Archivio del Tag ‘diritti’
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Guerra al potere: Fratelli del Bosco, i ribelli della Taiga
Se Rambo diventa Robin Hood, se il reduce addestrato a combattere come una macchina da guerra si mette al comando di una banda di ragazzi e li guida contro la corruzione degli sceriffi, allora la situazione diventa pericolosa per qualunque governo. Lo è doppiamente se tutto questo accade nei boschi della Siberia, una miniera d’oro che rifornisce di legname pregiato i ricchi di tutto il pianeta, e i ribelli diventano così forti da trasformarsi in una sfida all’autorità di Putin: non più cronaca ma leggenda dell’Oriente estremo dove codici d’onore e tecnologia, corruzione e guerriglia si inseguono tra i fusti di alberi secolari.
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D’Elia-choc: Battisti libero, criminale è il carcere italiano
«Lo Stato italiano è un delinquente abituale. Basta considerare che le nostre carceri sono strumenti di tortura». E «la nostra classe politica sta ragionando secondo la logica parabrigastista del “colpirne uno”, e cioè Cesare Battisti, per assolverne cento». L’ex deputato radicale Sergio D’Elia, leader di “Nessuno tocchi Caino”, grida «onore a Lula». L’intervista che D’Elia consegna a Tommaso Labate del “Riformista” è di quelle destinate a lasciare un segno nel dibattito sulla mancata estradizione del pluriomicida esponente dei Pac, Proletari armati per il comunismo. Già segretario dell’Ufficio di presidenza della Camera, con alle spalle 12 anni di carcere per terrorismo (Prima Linea), D’Elia difende la scelta del Brasile di non consegnare all’Italia Battisti.
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Sarà buio per tutti, se oggi Marchionne ricatta gli operai
No, quello che è successo alla Fiat non è solo una questione aziendale, non sono affari loro. Inutile affannarsi, come pure stanno tentando di fare alcuni esponenti del centrosinistra e del Pd, a distinguere tra la parte buona e quella cattiva dell’intesa; quando si mettono tra parentesi i diritti fondamentali non possono esserci luci, non ci sono giustificazioni possibili. Quella intesa sbatte fuori dall’azienda il sindacato più rappresentativo, nega il diritto alla contrattazione per chi non ci sta, lede persino il diritto all’uguaglianza tra i cittadini lavoratori.
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Illusi e traditi: ecco perché gli studenti fanno paura
Questo movimento degli studenti fa paura a tutti. Lo si capisce molto bene dalle reazioni immediate ai poli opposti delle appartenenze e dell’opinione: da Saviano a Gasparri. Questi studenti fanno paura tanto a chi auspicava la protesta quanto a chi pensa che non abbia ragione di esistere. Il dibattito sui moti del 14 dicembre è stato monopolizzato da due parole: disagio e violenza. Intellettuali, giornalisti, scrittori, politici non hanno parlato che di disagio e di violenza. E si tratta di due parole assolutamente vuote. Il disagio è evidente ed è di tutti. Quanto alla violenza di piazza, i poliziotti sono pagati per fare un mestiere (come un insegnante o un operaio) e chi va in manifestazione per picchiare o spaccare sa benissimo che compie un atto illegale.
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Olivetti, l’utopia felice del capitalismo dal volto umano
«Le cose nuove si fanno solo con i giovani. Solo i giovani ci si buttano dentro con entusiasmo, e collaborano in armonia senza personalismi e senza gli ostacoli derivanti da una mentalità consuetudinaria». Era il 1955, mille anni fa. Così parlava Mario Tchu, figlio di un diplomatico cinese e padre del primo computer mondiale, l’Elea. Una macchina rivoluzionaria, prodotta dall’industriale più eretico e geniale di tutti i tempi, Adriano Olivetti. Il suo credo: «I lavoratori sono persone: bisogna premiarli, dar loro fiducia». Riletta oggi, la vicenda di Olivetti sembra fantascienza. Fatturati record, operai felici, prodotti d’avanguardia. Per i ras del capitalismo italiano, che invece puntavano sull’industria pesante – auto e chimica – l’eretico di Ivrea era «un bubbone da estirpare». E così fu: come tutti i grandi italiani, Adriano Olivetti fu incompreso, isolato e poi dimenticato.
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Diritti o stipendio: il lavoro nel 2010 secondo Marchionne
Fuori dal lavoro chi osa protestare: o si accettano senza discutere le nuove regole imposte, o la fabbrica chiude i battenti – perché fallisce, schiacciata dal peso del proprio clamoroso insuccesso industriale, o ritenta la fortuna in paesi in cui la prestazione d’opera costa molto meno, anche perché nessuno tutela i lavoratori. Questo il senso dell’amara vicenda maturata alla Fiat per il rilancio (finora solo e sempre ventilato) dello storico stabilimento torinese di Mirafiori. Archiviare il contratto nazionale dei metalmeccanci nella fabbrica simbolo dell’industria italiana equivale al crollo di una diga: da Mirafiori in giù, qualsiasi azienda ora potrebbe imporre nuove regole, cancellando decenni di tutele sindacali.
