Archivio del Tag ‘diktat’
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Il Furbistan grillino: tagliare le poltrone e prolungare le loro
A vederli e sentirli non si direbbe, ma i grillini ogni notte mangiano pane e volpe, ne sanno una più del diavolo e ogni mattina trovi il pacco spedito dal loro amazon politico-elettorale. Tu pensavi che fossero lo Zero assoluto in politica e scienza e loro invece s’inventano un capolavoro matematico-politico da brividi. Sentite cosa è successo. Premessa, il Movimento 5Stelle Cadenti naufraga nei sondaggi, soprattutto dopo che si è appiattito peggio di una sogliola in Europa ai diktat franco-tedeschi; ha per premier un azzeccagarbugli disposto a scrivere per la “Repubblica”, a fare la Tav, allearsi alla sinistra e a chicchesia, a pulire il tinello della Merkel e a eseguire gli ordini degli eurocrati, pur di restare a galla. Il Movimento 5 Stelle col suo premier è perciò considerato dai Suggeritori di Palazzo, come Paolo Mieli e Dario Franceschini, la nuova manovalanza per isolare Salvini e riportare la sinistra al governo. E allora, siccome sentono odore di elezioni anticipate, i grillo-furbetti preparano il loro raccontino per la gente e la loro manovrina per pararsi le cinque chiappe a rischio. L’operazione in due mosse riguarda il Parlamento: la prima è quella che non si conta più da uno per i mandati parlamentari ma da zero, in modo che i loro capetti possano guadagnare un altro mandato e così restare nel giro alle prossime elezioni, ben installati sulle loro poltrone.Non hanno il coraggio di dire ai loro militanti ed elettori che derogano per comodità personale a una loro norma, si adattano come tutti gli altri politicanti e sono trasformisti come i marpioni della vecchia repubblica o dell’antica monarchia. No, loro studiano alta matematica e introducono dopo un attento studio e un serrato confronto con la matematica araba e indiana, il concetto orientale che rivoluzionò la fisica, l’aritmetica e la visione del mondo: l’introduzione dello zero. Lo zero per loro ha pari dignità degli altri numeri, ha diritto di voto e di conteggio; il primo mandato parlamentare è perciò considerato una specie di rodaggio, di tirocinio, un numero zero. C’è la Coca zero, c’è il caffè zero, perché non dovrebbe esserci il mandato zero? Contavano lo zero pure nella piattaforma di Cape Kennedy, perché non dovrebbero conteggiarlo nella piattaforma Rousseau, cioè nella cabina di comando di Grillology? Così il regolamento resta invariato, due mandati, ma la sostanza è che i mandati sono tre. Raggiro di massa con lode.Ma a questa magagna scientifico-napoletana, nota come il gioco delle tre carte diventate due, i grillini del Furbistan aggiungono anche un’astuta strategia di copertura e diversione politico-mediatica: rilanciano la proposta assai popolare di dimezzare il numero dei parlamentari e così ottenere due piccioni con una fava; da una parte galvanizzano il meraviglioso popolo della rete rilanciando il racconto dei grillini contro tutti, vero movimento antisistema e antipappatoria, distraendoli da quota zero; e dall’altro accusano gli alleati leghisti e chiunque voglia il voto, di volerlo per impedire l’approvazione di questa legge taglia-parlamentari. Lo fanno per le poltrone, dicono proprio loro che non vogliono votare per la stessa ragione perché dimezzerebbero le loro poltrone anche senza la legge taglia-seggi. I cervellini più fragili, che pensano cliccando e adorano l’Algoritmo della setta, se la bevono in un sorso. Ma basterebbe un minimo di cervello autonomo e funzionante per capire che Salvini pensa al voto anticipato per capitalizzare il consenso da record che ha, temendo di logorarlo strada facendo e di perderlo perché i grillini ammosciano, frenano ogni sua proposta di cambiamento. Figuratevi se un leader che si gioca la partita delle sua vita per la guida del paese, butta all’aria un governo anche suo, chiede il voto anticipato solo per conservare le “poltrone” ai peones (che sarebbero comunque garantite per la ragione inversa ai grillini, perché la Lega è data coi consensi raddoppiati).Detto tra noi, l’idea di dimezzare il numero dei parlamentari ci è sempre piaciuta, e non per le ragioni banali o minori agitate dai grillini: si risparmiano milioni di euro, dicono loro, ma i grillini non capiscono o non vogliono far capire che i problemi gravi di bilancio del nostro paese sono nell’ordine dei miliardi e non dei milioni. L’algebra grillina, che maneggia così acutamente gli zeri, ritiene o fa ritenere ai suoi elettori che milioni e miliardi siano la stessa cosa. In realtà il dimezzamento del numero dei parlamentari è una cosa buona e giusta perché diminuendo la quantità magari migliora la qualità dei medesimi, più selezionati; rende più agile il pachiderma parlamentare, ci allinea ai parlamenti degli altri paesi; e infine, c’è il risparmio sulle indennità. Però, il numero dei parlamentari è un falso problema, uno specchietto per le allodole e una manovra per distrarre il gentile pubblico dal fatto che loro, nel frattempo, col mandato zero si sono conservati le loro poltrone, proprio mentre accusano gli altri di voler votare per tenersi le poltrone. E si sono dotati di un argomento da campagna elettorale in caso di voto e di una fiaba utile per catturare gli ingenui: ci fanno votare per tenersi le poltrone. E così passano in secondo piano i problemi urgenti dell’Italia, le riforme e le opere da fare, la necessità di avere un governo attivo. Mi auguro che il popolo sia un tantino superiore al livello mentale e civile in cui lo considerano la Casaleggio & Associati & Dissociati.(Marcello Veneziani, “La furbata dei grillini in due mosse”, da “La Verità” del 24 luglio 2019; articolo ripreso dal blog di Veneziani).A vederli e sentirli non si direbbe, ma i grillini ogni notte mangiano pane e volpe, ne sanno una più del diavolo e ogni mattina trovi il pacco spedito dal loro amazon politico-elettorale. Tu pensavi che fossero lo Zero assoluto in politica e scienza e loro invece s’inventano un capolavoro matematico-politico da brividi. Sentite cosa è successo. Premessa, il Movimento 5Stelle Cadenti naufraga nei sondaggi, soprattutto dopo che si è appiattito peggio di una sogliola in Europa ai diktat franco-tedeschi; ha per premier un azzeccagarbugli disposto a scrivere per la “Repubblica”, a fare la Tav, allearsi alla sinistra e a chicchesia, a pulire il tinello della Merkel e a eseguire gli ordini degli eurocrati, pur di restare a galla. Il Movimento 5 Stelle col suo premier è perciò considerato dai Suggeritori di Palazzo, come Paolo Mieli e Dario Franceschini, la nuova manovalanza per isolare Salvini e riportare la sinistra al governo. E allora, siccome sentono odore di elezioni anticipate, i grillo-furbetti preparano il loro raccontino per la gente e la loro manovrina per pararsi le cinque chiappe a rischio. L’operazione in due mosse riguarda il Parlamento: la prima è quella che non si conta più da uno per i mandati parlamentari ma da zero, in modo che i loro capetti possano guadagnare un altro mandato e così restare nel giro alle prossime elezioni, ben installati sulle loro poltrone.
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Tav, Governo del Tradimento: sangue e bugie, addio grillini
«Non c’erano e non ci sono governi amici, l’abbiamo sempre saputo». Così il movimento NoTav reagisce al “tradimento” gialloverde sulla Torino-Lione, anticipato da Conte: «Non fare il Tav costerebbe più che farlo». Alberto Airola, parlamentare 5 Stelle, si sente raggirato da Di Maio: «Il suo – dice – è un atteggiamento pilatesco: sa benissimo che in aula saremo gli unici a votare “no”». In una video-intervista al “Fatto Quotidiano”, Airola condanna la decisione di rinunciare al potere dell’esecutivo per bloccare l’opera, ricorrendo alla farsa del voto parlamentare (più che scontato) sul destino del progetto, costosissimo e inutile. «L’ho detto più volte, a Conte: l’opera – che è appena ai preliminari – si può fermare senza danni per l’Italia». Conte però ha finto di non sentire: «E’ stato mal consigliato?», si domanda Airola. Certo, in linea con Conte appare Di Maio, che sposa in pieno la tattica dell’ipocrisia: i 5 Stelle ribadiranno la loro pletorica contrarietà alla super-ferrovia, già sapendo che Lega, Pd, Forza Italia e Fratelli d’Italia voteranno a favore. Un mezzuccio un po’ meschino, per tentare di salvarsi la coscienza. «Credo che il Movimento 5 Stelle abbia deciso di scrivere il proprio testamento politico», sentenzia Nilo Durbiano, sindaco di Venaus, uomo-simbolo dell’opposizione della valle di Susa alla grande opera. Addio 5 Stelle: «La loro avventura è conclusa», dice Durbiano, nel cui Comune i 5 Stelle erano il primo partito.Il cedimento gialloverde emerge anche dalle parole di Beppe Grillo, secondo cui è illusorio «credere che basti essere al governo, in tandem, per bloccare un processo demenziale come questo». Per Grillo, «significa avere dimenticato che non siamo una repubblica presidenziale oppure una dittatura». Ammette il fondatore, che della battaglia NoTav aveva fatto una sua bandiera: «Sono molto scontento della situazione che si è venuta a creare». Ma non aggiunge altro, preparandosi a “digerire” il clamoroso voltafaccia difendendo Toninelli e Conte, che avrebbero reso «meno disastroso» lo scenario, tenendo testa a Macron. Come dire: scusate, ma finora avevamo scherzato. Vi avevamo promesso che ci saremmo messi di traverso, per fermare il Tav? Erano solo parole: come quelle contro l’obbligo vaccinale, il Tap in Puglia e le trivelle nell’Adriatico. Impossibile, sembra dire Grillo tra le righe, che un governo possa fare davvero gli interessi dei cittadini, e non quelli delle lobby che dominano l’Ue. Se non ci fossimo noi – aggiunge l’ex comico – sarebbe pure peggio. Come dire: non siamo colpevoli, e in ogni caso è inutile illudersi che il sistema possa essere cambiato. Ma non era proprio per questo che erano nati, i 5 Stelle? Difatti: non a caso, il loro consenso sta franando. E il “tradimento” sul Tav, come dice Durbiano, sembra davvero l’inizio della fine: tra poco i 5 Stelle potrebbero non esistere più.Dopo la sortita di Conte, affermano i NoTav, ora tutto è finalmente chiaro: «Come abbiamo sempre sostenuto, dalle parti del governo non abbiamo mai avuto amici». Aggiungono i NoTav: «La manfrina di tutti questi mesi giunge alla parola fine, e il cambiamento tanto promesso dal governo getta anche l’ultima maschera, allineandosi a tutti i precedenti». Formule retoriche, che si ripetono dal 2001 a prescindere dal colore politico dell’esecutivo di turno. Il governo Conte? Sembra aver voluto «cambiare tutto per non cambiare niente». Tante chiacchiere, ma poi – al dunque – il governo gialloverde «è sempre stato ambiguo, negli atti concreti, e questo è il risultato». Non fare la Torino-Lione costerebbe più che farla? «E’ solo una scusa per mantenere in piedi il governo e le poltrone degli eletti, sacrificando ancora