Archivio del Tag ‘elezioni’
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Bagnai: perché Hollande sarà costretto a tradire gli elettori
Gli ottimisti la vedono come Gad Lerner, che “festeggia” la sconfitta europea di Angela Merkel: che in Francia perde il suo fedele alleato Sarkozy e in Grecia vede vacillare il suo “commissario” Lucas Papademos, indebolito dal crollo dei due partiti storici della democrazia ellenica, i conservatori di Nuova Democrazia e i socialisti del Pasok. Brutte notizie anche dal fronte interno tedesco: nello Schleswig-Holstein la Cdu segna un record negativo, anche se la Spd e i Verdi non possono gioire, perché il successo dei “Pirati” toglie loro i consensi necessari per una tradizionale “alternativa progressista”. Ma poi, naturalmente, ci sono anche i pessimisti. Fra questi, l’economista Alberto Bagnai, che “smonta” il successo di Hollande: la Francia in piena crisi è a un passo dal dramma, e – nonostante le promesse dei socialisti – anche su Parigi potrebbe spalancarsi il baratro del “massacro sociale”.
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Perdo il lavoro e mi ammazzo: tanto, lo Stato se ne frega
Perdo il lavoro, chiudo l’azienda e mi tolgo la vita: «Nessuno può essere trattenuto in vita contro la propria volontà», diceva seccamente Seneca commentando Epicuro, per il quale «vivere nella necessità» non era affatto necessario. In tempi di sordida crisi che miete vittime in Italia, nella civile Europa e in tutto l’Occidente, osserva Marco Cesario su “Micromega”, ci si chiede se calpestare la necessità ed optare per il suicidio non costituisca forse «la scandalosa ed inammissibile sconfitta della società in cui viviamo». Ovvero: la sconfitta delle istituzioni e dello Stato come forma di associazione che, come voleva Rousseau, in nome della libertà individuale «difende e protegge, mediante tutta la forza comune, la persona ed i beni di ciascun associato». Di fronte all’eclissi del welfare e al «definitivo tramonto di una qualunque idea di Europa basata sul principio di solidarietà», oggi perde valore anche il senso più antico del termine “Stato”, in quanto «collettività di vite federate per il bene comune».
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Sapelli: il nemico è l’euro, non il debito. Monti? Ignorante
Le banche italiane già tutte fallite? Sto solo dicendo che questa grande ondata di liquidità è andata alle banche, non è finita all’economia reale. Questo spiega perché noi siamo davanti a un pericolo di deflazione gravissima: vuol dire che si abbassano i prezzi e nessuno lavora più, le imprese non hanno più nessun interesse a lavorare. E’ quello che sta capitando adesso: non hai più marginalità. E un’impresa su tre, dopo Natale, ha chiuso. Quindi: l’ossessione del debito pubblico è una fola degli economisti neoclassici che scrivono sul “Corriere” e dicono cose teoricamente non sostenibili. Nel 2008 dicevano che la crisi non esisteva. Io, avessi detto una cosa così, non sarei più uscito di casa per la vergogna.
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No ai banchieri: un referendum contro il massacro sociale
«Chiunque voglia affrontare le elezioni del 2013 in modo credibile, non può non dire come si correggono i disastri delle “riforme”, da quella delle pensioni a quella del mercato del lavoro». Spetta a Giorgio Airaudo, responsabile Fiom del settore auto, sintetizzare la vocazione del “soggetto politico nuovo”, provvisoriamente battezzato a Firenze il 28 aprile col nome di “Alba”: alleanza tra lavoro, beni comuni e ambiente. Un “work in progress” che raduna gli indignati e i delusi della non-politica: non tanto per creare l’ennesimo nuovo partito, quando per imporre un’agenda pubblica precisa. Primo obiettivo, dirompente: raccogliere da subito 500.000 firme per indire un referendum che sbarri la strada al Fiscal Compact, che impone il pareggio di bilancio e quindi la fine dello Stato sociale.
