due modi: guadagnado con gli interessi che maturano sul debito e facendo una “scrematura” dei beni patrimoniali di maggior valore finanziario, ad esempio quello immobiliare; guadagnando con la vendita dei beni comprati dai debitori.
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Zitto e taci, è la procedura: ma il dissenso non si fermerà
Non accade con frequenza che un conflitto radicato in un territorio circoscritto e incentrato su un oggetto ben determinato (un’opera infrastrutturale come la linea ad alta velocità Torino-Lione) si trasformi in una arena politica in cui emergono, mostrando tutte le tensioni e gli attriti che le attraversano, non poche “grandi questioni”. Prima Gianni Vattimo, poi Erri De Luca e Ascanio Celestini, infine Massimo Cacciari e Giovanni De Luna, una bella schiera di intellettuali si sentono chiamati a prendere posizione non solo su una delle lotte più lunghe, tenaci e partecipate degli ultimi vent’anni in Italia, ma sul suo significato generale quanto alle forme della politica, le prerogative di governanti e governati, le priorità economiche o ambientali e il rapporto tra la legalità vigente e queste priorità. Tutti sembrano comunque concordare sull’inutilità, o quantomeno la scarsa razionalità economica di questa grande opera, considerati i costi, gli effetti ambientali e l’ostilità popolare che la circonda. È già qualcosa.
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Susan George: è il golpe dei super-ricchi, ribellatevi all’Ue
L’establishment economico e finanziario non ha sensi di colpa per quello che è accaduto nel mondo negli ultimi sei-sette anni, nemmeno un dubbio. È uno dei paradossi di quest’epoca: i neoliberisti hanno capito il significato del concetto di egemonia culturale di Antonio Gramsci e l’hanno applicato benissimo. La loro ideologia è penetrata negli Stati Uniti, poi si è diffusa in tutte le organizzazioni internazionali e vanta un supporto intellettuale mai visto. Prendiamo l’Ue. Sono riusciti a ottenere consenso e supporto proponendo misure di austerità per uscire dalla crisi convincendo tutti che il bilancio di uno Stato e quello di una famiglia sono la stessa cosa, per cui si può spendere solo in base alle entrate. Non è così: il debito pubblico storicamente finanzia la crescita, è altra cosa dagli sprechi. Per fare un esempio, due economisti della Bocconi di Milano, Alesina e Ardagna, a mio avviso hanno fornito una errata base teorica alla Banca centrale europea, ai governi e alle istituzioni europee, proponendo l’austerità per fronteggiare la depressione. E la gente è stata convinta dell’ineluttabilità delle scelte. La prova? In Grecia non hanno fatto la rivoluzione.
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Grillo e l’alternativa all’ultimo mangime per polli: Renzi
«Caro Giulietto, perché non ti unisci a Beppe Grillo? In fondo la pensate allo stesso modo, e l’unione fa la forza». Appunto, replica Giulietto Chiesa su “Megachip” a un lettore del suo spazio Facebook, Christian Bata Batildi: proprio perché non basterebbe neppure il 51%, come disse Berlinguer dopo il golpe in Cile, serve un’alleanza più vasta del 25% di Grillo: «Troppo forte è il nemico e lo sono i mezzi che ha a disposizione, nazionali e internazionali: guai a sottovalutare la forza dei Padroni Universali e dei loro maggiordomi locali». Tra essi primeggia il sindaco di Firenze: «Che qualcuno possa seguire addirittura con stima e attenzione le sorti del signor Renzi, conferma solo l’inveterata abitudine di una parte degli italiani a fare la parte dei polli», taglia corto sempre su “Megachip” Paolo Bartolini. «Se la nuova politica passa di qui siamo finiti». Eppure, è proprio su Renzi che sono puntati, ogni giorno, i riflettori dei media. Mentre l’Italia sta affrontando un disastro epocale, senza via d’uscita.
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Barnard: perché la verità non avrà mai spazio in televisione
«Voi vi siete accorti di aver un presidente del consiglio? Io no. Letta non è, è nulla, non so come dire: impalpabile, aria fritta, un ologramma pallido». Paolo Barnard guarda oltralpe: «I francesi si sono accorti che per fare pareggio di bilancio e per arrivare al 3% di deficit dovrebbero devastare tutta la loro piccola, media e grande industria nazionale, imponendole tasse impossibili». Così, il ministro francese delle finanze, Pierre Moscovici, ha avvertito Draghi, la Commissione Europea e la Germania: la Francia non rispetterà né il pareggio di bilancio né il contenimento del deficit entro il 3% del Pil. «Poi ci siamo noi, quelli che fanno pietà, con l’ologramma pallido che ci guida», incapace di spendere – per ricostruire l’Aquila – lo 0,1% di quello che spenderanno i francesi. Insieme all’Aquila, «rimarranno distrutti i nostri imprenditori tassati dal 50 al 70%, i nostri disoccupati, la nostra economia». Con il contributo decisivo di chi depista l’informazione: i media, che oscurano la verità e puntano tutto su intrattenitori finto-alternativi.
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Europeisti, arrendetevi: la vostra Europa è nata morta
Ormai è un tormentone noioso quanto inutile: “Dobbiamo farlo per l’Europa”, “Ora andiamo avanti sulla via dell’unità europea”, “E’ il momento di rilanciare l’unità d’Europa”… Ricorrentemente, un gruppo di “europeisti di professione” (Giuliano Amato, Mario Monti, Romano Prodi, etc) si esercitano nel solito esercizio retorico sul tema dell’unità politica europea che giustifica tutti i sacrifici di una austerità priva di senso e di prospettive. E’ un mantra buono per tutte le stagioni ed ora ci si esercita Massimo D’Alema (“Il Sole 24 Ore”, 4 settembre). Ma questi piccoli azzeccagarbugli abusivamente assurti al ruolo di “statisti” (udite udite!) non fanno i conti con una piccola verità: quello che vegliano amorevolmente non è un ammalato grave e neppure un corpo in coma irreversibile, ma un cadavere ormai in stato di decomposizione. Il disegno europeo è morto e non c’è più niente da fare.
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Snowden, chi era costui? Qualcuno lo spieghi a Casaleggio
Nell’elenco dei “buoni” figurano personaggi molto controversi: dal Clinton che aprì le porte all’inferno della cupola finanziaria mondiale abolendo la barriera di sicurezza che separava le banche d’affari dal credito commerciale, fino all’attuale presidente Obama che esaltò il fund raising via Internet oscurando i fondi ricevuti dalle peggiori multinazionali dell’orrore – Ogm, Big Pharma, industria della guerra cibernetica. E’ lo stesso presidente che ha dato la caccia a un certo Edward Snowden, l’uomo che l’ha smascherato rivelando al mondo che la tanto decantata Rete è (anche) la più grande infrastruttura planetaria per lo spionaggio di massa. Nel suo intervento al fortino di Cernobbio, santuario blindato dei poteri forti, Gianroberto Casaleggio evita incredibilmente di citarlo, anche se Obama – nel tentativo di acciuffare l’ex consulente Cia-Nsa riparato in Russia – è giunto alla pirateria internazionale sequestrando in Austria il presidente della Bolivia.