Archivio del Tag ‘elezioni’
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Crolla il nano Macron (non Putin, il Papa, Xi Jinping: giganti)
Ad aprile, quando Macron fu trionfalmente eletto con il 62% dei voti, feci una scommessa: che la popolarità del nuovo e brillante capo di Stato della Francia sarebbe durata anche meno di quella di Hollande, per non dire di Sarkozy. Mi pare di aver vinto la scommessa: i sondaggi, a solo un mese dalle politiche che gli hanno regalato una maggioranza inaudita, la sua popolarità è calata di colpo di 10 punti. Peggio di lui solo Chirac nel 1995, ma il povero Chirac doveva reggere il confronto con un grande presidente come Mitterrand, mentre Macron deve confrontarsi solo con quell’ectoplasma di Hollande. Eppure credo che i francesi non sappiano apprezzare le qualità di questo nuovo presidente: ad esempio sceglie bene le scarpe, osservatele bene. Il quadro europeo attuale è questo: Inghilterra premier la May che non è sopportata neppure dal suo partito, Francia Macron di cui s’è detto, Spagna Rajoy che regge solo perché gli spagnoli si sono stufati di votare a ripetizione, Italia sede vacante e, in mezzo a tutti questi, la Merkel che, pur essendo una discreta massaia che eccelle nel bucato, sembra Bismarck. Peraltro va detto che dopo di lei sarà il diluvio perché si scorge solo una folla di mediocri ciabattini.Degli Stati Uniti non vale neppure la pena di dire. Ormai il ceto politico europeo sembra Biancaneve e i sette nani, dove anche Biancaneve è un po’ rachitica. Mi pare che sia arrivato il momento di porci qualche domanda: ma come mai stiamo selezionando un personale politico così scalcinato e che si preannuncia sempre peggiore? E per di più dopo che c’è stata l’esaltazione dell’uomo solo al comando, del leader carismatico e via dicendo. Bel risultato, parlare di uomo forte, di condottiero e trovarsi con questa schiera di molluschi andati a male! Ma il punto è proprio questo: la retorica dell’uomo forte è uno degli ingredienti del disastro, perché ha spostato tutta l’attenzione sulle caratteristiche eccezionali del leader, riducendo i partiti a mere appendici elettorali. In Italia siamo stati all’avanguardia producendo porcherie impresentabili come Forza Italia o il Pd, ma anche gli altri stanno messi decisamente male. Dove è più la Spd di un tempo, con i suoi rapporti di massa e i suoi centri studi? E che fine ha fatto il Ps francese, che un tempo ferveva di dibattiti politici e culturali? Solo comitati elettorali animati da piccoli faccendieri o, al massimo, qualche onesto funzionario di periferia. I partiti europei non producono più idee, non formano classi dirigenti, non organizzano conflitto sociale. Raccolgono solo voti sull’immagine del leader di turno.Ma un leader carismatico, per definizione, è un materiale umano un po’ raro e non si inventa. Sarebbe come dire “adesso ci serve un Leonardo da Vinci, cerchiamo chi fa da Leonardo”. Solo che di Leonardo o di Napoleone ne nascono uno ogni tanto e non è affatto detto che ogni tempo ne abbia a disposizione qualcuno. E allora che si fa? Si costruisce quel che manca, o meglio, si costruisce l’immagine dell’uomo eccezionale che ci guiderà nei prossimi anni: “Vedrete, questo sarà migliore di tutti gli altri che lo hanno preceduto!”. E i media si mettono al lavoro per inventarsi il nuovo Napoleone: e ci riescono, nel senso che producono una emozione collettiva che dura il tempo di una campagna elettorale. Passato il giorno del voto, nel giro di qualche mese (a volte settimane) la parure da grande condottiero crolla come cartapesta sotto la pioggia e viene fuori il nanerottolo che stava sotto il trucco. I nostri leader sono solo prodotti da laboratorio pubblicitario. Ormai operiamo la selezione del ceto politico sulla base della “capacità comunicativa” del prodotto da vendere.Direte: ma quando uno non ha niente da dire, come fa a comunicare? Non è importante che dica qualcosa, ma che dia la sensazione di farlo; e per questo è più importante la pausa, il piglio deciso, il gesto con cui accende una sigaretta, la battuta studiata a tavolino ma recitata con naturalezza, il sorriso seduttore e la grinta da domatore di belve. L’importante è che “buchi il video”. Semplicemente noi non stiamo cercando un grande stratega, ma l’attore che, per qualche settimana, può vestirne i panni. In questo la televisione è stata un castigo di Dio che ha potenziato tutte queste pulsioni verso il nulla (mi torna in mente il Popper di “Cattiva maestra televisione”). Facciamo una controprova di quel che dico: proviamo a indicare tre personaggi di cui oggi possiamo dire, sul piano internazionale, che emergono come grandi decisori, in grado di esercitare un peso sulla scena internazionale. Io vi propongo Putin, Xi Jinping e Papa Francesco. Sia chiaro che questo non significa condividere gli orientamenti di ciascuno o anche solo di uno di essi, ma solo una valutazione delle capacità politiche al netto di ogni altra considerazione. Poi mi direte se la triade è ben scelta o meno.E la prima considerazione che viene da fare è che questi tre personaggi hanno alle spalle grandi istituzioni, con una storia molto consolidata, con gruppi dirigenti reali: il partito comunista sovietico e il Kgb-Fsb per Putin (che si è formato in epoca sovietica), il Partito Comunista Cinese per Xi Jinping e la Chiesa cattolica per Papa Bergoglio. Strutture elitarie (certamente non democratiche) con apparati pesanti e una selezione durissima. In strutture del genere si imparano tante cose, soprattutto si impara che la politica è un’arte che chiede intelligenza, visione ampia a livello mondiale, densità strategica, tempismo, duttilità, intuito, eccetera. Anche semplicemente per scansare la tisana corretta al cianuro (cosa che ha la sua importanza in questi ambienti) ci vogliono queste capacità. E il risultato è una classe dirigente forse cinica, non sempre all’altezza dei suoi compiti; comunque, mediamente si tratterà di un personale politico di spessore (anche se questo non garantisce da momenti di decadenza). Non sono un estimatore dell’elitismo e spero sempre in classi dirigenti frutto di una selezione democratica, ma questa attuale è solo una caricatura della democrazia.(Aldo Giannuli, “La popolarità di Macron è in discesa precipitosa: ma va! Ma non mi dire!!”, dal blog di Giannuli del 26 luglio 2016).Ad aprile, quando Macron fu trionfalmente eletto con il 62% dei voti, feci una scommessa: che la popolarità del nuovo e brillante capo di Stato della Francia sarebbe durata anche meno di quella di Hollande, per non dire di Sarkozy. Mi pare di aver vinto la scommessa: i sondaggi, a solo un mese dalle politiche che gli hanno regalato una maggioranza inaudita, la sua popolarità è calata di colpo di 10 punti. Peggio di lui solo Chirac nel 1995, ma il povero Chirac doveva reggere il confronto con un grande presidente come Mitterrand, mentre Macron deve confrontarsi solo con quell’ectoplasma di Hollande. Eppure credo che i francesi non sappiano apprezzare le qualità di questo nuovo presidente: ad esempio sceglie bene le scarpe, osservatele bene. Il quadro europeo attuale è questo: Inghilterra premier la May che non è sopportata neppure dal suo partito, Francia Macron di cui s’è detto, Spagna Rajoy che regge solo perché gli spagnoli si sono stufati di votare a ripetizione, Italia sede vacante e, in mezzo a tutti questi, la Merkel che, pur essendo una discreta massaia che eccelle nel bucato, sembra Bismarck. Peraltro va detto che dopo di lei sarà il diluvio perché si scorge solo una folla di mediocri ciabattini.
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Meglio la mafia perfetta, Wall Street: non ammazza i giudici
Are you ready for a ride? Pronti a stirare il cervello? Alla celebrazione per Paolo Borsellino ho portato due ‘visioni’: una sul perché Borsellino e Falcone sono stati ammazzati in quel modo, e l’altra su come far sparire le mafie, e su come mettere il Vero Potere con le spalle al muro, in un colpo solo. Piuttosto controversa la seconda, vi avviso. Parto dalla conclusione del ragionamento, poi ve lo spiego. Borsellino e Falcone sono stati ammazzati in quel modo apocalittico perché sono rimasti schiacciati da un sistema politico-mafioso “imperfetto” e allo stesso tempo cavernicolo, subumano, demente. Ok, parto. La domanda da farsi è questa: perché negli Usa – dove girano poteri e denari duemila volte maggiori di quelli del mafioso pollitalico pollaio, e dove la violenza armata dilaga come la peste – i giudici importanti non vengono trucidati? Eh? Dall’era Nixon all’ultimo giudice ucciso, cioè ai tempi di Bush Jr., sono stati ammazzati in America 4 giudici importanti, e tutti per motivi futili (vendette di ex carcerati, razzisti ecc). Be’? Eppure in Usa di giudici che hanno messo le mani dentro al più spietato potere del mondo ce ne sono stati, sappiamo i nomi. Allora? Ancora un attimo.Parliamo di affari e veramente vediamone le proporzioni. Le tre mafie italiane messe assieme, si stima, incassano (lordi? netti?) dagli 80 ai 120 miliardi di dollari all’anno. Nel 2008 un hedge fund di New York chiamato John Paulson (complice di Goldman Sachs) incassò in una singola scommessa 15 miliardi di dollari. In pochi giorni. Ed è solo uno delle centinaia di squali finanziari in quel mostro. Un tal Larry Fink, Ceo di BlackRock che gestisce fondi d’investimento, maneggia ogni anno 5.400 miliardi di dollari, ripeto, cinque-mila-quattrocento-miliardi. Ehm… cos’erano pure quegli spiccioli del panettiere di prima? Ottanta… centoventi all’anno? Il tizio sopra fa 15 miliardi in 10 giorni, l’altro ne maneggia 5.400. Cominciamo a capire le proporzioni. La sola Deutsche Bank ha in teoria le mani su investimenti speculativi pari a 20 (venti) volte il Pil di tutta la Germania. Poverini i caproni puzzosi delle nostre mafie, che fanno i polletti con gli spiccioli del distributore di caffè… Mafia, ‘ndrangheta e camorra non ci arriveranno neppure in 2 secoli a fare i soldi che i sopraccitati e affini fanno in un quinquennio.Diversi anni fa io stavo a Londra, una sera ero sul divano con la Tv accesa e vedo un noto programma d’inchiesta della “Bbc” che annuncia un servizio sulla mafia in Gran Bretagna. Ma va’? Lo guardo, ecco come si svolge: il reporter è in un taxi con un informatore che non si vede, e gli chiede di portarlo nei quartieri di Londra dove dominano le cosche e la malavita. L’esperto dà il nome di una via al taxista. Passano diversi minuti, e il taxi si ferma in piena City finanziaria sotto al grattacielo futuristico del gigante assicurativo Lloyd’s. Questa è la “Bbc”, non trasmettono buffonate. Be’, il giornalista, interdetto, non dice nulla per qualche secondo e l’altro gli sputa fuori: «Ma ancora non l’avete capito dove sono i boss, i padrini, qui a Londra? Hanno fatto carriera, altro che puttane, esplosivi o morti ammazzati e latitanze. Questi che stanno in ’sti grattacieli sono i mafiosi più potenti e rispettati del mondo, e incassano come un milione di gang di teste di cazzo messe assieme. Si sono evoluti, lo ha capito?».Parliamo di crimini, e davvero vediamone le proporzioni. Mafia, ‘ndrangheta e camorra non potranno mai fare neppure in 2 secoli ciò che due soli umani hanno fatto al pianeta intero pochi anni fa. Richard Fuld e Joseph Cassano, rispettivamente Ceo di Lehman Bank e della filiale dell’Aig a Londra, hanno trascinato il pianeta intero nella più grave crisi finanziaria dal 1929, cioè ne sono stati i due detonatori, a proposito di via D’Amelio e Capaci. Vogliamo per favore contare i morti per: A) depauperata assistenza