Archivio del Tag ‘denuncia’
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Urgono uomini seri, siamo sull’orlo di una guerra civile
C’è aria di guerra civile in Italia. Una brutta aria di odio e d’insofferenza. Si sta scavando un fossato incolmabile tra italiani. Riassumo gli ingredienti o le stazioni che portano all’odio radicale. In primis le restrizioni e i divieti anche assurdi hanno lasciato un segno e una scia sul corpo e la mente degli italiani; poi le carenze sanitarie più elementari unite alle clamorose cialtronerie di commissari, ministri e task force; aggiungi la mancanza assoluta di strategia, prevenzione e test per governare il futuro, ma tutto è affidato ai cittadini e alle loro limitazioni. Poi la drammatica situazione economica e sociale per famiglie e imprese, le tante aziende che non apriranno, i tanti che non riavranno il lavoro, l’impossibilità di far rinascere esercizi con quelle restrizioni, quei costi e quelle cadute. Intanto una legge libera fior di delinquenti dalle carceri e persino criminali in cella d’isolamento, che non erano a rischio di contagio; proprio mentre venivano inseguiti sulle spiagge come criminali innocui bagnanti, sporadici avventori o isolati corridori. Unisci questo quadro alla vanesia, fanfarona, irritante esibizione del governo, gli show inconcludenti su aiuti che non arrivano mai.Se a tutto questo unisci vicende dell’assurdo come la liberazione di Silvia Romano, con pagamento ai terroristi per finanziare le loro imprese e le loro armi, il ritorno dell’ostaggio da moglie di uno di loro e credente nella religione dei suoi stessi carcerieri nella versione più feroce e antioccidentale, insieme all’autoincensarsi del governo che sfrutta l’occasione per farsi uno spot e una passerella, col premier e il ministro degli esteri che sgomitano per prendersi la vetrina, il codazzo di media allineati e vescovi inclusi, ti accorgi che la polveriera sta per esplodere. Non c’è più dissenso ma disprezzo, livore. Su quest’ultimo caso ho letto giudizi sprezzanti che trasudano odio tra due Italie che non si parlano più ma si sputano, si schifano, si disprezzano. Agli uni pare civile, umano e misericordioso gioire per il ritorno a quelle condizioni dell’ostaggio e pare invece bestiale, infame e incivile chi ne mostra il conto, il rischio, la beffa. Agli altri, e ci sono anch’io tra questi, magari con toni e argomenti un po’ diversi, pare assurdo che una prigioniera torni con la divisa dei suoi carcerieri, che vanti il trattamento ricevuto, che ostenti anche nelle vesti il disprezzo per il mondo in cui è tornata e che ha pagato il riscatto e rischiato vite umane per riportarla a casa.Ma poi leggi i commenti dell’altro versante, anche di persone fino a ieri abbastanza equilibrate che provano schifo per chi fa queste elementari considerazioni, per chi ricorda le vittime del terrorismo e le volte che non abbiamo voluto pagare riscatti per non cedere ai terroristi, lasciando morire anche leader nazionali. A vergognarsi, per costoro, dovrebbe essere chi lo denuncia… Allora ti accorgi che qualcosa si è rotto, il malessere sta facendo saltare i nervi a tutti e ci sono due vulcani pronti a eruttare, l’un contro l’altro armati. C’è un’aria terribile. Lo vedo anche nel mio caso personale, lo riconosco: non riesco più neanche ad ascoltare programmi come quello della “vipera tirolese” o simili, a vedere i Tg filogovernativi o ad ascoltare, solo ad ascoltare, la voce del gagà di governo, di gigino, di fofò, della sinistreria assortita. Sono stato spesso all’opposizione, in aperto dissenso, non mi sono mai risparmiato nelle polemiche. Ma non mi era mai capitato di scendere a questi livelli d’insofferenza radicale e vedo che sta capitando anche dall’altro versante. Ed entrambi riteniamo di avere piena ragione.Ma che ci sta succedendo? Dove ci porterà questo clima se si aggraveranno, come temono in tanti, le condizioni sociali ed economiche del paese e la depressione diffusa muterà in rabbia? Il dissenso verso questo governo ormai va ben oltre la critica e la richiesta di farlo cadere. La gente vorrebbe vederli sparire, mandarli a casa a calci nel sedere, se non in galera, perlomeno nello stesso carcere in cui è stato confinato il popolo italiano oltremisura. Penso alla sventura di un paese che sta attraversando il peggior momento della sua storia repubblicana col peggior governo che potesse capitare. Con più incapaci, cialtroni, quaquaraquà, ignoranti e presuntuosi mai avuti nella sua pur assortita storia. Come pensate che si possa ricucire questo paese e riportare nella normale vita di una democrazia i dissensi e le divergenze?So che molti di voi sognano una svolta radicale, una sterzata elettorale, un’inversione di marcia. Lo capisco, d’istinto lo dico anch’io. Ma lasciate che vi dica una cosa: siamo arrivati a un punto che non si tratta più di destra e sinistra, di sovranisti e globalisti, di populisti e no. Urge affidare il paese nelle mani di persone serie. Abbiamo un elementare assoluto bisogno di gente seria. Seria, non dico altro. Una parola semplice e complicata. Serietà. Persone consapevoli della loro responsabilità, che non vendono fumo, che spengono gli odii, che mantengono gli impegni assunti, non vogliono raggirare nessuno. Voi direte sì, ma devono essere capaci, competenti, adeguati. Basta che siano seri. Perché una persona seria se capisce di non essere all’altezza non si assume il compito di guidare un paese, e in questo momento poi; e una persona seria nei campi in cui non ha competenza, si affida a persone serie, li investe di serie responsabilità. I buffoni, i mestatori e i dilettanti al potere sono gente priva di serietà. Noi abbiamo bisogno di gente seria, il coraggio della serietà. Altrimenti quelli “seri” arriveranno da fuori. Poi ragioniamo sul resto, ma è necessario che al più presto si concordi un cambio di guardia per un governo autorevole composto da gente seria. Perché la situazione, come si usa dire, è grave ma non è seria.(Marcello Veneziani, “Urgono uomini seri”, da “La Verità” del 13 maggio 2020; articolo ripreso dal blog di Veneziani).C’è aria di guerra civile in Italia. Una brutta aria di odio e d’insofferenza. Si sta scavando un fossato incolmabile tra italiani. Riassumo gli ingredienti o le stazioni che portano all’odio radicale. In primis le restrizioni e i divieti anche assurdi hanno lasciato un segno e una scia sul corpo e la mente degli italiani; poi le carenze sanitarie più elementari unite alle clamorose cialtronerie di commissari, ministri e task force; aggiungi la mancanza assoluta di strategia, prevenzione e test per governare il futuro, ma tutto è affidato ai cittadini e alle loro limitazioni. Poi la drammatica situazione economica e sociale per famiglie e imprese, le tante aziende che non apriranno, i tanti che non riavranno il lavoro, l’impossibilità di far rinascere esercizi con quelle restrizioni, quei costi e quelle cadute. Intanto una legge libera fior di delinquenti dalle carceri e persino criminali in cella d’isolamento, che non erano a rischio di contagio; proprio mentre venivano inseguiti sulle spiagge come criminali innocui bagnanti, sporadici avventori o isolati corridori. Unisci questo quadro alla vanesia, fanfarona, irritante esibizione del governo, gli show inconcludenti su aiuti che non arrivano mai.
