Archivio del Tag ‘élite’
-
Bugie mondiali: Shell, Samsung e Gdf-Suez come Pinocchio
Ricchissimi, potentissimi. E soprattutto bugiardi. Al punto da meritarsi il “Premio Pinocchio”, attribuito da una platea di 61.000 persone. A guidare la lista sono tre grandi multinazionali planetarie: Shell, Gdf Suez e Samsung. L’accusa: devastazione ambientale, falsa immagine “verde”, sfruttamento degli operai, lavoro minorile. A “processarle”, a Parigi, sono decine di migliaia di cittadini: un record di partecipazione, che testimonia «la crescente indignazione dei cittadini verso i gravi impatti sociali e ambientali delle attività delle multinazionali», scrivono su “Comune-info” gli attivisti francesi di “Amici della Terra”, organizzatori del premio insieme a “Popoli Solidali – Action Aid France” e al Crid, Centro di ricerca e informazione per lo sviluppo. «Shell – scrivono – ha alzato le mani al cielo con il “Premio Pinocchio” nella categoria “Una per tutti, tutto per me” con il 43% dei voti, per la moltiplicazione dei suoi progetti di estrazione del gas di scisto in tutto il mondo, salvo che in Olanda, suo paese di origine, dove è sottoposta ad una moratoria».Mentre si vanta di svolgere le sue attività rispettando “principi ambiziosi”, scrivono gli “Amici della Terra”, questa multinazionale, come le altre grandi imprese petrolifere, dimostra che il suo comportamento, specie in Argentina e in Ucraina, è ben diverso: «Assenza di consultazioni delle popolazioni, pozzi scavati in zone naturali protette e su terreni agricoli, bacini all’aria aperta per le acque utilizzate per le perforazioni e quindi tossiche, opacità delle operazioni finanziarie». Alla Shell fa compagnia la francese Gdf Suez, “premiata” col 42% dei voti nella categoria “Più verde del verde”, a causa delle sue sbandierate “obbligazioni verdi”. «Lo scorso maggio scorso, questo gigante energetico aveva annunciato con fierezza di aver emesso la più importante “obbligazione verde” che fosse mai stata realizzata da un’impresa privata, raccogliendo due miliardi e mezzo di euro presso degli investitori privati per realizzare i suoi cosiddetti progetti energetici. Ma, osservando con maggiore attenzione l’iniziativa, si poteva rilevare che nessun criterio sociale o ambientale chiaro era associato a queste obbligazioni “verdi” e che inoltre l’impresa non aveva mai reso nota la lista dei progetti finanziati».Gli organizzatori del “premio” sospettano che le “obbligazioni verdi” possano essere serviti anche a finanziare «progetti distruttivi, come ad esempio le dighe di grandi dimensioni, come quella di Jirau in Brasile», che Gdf Suez cita come esempio, «mentre d’altra parte continua a investire massicciamente nelle energie fossili». Primeggia invece nella categoria “Mani sporche, tasche piene”, col 40% dei voti, la coreana Samsung, «per le indegne condizioni di lavoro negli impianti che fabbricano prodotti in Cina: ore di lavoro eccessive, salari da miseria, lavoro infantile». Nonostante ripetute inchieste, appelli della società civile e una denuncia depositata in Francia, «questa impresa leader dell’alta tecnologia si intestardisce a negare tutte queste accuse». Denunciando numerose violazioni dei diritti dei popoli e dell’ambiente, il “Premio Pinocchio” istituito nel 2008 è diventato sempre più importante, per premere sulle imprese chiedendo il rispetto dei diritti umani, dell’ambiente e delle popolazioni. Una strada comunque in salita, ammette Juliette Renaud, degli “Amici della Terra”: «Le pressioni esercitate dalle lobby costringono i governi all’inazione».In Francia, una proposta di legge contro gli abusi delle multinazionali, «non è stata ancora messa in votazione e non è nemmeno iniziata la discussione». Se non altro, agginge la Renaud, «contrapponendo fatti concreti ai bei discorsi delle imprese», il “Premio Pinocchio” mostra che i vuoti giuridici permettono alle imprese di agire in completa impunità, in Francia e nel resto del mondo. Per Fanny Gallois, responsabile delle campagne di “Popoli Solidali – Action Aid France”, «ovunque nel mondo, uomini e donne si mobilitano per far rispettare i loro diritti e per ottenere delle condizioni degne di vita e di lavoro». Il “premio” funge da mefagono, premendo sui governanti: «E’ giunto il momento di considerare le multinazionali responsabili dei danni che causano». Secondo Pascale Quivy, del Crid, i decisori politici europei non dovrebbero sottovalutare la crescente popolarità del “Premio Pinocchio”, «emanando delle norme vincolanti per le imprese in materia di responsabilità sociale, ambientale e fiscale», da far applicare sia in Europa che nel resto del mondo. Illusioni? Con la probabile ratifica del Ttip da parte dell’Ue, attraverso il Trattato Transaltantico le multinazionali non solo continueranno a fare quello che vogliono, ma potranno addirittura dettare legge e punire, con pesanti sanzioni, gli Stati che oseranno ostacolarle in nome dei diritti per i quali si batte il “Premio Pinocchio”, gloriosa bandiera culturale di un’Europa civile che probabilmente sta per smettere di esistere.Ricchissimi, potentissimi. E soprattutto bugiardi. Al punto da meritarsi il “Premio Pinocchio”, attribuito da una platea di 61.000 persone. A guidare la lista sono tre grandi multinazionali planetarie: Shell, Gdf Suez e Samsung. L’accusa: devastazione ambientale, falsa immagine “verde”, sfruttamento degli operai, lavoro minorile. A “processarle”, a Parigi, sono decine di migliaia di cittadini: un record di partecipazione, che testimonia «la crescente indignazione dei cittadini verso i gravi impatti sociali e ambientali delle attività delle multinazionali», scrivono su “Comune-info” gli attivisti francesi di “Amici della Terra”, organizzatori del premio insieme a “Popoli Solidali – Action Aid France” e al Crid, Centro di ricerca e informazione per lo sviluppo. «Shell – scrivono – ha alzato le mani al cielo con il “Premio Pinocchio” nella categoria “Una per tutti, tutto per me” con il 43% dei voti, per la moltiplicazione dei suoi progetti di estrazione del gas di scisto in tutto il mondo, salvo che in Olanda, suo paese di origine, dove è sottoposta ad una moratoria».
-
Sacrifici umani, ariosofia nazista: ieri Auschwitz, oggi l’Ue
Sacrifici umani: chi li compie è convinto che il sangue della vittima abbia il potere di rendere più forti, invincibili, quasi immortali. E’ sempre accaduto, nell’antichità ma non solo. Ad Auschwitz, per esempio: «Perché sterminare gli ebrei? Al regime nazista erano più utili da vivi, come schiavi», osserva Francesco Maria Toscano. Tanta brutale ferocia, infatti, non si spiega se non illuminando il buio retroterra dell’ideologia stragista germanica, basata proprio sul culto del sacrificio. Ne sa qualcosa anche la Grecia di oggi, a cui è stata inflitta – con crudeltà gratuita – la tortura infinita dell’austerity, la distruzione di massa della struttura sociale di un intero paese, senza nessuna pietà per anziani e bambini. Niente a che vedere coi deliri di Himmler? La stessa Angela Mergel, secondo l’esplosivo libro “Massoni” di Gioele Magaldi, fa parte di una superloggia segreta che si chiama “Walhalla”, esattamente come la sinistra cripta iniziatica del capo delle SS. Il paradiso nibelungico e il mito di Parsifal. La guerra come vocazione, la violenza come prassi. Cosa lega l’anima oscura del nazismo alla ferocia tecnocratica dell’Ue a guida tedesca? Si chiama ariosofia. E’ una corrente sotterranea, che percorre l’Europa per decenni, legittimando i superuomini e incoraggiandoli a compiere “sacrifici umani”.Fascismo e nazismo, scrive Toscano recensendo il libro di Magaldi sul blog “Il Moralista”, furono segretamente aiutati, nella loro ascesa, da segrete forze massoniche: «Tanto il Duce quanto il Führer giunsero al potere grazie all’aiuto di alcuni “apprendisti stregoni” in grembiulino, desiderosi di imprimere una svolta autoritaria e oligarchica al mondo occidentale». Certo, Roma e Berlino avevano ufficialmente messo al bando la “libera muratoria”. Ma Mussolini «fece del fascismo una specie di Gran Loggia di Stato, affidando non a caso al massone Alberto Beneduce il ruolo di supervisore dell’intera economia fascista». Parallaelamente, «dopo avere smantellato le logge tedesche “ordinarie”», Hitler delegò al massone Hjalmar Schacht il compito di riportare in auge il vecchio sistema industriale e finanziario germanico, basato sul mercantilismo padronale. Non è solo politica: gli uomini del Führer, aggiunge Toscano, traevano ispirazione dalla loro famigerata dottrina segreta, l’ariosofia, «corrente occulta ben presto entrata in rotta di collisione con i massimi rappresentanti di un esoterismo di tipo “tradizionale”».Cos’è l’ariosofia? «E’ una gnosi, coltivata specialmente all’interno delle SS di Himmler, capo supremo del culto dell’Ordine Nero». Nel suo dirompente libro, che denuncia il ruolo segreto delle “Ur-Lodges” nella storia del Novecento, Magaldi cita un saggio di Pierluigi Tombetti che rievioca il “cuore nero” dell’esoterismo nazista delle SS: «Nella campagna a poca distanza da Paderborn, in Vestfalia, si erge maestoso su una collina che domina il territorio il castello Wewelsburg, dove Heinrich Himmler creò l’Omphalos, o ombelico del mondo, il centro spirituale del suo personale impero». Proprio a Wewelsburg, i migliori scienziati tedeschi si riunivano per dedicarsi alla “ricerca pura”. I cultori dell’Ordine Nero rielaboravano il mito di “Thule”, l’iperborea ariana, il Polo Nord, l’antica patria in cui la maggioranza delle tradizioni germaniche posizionavano l’Eden ariano, «cioè il luogo in cui, nella notte dei tempi, una stirpe di uomini-dei ariani vivevano in perfetta armonia con le forze della natura, essendone essi stessi una manifestazione». Uomini dotati di poteri divini. Tra il 1939 e il 1944, Himmler stravolse la struttura del castello, ricavando una cripta che divenne il sancta sanctorum delle SS. Cripta che Himmler battezzò il “Wahlalla”.