Archivio del Tag ‘economia’
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Onore agli aristocratici. I nostri nemici? Sono solo reazionari
Propongo ai lettori una piccola provocazione/riflessione lessicale. Secondo me le superlogge massoniche di cui parla Magaldi nel bellissimo libro “Massoni”, se non sono progressiste non possono essere definite aristocratiche ma solo reazionarie, né i loro affiliati definiti fratelli (in senso lato, estendendo il significato anche alle affiliate donne). Platone sosteneva che il governo dei filosofi è il più adatto ai bisogni dei governati. Filosofo è colui che ama la conoscenza e che quindi è nella condizione migliore per metterla in pratica (il verbo greco “fileo” significa anche “far volentieri una cosa”, “compierla abitualmente”). Chi ha responsabilità di governo deve possedere due caratteristiche: la conoscenza di come agire e la coscienza del risultato, sentendo su di sé la gioia o il dolore degli altri come fossero gioia o dolore propri. Deve essere “àristos”, “il migliore” in questo campo e quindi “il più adatto” a esercitare la guida. Il governo dei migliori è l’aristocrazia. Migliori nella conoscenza e migliori nell’usarla, perché attenti al benessere altrui e disposti a correggersi se necessario. La vera aristocrazia è aristocrazia interiore, quella dei valori spirituali, non della finanza, dell’economia, dell’esoterismo o dell’ermetismo se svincolati dal Giusto, dal Buono e dal Progresso per gli esseri umani. Gli aristocratici sono governanti illuminati che lavorano per rendere illuminati, oltre che liberi dal bisogno, anche coloro che guidano.La parola italiana fratello (e l’equivalente in inglese, tedesco, olandese) deriva da un verbo sanscrito che significa “sostenere”. Fratelli sono coloro che si aiutano e si nutrono a vicenda. In sanscrito, dallo stesso termine derivano la parola marito e la parola moglie, come coloro che si sostengono a vicenda. Chi sfrutta le debolezze altrui per soggiogarlo e arricchirsi o perpetua l’ignoranza umana per servirsene, ha perduto la qualifica originaria di “fratello”. Ricordo con gratitudine la riflessione della scrittrice Marina Valcarenghi: «Nelle mie fiabe i principi e le principesse non sono regnanti forcaioli, ma simboli di aristocrazia interiore, cioè di ricerca della consapevolezza, e il matrimonio non è l’istituzione ma la fusione fra il maschile e il femminile, l’inizio della maturità psico-fisica, così come la conquista del trono simboleggia la conquista di un’autonomia, per cui siamo padroni di noi stessi e quindi del nostro mondo interiore». Credo che considerare aristocratici e fratelli coloro che negli ultimi decenni hanno portato alla rovina interi Stati e alla sofferenza milioni di individui non sia rendere onore alla tradizione iniziatica dell’umanità.Ritengo anche che le stesse logge anti-progressiste non meritino di essere definite conservatrici. In fondo, la conservazione ha un ruolo fondamentale nel trasmettere le radici e la tradizione sotto forma di conoscenza antica. L’opposto di conservatore, in questo senso, non è progressista, ma dissipatore. La distinzione non è mia, appartiene al giornalista Camillo Langone (ed è una delle poche sue riflessioni che mi sento di condividere). Non può essere considerato un iniziato colui che dissipa il senso autentico della tradizione esoterica sposato in origine dalla massoneria, cioè portare la conoscenza al servizio del popolo per sottrarlo al potere dei regnanti forcaioli e farlo progredire socialmente e nello spirito. Scriveva Carlo Rosselli che «il socialismo è in primo luogo rivoluzione morale e in secondo luogo trasformazione materiale e, come tale, si attua sin da oggi nelle coscienze dei migliori senza bisogno di aspettare il sole dell’avvenire». Ripartiamo dunque oggi dalla rivoluzione morale che nasce nella coscienza dei migliori e, attraverso alcune distinzioni linguistiche, riprendiamoci il gusto e la gioia di usare le parole per ciò che realmente evocano.(Zvetan Lilov, “Fratellanza e aristocrazia”, dal blog del Gruppo Rebis dell’8 aprile 2020).Propongo ai lettori una piccola provocazione/riflessione lessicale. Secondo me le superlogge massoniche di cui parla Magaldi nel bellissimo libro “Massoni”, se non sono progressiste non possono essere definite aristocratiche ma solo reazionarie, né i loro affiliati definiti fratelli (in senso lato, estendendo il significato anche alle affiliate donne). Platone sosteneva che il governo dei filosofi è il più adatto ai bisogni dei governati. Filosofo è colui che ama la conoscenza e che quindi è nella condizione migliore per metterla in pratica (il verbo greco “fileo” significa anche “far volentieri una cosa”, “compierla abitualmente”). Chi ha responsabilità di governo deve possedere due caratteristiche: la conoscenza di come agire e la coscienza del risultato, sentendo su di sé la gioia o il dolore degli altri come fossero gioia o dolore propri. Deve essere “àristos”, “il migliore” in questo campo e quindi “il più adatto” a esercitare la guida. Il governo dei migliori è l’aristocrazia. Migliori nella conoscenza e migliori nell’usarla, perché attenti al benessere altrui e disposti a correggersi se necessario. La vera aristocrazia è aristocrazia interiore, quella dei valori spirituali, non della finanza, dell’economia, dell’esoterismo o dell’ermetismo se svincolati dal Giusto, dal Buono e dal Progresso per gli esseri umani. Gli aristocratici sono governanti illuminati che lavorano per rendere illuminati, oltre che liberi dal bisogno, anche coloro che guidano.
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Conte e il tradimento del Mes: il piano, piegarci con la fame
Non credo che scriverò più di Mes dopo oggi, anche perchè solo pensare al tradimento che è avvenuto mi fa ribrezzo. L’idea che esistano sulla terra persone come Gualtieri e Conte mi intristisce, per cui penso di occuparmi di economia e politica, ma di altro. Intanto il cammino è già fissato. Prima di tutto sottolineiamo che il famoso Mes alleggerito “quasi” non condizionale, come dicono i soliti mass media lecchini, ha una serie di forti limiti: dimensionale, cioè il 2% del Pil al 2019 (circa 36 miliardi); di finalizzazione, cioè solo spese per materiale medico o per prevenzione; temporale, cioè solo nel limite del tempo che durerà la pandemia. Con questo non ci facciamo, di per sé, molto: le spese mediche dirette saranno dell’ordine di due-tre miliardi. Consideriamo che la Lombardia, la regione più colpita, ha dichiarato spese sanitarie per 400 milioni. Anche considerando i testi di massa si parla di spese dirette dell’ordine di alcune centinaia di milioni, niente di particolare; la finalizzazione è strettissima, esattamente come volevano i tedeschi o gli olandesi, o come scritto dalla “Welt”. Niente soldi per l’economia; questo piccolo vantaggio è solo a tempo, e cesserà probabilmente nel 2021. Dopo di che, o si rimborsa “cash” o le condizionalità torneranno normali.Quindi non è altro che una sorta di trappola da strozzini e questo lo capisce chiunque, perfino il deputato medio. Quindi, facile dire che “non lo utilizzeremo mai”, vero? Peccato sia una balla. Quando crei uno strumento lo fai per utilizzarlo; e come obbligarti ad usarlo? Come faranno i pupazzi del potere finanziario europeo ad obbligarvi ad usarlo? Semplice, con la fame. Già ora siamo l’unico paese al mondo a non aver dato un centesimo a chi è stato colpito dalla chiusura; una percentuale fra il 30 ed il 60% non riaprirà; tutto quello che il governo ha saputo proporre sono dei prestiti, onerosi; non si dà nessuna data per la fine di questa sofferenza. Senza soldi, alla fame, la gente chiederà al governo di fare qualcosa; e a quel punto il Mes, quello vero, quello della Troika, quello condizionale, verrà tirato fuori. Non perchè sia l’unica via, ma perchè è la sola strada che i poteri finanziari europei vogliono che noi prendiamo, per portarci via quel poco che abbiamo. A quel punto non si salverà nulla, e sarà patrimoniale (e depressione permanente). Varoufakis, che conosce i suoi polli, lo ha detto chiaramente.«Il messaggio sottolineato dall’Eurogruppo alla maggioranza degli italiani, spagnoli, greci (dato che il 97% dello stimolo non è che nuovo debito che dovrà essere ripagato attraverso l’austerità): “Potremmo aiutarvi a rialzarvi ora, ma appena vi alzerete aspettatevi un cazzotto”». Intanto il Pd inizia a chiedere più tasse, proprio il modo giusto per far rialzare l’economia, e soprattutto su dei redditi 2020 che non esisteranno, con un “contributo di solidarietà” sopra gli 80.000 euro. Un piccolo assaggio di ciò che attende gli italiani. Comunque, il Mes sarà applicato: con il principio della Moneta Scarsa, cioè la base dell’euro, e il debito che supererà il 150% del Pil (per la contemporanea riduzione del Pil e l’aumento del debito) renderà automaticamente il nostro debito non tollerabile alla fine del 2020 e ci poterà alla Troika e al Mes. Segnatevelo, salvate questo articolo, perchè è un cammino che, senza emissione di qualche forma di moneta autonoma, ci aspetta. Ci sarà default del debito, patrimoniale e quindi recessione e depressione perenni. Segnatevelo, non lo ripeterò più. Per dirla semplice, il cammino è tracciato e gli italiani sono fottuti. Tranne che, finalmente, non decidano di cambiare strada, ma sicuramente non lo faranno con Conte e Gualtieri.(Guido da Landriano, “Vi piegheranno con la fame, il disegno è chiaro”, da “Scenari Economici” del 10 aprile 2020).Non credo che scriverò più di Mes dopo oggi, anche perchè solo pensare al tradimento che è avvenuto mi fa ribrezzo. L’idea che esistano sulla terra persone come Gualtieri e Conte mi intristisce, per cui penso di occuparmi di economia e politica, ma di altro. Intanto il cammino è già fissato. Prima di tutto sottolineiamo che il famoso Mes alleggerito “quasi” non condizionale, come dicono i soliti mass media lecchini, ha una serie di forti limiti: dimensionale, cioè il 2% del Pil al 2019 (circa 36 miliardi); di finalizzazione, cioè solo spese per materiale medico o per prevenzione; temporale, cioè solo nel limite del tempo che durerà la pandemia. Con questo non ci facciamo, di per sé, molto: le spese mediche dirette saranno dell’ordine di due-tre miliardi. Consideriamo che la Lombardia, la regione più colpita, ha dichiarato spese sanitarie per 400 milioni. Anche considerando i testi di massa si parla di spese dirette dell’ordine di alcune centinaia di milioni, niente di particolare; la finalizzazione è strettissima, esattamente come volevano i tedeschi o gli olandesi, o come scritto dalla “Welt”. Niente soldi per l’economia; questo piccolo vantaggio è solo a tempo, e cesserà probabilmente nel 2021. Dopo di che, o si rimborsa “cash” o le condizionalità torneranno normali.