sanitaria; B) impoverimento; C) alcolismo/droghe; D) fame; E) suicidio (con la stessa Gran Bretagna che denuncia un calo dell’aspettativa di vita degli inglesi per colpa di ’sta crisi), assieme a F) sofferenze di generazioni di giovani e bambini condannate da oggi per decenni a redditi minimi; G) crollo della dignità sovrana d’intere nazioni… causati da quei due uomini e da ciò che hanno scatenato perché appartenenti alla “mafia perfetta”?Qualcuno che sia sano di mente pensa che un sub-umano rintanato in un casolare, nascosto come un sorcio e con un tumore, che scribacchiava pizzini patetici su foglietti, o un gorilla analfabeta oggi in galera, avrebbero mai avuto il potere di fare un dolo (e molto di più) come quello che ho elencato sopra? Dai… Parliamo di proporzioni fra mafie, quella dei sorci coi pizzini e le ‘ponghe’ politiche del Tevere a Roma chiamati mafie “imperfette” e la mafia “perfetta” che sto descrivendo, e siamo seri, ok? Ma non siamo ancora al punto di tutto. Dopo Lehman (ma anche prima, come nel caso dello scandalo Savings&Loans anni ’80-’90) abbiamo scoperchiato una pentola dell’inferno scoprendo una criminalità immane che infettò quasi tutto il mondo finanziario sulla Terra. Uscirono prove, fatti, reati di proporzioni stellari… E allora chi, dei padrini della mafia “perfetta”, è finito in galera Nessuno. (Madoff sconta 3mila ergastoli ma solo perché ha fottuto una élite di miliardari, vi è chiaro?). Ma non avevamo detto che ci sono stati fior di giudici e magistrati senior che hanno indagato su ’sti criminali planetari? Sì, ma ancora un po’ di pazienza.Ricapitoliamo. Una mafia rozza e “imperfetta” è composta da sti sorci umani alla Casalesi o Corleonesi, col codazzo delle ‘ponghe’ del Tevere a Roma politica, una specie di fossa biologica da cantiere turco che fa esplodere un’autostrada per ammazzare un magistrato e che vive di latitanze con le pustole alla prostata, e il tutto per gestire due soldi da resto del salumiere confronto ai Signori del Mondo. Una mafia “perfetta” è quella che invece, appunto, fa duemila volte i profitti di quegli ‘scarrafoni’ del sud Italia e delle ponghe del Tevere; ma sono tutti uomini liberi, osannati da mezzo mondo, rispettati dai leader della Terra, dormono sonni di platino ogni notte: si chiama Big Finance. E se gli viene un cancro micidiale, come a Lloyd Blankfein, chissà come mai guariscono, mentre il sorcio beccato nel casolare coi pizzini no. I magistrati che indagano la mafia “perfetta” ci sono, o meglio c’erano. Ecco i nomi di quelli del livello di carriera di un Borsellino o di un D’Ambrosio: Mary Jo White, Gary Lynche, Linda Thompson, Paul Berger. Cosa fecero negli anni di platino che portarono al crimine mondiale dopo Lehman?Un cazzo, aprirono fascicoli falsi, e rispondevano a un altro ‘magistrato’ di livello immenso, tal Robert Khuzami della Securities and Exchange Commission americana che privatamente chiamava i banchieri Signori del Mondo prima e dopo Lehman e gli diceva (come da atti del Congresso Usa): «Hey, datemi uno squillo, se siete indagati per i crimini contro gli Stai Uniti ve lo dico prima e in privato, così aggiustiamo le cose con patteggiamenti e non ergastoli». Mary Jo White, Gary Lynche, Linda Thompson, Paul Berger al termine delle indagini di cartapesta che aprirono, si dimisero e indovinate dove sono oggi a prendere centinaia di milioni di dollari all’anno? Da Goldman Sachs, Jp Morgan, Citi, Bank of America ecc. Ma non abbiamo sentito di mega-multe in America, o di audizioni del Congresso di fuoco? Sì. Ma quando? Quando le agenzie di rating, che l’amico Pm Michele Ruggiero ha invano indagato nel paese dei sorci, fecero i dispetti alla mafia “perfetta”. Capitò che, così come sostenne Ruggiero nella sua eccellente requisitoria sul loro operato criminoso in Italia, la agenzie di rating (quelle che con una bocciatura affondano decine di milioni di umani a botta) andarono a pestare i piedi anche e per coincidenza alla mafia “perfetta”, e allora sì che la mafia “perfetta” li bastonò.L’ex ministro della giustizia Eric Holder multò Standard & Poor’s per la cifretta di 1 miliardo e 375 milioni di dollari, ops!, e S&P’s belò in ginocchio «Siii, Uaaaaa! Abbiamo barato, pietaaà!». Stessa cosa con Moody’s, multina da 864 milioni. Ops! La mafia “perfetta” è riuscita nell’intento di far passare indenne in America la seguente battuta (che è sulla bocca di tutti): «Gli Usa sono governati da Government-Sachs». A Washington non esiste una quota di commistione con ste mafie “perfette”, come a Roma con le cosche; no, a Washington mafie “perfette” e governo sono la stessa cosa al 100%, ed è tutto è ‘legale’. Jamie Dimon, padrino di Jp Morgan, non sta in un casolare nascosto come un sorcio e con un tumore, a scribacchiare pizzini patetici su foglietti, e non sarà mai un gorilla analfabeta in galera. Questi sono i nomi degli uomini o donne del governo americano che negli ultimi 17 anni sono venuti da un’unica banca, Goldman Sachs (poi ci sono gli altri) e furono tutti ministri o consiglieri della Casa Bianca: Stephen Bannon, Gary Cohn, Steven Mnuchin, James Donovan, Dina Powell, William Dudley, Gary Gensler, Stephen Friedman, Joshua Bolten, Robert Steel, Henry Paulson, Robert Rubin, Kenneth Brody.E torniamo a quel reportage della “Bbc” che vidi a Londra molti anni fa. Là dove il mondo si è evoluto al di sopra degli australopitechi o dei mungi-capre (camorra, ‘ndrangheta, Cosa Nostra), le mafie si sono trasformate. Non più armi, non più depositi di esplosivi, pizzi, ragliate sulla spartizione del territorio, non più discariche di veleni dietro casa propria, non più puttane, droga, o appalti del valore totale, fra mafia, ‘ndrangheta e camorra, di un pomeriggio di ‘bets’ al solo John Paulson Hedge Fund a Ny. Le mafie nei paesi che ‘giustamente’ Marco Travaglio definisce «i paesi seri» (povero idiota) hanno capito che si può essere un Provenzano alla quindicesima potenza e con in pugno… non gli appalti, ma una trentina di nazioni del mondo, e allo stesso tempo stare davanti al presidente degli Stati Uniti con la “Cbs”, “Msnbc”, “Cnn” a stuoino a fare domande, con onori sul “New York Times” o sul “Financial Times”, e sonni di platino. Insomma, please welcome… la mafia “perfetta”. E qui arrivo al punto di maggior importanza di questo articolo.Dopo aver esposto queste cose al convegno, il Pm Ruggiero in totale buonafede ha esclamato: «Barnard, allora sinceramente io mi devo ritenere fortunato di appartenere a un paese dove le mafie sono “imperfette”, se no… be’, se no manco sarei qui!». E lì io sono arrivato con l’inimmaginabile, eccolo: «Caro Ruggiero, no, noi dobbiamo AUGURARCI augurarci che anche le sozze topaie di scarrafoni politico-mafiosi italiane si evolvano in mafie “perfette”. E sa perché?». Tremore della platea, mormorrii… Barnard: «Lei lo sa, dottor Ruggiero, di cosa NON non si sono resi conto i mafiosi americani o inglesi di Wall Street e della City divenuti onnipotenti mafie “perfette”? Non si sono resi conto che passando dalle latitanze, appalti, pizzi, spaccio droga/armi… a fortune inimmaginabili e prive di reali pericoli d’indagine, essi si stavano… mettendo nella legalità. Certo, è una legalità perennemente violata e che gli dà il potere di svegliarsi la mattina ed essere il governo stesso al 100% e senza nessun rischio, e accumulando fortune cosmiche che la malavita australopiteca italiana neppure immagina. MA E’ COMUNQUE LEGALITA’. Ma è comunque legalità».«E fermi tutti: quando un macro-sistema criminale, senza rendersene conto perché ubriaco di un potere e di profitti divini che da latitanti non avrebbero mai avuto, quando, dicevo, quel macro-sistema criminale si ritrova distrattamente dentro le regole, allora E’ FOTTUTO è fottuto. E sapete perché?… Perché alla fine della giostra è sempre lo Stato che comanda, anche se non se ne rende conto. E se le opinioni pubbliche, una volta rinchiusa la mafia “perfetta” dentro le regole della legalità, cominciano a ruggire, la politica è costretta ad agire, ad applicare le regole, perché la politica non può vivere solo di banche, DEVE deve vivere dei vostri voti, e quando a quel punto la politica è costretta dal TERRORE DEL NON VOTO terrore del non-voto ad agire, la mafia “perfetta”, che si è auto-rinchiusa in una legalità di diamanti e platino, ma pur sempre legalità, è messa… CON LE SPALLE AL MURO con le spalle al muro».«Cosa credete che faranno quell’ipotetico giorno del ruggito delle opinioni pubbliche i vari Jamie Dimon e Lloyd BLankfein o John Paulson? Credete che torneranno alle lupare, spaccio, puttane e ai casolari coi tumori e i pizzini? Torneranno forse agli spiccioli del macellaio, sozzi di applatini, discariche, ponti fatti con la sabbia, e traffici porci, puzzolenti di sudore e latitanze dopo essere stati alla Casa Bianca riveriti come imperatori? No. Indietro non potranno mai più tornare, e sono fottuti. Basterà allora, con la mafia “perfetta” tronfia di iper-potere-cosmico ma dentro LE REGOLE le regole, che i popoli si muovano, e li fotteranno tutti. Al contrario, dottor Ruggiero e lettori, se le mafie rimarranno sorci, blatte, scarrafoni e ponghe, cioè mafie “imperfette”, quelli non li stermineremo mai, mai e poi mai. Infatti sorci, blatte, scarrafoni e ponghe esistono da millenni».Auguriamoci che le tre mafie italiane compiano l’evoluzione da mafie “imperfette” a mafie “perfette” come in Usa o in Gran Bretagna. Anzi, invochiamo una trattativa aperta Stato-mafie dove Roma incentiva le cosche da una parte a fare duemila volte gli affari di oggi, ma dall’altra a rientrare nella legalità della mafia “perfetta”. Certo, dovremo soffrire un’epoca d’imperiosi bastardi legali che penseranno di avere in pugno non solo il 100% di Senati e Parlamenti, ma ogni singolo centimetro quadrato di istituzioni e business esistente, con profitti da Mille e una Notte. Ma poi, ripeto, quando saranno loro malgrado nella LEGALITA legalità delle regole, poiché come in Usa sono divenuti mafia “perfetta”, allora il popolo degli elettori, se veramente coeso, potrà fotterli spalle al muro, come spiegato sopra. E ci saremo sbarazzati di mafie “imperfette” e “perfette” in un colpo solo. Sorry, è l’unica via. Non ce ne sono altre. I veri statisti hanno ‘visioni’ a lunghissimo termine e incredibilmente azzardate. Non c’è altra scelta. Stirate il cervello, e… Think.(Paolo Barnard, “Auguriamoci la mafia perfetta”, dal blog di Barnard del 25 luglio 2017).Are you ready for a ride? Pronti a stirare il cervello? Alla celebrazione per Paolo Borsellino ho portato due ‘visioni’: una sul perché Borsellino e Falcone sono stati ammazzati in quel modo, e l’altra su come far sparire le mafie, e su come mettere il Vero Potere con le spalle al muro, in un colpo solo. Piuttosto controversa la seconda, vi avviso. Parto dalla conclusione del ragionamento, poi ve lo spiego. Borsellino e Falcone sono stati ammazzati in quel modo apocalittico perché sono rimasti schiacciati da un sistema politico-mafioso “imperfetto” e allo stesso tempo cavernicolo, subumano, demente. Ok, parto. La domanda da farsi è questa: perché negli Usa – dove girano poteri e denari duemila volte maggiori di quelli del mafioso pollitalico pollaio, e dove la violenza armata dilaga come la peste – i giudici importanti non vengono trucidati? Eh? Dall’era Nixon all’ultimo giudice ucciso, cioè ai tempi di Bush Jr., sono stati ammazzati in America 4 giudici importanti, e tutti per motivi futili (vendette di ex carcerati, razzisti ecc). Be’? Eppure in Usa di giudici che hanno messo le mani dentro al più spietato potere del mondo ce ne sono stati, sappiamo i nomi. Allora? Ancora un attimo.
