Archivio del Tag ‘economia’
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Monotono l’impiego fisso? La figlia della Fornero ne ha due
Il posto fisso è “monotono”, come sostiene il premier Mario Monti. Ma per i figli dei potenti, la monotonia non è un problema: tanto che l’erede del ministro al Lavoro Elsa Fornero, Silvia Deaglio, di 32 anni, di posti ne ha addirittura due, anche se uno non è ancora del tutto fisso. Entrambi, guardacaso, contigui ai posti di lavoro di mamma e papà. La cosa era nota da tempo, ma torna chiaramente d’attualità dopo le dichiarazioni del primo ministro, peraltro senatore a vita. Oggi lo fa rilevare con una certa dose di sana perfidia anche il blog del “Popolo viola”, che a questa vicenda tutta torinese dedica un sapido articolo. Perché la Fornero e il Deaglio al posto fisso per la figlia non si sono fieramente opposti, a quanto pare.
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L’apartheid di Monti: basta posto fisso, tutti precari a vita
«Per fortuna c’è Mario Monti, a salvare noi giovani da una vita monotona», scrive Anna Lami su “Megachip”, facendo eco all’infelice battuta del primo ministro, secondo cui «i giovani devono abituarsi all’idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita». E poi, diciamolo, «che monotonia!», sbotta il banchiere-premier: «E’ bello cambiare e accettare delle sfide», anche per «ridurre il terribile apartheid che esiste nel mercato del lavoro» tra lavoratori di serie A, col posto fisso, e giovani lavoratori di serie B, eternamente precari. E come ridurre l’apartheid: estendendo a tutti garanzie e tutele sociali? «Macchè, troppo banale», ironizza Anna Lami: «Meglio trasformare tutti in lavoratori di serie C».
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Spieghiamo a questi cialtroni che non finiremo come Atene
Ma quante belle notizie, madama Dorè. Bisogna dire la verità: quel Berlusconi era davvero un po’ sovietico, a pensarci bene; la sua réclame era ossessiva ma anche un po’ arcigna, qualcosa di simile alla propaganda dei tempi brezneviani – era soltanto un pochino allietata, come ricordiamo, dalle scollature delle veline e dai pizzi delle mutandine quasi inesistenti. Invece Mario Monti, bisogna ammetterlo, quale altro stile! Ha il fascino della seduzione casta, hollywoodiana, anni ’50. I principali giornali italiani, abbagliati dall’aplomb britannico del nostro nuovo premier, balbettano tutti le stesse cose. Nessuno nota, per esempio, che l’Italia è stata venduta a Bruxelles, con destrezza – venduta alle banche europee, per i prossimi vent’anni. Solo che invece di incassare, cosa che di solito si fa quando si vende, noi dovremo pagare.
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Più rigore, più crisi: l’Europa firma il suicidio di massa
Non c’è un altro modo di descriverlo. Una volta che abbiamo strappato il velo del gergo tecnico dei burocrati europei, il fiscal compact della Ue non rappresenta altro che una disperata accettazione del declino terminale. L’austerità si farà ora carico della forza della legge. Dimenticate la democrazia, come Angela Merkel ha inflessibilmente annunciato, sarà la Corte Europea di Giustizia ora a determinare le politiche economiche, e «non potrai più cambiarle attraverso una maggioranza parlamentare». L’Europa del sud sta per essere dilaniata dai programmi di austerità. Semplicemente non ci sono prospettive realistiche di ripresa se nel frattempo si prosegue con le politiche dei tagli.
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Ciao euro, la Sardegna ora scommette sul Sardex
Se pensate che non si possa vivere senza l’euro, andate in Sardegna e provate a dire in giro che pagherete in Sardex. A parte benzina, farmaci ed energia elettrica, potrete comprare tutto, sia beni che servizi. E quindi alberghi, dentisti, falegnami, elettricisti, meccanici, consulenti di marketing. Ma anche sale congressi, corsi di lingua inglese, pubblicità sui giornali locali. E poi vestiti, mobili, ristoranti e persino la connessione Internet. Oltre a cibo, vino e carni, tutto rigorosamente sardo. Il Sardex è la “moneta a chilometro zero”. Solo che non è una moneta, nel senso che fisicamente non esiste. Non ne hanno stampato nemmeno una banconota: esiste solo su Internet.
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Decrescita è democrazia, contro la dittatura che ci assedia
«La decrescita è il riflusso di un torrente straripato: siccome il fiume dell’economia è uscito dagli argini, è quanto mai auspicabile che vi rientri». Si intitola “Per un’abbondanza frugale” l’ultimo saggio dell’eco-intellettuale francese Serge Latouche, che insiste ancora, innanzitutto, sul concetto di decrescita come via d’uscita dalla crisi: per Latouche si tratta di un “orizzonte di senso” per abbandonare la società dei consumi, ma anche un obiettivo politico a breve termine, «da opporre alle pseudoterapie neoliberali o keynesiane nella situazione attuale di depressione repressiva», osserva Luca Barbirati nella sua recensione. La ricetta? Economia locale a filiera corta, lavori socialmente utili e orario ridotto: anche solo 4 ore al giorno.