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Meno democrazia, grazie alla paura: è il disegno di Conte
Il problema è l’uso politico della paura. Perché oggi, padrona incontrastata della scena pubblica e dei sentimenti privati, è la paura della pandemia, del contagio, di questo nemico invisibile e feroce che si può nascondere dovunque e d’improvviso può assalirti e condannarti in poche ore a una morte atroce, solo come un cane. Una paura di tutto un popolo (e di quasi tutto il mondo) come mai si era vista serpeggiare fra la gente. Ma, attenzione, c’è un’operazione politica in corso in Italia che fa leva proprio su questa ansia collettiva. La tentazione del potere di usare la paura c’è sempre stata, come spiegava anni fa Zygmunt Bauman: «Di sicuro la costante sensazione di allerta incide sull’idea di cittadinanza nonché sui compiti ad essa legati, che finiscono per essere liquidati o rimodellati. La paura è una risorsa molto invitante per sostituire la demagogia all’argomentazione e la politica autoritaria alla democrazia. E i richiami sempre più insistiti alla necessità di uno stato di eccezione vanno in questa direzione». Queste parole di Bauman fanno pensare all’Italia oggi alle prese con l’epidemia da coronavirus. Ieri un insigne giurista, Claudio Zucchelli (fino a pochi mesi fa presidente della sezione normativa del Consiglio di Stato), in un suo intervento, giudicava «molto dubbia» la «costituzionalità» dei Dpcm e delle ordinanze emanate a causa del Covid-19, «avendo essi limitato diritti fondamentali costituzionali».Infatti si può incidere su quei diritti «in caso di emergenza purché le limitazioni scaturiscano dal rispetto delle forme cioè della sovranità popolare» che si esprime nel Parlamento. È vero che – dopo molte critiche in questo senso – «il governo ha presentato al Parlamento un decreto legge (n. 19 del 2020) con il quale ha creduto di aggiustare la situazione». In realtà, spiega Zucchelli, «nulla è cambiato, perché il Dl enumera e descrive tutte le misure restrittive già contenute nei precedenti Dpcm, ma non le adotta, delegandole al presidente. È questi che decide sulla esistenza o no dello stato di eccezione, non il Parlamento. Ma chi ha il potere di decidere lo stato di eccezione e sospendere il diritto, possiede la sovranità, e dunque la sovranità si sposta dal popolo al presidente». Zucchelli spiega: «Questa è la violazione avvenuta in questa contingenza perché sono stati accentrati nelle mani del governo il potere normativo e quello esecutivo. Situazione dalla quale metteva in guardia Montesquieu. Il drammatico dubbio è quindi che con il pretesto della emergenza, si tenti di cambiare il volto stesso della democrazia occidentale, andando verso una democrazia autoritaria, ossimoro che cela una nuova forma di Stato autoritario».Proprio per la paura dilagante in queste settimane tutto un popolo ha accettato senza la minima obiezione qualcosa che sarebbe stato impensabile fino a pochi giorni fa: la forte limitazione della nostra libertà personale, la rinuncia ai nostri legami sociali e addirittura la prospettiva prossima del baratro economico. Il paese vive questa generale condizione di paralisi come ipnotizzato. Senza ancora rendersi conto precisamente di cosa sta accadendo. Ma perché Conte ha deciso quella forzatura? La via naturale sarebbe stato un serio dibattito parlamentare con il coinvolgimento di tutte le forze politiche nel governo per avere l’unità del paese e renderlo più forte in questa battaglia terribile. Ma questo avrebbe significato rimettere in gioco il centrodestra (che è maggioranza nel paese) e Salvini (che Conte detesta) e probabilmente avrebbe portato pure all’accantonamento di Conte. Perciò l’attuale premier – che sta a Palazzo Chigi senza legittimazione popolare – con i suoi strateghi ha scelto la via opposta, intravedendo in questa emergenza nazionale la grande occasione per darsi un’immagine da leader.Ha dunque varato una sorprendente operazione politica. Si è preso un ruolo esorbitante invadendo Tv e altri media e diventando l’unico attore sulla scena, non avendo voluto neanche nominare un Bertolaso per l’emergenza (pure il Consiglio dei ministri è evaporato). È diventato un uomo solo al comando e si è proposto come il Grande Rassicuratore della gente impaurita dall’epidemia. Gli errori fatti da lui e dal suo governo da fine gennaio, quando è scattato l’allarme, nella gestione dell’emergenza, sono davvero grandi (da quelli sulla Lombardia, alle preziose settimane di febbraio perse senza far nulla, dalla mancanza di attrezzature di protezione, perfino negli ospedali, fino alla carenza di cure a domicilio per i positivi). Ma paradossalmente e inspiegabilmente tutto questo non sembra suscitare (ancora) indignazione. Perché fra la gente la ragione critica è oggi totalmente soffocata dalla paura. Infatti – nonostante questi errori – nei sondaggi pare che il consenso attorno a Conte e questo governo – al momento – sia cresciuto. Perché? E perché l’opposizione – che ha cercato di dare il suo contributo critico evidenziando gli errori del governo, viene – a quanto – pare penalizzata?Lo ha spiegato bene Marco Gervasoni nel suo pamphlet, “Coronavirus: fine della globalizzazione” (con Corrado Ocone): «Quando c’è la paura – e l’epidemia è uno dei fattori che più la scatena – l’essere umano è pronto a rinunciare a tutto, pur di salvare la vita. Quando l’uomo ha paura ha bisogno sì di un capo. Ma di un capo che lo rassicuri, non che crei ulteriore paura o ansia… quando l’uomo ha paura di morire si affida a chi può dargli maggiore certezze. Per questo inevitabilmente, sul breve periodo (che però non sappiamo quanto potrà essere lungo) la crisi mondiale favorirà chi al potere già ci sta». Il bisogno collettivo di rassicurazione si vede bene nel successo del più sciocco slogan del secolo: “Andrà tutto bene”. Si contano i morti a migliaia ogni giorno, ma la gente ha bisogno di qualcuno che – come ai bambini – ripeta: non preoccuparti, andrà tutto bene. Contro ogni evidenza, perché questo non è il momento della razionalità. Conte si è inserito in questa ondata di paura, per rispondere a tale bisogno di rassicurazione, come unica autorità in campo (sostenuto da Mattarella e Bergoglio) e lo ha fatto ostentando appunto paterna protezione. Così è cresciuto in popolarità. Il suo progetto politico punta al Quirinale. Ma è difficile che un governicchio così debole e minoritario possa superare l’enorme scoglio rappresentato dal crollo della nostra economia (a fine aprile arriveranno i primi dati e saranno terrificanti).Di fronte a quella situazione drammatica s’imporrebbe la necessità di un governo di unità nazionale, che fosse largamente maggioritario in Parlamento e nel paese, ma sicuramente si accamperanno le solite scuse: «Non si può fare una crisi di governo in questa situazione di emergenza e tanto meno si possono fare le elezioni». Allora potrebbe saltar fuori dal cilindro l’idea di un direttorio di illuminati che affiancherebbero il premier per “salvare” il paese dal tracollo totale. Nei giorni scorsi una falsa notizia attribuita all’Ansa (che ha subito fatto denuncia), parlava di colloqui fra le alte istituzioni su una «task force per la ricostruzione» e si facevano i soliti nomi di Draghi, di Cassese e di Amato. «Notizia falsa, ma in fondo verosimile», ha commentato “Lettera 43″. Chi l’ha fabbricata potrebbe aver orecchiato idee che circolano nell’aria. Qualcuno sospetta che alcuni di quei nomi siano stati fatti per essere “bruciati”. Se si percorresse quella via sarebbe una sorta di commissariamento della Repubblica, che forse passerebbe in modo indolore fra la gente attanagliata dalla paura e – anche – dal dramma economico. La paura e l’emergenza permettono tante cose. In fondo le prove generali sono appena state fatte in questi giorni. Il rischio, come scrive Zucchelli, è che «con il pretesto della emergenza, si tenti di cambiare il volto stesso della democrazia occidentale, andando verso una democrazia autoritaria».(Antonio Socci, “Meno democrazia e più paura, così il premier prova a diventare leader”, da “Libero” del 7 aprile 2020).Il problema è l’uso politico della paura. Perché oggi, padrona incontrastata della scena pubblica e dei sentimenti privati, è la paura della pandemia, del contagio, di questo nemico invisibile e feroce che si può nascondere dovunque e d’improvviso può assalirti e condannarti in poche ore a una morte atroce, solo come un cane. Una paura di tutto un popolo (e di quasi tutto il mondo) come mai si era vista serpeggiare fra la gente. Ma, attenzione, c’è un’operazione politica in corso in Italia che fa leva proprio su questa ansia collettiva. La tentazione del potere di usare la paura c’è sempre stata, come spiegava anni fa Zygmunt Bauman: «Di sicuro la costante sensazione di allerta incide sull’idea di cittadinanza nonché sui compiti ad essa legati, che finiscono per essere liquidati o rimodellati. La paura è una risorsa molto invitante per sostituire la demagogia all’argomentazione e la politica autoritaria alla democrazia. E i richiami sempre più insistiti alla necessità di uno stato di eccezione vanno in questa direzione». Queste parole di Bauman fanno pensare all’Italia oggi alle prese con l’epidemia da coronavirus. Ieri un insigne giurista, Claudio Zucchelli (fino a pochi mesi fa presidente della sezione normativa del Consiglio di Stato), in un suo intervento, giudicava «molto dubbia» la «costituzionalità» dei Dpcm e delle ordinanze emanate a causa del Covid-19, «avendo essi limitato diritti fondamentali costituzionali».