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Pieni poteri: li detengono loro, i nuovi impresari del terrore
C’è qualcuno che vorrebbe prolungare all’infinito l’emergenza, la chiusura del paese, spostando la liberazione di data in data, di fase in fase. C’è qualcuno che ci guazza in questa quarantena, ne approfitta, si avvantaggia, su piani diversi. C’è qualcuno che in questa paralisi si sente importante, decisivo, determinante, esercita il potere allo stato puro, in grande o in piccolo, e riduce i cittadini a bambini, malati e delinquenti, tutti con l’obbligo di stare dentro. C’è qualcuno che gode il quarto d’anno di celebrità, si arroga il diritto di decidere nel nome della vita e della morte, ti consente o meno di respirare, a sua discrezione, ti toglie la libertà senza darti in cambio la sicurezza; ma accolla quest’ultima solo sulle tue spalle, dipende solo da te, se ti barrichi in casa, stai buono e ti separi da tutti. Il nuovo Hobbes decreta: Homo homini virus. E su quella paura fonda il suo strapotere. C’è qualcuno che vede in questa situazione la realizzazione della propria utopia, tutti irretiti, cioè presi per la rete, attaccati a una piattaforma, senza più differenze, tutti uguali, magari con uno stesso reddito universale di miseria, controllati e cinesizzati come il Grande Impostore vuole. Se ci fosse qualcuno in grado di parlare oggi nel nome della fede direbbe che tutto ciò è diabolico, perché diavolo significa separare, dividere.C’è qualcuno che teme di tornare alla vita normale perché sa che l’incantesimo si spezzerebbe, il consenso di gregge, automatico e impaurito, verrebbe meno, la vita tornerebbe aperta. C’è qualcuno che ritarda sine die la prigionia universale perché sa che tragedie ci aspettano per il lavoro, la società, le famiglie, l’economia e non è stato predisposto nulla di concreto e di adeguato. C’è qualcuno che prolunga questa condizione per stremare i cittadini, devitalizzarli e abituarli e intubarli, e farli appena uscire ma con la minaccia che se non fate i bravi tornate in castigo. Terrorismo mediatico e sanitario. “Impresari della paura”, vi ricordate? Ogni giorno e ogni giornalone rovesciavano su Salvini e sulla destra nostrana e internazionale, accuse di fondare il loro consenso sulla paura. Paura degli sbarchi, dei migranti, dei rom; impresari della paura. Come definire ora il governo in carica, le sue task force e tutto il carrozzone di esperti e comunicatori, se non grandi fabbriche della paura? Incutere terrore nella gente per tenerla prigioniera in casa, privarla delle libertà più innocue e più elementari, fare un lavaggio del cervello in massa per spaventarli sui rischi che si corrono solo ad allentare la sorveglianza da regime poliziesco che stiamo vivendo. Con divieti insensati su chi incontrare e chi no, sui luoghi, le case, dove la cautela non c’entra ma è solo coazione, Comandamento. Impresari del terrore.Mai viste tante auto di polizia e carabinieri in giro, sono spariti i problemi di mezzi, personale, carburanti… Agli angoli delle strade vedi soldati coi mitra che sorvegliano sul pericoloso popolo italiano, come se ci fosse da abbattere pericolosi terroristi in vena d’uscire di casa. Ti barrichi in casa per il terzo mese consecutivo e devi subire l’aggressione del video con quell’indegno volantinaggio di propaganda e terrore dei tg: “non abbassare la guardia”, “mantenere alta la tensione”, non è finita la galera; se allentiamo appena, arriva sicura come la morte una tempesta di contagi. E via di questo passo, ogni servizio, ogni intervista, ogni passaggio in studio ti vomita un solo, ossessivo messaggio. Anche dall’estero le notizie e le immagini sono filtrate per ammaestrarci. Vedi comitati tecnico-scientifici che non sono stati capaci di prevedere un beneamato tubo, neanche le previsioni più ravvicinate, non sono stati in grado di dare indicazioni di alcun genere e ora ci prospettano ben 92 scenari: ma tra tutti, i tg, i governi, gli esperti compiacenti, ci sparano solo i più agghiaccianti per spaventarci e costringerci in casa.Tutto come prima, e se non vi comportate bene, peggio di prima. Bande di virologi che in due mesi di vetrina quotidiana non hanno concordato su nessuna profilassi e non hanno saputo dire altro che ripetere il rimedio primitivo del duemila avanti Cristo: state a casa, lontani dal prossimo, lavatevi le mani. Grazie, non c’era bisogno di loro per sentirci dire quello che una qualunque nonna analfabeta era in grado di dire. Dalle istituzioni, dagli organismi “preposti”, nessuna terapia o prevenzione socio-sanitaria, in più di due mesi. Solo un incubo militante, state a casa, vi spariamo a vista, vi facciamo tornare a casa carichi di meraviglie, vi sorvegliamo coi droni e gli elicotteri tipo “Apocalypse now” e noi i vietcong. In casa fate onanismo sul virus, per distrarvi sparatevi un bel filmone sul contagio: vi racconta ciò che state vivendo. Siete già nella leggenda, nella fiction… Rallegramenti.Intendiamoci. Non tutti coloro che ci prescrivono e osservano queste norme sono in mala fede, c’è chi ne è davvero convinto e argomenta bene. Né è in discussione la necessità delle precauzioni, ma quelle necessarie, ragionevoli, come distanziarsi e mascherarsi, andare il meno possibile e più coperti possibile nei luoghi pubblici, magari controllare le condizioni di salute (ciò che nessuno ci ha mai fatto). Ma star da soli all’aria aperta, passare isolati da una casa all’altra non provenendo da nessuna zona di rischio, uscire, bagnarsi o saltellare per conto proprio in luoghi appartati, vedere una persona anche se non è congiunto, riprendere con tutte le precauzioni le attività lavorative, sono rischi calcolati, che si devono correre se non vogliamo che i danni per la prevenzione diventino superiori ai danni sanitari. Un manifesto firmato da tanti, in primis da Vittorio Sgarbi, ha denunciato questo regime liberticida; un flash-mob di cittadini contro le violazioni della Costituzione è stato fatto ieri mattina a Bologna. Ma vige la legge marziale. Filate a casa, da soli, coda tra le gambe.(Marcello Veneziani, “Gli impresari del terrore”, da “La Verità” del 3 maggio 2020; articolo ripreso sul blog di Veneziani).C’è qualcuno che vorrebbe prolungare all’infinito l’emergenza, la chiusura del paese, spostando la liberazione di data in data, di fase in fase. C’è qualcuno che ci guazza in questa quarantena, ne approfitta, si avvantaggia, su piani diversi. C’è qualcuno che in questa paralisi si sente importante, decisivo, determinante, esercita il potere allo stato puro, in grande o in piccolo, e riduce i cittadini a bambini, malati e delinquenti, tutti con l’obbligo di stare dentro. C’è qualcuno che gode il quarto d’anno di celebrità, si arroga il diritto di decidere nel nome della vita e della morte, ti consente o meno di respirare, a sua discrezione, ti toglie la libertà senza darti in cambio la sicurezza; ma accolla quest’ultima solo sulle tue spalle, dipende solo da te, se ti barrichi in casa, stai buono e ti separi da tutti. Il nuovo Hobbes decreta: Homo homini virus. E su quella paura fonda il suo strapotere. C’è qualcuno che vede in questa situazione la realizzazione della propria utopia, tutti irretiti, cioè presi per la rete, attaccati a una piattaforma, senza più differenze, tutti uguali, magari con uno stesso reddito universale di miseria, controllati e cinesizzati come il Grande Impostore vuole. Se ci fosse qualcuno in grado di parlare oggi nel nome della fede direbbe che tutto ciò è diabolico, perché diavolo significa separare, dividere.