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Carpeoro: l’Isis finirà presto, grazie ai massoni progressisti
Gli attentati dell’Isis nascono dall’esigenza, da parte di logge massoniche reazionarie e di alcuni interessi e gruppi economici di potere, di fronteggiare il fatto che parte della massoneria, parte della finanza e parte, per certi aspetti, anche del potere, che non è necessariamente un’entità negativa, si sta dissociando. C’è stata un’evoluzione, iniziata con l’epoca Bush, con “fronti di gestione” del potere in cui c’era una componente che era un po’ il “gruppo alfa” e l’altra, che stava zitta. Questa seconda componente – che si esprime nella finanza, nella massoneria, nei gruppi di potere – non è più allineata. Non è poù disposta a tacere, a subire, e ha preso piede. Aveva già preso piede con la figura del leader svedese Olof Palme (assassinato nel 1986), che stava diventando segretario generale dell’Onu – non una “carichetta” di poco conto, e la sua nomina era certa. E’ stato ammazzato perché la massoneria reazionaria non voleva che un massone progressista, con linee politiche-economiche moltro precise, arrivasse a una posizione di stra-potere. E con lui è stata “ammazzata” tutta la classe socialista e progressista europea, è stata disarcionata. E questa realtà traumatica ha richiesto un po’ di tempo perché le cose si riorganizzassero.Ma la massoneria progressista e i socialisti adesso si sono riorganizzati. E si sono riorganizzati in termini così pericolosi, per gli avversari, che c’è stato un fenomeno Sanders in America, esattamente come c’è una ripresa di un certo tipo in Inghilterra. E, grazie ai deliri di Macron, tra poco avverrà anche in Francia, dove c’era un prestanome, Hollande – che non è un socialista vero, come non lo era Tony Blair. Erano controfigure. Invece quello inglese, Corbyn, è uno che viene da là. E adesso i socialisti francesi, che stanno per fare un congresso, tireranno fuori un altro personaggio – l’ennesimo massone progressista “con le palle” – che a Macron farà un’opposizione di un certo spessore; ve ne accorgerete tra qualche mese. Quindi, a questo punto, succede che la parte più determinata e sanguinaria, quella che non aveva esitato a fare la guerra a Saddam, che non aveva esitato – per arrivare in America a determinate leggi repressive – a organizzare il primo fantoccio, Al-Qaeda, e poi il secondo fantoccio, Isis, oggi ha bisogno di tenere alta la tensione. E’ una specie di strategia della tensione a livello mondiale.Ha bisogno di questo terrorismo: perché ti fa vincere le elezioni localmente, ti fa gestire. Ma non lo possono portare avanti più di tanto, non è possibile: perché tu puoi, per tre anni, traccheggiare con quei quattro staccioni che ci sono in Siria, facendo finta che possano mettere in difficoltà le sette potenze mondiali, ma non la puoi tirare in lungo più di tanto, anche perché ci sono ripercussioni economiche, per esempio sulla gestione del petrolio. Nel momento in cui si deve abbassare il livello di tensione, per la componente che ha progettato l’Isis cominceranno a fioccare le sconflitte, grazie all’azione dell’area progressista. E ad agire non saranno più dei prestanome: il presentare la Clinton, Hollande o Tony Blair come area progressista faceva parte dell’operazione truffaldina che è stata fatta fino a ieri. Ma questa operazione ormai sta crollando: tutti, ormai, si rendono conto che quei soggetti non sono di area progressista – come non è di area progressista Renzi: non si può presentare come progressismo una cosa che non è progressismo, non è socialismo, non è socialdemocrazia.Nel momento in cui questa tensione terroristica si abbasserà, si riapriranno man mano gli orizzonti politici per delle forze progressiste che si sono riorganizzate, che hanno ritrovarto dei dirigenti – quello inglese mi sembra “tosto”; Sanders è un “personaggino” di cui tra poco comincerete a vedere gli effetti, perché anche lì stanno allevando il “delfino”. Secondo me, questo orizzonte cambierà. Alle primarie democratiche, Sanders sapeva benissimo che la situazione non era ancora pronta, per il suo fronte. Le cose maturano – politicamente, socialmente – con dei loro tempi. Sanders aveva il compito di lanciare un segnale, e l’ha lanciato bello forte. Poi, siccome è un politico raffinato, ha capito che doveva ammorbidire le sue posizioni. Anche perché, quand’è che ha ammorbidito la sua linea? Quando la Clinton ha avuto il primo malore. Cioè: quando ha avuto la certezza che la Clinton non sarebbe stata eletta. Tutti quelli che capiscono di America sapevano perfettamente che già dopo il primo malore, dopo le prime voci sulla sua salute, la Clinton non sarebbe stata eletta. Perché gli americani non lo votano, un candidato presidente che ha problemi di salute; sono troppo efficientisti, culturalmente.Pensate che gli esami medici dei presidenti Usa sono sempre stati un problema pubblico, non privato; provate a chiederli a Renzi, i suoi esami medici, e vedete come vi manda a quel paese. Là non funziona non così: l’America è un paese che un presidente con problemi di salute non lo vota, non lo elegge, col rischio di ritrovarsi poi un vicepresidente, alla Casa Bianca. Figurarsi la Clinton dopo che ha avuto il secondo malore, quello grosso. Ma i sentori che sarebbe stato eletto Trump c’erano già tutti. D’altro canto, Trump è perfettamente funzionale per lo sviluppo di una seria area progressista, in America. Perché i danni che fa Trump all’area conservatrice sono irreparabili. Quindi, questo quadro era già chiaro, limpido, netto. Ci sono politici che lo sanno. Quando Renzi perse le prime primarie, sapeva perfettamente che avrebbe vinto le seconde. Sapeva perfettamente che Bersani non avrebbe preso la maggioranza assoluta, che sarebbe stato sbeffeggiato dai grillini, che non sarebbe neppure stato capace di far eleggere il presidente della Repubblica, avrebbero dovuto rinnovare Napolitano – era tutto già scritto, non c’era possibilità di varianti.Il problema, in Italia – molto serio – è che noi abbiamo difficoltà a ristrutturare l’area progressista. Non ci riusciamo, per un insieme di motivi. Perché anche qui c’è un prestanome, che si prende l’area progressista senza essere progressista, avendo questa strana ripulsa per le ideologie: è il movimento grillino. Il Movimento 5 Stelle dovrebbe diventare più ideologico e porsi dei problemi di progressismo, ma siccome nasce solo sul marcare la sua differenza, non fondata su cose che afferma, ma solo su cose che smentisce e contesta, è più difficile. Perché l’area progressista è un’area di proposta. E poi, scusate, questo fatto che le ideologie sarebbero un crimine mi ha stufato. Io sono profondamente ideologico, me ne vanto: mi vanto di avere un’ideologia, perché l’ideologia è il progetto – qualunque sia: è il progetto che tu proponi agli altri. Se non hai un’ideologia non hai un progetto, stai proponendo solo una speculazione. Tu mi devi dire come vuoi organizzare la società, la politica, l’economia, poi io ti dico se ti voto o no. In realtà quelle della politica sono diventate proposte non-ideologiche, quindi sostanzialmente non-progettuali – da qualunque punto di vista: liberale, socialista. Io sono stufo di questa truffa: la politica senza ideologia è solo speculazione. Questo bisogna dirlo, agli italiani: tutti quelli che ti dicono “non vogliono avere un’ideologia” è perché ti vogliono fottere.(Gianfranco Carpeoro, dichiarazioni rilasciate nell’ambito della diretta web-radio “Border Nights” del 23 luglio 2017, condotta da Fabio Frabetti e ripresa su YouTube. Carpeoro, massone e simbologo, nel 2016 ha pubblicato il saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che illumina i retroscena che collegano massoneria internazionale reazionaria, servizi segreti Usa e manovalanza islamista, nell’ambito della “sovragestione” del terrorismo internazionale, ieri targato Al-Qaeda e oggi Isis. Carpeoro è anche impegnato nel Movimento Roosevelt, fondato da Gioele Magaldi per tentare di rigenerare in senso progressista la politica italiana).Gli attentati dell’Isis nascono dall’esigenza, da parte di logge massoniche reazionarie e di alcuni interessi e gruppi economici di potere, di fronteggiare il fatto che parte della massoneria, parte della finanza e parte, per certi aspetti, anche del potere, che non è necessariamente un’entità negativa, si sta dissociando. C’è stata un’evoluzione, iniziata con l’epoca Bush, con “fronti di gestione” del potere in cui c’era una componente che era un po’ il “gruppo alfa” e l’altra, che stava zitta. Questa seconda componente – che si esprime nella finanza, nella massoneria, nei gruppi di potere – non è più allineata. Non è poù disposta a tacere, a subire, e ha preso piede. Aveva già preso piede con la figura del leader svedese Olof Palme (assassinato nel 1986), che stava diventando segretario generale dell’Onu – non una “carichetta” di poco conto, e la sua nomina era certa. E’ stato ammazzato perché la massoneria reazionaria non voleva che un massone progressista, con linee politiche-economiche moltro precise, arrivasse a una posizione di stra-potere. E con lui è stata “ammazzata” tutta la classe socialista e progressista europea, è stata disarcionata. E questa realtà traumatica ha richiesto un po’ di tempo perché le cose si riorganizzassero.