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Grimaldi: virus e dittatura sanitaria, il vero sogno dell’élite
Non voglio dire che il Covid-19 sia il risultato di una pianificazione lucida e programmata, per quanto ci sarebbero elementi che lo farebbero pensare (perché c’è una storia di crimini programmati lucidamente, con provocazioni mondiali per raggiungere certi fini, a partire dall’11 settembre al Golfo del Tonchino). Non abbiamo la possibilità di dire al pubblico che c’è stato un criminale disegno. Però quando il coltello è capitato nelle mani di chi sa maneggiarlo, lo hanno sempre utilizzato per i propri scopi. Si dovrebbe parlare di un complotto che fa uso di un virus che sconvolga il mondo e che ridisegni l’assetto geopolitico nonché il quadro dei rapporti di classe. La storia ci dirà che questo coltello verrà utilizzato per degli scopi che si sono sempre ripromessi le élite, cioè arrivare ad un potere assoluto, totalitario. Ristabilire un nuovo paradigma sociale, che veda una riduzione dell’autonomia dell’autodeterminazione da parte delle masse, e una concentrazione di potere e di ricchezza al vertice. Al vertice vediamo nuovi protagonisti, tutti quelli che hanno il controllo della salute come l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i medici, i ricercatori. Una categoria laica che sta scalando le posizioni del potere e del prestigio prendendo il posto della Chiesa, che si è sempre data per fine il controllo su vita, salute e morte delle persone.
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Garavelli, primario: la quarantena uccide l’Italia, non il virus
Quanto può durare, un paese bloccato in una quarantena? Colleghi psichiatri mi dicono che la gente comincia a soffrire. Forse, Covid farà più morti per le patologie psichiatriche (omicidi, litigi in famiglia e tra vicini) e per la crisi sociale e la fame che indurrà, che di per se stesso. Dobbiamo affrontare il toro per le corna: se le misure quarantenarie non dimostrano di funzionare, e se il virus non finisce la sua corsa per ragioni climatiche, allora bisogna pensare a qualcos’altro. Non bisogna bloccare il paese: abbiamo strumenti di chemioterapia e di chemioprofilassi analoghi a quelli a disposizione dell’India per contrastare la malaria. Abbiamo un farmaco come il Plaquenil (l’idrossiclorochina) che si sta dimostrando assolutamente efficace, e non solo per il trattamento delle forme acute in fase iniziale, determinando nella maggior parte dei casi lo sfebbramento in terza giornata e soprattutto riducendo il Covid e quindi la pressione sugli ospedali. Soprattutto: essendo un farmaco di lunga durata (22 giorni), che si concentra nelle cellule dell’alveo respiratorio, e che ha una larga tradizione d’impiego nella profilassi della malaria, con il Plaquenil potremmo anche fare una politica “coloniale”, come quella inaugurata in India dagli inglesi nei confronti della malaria. Abbiamo il coraggio di fare queste scelte?
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Lutto in casa Kennedy, e va a fuoco la casa di Mario Draghi
Draghi e Kennedy: due nomi ora anche nelle pagine di cronaca nera, pochi giorni dopo l’uscita mondiale del brano “Murder Most Foul”, in cui Bob Dylan rievoca il complotto del Deep State costato la vita a John Kennedy, ucciso a Dallas nel 1963, mettendolo in qualche modo in relazione con l’attuale emergenza coronavirus. Una denuncia clamorosa, quella di Dylan, in contemporanea con quella di Mario Draghi sulle pagine del “Financial Times”, in cui l’ex presidente della Bce – richiamandosi al New Deal di Roosevelt – invoca la fine del rigore finanziario, se si vuole ricostruire l’economia disastrata dalla pandemia. Pochi giorni dopo le esternazioni di Dylan e Draghi, è scomparsa nel nulla Maeve Kennedy Townsend McKean, nipote quarantenne di Bob Kennedy, fratello di John, a sua volta assassinato (a Los Angeles, nel 1968). A una settimana dalla scomparsa – in mare – Maeve Kennedy è stata quindi ritrovata cadavere il 7 aprile, lungo le coste del Maryland. E in serata, a migliaia di chilometri di distanza – a Città della Pieve – i vigili del fuoco sono dovuti accorrere per spegnere lo strano incendio innescatosi nella residenza italiana di Mario Draghi. Le fiamme hanno intaccato il tetto dell’abitazione (sempre il tetto era stato incenerito dal rogo della cattedrale parigina di Notre-Dame, esattamente un anno fa, dando il destro a suggestive interpretazioni simbologiche tra chi sospetta l’origine dolosa del disastro).Secondo il “Corriere dell’Umbria”, i pompieri intervenuti a Città della Pieve, al confine con la Toscana, avrebbero rilevato nella canna fumaria l’origine dell’incendio che ha poi attaccato il tetto della casa italiana di Draghi. L’ex presidente della Banca Centrale Europea, ricorda il giornale, è anche «il potenziale candidato alla presidenza del Consiglio nella successione a Giuseppe Conte in caso di governo di unità nazionale». Secondo Gioele Magaldi, massone progressista e presidente del Movimento Roosevelt (nonché autore del saggio “Massoni”), Mario Draghi – fino a ieri militante nell’ala più reazionaria della massoneria sovranazionale, responsabile dell’austerity europea che ha sabotato l’economia – si sarebbe avvicinato al circuito della massoneria progressista, del quale (assicura Magaldi) fa parte lo stesso Bob Dylan, la cui canzone kennedyana – pubblicata non a caso in piena emergenza coronavirus – richiama l’attenzione su John Kennedy per ricordare la fine violenta delle speranze in un mondo migliore, imposta da un attentato particolarmente infame, che vide coinvolti la Cia, l’Fbi e tre diversi futuri presidenti americani (Johnson, Nixon e Bush senior).Sempre secondo Magaldi, Draghi sarebbe ora sceso in campo per sostenere la “controffensiva democratica” delle forze che – in tutto il mondo, in modo trasversale – tentano di opporsi alla “politica del coronavirus”, che in base al modello cinese sperimentato a Wuhan con la benedizione dell’Oms impone severe restrizioni alle libertà personali, che qualcuno spera diventino permanenti. Magaldi denuncia la “filiera del rigore” inaugurata nel 1975 dal manifesto “La crisi della democrazia” sollecitato dalla Commissione Trilaterale dominata da Kissinger, il potente “massone neoaristocratico” che per primo sdoganò la Cina con l’intento di farne un modello anche per un futuro Occidente post-democratico, quello che si intravede oggi sotto le legislazioni speciali introdotte grazie alla paura del virus. Nel suo lavoro editoriale, Magaldi fa risalire proprio all’uccisione di John Kennedy (seguita a ruota da quelle di Bob Kennedy e Martin Luther King) la fine della speranza in un Occidente migliore, prospero e libero dall’angoscia, patria dei diritti sociali e civili. Dopo di allora, a partire dal golpe cileno del 1973, il neoliberismo è andato direttamente al governo, fino a produrre in Europa la catastrofe socio-economica che ha schiantato l’Italia, fermandone la corsa (il Belpaese era la quinta potenza industriale del mondo, prima che Mani Pulite rottamasse la classe politica della Prima Repubblica).Fa impressione, intanto, l’ennesimo lutto in casa Kennedy ad appena una settimana di distanza dall’omaggio di Dylan a Jfk (oltre 2 milioni e mezzo di visualizzazioni su YouTube, in pochi giorni, per “Murder Most Foul”). Il corpo senza vita di Maeve Kennedy Townsend McKean è stato ritrovato in mare nella Baia di Chesapeake. Il cadavere di Maeve è stato localizzato a sette metri di profondità, quattro chilometri più a sud rispetto alla casa di sua madre a Shady Side, nel Maryland, dove giovedì sera la donna era uscita in canoa insieme al figlio Gideon, di 8 anni, che risulta ancora disperso. Madre e figlio sarebbero stati visti per l’ultima volta allontanarsi a bordo di un kajak: secondo fonti di stampa «stavano cercando di recuperare una palla, ma a causa