una volta il futuro di molti sull’altare degli interessi politici di pochi». Lo stesso Conte fino a poco tempo fa si era detto convinto che quest’opera non serviva all’Italia. Ora perché ha cambiato idea? E’ stato «fulminato sulla via di Damasco da promesse di finanziamenti europei o da equilibri politici da mantenere?».Recentissima la richiesta di arresto per il direttore della Cmc di Ravenna, general contractor della Torino-Lione, accusato per una storia di corruzione in Kenya. «Un piccolo esempio di cosa abbia scelto il presidente Conte», sottolineano i NoTav: «Altro che interessi degli italiani!». Del resto, aggiunge il movimento valsusino, «abbiamo sempre definito il sistema Tav il bancomat della politica». Cosa cambia, ora? «Per noi assolutamente nulla, perché sono 30 anni che ogni governo fa esattamente come quello attuale: annuncia il sì all’opera e aumenta il debito degli italiani facendo leva su un fantomatico interesse nazionale – che non c’è, e che nessuno dimostrerà mai». Opera inutile: lo dice anche la commissione speciale istituita da Toninelli e coordinata dal professor Marco Ponti. «Conte e il governo che presiede saranno gli ennesimi responsabili di questo scempio ambientale, politico ed economico: dalla Torino Lione la maggioranza del paese non trarrà nessun vantaggio, ma un danno economico e ambientale, che pagheremo tutti».E i 5 Stelle, da sempre NoTav, ora faranno finta di niente, tirando a campare? Bella sceneggiata, quella di «portare il voto in un Parlamento dove l’esito è già scontato, e dove il Movimento 5 Stelle voterebbe contro, tentando di salvarsi la faccia dicendo “siamo coerenti, abbiamo fatto tutto il possibile”». I NoTav annunciano battaglia: «Proseguiremo la nostra lotta popolare per fermare quest’opera inutile e imposta. Lo faremo come abbiamo sempre fatto, mettendoci di traverso quando serve e portando le nostre ragioni in ogni luogo di questo paese, che siamo convinti, sta con noi». Nel 2005, quando la polizia sgomberò con inaudita violenza i manifestanti dal presidio di Venaus, di colpo l’Italia scoprì che in valle di Susa c’era un problema – non locale, ma nazionale. «Non si possono imporre le opere pubbliche col manganello», disse Di Pietro. Da allora sono passati quasi 15 anni, e il governo in carica – stavolta rappresentato anche dai 5 Stelle – continua a premere per la grande opera senza la minima trasparenza, cioè evitando ancora una volta di dimostrarne l’utilità. Una storia tristemente italiana, di democrazia calpestata. Con un corollario: l’auto-rottamazione del movimento creato da Grillo.Era nell’aria: il Governo del Tradimento si sarebbe apprestato a rimangiarsi anche l’ultima delle sue promesse. Ovvero: non gettare via miliardi in valle di Susa per il Tav Torino-Lione, senza prima averne verificato l’utilità. La verifica – la prima, nella storia – era arrivata nei mesi scorsi dopo decenni di silenzio da parte dei governi romani, per merito del ministro Danilo Toninelli. Verdetto negativo, firmato dal più autorevole trasportista italiano, il professor Marco Ponti, già docente del Politecnico di Milano e consulente della Banca Mondiale: un’opera faraonica e completamente inutile, perfetto doppione della linea Italia-Francia che già attraversa la valle di Susa, collegando Torino e Lione via Traforo del Fréjus, da poco riammodernato al prezzo di quasi mezzo miliardo di euro per consentire il passaggio di treni con a bordo i Tir e i grandi container “navali”. Lo sapevano anche i sassi, peraltro: il traffico Italia-Francia è praticamente estinto. Lo chiarisce la Svizzera, delegata dall’Ue a monitorare i trasporti transalpini: l’attuale linea valsusina Torino-Modane-Lione, ormai semideserta e destinata a restare un binario morto anche nei prossimi decenni, potrebbe aumentare del 900% il suo volume di traffico, se solo esistesse almeno il miraggio di merci da trasportare, un giorno.
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Sì alla Torino-Lione: il M5S firma la sua condanna a morte
«Non c’erano e non ci sono governi amici, l’abbiamo sempre saputo». Così il movimento NoTav reagisce al “tradimento” gialloverde sulla Torino-Lione, anticipato da Conte: «Non fare il Tav costerebbe più che farlo». Alberto Airola, parlamentare 5 Stelle, si sente raggirato da Di Maio: «Il suo – dice – è un atteggiamento pilatesco: sa benissimo che in aula saremo gli unici a votare “no”». In una video-intervista al “Fatto Quotidiano”, Airola condanna la decisione di rinunciare al potere dell’esecutivo per bloccare l’opera, ricorrendo alla farsa del voto parlamentare (più che scontato) sul destino del progetto, costosissimo e inutile. «L’ho detto più volte, a Conte: l’opera – che è appena ai preliminari – si può fermare senza danni per l’Italia». Conte però ha finto di non sentire: «E’ stato mal consigliato?», si domanda Airola. Certo, in linea con Conte appare Di Maio, che sposa in pieno la tattica dell’ipocrisia: i 5 Stelle ribadiranno la loro pletorica contrarietà alla super-ferrovia, già sapendo che Lega, Pd, Forza Italia e Fratelli d’Italia voteranno a favore. Un mezzuccio un po’ meschino, per tentare di salvarsi la coscienza. «Credo che il Movimento 5 Stelle abbia deciso di scrivere il proprio testamento politico», sentenzia Nilo Durbiano, sindaco di Venaus, uomo-simbolo dell’opposizione della valle di Susa alla grande opera. Addio 5 Stelle: «La loro avventura è conclusa», dice Durbiano, nel cui Comune i 5 Stelle erano il primo partito.
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Vergogna gialloverde, i 5 Stelle si piegano anche sul Tav
«Alla luce degli investimenti comunitari, non realizzare il Tav costerebbe più che completarlo». Con queste parole, il premier Giuseppe Conte azzera politicamente il Movimento 5 Stelle, da sempre contrario alla Torino-Lione. L’opposizione all’alta velocità in valle di Susa era l’ultima grande promessa elettorale non ancora disattesa. A questo punto, i grillini sono politicamente finiti. Non manca di sense of humor, Conte, quando aggiunge che «soltanto il Parlamento può recedere unilateralmente dal contratto», ben sapendo che tutti gli altri partiti – Lega, Pd, Forza Italia e Fratelli d’Italia – sono da sempre favorevoli alla maxi-opera più inutile della storia d’Europa, peraltro mai neppure avviata. L’unico cantiere aperto, a Chiomonte, riguarda infatti una semplice galleria esplorativa: un piccolo tunnel solo geognostico, da cui non passerebbe mai nessun treno. Del faraonico traforo Italia-Francia non è stato finora scavato neppure un metro. Sarebbe un doppione disastrosamente inutile: proprio attraverso la valle di Susa, Torino e Lione sono già collegate dalla ferrovia internazionale che valica le Alpi grazie al traforo del Fréjus, recentemente ammodernato (quasi mezzo miliardo la spesa) in modo da consentire il transito di treni con a bordo i Tir e i grandi container “navali”. La nuova Torino-Lione? Non servirebbe a nessuno. In più, il traffico merci fra Italia e Francia è ormai inesistente.Lo ribadì alcuni mesi fa lo studio sul rapporto costi-benefici commissionato dal ministro Danilo Toninelli al professor Marco Ponti del Politecnico di Milano, “trasportista” di fama mondiale. Era la prima analisi seria, professionale, prodotta da un governo italiano, da vent’anni a questa parte, sulla grande opera più controversa della penisola, contro la quale si è scatenata una fortissima protesta popolare culminata nel 2005 con la quasi-insurrezione della valle di Susa, guidata dai sindaci in fascia tricolore. Protesta tempestivamente cavalcata da Beppe Grillo, in prima linea coi NoTav insieme a Dario Fo. Cinque anni dopo, lo stesso Grillo tornò in valle di Susa spingendosi a Chiomonte e violando provocatoriamente la prima “zona rossa” imposta dalle forze dell’ordine. Sembrano passati mille anni: i grillini oggi sono costretti a ingoiare le parole del premier gialloverde, scelto proprio da loro per giudare la traballante alleanza con la Lega, da sempre favorevole allo spreco ferroviario del secolo. «Sono pervenuti dei fatti nuovi», ha tentato di spiegarsi Conte, alludendo alla recente apertura dell’Unione Europea, che si è detta disponibile ad aumentare lo stanziamento dal 40% al 55%. «La tratta nazionale per l’Italia potrebbe beneficiare di un contributo europeo pari al 50%».A proposito di Bruxelles: proprio i grillini sono stati determinanti, la scorsa settimana, nella nomina della tedesca Ursula von der Leyen, fedelissima della Merkel e impietosa interprete del peggior rigore europeo. Oltre che l’ennesimo clamoroso tradimento dell’elettorato grillino, l’incredibile voltafaccia sul Tav Torino-Lione si annuncia come una pagina particolarmente vergognosa per il governo gialloverde: se la mossa di Conte sembra un tentativo funambolico di tenere in piedi l’esecutivo accontentando Salvini, rivela soprattutto le mostruose pressioni subite dal potere Ue, a cui l’Italia sembra cedere anche stavolta, come già per la vertenza sul deficit negato. E’ un’Italia che evidentemente obbedisce a decisioni altrui, in questo caso imposte dalla potente lobby europea delle grandi opere. Il paese dei viadotti che crollano ha un disperato bisogno di infrastrutture utili, e invece si prepara a regalare miliardi ai soliti noti, per un’opera inutile che prevede cantieri con un profilo occupazionale ridicolo. Una farsa, che per i 5 Stelle si trasformerà in tragedia politica: d’ora in poi, nessuno potrà più prendere sul serio Luigi Di Maio, qualunque cosa dovesse dire. Chi ha votato 5 Stelle difficilmente lo rifarà.«Alla luce degli investimenti comunitari, non realizzare il Tav costerebbe più che completarlo». Con queste parole, il premier Giuseppe Conte azzera politicamente il Movimento 5 Stelle, da sempre contrario alla Torino-Lione. L’opposizione all’alta velocità in valle di Susa era l’ultima grande promessa elettorale non ancora disattesa. A questo punto, i grillini sono politicamente finiti. Non manca di sense of humor, Conte, quando aggiunge che «soltanto il Parlamento può recedere unilateralmente dal contratto», ben sapendo che tutti gli altri partiti – Lega, Pd, Forza Italia e Fratelli d’Italia – sono da sempre favorevoli alla maxi-opera più inutile della storia d’Europa, peraltro mai neppure avviata. L’unico cantiere aperto, a Chiomonte, riguarda infatti una semplice galleria esplorativa: un piccolo tunnel solo geognostico, da cui non passerebbe mai nessun treno. Del faraonico traforo Italia-Francia non è stato finora scavato neppure un metro. Sarebbe un doppione disastrosamente inutile: proprio attraverso la valle di Susa, Torino e Lione sono già collegate dalla ferrovia internazionale che valica le Alpi grazie al traforo del Fréjus, recentemente ammodernato (quasi mezzo miliardo la spesa) in modo da consentire il transito di treni con a bordo i Tir e i grandi container “navali”. La nuova Torino-Lione? Non servirebbe a nessuno. In più, il traffico merci fra Italia e Francia è ormai inesistente.