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L’avvocato è gratis, per i cittadini sanzionati ingiustamente
«Cronache minori, da un paese violato». Così la giornalista Monica Soldano definisce i report che finiscono ogni giorno sul tavolo degli avvocati, raccontando probabili abusi di potere e presunte violazioni. A subirle sono i cittadini italiani, sottoposti dal governo Conte al regime di massima restrizione, col pretesto del coronavirus. Piccole storie: c’è il ragazzo che si lamenta di esser stato trattato “come un malavitoso” «per aver osato reagire, di fronte a un’imposizione subita di fronte alla fidanzata». O il padre col bambino in braccio, «multato ai giardinetti perché il bimbo gli tolto dal viso la mascherina, proprio mentre a due passi da loro passava una pattuglia di vigili». Piccoli drammi, a cui non bisogna rassegnarsi. «Ricordiamocelo sempre: siamo ancora in uno Stato di diritto e non dobbiamo rinunciare a farci valere, nei termini previsti dalla legge». A questo serve, appunto, il servizio di Sostegno Legale messo in piedi dal Movimento Roosevelt. Obiettivo: tutelare, gratis, chiunque si senta discriminato da sanzioni che reputa ingiuste. Attenzione: la tutela legale è completamete gratuita, grazie alla generosità dei tantissimi avvocati che, in tutta Italia, hanno risposto all’appello lanciato dal movimento presieduto da Gioele Magaldi.«E’ grazie a loro – sottolinea Monica Soldano – se stiamo riuscendo a dare una risposta a tutti, aiutando il cittadino a non subire in silenzio, specie in un momento così difficile per tutti, anche sul piano economico». In diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, Monica Soldano ribadisce: «Siamo ben decisi a far valere i diritti dei cittadini, contro ogni possibile vessazione». E ora, sulla scorta dell’esperienza che sta maturando lo staff legale, coordinato dall’avvocato Ivo Mazzone, si fa strada anche un altro strumento da offrire alla cittadinanza: «Stiamo pensando di comporre un vero e proprio vademecum, per insegnare ai cittadini come comportarsi – in caso di contestazioni – senza incorrere in spiacevoli conseguenze penali». Nel ringraziare a sua volta i tanti legali che si sono messi a disposizione per difendere gratuitamente i cittadini multati, lo stesso Magaldi sottolinea: «Questo è il Movimento Roosevelt: un’unione di cittadini italiani disposti a marciare a testa alta, in nome dei diritti democratici, senza lasciare indietro nessuno. Neppure di fronte agli abusi a cui questo governo incapace e cialtrone espone la popolazione, costringendola a casa e abbadonandola al suo destino, in troppi casi senza la minima assistenza economica».La pensa così anche il “rooseveltiano” Gianfranco Capeoro, per trent’anni avvocato (all’anagrafe, Pecoraro). E’ lui l’ideatore del Sostegno Legale gratuito. «Prima o poi – dice – la gente dovrà accorgersi che tutta questa sofferenza è stata creata “ad minchiam”, così come tutti questi problemi economici, senza che ce ne fosse una motivazione reale». La gente, aggiunge Carpeoro, «si accorgerà del fatto che il virus ha fatto il suo cammino, indipendentemente dalle nostre mascherine e dal nostro stare a casa». La verità verrà a galla: «Gli italiani si accorgeranno che racconta balle, chi sostiene che – senza le restrizioni – i danni sarebbero stati maggiori, perché dove non si sono adottate restrizioni la situazione è stata pari alla nostra. Prima o poi, quindi, qualcuno dovrà assumersi la responsabilità di tutto questo». I medici trovano che il coronavirus sia diventato irriconosicibile, al punto che oggi si rimanda a casa l’80% delle persone che si presentano al pronto soccorso? «L’avevo previsto, ma avrei tanto voluto sbagliarmi: purtroppo invece non è andata proprio così».E come si spiega il fatto di voler mantenere a tutti i costi un’emergenza che non c’è? «Deriva dalla necessità di dimostrare che hanno fatto bene, a imporre il lockdown. Se ora ammettessero che non era il caso, la gente chi la sentirebbe?». Al “riveglio”, secondo Carpeoro, manca pochissimo: «In molte famiglie stanno finendo i soldi, tra poco non si saprà più come fare la spesa». Una verità drammatica: «Conte ha promesso miliardi da troppo tempo, e intanto non è ancora arrivato un euro: non può durare in eterno, questa clamorosa presa per i fondelli». Risvolti patetici, i cittadini-guardiani che denunciano chi evita la mascherina: «E’ il conformismo delle pecore, era scontato che si manifestasse». Non mancano gli aspetti tragici, come le prescrizioni “impossibili” per la riapertura dei ristoranti: «Molti infatti non riapriranno proprio. E se riaprissero, comunque, sarebbero a corto di clienti: la crisi provocata dal governo è catastrofica». Il Movimento Roosevelt l’ha denunciata fin da subito. E ora, se non altro – grazie a tanti avvocati generosi – è pronto a soccorrere almeno chi è convinto di esser stato sanzionato ingiustamente.(Sostegno Legale: chi necessita di un avvocato può semplicemente scrivere all’indirizzo email sostegno.legale@movimentoroosevelt.com).«Cronache minori, da un paese violato». Così la giornalista Monica Soldano definisce i report che finiscono ogni giorno sul tavolo degli avvocati, raccontando probabili abusi di potere e presunte violazioni. A subirle sono i cittadini italiani, sottoposti dal governo Conte al regime di massima restrizione, col pretesto del coronavirus. Piccole storie: c’è il ragazzo che si lamenta di esser stato trattato “come un malavitoso” «per aver osato reagire, di fronte a un’imposizione subita di fronte alla fidanzata». O il padre col bambino in braccio, «multato ai giardinetti perché il bimbo gli tolto dal viso la mascherina, proprio mentre a due passi da loro passava una pattuglia di vigili». Piccoli drammi, a cui non bisogna rassegnarsi. «Ricordiamocelo sempre: siamo ancora in uno Stato di diritto e non dobbiamo rinunciare a farci valere, nei termini previsti dalla legge». A questo serve, appunto, il servizio di Sostegno Legale messo in piedi dal Movimento Roosevelt. Obiettivo: tutelare, gratis, chiunque si senta discriminato da sanzioni che reputa ingiuste. Attenzione: la tutela legale è completamente gratuita, grazie alla generosità dei tantissimi avvocati che, in tutta Italia, hanno risposto all’appello lanciato dal movimento presieduto da Gioele Magaldi.
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La mannaia di Crimi sulle slot: a rischio 150.000 lavoratori?