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No-Imu, rivolta fiscale contro la “patrimoniale dei poveri”
Primi segnali di rivolta nell’Italia ricattata dai poteri forti della finanza mondiale, che hanno imposto il governo Monti per tagliare la spesa sociale fino a pretendere la follia del pareggio di bilancio: lo Stato non più sovrano e ridotto a campare di tasse, senza poter più investire un solo euro sui cittadini. Il primo a sollevarsi è stato Paolo Barnard: «Sbagliato pagare le tasse per un totale che superi il 40% del Pil, il saldo deve restare attivo a favore della popolazione», tenendo conto che oggi la spesa pubblica sfiora il 50% del prodotto interno lordo. Se Barnard propone una “autoriduzione” orizzontale dei tributi, la battaglia politica si concentra sull’Imu, l’imposta sulla casa che resuscita l’Ici: abolirla fu un errore, dice Monti, rimproverando Berlusconi. Proprio la rivolta contro l’Imu viene ora agitata da Roberto Maroni, che spera di far dimenticare gli scandali della Lega. E il Piemonte di Roberto Cota sarà la prima Regione italiana a “licenziare” Equitalia. Concorde persino il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia.
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Crimini e misfatti: tutti gli orrori del governo Monti
“Micromega” li chiama “errori”, ma quella che Marco Travaglio riassume – sulle pagine dell’“Espresso” – è una spaventosa galleria di orrori. Davanti ai quali si potrebbe dire, con una battuta, che ci vorrebbero dei tecnici per ripararne tutti i guasti: «Ma se questi guasti li fa il governo tecnico, chi li ripara?». In pochi mesi, il “governo dei banchieri” creato da Napolitano ha totalizzato un record micidiale di disastri, grazie alla ferrea guida dal super-lobbysta Monti, già advisor di Goldman Sachs e stratega della Trilateral Commission per l’Europa, membro dell’élite finanziaria mondiale incarnata dal Gruppo Bilderberg e già “ministro” della Commissione Europea, massima espressione dell’oligarchia tecnocratica contro cui l’Europa – per via elettorale – sta cominciando finalmente a ribellarsi, mentre affonda nella spirale della recessione con l’euro che trasforma in un incubo la voragine dei debiti sovrani.
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Giulietto Chiesa: ormai per salvarci dovremo combattere
Sessantasette anni fa uscivamo dal fascismo e della guerra, l’Italia era fisicamente distrutta ma moralmente stava rinascendo: lo dimostra la Costituzione democratica, una delle più belle dell’Occidente. Oggi usciamo dal ventennio definito “berlusconiano”: «Non tanto perché Berlusconi fosse un grande personaggio, quanto perché l’intera classe politica si è arresa a un piccolo personaggio». L’Italia? «E’ più distrutta di allora: distrutta moralmente, economicamente e socialmente». Ma non tutta l’Italia: «Col referendum del 2011 abbiamo verificato che la gran parte del popolo italiano, la maggioranza assoluta del corpo elettorale, ha respinto quel disegno. Però l’Italia è stata guastata, il nostro tessuto comune è stato lesionato, le nostre istituzioni hanno smesso di funzionare: l’Italia è un paese in ginocchio». Come uscirne? Spazzare via la “casta”, unire le forze e prepararsi allo scontro: «Quella gente non se ne andrà senza combattere».
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Val Susa, Italia: Pd e Pdl insieme, per conquistare Avigliana
A prima vista, sembra una qualsiasi campagna elettorale locale, di rango comunale. Non lo è, se è vero che scomoda nientemeno che Nichi Vendola, accanto all’altro leader nazionale impegnato nella contesa, Beppe Grillo. Due pesi massimi, in difesa di una cittadina di nemmeno quindicimila abitanti? Ebbene sì: perché il Comune in questione è Avigliana, dinamico capoluogo produttivo della valle di Susa “ribelle”, a metà strada fra Torino e le Alpi. Vent’anni fa, quando l’epopea No-Tav era alle primissime battute, ancora lontana dall’attuale dimensione popolare, Avigliana punì il “partito trasversale degli affari” premiando una lista di outsider, dal nome inequivocabile: Piazza Pulita. Da allora, la “dinastia” della trasparenza ha sfornato sindaci-contro. Ultimo esponente Carla Mattioli, nel 2005 in prima linea sulle barricate della storica rivolta pacifica che costrinse il governo a sospendere il progetto Torino-Lione, rivelando all’Italia la profetica “resistenza” della valle di Susa, avamposto della Grande Crisi.
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No ai banchieri: nonostante l’Italia, l’Europa s’è desta?