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Bufale e cacciatori di bufale, ignari della fine dell’impero
La faccia triste del nuovo medioevo in corso, insieme agli spacciatori di bufale, sono i sedicenti cacciatori di bufale. Gli spacciatori confidano nella dilagante credulità, incrementata ogni giorno dalle rovine del sistema dei media, palesemente claudicante e quasi sempre inattendibile, reticente se non omertoso, timido, pronto a rifugiarsi nel gossip più o meno politico, più o meno sociologico, a volte solo calcistico, canzonettaro e melodrammatico, vanamente appeso a un preteso senso comune che di fatto non esiste più, plasticamente deformato dal permanente tourbillon tecno-avveniristico dell’ultimo strabiliante prodottino da vendere. Affondano, gli spacciatori, nel burro fuso dell’ex politica, della post-ideologia, del progresso tradito e deragliato, dei patti non rispettati da nessuno. Gioco facile, vendere sistemi chiusi e comprensibili, salvezze appese a teoremi e sensazionali rivelazioni basate su semplici ipotesi, a volte suggestive e a volte mestamente mediocri, fabbricate per voli radenti e brevissimi, svogliati come rapide parabole in cerca di risposte e soluzioni a portata di mouse, nei quaranta minuti di pazienza residua a fine giornata. Si pretendono risposte immediate, precise e convincenti, possibilmente definitive e soprattutto non stancanti, pastiglie facili da buttar giù con un bicchiere d’acqua.Il trucco sta nel dar la sensazione al pubblico più sprovveduto di acchiappare almeno per la coda un qualche brandello di verità plausibile, rendendo finalmente meno illeggibile la trama del caos creativo e distruttivo che avvolge e risucchia nei suoi vortici quella che un tempo, a scuola, si sarebbe chiamata civiltà. Così riaffiorano millenarismi inevitabili, leggende, fiabe e fandonie, presunti specialisti, guru. Una foresta parlante e più spesso ragliante, in qualche caso in modo inconsapevole, a volte invece lucidamente conscia della sua missione ottenebrante a scopo prettamente mercantile, semplice vendita di merce progettata per durare poco, per infiammare solo una stagione – qualcosa da afferrare adesso, ora o mai più, per arrivare in cima al mondo in soli dieci passi. Fenomeni recenti o forse antichi, desueti e ripetuti come ogni altro tipo di intrattenimento da reiterare stancamente in un menù non proprio entusiasmante. Mai prima d’ora, si racconta, c’era stato un tale disorientamento. Ma davvero? Che dire, allora, di fronte alla caduta dei leggendari imperi del passato?Un film girato con pochi spiccioli – “De reditu, il ritorno” – fa diventare carne e sangue l’infinito smarrimento dei romani di fronte alle macerie dello Stato, roso da dentro dalla nuova religione inarrestabile, totalitaria perché imposta per decreto: cronaca di un’eclissi, spaventosamente dolorosa, che non lascia scampo (mentre la terra, tutt’intorno, frana sotto i piedi insieme alle sue regole, le leggi, le certezze). Se tutto pare farsi cenere, niente paura: arrivano i guerrieri. Funesti cavalieri, guardiani dell’ortodossia scientista, un tempo onestamente politecnica, con maschere dell’Ottocento tra sacchi di carbone e sbuffi di vapore. Sono le nostre sentinelle – severe, ammonitrici, ditino alzato in mano guantata. Badate, dicono. Non vi sbagliate, non crediate. Schioppi e balestre, le armi pronte per sparare a vista. Presidiano frontiere, senza vedere che il confine non esiste più. L’impero si è dissolto. E’ ancora vivo solo in loro, nella loro testa, e non in quella di chi impartisce ordini e li spedisce a disperdere le torme, apparse tra brughiere. L’imperatore è come morto, è un ectoplasma in un palazzo. Al fronte manda loro, solo per guadagnare tempo.Li chiamano debunker, smentitori, smontatori. La missione: smascherare i barbari. E tutti, per loro, sono barbari: tutti gli eretici, i forestieri, gli incamminati per sentieri solitari. Barbari analfabeti, perché vivono al di fuori dall’impero, sguazzando beatamente nelle tenebre fittissime dell’ignoranza primordiale, subumana, antecedente al sapiens. Lesti di mano, i militari: poco avvezzi all’arte consumata del vecchio diavol loico, scelgono sempre la via spiccia, a fil di spada. Sbullonare: diffamazione e insulto. La calunnia, l’intimidazione. Ancora un passo, e vi distruggeremo. Sarete interdetti, ostracizzati, ridicolizzati. E’ davvero finita, la dominazione, quando ha così paura da spedire truppe contro il nulla, il buio, il vento dove bivaccano nomadi e pastori. Pochissimi soldati, finiti per caso o per errore in quel che resta dell’esercito, potrebbero un giorno scoprire che là in mezzo, fra la ciurma assiepata nel recinto in attesa dell’identificazione, tra le facce sbiancate e precarie, le teste scarmigliate, si nasconde l’impensabile: ovvero la visione, inevitabilmente ancora clandestina, dei nuovi fondatori.La faccia triste del nuovo medioevo in corso, insieme agli spacciatori di bufale, sono i sedicenti cacciatori di bufale. Gli spacciatori confidano nella dilagante credulità, incrementata ogni giorno dalle rovine del sistema dei media, palesemente claudicante e quasi sempre inattendibile, reticente se non omertoso, timido, pronto a rifugiarsi nel gossip più o meno politico, più o meno sociologico, a volte solo calcistico, canzonettaro e melodrammatico, vanamente appeso a un preteso senso comune che di fatto non esiste più, plasticamente deformato dal permanente tourbillon tecno-avveniristico dell’ultimo strabiliante prodottino da vendere. Affondano, gli spacciatori, nel burro fuso dell’ex politica, della post-ideologia, del progresso tradito e deragliato, dei patti non rispettati da nessuno. Gioco facile, vendere sistemi chiusi e comprensibili, salvezze appese a teoremi e sensazionali rivelazioni basate su semplici ipotesi, a volte suggestive e a volte mestamente mediocri, fabbricate per voli radenti e brevissimi, svogliati come rapide parabole in cerca di risposte e soluzioni a portata di mouse, nei quaranta minuti di pazienza residua a fine giornata. Si pretendono risposte immediate, precise e convincenti, possibilmente definitive e soprattutto non stancanti, pastiglie facili da buttar giù con un bicchiere d’acqua.
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Trappola per Salvini: Savoini come Mario Chiesa per Craxi
La trappola per Salvini è pronta: “relazioni pericolose” con la Russia. Il nodo: chi era amico di Gianluca Savoini, l’uomo che nella registrazione pubblicata dichiara che Salvini non vuole obbedire all’America e all’Europa ma vuole allearsi con Mosca? «Il premier Giuseppe Conte, in merito, ha farfugliato cose incomprensibili, inframmezzando di non conoscerlo personalmente». In pratica, «una sortita leguleia che sta per: so bene chi è, ma non è mio compagno di giochi», scrive Lao Xi sul “Sussidiario”. «Per Salvini il rapporto con Savoini è certamente più stretto, almeno a vedere le decine di foto pubblicate su tutti i giornali». Il vicepremier «appare sempre più confuso». Prima «ha tentato di metterla in ridere, ha cercato di fingere indifferenza e minimizzare». Ma ogni tentativo «ha finora ingigantito la cosa». L’analista evoca addirittura l’alba di Mani Pulite, quando l’allora segretario del Psi, Bettino Craxi, definì «un mariuolo» Mario Chiesa, il suo primo uomo incappato nelle maglie della giustizia, come se fosse una mela marcia, isolata, in un sistema sano. «In realtà, come ai tempi di Chiesa, oggi la tempesta del Russiagate in cotoletta sta montando ma non è ancora diventata uragano». Però, aggiunge Lao Xi, «la progressione è rapidissima, e forse Salvini ha solo la settimana prossima per districarsene. Dopo, come per Craxi allora, potrebbe essere troppo tardi».Una semi-profezia estremamente sinistra, quella del corrispondente cinese del “Sussidiario”: è noto infatti che la rottamazione giudiziaria della Prima Repubblica, che si avvalse di magistrati che in 50 anni non avevano mai osato contestare la corruzione del sistema politico, scattò solo all’indomani del crollo del Muro di Berlino, quando l’Italia smise di essere un argine altantico contro la minaccia sovietica. «In modo ipocrita – sostiene Gianfranco Carpeoro, saggista e dirigente del Movimento Roosevelt – i partiti italiani (come anche i sindacati) non avevano mai voluto rendere trasparenti i loro bilanci, per non svelare il sistema dei finanziamenti, in realtà necessari a sostenere la politica». Scheletri negli armadi: «La Dc prendeva soldi dagli Usa, e il Pci dall’Urss. Gli altri si arrangiavano come potevano». Tutti sapevano, ma nessuno fiatava (men che meno i giudici). Poi, la svolta: fine dell’Unione Sovietica, e quindi anche della Prima Repubblica italiana. Il seguito è noto: l’unico partito risparmiato da Mani Pulite, il Pci divenuto Pds, designato dai grandi poteri della nascente Ue per commissariare l’Italia imponendo il rigore di bilancio, è stato surclassato da Berlusconi, non a caso subito assediato da indagini a orologeria. Ora tocca a Salvini: «Contro la Lega – avvertiva lo stesso Carpeoro, mesi fa – si scatenerà una tempesta giudiziaria, non essendovi modo di fermare Salvini con i mezzi della politica».Clamorosa, infatti, la richiesta alla Lega di “restituire” 49 milioni di euro, imputabili alla stagione di Umberto Bossi: «Azzerare finanziariamente un partito – sottolinea Carpeoro – significa impedirgli, tecnicamente, di continuare a fare politica». Li ha davvero chiesti a Putin, la Lega, i soldi necessari per finanziare la campagna elettorale delle europee? «Quello che Salvini potrebbe e dovrebbe fare nelle prossime ore – scrive Lao Xi – è capire il punto politico della vicenda. Dovrebbe dire in sostanza: “Io sono fedele all’America e all’Europa e non voglio allearmi alla Russia. Conosco bene Savoini ma lui era lì per tenere contatti, non prendere iniziative e tantomeno attribuirmi tesi politiche che non mi appartengono”. Dopodiché dovrebbe coprirsi il capo di cenere e fare il giro degli alleati a giurare che non succederà mai più». Naturalmente, agiunge Lao Xi, questa è un’operazione delicata e pericolosa, perché Savoini e Mosca potrebbero reagire. «Quindi ci vorrebbero nervi saldi, profondità di analisi e determinazione. Salvini possiede tutto questo?». Lo scenario più probabile, invece, è che «la settimana trascorra in modo inconcludente, con solo una montagna di rivelazioni e dettagli in più che renderanno le azioni della Lega ed il suo leader sempre più confuse».Quindi, sempre secondo Lao Xi, potrebbe arrivare una tempesta ad agosto, quando i mercati sono “sottili” e pochi investimenti in alto o in basso creano sbalzi straordinari. Oppure, anche se agosto passasse liscio, alla ripresa, in settembre, la finanziaria si farebbe tutta all’ombra del Russiagate all’italiana. «Mani Pulite arrivò quando l’Italia era un’economia molto solida e aveva la lira (senza le costrizioni della moneta unica). Oggi il Russiagate arriva con la moneta unica, un’economia traballante e nell’impellenza di varare una finanziaria di lacrime e sangue. Riesce l’Italia a sopportare tutto questo?». Se non altro, aggiunge Lao Xi, «almeno per ora, per fortuna di Salvini, non ci sono alternative chiare». Il partito di opposizione «pare un vecchio motore diesel, che fa fatica a mettersi in marcia». E il Pd «ha tanti “gerarchi” che forse tirano contro il loro segretario Nicola Zingaretti più che contro Salvini». Niente è scontato, però: «Anche i diesel alla fine si mettono in moto», avverte Lao Xi, «e l’aria di sta riempendo di odori di crisi di governo ed elezioni anticipate burrascose dove ogni esito è incerto».La trappola per Salvini è pronta: “relazioni pericolose” con la Russia. Il nodo: chi era amico di Gianluca Savoini, l’uomo che nella registrazione pubblicata dichiara che Salvini non vuole obbedire all’America e all’Europa ma vuole allearsi con Mosca? «Il premier Giuseppe Conte, in merito, ha farfugliato cose incomprensibili, inframmezzando di non conoscerlo personalmente». In pratica, «una sortita leguleia che sta per: so bene chi è, ma non è mio compagno di giochi», scrive Lao Xi sul “Sussidiario”. «Per Salvini il rapporto con Savoini è certamente più stretto, almeno a vedere le decine di foto pubblicate su tutti i giornali». Il vicepremier «appare sempre più confuso». Prima «ha tentato di metterla in ridere, ha cercato di fingere indifferenza e minimizzare». Ma ogni tentativo «ha finora ingigantito la cosa». L’analista evoca addirittura l’alba di Mani Pulite, quando l’allora segretario del Psi, Bettino Craxi, definì «un mariuolo» Mario Chiesa, il suo primo uomo incappato nelle maglie della giustizia, come se fosse una mela marcia, isolata, in un sistema sano. «In realtà, come ai tempi di Chiesa, oggi la tempesta del Russiagate in cotoletta sta montando ma non è ancora diventata uragano». Però, aggiunge Lao Xi, «la progressione è rapidissima, e forse Salvini ha solo la settimana prossima per districarsene. Dopo, come per Craxi allora, potrebbe essere troppo tardi».