«Per inciso – scrive Toscano – proprio “Wahlalla” è il nome di una delle tre Ur-Lodges frequentate da Angela Merkel». Un tuffo ancestrale nell’irrazionale? Solo in apparenza: è proprio una certa ideologia esoterica a spiegare, a posteriori, certe manifestazioni storiche altrimenti incomprensibili. L’Olocausto, per esempio. Perché quella strage così metodica e fanatica? «La risposta va ricercata sempre nell’ambito della filosofia occulta», sostiene Toscano. «Molte dottrine sapienziali antiche, assorbite e riattualizzate dalle élite esoteriche naziste, auspicavano la consumazione di “sacrifici umani” indispensabili per liberare “energie positive” a vantaggio dei sacrificatori». Ed eccoci al 2014: «Anche oggi, sebbene in chiave soft, riveduta e corretta, Angela Merkel, iniziata presso una loggia dal nome evocativo e ambiguo (“Walhalla”), inneggia di continuo alla retorica del “sacrificio”. Per queste ragioni, al netto delle evidenti differenze di metodo, l’Olocausto greco attuale è paragonabile a quello ebraico di allora, figli entrambi della stessa identica “gnosi”, quella stessa che insegnava a Himmler ieri e a Merkel oggi come i “sacrificatori” traggano energia e forza versando il sangue delle vittime».Giusto per completare la panoramica “esoterica”, continua Toscano, è giusto ricordare come la Merkel risulti affiliata pure alla “Parsifal”, una “Ur-Lodge” frequentata in passato anche da Helena Petrovna Blavatsky, madrina di quella “teosofia” che tanto influenzò l’armamentario ideologico caro alle élite con la svastica. «E quindi, con riferimento alla biografia della Merkel, le “coincidenze” in grado di far tornare alla mente l’esperienza nazista guarda caso aumentano». Anche l’atroce capitolo del nazismo, secondo Magaldi, non è perfettamente leggibile se si trascura il ruolo-chiave dell’ideologia occulta e dei circoli segreti di allora, accomunati dallo stesso inconfessabile obiettivo: far sparire dall’Europa i cittadini, trasformandoli in sudditi. La Germania e l’Ue stanno riuscendo, oggi, nell’impresa tentata ieri da Hitler? Suggestioni inquietanti, tra le mille sfaccettature della storia e dell’attualità. Un panorama che il libro di Magaldi arricchisce di inediti e sbalorditivi indizi, inserendo nomi e cognomi del “terzo livello” del supremo potere. Un network mondiale di grandi oligarchi, rispetto ai quali i politici sono soltanto mediocri esecutori. Un potere smisurato e “nemico”, il cui pensiero retrostante è aristocratico, feudale, autoritario, persino tenebroso. Secondo questa tesi, i “sacrifici umani” non sono affatto un incidente socio-economico. Sono espressamente voluti, come se si trattasse di un rito: perché le nostre sofferenze sono il “loro” trionfo.(Il libro: Gioele Magaldi, “Massoni. Società a responsabilità illimitata. La scoperta delle Ur-Lodges”, Chiarelettere, 656 pagine, 19 euro).Sacrifici umani: chi li compie è convinto che il sangue della vittima abbia il potere di rendere più forti, invincibili, quasi immortali. E’ sempre accaduto, nell’antichità ma non solo. Ad Auschwitz, per esempio: «Perché sterminare gli ebrei? Al regime nazista erano più utili da vivi, come schiavi», osserva Francesco Maria Toscano. Tanta brutale ferocia, infatti, non si spiega se non illuminando il buio retroterra dell’ideologia stragista germanica, basata proprio sul culto del sacrificio. Ne sa qualcosa anche la Grecia di oggi, a cui è stata inflitta – con crudeltà gratuita – la tortura infinita dell’austerity, la distruzione di massa della struttura sociale di un intero paese, senza nessuna pietà per anziani e bambini. Niente a che vedere coi deliri di Himmler? La stessa Angela Merkel, secondo l’esplosivo libro “Massoni” di Gioele Magaldi, fa parte di una superloggia coperta che si chiama “Walhalla”, esattamente come la sinistra cripta iniziatica del capo delle SS. Il paradiso nibelungico e il mito di Parsifal. La guerra come vocazione, la violenza come prassi. Cosa lega l’anima oscura del nazismo alla ferocia tecnocratica dell’Ue a guida tedesca? Si chiama ariosofia. E’ una corrente sotterranea, che percorre l’Europa per decenni, legittimando i superuomini e incoraggiandoli a compiere “sacrifici umani”.
-
Napolitano, l’antipolitica di regime che ha ucciso la politica
Giorgio Napolitano è un anziano signore che tuona contro l’antipolitica, non rendendosi minimamente conto del paradosso che incarna: il suo modo di concepire la politica è pura essenza antipolitica. Del resto tutto questo non è poi così strano, visto che la biografia dell’anziano signore è quella di chi ha smarrito la Fede (il Comunismo) già negli anni giovanili, riversando la propria passione (fredda) sul ruolo di controllo sociale esercitato da una minoranza, a mezzo politica fattasi istituzione. Pier Paolo Pasolini coniò la metafora “Palazzo” per questa mutazione genetica, che allontanava la collettività dalle scelte riguardanti il suo stesso futuro; dirottandole in un ultramondo inavvicinabile e imperscrutabile, dove manipoli di eletti – facendo finta di accudire l’araba fenice dell’Interesse Generale – coltivavano con inesausta passione i propri privilegi corporativi; badando bene che il mondo esterno non penetrasse mai nelle loro stanze dorate rovinandone la festa. Un incantesimo durato per decenni (e alimentato con illusionismi verbali, di cui l’ultima trovata è la demonizzazione del cosiddetto “populismo”, ossia l’intromissione indebita delle persone negli affari che “li riguardano”).E mentre i distinti signori diventavano sempre più anziani, senza mai avvertire quanto gli stava capitando attorno, gli occupanti del Palazzo dei privilegi incanaglivano e incarognivano. Tanto che ogni nuova leva di questi inquilini finiva per rivelarsi peggiore della precedente. Anche qui perché stupirsi: è legge della natura che l’acqua stagnante imputridisce. O forse questi signori, sempre molto distinti ma un po’ meno distratti di quanto vorrebbero farci credere, anche loro contraevano qualche abitudine propria della corporazione trasversale del potere. Magari entrando in contatto con qualche grande elemosiniere interessato al lucroso business del monopolio in materia della vendita di spazi pubblicitari sulle televisioni dell’allora Unione Sovietica. Un tipo che si chiamava Silvio Berlusconi, ma da cui la bella gente della politica iperuranica teneva le distanze, preferendo delegare il contatto rischioso a qualche maldestro migliorista milanese (che incassò dalle aziende del suddetto Berlusconi ricchi finanziamenti sotto forma di pagine pubblicitarie per iniziative editoriali consegnate alla clandestinità).In seguito il distinto signore, quale presidente della Repubblica, quel grande elemosiniere dovette incontrarlo sistematicamente per ragioni istituzionali. Ma – nel frattempo – costui era diventato un pezzo di ceto politico, anzi il suo primario puntello sotto i cieli della Seconda Repubblica. Sicché andava supportato, perfino regalandogli il tempo necessario per comprarsi pezzi di Parlamento; e – così – restare sempre in sella. Gli anni passavano e dalle cloache del Palazzo la melma usciva a fiotti. Tanto che il disgusto dei cittadini elettori superava la soglia del tollerabile, riversandosi verso due uscite dall’impasse: il rifiuto di farsi coinvolgere emigrando nel non voto, dare credito a imprenditori politici che promettevano pulizie nel Palazzo.Purtroppo entrambe le uscite di sicurezza non hanno funzionato: il non-voto va traducendosi in regalo per chi presidia organigrammi pubblici ripartendo in poltrone le percentuali residue (ormai le elezioni sono vinte per assenza di alternative); i salvatori della Patria si sono rivelati vuoi degli inconsistenti parolai, vuoi dei cinici strumentalizzatori di stati emotivi di massa. Un panorama di mediocri ovunque si giri lo sguardo. Del resto cosa aspettarci da un sistema democratico svuotato e incaprettato da decenni? Fa specie che l’anziano signore, osannato dai suoi pari come emblema del ceto di professional che hanno svilito la politica, si indigni se la pubblica opinione trova inguardabile gli effetti di questa lunga opera di devastazione civile. Perché l’antipolitica è il bel risultato che ci hanno regalato i suoi stupefacenti critici odierni.(Pierfranco Pellizzetti, “Napolitano-antipolitica: surreale!”, da “Micromega” dell’11 dicembre 2014).Giorgio Napolitano è un anziano signore che tuona contro l’antipolitica, non rendendosi minimamente conto del paradosso che incarna: il suo modo di concepire la politica è pura essenza antipolitica. Del resto tutto questo non è poi così strano, visto che la biografia dell’anziano signore è quella di chi ha smarrito la Fede (il Comunismo) già negli anni giovanili, riversando la propria passione (fredda) sul ruolo di controllo sociale esercitato da una minoranza, a mezzo politica fattasi istituzione. Pier Paolo Pasolini coniò la metafora “Palazzo” per questa mutazione genetica, che allontanava la collettività dalle scelte riguardanti il suo stesso futuro; dirottandole in un ultramondo inavvicinabile e imperscrutabile, dove manipoli di eletti – facendo finta di accudire l’araba fenice dell’Interesse Generale – coltivavano con inesausta passione i propri privilegi corporativi; badando bene che il mondo esterno non penetrasse mai nelle loro stanze dorate rovinandone la festa. Un incantesimo durato per decenni (e alimentato con illusionismi verbali, di cui l’ultima trovata è la demonizzazione del cosiddetto “populismo”, ossia l’intromissione indebita delle persone negli affari che “li riguardano”).