della corrente non erano più riusciti a tornare a riva». Maeve è la figlia di Kathleen Kennedy Townsend, vice-governatrice del Maryland, a sua volta figlia di Robert Kennedy, fratello di John. Era sposata con David McKean, avvocato di diritti civili a Washington, ed era madre di quattro figli. Lavorava come dirigente alla Georgetown University di Washington, dove risiedeva con la famiglia.Inevitabilmente, i giornali riparlano della “maledizione” della famiglia Kennedy, dopo le perdite di John e Bob. Qualche mese fa era morta un’altra nipote di Robert Kennedy, Saoirse Hill, deceduta a 22 anni «in seguito a un mix letale di droga e farmaci». Un altro fratello di John e Bob, Joseph Kennedy, era morto nel ’44 durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre una sorella, Kathleen, aveva perso la vita nel ’48 in un incidente aereo. Risale al 1984 la morte di David Kennedy, figlio di Robert, ucciso «da un’overdose di farmaci», mentre nel ’97 è scomparso un altro dei figli, Michael, in un incidente sulle piste di sci. Ancora: nel ‘99 aveva perso la vita uno dei figli di Jfk, John, insieme alla moglie e alla cognata, in un incidente aereo lungo la costa di Martha’s Vineyard, in Massachusetts. Nel 2011, infine, ancora una morte prematura: quella di Kara, figlia di Edward Kennedy, «stroncata da un infarto». Lo stesso anno si sarebbe suicidata Mary Richardson, moglie di Robert Kennedy jr., notissimo avvocato, in prima linea – insieme all’attore Robert De Niro – contro gli abusi delle campagne vaccinali e la correlazione tra vaccini e autismo. Robert junior è l’ennesimo Kennedy che dà fastidio al potere (in questo caso, sanitario: quello che si sta affermando a livello modiale, grazie alla gestione “cinese” del coronavirus raccomandata dall’Oms). Un contesto sinistro, che fa da contorno anche alla morte di Maeve Kennedy?Draghi e Kennedy: due nomi ora anche nelle pagine di cronaca nera, pochi giorni dopo l’uscita mondiale del brano “Murder Most Foul”, in cui Bob Dylan rievoca il complotto del Deep State costato la vita a John Kennedy, ucciso a Dallas nel 1963, mettendolo in qualche modo in relazione con l’attuale emergenza coronavirus. Una denuncia clamorosa, quella di Dylan, in contemporanea con quella di Mario Draghi sulle pagine del “Financial Times”, in cui l’ex presidente della Bce – richiamandosi al New Deal di Roosevelt – invoca la fine del rigore finanziario, se si vuole ricostruire l’economia disastrata dalla pandemia. Pochi giorni dopo le esternazioni di Dylan e Draghi, è scomparsa nel nulla Maeve Kennedy Townsend McKean, nipote quarantenne di Bob Kennedy, fratello di John, a sua volta assassinato (a Los Angeles, nel 1968). A una settimana dalla scomparsa – in mare – Maeve Kennedy è stata quindi ritrovata cadavere il 7 aprile, lungo le coste del Maryland. E in serata, a migliaia di chilometri di distanza – a Città della Pieve – i vigili del fuoco sono dovuti accorrere per spegnere lo strano incendio innescatosi nella residenza italiana di Mario Draghi, proprio mentre a Bruxelles era riunito l’Eurogruppo. Le fiamme hanno intaccato il tetto dell’abitazione (sempre il tetto era stato incenerito dal rogo della cattedrale parigina di Notre-Dame, esattamente un anno fa, dando il destro a suggestive interpretazioni simbologiche tra chi sospetta l’origine dolosa del disastro).
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Catastrofe Italia: stiamo perdendo milioni di posti di lavoro
Dopo il primo mese di chiusura delle attività incominciano a esserci prime valutazioni degli scenari che ci aspettano. Le prime stime dell’Organizzazione internazionale del lavoro prevedono la perdita di 25 milioni di posti di lavoro nel mondo. Purtroppo tale dato viene aggiornato al rialzo col passare dei giorni e con l’estendersi della pandemia a nuovi paesi. Basti rilevare che già nella prima settimana di impatto del virus, gli Usa hanno registrato 3 milioni di nuove richieste di indennità di disoccupazione. Per quanto riguarda il nostro paese abbiamo le prime proiezioni fatte sulla base di previsioni relative al calo di fatturato che sarà registrato dalle imprese. I dati più attendibili, frutto di una elaborazione di Unioncamere, tracciano due scenari, uno più positivo e uno pessimistico. Nel primo caso si registrerà una diminuzione del fatturato del 7% e si prevede che occorreranno due anni per tornare al livello pre-crisi. Nella proiezione pessimistica la perdita sarà del 18% e occorreranno quattro anni per recuperare le perdite. Sulla base di questi scenari si possono ipotizzare due valutazioni sull’impatto che vi sarà sull’occupazione.Nel primo caso si calcola che vi saranno 98.000 imprese che chiuderanno e si prevede una perdita di 2,2 milioni di posti di lavoro. Nel secondo caso avremo la chiusura di 176.000 imprese e la perdita di 3,8 milioni di posti di lavoro. Il tasso di occupazione potrebbe così passare dal 59% al 53% riportandoci ai minimi registrati negli anni della crisi economica post-2008. Ovviamente l’impatto non sarà identico per i diversi settori economici. Quelli con occupazione più flessibile – ospitalità, ristorazione, spettacoli e logistica – subiranno i cali più forti. Si prevede che la sola filiera turistica possa perdere 1,5 milioni di posti di lavoro. A conferma delle prime previsioni generali arrivano i dati elaborati dalle Agenzie del lavoro di Lombardia e Veneto sulla base delle comunicazioni obbligatorie. Il risultato relativo alle due settimane del mese di marzo porta a un aumento della disoccupazione di circa lo 0,6%. Significa quasi 50.000 posti di lavoro persi in 15 giorni nelle due regioni.Nelle due regioni più colpite dall’impatto dell’emergenza sanitaria sono attive oggi un po’ meno del 50% delle attività produttive che impegnano poco più del 50% del totale degli addetti con punte del 60% nelle aree urbane come quella di Milano. L’insieme dei dati di questo primo periodo di crisi ci prefigura una grave problematica occupazionale che esploderà in tutto il suo impatto quando si uscirà dalla quarantena. È adesso che si deve dar vita a un comitato capace di disegnare un grande piano per il lavoro per il momento della ripartenza. Non si potrà certo proseguire solo con redditi di sussistenza a carico della fiscalità, ma occorre mettere il lavoro al centro dei piani di ripresa. Grandi investimenti pubblici e privati per recuperare nel più breve tempo possibile il deficit che si è creato e un piano di servizi di politiche attive del lavoro che metta tutti all’opera per la ricostruzione di quanto è andato perduto.(Massimo Ferlini, estratto dall’intervento “Le vere previsioni sulle perdite dei posti di lavoro”, pubblicato dal “Sussidiario” il 6 aprile 2020).Dopo il primo mese di chiusura delle attività incominciano a esserci prime valutazioni degli scenari che ci aspettano. Le prime stime dell’Organizzazione internazionale del lavoro prevedono la perdita di 25 milioni di posti di lavoro nel mondo. Purtroppo tale dato viene aggiornato al rialzo col passare dei giorni e con l’estendersi della pandemia a nuovi paesi. Basti rilevare che già nella prima settimana di impatto del virus, gli Usa hanno registrato 3 milioni di nuove richieste di indennità di disoccupazione. Per quanto riguarda il nostro paese abbiamo le prime proiezioni fatte sulla base di previsioni relative al calo di fatturato che sarà registrato dalle imprese. I dati più attendibili, frutto di una elaborazione di Unioncamere, tracciano due scenari, uno più positivo e uno pessimistico. Nel primo caso si registrerà una diminuzione del fatturato del 7% e si prevede che occorreranno due anni per tornare al livello pre-crisi. Nella proiezione pessimistica la perdita sarà del 18% e occorreranno quattro anni per recuperare le perdite. Sulla base di questi scenari si possono ipotizzare due valutazioni sull’impatto che vi sarà sull’occupazione.