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Erri De Luca: manca un partito che dia voce a noi italiani
Gianluca Di Candia è un avvocato che ha criticato il decreto Minniti-Orlando in toni civili e argomentati. È appunto un avvocato. Io non lo sono, e considero il decreto una infamia, perché toglie il diritto di appello alla persona richiedente asilo che si vede respingere la sua istanza in prima battuta. A una persona che ha perso in vita sua tutto quello che si può perdere e che si trova costretta a cercare riparo lontano dalla sua terra, si toglie anche questa garanzia. La sua pratica passa in Cassazione dove non potrà difenderla con la sua persona. E perché questo decreto si accanisce contro un diritto garantito dalla Costituzione? Perché il 70% delle sentenze di appello sono favorevoli al richiedente asilo. E’ una volontà di persecuzione e perciò una infamia. Se questa convinzione è un reato, me ne assumo la responsabilità. Il reato articolo 290 (vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle forze armate) è stato utilizzato soprattutto negli anni ‘70. Come mi spiego questo suo ritorno, tra l’altro, nei confronti di un avvocato che era presente ad una mobilitazione totalmente pacifica e dai toni bassi? Volontà di censura nei confronti di chi si adopera per offrire aiuto e sostegno ai casi di estrema necessità.Le navi dei volontari che salvano naufraghi dall’annegamento sono state bersaglio di calunnie e diffamazioni lasciate poi cadere senza neanche chiedere scusa. Oggi il ministero del decreto infame stila nuove misure per intralciare il loro intervento di soccorso. C’è volontà di ostacolare i salvataggi e c’è volontà di censura contro il diritto di critica. Mentre aumentano povertà e diseguaglianze sociali, diminuiscono gli spazi di partecipazione tanto che cresce la disaffezione dei cittadini nei confronti della res publica come dimostra anche il tasso di astensionismo alle recenti elezioni amministrative. Non so cosa vuol dire post-democrazia, noi siamo in una democrazia che possiede una carta costituzionale spesso calpestata, aggirata, ignorata. Noi siamo nel tempo della legittima e necessaria difesa di quella Carta e della sua attuazione. Vedo la condizione di cittadino degradata a quella di cliente. Lo Stato – da garante del diritto alla salute, alla istruzione, alla giustizia – diventa erogatore di servizi alla clientela.Il cliente è valutato in base al suo potere di acquisto: se ha denaro può accedere a una buona difesa in tribunale, a una buona istruzione, a un buon trattamento sanitario. Lo Stato diventa azienda, questa è la bestemmia in corso contro la quale si deve rianimare la condizione opposta di cittadino di una comunità di uguali. Manca una rappresentanza politica dell’enorme potenziale civile del nostro paese. Non si tratta di protesta, ma di dare valore aggiunto all’innumerevole attività di volontari e di piccole amministrazioni impegnate a governare bene con pochissimi mezzi. Esiste un’Italia eccellente che aspetta una proposta politica per raccogliersi.(Erri De Luca, dichiarazioni rilasciate a Giacomo Russo Spena per l’intervista “Decreto Minniti, vogliono censurare il diritto di critica”, pubblicata su “Micromega” il 19 luglio 2017. Lo scrittore della “parola contraria” si schiera col giovane avvocato denunciato con l’accusa di vilipendio per aver constestato pubblicamente il decreto Minniti-Orlando durante un pacifico flash-mob al Pantheon, a Roma).Gianluca Di Candia è un avvocato che ha criticato il decreto Minniti-Orlando in toni civili e argomentati. È appunto un avvocato. Io non lo sono, e considero il decreto una infamia, perché toglie il diritto di appello alla persona richiedente asilo che si vede respingere la sua istanza in prima battuta. A una persona che ha perso in vita sua tutto quello che si può perdere e che si trova costretta a cercare riparo lontano dalla sua terra, si toglie anche questa garanzia. La sua pratica passa in Cassazione dove non potrà difenderla con la sua persona. E perché questo decreto si accanisce contro un diritto garantito dalla Costituzione? Perché il 70% delle sentenze di appello sono favorevoli al richiedente asilo. E’ una volontà di persecuzione e perciò una infamia. Se questa convinzione è un reato, me ne assumo la responsabilità. Il reato articolo 290 (vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle forze armate) è stato utilizzato soprattutto negli anni ‘70. Come mi spiego questo suo ritorno, tra l’altro, nei confronti di un avvocato che era presente ad una mobilitazione totalmente pacifica e dai toni bassi? Volontà di censura nei confronti di chi si adopera per offrire aiuto e sostegno ai casi di estrema necessità.
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Morte lenta, fine dell’Italia. Dopo i partiti arriverà Draghi?
Si sono svolte le elezioni in un centinaio di comuni italiani: l’esito delle urne ha spinto i commentatori a parlare di un “risveglio” del centrodestra, ma l’unico dato significativo è l’esplosione dell’astensionismo che, in costante crescita da anni, ha raggiunto il 54% del corpo elettorale. Parallelamente, la legge elettorale proporzionale è in attesa di riapprodare in Parlamento, archiviando così gli esperimenti maggioritari degli ultimi 20 anni. I due elementi si inseriscono nel più ampio disfacimento del parlamentarismo. L’Italia, guidata da una classe dirigente esautorata, piegata dalla depressione economica, sottoposta ad una molteplicità di crisi concomitanti, si dirige rapida verso l’anno zero: è tempo di chiedersi quali istituzioni rimpiazzeranno le attuali. Parlamento? Non sento più il polso. C’è scarsa o nulla volontà di analizzare la condizione in cui versa l’Italia, anche perché discuterne apertamente non farebbe altro che alimentare le spinte anti-sistema e rendere ancora più palese la Caporetto sociale-economica verso cui ci ha portato l’attuale classe dirigente.Eppure, il nostro paese sta attraversando la peggiore crisi dall’Unità: la vituperata epoca giolittiana fu un periodo roseo a confronto, la Grande Depressione inflisse meno danni al tessuto produttivo, il secondo dopoguerra fu meno traumatico grazie alla conservazione dell’apparato industriale pubblico e dei quadri dirigenziali formati durante il Ventennio fascista. Mai capitò che il nostro paese perdesse in tempo di pace il 10% del Pil, il 25% della base industriale e subisse il crollo demografico che stiamo sperimentando oggi. Per non parlare della crisi bancaria che sta corrodendo il nostro sistema finanziario (circa 200 miliardi di euro), della perdita delle poche grandi imprese operanti nei settori strategici (dalle auto alle telecomunicazioni, dal cemento all’alimentare, dal lusso alla banche) e della crisi migratoria che riversa su un paese già esausto ondate di 150.000-200.000 diseredati all’anno. L’Italia sta pagando a carissimo prezzo la sua “doppia perifericità” geopolitica: periferica rispetto al nocciolo dell’Unione Europea e collocata ai limiti meridionali della Nato, il nostro paese incassa i pesantissimi costi della prima e della seconda.Di fronte a questo foschissimo scenario, la politica ha perso ormai da anni qualsiasi iniziativa. Artefice e complice delle scelte che hanno portato l’Italia verso il baratro, la nostra classe dirigente si adopera da anni per allungare il più possibile lo status quo, conscia che uno stravolgimento degli assetti attuali comporterebbe anche la sua scomparsa. Nell’ordine abbiamo prima assistito alla meteora del “tecnico” Mario Monti (2011-2013), che ha somministrato all’Italia massicce (e letali) dosi di austerità e svalutazione interna; poi alla meteora di Matteo Renzi (2014-2016), “l’ultima speranza dell’élite italiana”, che avrebbe dovuto proseguire le “riforme strutturali” con un piglio dinamico e giovanile; nel frattempo si è consumato il boom ed il successivo sgonfiamento (2013-2017) del Movimento 5 Stelle, studiato per catalizzare e neutralizzare la montante protesta sociale, assolvendo così la funzione di “stampella del potere” dell’establishment.L’impotenza della nostra politica è perfettamente fotografata dal sistema elettorale. La Seconda Repubblica, sinonimo di moneta unica ed Unione Europea, nasce col maggioritario, il cui scopo è quello di garantire a formazioni politiche minoritarie nel paese (che siano di sinistra o di destra) di attuare quelle riforme utili ad “agganciarci” all’Europa ed a farci “restare” in Europa. Il culmine di questo processo si ha, non a caso, nella fase terminale dell’eurocrisi: è la riforma costituzionale di Matteo Renzi, riforma con cui un partito che riscuotesse il 25% dei consensi avrebbe ottenuto la maggioranza della Camera. Fallito il tentativo, stiamo assistendo ad un impetuoso reflusso in senso opposto: abbandonati i sistemi iper-maggioritari, si lavora per reintrodurre il vecchio proporzionale della Prima Repubblica. Per la politica italiana è l’implicita ammissione della sconfitta, quasi una resa incondizionata: i partiti neanche più pensano ad un’alternanza studiano soltanto come sopravvivere, compattandosi in Parlamento come i superstiti di una battaglia persa.Di fronte a questo osceno spettacolo offerto dalla politica, la reazione degli italiani, piegati da disoccupazione e povertà record (7 milioni di disoccupati ed inattivi1 e 4,5 milioni in povertà assoluta2) è essenzialmente una: repulsione. In un paese come l’Italia, dove la partecipazione alle elezioni è storicamente alta, l’astensione dilaga a ritmi sostenuti: 42% di astenuti alle europee del 2014, 48% alle regionali del 2015, 50% al secondo turno delle comunali del 2016, 54% al secondo turno delle recenti comunali. Constato l’immobilismo o la complicità della politica rispetto alle molteplici crisi che affliggono il paese, preso atto del bluff del Movimento 5 Stelle (si vedano le disastrose amministrazioni Raggi ed Appendino, ma soprattutto i voltafaccia sul tema Unione Europea), non rimane altro che rifugiarsi nel non voto. Tra i cittadini e gli organi rappresentativi si scava, anno dopo anno, un fossato profondo quanto l’astensionismo. Se la maggioranza degli elettori disertano le elezioni, significa che il 50% più uno ha espresso la propria fiducia verso le istituzioni “democratiche”.I media, in occasione delle ultime amministrative, hanno parlato di ritorno “alle vecchie coalizioni” ed hanno letto nell’affermazione del centrodestra il segnale di un imminente svolta a livello nazionale: il pendolo dell’alternanza, dopo cinque anni a sinistra, starebbe spostandosi a destra. In realtà l’unico dato utile è quello relativo all’affluenza, sintomo che l’interno meccanismo “democratico” è guasto. Proiettando i dati delle ultime comunali sulle prossime politiche e togliendo il “filtro” del doppio turno, si ottiene una buona rappresentazione del futuro Parlamento: un’istituzione delegittimata dall’astensionismo record, spappolata in un inconcludente tripartitismo, costretta, come nella Spagna di Rajoy, ad instabili governi di minoranza. Né il duo Renzi-Berlusconi avrebbe infatti i numeri per governare, né il M5S accetterebbe ormai di sorreggere una coalizioni di sinistra. L’unico obiettivo della prossima legislatura sarà, quasi certamente, il varo di una qualche legge elettorale che consenta a Mario Draghi di assumere la Presidenza del Consiglio allo scadere del mandato di governatore della Bce, nell’ottobre 2019.Nel frattempo, però, il quadro macroeconomico si sarà deteriorato col rialzo generalizzato dei tassi delle banche centrali mondiali: l’apparente quiete che regna oggi sui mercati finanziari sarà sostituita da uno tsunami che coglierà la nave-Italia senza timoniere, già provata da un decennio di crisi sociale ed economica, portando ai limiti la capacità di tenuta del nostro paese. In questo scenario, la democrazia parlamentare italiana non ha alcuna possibilità di sopravvivere: come nella Francia di De Gaulle o nella Russia di Putin, sarà inevitabile una concentrazione verticale del potere, per impedire che le forze centrifughe prendano il sopravvento e gettino il paese nel caos. Il parlamentarismo italiano, già agonizzante oggi, è destinato ad essere spazzato via dalla tempesta che si profila all’orizzonte. Un dibattito costruttivo non dovrebbe quindi focalizzarsi sulla tenuta o meno delle nostre istituzioni parlamentari, perché il loro tramonto è pressoché inevitabile, ma sulle forme con cui rimpiazzarle e sulle forze politiche che colmeranno il vuoto lasciato dagli attuali partiti prossimi alla scomparsa. L’anno zero per l’Italia (e l’intero Occidente) si avvicina rapidamente: l’incertezza sarà altissima ed i pericoli altrettanto grandi, ma le forze vive del paese avranno almeno l’occasione di riplasmare lo Stato a loro immagine e somiglianza.(Federico Dezzani, “L’Italia e l’irreversibile crisi del parlamentarismo”, dal blog di Dezzani del 29 giugno 2017).Si sono svolte le elezioni in un centinaio di comuni italiani: l’esito delle urne ha spinto i commentatori a parlare di un “risveglio” del centrodestra, ma l’unico dato significativo è l’esplosione dell’astensionismo che, in costante crescita da anni, ha raggiunto il 54% del corpo elettorale. Parallelamente, la legge elettorale proporzionale è in attesa di riapprodare in Parlamento, archiviando così gli esperimenti maggioritari degli ultimi 20 anni. I due elementi si inseriscono nel più ampio disfacimento del parlamentarismo. L’Italia, guidata da una classe dirigente esautorata, piegata dalla depressione economica, sottoposta ad una molteplicità di crisi concomitanti, si dirige rapida verso l’anno zero: è tempo di chiedersi quali istituzioni rimpiazzeranno le attuali. Parlamento? Non sento più il polso. C’è scarsa o nulla volontà di analizzare la condizione in cui versa l’Italia, anche perché discuterne apertamente non farebbe altro che alimentare le spinte anti-sistema e rendere ancora più palese la Caporetto sociale-economica verso cui ci ha portato l’attuale classe dirigente.