-
Al-Baghdadi, il nuovo Bin Laden per far vincere Jeb Bush
Ricordate la famosa foto di Zbigniew Brzezinki in compagnia del giovane Osama Bin Laden, allora plenipotenziario della Cia in Afghanistan? Un’alleanza sotterranea, da cui poi nacque l’opaco network terroristico denominato Al-Qaeda. Archiviato Osama, dopo l’11 Settembre e l’invasione dell’Iraq e dell’Afghanistan, oggi il film si ripete. In campo c’è l’erede di Al-Qaeda, l’altrettanto opaco network chiamato Isis. E all’orizzonte si profila un altro Bush, il fratello di George Walker, protagonista della “guerra infinita” scatenata in mezzo mondo con l’alibi dell’attacco alle Torri. Copione identico, avverte Francesco Maria Toscano, sulla scorta delle esplosive rivelazioni fornite da Gioele Magaldi nel libro “Massoni”, edito da Chiarelettere. Perfettamente leggibile la regia della stessa mano: onnipotenti oligarchie occulte, organizzate in “superlogge” massoniche internazionali, da decenni al vertice del potere mondiale. Prepariamoci a rivivere orrori recenti e recentissimi: il famigerato “califfo” Abu Bakr al-Baghdadi è la reincarnazione di Bin Laden. E Jeb Bush è l’uomo che imposterà la campagna presidenziale negli Usa come una crociata contro l’Isis.In questi giorni, scrive Toscano sul blog “Il Moralista”, una commissione del Senato statunitense ha pubblicato un rapporto che evidenzia i metodi brutali usati da alcuni agenti della Cia negli anni della “guerra al terrorismo”, dichiarata in grande stile al tempo in cui George W. Bush sedeva alla Casa Bianca. Una tempistica non casuale, stando alla logica ultra-elitaria messa in luce da libro di Magaldi, che rivela sconcertanti retroscena nel “back office” del potere planetario. Coincidenze: sul “Corriere della Sera”, giornale che Toscano definisce «organo ufficiale delle “Ur-Lodges” più reazionarie e antidemocratiche del pianeta», Massimo Gaggi racconta le ambizioni di Jeb Bush in vista delle presidenziali americane del 2016. Domanda: c’è un nesso fra la candidatura di Jeb Bush e l’aggravarsi della recrudescenza terroristica di matrice jihadista? E ancora: «E’ casuale la concomitanza temporale che accumuna la discesa in campo di Jeb Bush con la pubblicazione di un report che palesa la barbarie dei metodi utilizzati negli anni in cui un altro Bush (George W. per l’appunto) ricopriva l’incarico di presidente degli Stati Uniti d’America?».Come molti altri analisti, anche Toscano parla di «fatti sapientemente occultati dal circuito giornalistico “ufficiale”». Tutto ruota intorno alla figura di George Herbert Bush, padre di George W. e di Jeb, presidente degli Usa dal 1988 al 1992. Nel suo libro, Magaldi scrive che Bush senior, «già affiliato presso le Ur-Lodges reazionarie “Edmund Burke”, “Leviathan”, “Three Eyes” e “White Eagle”», a un certo punto della sua carriera politica decide di dare vita a una nuova superloggia «nata sotto il segno della vendetta e del sangue», la “Hathor Pentalpha”, «scheggia impazzita nell’ambito del milieu libero-muratorio oligarchico». Lo stesso Osama Bin Laden, scrive sempre Magaldi, «ricevette l’iniziazione massonica presso la “Three Eyes” direttamente per mano di Zbigniew Brzezinski negli anni in cui combatteva in Afghanistan contro l’impero sovietico». Poi però le cose cambiano, racconta un super-testimone di Magaldi, che si fa chiamare “Frater Kronos”: «A partire dal 1996 e poi in modo sempre più strutturato dal 2000-2001 in avanti, Osama Bin Laden e Al-Qaeda vengono strappati dal controllo delle vecchie Ur-Lodges e ingaggiati dalle nuove Ur-Lodges egemoni, la “Hathor Pentalpha” e la “Geburah”, per recitare in un nuovo copione».Un copione, scrive Toscano, che prevede la costruzione mediatica di un “temibilissimo nemico”, potenzialmente mortale per la civiltà occidentale, in grado di giustificare sul piano esterno una serie di guerre nel mondo islamico, e negli Usa un pericoloso giro di vite volto a depotenziare diritti e garanzie civili prima considerati inattaccabili. «Sintetizzando al massimo, possiamo affermare che sia le guerre in Afghanistan e Iraq, sia il varo del “Patriot Act”, sono stati il frutto, pianificato e voluto, di una strategia sadica e cinica realizzata attraverso l’utilizzo di alcuni spregiudicati personaggi orbitanti nell’area del cosiddetto “integralismo islamico”. Oggi, con Jeb Bush all’orizzonte, la trama si ripete con interpreti nuovi». Il tagliatore di teste Abu Bakr al Baghdadi, autoproclamatosi califfo dello stato islamico, «già affiliato presso la Ur-Lodge “Hathor Pentalpha”», si è tempestivamente calato nei panni di un redivivo Bin Laden, pronto a minacciare il mondo. «Avete capito perché i “tagliagole”, scomparsi dalla scena mediatica per quasi un decennio, sono ora improvvisamente tornati? Capite perché, guarda caso, dal Pakistan all’Australia, assistiamo solo adesso ad una nuova (ed etero-diretta) ondata di attentati presuntivamente consumati nel nome della religione? In molti ingenuamente penseranno: “Chi meglio di un Bush potrà combattere e sconfiggere i terroristi?”». Una malattia, conclude Toscano, «è indispensabile per giustificare l’entrata in scena del medico».Ricordate la famosa foto di Zbigniew Brzezinki in compagnia del giovane Osama Bin Laden, allora plenipotenziario della Cia in Afghanistan? Un’alleanza sotterranea, da cui poi nacque l’opaco network terroristico denominato Al-Qaeda. Archiviato Osama, dopo l’11 Settembre e l’invasione dell’Iraq e dell’Afghanistan, oggi il film si ripete. In campo c’è l’erede di Al-Qaeda, l’altrettanto opaco network chiamato Isis. E all’orizzonte si profila un altro Bush, il fratello di George Walker, protagonista della “guerra infinita” scatenata in mezzo mondo con l’alibi dell’attacco alle Torri. Copione identico, avverte Francesco Maria Toscano, sulla scorta delle esplosive rivelazioni fornite da Gioele Magaldi nel libro “Massoni”, edito da Chiarelettere. Perfettamente leggibile la regia della stessa mano: onnipotenti oligarchie occulte, organizzate in “superlogge” massoniche internazionali, da decenni al vertice del potere mondiale. Prepariamoci a rivivere orrori recenti e recentissimi: il famigerato “califfo” Abu Bakr al-Baghdadi è la reincarnazione di Bin Laden. E Jeb Bush è l’uomo che imposterà la campagna presidenziale negli Usa come una crociata contro l’Isis.
-
Grecia: strage per depressione di massa, made in Germany
La Gabanelli vi intrattiene con sapienza proponendovi un po’ di senso di colpa a buon mercato per le povere oche spiumate? «Bene, avete sofferto tanto: il distrattore ha funzionato», scrive Barbara Tampieri. Ma se volete inorridire veramente – non per la mattanza di oche, ma di esseri umani – c’è un documentario greco che racconta «l’epidemia di depressione che è calata sul paese come un castigo biblico». La terapia-choc, made in Germany, ha provocato «un disastro mentale su larga scala, un genocidio senza sparare un colpo», con la piena complicità della propaganda dei media. «L’ansia, il senso di colpa, quello di vergogna e la disperazione possono essere inoculati a milioni di persone, mentre si opera criminalmente per derubarle della propria ricchezza e gettarle nella disperazione. E’ istigazione collettiva al suicidio. E’ la prova di un crimine contro l’umanità, uno dei più efferati, che però non interessa a nessuno, tanto meno a coloro che vorrebbero esportare, dopo il grande successo in Grecia, la medesima terapia da noi e nel resto dell’Europa di seconda classe. Per liberarsi delle nuove vite indegne di essere vissute. O che hanno vissuto al di là delle proprie possibilità».“La Grecia che si dispera, la Grecia che spera”: tra le testimonianze raccolte nel video pubblicato su Vimeo, oltre a quelle degli operatori psichiatrici dei centri di aiuto che raccontano le cifre della tragedia, l’aumento del 28% dei suicidi e l’impennata della depressione tra la popolazione, «stringono il cuore quelle dei bambini e i loro disegni, con quei soli neri: piccoli già vittime del convincimento che siano stati sì i politici a ridurre le loro famiglie alla fame ma che soprattutto la colpa sia stata di quelle famiglie, di avere “speso troppi soldi”». Eppur, dice un intervistato, «non chiedevamo tutto quel benessere, siamo gente semplice». Scrive la Tampieri su “L’Orizzonte degli Eventi”: «C’è un particolare sadismo in colui che ti toglie la felicità sostenendo che se sei stato felice fino ad ora non ne avresti avuto diritto. C’è un che di pedagogia nera dall’origine inconfondibile in questo senso di colpa inoculato come un veleno in popolazioni talmente solari, per restare in tema, da inventarsi una terapia a base di risate per tentare di sopportare l’angoscia del quotidiano». Uno dei testimoni dice, a un certo punto: «Noi abbiamo il sole. Sono riusciti a farci sentire in colpa per avere il sole».Una donna, il cui stipendio si è ormai dimezzato e non riesce più a pagare il mutuo, esprime la rabbia di chi ha capito chi l’ha ridotta alla disperazione: «La banca avrebbe dovuto sapere che non sarei stata in grado di pagare le rate, avrebbe dovuto saperlo meglio di me». Un uomo racconta di essere invecchiato di vent’anni in poco tempo. Non si suicida, dice, perché non vuole lasciare solo il figlio, un bambino al quale riesce a dare da mangiare solo un piatto di fagioli. Però il padre ha già preparato la corda appesa, e la mostra. «Un popolo intero, quindi, in preda alla depressione, una depressione provocata scientificamente dall’invidia di chi è convinto di non potersi meritare il sole a meno di toglierlo agli altri con la violenza», scrive Tampieri. «Un popolo che sembra purtroppo fin troppo adagiato sul proprio destino, se è vero che pensa di affidarsi come unica speranza al toy boy delle damazze eurofile, quel Tsipras che, sì, poveri greci, ma l’euro non si tocca».«Questo documentario mi ha fatto stare male – scrive ancora Barbara Tampieri – perché la depressione la conosco, è la cosa più terribile che possa capitarti e l’ho avuta addosso per dodici anni. Conosco quel dolore atroce e quell’assoluta disperazione che ti danno le bellissime giornate di cielo terso, quando normalmente dovresti essere felice solo per il fatto di esistere e vedere tutta quella bellezza. Conosco quella vocina insistente che ti dice: “Non hai speranza, davanti a te c’è solo un muro nero oltre al quale c’è il nulla, il futuro non esiste, ammazzati”».E conclude: «Sono paranoica e complottista se penso che in fondo non si abbia alcun interesse a debellare la depressione ma anzi, si voglia non solo perpetuarla ma renderla endemica? Perché un popolo depresso è più facilmente controllabile, può essere sottomesso più alla svelta e difficilmente ti farà una rivoluzione perché, come per i lemming, basterà portarlo in cima al burrone e penserà da sé a suicidarsi. Come in Grecia».La Gabanelli vi intrattiene con sapienza proponendovi un po’ di senso di colpa a buon mercato per le povere oche spiumate? «Bene, avete sofferto tanto: il distrattore ha funzionato», scrive Barbara Tampieri. Ma se volete inorridire veramente – non per la mattanza di oche, ma di esseri umani – c’è un documentario greco che racconta «l’epidemia di depressione che è calata sul paese come un castigo biblico». La terapia-choc, made in Germany, ha provocato «un disastro mentale su larga scala, un genocidio senza sparare un colpo», con la piena complicità della propaganda dei media. «L’ansia, il senso di colpa, quello di vergogna e la disperazione possono essere inoculati a milioni di persone, mentre si opera criminalmente per derubarle della propria ricchezza e gettarle nella disperazione. E’ istigazione collettiva al suicidio. E’ la prova di un crimine contro l’umanità, uno dei più efferati, che però non interessa a nessuno, tanto meno a coloro che vorrebbero esportare, dopo il grande successo in Grecia, la medesima terapia da noi e nel resto dell’Europa di seconda classe. Per liberarsi delle nuove vite indegne di essere vissute. O che hanno vissuto al di là delle proprie possibilità».