Cartellino rosso per Vito Crimi, il grillino che in un tweet si augura che diventi permanente il lockdown per le slot machine. «A parte il fatto che non si capisce come un personaggio di tale mediocrità possa essere “capo politico” di alcunché – afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt – vengono i brividi all’idea dello “Stato etico” e proibizionista, che nel caso della droga (come anche nella storica crociata contro l’alcol negli Usa) ottiene l’unico risultato di far esplodere il business della criminalità organizzata». Protesta Claudio Testa, dirigente del Movimento Roosevelt: «E’ inconcepibile anche solo ipotizzare il taglio di quello che è il terzo comparto industriale italiano, dopo Eni e Fiat, visto che vale 103 miliardi di euro l’anno: il settore “gioco legale” (che include le slot, i gratta & vinci e il Superenalotto) è formato da 12.200 aziende, pari a 150.000 posti di lavoro, tra concessionari e noleggiatori, installatori, bar e altri esercenti. O forse Crimi pensa che questi siano lavoratori di serie B?».Per Testa, quelle di Crimi sono «affermazioni a dir poco offensive», oltre che allarmanti, specie in un momento come questo. Ma attenzione al trucco, avverte Testa: tanto clamore moralistico contro il “gioco d’azzardo lecito” nasconde un’ipocrisia. «Fino a qualche anno fa, ai giocatori (come speranza di vincita) andavano 86 miliardi l’anno. Ora invece il prelievo fiscale dello Stato è salito al 24%, lasciando ai giocatori solo il 68%». A emettere ordinanze restrittive invocando la salute pubblica “minacciata da ludopatia e dipendenze” sono Regioni e Comuni, tuttora esclusi dalla ripartizione delle entrate fiscali generate dai giochi. «Faccio un’ipotesi, e mi assumo la responsabilità di quello che dico», accusa Testa: «Se del suo 24% lo Stato lasciasse l’1-2% agli enti locali, vi assicuro che tutto questo interesse per la ludopatia sparirebbe all’istante». Aggiunge Testa: «Seguite i soldi, se volete la verità. E ancora una volta scoprirete che, dietro alla preoccupazione sbandierata per la salute pubblica, ci sono interessi assai meno nobili, cioè economici e di tornaconto personale di qualche politico».Per Testa e Magaldi, sul caso delle slot si ripete lo schema del coronavirus: col pretesto della salute si perseguono altri interessi, di business e di controllo sociale. «Lo “Stato etico” evoca il sinistro modello cinese, senza libertà», dichiara Magaldi, tra i primi a puntare il dito contro Pechino e l’Oms, con i suoi partner anche occidentali. L’imputazione? Scarsa trasparenza nella gestione dell’emergenza Covid: verità occultata e allarme lanciato in grave ritardo. «Ora si moltiplicano le denunce in questo senso e si intentano anche cause legali, a livello internazionale», osserva il giornalista Andrea Giannotti, altro esponente “rooseveltiano”. Senza contare l’impegno istituzionale dei politici Usa: prima Trump, poi Mike Pompeo e ora Mark Esper, ministro della difesa. «Siamo stati i primi – ricorda Magaldi – a denunciare l’opacità del caso-coronavirus, manipolato da forze sovranazionali che utilizzano il sistema-Cina per tentare di instaurare una post-democrazia autoritaria, in Occidente, condizionata dallo strapotere di una nuova, inquietante polizia sanitaria. E siamo solo all’inizio di un’operazione-trasparenza che, ne siamo convinti, potrebbe riservare grosse sorprese».Cartellino rosso per Vito Crimi, il grillino che in un tweet si augura che diventi permanente il lockdown per le slot machine. «A parte il fatto che non si capisce come un personaggio di tale mediocrità possa essere “capo politico” di alcunché – afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt – vengono i brividi all’idea dello “Stato etico” e proibizionista, che nel caso della droga (come anche nella storica crociata contro l’alcol negli Usa) ottiene l’unico risultato di far esplodere il business della criminalità organizzata». Protesta Claudio Testa, dirigente del Movimento Roosevelt: «E’ inconcepibile anche solo ipotizzare il taglio di quello che è il terzo comparto industriale italiano, dopo Eni e Fiat, visto che vale 103 miliardi di euro l’anno: il settore “gioco legale” (che include le slot, i gratta & vinci e il Superenalotto) è formato da 12.200 aziende, pari a 150.000 posti di lavoro, tra concessionari e noleggiatori, installatori, bar e altri esercenti. O forse Crimi pensa che questi siano lavoratori di serie B?».
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La rockstar Andrea Scanzi e l’Italia dei compagni di merende
Cos’è più avvilente, in questa primavera italiana? L’ex giornalista Andrea Scanzi o l’ex politico Pierluigi Bersani? Il primo intasa i social network per svelare agli italiani la loro immensa fortuna: essere governati da Giuseppi, cioè l’unico premier europeo che vanta almeno due record assoluti, il maggior numero di morti da Covid e il maggior numero di persone rimaste senza assistenza economica, sull’orlo della disperazione. Il secondo, lo Smacchiatore, dopo aver promosso a pieni voti il professor Monti e il suo micidiale pareggio di bilancio in Costituzione, ora torna a dare segni di vita spiegando, in televisione, che tedeschi e olandesi fanno benissimo a massacrare gli italiani, notoriamente un popolo di lazzaroni e incalliti evasori fiscali. Se a festeggiare il fantasma di Bersani è un tripudio di pernacchie, tutt’altra accoglienza incoraggia invece l’autoproclamata “rockstar del giornalismo italiano” (testuale, dal suo profilo Facebook), il cui ego-mongolfiera ora si gonfia a dismisura, nei giorni del lockdown infinito, beandosi dello strabiliante punteggio raggiunto dai suoi gargarismi quotidiani: un milione e mezzo di “like” e oltre centomila visualizzazioni per le imperdibili dirette video. «Ma ho anche dei difetti», ci informa, umilmente magnanimo, il nuovo amicone di Giuseppi.L’espressione “compagni di merende” deriva dal contesto oscuro e luttuoso del Mostro di Firenze, atroce caso nazionale tuttora irrisolto, benché rischiarato (solo nei suoi successivi romanzi, tuttavia) dall’allora commissario Michele Giuttari, a cui tagliarono le gomme dell’auto parcheggiata in questura, dopo essere giunto a un passo dalla verità insieme al pm perugino Giuseppe Mignini, colpito – insieme a Giuttari – dall’accusa di abuso d’ufficio. Poliziotto e magistrato avevano intuito che a macellare 16 persone sulle colline di Firenze non erano stati i patetici Pacciani, Vanni e Lotti, ma ben altri compagni di merende. I tre rozzi paesani (uno dei quali, Pacciani, prima incastrato con prove false e poi ucciso con farmaci letali per un cardiopatico come lui) sapevano probabilmente qualcosa dell’organizzazione chiamata Mostro di Firenze, ma sono stati utilizzati essenzialmente come diversivo per depistare le indagini, allontanandole dalla zona off limits, quella degli intoccabili. Un copione schematico, usato anche nella tragedia nazionale di Tangentopoli: come compagni di merende furono trattati i protagonisti dell’intera classe politica della Prima Repubblica, debolissima e declinante, diffusamente corrotta, ma