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Partiti morti, 500 parlamentari (1 su 3) han cambiato casa
Oramai i “nostri” sono diventati specialisti inimitabili. Unici al mondo. Già da qualche anno i parlamentari italiani stavano scalando le classifiche internazionali del trasformismo, ma l’ultimo dato – reso noto da “Openpolis” – fissa un dato strabiliante. Inarrivabile. Dall’inizio della legislatura – era la primavera del 2013 – sino ad oggi i cambi di gruppo sono stati 502, circa 10 al mese: un valzer che ha coinvolto sino ad oggi 324 parlamentari, il 34% del totale. Un “turismo parlamentare” senza eguali nel mondo occidentale e che non trova riscontri nella storia italiana, sia nella stagione che diede il via al trasformismo nell’Ottocento, ma neppure durante la vituperata Prima Repubblica: in quell’epoca la transumanza da un gruppo parlamentare all’altro era un fenomeno pressoché sconosciuto. Fino a quando, nel 1994, curiosamente col sistema maggioritario, i numeri via via si sono ingrossati e nel corso di questa legislatura il “turismo parlamentare” è diventato fenomeno di massa: a memoria d’uomo mai era capitato in una democrazia matura che un parlamentare su tre cambiasse casacca.Un fenomeno che sembra fatto apposta per essere oggetto di una generica indignazione contro i parlamentari “sporchi e cattivi” di questa ultima generazione. Ma il boom della transumanza parlamentare ha molte cause. Tanto per cominciare i partiti non sono più quelli di una volta. Oramai ci mettono poco a sfarinarsi. Le forze politiche entrate in Parlamento ad inizio legislatura hanno subito diverse scomposizioni nell’arco di 4 anni. Il Pdl si è diviso tra la berlusconiana Forza Italia e l’alfaniana Alternativa Popolare, i parlamentari di Scelta Civica di Monti si sono sparpagliati, dando vita ad una frammentata diaspora e un processo simile ha coinvolto Sel di Vendola, Sinistra Italiana, “Possibile” di Pippo Civati. Continue secessioni hanno investito anche il Pd (con la nascita di Mdp) e Cinque Stelle, e soltanto Lega Nord e Fratelli d’Italia hanno mantenuto la loro conformazione originale. Come documenta “Openpolis”, escludendo il gruppo misto, alla Camera solamente 4 gruppi su 11 sono diretta emanazione di quanto uscito dalle elezioni politiche del 2013: Pd, M5s, Lega e Fratelli d’ Italia. Risultato finale: nella legislatura dei governi Letta, Renzi e Gentiloni, i “trasmigranti” sono quasi raddoppiati rispetto alla precedente.Ma l’autentico moltiplicatore del “turismo parlamentare” è un altro. Spiega il professor Gianfranco Pasquino, uno dei maestri della scienza politica italiana: «Per effetto di una legge elettorale che ha portato in Parlamento i “nominati”, i parlamentari non rappresentano più nessuno. Né gli elettori del collegio, né quelli che li sceglievano con le preferenze. Nessuno sa chi siano, ma non sappiamo neppure chi siano i loro elettori. Parlamentari svincolati da qualsiasi mandato, e dunque il loro movimento è in gran parte determinato dal calcolo: chi mi rinominerà? Un “movimento” che incide anche sul processo legislativo: quando i parlamentari si spostano, votano come vuole il loro nuovo “padrone” e anche per questo preferiscono il voto palese. In questo trasformismo non c’ è nulla di folcloristico. Solo calcoli, previsioni, aspettative. Per i “nominati” la parola giusta, ahimé, è schiavi».Un’altra ragione del boom del trasformismo parlamentare la spiega un osservatore privilegiato come Pino Pisicchio, presidente del gruppo misto della Camera, eletto deputato per la prima volta nel 1987: «Il fenomeno è scoppiato con i partiti personali e con l’annullamento totale delle garanzie della democrazia interna: se il leader, che ha in mano la selezione delle nomine parlamentari, fa strame delle regole democratiche, che strumenti ha l’opposizione interna per contrastarlo e far valere le sue ragioni? Nessuno. E infatti l’unica via resta quella della scissione, della secessione, dell’uscita laterale». Il boom delle trasmigrazioni ha determinato fenomeni originalissimi. Come il continuo cambio dei nomi dei gruppi parlamentari. Gli “alfaniani” sono usciti dal Popolo delle Libertà il 18 novembre 2013 e decisero di chiamarsi “Nuovo Centrodestra”. Una definizione presto invecchiata per un partito che ha continuato a far parte di governi a guida Pd, e infatti nel dicembre del 2014 l’Ncd è diventato “Area Popolare” (Ncd-Udc).Ma a dicembre del 2016 si slitta su “Area Popolare-Ncd-Centristi per l’Italia”, mentre a febbraio del 2017 si passa a “Area Popolare-Ncd-Centristi per l’Europa” e nel marzo dello stesso anno si approda ad “Alternativa Popolare-Centristi per l’Europa-Ncd”. Infinite scomposizioni hanno preso corpo al Senato. Esemplare il caso del gruppo “Grandi Autonomie e Libertà”, che per dare spazio alle sue tante componenti ha cambiato denominazione 14 volte. Ma una volta superato ogni record, fra qualche mese potrebbe maturare la novità: su iniziativa di Pisicchio, la presidente della Camera ha convocato la Giunta del Regolamento e in autunno potrebbe essere approvata una riforma dei regolamenti parlamentari, con tanto di disincentivi per le transumanze “facili”.(Fabio Martini, “Volete la dimostrazione che i partiti sono morti”, articolo pubblicato da “La Stampa” e ripreso da “Dagospia” il 3 luglio 2017).Oramai i “nostri” sono diventati specialisti inimitabili. Unici al mondo. Già da qualche anno i parlamentari italiani stavano scalando le classifiche internazionali del trasformismo, ma l’ultimo dato – reso noto da “Openpolis” – fissa un dato strabiliante. Inarrivabile. Dall’inizio della legislatura – era la primavera del 2013 – sino ad oggi i cambi di gruppo sono stati 502, circa 10 al mese: un valzer che ha coinvolto sino ad oggi 324 parlamentari, il 34% del totale. Un “turismo parlamentare” senza eguali nel mondo occidentale e che non trova riscontri nella storia italiana, sia nella stagione che diede il via al trasformismo nell’Ottocento, ma neppure durante la vituperata Prima Repubblica: in quell’epoca la transumanza da un gruppo parlamentare all’altro era un fenomeno pressoché sconosciuto. Fino a quando, nel 1994, curiosamente col sistema maggioritario, i numeri via via si sono ingrossati e nel corso di questa legislatura il “turismo parlamentare” è diventato fenomeno di massa: a memoria d’uomo mai era capitato in una democrazia matura che un parlamentare su tre cambiasse casacca.