-
I mercati contro la democrazia, inutili anche le elezioni
Il sistema capitalistico ha sempre usato la democrazia come strumento di manipolazione di massa. Ma di quale democrazia sto parlando? Di quella che abbiamo avuto fino a ieri molto simile alla Caverna di Platone, dove gli uomini nel buio della non-conoscenza e non-consapevolezza si agitano per ottenere una libertà fittizia (lo schiavo che lotta per una catena più lunga). La vera democrazia, infatti, metterebbe in pericolo il capitalismo e i suoi interessi; non potrebbe conciliarsi, per esempio, con l’accumulo della ricchezza come base di funzionamento della società, perché la democrazia tende a raggiungere uno stato di uguaglianza sociale. La democrazia falsa, fino ad oggi, ha portato la gente a credere che partecipare alla vita democratica consista nel delegare ogni volta il potere con le elezioni, quando una vera democrazia necessita di revisione continua e di partecipazione assidua per vigilare il corretto funzionamento delle istituzioni. Con la perdita della sovranità abbiamo assistito a un veloce decadimento anche di quest’ultimo barlume di democrazia strumentale.Il potere si è spostato di baricentro, si è accentrato fuori dai confini dello Stato sociale e esistendo lontano anche dal punto di vista logistico, si assicura un aurea di intoccabilità e indecifrabilità. La vecchia “democrazia senza popolo” (come l’ha definita Rodotà) ha lasciato il posto alla dittatura europea finanziaria e mentre con la “vecchia” dopo le elezioni si chiedeva al popolo di rimanere in silenzio per attuare le manovre, con la nuova dittatura non sono più necessarie nemmeno le elezioni, perché obsolete (Monti, Letta, Renzi insegnano). Il popolo è chiamato a sopportare, in silenzio possibilmente, ogni umiliazione imposta come unico e giustificato sacrificio al bene finanziario ed economico. E’ un errore, dunque, pensare di arrivare a una crisi assoluta della società prima di proporre un nuovo modello? La risposta è sì! È un errore perché si perderebbe molto, troppo lungo il cammino verso il tracollo e tanti, troppi, perirebbero sacrificati ingiustamente.Per questo motivo oggi è necessario agire, e subito, per riconquistare gli strumenti che ci permettono di ristrutturare la vita sociale in ogni suo aspetto e l’economia del paese su nuovi paradigmi culturali. La sovranità è uno di questi strumenti indispensabili perché restituisce al paese il controllo del destino del suo popolo. Senza sovranità è inutile pensare di far politica con progetti di lungo periodo, perché il futuro appartiene ai mercati, è fuori dalla gestione dello Stato e quindi indecifrabile. Senza sovranità non è pensabile proporre sistemi economici alternativi e soluzioni per il rilancio del paese. Le forme di sovranità esistono perché esiste il popolo, è funzionale ad esso e al popolo deve tornare, attraverso le istituzioni funzionali al benessere sociale. Sovranità significa anche ricostituire uno Stato di diritto, dove l’uomo è al centro come soggetto e beneficiario del diritto stesso, per la sua felicità e benessere.(Ivana Viazzi, “Democrazia platonica”, da “Appello al popolo” del 15 novembre 2014).Il sistema capitalistico ha sempre usato la democrazia come strumento di manipolazione di massa. Ma di quale democrazia sto parlando? Di quella che abbiamo avuto fino a ieri molto simile alla Caverna di Platone, dove gli uomini nel buio della non-conoscenza e non-consapevolezza si agitano per ottenere una libertà fittizia (lo schiavo che lotta per una catena più lunga). La vera democrazia, infatti, metterebbe in pericolo il capitalismo e i suoi interessi; non potrebbe conciliarsi, per esempio, con l’accumulo della ricchezza come base di funzionamento della società, perché la democrazia tende a raggiungere uno stato di uguaglianza sociale. La democrazia falsa, fino ad oggi, ha portato la gente a credere che partecipare alla vita democratica consista nel delegare ogni volta il potere con le elezioni, quando una vera democrazia necessita di revisione continua e di partecipazione assidua per vigilare il corretto funzionamento delle istituzioni. Con la perdita della sovranità abbiamo assistito a un veloce decadimento anche di quest’ultimo barlume di democrazia strumentale.
-
Giulietto Chiesa: decalogo dell’Impero padrone del mondo
Come tenere in pugno il mondo. E’ «il decalogo che ha creato l’Impero e che ci ha portato alla guerra, anzi alla Superguerra», dice Giulietto Chiesa, rispolverando le pagine scritte nel 2002 per il profetico “La guerra infinita”, edito da Feltrinelli. Dieci regole d’oro, anzi: di ferro. La prima: “Fai in modo che la tua moneta sia l’insostituibile moneta di riserva per tutti, o quasi tutti, gli altri paesi”. La seconda: “Non tollerare alcun controllo esterno sulla tua creazione di moneta. Potrai così finanziare i tuoi deficit commerciali con il resto del mondo, rendendoli praticamente illimitati”. La terza: “Definisci la tua politica monetaria in base, esclusivamente, ai tuoi interessi nazionali e mantieni gli altri paesi in condizioni di dipendenza dalla tua politica monetaria”. Ancora sulla moneta la quarta regola: “Imponi un sistema internazionale di prestiti a tassi d’interesse variabile espressi nella tua valuta. I paesi debitori in crisi dovranno ripagarti di più proprio quando la loro capacità di pagare è minore. Li avrai in pugno”. E così – regola numero 5 – sarà possibile mantenere nelle proprie mani “le leve per determinate, all’occorrenza, situazioni di crisi e d’incertezza in altre aree del mondo”. Risultato: “Stroncherai sul nascere ogni eventuale aspirante competitore”.Già, la competizione esasperata dalla globalizzazione neoliberista: “Imponi, con ogni mezzo, la massima competizione tra esportatori del resto del mondo. Avrai un afflusso d’importazioni a prezzi decrescenti rispetto a quelli delle tue esportazioni”, recita la regola numero 6, strettamente collegata con la successiva, la numero 7: “Intrattieni i migliori rapporti con le élite e le classi medie degli altri paesi, a prescindere dalle loro credenziali democratiche, perché esse sono decisive per sostenere la tua architettura”. Le élite, ovviamente, perché cospirino contro i loro popoli: “E’ essenziale che le élite e le masse di quei paesi non si uniscano attorno a idee di sviluppo nazionale, o comunque ostili al tuo dominio e alla tua egemonia”. Per questo – regola numero 8 – è fondare promuovere con ogni mezzo “una totale mobilità dei capitali, insieme alla libertà d’investimento internazionale”. In questo modo i capitali, nelle condizioni sopra delineate, “verranno al tuo indirizzo”, semplicemente “perché è il luogo migliore, il più sicuro e il più redditizio”.Quanto agli investimenti esteri, “assicurati che le tue corporations possano liberamente soccorrere le élites nazionali nella gestione delle loro proprietà finanziarie, dell’educazione privata e pubblica, della tutela della salute, dei sistemi pensionistici”. Regola numero 9: “Promuovi con ogni mezzo il libero commercio. Esso varrà per tutti, cioè per gli altri, che non potranno sottrarvisi, mentre tu lo applicherai se e quando ti converrà”. E infine, decimo comandamento: “Per controllare che tutto ciò si realizzi ordinatamente, senza conflitti troppo evidenti, ti occorre una struttura di istituzioni sovranazionali che all’apparenza si presentino come riunioni di membri a pare diritto. Darai l’impressione di rispettare un certo pluralismo, mantenendo il loro finanziamento e il loro controllo nelle tue mani”. Giulietto Chiesa aggiungeva una nota: tutto questo si può fare con la persuasione, con l’aiuto dei media, e anche con la coercizione, con l’uso della forza.“I piani si formano camminando, nella pratica, ma ci vogliono gli intellettuali per dar loro una forma, per magnificarli agli occhi del pubblico, per nobilitarli e spiegarli”, recita la nota del 2002. “Bisogna formarli, questi propagandisti, convincerli e, se necessario, comprarli, corromperli. E poi bisogna togliere di mezzo gli ostacoli, i testardi, gli increduli, i cacasenno. Con le buone, se è possibile, altrimenti con le cattive”. All’epoca, annota oggi Chiesa sul “Fatto Quotidiano”, Edward Snowden non era ancora apparso all’orizzonte. Dunque, «non sapevamo che “loro” potevano sapere tutto quello che facciamo prima ancora che cominciamo a farlo, basta che ne sospiriamo. Vale anche per la signora Merkel e per il nostro Matteo». Ma, se non ci fossero stati i giornalisti e gli economisti, tutti perfettamente allineati e compiacenti, come avrebbe potuto realizzarsi un simile sogno? «Infatti si è realizzato. Adesso, però bisogna andarlo a spiegare agli altri sei miliardi».Come tenere in pugno il mondo. E’ «il decalogo che ha creato l’Impero e che ci ha portato alla guerra, anzi alla Superguerra», dice Giulietto Chiesa, rispolverando le pagine scritte nel 2002 per il profetico “La guerra infinita”, edito da Feltrinelli. Dieci regole d’oro, anzi: di ferro. La prima: “Fai in modo che la tua moneta sia l’insostituibile moneta di riserva per tutti, o quasi tutti, gli altri paesi”. La seconda: “Non tollerare alcun controllo esterno sulla tua creazione di moneta. Potrai così finanziare i tuoi deficit commerciali con il resto del mondo, rendendoli praticamente illimitati”. La terza: “Definisci la tua politica monetaria in base, esclusivamente, ai tuoi interessi nazionali e mantieni gli altri paesi in condizioni di dipendenza dalla tua politica monetaria”. Ancora sulla moneta la quarta regola: “Imponi un sistema internazionale di prestiti a tassi d’interesse variabile espressi nella tua valuta. I paesi debitori in crisi dovranno ripagarti di più proprio quando la loro capacità di pagare è minore. Li avrai in pugno”. E così – regola numero 5 – sarà possibile mantenere nelle proprie mani “le leve per determinate, all’occorrenza, situazioni di crisi e d’incertezza in altre aree del mondo”. Risultato: “Stroncherai sul nascere ogni eventuale aspirante competitore”.