non pericolosa quanto quella che le sarebbe succeduta, autrice della storica svendita del paese, oggi in ginocchio.La fu-sinistra, in blocco, credette davvero alla storiella dei compagni di merende. E così sostenne compatta tutti i tagli previsti dall’austerity, a partire dal primo decreto Treu sulla flessibilità del lavoro, premessa generale per il crollo dei diritti sociali che ha aperto la precaria stagione dei laureati nei call center e della fuga dei cervelli, poi comodamente imputata al cattivone di turno, l’orrido Berlusconi. Il primo a distaccarsi da quella sinistra, da cui pure proveniva, fu il grande Giulietto Chiesa, appena scomparso. Non hanno capito quello che è successo, ripeteva: non hanno la minima idea di chi siano i poteri a cui hanno consegnato l’Italia. Era avanti anni luce, Giulietto Chiesa: aveva compreso perfettamente che la dicotomia destra-sinistra apparteneva al Novecento, e che la nuova partita fra alto e basso era un derby spietato tra oligarchia e democrazia, tra finanza e politica. Guerra o pace, abuso o diritto, pochi o molti. Le bandiere di ieri? Scolorite, tutte: da custodire, ma come gloriosi cimeli storici, in nome del senso della realtà (quello che il 25 aprile 2020 s’è fatto fatica a rintracciare, sui balconi italiani pavesati in tricolore per lo spettacolo più surreale: prigionieri della post-democrazia, sottoposti al nuovo regime di polizia sanitaria, ma felici di cantare Bella Ciao come se fossero liberi).Se qualcuno pensa di essere in Corea del Nord, ascoltando il soave Scanzi decantare il Caro Leader, si sbaglia: siamo in Italia, più che mai. Siamo nel paese che un tempo era la quinta potenza industriale del pianeta, benché frenata dalle sue piaghe endemiche come l’evasione fiscale, la corruzione dilagante, lo strapotere delle mafie. Vent’anni di disinformazione martellante hanno fatto il miracolo: nessuno dei mali storici è scomparso, ma le condizioni generali sono precipitate grazie alle minacce letali che i Travaglio e gli Scanzi non hanno mai voluto vedere, denunciare, indagare. Sono le regole truccate dell’austerity europea, quelle che oggi costringono Giuseppi a dare di sé uno spettacolo indecoroso, al punto da chiedere scusa – fuori tempo massimo – per l’assoluta inettitudine del suo governo, di fronte a una catastrofe come quella del coronavirus. Ma nemmeno l’ammenda tardiva di Conte basta a smuovere la “rockstar del giornalismo italiano”, che esorta a venerare il Re Sole, l’Avvocato del Popolo venuto da Volturara Appula (e dal Vaticano). Giuseppe Conte? E’ il nulla assoluto, sentenzia Alessandro Di Battista, a lungo coccolato dal “Fatto Quotidiano” e ora ridotto a recitare il ruolo di immacolato outsider. Ma anche il Dibba, in fondo, dice – senza ridere – che un governo di unità nazionale sarebbe ancora peggio di quello in carica, visto che farebbe strame di quel che resta del paese.Sembra l’ultima edizione della storia dei compagni di merende: Di Battista evoca i lupi mannari che, guidati magari dal un super-tecnocrate come Draghi, darebbero la stura a ogni possibile speculazione, maxi-appalti fuori controllo e grandi opere inutili. Di nuovo: non è una barzelletta, l’ha detto veramente (lui, che fa ancora parte del Movimento 5 Stelle, cioè l’illusione ottica nazionale che – dopo aver insediato Giuseppi – ha rinnegato una dopo l’altra tutte le promesse elettorali, nessuna esclusa: Tap e Tav, trivelle in Adriatico, F-35, obbligo vaccinale). Di fronte a questo, il grande Andrea Scanzi non ha trovato di meglio che esprimere la sua arte sopraffina, tra una comparsata e l’altra del salotto televisivo di Lilli Bilderberg Gruber, nel vergare l’immortale capolavoro “Il cazzaro verde”, dedicato al demagogo che straparlò in un comizio di Pieni Poteri – prima che a prenderseli, i Pieni Poteri, e senza avvisare gli italiani, fosse il favoloso Giuseppi, il premier che gli italiani ingrati non si meriterebbero. Riavvolgendo il nastro: che faceva, Salvini, un anno fa? La buttava in caciara, per non dover ammettere il cocente fallimento del governo gialloverde di fronte al suo avversario, il rigore Ue. E che faceva, la stampa? Niente di meglio: la buttava in caciara, anche lei, prendendosela comodamente con il “cazzaro verde”. Facile, no?Sta per scadere, finalmente, il tempo di Giuseppi? Marta Cartabia (Corte Costituzionale, vicinissima a Mattarella) avverte che la Carta non la si può deformare, neppure di fronte a un’emergenza sanitaria. Entro un mese potrebbe subentrare Draghi, si sbilancia in televisione Stefano Zurlo, di “Libero”, il quotidiano di Vittorio Feltri (veterano della stampa italiana, che i Bilderberg Boys del giornalismo-rockstar ormai manganellano, trattandolo come un soggetto psichiatrico). E a proposito di giornalisti: oscuri dilettanti come Giorgio Bocca e Giampaolo Pansa sostenevano che con un politico fosse lecito, al massimo, prendere un caffè. Poco prima che l’Italia si trasformasse nel più grande carcere del mondo, Marco Travaglio si appartò con il primo ministro: cenetta intima in un ristorante sull’Appennino, celebre per i piatti a base di funghi. Anche Giulietto Chiesa frequentava politici, ma nel suo caso si chiamavano Mikhail Gorbaciov. E le cene si succedettero solo quando l’uomo che mise fine alla guerra fredda era ridiventato un privato cittadino, benché illustre. A Gorby diedero anche il Nobel per la Pace. E Giuseppi, a quale Nobel potrebbe ambire? Bel problema, ma niente paura: una formidabile menzione adorante potrebbe sempre scrivergliela l’immaginifico Scanzi, la rockstar di cui l’Italia prostrata dalla galera-Covid sentiva davvero il bisogno.(Giorgio Cattaneo, “La rockstar Andrea Scanzi e l’Italia dei compagni di merende”, dal blog del Movimento Roosevelt del 2 maggio 2020).Cos’è più avvilente, in questa primavera italiana? L’ex giornalista Andrea Scanzi o l’ex politico Pierluigi Bersani? Il primo intasa i social network per svelare agli italiani la loro immensa fortuna: essere governati da Giuseppi, cioè l’unico premier europeo che vanta almeno due record assoluti, il maggior numero di morti da Covid e il maggior numero di persone rimaste senza assistenza economica, sull’orlo della disperazione. Il secondo, lo Smacchiatore, dopo aver promosso a pieni voti il professor Monti e il suo micidiale pareggio di bilancio in Costituzione, ora torna a dare segni di vita spiegando, in televisione, che tedeschi e olandesi fanno benissimo a massacrare gli italiani, notoriamente un popolo di lazzaroni e incalliti evasori fiscali. Se a festeggiare il fantasma di Bersani è un tripudio di pernacchie, tutt’altra accoglienza incoraggia invece l’autoproclamata “rockstar del giornalismo italiano” (testuale, dal suo profilo Facebook), il cui ego-mongolfiera ora si gonfia a dismisura, nei giorni del lockdown infinito, beandosi dello strabiliante punteggio raggiunto dai suoi gargarismi quotidiani: un milione e mezzo di “like” e oltre centomila visualizzazioni per le imperdibili dirette video. «Ma ho anche dei difetti», ci informa, umilmente magnanimo, il nuovo amicone di Giuseppi.