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Italian Russiagate: le bufale di BuzzFeed, che odia Salvini
«L’attacco mondialista a Salvini dimostra proprio questo intento, riprendere il flusso dell’immigrazione fuori controllo e continuare a produrre dumping salariale». Tanto, «il presunto argine ‘antisistema’ rappresentato dai 5 Stelle appare sempre più inadeguato, incoerente e ambiguo», visto che lo stesso Di Maio – nel tentativo disperato di tamponare l’emorragia di voti verso la Lega – partecipa volentieri all’ultimo gioco al massacro contro Salvini, invitandolo a rispondere dei presunti finanziamenti russi davanti al Parlamento: «Quando il Parlamento chiama, il politico risponde, perché il Parlamento è sovrano e lo dice la nostra Costituzione». Sovranità limitata, in realtà: è Bruxelles, non Roma, a stabilire cosa può fare l’Italia, la cui Costituzione è stata deturpata dall’inserimento suicida del pareggio di bilancio. Se n’è dimenticato, Di Maio? È evidente, scrive Rosanna Spadini su “Come Don Chisciotte”, che il capo politico del Movimento 5 Stelle cita “BuzzFeed” come fonte d’informazione altamente attendibile, «celando di proposito le rivelazioni pregresse sulla macchina di propaganda web del MoV, e sul fatto che Alberto Nardelli interpreterebbe un trend politico decisamente di sinistra, avverso al governo gialloverde».
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‘Banche illegali: ogni anno creano 1.000 miliardi, esentasse’
Il privilegio di emettere moneta “scritturale”, al di fuori di ogni legge che lo consenta (e anzi, contro l’articolo 128 del Trattato di Lisbona, che riserva la creazione dell’euro alla sola banca centrale) è stato di fatto preso dai banchieri privati, che godono della copertura delle autorità monetarie, e che in Italia ogni anno emettono mediamente 1.000 miliardi di moneta “scritturale”, denominandola “euro” – e non potrebbero farlo, perché violano il monopolio della Bce. La copertura, la protezione di questo privilegio (che in fondo è l’infrastruttura fondamentale del nostro sistema socio-economico) viene assicurata dalla Banca d’Italia. Ma se solo la Bce ha la potestà di creare l’euro, perché si tollera che l’euro venga creato (mediante i prestiti, ndr) dalle normali banche di credito? E’ una situazione di totale illegalità, contraria al diritto. Viene tollerata perché proprio il privilegio è il fondamento del potere politico-economico. I cittadini che si mettono a loro volta a creare moneta “scritturale”, contro cui di scaglia la Banca d’Italia, in realtà fanno esattamente quello che fa il sistema bancario privato.Solo che i cittadini, essendo il popolo (che deve essere sfruttato, spremuto e represso) non hanno la copertura delle autorità monetarie. Mentre il cartello bancario privato, che possiede le banche centrali – ne possiede le quote e ne nomina i dirigenti – quella copertura ce l’ha: ha la “legittimazione illegittima” delle autorità monetarie. Se anche venisse legittimata la creazione di euro “scritturali” da parte delle banche private, si avrebbe un grande beneficio: emergerebbe infatti un reddito, ora sommerso, di circa 1.000 miliardi all’anno, in Italia. Il che vorrebbe dire un gettito fiscale di circa 220 miliardi all’anno in più, per lo Stato, e il risanamento di tutti i bilanci bancari – quindi il pagamento di tutte le azioni e le obbligazioni convertibili, il recupero dei risparmi (e naturalmente, anche più soldi per gli investimenti produttivi e per le famiglie). Però non ne parlano, i nostri economisti mezzo-eretici, antisistema solo a metà. Penso a Borghi, Bagnai, Rinaldi e altri: non parlano mai, di questo. Raccontano solo una parte della storia: quella meno pericolosa, meno destabilizzante.Non dicono nulla di questo, che ormai è un dato di fatto ammesso dalla Banca d’Italia (che pubblica le tabelle, relative alla creazione della moneta “scritturale” da parte delle banche private). Forse, dire questo sarebbe politicamente insostenibile, per il governo: l’esecutivo verrebbe fatto fuori, se qualche suo esponente ne parlasse. Non parlandone, però, si rimane in una situazione di sudditanza, che condanna l’Italia a una morte economica certa e abbastanza lenta. Beninteso: io apprezzo Rinaldi, Bagnai e Borghi. Li ascolto molto volentieri, però questa cosa non la dicono, ed è la cosa più importante: silenzio, sull’essenziale. Certo, l’essenziale può essere troppo forte: svelare questa realtà pubblicamente, attraverso i mass media, significa destabilizzare il sistema. Se queste cose venissero spiegate alla popolazione, o anche solo agli imprenditori, apparirebbe l’illegittimità profonda e irrimediabile di questo sistema monetario (e anche socio-politico, perché l’economia monetaria determina le condizioni di tutta la politica economica).E poi: da un lato c’è il monopolio privato della creazione della moneta, dall’altro c’è il “monopsonio” di 8 banche, relativo all’acquisto dei titoli del debito pubblico, alle aste marginali. Cioè: alla fine, a tutti gli acquisti viene applicato il rendimento più alto della giornata. Quindi, chi ha acquistato titoli a un rendimento più basso, poi non fa altro che aspettare l’ultimo acquisto, per beneficiare del rendimento più alto: il che vuol dire che queste 8 banche possono mettersi d’accordo tra loro per fare manovre al rialzo, sui tassi di rendimento, e quindi far pagare di più ai contribuenti e guadagnare di più esse stesse. Bisognerebbe che qualcuno spiegasse, almeno ai soggetti impenditorialmente attivi, che cos’è questa tenaglia: il monopolio dell’offerta dei rating monetari e il “monopsonio” dell’acquisto alle aste. E’ una tenaglia che spezza qualsiasi residuo di “cosa pubblica”, perché mette tutto il potere in un numero ristretto di grandi banchieri: tutta la politica viene stretta in questa tenaglia.L’Italia, come altri paesi, soffre di una carenza artificiale di liquidità, alla quale si ovvierebbe sia col “reddito universale”, cioè creando più moneta per sostenere la capacità di spesa e quindi la domanda interna, sia con una creazione monetaria mirata ad investimenti che aumentino la produzione e la produttività (a patto che l’aumento dei consumi e delle emissioni non comprometta in modo definitivo la salute dell’ecosistema terrestre). Dovrebbe sorgere una rete bancaria parallela, praticamente gratuita, che tolga di mezzo l’attuale sistema bancario, interamente privatizzato. E’ un sistema sostanzialmente vampiresco, che drena risorse dall’economia e le riduce, artificiosamente, per mantenere alto il proprio potere di condizionamento della moneta. Noi viviamo in un sistema al quale viene tolta moneta. Sapete che l’Italia ha a disposizione una quantità di liquidità pro capite che è la metà di quella della Francia e della Germania? Mettete un paese indebitato e in recessione, come l’Italia, accanto a paesi molto meno indebitati e molto meno in recessione, e con il doppio della liquidità, e avrete l’inevitabile: e cioè che i paesi più forti (e con più soldi) si comprano tutto quel che c’è da comprare, dell’Italia. Sono cose di cui non si parla mai. E sono quell’essenza, sottaciuta, dell’economia monetaria.In qualsiasi società, abbiamo soggetti che da un lato hanno capacità di dare beni e servizi, e dall’altro hanno bisogno di beni e di servizi. Quindi la società richiede lo scambio. E lo scambio, a sua volta, richiede la moneta, come mezzo di regolazione dello scambio. Se però io mi pongo in una condizione di monopolista della creazione e della distribuzione della moneta (che è un simbolo: non è coperto da oro, e non ha un costo di produzione) e impongo a tutti di servirsi, per legge, della moneta da me prodotta, e gliela faccio pagare in termini di interessi, io gradualmente mi impadronisco di tutto il potenziale economico: costringo tutti a pagare con una moneta che prendono in prestito, versandomi gli interessi, per eseguire le loro transazioni. E accumulandosi gli interessi nel tempo, alla fine il mio potere diventa totale: assorbe quello dello Stato. Così io divento padrone dell’intera economia, ed è questo che è avvenuto. A quel punto io faccio scarseggiare la moneta, per mantenerne alta la domanda e alto il prezzo – e per tenere per il collo, al guinzaglio, le istiuzioni pubbliche, le imprese e i popoli.E attenzione: io non do nulla. Ottengo tutto questo senza dare alcun bene reale, alcun servizio reale: semplicemente, approfitto della posizione di monopolio che ho comperato, che ho conquistato in altri modi. Questa è l’economia politica, in essenza. Se prenderà piede Libra, la criptomoneta di Facebook, i giovani capiranno cos’è davvero la moneta: un semplice simbolo, il cui valore dipende unicamente dalla sua accettazione. E quindi capiranno che non ha bisogno di avere alle spalle una garanzia, una copertura in oro. Capiranno anche che la storia del capitale sociale delle banche centrali è una cosa assurda. Le banche centrali, che creano ed emettono la moneta, non hanno bisogno di capitale sociale, perché la moneta la creano. Il capitale sociale è una scorta di moneta, di credito, per far funzionare una normale impresa commerciale, che ha bisogno di prendere moneta dall’esterno: ma le banche centrali non hanno bisogno prendere moneta dall’esterno. E allora perché la Banca d’Italia ha un capitale sociale?Risposta: per creare il pretesto, lo specchietto per le allodole che giustifichi il fatto di avere dei proprietari, che sono società private e per lo più estere, che controllano la banca centrale italiana attraverso dei prestanome. Questa è la realtà: è tutta una costruzione fatta per ingannare. I giovani che useranno la moneta di Facebook impareranno che la moneta non ha bisogno di riserve e non ha costi di produzione. E capiranno quindi che tutta la narrazione, lo storytelling delle autorità monetarie (europee, italiane e internazionali, incluso il Fmi) è una panzana. E’ un inganno, una truffa, per spremere il prodotto del lavoro e del risparmio della gente e delle imprese. In tanti cominceranno a chiedersi: come mai Zuckerberg può produrre molti miliardi di Libra, se non ha una banca centrale? A cosa serve la banca centrale? A cosa servono le banche?Mi aspetto che si cominci a dubitare della narrazione monetaria e bancaria, prodotta dalle istituzioni per ingannarli. E poi, la Libra sarebbe davvero una criptovaluta? In greco, “cryptos” vuol dire nascosto. Se è evidente quello che hai nel portafoglio, bisognerebbe chiamarla “fanerovaluta”, moneta palese. C’è da fidarsi, di