-
Verità proibita in Europa, la vergogna dell’arresto di Chiesa
Sbattuto in cella e tenuto in arresto per sette ore, rilasciato solo grazie al tempestivo intervento dell’ambasciatore italiano a Tallinn e del ministero degli esteri di Roma, che ha convocato alla Farnesina l’ambasciatore estone chiedendo spiegazioni: com’è possibile che un cittadino europeo – per giunta giornalista ed ex europarlamentare – venga improvvisamente arrestato nella capitale dell’Estonia senza che abbia commesso alcun reato? Le autorità di Tallinn – imbeccate dai loro “custodi” atlantici o convinte di render loro un servizio? – hanno balbettato dichiarazioni che non spiegano nulla, citando un decreto che considera Giulietto Chiesa “persona non gradita”, documento di cui però non c’è traccia. Il provvedimento sarebbe datato 13 dicembre 2014, cioè il giorno dopo il meeting internazionale organizzato a Roma proprio da Chiesa, con grandi giornalisti e autorevoli politologi russi e americani, tra cui Paul Craig Roberts, già viceministro di Regan, tutti critici con la gestione Usa della crisi ucraina. Chiesa è stato arrestato a Tallinn, dov’era invitato per un convegno, poco dopo aver rilasciato un’intervista a una televisione estone.E’ abbastanza evidente, dice, il maldestro tentativo di impedire a un cittadino europeo di esprimere le proprie idee e raccontare le verità che conosce. «Questa – aggiunge Giulietto Chiesa dopo il rilascio – non è certo l’Europa che sognava Altiero Spinelli». Il “decreto di espulsione” dall’Estonia, scrive Pino Cabras su “Megachip”, il newsmagazine web fondato da Chiesa, sarebbe stato «emanato ad personam» dal governo di un paese membro dell’Unione Europea, «senza nessuna accusa formulata in nome di una qualche fattispecie di reato». Quindi, «si è voluto colpire un cittadino di quella stessa Unione Europea, una personalità pubblica nel pieno dei suoi diritti politici e di parola, da sempre proclamati come il miglior primato dell’Europa». In teoria, aggiunge Cabras, tutti hanno quei diritti, «ma vengono usati poco e sempre meno», anche perché «per i diritti funziona al contrario dei vestiti: meno li usi più si sgualciscono». Giulietto? «Indossa invece tutte le sfumature del diritto di parola e perciò mostra la veste integra della libertà, che spicca in mezzo a un sistema dell’informazione ormai agli stracci».Vent’anni prima che diventasse popolare la denuncia della disinformazione di massa organizzata in modo sistematico del mainstream, Giulietto Chiesa ne ha fatto una ragione di vita: «Non sappiamo nulla di quanto avviene attorno a noi, perché non ce lo dicono, e se non sappiamo nulla potrebbe accadere di tutto, al riparo dalla verità». Durissime le denunce sulla Guerra del Golfo, costruita con le false accuse contro Saddam, e sui crimini di Israele verso i palestinesi. E poi la mattanza nei Balcani, i bombardamenti “umanitari” per il Kosovo, le atrocità della guerra in Cecenia: tra i pochissimi, Giulietto Chiesa, a denunciare la Russia per la guerra nel Caucaso, “organizzata” direttamente dal Cremlino per creare un fronte interno in grado di fabbricare consenso a beneficio del pericolante “zar” privatizzatore Boris Eltsin. In contatto con Gino Strada e la struttura di “Emergency”, Giulietto Chiesa è stato il primo giornalista italiano – tra i primi al mondo – a entrare a Kabul nella primavera 2002, durante la “liberazione” dai Talebani, nel corso dell’offensiva dell’Alleanza del Nord scatenata per “punire” Al-Qaeda all’indomani del super-attentato dell’11 settembre 2001, rispetto al quale – oggi è accertato – il network terroristico di Bin Laden non ebbe alcuna responsabilità.«Giulietto Chiesa mente», scrisse l’agenzia sovietica “Tass” ai tempi dell’Urss, sperando di liberarsi dell’allora corrispondente de “L’Unità”, ritenuto scomodo perché sincero, non allineato al potere. Fu Berlinguer in persona, ricorda Chiesa, a chiarire al Cremlino che il giornale non lo avrebbe sostituito. Un’autorevolezza, quella di Chiesa, che gli ha consentito di collaborare per lunghi anni coi maggiori organi d’informazione italiani, da “La Stampa” ai telegiornali Rai e Mediaset. Stretto collaboratore di Mikhail Gorbaciov a partire dagli anni ‘90, Chiesa ha condiviso l’impegno del “padre della perestrojka” per sviluppare una visione multipolare del mondo, archiviata la guerra fredda. Ma la storia s’è rimessa a correre in direzione contraria: la “guerra infinita”, innescata proprio dall’11 Settembre, ci ha regalato un conflitto dopo l’altro. «La peggiore arma di distruzione di massa è la menzogna», dice Chiesa. «Proprio sulla manipolazione della verità si basa la preparazione di ogni guerra di aggressione: tutte guerre asimmetriche, ormai, particolarmente sanguinose, non più tra eserciti contrapposti ma tra milizie e popolazioni civili». In crisi, Giulietto Chiesa, anche con la sinistra, da cui pure proviene: «La sinistra – dice – non ha “visto” il rivolgimento epocale in corso, l’affermarsi delle grandi oligarchie finanziarie che hanno piegato la politica al loro volere. E se la politica democratica sparisce, non abbiamo più difese».Le ultime grandi battaglie civili l’hanno condotto, ancora una volta, nell’ex Unione Sovietica. Prima nell’Ossezia del Sud, aggredita dalla Georgia armata dalla Nato su ordine di Bush. E poi nell’Ucraina sfigurata dal golpe di Kiev, orchestrato da Washington e affidato alla manovalanza neonazista che ha sparato sulla folla di piazza Maidan e assassinato più di cento inermi alla “casa dei sindacati” di Odessa, provocando la secessione della Crimea. Poi, a seguire, i bombardamenti indiscriminati sulla popolazione civile del Donbass “ribelle”. Tutti episodi documentati e filmati, ma oscurati dal mainstream occidentale secondo cui l’aggressore è il vecchio nemico, l’Orso russo, incarnato oggi da quel Putin a cui non si perdona di non volersi “arrendere” al dominio occidentale. «Il mondo sta cambiando e cambierà sempre più in fretta», ha avvertito Pepe Escobar di “Asia Times” al simposio organizzato a Roma da Giulietto Chiesa il 12 dicembre. «Il problema – ha aggiunto Marcello Foa, opinionista del “Giornale” e a allievo di Indro Montanelli – è che l’opinione pubblica occidentale non se rende conto, perché i media non la informano».L’attività più recente di Giulietto Chiesa, la direzione della web-tv “Pandora Tv”, impegnata a svelare i torbidi retroscena della crisi ucraina, gli è probabilmente costata l’inaudito arresto a Tallinn, in quel Baltico dove il risentimento contro l’ex “padrone imperiale” sovietico è ancora così forte da armare violente discriminazioni contro le minoranze russe, fino al punto da applaudire i “rivoluzionari” di Kiev che sfilano sotto bandiere con la svastica. Non è un caso, osserva Pino Cabras, che nel punire con metodi squadristici gli scomodi portatori di verità «si cominci da uno dei paesi baltici, quelli in cui, assieme alla Polonia e all’Ucraina, con la benedizione della Nato, si sta formando un cuore nero dell’Occidente: lì, in piena Europa, si sta “normalizzando” un modo di concepire l’Occidente alla maniera dell’America Latina degli anni Settanta». Per essere chiari: «È un sistema in cui le strategie militari e finanziarie le decide Washington, gli apparati repressivi sono in mano a manovalanza di ispirazione nazista, i simboli storici sono manipolati con ogni mezzo, si rimuove con la forza ogni memoria antifascista e si recuperano segni, monumenti, cimeli legati al peggiore nazionalismo. Per le idee diverse c’è la repressione».Anche in questo caso, Giulietto Chiesa aveva fiutato il pericolo con largo anticipo: si era candidato al Parlamento Europeo in una lista creata per tutelare la minoranza russa della Lettonia. E nel 2009, nel libro “Il candidato lettone”, scriveva: «Mi rendevo conto, nonostante fossi lontano, che si stava preparando un focolaio, che avrebbe presto potuto trasformarsi in un incendio. E avvertivo anche che l’informazione che arrivava da Tallinn era – per usare un eufemismo – incompleta, inadeguata, e che, per capirci qualche cosa, si doveva integrarla con le notizie che venivano da Mosca. L’esperienza mi diceva che le crisi non nascono per caso. Anche se appaiono all’improvviso, hanno sempre una gestazione lunga ed è quella che bisogna scandagliare. Sono come corsi d’acqua, che escono dagli argini all’ultimo momento. Ma è evidente che la questione non è soltanto se gli argini siano sufficientemente alti; bisogna capire perché tanta acqua sia scesa dai monti». L’acqua baltica dell’ultimo decennio, aggiunge Cabras, è quella del recupero della memoria delle SS, della persecuzione dei russi, delle ondate repressive in stile G8 di Genova, tutte raccontate nel libro, «che ancora non poteva descrivere gli sviluppi che invece nel 2014 ha poi raccontato “Pandora Tv”: la guerra ucraina, la veloce e drammatica militarizzazione Nato dell’Est europeo; l’oltranzismo dei leader di quell’area, sempre più organici ai loro burattinai d’Oltreoceano, al punto che cedono platealmente i ministeri chiave e la finanza a ministri stranieri, come in Ucraina; le stragi naziste e i villaggi bombardati dall’artiglieria, le centinaia di migliaia di profughi, l’Europa delle sanzioni autolesioniste».Su questo fiume di eventi, conclude Cabras, c’è l’alba cupa dell’Europa che va incontro alla guerra da Est, non trattenuta dall’altra Europa più a Ovest, a sua volta devastata dall’austerity del regime europeo. «Solo in un contesto simile potevano eleggere il polacco Donald Tusk come presidente del Consiglio Europeo: ai piani alti vogliono quanta più russofobia possibile». L’incredibile arresto intimidatorio e illegale cui è stato sottoposto Giulietto Chiesa a Tallinn «ci dice che il regime europeo non solo emargina le voci dissidenti ma non vuole più tollerarne l’esistenza». Per Pino Cabras, evidentemente, «il silenzio mediatico su notizie importanti non basta più alle correnti atlantiste che dominano il continente. Vedono che c’è chi non si rassegna al silenzio, mentre avverte – qui e lì per l’Europa – che bisogna fare molto chiasso, e urlare che la guerra non sarà in nostro nome». Per Giulietto Chiesa, l’arresto è anche «una lezione da imparare», perché «ci aiuta a capire che razza di Europa è quella che ci troviamo davanti ora, e che battaglia dovremo fare per cambiarla, per rovesciarla come un calzino, se non vogliamo che questa gente rovesci noi».Sbattuto in cella e tenuto in arresto per sette ore, rilasciato solo grazie al tempestivo intervento dell’ambasciatore italiano a Tallinn e del ministero degli esteri di Roma, che ha convocato alla Farnesina l’ambasciatore estone chiedendo spiegazioni: com’è possibile che un cittadino europeo – per giunta giornalista ed ex europarlamentare – venga improvvisamente arrestato nella capitale dell’Estonia senza che abbia commesso alcun reato? Le autorità di Tallinn – imbeccate dai loro “custodi” atlantici o convinte di render loro un servizio? – hanno balbettato dichiarazioni che non spiegano nulla, citando un decreto che considera Giulietto Chiesa “persona non gradita”, documento di cui però non c’è traccia. Il provvedimento sarebbe datato 13 dicembre 2014, cioè il giorno dopo il meeting internazionale organizzato a Roma proprio da Chiesa, con grandi giornalisti e autorevoli politologi russi e americani, tra cui Paul Craig Roberts, già viceministro di Regan, tutti critici con la gestione Usa della crisi ucraina. Chiesa è stato arrestato a Tallinn, dov’era invitato per un convegno, poco dopo aver rilasciato un’intervista a una televisione estone.