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Magaldi: l’Oms cinese e il nuovissimo Ministero della Verità
Taci, il nemico ti ascolta. Siamo arrivati al Minculpop all’amatriciana del sempre più sconcertante “avvocato del popolo”, capace di chiudere gli italiani in casa lasciandoli anche senza soldi? Di male in peggio: ora sarà l’orwelliano Ministero della Verità a vigilare sulle notizie somministrabili ai sudditi, in tema di coronavirus. Nella nuova “Unità per il monitoraggio delle notizie false”, voluta dal sottosegretario Andrea Martella (Pd, ovviamente) monteranno la guardia «specialisti della comunicazione e del fact-checking», spiega “Repubblica”, quotidiano di proprietà di John Elkann (Fiat-Fca). Nomi del calibro di Riccardo Luna, editorialista di “Repubblica”, nonché Francesco Piccinini (direttore di “Fanpage”) e David Puente, “responsabile fact-checking” per il giornale online “Open”, fondato da Enrico Mentana (firmatario, con Grillo e Renzi, del “Patto per la Scienza” guidato da Roberto Burioni, che ha appena chiesto alla magistratura di spegnere “ByoBly”, il video-blog di informazione indipendente più amato e seguito dagli italiani). La task force messa in piedi da Martella a Palazzo Chigi? «Ridicola e grottesca, oltre che preoccupante», la definisce Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt.«Stiamo ancora aspettando – dice Magaldi – che i grandi media (quelli che secondo il governo sarebbero depositari della verità unica) facciano ammenda per le tante fake news ufficiali spacciate in queste anni, a partire da quella sulle inesistenti “armi di distruzione di massa” di Saddam Hussein». Quanto al cosiddetto complottismo, Magaldi accusa: «Spesso, alimentare tesi vistosamente strampalate è funzionale a chi detiene il potere, per screditare in partenza qualsiasi voce alternativa». Magaldi è allarmato per la folle situazione in cui versa l’Italia: libertà drasticamente azzerata ed economia prossima al coma, «grazie a un governo che prende per il naso lavoratori, famiglie e aziende, senza fornire precise garanzie sulla ripresa». Un “suicidio” di massa, scandaloso: «Ancora non è stato dato un concreto aiuto materiale a chi è stato costretto a restare a casa e non ha risorse per far fronte alle necessità anche solo alimentari della famiglia». L’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, ha le idee chiarissime: «Non resta che emettere moneta sovrana: moneta di Stato, “non a debito”, non convertibile in euro e spendibile solo in Italia, fondamentale per impedire che la nostra economia crolli».A insospettire Magaldi è anche l’incredibile confusione cui stiamo assistendo: «Fa pensare al motto massonico “ordo ab chao”: il caos è quello che purtroppo stiamo già vivendo, e temo che il “nuovo ordine” che si prepara possa rivelarsi inquietante, cioè senza un ritorno alla piena libertà di prima. Troppe voci continuano a prefigurare un futuro in cui dovremo rinunciare alle possibilità di movimento a cui, da sempre, eravamo abituati». Un sospetto che viene dalla Cina, o meglio dall’Oms, il cui presidente – il politico etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus – è ora accusato dal “Wall Street Journal” di aver “coperto” il grave ritardo con cui le autorità di Pechino hanno diffuso le notizie sulla iniziale diffusione del Covid-19, salvo poi raccomandare (anche all’Italia) il modello-Wuhan, cioè il “coprifuoco”, come unica possibile strategia antivirus. «L’Etiopia ha strettissimi legami con la Cina: è uno snodo centrale, strategico, per l’egemonia cinese sull’Africa». Anche per questo, secondo Magaldi, è ben poco rassicurante la longa manus protesa dall’Oms, che è presente anche nel governo italiano (con Walter Ricciardi, ingaggiato in qualità di super-consulente del ministro della sanità Roberto Speranza).«Noi comunque non staremo con le mani in mano – avverte Magaldi – specie se poi la riapertura dell’Italia dovesse essere ulteriormente rinviata». Il Movimento Roosevelt, che sta attrezzando uno “sportello legale” per assistere i cittadini alle prese coi decreti dello stato d’emergenza, ha inoltre in cantiere una “task force costituzionale” per «difendere i cittadini da eventuali abusi, accuse e vessazioni civili e penali di palese natura antidemocratica, liberticida e anticostituzionale». Magaldi prevede un ampio ricorso, appena possibile, in tutte le sedi giudiziarie, a maggior ragione «se qualcuno tentasse, come già si ventila, di rafforzare ulteriormente i poteri straordinari dell’esecutivo, approfittando sciaguratamente della situazione emergenziale». Non è tutto: «A giorni – conclude Magaldi – presenteremo al governo le nostre proposte per cominciare finalmente ad assistere gli italiani, sul piano economico. Se venissero ignorate – avverte – potremmo anche decidere di violare la legge, in modo nonviolento e democratico, con azioni dimostrative nelle piazze».Taci, il nemico ti ascolta. Siamo arrivati al Minculpop all’amatriciana del sempre più sconcertante “avvocato del popolo”, capace di chiudere gli italiani in casa lasciandoli anche senza soldi? Di male in peggio: ora sarà l’orwelliano Ministero della Verità a vigilare sulle notizie somministrabili ai sudditi, in tema di coronavirus. Nella nuova “Unità per il monitoraggio delle notizie false”, voluta dal sottosegretario Andrea Martella (Pd, ovviamente) monteranno la guardia «specialisti della comunicazione e del fact-checking», spiega “Repubblica”, quotidiano di proprietà di John Elkann (Fiat-Fca). Nomi del calibro di Riccardo Luna, editorialista di “Repubblica”, nonché Francesco Piccinini (direttore di “Fanpage”) e David Puente, “responsabile fact-checking” per il giornale online “Open”, fondato da Enrico Mentana (firmatario, con Grillo e Renzi, del “Patto per la Scienza” guidato da Roberto Burioni, che ha appena chiesto alla magistratura di spegnere “ByoBly”, il video-blog di informazione indipendente più amato e seguito dagli italiani). La task force messa in piedi da Martella a Palazzo Chigi? «Ridicola e grottesca, oltre che preoccupante», la definisce Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt.
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Virus, strage colposa: Taormina denuncia il governo Conte
Il coronavirus potrebbe scatenare anche un Armageddon giudiziario. Avvocati e semplici cittadini, con la Rete a fare da cassa di risonanza, hanno innescato una valanga pronta ad abbattersi sul governo, reo (a loro dire) di non aver tutelato abbastanza gli italiani dall’implacabile virus che continua a mietere vittime. A capo della protesta è il legale Carlo Taormina, già viceministro dell’interno nel governo Berlusconi, nel 2001. L’avvocato annuncia il terremoto legale che attenderebbe il premier, perché dietro la sua iniziativa c’è un esercito di italiani: «Ringrazio le oltre 700.000 persone che mi hanno, in un solo giorno, voluto sostenere nella denuncia da me presentata alla Procura di Roma contro i responsabili di questa autentica strage colposa di Stato». Il tema, ovviamente, è il Covid-19: il numero dei morti sarebbe legato, secondo Taormina, «ai 40 giorni di ritardo nel chiudere tutto». Nella denuncia, il legale parla di «gravissime condotte omissive messe in atto dai nostri governanti e dai consulenti che li hanno assistiti». E così, aggiunge, «una massa di contagiati si è trasformata in una massa di morti».Tra post e video pubblicati sul social – osserva il “Tempo” – il giurista spara a zero, definendo non solo «cialtroni» i governanti e «tromboni» i medici che stanno affrontando l’urgenza, ma minaccia di denunciare anche i magistrati che non dovessero riconoscere la responsabilità del governo Conte-bis e delle autorità sanitarie. In sostanza, Taormina collega il numero dei morti all’iniziale indecisione dell’esecutivo: c’è voluto oltre un mese, prima di arrivare alla decisione di mettere in quarantena l’intera Italia. L’avvocato si riferisce al periodo compreso tra il 31 gennaio e i primi di marzo, in cui «nessuna forma di tutela è stata assunta». Secondo Taormina, troppi contagiati «muoiono perché non assistiti o non assistibili, per mancanza di respiratori e letti di terapia intensiva». Famoso “principe del foro”, l’ex sottosegretario spiega il senso della denuncia che ha depositato presso la magistratura inquirente della capitale: il mandato all’autorità giudiziaria, in sostanza, è per capire se – di fronte alle migliaia di vittime – ci siano state omissioni gravi, imputabili a incompetenza delle autorità.Lo stesso Taormina – scrive il quotidiano “Libero” – chiede alle autorità di «comunicare quante sono state le persone morte in casa, nonostante una richiesta di soccorso medico», e quante altre sarebbero morte fuori degli ospedali, ovvero «fatte rimanere a crepare nelle autoambulanze perché non c’erano respiratori o letti di terapia intensiva». Altri pazienti ancora, infine, secondo Taormina satebbero deceduti negli ospedali «perché si è scelto di farli morire per salvare altre vite», magari più giovani. Per il giornale di Feltri, l’iniziativa di Taormina rischia di trasformarsi «in una bomba giudiziaria sul governo». La premessa principale è che il “coprifuoco” sarebbe una diga contro il contagio, o comunque gli effetti patologici del virus. Non tutti, nella comunità scientifica, condividono questa visione: in Svezia, ad esempio, si lascia ai cittadini ampia facoltà di circolazione. Se poi risultasse – come ipotizzato – che il virus può diffondersi “nell’aria, sotto forma di aerosol”, è ovvio che le misure restrittive si rivelerebbero un sacrificio inutile. Tuttavia, la linea del “coprifuoco” è quella adottata dal governo, con conseguenze catastrofiche per l’economia. Linea che, secondo Taormina (e i 700.000 firmatari della denuncia) sarebbe stata imposta in ritardo e con troppe incongruenze.Il coronavirus potrebbe scatenare anche un Armageddon giudiziario. Avvocati e semplici cittadini, con la Rete a fare da cassa di risonanza, hanno innescato una valanga pronta ad abbattersi sul governo, reo (a loro dire) di non aver tutelato abbastanza gli italiani dall’implacabile virus che continua a mietere vittime. A capo della protesta è il legale Carlo Taormina, già viceministro dell’interno nel governo Berlusconi, nel 2001. L’avvocato annuncia il terremoto legale che attenderebbe il premier, perché dietro la sua iniziativa c’è un esercito di italiani: «Ringrazio le oltre 700.000 persone che mi hanno, in un solo giorno, voluto sostenere nella denuncia da me presentata alla Procura di Roma contro i responsabili di questa autentica strage colposa di Stato». Il tema, ovviamente, è il Covid-19: il numero dei morti sarebbe legato, secondo Taormina, «ai 40 giorni di ritardo nel chiudere tutto». Nella denuncia, il legale parla di «gravissime condotte omissive messe in atto dai nostri governanti e dai consulenti che li hanno assistiti». E così, aggiunge, «una massa di contagiati si è trasformata in una massa di morti».