Facebook? Durante la campagna elettorale per le europee, il social network ha oscurato i miei post: sicuramente manifesta la volontà di tutelare certi segreti. Mi ha tenuto sotto censura per circa un mese, poi mi ha riammesso una volta avuti i risultati elettorali. A parte questo, io credo che ai livelli altissimi – in cui si trovano Mark Zuckerberg e le somme autorità monetarie – ci si preoccupi di trovare una via d’uscita dal vero problema di fondo: qualora l’economia mondiale ripartisse (consumi, investimenti, produzione), ripartirebbero anche i processi di esaurimento delle risorse ambientali planetarie, insieme al processo dell’inquinamento. Quindi è probabile che vi sia la volontà di mantenere soffocate le economie e le società, producendo anche depressione diffusa nelle popolazioni, per preparare una soluzione al problema ecologico e demografico.Facebook si metterà in una posizione tale da scatenare panico e sfiducia monetaria, nel mondo. Potrà fare disastri, volendo: l’economia, le monete e la finanza vivono di aspettative, e Facebook a un certo punto potrebbe anche scatenare un collasso globale delle monete. Ma forse arriverà prima la guerra, magari la guerra nucleare con l’Iran: Teheran ha appena detto che completerà il suo programma, e Trump ha replicato sostenendo di non avere bisogno dell’approvazione congressuale, per attaccare. Sono solo parole? Vedremo. Se ci sarà una guerra avremo scarsità di petrolio e prezzi fuori controllo. Ma è difficile prevedere il futuro – anzi, è impossibile. Molti economisti prevedono una nuova, grossa crisi ormai imminente? Era attesa, è vero, però gli ultimi segnali prevalenti sono diversi. In base alle informazioni che ricevo per vie interne, so che alla fine dell’anno prossimo inizierà una campagna di investimenti molto massiccia. Soprattutto nel Sud Europa ci sarà una forte espansione delle attività di costruzioni infrastrutturali. Apprendo che, in certi uffici molto importanti, ci si aspetta questo: una ripresa, nel 2020.La moneta diventerà solo elettronica? Non credo si possa elminare il cash, anche se la quantità di contante utilizzata, nel mondo, è già molto modesta. In realtà, eliminare il denaro materiale (che esiste già, senza quindi il bisogno che la banca lo mantenga in essere) è un modo per spiare capillarmente la vita dei cittadini e portargli via quello che hanno, senza che possano opporsi. Serve anche a espropriare il denaro a fini fiscali e di sostegno al sistema bancario. E serve a colpire le singole persone, quelle non sottomesse, ribelli – le persone dissenzienti, che disturbano – attraverso il blocco dei conti correnti e altre forme di persecuzione discriminatoria. Pensiamo a cosa può fare, la banca, con una segnalazione (anche falsa) di inadempienza: se ti stai comprando casa, può rovinarti la vita. Vale per tutti: la banca potrebbe fermare le capacità di acquisto, di spesa e di pagamento. E a questo si può certamente arrivare. Morte civile: non puoi più pagarti nemmeno un avvocato che ti difenda.E’ un modo per schiavizzare i cittadini – mentre la grande evasione e la grande elusione fiscale avvengono per altri canali: non certamente attraverso il contante, ma attraverso i falsi bilanci bancari che citavo prima (l’omissione della contabilizzazione dei ricavi della creazione monetaria). Evasione ed elusione avvengono anche attraverso manovre al rialzo o al ribasso dei mercati finanziari, e poi attraverso le reti bancarie occulte, che consentono l’occultamento di grandi quantità di denaro (che poi riaffiora nei paradisi fiscali). La moneta è una forma di controllo sociale, penetrante e immediato: repressione e intimidazione dei cittadini. In Cina vieni schedato, a punteggio, in base a come ti comporti su Internet e alle opinioni che esprimi. Alla fine la gente arriverà ad auto-inibirsi, a escludersi dalle comunicazioni: sarà indotta al conformismo, all’acquiescenza, per il timore di incorrere nel blocco del conto corrente e della carta di credito.(Marco Della Luna, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti e Tom Bosco nella puntata 318 di “Border Nights”, trasmessa il 25 giugno 2018 e poi ripresa su YouTube. Avvocato e saggista, Della Luna – riguardo alla creazione monetaria impropria, la moneta “scritturale” – allude al normale credito bancario: la banca possiede solo la riserva frazionaria, cioè appena l’1% del denaro che presta; di fatto il 99% lo “crea dal nulla”, emettendo il credito, e lo fa in regime di esclusivo monopolio, in questo caso privato. Della Luna ha pubblicato svariati saggi, sul tema, tra cui “Cimiteuro, uscirne e risorgere: signoraggio, golpe bancario, debito infinito”, “Euroschiavi: chi si arricchisce davvero con le nostre tasse”, “Oligarchia per popoli superflui: l’ingegneria sociale della decrescita infelice”, “Oltre l’agonia: come fallirà il dominio tecnocratico dei poteri finanziari” e “Tecnoschiavi”, uscito nel 2019).Il privilegio di emettere moneta “scritturale”, al di fuori di ogni legge che lo consenta (e anzi, contro l’articolo 128 del Trattato di Lisbona, che riserva la creazione dell’euro alla sola banca centrale) è stato di fatto preso dai banchieri privati, che godono della copertura delle autorità monetarie, e che in Italia ogni anno emettono mediamente 1.000 miliardi di moneta “scritturale”, denominandola “euro” – e non potrebbero farlo, perché violano il monopolio della Bce. La copertura, la protezione di questo privilegio (che in fondo è l’infrastruttura fondamentale del nostro sistema socio-economico) viene assicurata dalla Banca d’Italia. Ma se solo la Bce ha la potestà di creare l’euro, perché si tollera che l’euro venga creato (mediante i prestiti, ndr) dalle normali banche di credito? E’ una situazione di totale illegalità, contraria al diritto. Viene tollerata perché proprio il privilegio è il fondamento del potere politico-economico. I cittadini che si mettono a loro volta a creare moneta “scritturale”, contro cui di scaglia la Banca d’Italia, in realtà fanno esattamente quello che fa il sistema bancario privato.
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Yahvè SpA: chi domina il mondo, oltre la geopolitica visibile
Data fatidica, il 14 luglio: nel 1789 a Parigi veniva assaltata la Bastiglia, evento culminante della Rivoluzione Francese che segnò la fine dell’Ancien Régime, il sistema plurisecolare dell’assolutismo monarchico. Solo tre anni fa, invece – ma sempre in Francia, e sempre il 14 luglio – il killer franco-tunisino Mohamed Lahouaiej-Bouhle faceva strage a Nizza col suo camion, travolgendo i passanti sulla Promenade des Anglais: 86 morti e 302 feriti. Ovviamente l’attenatatore era già stato segnalato alla polizia, come poco di buono. E ovviamente nessuno aveva pensato di controllare e sgomberare quel camion bianco, fermo da giorni sul lungomare divenuto “off limits” in vista della festa nazionale francese. E ancora: l’assassino – prima di essere freddato dalle forze dell’ordine, come d’abitudine, prima che potesse parlare – aveva anche avuto cura di lasciare a disposizione dei poliziotti i suoi documenti, ben in vista nell’abitacolo del veicolo. Un caso da manuale, secondo Gioele Magaldi, autore del saggio “Massoni”: un messaggio intimidatorio rivolto alla massoneria progressista, che considera proprio il 14 luglio la prima pietra miliare verso la conquista della democrazia, almeno in Occidente.Fu l’Isis a rivendicare la strage di Nizza, ma le menti dello Stato Islamico sono altrove: Abu Bakr Al-Bahdadi, il sedicente Califfo, secondo Magaldi è affiliato alla superloggia “Hathor Pentalpha”, dominata dai Bush e responsabile del super-attentato del terzo millennio, quello dell’11 Settembre, comodamente attribuito al “barbaro jihadista” Bin Laden, in realtà massone, affiliato anch’esso alla medesima Ur-Lodge. La “Hathor Pentalpha”, sorta all’inizio degli anni ‘80 per volere di Bush padre, appena battuto da Reagan alle primarie repubblicane, raccolse il gotha dei golpisti del Pnac, il Piano per il Nuovo Secolo Americano: George W. Bush e suo fratello Jeb Bush, Dick Cheney e Donald Rumsfeld, Paul Wolfowitz e la stessa Condoleezza Rice. Oltre a Bin Laden (Al-Qaeda) e Al-Baghdadi (Isis), la “Hathor” avrebbe reclutato un ideologo come Samuel Huntington (“La crisi della democrazia”), insieme a Donald e Robert Kagan, Douglas Freith, Irving e William Kristol, Dan Quayle. Con loro Richard Perle, Karl Rove, Bill Bennett e il politologo Michael Leeden. Una rete trasversale, con affiliati in Medio Oriente: Oman, Bahrein, Qatar, Arabia Saudita e persino Iran (tra gli iraniani coinvolti, l’ex presidente Hashemi Rafsanjani).Obiettivo: destabilizzare ferocemente il pianeta, creando a tavolino il presunto “scontro di civiltà” tra Occidente e mondo arabo. Punta di lancia dell’operazione: Israele (era il premier Ariel Sharon l’uomo della “Hathor” a Tel Aviv). Ma arabi e israeliani non dovevano essere acerrimi nemici, anziché compagni di merende e di avventure anche terroristiche? Certo, ma solo in teoria, spiega Magaldi: in realtà sono tutti massoni, nella cabina di regia. E la vera geopolitica – al di là della narrazione dei media – passa per i circoli come la “Hathor”, incarnazione infernale dell’ala più reazionaria della supermassoneria occulta, apolide e sovranazionale. Convergenze insospettabili: dirigenti sauditi in riunione con Sharon e col presidente turco, il “fratello” Recep Tayyip Erdogan, insieme a un bel po’ di potenti europei: l’ex cancelliere tedesco Gehard Schröder, l’allora primo ministro spagnolo José Maria Aznar, l’intramontabile Tony Blair, il polacco Aleksander Kwasniewski e il francese Nicolas Sarkozy – più un paio di italiani: l’allora presidente del Senato, Marcello Pera, nonché Antonio Martino, all’epoca ministro berlusconiano e già segretario della Mont Pelerin Society, vero e proprio tempio ideologico dell’ultra-destra economica europea, culla dell’oligarchia neoaristocratica che ha incubato, progettatto e imposto l’austerity per infliggere la camicia di forza a paesi come l’Italia, alle prese con la nascente globalizzazione.Il primo a parlarne in termini espliciti è stato Paolo Barnard, nel saggio “Il più grande crimine”, uscito prima ancora della crisi italiana del 2011. La tesi: si trattava, semplicemente, di cancellare la memoria della Presa del Bastiglia. Il mitico 14 luglio? Un incidente della storia: aprì l’Europa a qualcosa di mai prima sperimentato – la democrazia – spalancando le porte alla modernità del futuro: Stato di diritto, suffragio