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L’agenda occulta della post-umanità, da Mitterrand a Macron
Dal giugno del 1981 avevo capito che a trionfare insieme a Mitterrand non erano stati né la sinistra né il socialismo. Quanto piuttosto un messianismo umanitario dall’odore sgradevole. Dopo un paio di inchini, Mitterrand si è impegnato a rafforzare il capitale liberale e a sottomettere questo paese alle agende occulte del mondialismo, il tutto ovviamente in nome di Jaurès e del resto; leggete la rivelazione di Sion a tal proposito. Le cerimonie di Versailles e del Louvre non annunciano niente di buono. Ritorniamo alla massoneria da quattro soldi che è il marchio di fabbrica di questa repubblica apolide. Liquidare il re-taumaturgo, le competenze statali, e festeggiare il clone robotico, questo è l’obiettivo prometeico a cui aspira l’Attila Attali. Mefistofele se ne rallegra! Veniamo al “pedante del pretendente”, come veniva chiamato nel mio “Humanité-dimanche”, che negli ultimi anni, ha intensificato gli sforzi per raccontare il nostro avvenire. Per accattivare gli uni e spaventare gli altri, lui pronostica la nostra sostituzione con l’intelligenza artificiale, gli uteri in affitto, la rovina per tutti, l’elezione di una cosa o di un transessuale; il mercato che regola la prostituzione e tutte le relazioni umane.Non ci sarà più un paese, né un sesso, niente, tranne una dittatura lunatica e totalitaria che negherà l’umanità e la farà sottomettere dai suoi agenti totalitari e globalisti. Noi ci troveremo in uno stato d’urgenza permanente grazie alla dea Isis e ai suoi attentati, bisognerà sottomettersi perché siamo in democrazia. Il suo neoliberalismo è un anarco-totalitarismo dal retrogusto satanico. Ora questo consigliere keyseniano di Mitterand, banchiere ridicolo alla Berd [Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, ndt], saggista d’operetta, con il suo nocciolo duro di iniziati e di affaristi del transumanesimo pretende ancora di imporre il trionfo della post-umanità! Il fallimento finanziario che si prepara su ordinazione, e che non sarà quello del sistema ma il nostro, completerà la grande sostituzione che non è etnica bensì antropologica, e che è auspicata ai piani più alti – o più bassi. Il mitterandismo che ho spiegato nel mio libro su Mitterrand è ritornato di moda, con la sua processione di iniziati, con la sua accozzaglia élite-occultista e la tiritera messianica. Questo passaggio dalle tenebre alla luce avverrà senza uomini.Proviamo a essere ottimisti e a rimettere questo clown, o per meglio dire questo Trissotin, al suo posto. Nel suo fondamentale libro sulla risata, Bergson (che mi ha spiegato Kubrick come nessuno) così scrive a proposito dei medici folli di Molière: «Potremmo continuare con gli esempi; non avremmo che da far sfilare dinanzi a noi, uno dopo l’altro, tutti i medici di Molière. Del resto, per quanto lontana sembri spingersi la fantasia comica, la realtà a volte si assume il compito di superarla. Un filosofo contemporaneo, argomentatore a oltranza, a cui venne fatto notare che i suoi ragionamenti dedotti in maniera irreprensibile avevano l’esperienza contro di loro, mise fine alla discussione con queste parole: “L’esperienza ha torto”. Il fatto è che l’idea di regolare amministrativamente la vita è più diffusa di quanto si pensi; è un’idea naturale a suo modo, anche se noi l’abbiamo ottenuta con un procedimento artificiale di ricomposizione». Attali si è sbagliato in tutti i suoi libri. Rileggete le sciocchezze citate in “Lessico per il futuro”, e la previsione del Giappone come superpotenza mondiale del ventunesimo secolo. O il suo Tgv Parigi-Mosca in cinque ore. È il pedante di turno, pari a quello studiato a suo tempo da Molière.Bergson: «Possiamo affermare che lei ci manifesta la quintessenza stessa della pedanteria, la quale in fondo non è nient’altro che l’arte che pretende di saperne di più della natura». L’ossessione del pedante, scrive Bergson, è di fabbricare meccanismi che danneggino la vita animale e umana: «Così, per riassumere, è sempre lo stesso effetto che diventa via via più sottile, dall’idea di una meccanizzazione artificiale del corpo umano, se ci si può esprimere in questo modo, sino a quella di una sostituzione qualunque del naturale coll’artificiale. Una logica sempre meno ferrea, che rassomiglia sempre più alla logica dei sogni, spinge la stessa relazione verso le sfere più alte, tra termini sempre più immateriali, cosicché, alla fine, un regolamento amministrativo sta a una legge naturale o morale, per esempio, come l’abito confezionato sta al corpo che vive». Sostituire il corpo con il vestito. Sono passato per la Francia per dieci minuti nel 2015, e sui canali mediatici promuovevano abiti da spiaggia per bambini. Ecco un paese ben tenuto al guinzaglio. Nonostante due secoli di tentativi per farli uscire dall’ombra e condurli verso luce, i francesi proseguono il loro declino intellettuale e spirituale. Questo paese-guida, oggi ai margini della civilizzazione, pretenderebbe di più.(Nicolas Bonnal, “Bergson e il messianismo di Jacques Attali”, da “Dedefensa” del 12 giugno 2017, post tradotto da Vollmond per “Come Con Chisciotte”).Dal giugno del 1981 avevo capito che a trionfare insieme a Mitterrand non erano stati né la sinistra né il socialismo. Quanto piuttosto un messianismo umanitario dall’odore sgradevole. Dopo un paio di inchini, Mitterrand si è impegnato a rafforzare il capitale liberale e a sottomettere questo paese alle agende occulte del mondialismo, il tutto ovviamente in nome di Jaurès e del resto; leggete la rivelazione di Sion a tal proposito. Le cerimonie di Versailles e del Louvre non annunciano niente di buono. Ritorniamo alla massoneria da quattro soldi che è il marchio di fabbrica di questa repubblica apolide. Liquidare il re-taumaturgo, le competenze statali, e festeggiare il clone robotico, questo è l’obiettivo prometeico a cui aspira l’Attila Attali. Mefistofele se ne rallegra! Veniamo al “pedante del pretendente”, come veniva chiamato nel mio “Humanité-dimanche”, che negli ultimi anni, ha intensificato gli sforzi per raccontare il nostro avvenire. Per accattivare gli uni e spaventare gli altri, lui pronostica la nostra sostituzione con l’intelligenza artificiale, gli uteri in affitto, la rovina per tutti, l’elezione di una cosa o di un transessuale; il mercato che regola la prostituzione e tutte le relazioni umane.
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Smith: verso la legge marziale in Inghilterra, usando l’Isis
«Temo che il Regno Unito finirà sotto legge marziale entro un anno: a meno che la gente non faccia qualcosa adesso, cadranno in un regime totalitario». Lo sostiene un analista indipendente come Brandon Smith, secondo cui «a lungo termine, aiuteranno solo quei globalisti che il movimento Brexit in particolare ha cercato di combattere: lo faranno calpestando l’immagine del nazionalismo e della sovranità usando la filosofia della sicurezza fornita dal governo», in modo da rendere il globalismo «piacevole e tollerabile». Questo, secondo Smith, il possibile esito degli attentati targati Isis che stanno martellando la Gran Bretagna, tutti messi a segno grazie ad anomale distrazioni delle forze di sicurezza e – dopo l’iniziale emozione – archiviati in fretta. «La ripetizione di tali attacchi sta assuefacendo il pubblico, quello europeo in particolare: non è raro ora che gli attacchi vengano dimenticati in una settimana». La grande paura tra gli europei “liberali”, scrive Smith, è un ritorno al fervore nazionalista, che loro credono abbia generato l’ascesa del Terzo Reich: ignorano «il coinvolgimento dell’élite “corporate” e bancaria nel finanziamento e nella fornitura di tecnologia vitale ai nazisti prima e durante la Seconda Guerra Mondiale».Questa manipolazione sui veri retroscena del nazismo ha reso l’Europa vulnerabile, permettendo ai globalisti di portare a forza milioni di immigrati musulmani in Ue, attraverso politiche di frontiera aperta, senza adeguate procedure di verifica. E nessuno ha fiatato, temendo di essere tacciato di “fascismo”, scrive Smith in un post ripreso da “Come Don Chisciotte”. «La più grande minaccia non è solo il condizionamento della popolazione ad accettare l’invasione culturale, bensì ciò che inevitabilmente accadrà tra poco: l’apatia di una nazione sulla scia della prossima legge marziale». In risposta agli attentati-kamikaze dell’Isis, Theresa May ha dichiarato di “averne abbastanza”, e ha chiesto una revisione della strategia antiterroristica: la polizia di Londra è stata invitata ad adattarsi alle nuove condizioni, pattugliando le strade fortemente armata e usando elicotteri di sorveglianza con l’aiuto di unità speciali. «Dovremmo fare ancor di più per limitare la libertà e i movimenti dei sospetti terroristi». Noto teorema: meno libertà, più sicurezza. E cioè: esattamente quello che vorrebbe l’Isis, se fosse un soggetto autonomo, anziché una semplice pedina della strategia della tensione.Lo spiegamento di oltre 5.000 soldati britannici in posizioni strategiche, aggiunge Smith, fa parte di un piano del 2015 chiamato “Operation Temperer”: prevede la diffusione di truppe in risposta a “forti minacce terroristiche”. «In sostanza, è un programma di legge marziale che agisce in modo incrementale, piuttosto che apertamente. Una volta implementata, “Temperer” sarà difficile da invertire. Come i capi militari britannici hanno avvisato quando l’operazione è stata esposta pubblicamente, le truppe non verrebbero messe a riposo fino a che la minaccia terroristica non verrà “ridotta”, lasciando la definizione del “livello di minaccia” aperta ad un’interpretazione piuttosto ampia». L’operazione “Temperer” è oggi in pieno svolgimento, dato che i servizi di polizia richiedono aiuto militare. E’ già legge marziale? «Non proprio, ma ci va molto vicino», dice Smith. «Questo è il modo in cui la tirannia viene comunemente implementata; non tutta in una volta, ma un mattoncino alla volta». La May ha introdotto queste misure dopo l’attentato di Manchester, senza però riuscire a impedire l’ultimo attacco a Londra. Elezioni ed equivoco Brexit: al posto dello slancio sovranista subentra un esperimento ultraliberista, reazionario e securitario?«E’ tutto parte del piano», scrive Smith, secondo cui «stiamo forse assistendo alla più grande “psy-op” di quarta generazione nella storia». Ovvero: «I globalisti hanno deliberatamente modificato le condizioni: le nazioni, quelle europee in particolare, o verranno travolte da un’ideologia straniera, senza essere protette dai propri governi, o dovranno rispondere con difficili contromisure. Vale a dire, gli europei dovranno fare una falsa scelta tra il multiculturalismo o vivere sotto legge marziale». La Brexit e Trump sono stati “concessi”. Ma, «nonostante le illusioni di alcuni nel movimento libertario, il “Deep State” è perfettamente posizionato per approfittare di entrambi gli eventi. Non si sono opposti affatto. Perché? Perché vogliono distruggere il nazionalismo, pensano a lungo termine. E il Regno Unito sembra essere in prima fila». Gli attacchi terroristici stanno aumentando, la soluzione che presenteranno sarà «ancor più esercito, non meno», fino alla legge marziale permanente: «Il governo potrebbe non definirla apertamente così, ma è quello che sarà». Avverte Smith: «Guardate le scelte concesse al popolo britannico: accettare il multiculturalismo senza domande o avere una Stato di polizia sacrificando la libertà personale».«Temo che il Regno Unito finirà sotto legge marziale entro un anno: a meno che la gente non faccia qualcosa adesso, cadranno in un regime totalitario». Lo sostiene un analista indipendente come Brandon Smith, secondo cui «a lungo termine, aiuteranno solo quei globalisti che il movimento Brexit in particolare ha cercato di combattere: lo faranno calpestando l’immagine del nazionalismo e della sovranità usando la filosofia della sicurezza fornita dal governo», in modo da rendere il globalismo «piacevole e tollerabile». Questo, secondo Smith, il possibile esito degli attentati targati Isis che stanno martellando la Gran Bretagna, tutti messi a segno grazie ad anomale distrazioni delle forze di sicurezza e – dopo l’iniziale emozione – archiviati in fretta. «La ripetizione di tali attacchi sta assuefacendo il pubblico, quello europeo in particolare: non è raro ora che gli attacchi vengano dimenticati in una settimana». La grande paura tra gli europei “liberali”, scrive Smith, è un ritorno al fervore nazionalista, che loro credono abbia generato l’ascesa del Terzo Reich: ignorano «il coinvolgimento dell’élite “corporate” e bancaria nel finanziamento e nella fornitura di tecnologia vitale ai nazisti prima e durante la Seconda Guerra Mondiale».