-
Magaldi: chi ha ucciso i nostri eroi, per dominare il pianeta
Tu chiamala, se vuoi, massoneria. Il che, per i libri di storia, significa al massimo Risorgimento, cioè lotta illuminista contro l’oscurantismo vaticano e l’assolutismo monarchico. Per la stampa italiana del dopoguerra, la connotazione della “libera muratoria” è quasi sempre negativa: Licio Gelli e la P2, Berlusconi, opache trame e comitati d’affari. La fratellanza in grembiulino? Sempre elusiva, quindi fatalmente relegata nel ghetto narrativo della controinformazione, il cosiddetto complottismo che impazza sul web da quando la grande crisi sta minacciando miliardi di esseri umani. Le avvisaglie di quella che alcuni chiamano Terza Guerra Mondiale fanno da sfondo alle fragorose devastazioni dell’altra guerra, già in atto, da parte dell’élite tecno-finanziaria contro il 99% dell’umanità, i non eletti, i cittadini da retrocedere al rango di plebe a cui togliere i diritti democratici conquistati nei decenni del benessere, in virtù della poderosa combinazione messa in campo da Roosevelt e Keynes: economia per tutti, grazie al gigantesco investimento dello Stato, spesa pubblica in forma di deficit positivo. Tutto cancellato, come sappiamo, dagli oligarchi del rigore neoliberista e dai loro politici, economisti, propagandisti. Ma che c’entrano le logge?La massoneria è esattamente l’anello mancante, risponde Gioele Magaldi, “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, affiliato alla “Thomas Paine”, super-loggia internazionale progressista nata a metà dell’800 negli Stati Uniti per allevare le migliori menti dell’economia democratica. Missione: coniugare sviluppo e benessere diffuso, ricchezza e giustizia, prosperità e diritti, secondo l’ispirazione del socialismo liberale che affonda le sue remote radici nella Rivoluzione Francese. Un orizzonte emblematizzato dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata all’Onu sulle macerie della Seconda Guerra Mondiale per volere della “libera muratrice” Eleanor Roosevelt. “Massoni, società a responsabilità illimitata”, clamorosa operazione editoriale firmata da Chiarelettere, si propone di squarciare il velo di segretezza che ha finora coperto e protetto il “back office” del vero potere, sempre bifronte: da una parte la “fratellanza bianca”, illuminata e democratica, e dall’altra i potentissimi antagonisti neo-feudali, supremi manovratori dell’élite oligarchica che oggi ha preso il sopravvento e da decenni ricatta il mondo con l’arma finale della finanza.Un’analisi radicale, quella di Magaldi, che si scosta dai toni apocalittici del “cospirazionismo” anti-sistema, anche perché innanzitutto ribadisce il ruolo-chiave del capitalismo nell’affermazione della modernità. In più – e qui sta la novità dirompente – Magaldi offre una rilettura interamente massonica della storia recente, sostenendo che in tutti i passaggi decisivi delle maggiori vicende internazionali c’era sempre un convitato di pietra, rimasto nell’ombra. Ad ogni grande evento che ha segnato il nostro passato – questa è la tesi – non corrispondono soltanto aspirazioni di popoli, correnti e partiti, dinamiche economiche e condizioni geopolitiche, ma anche persone in carne e ossa. Nomi e cognomi, individui responsabili di decisioni precise, di acuminate strategie affidate a singoli attori. In questo modo, sempre secondo Magaldi (che ha “blindato” archivi e testimonianze, da esibire all’occorrenza), nel retrobottega del massimo potere si sono prima confrontate e poi affrontate, senza risparmio di colpi, due opposte visioni del mondo, una democratica e l’altra oligarchica, nutrita cioè di autentico spirito aristocratico – quello di chi pensa che il popolo, semplicemente, non sia in grado di governarsi da solo. Due “fratellanze”, dunque, accomunate dalla medesima attitudine iniziatico-esoterica, ma profondamente divergenti nella concezione politica e quindi negli obiettivi da raggiungere.Il “filtro” massonico che Magaldi applica alla sua sorprendente rilettura dell’intera storia del Novecento – l’anello mancante, appunto – contribuisce a illuminare la profondità dell’origine di alcuni eventi, senza peraltro distorcene mai la verità storica accertata, né il senso politico generale, comunemente condiviso e acquisito. E’ una sorta di avvertimento, ai lettori ma anche agli storici: attenti, le cose sono andate così anche perché, oltre alle dinamiche socio-economiche da voi evidenziate, ci sono state riunioni cruciali, scelte e decisioni precise, tutte assunte – nella più totate segretezza – da uomini potentissimi, il cui ruolo emerge solo ora, per la prima volta, grazie agli sterminati elenchi presenti nelle 650 pagine di “Massoni”, che peraltro si conclude con uno stupefacente dibattito tra super-adepti progressisti e confratelli antagonisti “pentiti”, spaventati dalle conseguenze “golpiste” della globalizzazione neoliberista imposta a mano armata.Annunciato come il primo di una lunga serie, imbottita di rivelazioni esplosive, il libro è anche un dichiarato atto di guerra infra-massonico, contro le lobby avversarie: un guanto di sfida rivolto prima di tutto agli iniziati neo-aristocratici. Un’arma pubblica, per indebolire il fronte dei grandi oligarchi, i boss della privatizzazione universale, il cui club esclusivo – secondo Magaldi – è rappresentato da storiche super-logge onnipotenti come la “Three Eyes”, di cui farebbero parte personaggi come Kissinger, Brzezisnki, Mario Draghi e i titani di Wall Street. E naturalmente i Rotschild e i Rockefeller, cioè gli stessi che, attraverso la super-loggia dei “tre occhi”, hanno fondato il corrispettivo organismo paramassonico con “tre lati”, la famigerata Trilateral Commission, cupola dell’élite mondiale da cui diffondere il verbo neoliberista, la “morte” dello Stato che deve far posto al mercato, i diktat della destra economica che eredita il memorandum di Lewis Powell e lo sviluppa nella “Crisi della democrazia”, il saggio di Samuel Huntington, Michel Crozier e Joji Watanuki, secondo cui curare la democrazia con altra democrazia è folle, sarebbe come «tentare di spegnere un incendio gettando benzina sul fuoco». Basta democrazia, la ricreazione è finita.Il cuore del libro è concentrato sul punto di svolta della nostra storia del dopoguerra, cioè la fine degli anni ‘60 e l’avvento dei piani neo-aristocratici per fermare l’onda lunga della democrazia che, abbattuto il nazifascismo, aveva ricostruito l’Europa inaugurando la stagione irripetibile del boom economico, con l’inedito benessere per le classi popolari e la nuova frontiera civile incarnata dal welfare. Il mainstream, allora, era quello tracciato dal “fratello” Frankin Delano Roosevelt sulla base della strategia politico-economica del “fratello” John Maynard Keynes: se lo Stato fa spesa pubblica e deficit positivo, l’economia prospera e ne beneficiano tutti. Dottrina tradotta in pratica, in Europa, dal “fratello” George Marshall. Keynesismo “di sinistra”, certo, “ma anche massonico”, aggiunge Magaldi, preoccupato di “dare a Cesare”. Impossibile, insiste, trascurare questo dettaglio: tutti i grandi protagonisti del progressismo del dopoguerra erano affiliati a “Ur-Lodges” di sinistra, come la “Thomas Paine”. Organismi ultra-riservati, e per questo mai finiti al posto giusto nei libri di storia. Eppure, importantissimi. E spesso decisivi, nella loro funzione di suprema diplomazia, molto al di sopra degli esecutori nazionali, governi e partiti.La grande battaglia rievocata da “Massoni”, tutta giocata dietro le quinte ben prima che i fatti diventassero cronaca e poi storia, secondo Magaldi comincia con la scomparsa di Angelo Roncalli, il “Papa buono”, lo straordinario riformatore sociale del Concilio Vaticano II. Magaldi racconta che pure Giovanni XXIII era un “fratello”, associato a una prestigiosa super-loggia progressista in Turchia e poi a un cenacolo rosacrociano in Francia. Sincretismo, dunque: apertura a diverse tradizioni spirituali, per far convergere energia (sapienza) verso il progresso dell’umanità. Poco dopo, la tragica morte di John Fitzgerald Kennedy, l’uomo con troppi nemici. Chi l’ha ucciso? Quasi impossibile stabilirlo. Ma una cosa sembra ormai certa: Jfk era d’accordo con Khrushev per smilitarizzare il pianeta e quindi mettere fine alla guerra fredda entro il 1970. Dopo l’omicidio di Dallas, racconta Magaldi, le “Ur-Lodges” progressiste puntarono su un ticket formidabile: Bob Kennedy alla Casa Bianca con al suo fianco Martin Luther King, forse spendibile addiritttura per la vicepresidenza. Quello, sostiene l’autore di “Massoni”, è stato il momento fatale in cui abbiamo perso tutti: da allora, la democrazia sociale non ha fatto che perdere rovinosamente terreno, in tutto il mondo. Come sarebbe oggi il pianeta se l’America fosse stata governata da Robert Kennedy e da Martin Luther King?Il doppio omicidio dei due campioni dei diritti democratici scatena la guerra dei sospetti nel “back office” del supremo potere: da allora, democratici e neo-aristocratici scendono ufficialmente in guerra. Vincono i secondi: l’America va sempre più a destra, fa la guerra in Vietnam e poi afferma il neoliberismo definitivo con Reagan, mentre in Gran Bretagna è già stata costruita l’affermazione della “sorella” Margaret Thatcher. Nel frattempo, la “guerra coperta” è andata avanti senza risparmio. Prima il golpe dei colonnelli in Grecia, secondo Magaldi un test per saggiare la capacità di resistenza democratica in Europa di fronte a un’involuzione neofascista (Atene come possibile battistrada per abolire la democrazia anche in altri paesi europei). Poi, in risposta, la “rivoluzione dei garofani” in Portogallo, fatta scattare nel 1974 – non a caso il 25 aprile, come monito ai complottisti neo-feudali (il solito Kissinger) che cospiravano contro la democrazia italiana.Magaldi infatti accredita pienamente almeno tre tentativi di golpe in Italia, due affidati a Junio Valerio Borghese e uno a Edgardo Sogno, sistematicamente sventati dalla “fratellanza bianca”, coordinata dal sociologo e premio Pulitzer Arthur Schlesinger Jr,. infaticabile combattente e anima delle “Ur-Lodges” democratiche. Di fronte al fallimento del golpismo italiano, il cartello mondiale guidato dalla “Tree Eyes” allenta la presa sull’Europa e si concentra sul Sud America: l’Operazione Condor comincia dal Cile (omicidio Allende) e poi trasforma l’Argentina nell’inferno della giunta militare. Intorbidita ulteriormente da una scissione all’interno dell’ala destra (alla “Three Eyes” che puntava su George Bush senior si oppone la “White Eagle”, che riesce a imporre Reagan alla Casa Bianca), la “guerra segreta” finisce di colpo nel 1981, con due attentati cruenti ma non letali, contro il neo-presidente e contro il Papa. Reagan viene ferito gravemente. Un complotto ordito dalla super-loggia dei “tre occhi”? Poco dopo, la stessa sorte tocca al pontefice polacco, il cui massimo sponsor era stato Brzezinski, uno dei massimi leader della “Three Eyes”.Il terrorista turco Alì Agca ha sparato a Wojtyla alle ore 17,17 precise. Per Magaldi, è un indizio decisivo, sempre trascurato dagli investigatori: il 1717 è l’anno di rifondazione della massoneria, dunque si tratta di una “firma” inequivocabile. Ovvero: sarebbero stati i super-fratelli della “White Eagle” a “vendicare” l’attentato a Reagan, “avvertendo” Brzezisnki. Di lì a poco, sarebbe sbocciata la grande tregua sottoscritta con lo storico manifesto “United Freemasons for Globalization”, includente persino i “fratelli” dell’Urss e della Cina comunista, anch’essi collegati alle “Ur-Lodges” del super-potere mondiale, in vista di epocali trasformazioni: la perestrojka di Gorbaciov e le riforme capitaliste di Deng Xiaoping. Una storia che procede in modo lineare, fino al punto di non-ritorno: l’11 Settembre. Il super-attentato del 2001 dà il via alla “guerra infinita”, patrocinata dai nuovi campioni delle super-logge dell’ultradestra: Tony Blair, George W. Bush, Dick Cheney, Donald Rumsfeld, Paul Wolfowitz, Colin Powell, Nicolas Sarkozy. Tutti “fratelli”, assicura Magaldi, firmando la sua sconcertante contro-storia (massonica) delle tragedie che costellano l’attualità di oggi. Aprite gli occhi, raccomanda il “gran maestro” italiano: quello che vi sta accadendo era previsto nei dettagli, è stato deciso a tavolino, e il piano è stato eseguito con spietata precisione. Ma, in quei circoli super-segreti, non tutti erano d’accordo. E ora, finalmente, dopo quarant’anni di incontrastato dominio autoritario, ci sarà una controffensiva democratica, di cui il libro è parte integrante.(Il libro: Gioele Magaldi, “Massoni. Società a responsabilità illimitata. La scoperta delle Ur-Lodges”, Chiarelettere, 656 pagine, 19 euro).Tu chiamala, se vuoi, massoneria. Il che, per i libri di storia, significa soprattutto Risorgimento, cioè lotta illuminista contro l’oscurantismo vaticano e l’assolutismo monarchico. Per la stampa italiana degli ultimi decenni, la connotazione della “libera muratoria” è quasi sempre negativa: Licio Gelli e la P2, Berlusconi, opache trame e comitati d’affari. La fratellanza in grembiulino? Sempre elusiva, quindi fatalmente relegata nel ghetto narrativo della controinformazione, il cosiddetto complottismo che ora impazza sul web da quando la grande crisi sta minacciando miliardi di esseri umani. Le avvisaglie di quella che alcuni chiamano Terza Guerra Mondiale fanno da sfondo alle fragorose devastazioni dell’altra guerra, già in atto, da parte dell’élite tecno-finanziaria contro il 99% dell’umanità, i non eletti, i cittadini da retrocedere al rango di plebe a cui togliere i diritti democratici conquistati nei decenni del benessere, in virtù della poderosa combinazione messa in campo da Roosevelt e Keynes: economia per tutti, grazie al gigantesco investimento dello Stato, spesa pubblica in forma di deficit positivo. Tutto cancellato, come sappiamo, dagli oligarchi del rigore neoliberista e dai loro politici, economisti, propagandisti. Ma che c’entrano le logge?