universale. Traduzione euro-atlantica successiva: economia sociale, conquiste civili e diritti del lavoro. Bene, tutto questo doveva finire. E in modo drammatico: col terrorismo stragista della strategia della tensione (Al-Qaeda, Isis) o col terrorismo finanziario (rigore europeo). Per volere di chi? Dei soliti noti, gli antichi baroni. O meglio: di quella che un tempo costuitiva il nerbo dell’Ancient Régime, cioè l’aristocrazia feudale più parassitaria. Le era toccato finire sfrattata dal potere (politico) dal 14 luglio in poi? Niente paura: si è ripresa tutto, e con gli interessi, mantenendo le grandi leve della finanza. Ha finanziarizzato l’economia e ridotto gli Stati in bolletta, senza più sovranità monetaria. Il gioco perfetto dei leggendari Rothschild, padroni d’Europa (e di un pezzo d’America) da tre secoli questa parte.Nei suoi libri, un ricercatore come Pietro Ratto ricostruisce il ruolo di casati ebraici come quello dei Warburg, in realtà di origine veneta, poi soci in affari con i Rothschild – di cui sempre Ratto prova anche l’apparentamento coi Rockefeller, mediante matrimoni strategici. Dettaglio inquietante: furono i grandi finanzieri ebrei a sovvenzionare Hitler all’alba della sua tragica epopea. Non solo: è stato accertato che proprio il Terzo Reich – al suo esordio – fu un poderoso sponsor occulto del sionismo, favorendo l’espatrio degli ebrei tedeschi verso la Palestina e finanziando il primo colonialismo ebraico in Terrasanta. Scioccante? Quasi quanto il libro “L’altra Europa”, pubblicato dal vicentino Paolo Rumor, nipote del più volte primo ministro democristiano Mariano Rumor. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il padre dell’autore – Giacomo Rumor – agiva come 007 per conto di monsignor Montini, futuro Paolo VI, allora responsabile dell’intelligence vaticana. Gli Alleati già sapevano che avrebbero vinto, e volevano progettare in anticipo l’Europa del dopoguerra. Fin qui, tutto bene: logico che gli Usa si rivolgessero al Papa, visto che l’Italia era ancora in mano a Mussolini, e che l’antifascismo era largamente comunista. Ma un giorno l’esoterista francese Maurice Schumann, gollista e interlocutore di Rumor, svelò al cattolico italiano chi c’era veramente, dietro al piano: la Struttura. Una cupola esclusiva, ininterrottamente al potere, nel mondo, da quasi 12.000 anni.Follia? Non secondo l’archeologo Loris Bagnara, che ha verificato sul campo: le indicazioni di Rumor (cioè di Schumann) corrispondono in modo impressionante con la geografia e la toponomastica dei luoghi dove si sarebbe costituito quell’antico potere, nato in Mesopotamia e poi trasferitosi nell’Egitto dei faraoni prima di approdare in Palestina e quindi nel Mediterraneo fenicio e poi greco-romano. L’eminente politoligo Giorgio Galli, autore della prefazione del libro di Rumor, conferma: i nomi citati dal dossier-Schumann sono perfettamente coerenti con la mappa del vero potere, anche di quello euro-atlantico del Novecento. Politici, industriali e finanzieri: tutti esoteristi, vincolati al reciproco segreto sull’origine della Struttura, sostanzialmente iniziatica, risalente – a loro dire – attorno al 9.500 avanti Cristo, tra le rive del Tigri e quelle dell’Eufrate, cioè dove Zecharia Sitchin attribuisce agli Anunnaki, i misteriosi Figli delle Stelle, la “fabbricazione” dell’homo sapiens nella versione poi narrata dai Sumeri. Di quella storia – avverte Mauro Biglino, già traduttore ufficiale delle Edizioni San Paolo – la Bibbia non è che la fotocopia: la Genesi descrive la nascita di Eva mediante clonazione genetica, proprio come la pecora Dolly, ad opera degli Elohim come Yahvè, cioè i Figli delle Stelle palestinesi.Autore di culto in Italia, pubblicato anche da Mondadori (trecentomila copie vendute), a Biglino nessuno contesta la riscoperta letterale della Bibbia: l’interpretazione teologico-spiritualista del testo si rivela completamente infondata (Yahvè non era “Dio”, ma solo uno dei tanti Elohim citati). Semmai, la Bibbia – ammesso sia attendibile, visto che è stata riscritta ininterrottamente fino al medioevo – propone un’altra storia: la nascita dell’umanità attuale, così improvvisamente evoluta, sarebbe opera dell’ibridazione genetica dei Figli delle Stelle, che avrebbero immesso il loro Dna in quello dei primitivi ominidi. Biglino è rispettato anche ad Harvard, dove alla facoltà di medicina si raccomandano i suoi libri. E sulla sua ipotesi stanno convergendo decine di scienziati, che lo hanno messo a capo di un progetto di ricerca senza precedenti: studi interdisciplinari, anche archeologici, per verificare quel che la Bibbia racconta, alla lettera. E le religioni monoteiste? La prima, l’ebraismo, secondo Biglino sarebbe nata attorno al VI secolo avanti Cristo, quando Yahvè sparì di colpo, in seguito all’avvento dei babilonesi che sottomisero gli ebrei. Da allora, dice lo studioso, ad assumere la leadership del popolo ebraico furono i sacerdoti, cioè la casta degli ex “maggiordomi” di Yahvè: furono loro, manipolandola, a trasformare la Bibbia nel “libro sacro” che non era mai stato.Quando poi l’Impero Romano – oltre mezzo millennio dopo, nel 70 dopo Cristo – represse duramente gli ebrei distruggendo il Tempio di Salomone a Gerusalemme, gli stessi sacerdoti contrattarono il loro futuro con i nuovi padroni: cedettero ai romani il Tesoro del Tempio, in cambio di una vita agiatissima nella capitale imperiale, da cui poi – attraverso svariati passaggi – diedero vita alla nuova religione, il Cristianesimo cattolico, ufficialmente coniato da Costantino nel 325 al Concilio di Nicea. Lo stesso Paolo Rumor, attingendo al memoriale Schumann, sostiene che la mitica Struttura si sarebbe spezzata in due tronconi, a Gerusalemme, proprio attorno all’Anno Zero. Di recente, Biglino ha accennato a libri di prossima uscita, dal contenuto sconcertante: attraverso accurate analisi di fonti d’archivio, emerge una sbalorditiva continuità nel potere europeo attraverso i secoli, con in primo piano – da Gerusalemme a Roma, fino al Nord Europa – sempre le stesse famiglie. La sua tesi è nota: attraverso la Bibbia, siamo stati finora governati da un unico schema di potere, concepito sotto forma di dominio. Lo stesso sistema finanziario attuale, che regge il pianeta, è quello enunciato da Yahvè: potrai prestare denaro ma non richiederlo, perché chi riceve denaro in prestito ne diventa schiavo. E a proposito: dov’è finito, Yahvè? Sicuri che sia sparito per sempre dalla circolazione?Se un giorno si scoprisse che gli Elohim come quello che gestiva la famiglia di Giacobbe sono qui tra noi e controllano tutto – dice Biglino – certo non me ne stupirei: secondo la Bibbia potevano vivere anche 30.000 anni. Assurdo? Mica tanto: la distanza fra i loro 30 millenni e i nostri 90 anni è infinitamente più piccola di quella che separa una tartaruga gigante (200 anni) da una farfalla che viva solo 24 ore. Di giorno in giorno, si moltiplicano scoperte che sconquassano le vecchie certezze archeologiche: la Piramide di Cheope (vera datazione, 20.000 anni) è una potente “fabbrica di energia”: è presidiata dai fisici che vi osservano gli stranissimi fenomeni che ospita, come l’abbattimento di particelle subatomiche. A Visoko, in Bosnia, sono state scoperte le più grandi piramidi della Terra, risalenti a 30.000 anni fa. E al largo dell’India spuntano città sommerse – probabilmente dal maremoto di 11.500 anni fa (il Diluvo Universale?), scatenatosi proprio nel periodo in cui a Göbekli Tepe, in Turchia, fu costruito il tempio più antico della Terra, in un’area in cui gli scavi rivelano che la nascita dell’agricoltura risale addirittura al Mesolitico. Scoperte che costringono a retrodatare la nostra storia, cancellando quello che fino a ieri credevamo di sapere.Sotto certi aspetti, è come se le incredibili scoperte dell’archeologia odierna costringessero a ripensare la stessa geopolitica attuale. Si perde tempo, ripete Magaldi, se ci si ferma ancora a valutarla come scontro tra nazioni: c’è ben altro, dietro le quinte. Se lo domandava anche Barnard: vi siete mai chiesti come mai la politica non riesce mai a mantenere le sue promesse? E perché le cose vanno di male in peggio, nonostante il pianeta non sia mai stato così ricco, vista la nostra capacità esponenziale di produrre beni, grazie alla vertiginosa rivoluzione tecnologica degli ultimi decenni? Colpa dell’élite neo-feudale, si risponde Barnard. Ed è un’élite non certo illuminata, aggiunge Magaldi: si tratta di un’oligarchia del denaro, reazionaria, neo-conservatrice, il cui massimo livello di potere – al di sopra delle entità paramassoniche come il Bilderberg – è rappresentato dalle 36 Ur-Lodges che dominano il globo. E se ci fosse dell’altro ancora, sopra le midiciali superlogge? Magari la “Yahvè SpA”, affidata a emissari collaudatissimi? E’ l’interrogativo che rilancia Biglino, convinto che gli Elohim (come gli Anunna sumeri, i Theoi greci, i Deva indiani) non siano affatto scomparsi, dimenticandosi delle loro “creature”. Anzi, aggiunge lo studioso: sarebbe perfettamente plausibile scoprire, un giorno, che dietro ai maggiori potentati terrestri vi siano proprio “quelli là”, i Figli delle Stelle, l’un contro l’altro armati: è uno schema ripetuto in tutti i libri antichi, compresa la Bibbia.Data fatidica, il 14 luglio: nel 1789 a Parigi veniva assaltata la Bastiglia, evento culminante della Rivoluzione Francese che segnò la fine dell’Ancien Régime, il sistema plurisecolare dell’assolutismo monarchico. Solo tre anni fa, invece – ma sempre in Francia, e sempre il 14 luglio – il killer franco-tunisino Mohamed Lahouaiej-Bouhle faceva strage a Nizza col suo camion, travolgendo i passanti sulla Promenade des Anglais: 86 morti e 302 feriti. Ovviamente l’attentatore era già stato segnalato alla polizia, come poco di buono. E ovviamente nessuno aveva pensato di controllare e sgomberare il suo camion bianco, fermo da giorni su quel lungomare divenuto “off limits” in vista della festa nazionale francese. E ancora: l’assassino – prima di essere freddato dalle forze dell’ordine, come d’abitudine, prima che potesse parlare – aveva anche avuto cura di lasciare a disposizione dei poliziotti i suoi documenti, ben in vista nell’abitacolo del veicolo. Un caso da manuale, secondo Gioele Magaldi, autore del saggio “Massoni”: un messaggio intimidatorio rivolto alla massoneria progressista, che considera proprio il 14 luglio la prima pietra miliare verso la conquista della democrazia, almeno in Occidente.