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Addio a Giulietto Chiesa, scomoda sentinella coraggiosa
Un grande giornalista, un italiano generoso, un uomo scomodo perché sincero. La notizia della morte di Giulietto Chiesa – improvvisa, inattesa – aggiunge sgomento a questo aprile 2020, funestato dal lutto e dalla segregazione di massa che sta facendo collassare il paese. Giulietto Chiesa era una sentinella: tra i primi, in assoluto, ad avvertire (nel 2002, con il saggio “La guerra infinita”) che qualcosa di mostruoso si era abbattuto, sul mondo intero, con la demolizione delle Torri Gemelle l’11 Settembre a New York. Qualcosa di assai più preoccupante del cosiddetto terrorismo islamista, visto che la versione ufficiale del maxi-attentato faceva acqua da tutte le parti. Ci voleva coraggio, appena un anno dopo, per proporre le verità più imbarazzanti, e a Giulietto Chiesa il coraggio non mancava. Lo dimostrò in mondovisione, nel 1991, sfidando i golpisti che avevano appena rovesciato Gorbaciov, tentando di far credere che avesse problemi di salute. Alle domande dei giornalisti – molte, sullo stato di salute di Gorbaciov – rispondeva il capo dei golpisti, Ghennadij Yanaev. «E lei come si sente, signor Yanaev?», lo colse in contropiede – paralizzandolo – lo storico corrispondente italiano da Mosca. Il gelo che seguì non aveva bisogno di commenti: svelava la statura di Yanaev e, soprattutto, quella di Giulietto Chiesa.
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Kennedy: Bill Gates e vaccino per il Covid, siamo in pericolo
Perché persino due medici come Paul Offit e Peter Hotez, che sono tra i più accaniti promotori di vaccini al mondo, stanno freneticamente lanciando l’allarme sugli inauditi e inquietanti rischi inerenti allo sviluppo di un vaccino per il coronavirus? Gli scienziati tentarono già la prima volta di sviluppare un vaccino per il coronavirus dopo l’epidemia di Sars-Cov del 2002 in Cina. Team di scienziati statunitensi e internazionali sperimentarono sugli animali con i quattro vaccini più promettenti. In un primo momento, l’esperimento sembrò avere successo, e tutti gli animali mostravano una robusta risposta anticorpale al coronavirus. Ma quando gli scienziati hanno esposto gli animali vaccinati al virus in natura, i risultati sono stati catastrofici. Gli animali vaccinati manifestavano risposte iper-immunitarie, che partendo da un’infiammazione diffusa in tutto il corpo portava ad infezioni polmonari letali. L’unico precedente in cui i ricercatori avevano visto una simile “risposta immunitaria potenziata” era stato negli anni ’60, con i test sugli esseri umani del vaccino Rsv, che infatti furono per questo archiviati. Due bambini rimasero uccisi.Offit, Hotez e persino Anthony Fauci (che se lo è lasciato scappare in un momento di distrazione), hanno avvertito che qualsiasi nuovo vaccino contro il coronavirus potrebbe innescare reazioni immunitarie letali quando le persone vaccinate entrano in contatto con il virus in natura. Eppure, invece di procedere con cautela, Fauci ha fatto la scelta spericolata di velocizzare le procedure per autorizzare il suo vaccino (finanziato in parte da Gates), saltando i test sugli animali (che potrebbero mettere precocemente in guardia su possibili risposte immunitarie incontrollate). Lo stesso Gates è talmente preoccupato dei possibili rischi, da aver dichiarato che non distribuirà i suoi vaccini finché tutti i governi mondiali non accetteranno di assicurarlo contro le eventuali cause legali. Il 4 febbraio scorso, quando negli Stati Uniti c’erano solo 11 casi positivi, gli Stati Uniti hanno silenziosamente spinto per l’approvazione di regolamenti federali che sollevino i produttori di vaccini per il coronavirus da qualsiasi responsabilità.(Robert Kennedy Jr, “Perché Bill Gates sta chiedendo per sé la completa impunità?”, dal sito “Children’s Health Defense” del 9 aprile 2020; post tradotto da Margherita Russo per “Voci dall’Estero“. Procuratore legale, nipote del presidente John Fitzgerald Kennedy e figlio del fratello Robert, Robert F. Kennedy Junior sta conducendo una dura battaglia contro la campagna vaccinale globale di Bill Gates. La sua posizione: solo la massima libertà di critica e di informazione ci può tutelare dal rischio che la salute della popolazione mondiale possa essere subordinata a interessi poco trasparenti. Kennedy denuncia i vari scandali che hanno caratterizzato i piani vaccinali di Bill Gates e dell’Oms nei paesi poveri del terzo mondo. In calce al suo intervento sul web, Kennedy ripropone lo studio del 2012 sul vaccino per la Sars che ha portato a infezioni polmonari letali).Perché persino due medici come Paul Offit e Peter Hotez, che sono tra i più accaniti promotori di vaccini al mondo, stanno freneticamente lanciando l’allarme sugli inauditi e inquietanti rischi inerenti allo sviluppo di un vaccino per il coronavirus? Gli scienziati tentarono già la prima volta di sviluppare un vaccino per il coronavirus dopo l’epidemia di Sars-Cov del 2002 in Cina. Team di scienziati statunitensi e internazionali sperimentarono sugli animali con i quattro vaccini più promettenti. In un primo momento, l’esperimento sembrò avere successo, e tutti gli animali mostravano una robusta risposta anticorpale al coronavirus. Ma quando gli scienziati hanno esposto gli animali vaccinati al virus in natura, i risultati sono stati catastrofici. Gli animali vaccinati manifestavano risposte iper-immunitarie, che partendo da un’infiammazione diffusa in tutto il corpo portava ad infezioni polmonari letali. L’unico precedente in cui i ricercatori avevano visto una simile “risposta immunitaria potenziata” era stato negli anni ’60, con i test sugli esseri umani del vaccino Rsv, che infatti furono per questo archiviati. Due bambini rimasero uccisi.