-
Borghi: referendum-burla, Grillo vuole sabotare i no-euro
La campagna di Beppe Grillo per un referendum sull’uscita dall’euro? «E’ la tattica più efficace per bloccare qualsiasi possibilità di abbandono della moneta unica». Parola del professor Claudio Borghi Aquilini dell’Università Cattolica di Milano, l’uomo più ascoltato da Matteo Salvini su questi temi e con il quale il leader del Carroccio ha scritto il manuale “Basta Euro”. Non appena Grillo ha annunciato via blog la mobilitazione dei banchetti per raccogliere le firme, scrive Giovanni Bucchi su “Italia Oggi”, Borghi ha lanciato su Twitter la controffensiva per smontare punto per punto le tesi dell’ex comico genovese. Ma Lega e M5S non vogliono entrambi l’uscita dall’euro? «Come Forza Italia, il “Movimento 5 Stelle” è un partito che ha avuto il privilegio di poter ascoltare per primo le spiegazioni sul perché oggi sia quanto mai urgente e necessario uscire dall’euro», dice Borghi, che cita un’intervista con Claudio Messora, già portavoce grillino. «Ne parlai addirittura con Berlusconi». E come andò? «È finita che Forza Italia alle ultime europee non ha fatto una campagna elettorale contro l’euro, probabilmente a seguito del famigerato Patto del Nazareno con Renzi».«La grande colpa dei “5 Stelle”, insieme a quella di Forza Italia – continua Borghi – è stata di non aver costruito alle elezioni europee un fronte anti-euro che avrebbe potuto arginare Renzi e che, insieme alle affermazioni dei partiti contro la moneta unica sia in Francia che in Inghilterra, avrebbe creato seri problemi agli euroburocrati di Bruxelles». Secondo l’economista, ora schierato con la Lega Nord, «Grillo e Forza Italia sono stati complici in questo salvataggio di Renzi e delle politiche europee». Adesso però, rileva Bucchi, è pur vero che Grillo lancia la mobilitazione e chiede un referendum. «Questa campagna – replica Borghi – è l’esatta continuazione dell’attività a favore di Renzi e dei pro-euro, già iniziata mesi fa quando i grillini decisero di non schierarsi contro la moneta unica in campagna elettorale». Secondo Borghi, letteralmente, «chi chiede un referendum sull’euro, come fa Grillo, prende in giro gli italiani». E spiega: «Se io sono a Milano e devo andare a Torino, salgo sul primo treno che mi porta in quella città. Ma se invece prendo il treno per Padova, poi una volta in carrozza dico a tutti di fare un referendum per decidere se andare a Torino mentre il treno va a Padova, sto prendendo in giro le persone».In Italia, continua il professore, non si possono fare referendum sui trattati: è incostituzionale. «Grillo propone allora una legge costituzionale per indire un referendum, sulla base di quanto fatto nel 1989 per il conferimento di mandato al Parlamento Europeo. Peccato però che il leader dei “5 Stelle” si dimentichi di dire che per approvare una tale legge servono i voti dei due terzi del Parlamento, cosa assolutamente impossibile in questo momento dove il Pd ha saldamente in mano la maggioranza almeno alla Camera». Non solo: «Grillo dimentica anche di specificare che questo referendum sarebbe soltanto consultivo, quindi una sorta di sondaggione sull’euro, con una campagna referendaria quasi sicuramente influenzata dai poteri economici e finanziari di Bruxelles». Un’ipotesi dunque «non percorribile e irrealizzabile». Spiegazione: «Quando uno non conosce le cose, può agire per ignoranza, come ho fatto anche io per un certo periodo. Ma dopo che ti è stato spiegato cosa significa uscire dall’euro e come andrebbe fatto, se continui a muoverti in un’altra direzione sei in malafede».Aggiunge Borghi: «Mi dà un dolore pazzesco doverlo dire, perché sarebbe importantissimo creare un fronte no-euro, ma i “5 Stelle” in questo seguono le tesi di Casaleggio, contrario all’uscita dalla moneta unica. Anzi, adesso i grillini si sono messi in testa di sabotare il movimento di uscita dall’euro, e non riuscirei a immaginare una tattica più efficace di questa: portare su un binario morto tante persone sinceramente convinte di fare questa battaglia». Cosa andrebbe fatto, dunque? «Occorrerebbe unire le forze veramente contro l’euro, sedersi a un tavolo e preparare l’uscita in maniera professionale. Poi bisogna fare cadere il governo e andare alle elezioni alleati con una sola priorità: fuori dalla moneta unica, tutto il resto viene dopo». Le acque si stanno intorbidendo: nel Pd, segnala Bucchi, ci sono state aperture sul superamento dell’euro, soprattutto da Cuperlo e Fassina. «Non mi stupisce che qualcuno si stia svegliando anche a sinistra, perché le posizioni del Pd sono sempre più insostenibili alla prova dei fatti», conclude Borghi. «Sono convinto che una volta usciti dall’euro, tutti sosterranno di avere sempre detto che si sarebbe dovuto fare così; un po’ come quando in Italia è caduto il fascismo e s’è scoperto che tutti erano sempre stati antifascisti. Già, ma solo dal giorno dopo la caduta».La campagna di Beppe Grillo per un referendum sull’uscita dall’euro? «E’ la tattica più efficace per bloccare qualsiasi possibilità di abbandono della moneta unica». Parola del professor Claudio Borghi Aquilini dell’Università Cattolica di Milano, l’uomo più ascoltato da Matteo Salvini su questi temi e con il quale il leader del Carroccio ha scritto il manuale “Basta Euro”. Non appena Grillo ha annunciato via blog la mobilitazione dei banchetti per raccogliere le firme, scrive Giovanni Bucchi su “Italia Oggi”, Borghi ha lanciato su Twitter la controffensiva per smontare punto per punto le tesi dell’ex comico genovese. Ma Lega e M5S non vogliono entrambi l’uscita dall’euro? «Come Forza Italia, il “Movimento 5 Stelle” è un partito che ha avuto il privilegio di poter ascoltare per primo le spiegazioni sul perché oggi sia quanto mai urgente e necessario uscire dall’euro», dice Borghi, che cita un’intervista con Claudio Messora, già portavoce grillino. «Ne parlai addirittura con Berlusconi». E come andò? «È finita che Forza Italia alle ultime europee non ha fatto una campagna elettorale contro l’euro, probabilmente a seguito del famigerato Patto del Nazareno con Renzi».