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Nasce il Psai: basta rigore, la rivoluzione che serve all’Italia
La Commissione Europea? Abolita. E allora chi governa l’Europa? Un esecutivo finalmente normale, votato dal Parlamento Europeo, democraticamente eletto. E la Bce? Deve cambiare il suo mandato: dovrà creare lavoro, sotto la direzione della politica, e non badare più soltanto alla stabilità dei prezzi per contenere l’inflazione. E il pareggio di bilancio imposto da Monti? Va eliminato subito dalla Costituzione italiana. Di più: bisogna creare la piena occupazione, grazie a un’agenzia speciale per il lavoro, in ogni caso limitato a 35 ore settimanali e remunerato con salari dignitosi. E ancora: ci spetta un reddito universale (per tutti, anche per chi un lavoro ce l’ha già). Cos’è, uno scherzo? No: è la bozza programmatica del Psai, cioè il “Partito che serve all’Italia”. L’aggettivo “rivoluzionario” suona persino eufemistico. Siamo di fronte all’eresia pura, all’utopia. Letteralmente: non esiste, oggi, un posto così. Sarebbe un paradiso. E noi siamo ormai abituati all’inferno ordinario nel quale siamo stati sprofondati poco alla volta, a colpi di austerity e neoliberismo selvaggio spacciato per legge divina (“ce lo chiede l’Europa”, quella del “pilota automatico” che privilegia i soliti super-poteri finanziari, che usano i loro burattini all’Ue per trasformare in legge il loro business privato).Cos’è, allora, questa specie di Rivoluzione della Felicità? Un diversivo letterario? Ma no, dicono i fautori del Psai: si può fare. “The impossible, made possible”. Parola di Nino Galloni, uno dei cervelli dell’esperimento. Cos’è mancato, finora? Una sola qualità, fondamentale: il coraggio politico. Ecco perché nasce, il Psai. Riassunto delle puntate precedenti: fino all’altro ieri (Berlusconi & Prodi, poi Monti e il pallido Letta, quindi l’illusione Renzi e l’avatar Gentiloni) sarebbe stato “lunare” mettere in discussione il predominio della finanza speculativa, mascherato dietro l’oligarchia Ue. Le ostilità le hanno aperte un anno fa i gialloverdi, i 5 Stelle e soprattutto la Lega. Poi però il governo Conte – frenato da Mattarella, Bankitalia e tutto l’eterno establishment italiano telecomandato dall’estero – ha ridotto l’esecutivo alla caricatura di se stesso, almeno stando alle promesse della vigilia. In mano a Di Maio (e Tria), lo sbandierato “reddito di cittadinanza” è diventato una barzelletta, mentre Salvini si costringe ad alzare la voce contro la “capitana” di turno, nella speranza di far dimenticare la pietosa figura rimediata a Bruxelles: prima il “niet” all’espansione del deficit, poi la minaccia della procedura d’infrazione per far ingoiare all’Italia la sua ennesima esclusione dal bunker-Europa, presidiato da Merkel e Macron e ora affidato alle due maschere di turno del Trattato di Aquisgrana, la francese Christine Lagarde e la tedesca Ursula Von del Leyen.Passi avanti, da parte dell’Italia? Uno: la consapevolezza, ormai acquisita, che questa Unione Europea – fatta così – è un clamoroso imbroglio. Non si spiega altrimenti, alle elezioni e nei sondaggi, il successo della Lega: un voto sulla fiducia, nella speranza che un giorno possa fare davvero qualcosa, per il paese, l’unico partito che ha avuto il fegato di spedire in Parlamento Bagnai e Borghi, e a Strasburgo Antonio Maria Rinaldi. In altre parole: s’è capito che è ora di sfrattare Friedman, von Hajek e gli altri cantori del totalitarismo neoliberista, recuperando la lezione di Keynes. O lo Stato torna a investire a deficit, o dell’Italia – senza soldi – non resterà più nulla. Parola d’ordine: inversione radicale della rotta, cestinando quarant’anni di falsi dogmi – il peggiore, la famosa “austerity espansiva” coniata a Harvard (più tagli, più cresci), ha fatto ridere il mondo: i conti di Kenneth Rogoff, sommo sacerdote del rigore, erano vergognosamente errati, sbagliatissimi. E’ vero il contrario: più spendi, più cresci. Si chiama: moltiplicatore della spesa pubblica. Se spendi 100 in termini di deficit strategico, puoi arrivare a produrre anche 300, in termini di Pil. Lo sanno tutti, da Draghi alla Commissione Ue, ma fingono di non saperlo. E obbligano l’Italia a restare in una situazione tragica di “avanzo primario”, ovvero: da decenni, lo Stato incassa (con le tasse) più di quanto spenda per i cittadini. Il che equivale al suicidio dell’economia nazionale.Lo sa anche Salvini, naturalmente, così come Borghi, Bagnai e Rinaldi. Il problema? Finora la Lega ha abbaiato, ma senza mordere. Attenuanti? Svariate: appena i leghisti si muovono, qualche magistrato li blocca. E Armando Siri, l’ideologo della Flat Tax, è stato rottamato per via giudiziaria (pur essendo solo indagato) col benservito dei 5 Stelle, ormai nel panico per aver disatteso qualsiasi promessa elettorale. E dunque, che fare? Elementare: un nuovo partito. Un altro? Ebbene sì, ma diverso: generato dal basso, da gruppi e associazioni. Il primo e unico partito capace di sviluppare una piattaforma democratica di tipo rivoluzionario, in grado di rovesciare – in modo strutturale – tutte le premesse (bugiarde) su cui si fonda il rigore europeo. Galloni, coraggioso economista post-keynesiano, è fra i cervelli dell’operazione. Era consulente del governo quando l’Italia tentava di limitare i danni dell’imminente Trattato di Maastricht, prima che Mani Pulite spazzasse via Craxi e Andreotti. Il cancelliere Kohl arrivò a reclamarne l’allontanamento. Che c’entrava, la Germania? Aveva preteso lo scalpo industriale dell’Italia, sua maggiore concorrente, in cambio della rinuncia al marco, richiesta dalla Francia come viatico per il via libera di Parigi alla riunificazione tedesca. Da allora, l’inevitabile: crisi su crisi. Ma ora basta, dice Galloni, insieme agli altri promotori del Psai (assemblea costituente a Roma il 14 luglio: data non casuale, anniversario della Rivoluzione Francese).E la rivoluzione del “Partito che serve all’Italia”? Altrettanto eversiva: si tratta di abbattere il nuovo Ancien Régime fondato a Bruxelles, che ha instaurato l’attuale “nuovo feudalesimo”, col risultato di deprimere più di mezza Europa, Grecia e Italia in testa. Il traguardo numero uno dei nuovi aspiranti rivoluzionari? Ovvio: abbattere l’austerity europea per salvare l’Italia dalla crisi (e ridare dignità all’Europa, su base finalmente democratica). Centrali i temi economici. Prima bomba: creare una banca interamente pubblica, per introdurre «una moneta parallela sovrana e non a debito, non convertibile fino al 3% del Pil, con l’obiettivo di rilanciare l’economia senza generare debito». Proprio grazie alla leva monetaria, sostiene il Psai, potrà agire in modo incisivo «un Alto Istituto per la Piena Occupazione, incaricato di dare lavoro ai disoccupati». Altra bomba: se fosse al governo, il Psai introdurrebbe un “reddito universale”, destinato a tutti, da adattare annualmente in base all’andamento dell’economia. Reddito vero, «da aggiungersi al normale salario già percepito». Altro che il reddito-burletta elemosinato da Di Maio. Premessa imprescindibile : «Eliminare il pareggio di bilancio dalla Costituzione». E poi, creare un’agenzia di rating indipendente da Wall Street, «che renda noti e credibili i criteri di giudizio riguardo gli asset patrimoniali e il debito pubblico e privato», sottraendo l’Italia alle consuete pressioni da parte della grande speculazione.L’affondo, rispetto al mondo finanziario, è frontale: «Vogliamo riformare il sistema bancario e introdurre in Italia una legge simile al Glass-Steagall Act», si legge nella bozza programmatica del Psai. Obiettivo: «Separare l’attività delle banche commerciali e quella delle banche d’affari», mettendo al sicuro i risparmi degli italiani e il credito destinato alle aziende. Fu Roosevelt a imporre il Glass-Steagall Act, per salvare l’America dalla Grande Depressione innescata dalle bolle finanziarie. E fu Bill Clinton ad abolirlo, dopo mezzo secolo (e lo scandalo Lewinsky), per la gioia di Wall Street. Non ha nessuna timidezza, il nascente “Partito che serve all’Italia”, neppure di fronte ai maggiori simboli del potere economico mondiale: vorrebbe «obbligare le multinazionali a replicare a livello nazionale le strutture organizzative globali», per mettere fine alla piaga dello sfruttamento, dei licenziamenti facili e delle delocalizzazioni. Programma folle? Certo, in giro non s’era mai sentito niente di simile: roba da far cadere dalla sedia qualsiasi conduttore televisivo. Il piglio, “garibaldino”, ricorda epoche lontane come gli anni ruggenti, sfrontati e coraggiosi dell’Italia di Enrico Mattei, che infatti poi riuscì a stupire il mondo.Eppure, ragiona Galloni, non c’è altro da fare: cambia tutto, se l’Italia trova finalmente la forza di rigettare l’austerity, recuperando sovranità e capacità di spesa. Ridiventa un mercato appetibile per gli investimenti produttivi, ma soprattutto rianima la domanda interna, l’occupazione, i consumi. In alre parole: riaccende il futuro. Si può fare, dunque? La risposta è sì, per il Psai. Il motore? La moneta parallela: basta a garantire lavoro e investimenti, restituendo agli italiani i loro diritti. Per esempio: età pensionabile non superiore ai 65 anni, orario lavorativo di sole 35 ore settimanali, salario minimo garantito e drastica riduzione delle tasse, anche per i pensionati. L’Iva? Ridotta al minimo per i beni essenziali. Già, ma l’Europa? Ecco, appunto: il Psai propone «un radicale ripensamento dell’attuale Disunione Europea». Come? Restituendo sovranità ai popoli europei: «Occorre attribuire al Parlamento Europeo il potere legislativo, abolendo la Commissione Europea». Il Psai parla anche di «promozione dell’elezione diretta del presidente del Consiglio Europeo, per renderlo indipendente dall’influenza di singoli paesi, o gruppi di paesi». Non è tutto: oltre a eleggere un nuovo governo europeo, finalmente sovrano e legittimato dal voto, il Parlamento di Strasburgo dovrebbe ottenere «la competenza sulle politiche monetarie», attualmente appannaggio della Bce.La stessa banca centrale – almeno, nel libro dei sogni che il Psai sembra prendere molto sul serio – dovrebbe essere sottoposta a una revisione completa del suo mandato: la Bce «va legata al potere politico, cambiando la sua “mission”: dovrà preoccuparsi di creare piena occupazione». Quanto all’euro, la valuta comune «è da convertire in una moneta contabilmente trasparente, sovrana e in grado di rilanciare l’economia senza generare debito». In altre parole, il Psai chiede di ridiscutere integralmente i trattati europei, ritenendoli «lesivi del diritto di autodeterminazione dei popoli e della dignità della persona umana». Insomma, robetta da niente. Illusioni? Miraggi? Non per i promotori del “Partito che serve all’Italia”, la cui scommessa è palese: creare la prima piattaforma rivoluzionaria che si sia mai vista, dalla nascita dell’Unione Europea, per tentare di dire finalmente le cose come stanno, proponendo inoltre soluzioni pratiche (estremamente sensate) per uscire dal tunnel. Una road map, destinata al giudizio degli elettori. Di più: un nuovo alfabeto, per demifisticare l’economicismo miserabile che ha oscurato la politica, riducendola al piccolo derby tra avversari apparenti, destinati – comunque si voti – a eseguire gli ordini dell’eterno “pilota automatico”, in realtà manovrato dall’oligarchia del denaro che sta impoverendo l’intero continente.La Commissione Europea? Va abolita. E allora chi governa l’Europa? Un esecutivo finalmente normale, votato dal Parlamento Europeo, democraticamente eletto. E la Bce? Deve cambiare il suo mandato: dovrà creare lavoro, sotto la direzione della politica, e non badare più soltanto alla stabilità dei prezzi per contenere l’inflazione. E il pareggio di bilancio imposto da Monti? Va eliminato subito dalla Costituzione italiana. Di più: bisogna raggiungere la piena occupazione, grazie a un’agenzia speciale per il lavoro, in ogni caso limitato a 35 ore settimanali e remunerato con salari dignitosi. E ancora: ci spetta un reddito universale (per tutti, anche per chi un lavoro ce l’ha già). Cos’è, uno scherzo? No: è la bozza programmatica del Psai, cioè il “Partito che serve all’Italia”. L’aggettivo “rivoluzionario” suona persino eufemistico. Siamo di fronte all’eresia pura, all’utopia. Letteralmente: non esiste, oggi, un posto così. Sarebbe un paradiso. E noi siamo ormai abituati all’inferno ordinario nel quale siamo stati sprofondati poco alla volta, a colpi di austerity e neoliberismo selvaggio spacciato per legge divina (“ce lo chiede l’Europa”, quella del “pilota automatico” che privilegia i soliti super-poteri finanziari, che usano i burattini dell’Ue per trasformare in legge il loro business privato).