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Kennedy: strage di bambini, coi vaccini di Bill Gates e Oms
I vaccini, per Bill Gates, sono un business filantropico strategico che alimenta la sua innumerevole serie di altre attività legate ai vaccini (tra cui l’ambizione di dominare attraverso la Microsoft l’industria globale di identificativi vaccinali digitali), e che gli conferisce un potere dittatoriale sulla politica sanitaria globale. L’ossessione di Gates per i vaccini sembra alimentata dalla sua convinzione di salvare il mondo tramite la tecnologia. Promettendo di eradicare la poliomielite, con la sua quota di 450 milioni su un capitale di 1,2 miliardi di dollari, Gates ha preso il controllo dell’indiano National Technical Advisory Group of Imunizatione (Ntagi) e ha imposto un esteso piano di vaccini antipolio attraverso programmi di immunizzazione successivi per tutti i bambini sotto i 5 anni. I medici indiani hanno incolpato la campagna di immunizzazione di Gates per la devastante epidemia di paralisi flaccida acuta non-polio (Npafp) che ha reso paralitici 496.000 bambini tra il 2000 e il 2017, molto oltre quelli che sono i dati normalmente attesi. Nel 2017, il governo indiano ha annullato il regime vaccinale di Gates ed estromesso Gates e i suoi programmi vaccinali dall’India. I tassi di paralisi da poliomielite sono diminuiti immediatamente.Nel 2017, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ammesso con riluttanza che l’esplosione globale della poliomielite è prevalentemente causata dal ceppo vaccinale. Le epidemie più violente avvenute in Congo, nelle Filippine e in Afghanistan sono tutte legate ai vaccini. Nel 2018, il 70% dei casi globali di poliomielite sono stati causati dai vaccini. Nel 2014, la Fondazione Gates ha finanziato dei test di laboratorio per vaccini sperimentali per l’Hpv, sviluppati da Gsk e Merck, su 23.000 ragazze in remote province rurali indiane. Circa 1.200 di loro hanno riportato gravi effetti collaterali, tra cui malattie autoimmuni e infertilità. Sette ragazze sono morte. Dalle indagini del governo indiano è emerso che i ricercatori finanziati da Gates hanno commesso gravissime violazioni etiche: pressioni sulle vulnerabili ragazze dei villaggi perché aderissero alla sperimentazione, prepotenze verso i genitori, moduli per il consenso falsificati, e rifiuto di cure mediche alle ragazze danneggiate. Il caso è attualmente all’esame della Corte Suprema indiana.Durante la campagna MenAfriVac di Gates del 2002 nell’Africa sub-sahariana, gli operatori di Gates hanno vaccinato forzatamente migliaia di bambini africani contro la meningite. Circa 50 dei 500 bambini vaccinati ha sviluppato paralisi. I media sudafricani hanno commentato: «Le cause farmaceutiche ci considerano cavie da laboratorio». L’ex dirigente economico di Nelson Mandela, il professor Patrick Bond, ha definito le pratiche “filantropiche” di Gates «spietate e immorali». Nel 2010, Gates ha messo a disposizione dell’Oms 10 miliardi di dollari, affermando: «Dobbiamo fare in modo che questo sia il decennio dei vaccini». Nel 2014, l’Associazione Medici Cattolici del Kenya ha accusato l’Oms di sterilizzare chimicamente contro la loro volontà milioni di donne keniote con una campagna vaccinale “antitetanica”. Laboratori indipendenti hanno rinvenuto agenti sterilizzanti in ciascuno dei vaccini testati. Accuse simili sono state mosse dalla Tanzania, dal Nicaragua, dal Messico e dalle Filippine.Uno studio del 2017 (Morgensen et al. 2017) ha dimostrato che il famoso vaccino antidifterite-tetano-pertosse acellulare (Dtp) dell’Oms continua ad uccidere più bambini africani di quanti non ne uccida la stessa malattia che intende prevenire. Le bambine vaccinate hanno un tasso di mortalità 5 volte superiore rispetto a quello dei bambini non vaccinati. L’Oms ha rifiutato di ritirare il letale vaccino, che continua ad infliggere a milioni di bambini africani ogni anno. In tutto il mondo, esperti in salute pubblica accusano Gates di dirottare fondi dell’Oms dai progetti che hanno dimostrato di prevenire realmente le malattie infettive, quali acqua pulita, igiene, nutrizione e sviluppo economico. La Gates Foundation spende in queste aree solo circa 650 milioni dei suoi 5 miliardi di dollari di budget. Dicono che devia le risorse dell’agenzia al servizio della sua personale filosofia secondo la quale la salute si ottiene solo con una puntura. Oltre a usare la sua filantropia per controllare Oms, Unicef, Gavi e Path, Gates finanzia compagnie farmaceutiche private che producono vaccini e ha fatto una donazione di 50 milioni di dollari a 12 società farmaceutiche per accelerare lo sviluppo di un vaccino per il coronavirus. Nelle sue recenti apparizioni sui media, Gates si dimostra fiducioso del fatto che la crisi Covid-19 gli darà l’opportunità di imporre i suoi programmi vaccinali obbligatori anche sui bambini americani.(Robert Kennedy Jr, “L’agenda vaccinale globale di Bill Gates: il trionfo di Big Pharma e dell’obbligo vaccinale”, dal sito “Children’s Health Defense del 9 aprile 2020; post tradotto da Margherita Russo per “Voci dall’Estero”. Procuratore legale, nipote del presidente John Fitzgerald Kennedy e figlio del fratello Robert, Robert F. Kennedy Junior sta conducendo una dura battaglia contro la campagna vaccinale globale di Bill Gates. La sua posizione: solo la massima libertà di critica e di informazione ci può tutelare dal rischio che la salute della popolazione mondiale possa essere subordinata a interessi poco trasparenti. Kennedy denuncia i vari scandali che hanno caratterizzato i piani vaccinali di Bill Gates e dell’Oms nei paesi poveri del terzo mondo).I vaccini, per Bill Gates, sono un business filantropico strategico che alimenta la sua innumerevole serie di altre attività legate ai vaccini (tra cui l’ambizione di dominare attraverso la Microsoft l’industria globale di identificativi vaccinali digitali), e che gli conferisce un potere dittatoriale sulla politica sanitaria globale. L’ossessione di Gates per i vaccini sembra alimentata dalla sua convinzione di salvare il mondo tramite la tecnologia. Promettendo di eradicare la poliomielite, con la sua quota di 450 milioni su un capitale di 1,2 miliardi di dollari, Gates ha preso il controllo dell’indiano National Technical Advisory Group of Imunizatione (Ntagi) e ha imposto un esteso piano di vaccini antipolio attraverso programmi di immunizzazione successivi per tutti i bambini sotto i 5 anni. I medici indiani hanno incolpato la campagna di immunizzazione di Gates per la devastante epidemia di paralisi flaccida acuta non-polio (Npafp) che ha reso paralitici 496.000 bambini tra il 2000 e il 2017, molto oltre quelli che sono i dati normalmente attesi. Nel 2017, il governo indiano ha annullato il regime vaccinale di Gates ed estromesso Gates e i suoi programmi vaccinali dall’India. I tassi di paralisi da poliomielite sono diminuiti immediatamente.