Nonostante il tragicomico Bersani, che tenta di festeggiare Hollande quando i socialisti in Francia propongono l’esatto contrario della politica del Pd in Italia – cioè il “no” all’Europa del rigore, che impoverisce tutti tranne i ricchi e i banchieri – proprio il fronte “no-euro” potrebbe presto diventare il primo “partito”, nell’Europa piegata dalla crisi. A partire dai francesi, gli elettori si schierano contro le politiche dell’Unione Europea, la moneta unica e le ricette della banca centrale. Mentre in Italia i vecchi partiti sigillano il “grande sonno” nella cassaforte politica di Mario Monti, il resto dell’Europa sembra finalmente svegliarsi: in Olanda e Repubblica Ceca il governo è caduto in mancanza di un accordo “lacrime e sangue” come quello italiano, la Polonia in fase di crescita si guarda bene dall’adottare l’euro e persino nel Regno Unito, che non ha mai rinunciato alla sterlina, vola nei sondaggi il partito che chiede l’uscita dall’Unione Europea, mentre l’austerità fa crollare i consensi del governo Cameron.
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Avviso a Monti e Bersani: la Francia boccia la loro Europa
L’Europa è stanca: di “rigore” si può morire, e non se ne vede il motivo. Mentre l’Olanda andrà ad elezioni anticipate, in mancanza di un accordo politico “lacrime e sangue” per rispettare i diktat di bilancio del Fiscal Compact – lo Stato obbligato a ridurre ulteriormente la spesa sociale per contenere il debito – il primo turno delle presidenziali francesi punisce “Merkozy” e premia sia la sinistra di François Hollande che l’estrema destra di Marine Le Pen, entrambe contrarie alla “dittatura della Bce”. A differenza dell’Italia, dove Pd e Pdl al riparo di Mario Monti eseguono alla lettera il programma di austerity imposto da Bruxelles, o della Spagna, dove il neopremier Mariano Rajoy applica le durissime direttive di Francoforte, da Parigi ad Amsterdam la scure tecnocratica dell’eurocrisi sembra destinata ad incontrare un ostacolo imprevisto: la politica.
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Ladri, traditori e golpisti tecnici: morte all’Italia, per legge
Il pareggio di bilancio? «E’ un altro tassello del colpo di Stato strisciante, anticostituzionale, che è in corso in Italia dallo scorso autunno, cioè con l’arrivo al governo della coppia Napolitano-Monti». Giulietto Chiesa non ricorre a perifrasi: parla di “abuso di potere”, firmato da «un Parlamento di zombie, a legittimazione zero», dato che non rappresenta più il popolo italiano. Pareggio di bilancio significa, in pratica, la fine dello Stato: niente più investimenti, non un soldo destinato agli italiani. Per ogni tipo di sviluppo economico e sociale non resterà che una strada: la privatizzazione generale dell’Italia, per cessione diretta di beni e servizi o per via indiretta, cioè attraverso il ricorso ai famigerati “mercati” finanziari internazionali. Un suicidio scientifico, per mano “tecnica”, proprio mentre la politica affonda – non casualmente – nel fango degli scandali, suggerendo la peggiore delle conclusioni: perché andare ancora a votare, visto che ormai la democrazia non serve più?
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Monti sbaglia tutto: e da oggi, salvare l’Italia sarà illegale
Il pareggio di bilancio, di fatto, sancisce l’illegalità del keynesismo. Secondo John Maynard Keynes, nei periodi di recessione, con la “domanda aggregata” insufficiente, era lo Stato, tramite il deficit spending, a far ripartire l’economia. Secondo questo principio, il deficit si sarebbe poi ripagato quando la crescita fosse ripresa. Ora, impedendo costituzionalmente il deficit di bilancio dello Stato – se non per casi eccezionali e comunque per periodi di tempo limitati – tutto ciò sarà impossibile. Da oggi il nostro paese abbraccia ufficialmente l’ideologia economica per la quale la priorità è evitare il deficit spending, ossia che lo Stato possa finanziare parte della domanda indebitandosi. Questa cosa può sembrare apparentemente ragionevole per paesi indebitati come il nostro, ma in realtà è assolutamente folle. Così facendo, si stanno replicando gli errori drammatici degli anni ’30.