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Non è facile essere giovani in un mondo vecchio
Provate, se avete più di quarant’anni, a far parte di una generazione che si è sempre sentita dire che è fortunata perché ha avuto tutto. Provate ad immaginare, per una volta, che cosa voglia dire davvero avere tutto. O pensare di averlo, almeno. Credete che sia facile dare un senso alla propria vita? Provate a vivere in un mondo in cui tutto è già stato detto, o fatto, o scoperto, o inventato, o addirittura vissuto. Un mondo in cui i vostri padri possono vantarsi di aver costruito tutto da soli. Immaginate di non trovarvi sempre e comunque a vostro agio, in questo mondo costruito “per voi”, soprattutto quando ne avete molte ragioni per farlo.
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Studenti e operai, l’unica vera opposizione civile
Il regime progetta il fascismo per via legale. Questo annunciano la repressione preventiva di Gasparri e le minacce “stile mafia” di Berlusconi a magistrati e Corte costituzionale. Per impedirlo, le cosiddette opposizioni progettano una definitiva sconfitta: questo annunciano il capo chino del Terzo polo, le dispute da capponi della nomenklatura Pd, le reazioni dei vertici Idv all’esplodere della questione morale. Con queste “opposizioni”, il percorso verso il fascismo legale del Putin di Arcore è in carrozza. Per fortuna che un’altra opposizione c’è. Vera. Sempre più forte, per radicamento e ampiezza.
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L’America a Torino: la Fiat esilia i difensori degli operai
L’accordo per la nuova società che gestirà Mirafiori segna una brutta svolta nelle relazioni industriali in Italia. Esclude la Fiom, che sin dagli anni del dopoguerra è stato il sindacato di maggior peso nel grande stabilimento torinese. Inasprisce deliberatamente il conflitto tra i maggiori sindacati nazionali: Fiom-Cgil da una parte, tutti gli altri contro. Divide i sindacati in un momento in cui i lavoratori dipendenti, di fronte alle cifre drammatiche della disoccupazione, della cassa integrazione e del lavoro precario, avrebbero il massimo bisogno di sindacati uniti per poter uscire dalla insicurezza sociale ed economica che li attanaglia. In presenza, per di più, di un governo del tutto inerte di fronte ai costi umani della crisi.
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Mirafiori, schiaffo storico: la Fiat butta fuori la Fiom
Prendere o lasciare: se vogliono tornare a produrre automobili a Mirafiori, gli operai dovranno adeguarsi a turni più serrati e condizioni di lavoro simili a quelle del discusso contratto di Pomigliano. E’ l’accordo-capestro promosso da Sergio Marchionne e sottoscritto il 23 dicembre solo da Cisl e Uil, in base al quale il Lingotto si impegna a investire un miliardo di euro nel 2012 per la produzione di Suv targati Fiat-Chrysler negli storici stabilimenti di Torino. La clausola “avvelenata” prevede che la rappresentanza sindacale sarà consentita solo a chi ha firmato gli accordi: se la Fiom vorrà rientrare nei negoziati dovrà essere “riammessa” non solo dall’azienda, ma anche da Cisl e Uil. Una decisione che, secondo Giorgio Airaudo della Cgil, cancella «vent’anni di relazioni sindacali».
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Macché regia occulta, apriamo gli occhi sulla rivolta
Per favore, lasciamo perdere le ciance sui Black Bloc, gli infiltrati e la teoria della regia occulta incaricata di criminalizzare la protesta. Più che di dietrologia, abbiamo bisogno di aprire gli occhi: la ribellione degli studenti è autentica e la loro rabbia è un fenomeno di massa, non un trucco da professionisti della violenza, magari manipolati dalla questura. Parola del professor Franco Piperno, leader di “Potere Operaio” e oggi docente all’Università della Calabria. Protagonista della storica contestazione studentesca del ’68, Piperno oggi non ha dubbi: gli studenti in rivolta denunciano «la menzogna collettiva che passa attraverso giornali e tv», che si guardano bene dal raccontare «la reale condizione degli italiani», a cominciare dai più giovani.
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«Ci avete rubato tutto, ieri i soldi e oggi la speranza»
«Che cosa diavolo è successo alla Harry Potter generation?», si chiede l’Inghilterra per bene sorpresa dall’esplosione di una rabbia giovanile che non si vedeva da decenni. «Chi semina vento raccoglie tempesta», risponde Jonas, un ragazzo di 17 anni che studia in un college di Hackney nella zona est di Londra. «Che cosa si aspettavano da ragazzi che stanno condannando ad una vita senza futuro?». Una generazione disillusa e arrabbiata, politicizzata ma poco ideologica che sembra trovare nella violenza di piazza l’unico mezzo per esprimere il proprio dissenso contro la politica lacrime e sangue proposta dal governo del Tory Cameron e del Libdem Clegg.