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Il massone Bob Dylan, Kennedy e i golpisti del coronavirus
Vide il corpo di Kennedy sobbalzare in avanti, e capì che Chuck Nicoletti lo aveva colpito alla schiena, sparando dal palazzo accanto a quello in cui era appostato il futuro capro espiatorio Lee Oswald. Il presidente era ferito, ma in modo non mortale. Un’intuizione millimetrica, lo spazio di un secondo: poi la limousine si sarebbe allontanata dalla fatale collinetta dell’agguato. Fu in quel preciso istante che il secondo killer sparò a sua volta, con il suo Fireball, facendogli saltare il cervello e ribaltando all’indietro il corpo di Jfk. «Sono stato, io a esplodere il colpo mortale», dice James Files – detenuto negli Usa per altri reati – nel documentario (mai distribuito nel circuito televisivo) che svela la vera storia dell’omicidio, realizzato in mondovisione il 22 novembre 1963 a Dallas. Versione confermata in punto di morte da Howard Hunt, allora numero due della Cia. Per l’assassinio del secolo, gli 007 reclutarono la mafia di Chicago. Se ne accorse Zack Shelton, agente dell’Fbi, subito messo a tacere. Altra fonte, un “pentito”: il criminale Chaucey Holt. Conferma Tosh Plumlee, pilota della Cia: fu lui a trasportare a Dallas i gangster incaricati di eliminare Jfk.Alla vigilia, in un drammatico summit nella città texana, il piano venne convalidato dal Deep State: con lo stesso Howard Hunt, nella villa del petroliere Clint Murchinson c’era Edgar Hoover (Fbi) insieme al vice di Kennedy, Lyndon Johnson, e ad altri due futuri presidenti degli Stati Uniti, Richard Nixon e George Bush. Potere criminale: ma perché riparlarne oggi, come fa Bob Dylan, suggerendo un collegamento tra quell’atroce mattanza e il coronavirus? «State attenti e mettetevi al riparo», ha scritto Dylan sul suo sito, il 27 marzo, presentando l’esplosiva “Murder Most Foul”, regalata al pubblico “worldwide”, in modo sorprendente e spettacolare. Una strepitosa ballad lunga 1016 secondi (quasi 17 minuti) che ripercorre “l’omicidio più ignominioso”, facendo di Kennedy il simbolo di un’America che si stava svegliando, anche sulle ali della musica, per uscire dall’incubo della guerra fredda e della segregazione razziale, del terrore nucleare, del Vietnam.Perché farlo proprio adesso? Perché diventa così loquace, un solitario come Dylan, sempre ultra-reticente con la stampa? Probabilmente, la domanda contiene già la risposta: era indispensabile lanciare un avvertimento, sia pure filtrato dall’eleganza del linguaggio artistico. Un messaggio però anche esplicito, con indizi messi lì apposta per lasciarsi decodificare: l’invito a “suonare il numero 3, il numero 9″, cioè la perfezione dell’armonia. Roba da esoteristi: come il massonico 33, evocato a proposito dei “fratelli” che avrebbero organizzato “l’inferno”, a Dallas. «Nessun mistero: Bob Dylan è, da sempre, un massone radicalmente ultra-progressista», afferma – clamorosamente – Gioele Magaldi, evidentemente autorizzato a dare ufficialmente la notizia. «Dylan milita nei medesimi circuiti massonici progressisti ai quali appartengo anch’io», aggiunge Magaldi, che nel 2014 – nel saggio “Massoni”, edito da Chiarelettere – ha denunciato le trame anche golpiste e terroristiche della supermassoneria reazionaria.L’accusa: è stata la superloggia “Hathor Pentalpha”, fondata dai Bush, ad architettare l’11 Settembre e il crollo delle Torri Gemelle, per poi inventarsi anche l’Isis. Se qualche sprovveduto crede ancora alla storiella degli aerei che avrebbero abbattuto le Twin Towers (cadute per “demolizione controllata”, come ormai dimostrato da oltre tremila architetti e ingegneri americani), proprio l’omicidio Kennedy – giudiziariamente irrisolto, dopo oltre mezzo secolo – sta lì a ricordare a tutti che, a volte, “l’impossibile” diventa possibilissimo. Tant’è vero che qualcuno ci lascia la pelle: anche in modo inimmaginabile, persino se si tratta di un intoccabile come il presidente degli Stati Uniti. Magaldi mette in fila gli eventi: la stessa élite reazionaria, che nel 1975 usò la Trilaterale di Kissinger per dichiarare guerra alla democrazia sociale, oggi sovragestisce la crisi planetaria della pandemia secondo il modulo Wuhan, fondato sulla sospensione della libertà costituzionale.Attenti, avverte Magaldi: fu proprio il club di Kissinger a sdoganare la Cina, aprendola al mercato globale, per farne una specie di Frankenstein: formidabile efficienza economica, ma niente democrazia. Un modello perfetto da trapiantare in un futuro Occidente distopico, raggelante, oggi con il pretesto psico-sanitario del coronavirus, il coprifuoco imposto a tutti (provvisorio, ma con la prospettiva che le libertà di ieri non tornino mai più). Ed ecco, allora, Bob Dylan. «La sua uscita – sottolinea Magaldi – è perfettamente sincronizzata con l’altrettanto clamorosa lettera di Mario Draghi al “Financial Times”, in cui l’ex presidente della Bce (fino a ieri massone neoaristocratico, e oggi tornato ai lidi keynesiani delle origini) dichiara guerra alla “teologia” del rigore neoliberista, evocando addirittura il New Deal rooseveltiano: cioè la necessità di ricorrere a massicci aiuti di Stato per svincolare l’economia dal ricatto della finanza speculativa. Un regime che tuttora strangola l’Italia nella morsa dell’Ue, proprio adesso che il paese ha un bisogno drammatico di fondi che non si trasformino in debito».Draghi e Dylan, strano tandem: in modo diverso paiono dire la stessa cosa. Ovvero: siamo ormai giunti a un bivio esiziale, messi di fronte – con l’accelerazione planetaria della pandemia – a una scelta di campo ormai ineludibile: se la globalizzazione solo finanziaria porta dritti a Wuhan, l’alternativa sta nel riscrivere da zero le regole del mondo. E chi, meglio di John Kennedy, riuscì a esplicitare questo concetto? Era il sogno della New Frontier: un mondo unito, pacificato e libero. Di recente, s’è scoperto un carteggio segreto con Nikita Krushev: i due leader impegnavano Usa e Urss a mettere fine alla guerra fredda entro il 1970. Ma a costare la vita a Kennedy, probabilmente, fu altro: per esempio, la decisione di stampare direttamente banconote di Stato, svincolate dal sistema bancario. Ed ecco che Jfk, riletto oggi, sembra parlare direttamente a noi, alle prese con le maschere dell’euro-rigore “tedesco”. Ma chi era, veramente, Kennedy?«Tra le altre cose, il presidente assassinato a Dallas era un inziato eleusino», rivela lo storico fiorentino Nicola Bizzi, che nel sorprendente libro “Da Eleusi a Firenze” mette a fuoco l’ascendenza “eleusina” del Rinascimento italiano. Ovvero: la regia occulta, nel potere della signoria medicea, della tradizione misterica risalente al 1300 avanti Cristo, quando – secondo la narrazione – la dea Demetra avrebbe rivelato ai fedeli di Eleusi, alle porte di Atene, l’origine “atlantidea” della nostra specie, “creata” dagli dei Titani come Poseidone, signore dei mari. Kennedy eleusino? «Di più: era anche un templare, direttamente collegato a Dante Alighieri». Lo sostiene Luca Monti, autore del volume “Firenze, città santa dei templari”, pubblicato da Aurora Boreale, editrice di cui è titolare lo stesso Bizzi. Collegato alla rete odierna del templarismo, Monti spiega: l’autore della Divina Commedia ereditò la guida segreta dell’Ordine del Tempio dopo il rogo in cui fu arso vivo l’ultimo gran maestro ufficiale, Jacques de Molay. E il collegamento con il presidente assassinato a Dallas? «Il successore dell’Alighieri-templare fu Gherarduccio dei Gherardini, antenato di