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Ferrero: tagliamo la Tav e avremo 500.000 posti di lavoro
Un reddito sociale garantito per i giovani senza lavoro attingendo ai super-patrimoni dei ricchissimi e un piano strategico ecologico, per il riassetto idrogeologico e la riconversione energetica, tagliando grandi opere inutili come la Torino-Lione e l’acquisto dei 130 cacciabombardieri F-35. Lo propone il leader di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero: «Si parla molto di dare una opportunità ai giovani e il tutto si risolve nella proposta di abolire l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori». Meglio fare proposte alternative, destinate a creare economia reale. Come? Tagliando sprechi e imponendo una mini-patrimoniale. Obiettivo: mezzo milione di posti di lavoro, in attività realmente utili per tutti.
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Una legge dura contro lo scandalo della ricchezza ingiusta
Una parte dei nostri mali dipende dal fatto che troppi uomini sono oltraggiosamente ricchi, o disperatamente poveri. Per fortuna, ai nostri giorni tende a stabilirsi un equilibrio tra questi due estremi: le fortune colossali degli imperatori e dei liberti son cose del passato: sono morti Trimalcione e Nerone. Ma c’è ancora molto da fare per ridimensionare il mondo secondo criteri razionali. Assumendo il potere, ho rinunciato alle contribuzioni volontarie offerte dalle città all’imperatore; non sono che un furto mascherato (…). Cancellare del tutto i debiti dei privati verso lo Stato era una misura più ardita, ma fu necessaria, per far tabula rasa dopo dieci anni di economia di guerra.
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Macché debito, il guaio sono loro: tre criminali e un cretino
Il mondo intero lo sta gridando all’Europa: il problema non è il debito, ma l’euro. Persino un mega-speculatore come Charles Dallara dell’Institute of International Finance americano interviene sui negoziati sulla Grecia: «Non temiamo il debito in sé, ma la loro impossibilità di onorare un debito denominato in una moneta straniera, cioè l’euro». Al coro si aggiungono premi Nobel e prestigiosi macroeconomisti, ma “loro” non vogliono capire. “Loro”, per Paolo Barnard, sono «tre criminali e un cretino». Angela Merkel, Nicolas Sarkozy, Mario Draghi e Mario Monti. «Insistono con questa demenza devastante secondo cui il dramma che stiamo vivendo in questa caduta ad avvitamento nel baratro è dovuto al debito. Quindi bisogna pareggiare i conti, quindi ci vuole ancora più austerità». Tre criminali e un cretino? «Il cretino è Sarkozy», che non capisce che anche la Francia sarà cannibalizzata dalla Germania.
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Terra, acqua e fame: uccidere la Grecia azzerando lo Stato
Richieste due grandi privatizzazioni subito, licenziamenti di massa nel settore pubblico, enorme flessibilità del lavoro nel settore privato, un nuovo taglio di pensioni e stipendi e altre montagne di soldi per le banche. «Terra e acqua», come nell’antichità, ha chiesto ieri la troika (Fmi-Bce-Ue) per concedere il nuovo maxi prestito al governo tecnico di Lucas Papademos, mentre ancora è in trattative con i creditori privati per il taglio del debito dei bot greci. In dodici fitte pagine la troika ha avanzato dure condizioni alla Grecia per la concessione del secondo prestito (130 miliardi di euro), che suonano come un chiaro avvertimento per gli altri “maiali”, i piigs della eurozona che aspettano un secondo prestito, come Portogallo e Irlanda, o i paesi che hanno problemi a finanziare i loro debiti, come Spagna, Italia e più a lungo il Belgio.
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Sos democrazia, contro i No-Tav una grottesca crociata
Ancora la Val di Susa. Ancora la resistenza contro il Tav. Il blitz – così lo chiamano giornali e tv – di giovedì all’alba è caduto in un paese segnato dalla crisi e attraversato da ventate di rivolta a cui non si era più abituati, dai “forconi” siciliani agli autisti dei tir. E già prende corpo l’idea di una manovra repressiva ad ampio raggio, che affianchi all’autoesclusione della democrazia parlamentare la chiusura degli spazi di mobilitazione dal basso nel quadro di una modernissima forma di dispotismo della ragione economica e dell’emergenza finanziaria.
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Theo Angelopoulos: come uscire da questi anni disperati
Questa situazione in Grecia è dura, è diventata un incubo. La gente reagisce in un modo o in altro, prigioniera di quello che è stato deciso altrove. Non è stata una buona decisione entrare in Europa con l’euro. Forse non è stata una buona decisione per l’economia greca, forse non è stata una buona decisione per la Grecia in generale, perché il paese forse non era preparato ad entrare in Europa. Si è voluti entrare in Europa ma forse il paese non era pronto. Questa è una cosa. Un secondo elemento è l’errore di tutta la politica greca dalla fine dei colonnelli. Poiché si era vissuto un periodo assai difficile, il governo che è venuto dopo ha dato l’impressione che tutto fosse permesso. Prima c’è stato Karamanlis e dopo il Pasok e la situazione si è aggravata con il Pasok, si pensava veramente che tutto fosse permesso.