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Blondet: anche Grillo in questa Italia di zombie della politica
Con la disfatta del 5 Stelle, si aggiunge un’altra maceria ai mozziconi, ruderi e rifiuti solidi di cui è ingombra la politica italiana. Ci avrete fatto caso: il Parlamento è intasato di questi mozziconi, di questi avanzi mal consumati. Sono scorie di progetti politici falliti, vestigia in rovina di proposte generali di governo dismesse e rifiutate, relitti di proposte di vasto respiro, che suscitarono un tempo grandi speranze nel pubblico, naufragate: quasi sempre per stupidità e imperizia o disonestà dei leader, talora per i siluri di franchi tiratori e fuoco amico invidioso. Quello di Grillo e dei grillini era un progetto politico: mattoide, fanatico, dogmatico e confuso, ma aveva attratto il 30 per cento degli elettori – perché lo volevano attuato. Ora si aggiunge alle scorie e agli scarti e alle macerie degli altri. Sono così tanti che è impossibile elencarli, senza dimenticarne qualcuno: Berlusconi rincretinito e animalista, quel che resta del Popolo delle Libertà che lui ha tradito; Alfano, Casini sopravvivono come maceria affaristico-democristiana; da qualche parte dev’esserci un mozzicone di Mariotto Segni, che vinse i referendum (il totocalcio) e poi perse la schedina.Si vedono le vistose macerie di Renzi e del renzismo, molto ingombranti. Resta inamovibile Mario Monti, sopravvissuto pietrificato al compito che gli affidarono dall’estero, golpista di lusso pietrificato dalla sua nomina a senatore a vita. Il visitatore riconosce nella Meloni il residuo storico, lo spezzone inutilizzabile e romanesco del neofascismo; si riconoscono relitti della Margherita, scarti di D’Alema, scorie bersaniane bruciacchiate e annerite, spezzoni stroncati di Ulivo, monconi archeologici di Prodi; la Boldrini è in sé stessa il rudere del NikiVendolismo. Salvini cerca di ricostruire un progetto politico che fu devastato e ridotto in macerie dal suo stesso fondatore, esempio preclaro di ottusità. La politica italiana somiglia alla Milano bombardata del 1944. Meglio, somiglia a una zona archeologica riutilizzata come discarica di rifiuti tossici. Il guaio è che queste macerie di falliti, relitti, spezzoni sopravvissuti ai rispettivi progetti, ingombrano. Sono pesanti, inamovibili, e restano lì a intralciare il panorama politico, a renderlo illeggibile.Ogni nuovo relitto che vi si aggiunge rende sempre più improbabile il sorgere di un nuovo progetto, di una nuova proposta d’interesse generale che l’elettorato (o quel che ne resta) possa riconoscere e approvare – o rifiutare. Mozziconi, resti e sopravvissuti zombificati, hanno questo carattere (non rivelo nulla di nuovo): rinunciato al grande progetto politico da proporre al paese, sopravvivono coltivando le loro minuscole clientele parassitarie. Berlusconi è inguardabile, ma avendo abbracciato agnellini strapperà qualche voto. La “dc” residuale di Alfano campa con i finanziamenti pubblici per gli immigrati in Sicilia. Renzi e i renziani non hanno più altro progetto che restare attaccati alla mammella di miliardi nelle pieghe della presidenza del Consiglio. La Meloni ha i voti sicuri della tifoseria e dei teppisti der Testaccio, che so. A nessuno di costoro importa più nulla, in realtà, della politica intesa nel vero senso della parola, la proposta al popolo di un progetto complessivo, su cui cercare e trovare le più vaste convergenze. No, anzi: a loro basta avere quel 6 per cento che gli assicuri quattro seggi in Parlamento e le mani in pasta nei clientelismi meridionali, in qualche Comune o municipalizzata.La legge elettorale che voteranno è quella per loro ideale, il proporzionale puro con sbarramento al 4, al 3 per cento: quella che garantisce loro la sopravvivenza, il business degli immigrati nel proprio collegio e comunque qualche ditata di denaro pubblico locale, e l’ingombro continuo e perenne del terreno politico. Sono quasi sicuro che anche Beppe Grillo, a parte la rabbia del momento, sia contento di aver perso voti: la prospettiva di governare davvero, con quell’elettorato di fanatici e idioti che s’era procurato sul web, e la coscienza oscura della sua propria stupidità, lo ha sempre terrorizzato. Troppa responsabilità, troppa necessità di competenze che non possiede nemmeno lontanamente (e lo sa); la pratica di “selezionare” personale politico dai mattoidi che si propongono sulla rete, e che lui non conosce, è evidentemente un incubo.Ma quale 33 per cento! Un confortevole 12 va benissimo, permette di gestire la ditta Casaleggio e Associati confortevolmente, senza assumersi pesi, oneri e rischi di governo, e al riparo dalle critiche e dagli attacchi dei media. Ora che i grillini non sono più un pericolo, li lasceranno campare. Occorrerebbe ripulire questo Parlamento con getti potenti di acqua e schiuma disinfettante, come le stalle di Augìa; non basta, però: macerie impietrite, scorie e rifiuti solidificati richiederebbero lanciafiamme e dinamite. Non è il caso di sognare. Ma è solo per farvi notare che questo popolo è smarrito, istupidito oggi più di ieri, non per caso.(Maurizio Blondet, “Un altro rudere si aggiunge a un Parlamento fatto solo di scorie”, dal blog di Blondet del 12 giugno 2017).Con la disfatta del 5 Stelle, si aggiunge un’altra maceria ai mozziconi, ruderi e rifiuti solidi di cui è ingombra la politica italiana. Ci avrete fatto caso: il Parlamento è intasato di questi mozziconi, di questi avanzi mal consumati. Sono scorie di progetti politici falliti, vestigia in rovina di proposte generali di governo dismesse e rifiutate, relitti di proposte di vasto respiro, che suscitarono un tempo grandi speranze nel pubblico, naufragate: quasi sempre per stupidità e imperizia o disonestà dei leader, talora per i siluri di franchi tiratori e fuoco amico invidioso. Quello di Grillo e dei grillini era un progetto politico: mattoide, fanatico, dogmatico e confuso, ma aveva attratto il 30 per cento degli elettori – perché lo volevano attuato. Ora si aggiunge alle scorie e agli scarti e alle macerie degli altri. Sono così tanti che è impossibile elencarli, senza dimenticarne qualcuno: Berlusconi rincretinito e animalista, quel che resta del Popolo delle Libertà che lui ha tradito; Alfano, Casini sopravvivono come maceria affaristico-democristiana; da qualche parte dev’esserci un mozzicone di Mariotto Segni, che vinse i referendum (il totocalcio) e poi perse la schedina.
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Cremaschi: sull’euro-regime, da sinistra e M5S solo ciance
Servono nuove rappresentanze sindacali e politiche contro euro e globalizzazione. I grandi sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil sono oggi parte del problema e non certo della soluzione. Io in questa fase lavoro soprattutto coi sindacati di base: ieri ero a Trieste a una grande manifestazione dell’Usb a sostegno dei lavoratori colpiti da provvedimenti drammatici da parte delle multinazionali. Mi sento di dire che sul piano sindacale sta avvenendo qualcosa di simile a quanto avviene sul piano politico: c’è un establishment che è parte del problema anche se a parole dice di volerlo risolvere, e c’è l’esigenza di far emergere nuove rappresentanze che abbiano una posizione molto più netta contro la globalizzazione, contro le politiche europee, l’euro e tutto quello che da 15 anni ci sta massacrando. Le uniche speranze provengono “da fuori”, rispetto agli schieramenti tradizionali, su questo non c’è dubbio sia sul piano sociale che su quello politico, almeno in Italia. Ma non è così sempre e ovunque, ci sono paesi nei quali le forme di rinnovamento in parte sono anche venute dall’interno del sistema: basti guardare a Sanders negli Stati Uniti, che se fosse stato candidato alla presidenza avrebbe probabilmente vinto, o a Corbyn in Gran Bretagna che è riuscito a portare i laburisti su posizioni opposte rispetto a quelle che avevano.Ogni paese ha quindi la propria ricetta. Parlando per l’Italia non vedo la possibilità di rinnovamento nel tradizionale mondo del centrosinistra o nel tradizionale mondo sindacale. A sinistra si sta parlando di ricomposizioni in vista delle elezioni politiche? Ho un’opinione molto scettica, francamente. Non si può riscoprirsi “di sinistra” solo quando c’è da fare le liste elettorali, e questo la gente lo capisce perfettamente. Io credo che la sinistra in Italia può risorgere solo con un progetto totalmente alternativo, in contrapposizione al Pd e con un progetto sociale di rottura totale con il liberismo, il che vuol dire rompere con l’euro e fare le nazionalizzazioni: un po’ il programma di Corbyn, il quale non aveva il problema dell’euro ma sulle altre cose è stato molto chiaro. Per dirne una: la sinistra non può tacere sul fatto che il governo italiano regala 7 miliardi di euro a Banca Intesa per salvare le banche anziché nazionalizzarle. Queste sono le cose che contano. Tutto il resto, i cosiddetti valori della sinistra, sono aria fritta.I 5 Stelle? Vedo degli aspetti di crisi politica vera, nel M5S, che derivano da una serie di errori che vedono tutti, ma anche da una questione di fondo che è nel loro imprinting originale, su cui hanno in parte ragione e in parte torto. E’ vero che “sinistra” e “destra” dal punto di vista delle politiche del palazzo sono distinzioni ridicole, perché poi quando vanno al governo fan tutti le stesse cose; ma non è vero che le politiche economiche e sociali di sinistra e quelle di destra siano la stessa cosa. I 5 Stelle confondono l’aspetto di “palazzo” con la sostanza della proposta politica e questo li porta in contraddizione, quindi una volta hanno posizioni di destra e altre di sinistra. Loro non è che non siano né di destra né di sinistra, semplicemente alternano delle posizioni a seconda dei temi. Questo può funzionare in certi brevi periodi, ma in un contesto nel quale i principali poli si stanno riorganizzando ciò rischia di mettere i 5 Stelle in una condizione di essere lacerati, anziché di lacerare.Onestamente non vedo questa possibilità che i 5 Stelle possano andare al governo. La fase di sfondamento basata sulla crisi degli altri due schieramenti principali è in qualche modo finita, quindi i 5 Stelle forse dovrebbero fare (ma credo che non la faranno) la scelta di “Podemos”, ovvero prepararsi a un percorso di più lunga prospettiva, costruire un vero programma sociale di cambiamento. Io condivido la loro proposta sul reddito, ma non può essere quello perché bisogna sapere come si prendono i soldi, quali sono i processi economici, cosa si fa sull’economia, sulle banche e sistema industriale. Il M5S ha fatto una carica di cavalleria quando il campo era deserto, ma adesso il campo è occupato e bisogna scendere dai cavalli e scavare le trincee: non so come andrà. A me dispiace se i 5 Stelle falliscono, perché penso che il ritorno a centrodestra e centrosinistra in Italia non sia una cosa augurabile, però temo che le loro debolezze di fondo alla fine portino a questo.(Giorgio Cremaschi, dichiarazioni rilasciate a Maurizio Ribechini per l’intervista “Sinistra rompa con Pd, euro e liberismo; vi spiego la crisi del M5S”, pubblicata da “Blasing News” il 25 giugno 2017).Servono nuove rappresentanze sindacali e politiche contro euro e globalizzazione. I grandi sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil sono oggi parte del problema e non certo della soluzione. Io in questa fase lavoro soprattutto coi sindacati di base: ieri ero a Trieste a una grande manifestazione dell’Usb a sostegno dei lavoratori colpiti da provvedimenti drammatici da parte delle multinazionali. Mi sento di dire che sul piano sindacale sta avvenendo qualcosa di simile a quanto avviene sul piano politico: c’è un establishment che è parte del problema anche se a parole dice di volerlo risolvere, e c’è l’esigenza di far emergere nuove rappresentanze che abbiano una posizione molto più netta contro la globalizzazione, contro le politiche europee, l’euro e tutto quello che da 15 anni ci sta massacrando. Le uniche speranze provengono “da fuori”, rispetto agli schieramenti tradizionali, su questo non c’è dubbio sia sul piano sociale che su quello politico, almeno in Italia. Ma non è così sempre e ovunque, ci sono paesi nei quali le forme di rinnovamento in parte sono anche venute dall’interno del sistema: basti guardare a Sanders negli Stati Uniti, che se fosse stato candidato alla presidenza avrebbe probabilmente vinto, o a Corbyn in Gran Bretagna che è riuscito a portare i laburisti su posizioni opposte rispetto a quelle che avevano.