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Bifarini: gli inganni economici rendono irreversibile la crisi
L’economia ha abbandonato il suo connotato sociale e si è arrogata il ruolo di scienza esatta, che trae dall’utilizzo della matematica la propria presunzione di infallibilità. Ma la realtà dimostra che non è così: le previsioni economiche vengono puntualmente smentite dai fatti, sempre più spesso economisti e organizzazioni internazionali sono costretti a rivedere le proprie affermazioni. Un paradigma economico fallace e basato su miti infondati ha preso il sopravvento sulla politica e guida le scelte che riguardano la vita dei cittadini e il futuro dei paesi. Facendo leva su un innato senso di colpa dell’essere umano vengono imposti sacrifici economici che non solo non riescono a superare l’attuale crisi, ma ne aggravano le condizioni. Attraverso l’inganno e il ricatto del debito pubblico, milioni di individui vengono privati dello stato sociale e delle tutele del lavoro, in nome di un’austerity che continua a mietere vittime in Europa, dopo il massacro ellenico.Il mito della superiorità e dell’infallibilità del libero mercato, completamente assimilato dall’opinione pubblica attraverso la propaganda capillare del mainstream, trova nell’Unione Europea la sua massima espressione, e il margine di critica a tale modello viene sempre più compresso. La perdita della sovranità monetaria rende i paesi indebitati assoggettati dai mercati, privi della libertà di scegliere la propria politica economica e di attuare politiche keynesiane per tornare a crescere. Una banca centrale europea preoccupata unicamente del mantenimento di un basso tasso di inflazione elude completamente il problema dell’occupazione e della crescita. Nonostante gli evidenti fallimenti e gli insegnamenti che la storia offre, il modello economico neoliberista sposato dalla Ue è sempre più intransigente e capace di fagocitare ogni forma di dissidenza.Alla base del suo successo risiede il potere ideologico degli inganni economici che, utilizzando false similitudini e un’ingiustificata presunzione di scientificità, fa presa sul comune cittadino. Per mettere fine allo stato di crisi economica e di soggezione morale nel quale siamo sprofondati, occorre smascherare questi miti uno a uno: dall’irreversibilità dell’euro (quasi fosse una legge ineluttabile della natura) al fantasma dell’inflazione che non si materializza mai, dall’assunto infondato per il quale lo Stato sarebbe come una famiglia a quello secondo cui la disuguaglianza favorirebbe la crescita. E’ quello che faccio nel mio ultimo libro, punto di arrivo di anni di studi e analisi indipendente e con un approccio interdisciplinare, imprescindibile per comprendere l’economia per quello che è, ossia una scienza sociale che investe ogni ambito della nostra vita.(Ilaria Bifarini, “Gli inganni economici rendono la crisi irreversibile”, dal blog della Bifarini del 24 giugno 2019. Il libro: “Inganni economici. Quello che i bocconiani non vi dicono”, Youcanprint, 196 pagine, euro 15,50. «Compito di questo libro – si legge nella presentazione – è smascherare, in un linguaggio chiaro e accessibile a tutti, i principali inganni della scienza economica, quelli più diffusi tra l’opinione pubblica e che sono alla base del perdurare dello stato di crisi economica nel quale ci troviamo»).L’economia ha abbandonato il suo connotato sociale e si è arrogata il ruolo di scienza esatta, che trae dall’utilizzo della matematica la propria presunzione di infallibilità. Ma la realtà dimostra che non è così: le previsioni economiche vengono puntualmente smentite dai fatti, sempre più spesso economisti e organizzazioni internazionali sono costretti a rivedere le proprie affermazioni. Un paradigma economico fallace e basato su miti infondati ha preso il sopravvento sulla politica e guida le scelte che riguardano la vita dei cittadini e il futuro dei paesi. Facendo leva su un innato senso di colpa dell’essere umano vengono imposti sacrifici economici che non solo non riescono a superare l’attuale crisi, ma ne aggravano le condizioni. Attraverso l’inganno e il ricatto del debito pubblico, milioni di individui vengono privati dello stato sociale e delle tutele del lavoro, in nome di un’austerity che continua a mietere vittime in Europa, dopo il massacro ellenico.
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Porti aperti: il cinismo anti-italiano degli schiavisti umanitari
Vorrei dire sei cose oltre la vicenda Sea Watch, la retorica, gli odi e gli slogan. La prima: se si stabilisce il principio che ogni uomo ha diritto di decidere unilateralmente quando, come e dove vivere senza considerare norme, confini, Stati e popolazioni, salta ogni ordinamento giuridico, si polverizza ogni sovranità nazionale e statale, si cancella ogni limite e frontiera, ogni tutela e ogni garanzia per i cittadini regolari di quei paesi che hanno diritti e doveri, lavorano e pagano le tasse. Il sottinteso di quella pretesa è che non va applicata una procedura eccezionale per dare asilo a profughi che fuggono da guerre e da acclarate situazioni d’emergenza ma va accolto chiunque decida di mettersi in viaggio, in navigazione. E nemmeno “una tantum” ma ogni volta che accade. La seconda. È assurdo riconoscere a un’organizzazione privata, a una Ong, come la Sea Watch, il privilegio extraterritoriale e sovrastatale di decidere verso quale paese dirigersi per far sbarcare i migranti raccolti e di assegnarli così ai paesi con decisione autonoma, unilaterale, in virtù di un imperativo umanitario, assumendo di propria iniziativa e senza alcun titolo per farlo, il ruolo di tutori e mediatori dei migranti.Anche in questo caso non si tratta di una situazione eccezionale, di un’emergenza fortuita da fronteggiare, ma di una prassi ormai consolidata, programmata e reiterata. Non è un imprevisto capitato sulla rotta ma è il “mestiere” che alcune imbarcazioni hanno deciso di ingaggiare, a prescindere dagli Stati, dai popoli e dai territori. La terza: non c’è nessun potere legittimato democraticamente, consolidato dall’esperienza storica e dalla vita dei popoli, che risponde direttamente alla cittadinanza, la rappresenta e la tutela, oltre lo Stato nazionale libero e sovrano. Ed è giusto che sia lo Stato nazionale sovrano a decidere in ultima istanza, sulla base dei suoi ordinamenti, come ha coerentemente fatto il governo italiano, a partire dal ministro dell’interno fino al presidente del Consiglio; e a negare nella fattispecie che una nave battente bandiera olandese, diretta da una comandante di nazionalità tedesca, possa attraccare non nel primo porto incontrato sulla rotta, che era poi in Tunisia, ma decida di far rotta sull’Italia e imponga di fatto al nostro paese l’obbligo di accoglierli, trasformando un già discutibile diritto d’accoglienza in un inderogabile dovere d’accoglienza, ovunque e comunque. Chi mina gli Stati e li scavalca, nel nome dell’ideologia “no border”, lavora per il caos e la fine del diritto internazionale.La quarta. Siamo stati abituati da una propaganda ideologica, moralistica ed emozionale a non sottrarci ad accogliere il singolo caso pietoso, il bambino denutrito e senza adulti, il malato da curare, la donna incinta in balia delle onde o della miseria. Ma dietro il singolo caso, su cui inevitabilmente ci si appella alla nostra umanità, si vuol far passare un flusso ben più massiccio e duraturo. Ovvero si vuol usare il singolo caso come cavallo di Troia per legittimare in realtà la trasmigrazione di popoli e di chiunque voglia lasciare il proprio paese e venire a vivere da noi. In un mondo in cui i benestanti si contano in milioni e i poveri in miliardi, non si può pensare che gli uni possano caricarsi degli altri, che la piccola Italia si debba caricare sulle sue fragili spalle la grande Africa, che la piccola Europa si carichi i flussi di popolazioni venute dal sud o dall’est del pianeta. Certo, il fenomeno per ora ha numeri non impressionanti; però col passare del tempo e col lasciapassare che si vorrebbe imporre, il fenomeno rischia di ingrossarsi fino a raggiungere dimensioni insostenibili.La quinta. Dietro il principio d’accoglienza umanitaria, si nasconde un gigantesco business a due facce: da un verso riguarda gli impresari politici dei flussi migratori per gestirne poi l’assistenza e gli effetti politici; e dall’altro verso interessa quanti usano manovalanza sottopagata da sfruttare, senza tutele (salvo dare agli speculatori di cui sopra ulteriore motivo di rappresentanza degli interessi sindacali e lavorativi dei migranti). Sinistra e padronato soci in affare, sotto copertura umanitaria. È un business immenso e vergognoso che si nasconde dietro la carità e sfrutta, strumentalizza e schiavizza i migranti. A tale proposito è stato penoso lo spirito demagogico e illegale, anti-italiano e anti-europeo della sinistra e del suo circo di “anime belle”.Infine, la sesta. Non ci sono nel mondo d’oggi situazioni aggravate rispetto a qualche anno fa – guerre, genocidi, carestie – da costringere ad aprire le frontiere e i porti. Se vogliamo, era molto peggio dieci anni fa. E in ogni caso chi se la passa peggio non è chi riesce a partire, chi riesce a procurarsi i soldi per pagare la fuga o gli scafisti, chi ha la forza, i contatti, i mezzi per poter andar via; ma la vera miseria, la vera priorità è di quelli che non hanno la forza e le risorse per poter partire e restano a casa. E vedono i loro paesi impoverirsi di energie giovanili che migrano altrove, abbandonando donne, vecchi e bambini. Se davvero dovessimo dare la precedenza agli ultimi, come dice il Papa, gli ultimi non sono quelli che vengono da noi ma quelli condannati a restare a casa loro in condizioni di vera miseria. Ma la vera finalità di chi sostiene le migrazioni è lo sradicamento dei popoli dalle loro terre e noi dalle nostre.(Marcello Veneziani, “Sei tesi sui porti aperti”, da “La Verità” del 30 giugno 2019; articolo ripreso sul blog di Veneziani).Vorrei dire sei cose oltre la vicenda Sea Watch, la retorica, gli odi e gli slogan. La prima: se si stabilisce il principio che ogni uomo ha diritto di decidere unilateralmente quando, come e dove vivere senza considerare norme, confini, Stati e popolazioni, salta ogni ordinamento giuridico, si polverizza ogni sovranità nazionale e statale, si cancella ogni limite e frontiera, ogni tutela e ogni garanzia per i cittadini regolari di quei paesi che hanno diritti e doveri, lavorano e pagano le tasse. Il sottinteso di quella pretesa è che non va applicata una procedura eccezionale per dare asilo a profughi che fuggono da guerre e da acclarate situazioni d’emergenza ma va accolto chiunque decida di mettersi in viaggio, in navigazione. E nemmeno “una tantum” ma ogni volta che accade. La seconda. È assurdo riconoscere a un’organizzazione privata, a una Ong, come la Sea Watch, il privilegio extraterritoriale e sovrastatale di decidere verso quale paese dirigersi per far sbarcare i migranti raccolti e di assegnarli così ai paesi con decisione autonoma, unilaterale, in virtù di un imperativo umanitario, assumendo di propria iniziativa e senza alcun titolo per farlo, il ruolo di tutori e mediatori dei migranti.