John Fitzgerald Kennedy», nientemeno.Stupefacente? Be’, sì. Ma questo aiuta a leggere un po’ meglio tra le righe, persino nei riferimenti simbolico-esoterici di cui è gremito l’amletico testo del massone Dylan, “Murder Most Foul”. Va preso sul serio, Luca Monti? Fate voi. Nel 2016, intervistato da Paolo Franceschetti, si sbilanciò con questa previsione: «Nel 2020 succederà qualcosa di inaudito, a livello mondiale». La fonte? Numeri, ancora: nella Commedia di Dante, ricorre il 515. Le profezie contenute nel poema sono intervallate dal medesimo numero di versi, “centodieci e quinque”. «Io penso che questo 515 arriverà verso il 2020», disse Monti, spiegando: «Questo numero rappresenta anche la riunificazione; noi siamo tutti in potenza parti di Dio, particelle divine, e il 515 rappresenta la riunione di noi stessi col divino». Suggestioni da brividi? Certo, si tratta di materiale con cui Bob Dylan ha sempre dimostrato un’estrema confidenza: nessuno come lui ha saputo maneggiare – e con uno slang “pop”, per giunta – la stessa Bibbia e i simboli pescati nei territori dell’alchimia, dell’astrologia, dei tarocchi, della mitologia. Se Kennedy era anche un neo-templare e un iniziato “eleusino”, oltre che un celebrato campione della democrazia, suona sempre meno strano l’omaggio che il grande cantautore gli tributa, in mezzo al panico da coronavirus, come se “Murder Most Foul” fosse anche una dichiarazione di guerra, oltre che un esercizio di pietà.Cade dall’alto, il guanto di sfida lanciato dall’ex ragazzo di Duluth, con alle spalle sessant’anni di carriera, oltre 50 dischi e anche l’Oscar cinematografico per la colonna sonora di “Things have changed”. Il prestigio culturale di Bob Dylan è già scritto nella storia: Premio Pulitzer, Nobel per la Letteratura, Legion d’Onore francese, Premio Principe delle Asturie. Risale al ‘97 il riconoscimento dei Kennedy Center Honors, e al 2012 la Medaglia Presidenziale della Libertà (massimo “award” civile, negli Stati Uniti). Neppure il Dylan politico è una sorpresa, dai tempi di “Blowin’ in the wind” e “Masters of war”. Suo il primo atto d’accusa, frontale, contro la globalizzazione: “Union Sundown”, nel 1983, anticipa profeticamente la tragedia delle delocalizzazioni, in un mondo che sarebbe stato devastato dallo strapotere delle multinazionali. Forte l’attitudine a scendere in campo direttamente, in modo anche spericolato: l’affarista William Zantzinger dichiarò di essere stato rovinato, da Dylan, per la canzone “The lonesome death of Hettie Carroll”, domestica nera uccisa a bastonate. Il pugile afroamericano Rubin Carter, vittima di un caso giudiziario condizionato dal razzismo, fu letteralmente scarcerato in seguito alla campagna per la sua liberazione lanciata da Dylan con il brano “Hurricane”.«Siamo un paese costruito sulla schiena degli schiavi», disse, in prossimità dell’uscita dell’album “Tempest”, pubblicato nel 2012, in cui riecheggia la guerra civile americana nell’interpretazione del poeta Herny Timrod. Sempre rarissime, le interviste, ma quasi tutte memorabili. «Come spiegare la mia longevità artistica? Be’, da giovane ho fatto un patto con il “comandante in capo”». Tradotto: consacro la mia arte alla maggiore delle cause. Obiettivo: far fermentare il talento, alchemicamente, al servizio dell’umanità. Un modo per “tendere al divino”, per citare il 515 dantesco? Più esplicitamente: «Pensate alla trasfigurazione di Cristo, nel Getzemani». Simboli, certo. Positivi e negativi: «Ha vinto Walt Disney», sentenziò anni fa: «Quindi abbiamo perso tutti». Prigioneri della Matrix, in un mondo di plastica? Ecco, forse il velo potrebbe squarciarsi, oggi, di fronte al dramma del coronavirus che sembra distruggere ogni certezza. A patto però – e qui è il “templare” kennedyano che riemerge, il “massone progressista” – che si abbia il coraggio di metterci la faccia. Per esempio regalando ai senzatetto milioni di dollari, ricavati dal disco natalizio “Christmas in the heart” pensato nel 2009 per sfamare gli homeless d’America (gesto di liberalità squisitamente massonico, se non addirittura rosacrociano).A proposito: tra i leggendari Rosa+Croce, elusiva confaternita iniziatica capitanata nel secondo ‘900 dal pittore Salvador Dalì, un simbologo italiano come Gianfranco Carpeoro include il grande Freddie Mercury. E il suo gruppo – i Queen – è l’unico citato da Dylan nella sequenza finale di “Murder Most Foul”, in cui si dispiega lo splendore della colonna sonora degli irripetibili anni Sessanta. Un indizio rivelatore: siamo di fronte a una stretta parentela, non solo artistica? In recenti conferenze, insieme allo stesso Magaldi, Carpeoro ha svelato la cifra massonica di artisti come David Bowie e, in particolare, l’identità anche rosacrociana del massone progressista Michael Jackson, cresciuto nella Prince Hall Freemasonry, l’obbedienza dei neri americani. A costargli la vita, a quanto pare, sarebbe stata la canzone “They don’t care about us”, contro gli abusi del grande potere globalista. Un verso recita: «Tutto questo non succederebbe, se Roosevelt fosse ancora qui». Alla moglie di Franklin Delano, Eleanor, madrina della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, il giovanissimo Bob Dylan dedicò “Dear Mrs. Roosevelt”, scritta dal suo antico maestro Woody Guthrie.Sempre Dylan fu tra le star che risposero all’appello di Michael Jackson, autore con Lionel Richie del brano corale “We are the World”, destinato a raccogliere fondi (campagna “Usa for Africa”) per assistere la popolazione dell’Etiopia colpita dalla spaventosa carestia del 1985. Oggi, a quanto sembra, siamo all’ennesimo appuntamento con la storia: si tratta di disseppellire John Kennedy, per aiutare il mondo a ritrovare il suo stesso coraggio. Cambiare tutto, senza paura: né del coronavirus, né nei suoi ipotetici “sovragestori”, che probabilmente sognano un pianeta di neo-sudditi, schiavizzati dal terrore dei virus (oggi il “corona”, domani chissà), e sottoposti alla dittatura orwelliana di una polizia sanitaria capace di imporre vaccini e microchip, azzerando la privacy e la libertà. Messaggio: il momento è cruciale. La sfida è lanciata: “Murder Most Foul” è nell’aria, ne sta parlando il mondo intero. «State al riparo, e state attenti», si congeda il quasi ottantenne Dylan. «E che Dio sia con voi».(Giorgio Cattaneo, 5 aprile 2020).Vide il corpo di Kennedy sobbalzare in avanti, e capì che Chuck Nicoletti lo aveva colpito alla schiena, sparando dal palazzo accanto a quello in cui era appostato il futuro capro espiatorio Lee Oswald. Il presidente era ferito, ma in modo non mortale. Un’intuizione millimetrica, lo spazio di un secondo: poi la limousine si sarebbe allontanata dalla fatale collinetta dell’agguato. Fu in quel preciso istante che il secondo killer sparò a sua volta, con il suo Fireball, facendogli saltare il cervello e ribaltando all’indietro il corpo di Jfk. «Sono stato, io a esplodere il colpo mortale», dice James Files – detenuto negli Usa per altri reati – nel documentario (mai distribuito nel circuito televisivo) che svela la vera storia dell’omicidio, realizzato in mondovisione il 22 novembre 1963 a Dallas. Versione confermata in punto di morte da Howard Hunt, allora numero due della Cia. Per l’assassinio del secolo, gli 007 reclutarono la mafia di Chicago. Se ne accorse Zack Shelton, agente dell’Fbi, subito messo a tacere. Altra fonte, un “pentito”: il criminale Chaucey Holt. Un pilota della Cia, Tosh Plumlee, conferma di aver trasportato a Dallas i gangster incaricati di eliminare Jfk.