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Magaldi: perfettamente inutile votare Renzi, Silvio o Grillo
Renzi ancora frenato, Berlusconi che oggi sembra redivivo grazie a Salvini, e i 5 Stelle che non sfondano da nessuna parte. Una triparizione perfetta e assolutamente inutile, fotografata anche dall’esito dei ballottaggi, ultima tappa delle elezioni amministrative. Se c’è qualcuno che è davvero nei guai è l’Italia: nessuno dei tre schieramenti rappresenta una vera soluzione alla crisi. Lo afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, associazione meta-partitica sorta per indurre, in modo trasversale, una sorta di “risveglio” sovranista della politica italiana, in letargo dall’avvento della cosiddetta Seconda Repubblica, con la “resa” sostanziale alla politica di rigore imposta da Bruxelles, avallata da centrodestra e centrosinistra, e non contrastata – in modo netto – neppure dal movimento di Grillo, che non ha ancora messo in campo soluzioni sul fronte cruciale dell’economia. In altre parole: il paese è costretto a rassegnarsi al non-voto, o a scegliere il meno peggio, senza che nessuno dei contraenti abbia lanciato una sola proposta seria su come uscire dal declino.All’indomani dell’ultima tornata elettorale, ai microfoni di “Colors Radio” Magaldi ribadisce la sua posizione: l’attuale offerta politica italiana sembra fatta apposta per scoraggiare gli elettori, dal momento che nessun partito è in grado di proporre la svolta di cui il paese avrebbe disperato bisogno. Renzi? «Si è limitato ad abbaiare contro Bruxelles, salvo poi bussare (inutilmente) alla porta di organismi come il Council on Foreign Relations, sperando di essere accolto nei circoli esclusivi della massoneria internazionale reazionaria, cioè quella che ha progettato la mala-globalizzazione e il finto europeismo fondato sull’austerity». Berlusconi? «E’ stato un pessimo politico, non ha attuato le riforme che tutti si aspettavano. Oggi, a ottant’anni, gli converrebbe fare un passo indietro e limitarsi al ruolo di “padre nobile” del centrodestra», area nella quale si segnala quantomeno «la vitalità di Salvini e della Meloni, gli unici a rivolgere qualche critica alla gestione dell’Ue». Quanto ai 5 Stelle, nebbia: «Ancora non ci hanno fatto sapere come governerebbero».Magaldi, che torna a spendere per Roma il nome di un economista progressista come Nino Galloni, pensa al “partito che non c’è”, che potrebbe chiamarsi Pdp, Partito Democratico Progressista, e fungerebbe da aggregatore (anche confederale) di forze sociali che non si riconoscono nell’attuale scenario, men che meno nel gruppo dalemiano di Bersani, «l’uomo che trasformò il Parlamento in una caserma per far votare la legge Fornero e il pareggio di bilancio in Costituzione, voluto dal governo Monti, espressione della peggiore tecnocrazia europea, supermassonica e reazionaria». Che fare? Primo: non rassegnarsi a questa desolazione: la vuota retorica di Renzi e quella di Berlusconi, cui fa da sfondo il velleitarismo inconcludente dei 5 Stelle, che propogono il reddito di cittadinanza finanziato solo “tagliando gli sprechi”, senza cioè mettere in discussione la drammatica riduzione degli investimenti pubblici imposta da Bruxelles.«Nessuno osa chiamare le cose con il loro nome e affrontare il problema alla radice. E così agli italiani oggi non rimane che l’opposizione solo apparente tra centrodestra e centrosinistra: due formazioni che negli ultimi vent’anni – malgovernando e mal-privatizzando – hanno fatto le stesse scelte, sprofondando l’Italia nella crisi». Quello che serve, insiste Magaldi, è un vero e proprio piano-B. «Punto primo: andare a Bruxelles a dire che l’Italia straccia tutti i trattati europei, a meno che non vengano interamente rivisti, da cima a fondo». Obiettivo: «Porre le condizioni per una finanza pubblica espansiva, che torni a produrre posti di lavoro. Alle attuali condizioni è semplicemente impossibile. Bisogna quindi avere il coraggio di dire all’Unione Europea che l’Italia non ci sta più, se non si cambia tutto. Nessun partito lo dice? Questo è il problema, oggi. Votare Renzi, Berlusconi o Grillo è perfettamente inutile: il paese ha bisogno di risposte, di soluzioni vere».Renzi ancora frenato, Berlusconi che oggi sembra redivivo grazie a Salvini, e i 5 Stelle che non sfondano da nessuna parte. Una triparizione perfetta e assolutamente inutile, fotografata anche dall’esito dei ballottaggi, ultima tappa delle elezioni amministrative. Se c’è qualcuno che è davvero nei guai è l’Italia: nessuno dei tre schieramenti rappresenta una vera soluzione alla crisi. Lo afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, associazione meta-partitica sorta per indurre, in modo trasversale, una sorta di “risveglio” sovranista della politica italiana, in letargo dall’avvento della cosiddetta Seconda Repubblica, con la “resa” sostanziale alla politica di rigore imposta da Bruxelles, avallata da centrodestra e centrosinistra, e non contrastata – in modo netto – neppure dal movimento di Grillo, che non ha ancora messo in campo soluzioni sul fronte cruciale dell’economia. In altre parole: il paese è costretto a rassegnarsi al non-voto, o a scegliere il meno peggio, senza che nessuno dei contraenti abbia lanciato una sola proposta seria su come uscire dal declino.
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Berlino, la polizia ordina: non dite la verità sul terrorismo
Il “Corriere del Ticino”, principale testata del gruppo che dirigo, ha pubblicato questa mattina un documento riservato del Bundeskriminalamt (Bka), la polizia criminale tedesca. Si intitola “Come agire in presenza di attacchi terroristici” e contiene le linee guida sulle informazioni da trasmettere alla stampa in queste circostanze. L’intenzione è lodevole: evitare il diffondere di allarmismi, ma le conseguenze pratiche sono sorprendenti. E inquietanti. La premessa dà già il tono: «Nell’anno elettorale 2017 non ci sarà alcun attentato, almeno se si sarà in grado di evitarlo. Ciò significa che, non importa quanto siano sicuri dei fatti i funzionari in campo, davanti alla stampa e all’opinione pubblica, per cominciare, si deve negare sempre tutto. Lo staff di consulenza del governo ha bisogno di tempo per illustrare l’accaduto e per mettere insieme un racconto credibile agli occhi dell’opinione pubblica». Capito? E ancora: «Le lettere di rivendicazione devono essere citate solo se necessario, ma senza fornire particolari. In caso di dubbio, escludere l’attacco terroristico. Divulgare la teoria dell’autore singolo, come pure quella della persona psichicamente disturbata. In aggiunta: evitare sempre, per cominciare, di parlare di Is (Stato islamico, ndr) o di Islam».L’autore dello scoop, Stefan Müller, cita un esempio concreto: l’attentato di Dortmund dell’11 aprile contro il bus dell’omonima squadra di calcio. La polizia, dopo una decina di giorni, annunciò che era stato compiuto da Sergej W. (28enne russo-tedesco, nel frattempo arrestato a Tubinga), che aveva ordito l’attentato per speculare in Borsa. Versione che all’epoca aveva suscitato non poche perplessità. Dal documento scoperto dal “Corriere del Ticino” si scopre che era giunta una rivendicazione dell’Isis, mai però comunicata ai media. Inevitabile chiedersi adesso: chi è stato davvero? Sergej o un fanatico del Califfo? Molto interessante anche la parte del documento in cui, rilevando un netto aumento dei fenomeni terroristici in Europa, si osserva che il quadro è andato peggiorando con «l’apertura delle frontiere da parte di Merkel». Ovvero, la polizia criminale tedesca avvalora l’equazione che le sinistre tendono a liquidare come un pregiudizio o un teorema populista: più immigrati fuori controllo, più terrorismo. La Bka parla di un traffico di passaporti rubati usati dagli attivisti dell’Isis in Europa.«Dieci milioni di visitatori stranieri all’anno entrano in Germania con passaporti falsi o rubati. In tal senso è possibile correlare la quantità di passaporti rubati con Al-Qaeda (Is) e le attività terroristiche islamiste». Sono menzognere anche le cifre sull’immigrazione clandestina, almeno quelle comunicate in Germania. Leggete questo passaggio del rapporto: «La percentuale degli ingressi illegali è cresciuta del 70%. I colleghi italiani prevedono l’arrivo di circa 350 mila, fino a 400 mila migranti dall’Africa nell’anno 2017. Verso l’esterno, alla stampa e ad altri media, indichiamo una cifra di 250 mila unità». E lo stesso vale per i crimini ordinari commessi dagli immigrati. Nel 2015 erano 309 mila, nel 2016 sono saliti a 465 mila. Queste cifre, peraltro, non contengono reati contro l’asilo e la socialità. Ma «ai media – si legge nel rapporto – si parla rispettivamente di 209 mila reati e di 295 mila». Ben 170 mila in meno. Decisamente esplosivo questo passaggio del rapporto: «Mai parlare di migranti economici. La sollecitazione giunge direttamente dal ministro della Cancelleria e dal portavoce del governo. Queste indicazioni sono tassative, per chi non le rispetta sono previste sanzioni severe, procedure disciplinari e il licenziamento dalla polizia».Sia chiaro: le autorità, da sempre, si riservano una certa discrezionalità nel diffondere le notizie più sensibili o per proteggere agenti infiltrati. Non dicono mai tutta la verità, com’è ovvio. Ma il quadro che emerge da questo rapporto va oltre i normali confini dell’intelligence. Quando si modificano sistematicamente le statistiche, quando si tenta di dissimulare gli attentati fino a dare istruzioni per fabbricare versioni credibili agli occhi dell’opinione pubblica, quando un governo vieta di parlare di “migranti economici” si è in presenza di un metodo per la creazione di post-verità governative o, se preferite, di una manipolazione sistematica delle informazioni. E tutto questo al fine di non turbare il processo elettorale, dunque di non intralciare la campagna elettorale della cancelliera Merkel. Cose che capitano nella democratica Germania.(Marcello Foa, “La polizia tedesca ordina: non dite la verità sul terrorismo islamico”, dal blog di Foa sul “Giornale” del 20 giugno 2017).Il “Corriere del Ticino”, principale testata del gruppo che dirigo, ha pubblicato questa mattina un documento riservato del Bundeskriminalamt (Bka), la polizia criminale tedesca. Si intitola “Come agire in presenza di attacchi terroristici” e contiene le linee guida sulle informazioni da trasmettere alla stampa in queste circostanze. L’intenzione è lodevole: evitare il diffondere di allarmismi, ma le conseguenze pratiche sono sorprendenti. E inquietanti. La premessa dà già il tono: «Nell’anno elettorale 2017 non ci sarà alcun attentato, almeno se si sarà in grado di evitarlo. Ciò significa che, non importa quanto siano sicuri dei fatti i funzionari in campo, davanti alla stampa e all’opinione pubblica, per cominciare, si deve negare sempre tutto. Lo staff di consulenza del governo ha bisogno di tempo per illustrare l’accaduto e per mettere insieme un racconto credibile agli occhi dell’opinione pubblica». Capito? E ancora: «Le lettere di rivendicazione devono essere citate solo se necessario, ma senza fornire particolari. In caso di dubbio, escludere l’attacco terroristico. Divulgare la teoria dell’autore singolo, come pure quella della persona psichicamente disturbata. In aggiunta: evitare sempre, per cominciare, di parlare di Is (Stato islamico, ndr) o di Islam».