-
Tutti precari, anche i pensionati: dovranno tornare al lavoro
La flessibilità azzoppa tutti: non solo i giovani precari, ma anche i loro nonni, erodendo la loro pensione. Paolo Barnard rievoca un incontro con Cinthya Fagnoni, direttrice dell’“Education, Workforce, and Income Security Issues” del General Accounting Office americano, organo del Congresso Usa. «A Washington faceva caldo, ma lei mi offriva solo caffè». La Fagnoni era autrice di uno studio commissionato dal Senato Usa sulla flessibilità. «Flessibilità sul lavoro, eravamo 14 anni fa». Gli disse: «Risulta ovvio che la flessibilità può solo essere un OPTIONAL optional del mercato del lavoro, cioè limitata alla SCELTA scelta del lavoratore/trice di VOLER voler lavorare meno e a singhiozzo. I nostri dati ci dicono che se la flessibilità diventa la regola, distruggerà non solo l’economia dei giovani, ma anche quella dei pensionati». Era il giugno del 2000. Quattordici anni dopo, calcolati i danni delle super-privatizzazioni del governo D’Alema alla vigilia dell’ingresso nell’Eurozona, eccoci alle prese con «il disastro epico di una disoccupazione giovanile italiana al 43%». Ovvero: «Ci stiamo dirigendo esattamente verso quella distruzione».Oggi, scrive Barnard nel suo blog, in America la cosiddetta “Labour Participation Rate” (quota di lavoratori attivi sul mercato del lavoro) è un numero che «precipita come una palla di piombo giù dall’Everest, perché letteralmente per i giovani non conviene più lavorare». Nel senso che «gli costa di più di quanto guadagnano con la flessibilità e coi mini-lavori, e meno che far debiti con le banche (coi tassi quasi a zero di oggi)». Tutto questo, «mentre i pensionati Usa devono tornare sul mercato del lavoro a 65 anni, se no muoiono letteralmente di fame». Cosa è successo a questi ultimi? «Non solo è crollata la quota di contributi dei giovani per le loro pensioni, ma i pensionati americani hanno dato retta alla loro Cgil e alle loro Fornero 25 anni fa, cioè si sono messi nella mani dei fondi pensione integrativi». Il meccanismo è noto: i fondi pensione «prendono i tuoi contributi e li investono, promettendoti un futuro brillante grazie alle magie della Finanza». Il refrain è noto: «Ma ancora stiamo con lo Stato? Decotto e babbione? Goldman Sachs, Jp Morgan, Unicredit, Axa, Zurich, sono il tuo sereno futuro, pensionato John! Fidati».I fondi pensione «prendono i tuoi contributi e li investono sul mercato, soprattutto in titoli di Stato». Poi accade che «mentre il pensionato John è a farsi le birre al bar sotto casa, o a portare a spasso il cane», i boss delle banche centrali «prendono un paio di decisioni che portano i tassi d’interesse a quasi zero». Sorpresa: «La pensione accumulata oggi dal pensionato John non rende più nulla, soprattutto certi titoli di Stato (hey Giacomo, hai qualcosina investita in titoli tedeschi? Sei nella merda)». Infatti, “John” sbatte la faccia a sangue contro lo Zirp, “Zero Inbred Rate Policy”, «cioè i suoi risparmi di pensione integrativa non rendono più un cazzo d’interessi». In più, «se lo sventurato aveva il suo gruzzolo sparso/investito dal suo promotore finanziario anche fra banche d’investimento, i buchi contabili e i fallimenti a catena di queste dal 2007 al 2013, gli “Hair Cuts” imposti agli investitori (anche ai piccoli) pur di salvare ’ste mega-banche, gli hanno anche mangiato più della metà della pensione, spesso tutta».Sono moltissimi, infatti, i pensionati che oggi fanno fatica, negli Stati Uniti, ad arrivare a fine mese. Per questo è sempre più alto il numero di anziani che tornano a lavorare a settant’anni. «Come voi lettori sapete – continua Barnard – l’Italia è un paese che, senza fallire un colpo negli ultimi 70 anni, imita tutto il peggio degli Usa (e mai il meglio) SEMPRE E REGOLARMENTE sempre e regolarmente 15 anni dopo. Abbiamo oggi Renzi per questo, mica per altro», “complice” un politico come Napolitano, che Barnard definisce «vecchio amico delle multinazionali Usa degli anni’ 70», e quindi corresponsabile, politicamente, del disastro socio-economico – la disarticolazione finanziaria dello Stato – avviata all’inizio degli anni ‘80 da Ciampi e Andreatta, perfezionata da Draghi e ulteriormente sviluppata da D’Alema vent’anni dopo. Smantellamento del sistema-Italia, cessione della sovranità, messa all’asta del debito, ingresso nell’euro e quindi resa alle politiche di rigore imposte dai padroni dell’Eurozona. Risultato: giovani senza lavoro, in tutta Europa, come nel 1945. E fosca vecchiaia per i loro nonni: «Auguri, pensionato Giacomo, ma non per te: per tuo figlio Giacomino, che fra 40 anni si ricorderà disperato di questo articolo. Disperato».La flessibilità azzoppa tutti: non solo i giovani precari, ma anche i loro nonni, erodendo la loro pensione. Paolo Barnard rievoca un incontro con Cinthya Fagnoni, direttrice dell’“Education, Workforce, and Income Security Issues” del General Accounting Office americano, organo del Congresso Usa. «A Washington faceva caldo, ma lei mi offriva solo caffè». La Fagnoni era autrice di uno studio commissionato dal Senato Usa sulla flessibilità. «Flessibilità sul lavoro, eravamo 14 anni fa». Gli disse: «Risulta ovvio che la flessibilità può solo essere un optional del mercato del lavoro, cioè limitata alla scelta del lavoratore/trice di voler lavorare meno e a singhiozzo. I nostri dati ci dicono che se la flessibilità diventa la regola, distruggerà non solo l’economia dei giovani, ma anche quella dei pensionati». Era il giugno del 2000. Quattordici anni dopo, calcolati i danni delle super-privatizzazioni del governo D’Alema alla vigilia dell’ingresso nell’Eurozona, eccoci alle prese con «il disastro epico di una disoccupazione giovanile italiana al 43%». Ovvero: «Ci stiamo dirigendo esattamente verso quella distruzione».
-
Le tasse alla mafia dei ladri, venduti al padrone straniero
Pagate le tasse senza discutere! Sono per la mafia e per la partitocrazia! Ormai è sotto gli occhi di tutti: le tasse che paghiamo vanno in mano ai ladri della politica, delle istituzioni, della burocrazia, delle mafie, che le usano soprattutto per arricchirsi, senza curarsi di spenderle bene e utilmente, nell’interesse collettivo. A Roma era così già 50 anni fa. E’ la costante nazionale, il carattere essenziale e immutabile dello Stato italiano. Rubare è lo scopo per cui si fa politica, e il mezzo con cui si fa politica, è il criterio con cui si fa carriera in politica e nell’apparato pubblico e partecipato. In questo quadro, i divieti all’uso del contante, l’imposizione di tenere i soldi in banca e di rendersi completamente tracciabili, col fisco che ti fa i conti in tasca e ti manda la dichiarazione dei redditi a casa, come se l’evasione fiscale dipendesse dall’uso del contante nelle transazioni spicciole, è un modo per consentire alla casta di saccheggiare direttamente e senza difese il cittadino, e per le banche di lucrare su ogni transazione, cumulativamente: 100 pagamenti di 100 euro l’uno, a 1,5 euro di commissioni, fanno guadagnare alla banca 150 euro, se fatti con la carta di credito, e zero, se fatti per contanti.Il principio della rappresentanza democratica parlamentare è clamorosamente e definitivamente fallito sia perché il paese non ha più autonomia politica nelle cose che contano, sia perché i rappresentanti rappresentano le segreterie affaristiche che li nominano, e vanno contro gli interessi dei rappresentati. Fino agli anni ’80 questo sistema di potere si notava meno, faceva danni sopportabili e compatibili con un certo sviluppo del paese, con un certo benessere, garantito da una spirale costruttiva di investimenti e consumi, grazie al fatto che allora la banca centrale e i vincoli di portafoglio delle banche ordinarie garantivano il finanziamento del debito pubblico a tassi sostenibili escludendo il rischio di default. E grazie al fatto che le banche ordinarie si dedicavano all’economia reale anziché alle speculazioni finanziarie e alle truffe ai risparmiatori. E grazie al cambio flessibile.Oggi gli uomini della buro-partitocrazia sono tutti in pasta, trasversalmente, tra loro e con la mafia. Sono tutti nella criminalità organizzata. Quelli che non lo sono direttamente e attivamente, lo sono comunque, perché consapevolmente e volontariamente fanno parte di quel mondo. Quindi sono corresponsabili. Non ci sono onesti, solo finti tonti. Questo sistema ovviamente non si lascia cambiare dal suo interno, perché occupa i canali elettorali, mediatici, istituzionali, e in buona parte anche quelli giudiziari (molti arrestati di oggi sono assolti di ieri); e l’“esterno”, cioè l’“Europa”, la Germania, trae profitto e potere economici proprio da questa situazione. E’ quindi chiaro che questa gente, questa casta, questa cupola nazionale non la si abbatterà mai con le leggi, i tribunali, l’indignazione popolare, anzi continuerà a tramandare il sistema alle nuove leve. Non la si potrà mai abbattere con strumenti interni all’ordinamento dello Stato, che essa occupa. La potrebbero fermare solo mezzi rivoluzionari, solo la ghigliottina. Oppure un padrone straniero che la sostituisca e prenda direttamente in mano la gestione amministrativa del paese – ovviamente nel suo proprio interesse.I leader carismatici proposti al pubblico possono essere “puliti” di faccia, ma gli apparati dei loro partiti sono tutto un cupolone, funzionano in quel modo, quindi nessun governo potrà cambiare questo sistema. Con le loro migliaia di società partecipate e di Onlus mai contabilmente controllate che ricevono e spartiscono i miliardi del business dell’accoglienza. Renzi, che invoca giustizia e promette pulizia, finge di non conoscere che cosa sono gli apparati dei partiti e di non sapere che, se si mettesse di traverso, semplicemente verrebbe sostituito. E infatti le principali componenti della partitocrazia, superando l’ipocrita distinzione maggioranza-opposizione, si accordano tra loro sulle riforme del sistema elettorale e del Senato, riforme concepite per proteggere e rafforzare il sistema stesso. E così alla Camera resta il sistema dei nominati: possono divenire deputati solo i graditi dei segretari dei partiti. La riforma del Senato mette quest’ultimo ancora di più nelle mani dei segretari, i quali vi collocheranno nominati regionali e comunali – cioè elementi presi dagli ambiti più ladreschi dell’apparato – dotandoli così di ciò che resta dell’immunità parlamentare.Intanto, il governo ha allontanato il commissario alla spending review, Cottarelli, che aveva ardito raccomandare la soppressione di 6.000 società partecipate mangiasoldi, una indispensabile greppia di consenso per la partitocrazia. Le condizioni degli italiani – tassazione, recessione, disoccupazione – continueranno perciò a peggiorare e peggiorare e peggiorare, finché questi non insorgeranno con le armi e non faranno fuori materialmente la casta parassita e criminale, o quella parte di essa che non riuscirà a fuggire all’estero. Ma non lo faranno mai: in parte emigrano, in maggioranza restano a subire o a raccontarsi le favole, aspettando il padrone straniero, e di vendersi a lui. Dopotutto, è questa la storica tradizione del Belpaese.(Marco Della Luna, “Le tasse ai ladri e alla mafia”, dal blog di Della Luna dell’8 dicembre 2014).Pagate le tasse senza discutere! Sono per la mafia e per la partitocrazia! Ormai è sotto gli occhi di tutti: le tasse che paghiamo vanno in mano ai ladri della politica, delle istituzioni, della burocrazia, delle mafie, che le usano soprattutto per arricchirsi, senza curarsi di spenderle bene e utilmente, nell’interesse collettivo. A Roma era così già 50 anni fa. E’ la costante nazionale, il carattere essenziale e immutabile dello Stato italiano. Rubare è lo scopo per cui si fa politica, e il mezzo con cui si fa politica, è il criterio con cui si fa carriera in politica e nell’apparato pubblico e partecipato. In questo quadro, i divieti all’uso del contante, l’imposizione di tenere i soldi in banca e di rendersi completamente tracciabili, col fisco che ti fa i conti in tasca e ti manda la dichiarazione dei redditi a casa, come se l’evasione fiscale dipendesse dall’uso del contante nelle transazioni spicciole, è un modo per consentire alla casta di saccheggiare direttamente e senza difese il cittadino, e per le banche di lucrare su ogni transazione, cumulativamente: 100 pagamenti di 100 euro l’uno, a 1,5 euro di commissioni, fanno guadagnare alla banca 150 euro, se fatti con la carta di credito, e zero, se fatti per contanti.