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L’Istat: nel marzo 2019, morti di polmonite 15.000 italiani
Numeri alla mano, nello stesso periodo di tempo, l’anno scorso, sono morte più persone per malattie respiratorie che quest’anno per Covid-19. La parte sommersa dell’iceberg è formata anche dai morti che nessuno ha mai censito, questo ormai lo ammette anche l’Istituto Superiore di Sanità. Riusciremo a capire quanti sono? Noi ci esprimiamo con i numeri che riusciamo a raccogliere e a validare. Quando affermiamo che nei primi 21 giorni di marzo al Nord i decessi sono più che raddoppiati rispetto alla media 2015-19 non è una impressione, ma un dato. Quando scriviamo che a Bergamo i decessi sono quasi quadruplicati passando da una media di 91 casi nel 2015-2019 a 398 nel 2020, riferiamo delle evidenze. Idem quando denunciamo «situazioni particolarmente allarmanti» nel Bresciano oppure un maggiore incremento dei decessi degli uomini e delle persone maggiori di 74 anni di età. Lavoriamo per ampliare queste conoscenza, ma dobbiamo tenere conto del fatto che la trasmissione dei dati è più lenta e complicata di quel che si vorrebbe in condizioni ordinarie, figuriamoci in un’emergenza sanitaria. Quando l’Istat fornisce un valore, quello è stato trattato secondo standard europei.Quanti morti erano già malati? Abbiamo tre tipi di morti: quelli che ricollegabili soprattutto al Covid, con o senza altre patologie; coloro che non muoiono di Covid ma per Covid, cioè ad esempio infartuati che in condizioni normali si salverebbero; i morti che non hanno contratto Covid. Noi siamo in grado di dare elementi sui decessi, distinguerli per 21 fasce d’età e farlo estraendo questi numeri dall’anagrafe centralizzata, in modo da dare ai decisori preziosi elementi di valutazione. Per l’approfondimento delle schede di morte c’è l’Istituto Superiore di Sanità. Questo, comunque, è un virus per vecchi. I dati che stanno emergendo circa la mortalità dicono chiaramente che colpisce in maniera molto prevalente persone anziane: è quasi un terribile processo di selezione naturale che elimina i soggetti deboli. Terribile. Ma ancor più terribile perché appare in qualche modo facilitato dalla nostra capacità di curarli. La chiamo “la maledizione degli anni pari”. Il 2019, come tutti gli anni dispari, ha visto una regressione dei decessi. L’anno pari inizia bene, ma poi arriva marzo, con un virus che falcia coloro che la morte aveva risparmiato.Dal 21 febbraio al 31 marzo sono morte 12.428 persone per Covid-19. Quanti sono i morti di influenza nel mese di marzo (nel quale, quest’anno, si sono concentrati i decessi di coronavirus) degli anni scorsi? Più che i morti per influenza, che è più difficile da attribuire come effettiva causa di morte, conviene ricordare i dati sui certificati di morte per malattie respiratorie. Nel marzo 2019 sono state 15.189 e l’anno prima erano state 16.220. Incidentalmente si rileva che sono più del corrispondente numero di decessi per Covid (12.352) dichiarati nel marzo 2020. Quale impatto economico stimiamo per il lockdown? Stiamo valutandolo. I dati economici relativi ai settori che hanno subito la sospensione delle attività mostrano come il lockdown coinvolga 2,2 milioni di imprese (il 48,8% del totale), oltre 7 milioni di addetti (il 42,8%), con un valore aggiunto annuo di poco meno di 300 miliardi. È ancora presto per definire scenari, anche se c’è poco da stare allegri, visto che, come abbiamo comunicato in questi giorni, l’epidemia Covid-19 è intervenuta in un momento in cui in Italia la fase di ripresa ciclica perdeva vigore, per via della Brexit, dei dazi statunitensi e del rallentamento della domanda tedesca.(Gian Carlo Blangiardo, dichiarazioni rilasciate a Paolo Viana per l’intervista “Nel 2019 a marzo 15mila morti per polmoniti varie”, pubblicata da “Avvire” il 2 aprile 2020. Blangiardo è il presidente dell’Istat, istituto nazionale di statistica).Numeri alla mano, nello stesso periodo di tempo, l’anno scorso, sono morte più persone per malattie respiratorie che quest’anno per Covid-19. La parte sommersa dell’iceberg è formata anche dai morti che nessuno ha mai censito, questo ormai lo ammette anche l’Istituto Superiore di Sanità. Riusciremo a capire quanti sono? Noi ci esprimiamo con i numeri che riusciamo a raccogliere e a validare. Quando affermiamo che nei primi 21 giorni di marzo al Nord i decessi sono più che raddoppiati rispetto alla media 2015-19 non è una impressione, ma un dato. Quando scriviamo che a Bergamo i decessi sono quasi quadruplicati passando da una media di 91 casi nel 2015-2019 a 398 nel 2020, riferiamo delle evidenze. Idem quando denunciamo «situazioni particolarmente allarmanti» nel Bresciano oppure un maggiore incremento dei decessi degli uomini e delle persone maggiori di 74 anni di età. Lavoriamo per ampliare queste conoscenza, ma dobbiamo tenere conto del fatto che la trasmissione dei dati è più lenta e complicata di quel che si vorrebbe in condizioni ordinarie, figuriamoci in un’emergenza sanitaria. Quando l’Istat fornisce un valore, quello è stato trattato secondo standard europei.
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Conte, piano-vergogna: cedere Autostrade alla Germania
L’accordo su Autostrade sarebbe a un passo, scrive “La Stampa”: Giuseppe Conte e i ministri Paola De Micheli (Pd, trasporti e infrastrutture) e Stefano Patuanelli (sviluppo economico) avrebbero raggiunto un accordo con Atlantia, la holding controllata dai Benetton, per un riassetto di Autostrade SpA che porrebbe fine al braccio di ferro tra l’esecutivo e la principale concessionaria delle autostrade italiane. «L’intesa – su cui ancora però non c’è un via libera definitivo anche da parte del Movimento Cinque Stelle – non prevede né la cancellazione della concessione autostradale ad Aspi, né tantomeno penali a carico dell’azienda dei Benetton», rivela Roberto Giovannini, sul quotidiano torinese della famiglia Elkann, proprietaria anche di “Repubblica” e “L’Espresso”. «Al contrario Atlantia, che oggi possiede l’88,06% di Autostrade per l’Italia, pur scendendo a una quota di minoranza, pari al 49% dell’azionariato resterebbe sostanzialmente il partner industriale principale; la quota di maggioranza di Aspi del 51% invece verrebbe acquisita alle attuali quotazioni di mercato da Allianz, il colosso tedesco delle assicurazioni, che già oggi possiede attraverso la Appia Investments Srl. il 6,94% della società».L’intesa raggiunta, che verrà sottoposta martedì al Consiglio di amministrazione di Atlantia (l’approvazione è scontata), prevede anche l’aumento da 2,8 a 4 miliardi dell’attuale piano di investimenti di Autostrade per il prossimo quinquennio, per la realizzazione della Gronda di Genova, un piano di manutenzione straordinaria della rete autostradale, e la finalizzazione del riassetto della Pisa-Livorno-Firenze. Infine, aggiunge sempre la “Stampa”, ribadito che non sarebbero previste penali, Atlantia e Autostrade si impegnano a mantenere per 2-3 anni l’attuale situazione di congelamento delle tariffe autostradali. L’intesa praticamente raggiunta, osserva Giovannini, «è molto distante dalle richieste di azzeramento della concessione autostradale a suo tempo avanzate dai Cinque Stelle, subito dopo il disastro del Ponte Morandi». Ancora nell’ultimo decreto legge “milleproroghe” era stata inserita una norma che sostanzialmente permetteva di togliere la concessione versando una penale limitata. «A suggerire al governo la necessità di cambiare strategia è stata la presa d’atto – corroborata da un parere formulato da una serie di giuristi – che in sede europea la clausola anti-Benetton nel milleproroghe verrebbe rapidamente cancellata».Resta aperto il discorso – ma in proiezione soltanto futura, nonostante i tentativi dell’ultimo minuto – un possibile coinvolgimento di Cassa Depositi e Prestiti in Autostrade. Ricapitolando: mentre l’Italia di Conte (che ha chiuso in casa milioni di cittadini, fermando l’economia) continua a rivolgersi all’Unione Europea col cappello in mano, senza che Berlino e Parigi mostrino segnali di resipiscenza solidale neppure di fronte alla catastrofe coronavirus, la Germania, tramite Allianz, allunga le zampe sulla rete autostradale italiana, costruita dallo Stato (col deficit) e svenduta ai privati al governo D’Alema alla fine degli anni ‘90. Già quello, all’epoca, poteva essere considerato un crimine politico. E oggi, un governo disastroso che non riesce a fornire garanzie serie alle aziende che ha costretto a fermarsi, tratta in ginocchio con – proprio con la Germania della cara Ursula von der Leyen - la cessione di Austrostrade, magari in cambio di elemosine europee come il Mes “attenuato” per fronteggiare il coronavirus. Giuseppe Conte ha le ore contate, a Palazzo Chigi? Se èm vero, queste notizie di stampa sembrano accreditare l’idea che si sia affrettando a “finire il lavoro”, in piena emergenza e col Parlamento deserto.L’accordo su Autostrade sarebbe a un passo, scrive “La Stampa“: Giuseppe Conte e i ministri Paola De Micheli (Pd, trasporti e infrastrutture) e Stefano Patuanelli (M5S sviluppo economico) avrebbero raggiunto un accordo con Atlantia, la holding controllata dai Benetton, per un riassetto di Autostrade SpA che porrebbe fine al braccio di ferro tra l’esecutivo e la principale concessionaria delle autostrade italiane. «L’intesa – su cui ancora però non c’è un via libera definitivo anche da parte del Movimento Cinque Stelle – non prevede né la cancellazione della concessione autostradale ad Aspi, né tantomeno penali a carico dell’azienda dei Benetton», rivela Roberto Giovannini, sul quotidiano torinese della famiglia Elkann, proprietaria anche di “Repubblica” e “L’Espresso”. «Al contrario Atlantia, che oggi possiede l’88,06% di Autostrade per l’Italia, pur scendendo a una quota di minoranza, pari al 49% dell’azionariato resterebbe sostanzialmente il partner industriale principale; la quota di maggioranza di Aspi del 51% invece verrebbe acquisita alle attuali quotazioni di mercato da Allianz, il colosso tedesco delle assicurazioni, che già oggi possiede attraverso la Appia Investments Srl. il 6,94% della società».