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5G, vaccini e “fake”: la post-verità, nell’Era del Coronavirus
Vaccini e 5G sono di gran voga, in tempi di coronavirus, nella cosiddetta narrativa complottista. Ne parla anche Massimo Mazzucco, denunciando il “ministero della verità” allestito a Palazzo Chigi e la spettacolare, duplice manovra in atto da parte dell’establishment: da un lato si raccomanda la fruizione dei soli media ufficiali (spesso i primi a spacciare “fake news”) e dall’altro si criminalizzano le fonti alternative di informazione. Esemplare il caso del Patto per Scienza di Burioni, che chiede addirittura ai magistrati di spegnere “ByoBlu”, reo di avere ospitato uno scienziato “eretico” come Stefano Montanari. L’allarme di Mazzucco è esplicito: c’è da temere che si approfitti del coprifuoco imposto dal coronavirus per poi magari limitare la nostra libertà di informazione anche domani, quando l’emergenza sarà finita. Motivo: social, video e blog vantano ormai milioni di visualizzazioni, dunque rappresentano una potenziale minaccia per chi volesse mentire agli italiani attraverso i canali ufficiali della comunicazione tradizionale.Nella sua ricostruzione giornalistica, Mazzucco – autore di importanti documentari sull’11 Settembre, trasmessi anche da Canale 5 in prima serata – cita alcune clamorose “fake news” veicolate dai grandi network televisivi: dagli inesistenti “200 bambini morti a Londra per il morbillo” (evocati da Beatrice Lorenzin negli studi di Vespa e Formigli) alle affermazioni di Rex Tillerson su Putin “criminale di guerra” (distorte da Giovanna Botteri). Il record – nella classifica di Mazzucco – spetta ad Andrea Purgatori, che su La7 ha spacciato le sequenze di un videogame per “le immagini dell’uccisione del generale Soleimani”. In studio ha assicurato: sembra un videogioco, ma non lo è. Smascherato, su Twitter ha ammesso: sì, è vero, quelle immagini erano di un videogame. E questi, si domanda Mazzucco, sarebbero i campioni dell’informazione seria, gli unici di cui dovremmo fidarci, come ripete lo spot che Mediaset sta trasmettendo a ciclo continuo?Mazzucco, naturalmente, passa per complottista. La sua colpa? E’ stato il primo a realizzare un film che demolisce, prove alla mano, la versione ufficiale sull’11 Settembre. L’Oscar del Complottismo gli è stato tributato per il documentario “American Moon”. I suoi detrattori lo accusano di negare l’avvenuto sbarco sulla Luna del 1969. Se invece uno si prende la briga di visionare il filmato, scopre che Mazzucco – suffragato dal parere dei alcuni tra i più importanti fotografi, da Peter Lindbergh a Oliviero Toscani – si limita, per così dire, a dimostrare che quelle storiche immagini sarebbero state realizzare in studio, sulla Terra (per quale motivo, non è dato saperlo). Comunque la si pensi, socraticamente, il contributo di Mazzucco invita a coltivare il dubbio: cosa che lo stesso giornalismo per primo dovrebbe sempre fare, come ricorda lo statunitense Seymour Hersh, secondo cui negli ultimi anni il mondo ha vissuto troppe guerre, con troppe vittime civili, anche a causa della reticenza della stampa, che secondo Hersh ha permesso ai decisori di avventurarsi nelle peggiori imprese manipolando l’opinione pubblica grazie alle “fake news” veicolate dai grandi media.Sono proprio le “fake news ufficiali” a scatenare la degenerazione complottistica, che inonda il web di vere e proprie bufale: un regalo favoloso, per chi volesse spegnere (insieme a quelle dei “terrapiattisti”) anche le voci autorevoli, onestamente impegnate a cercare verità irrintracciabili nel mainstream. Il cospirazionismo appare perfettamente funzionale al peggior potere: incrementa la credulità dei più ingenui e, al tempo stesso, squalifica i ricercatori seri. Nella sua ottusità dogmatica, il complottismo è speculare al negazionismo: i complottisti pensano che qualsiasi evento sia sempre e solo il frutto di una bieca cospirazione, mentre i loro apparenti avversari negano, semplicemente, che i complotti esistano. E’ la stessa storia a insegnarci che i complotti si susseguono, da sempre, ma non è detto che poi vadano in porto. In una infinita scala di grigi, come si può pensare che tutto sia soltanto bianco o nero? Questo non-pensiero semplificato, automatico, fa sicuramente comodo a chi maneggia il consenso in modo spregiudicato, fabbricando nemici su misura per ogni stagione, con il relativo corollario di odio, paura e tifo calcistico.Il problema, avverte Mazzucco, è che ora la situazione starebbe cambiando a vista d’occhio: sotto la fortissima pressione psicologica e sociale dell’emergenza da coronavirus, si annuncia un progressivo soffocamento, anche governativo, delle voci indipendenti. Il che – statistiche alla mano – potrebbe preludere a qualcosa di francamente inquietante: un futuro in cui, come già avviene in Cina, sia espressamente vietato far circolare idee eterodosse? Ovvero: siamo alla vigilia del peggior incubo distopico di matrice orwelliana, coi cittadini sorvegliati passo passo, elettronicamente? Domande che pesano, e che Mazzucco propone agli ascoltatori. Dato il coprifuoco imposto per via del Covid-19, non c’è bisogno di ricordare che, in guerra, la prima vittima è sempre la verità. Sul misteriosissimo coronavirus, finora, si è detto tutto e il contrario di tutto: medici e ricercatori stanno lottando, ogni giorno, per venirne a capo e trovare una cura risolutiva e rassicurante. Nel frattempo, il complottismo si scatena: il Covid-19 sarebbe il frutto di una cospirazione mondiale, e la virulenza del morbo sarebbe accentuata dalle microonde della rete 5G. In parallelo, specularmente: silenzio assoluto, dai grandi media, sia sulle problematiche da vaccino che sui potenziali rischi del wireless di quinta generazione.In Italia, negli ultimi anni, la grande stampa ha regolarmente silenziato le notizie allarmanti via via emerse, da fonti autorevoli, riguardo alla somministrazione improvvisamente obbligatoria di vaccini polivalenti di ultima generazione. Sulla scorta di consulenze mediche, la commissione parlamentare guidata da Gian Piero Scanu additò alcuni vaccini come concausa di gravi patologie a danno dei nostri militari. La Regione Puglia – unica, ad aver istituito un monitoraggio speciale (farmacovigilanza attiva) dopo l’introduzione dell’obbligo vaccinale in Italia, ha fornito le percentuali – altissime – delle reazioni avverse registrate dai bambini vaccinati. E il presidente dell’ordine dei biologi italiani, Vincenzo D’Anna, ha rilevato la presenza di vaccini “sporchi”, tra le dosi distribuite in Italia. Voci autorevoli e argomentazioni serie: non per negare l’utilità dei vaccini, ma verificare le condizioni particolari della loro attuale somministrazione obbligatoria. Se ne avessero parlato diffusamente, giornali e televisioni, magari avrebbero scoperto – come ricorda lo stesso Mazzucco – che negli Usa gli eventuali errori delle aziende produttrici di vaccini sono “depenalizzati” per legge: a indennizzare le eventuali vittime provvede lo Stato. E dagli anni ‘80, l’amministrazione Usa ha già dovuto sborsare 4 miliardi di dollari per risarcire persone che la giustizia ha riconosciuto vittime di “danni da vaccino”.La parola magica – fake news – incombe anche su chi si azzardasse a menzionare il fantasma del 5G, cioè “l’Internet delle cose” appena bloccato da paesi come Svizzera e Slovenia, preoccupati per l’assenza di prove certe – per ora, almeno – sull’innocuità di questa nuovissima tecnologia, connessa con i satelliti appena messi in orbita, a migliaia, da Elon Musk. Fa male alla salute, il 5G? I complottisti ne sono certissimi. Gli scienziati invece sono divisi: alcuni escludono pericoli, altri temono che le frequenze del 5G possano nuocere alle nostre cellule. In molti esprimono dubbi: sostengono che siano necessari test più approfonditi, per giungere a conclusioni incontrovertibili, in un senso o nell’altro. Intanto, a mettere in relazione il 5G addirittura con il coronavirus è anche Gunter Pauli, consigliere economico di Giuseppe Conte. Ma la vera notizia, probabilmente, è un’altra: per i grandi media, il 5G è come se non esistesse. Semplicemente non ne parlano, anche se l’avvenimento pubblico di cui parlare ci sarebbe: sono ormai quasi 200 i Comuni italiani che si sono opposti all’installazione delle antenne.Daccapo: se un tema è dibattuto presso l’opinione pubblica, perché non parlarne con precisione e serenità? Se i timori legati all’eventuale abuso di alcuni vaccini fossero infondati, perché non smontarli – una volta per tutte – sulla base di prove inoppugnabili? Idem: se quelle sul fantomatico 5G sono soltanto bufale, perché non demolirle – in modo serio, scientifico – a reti unificate? Il silenzio, viceversa, alimenta inevitabilmente ogni tipo di illazioni. Ragiona Mazzucco: alle domande scomode si evita di rispondere, preferendo tacciare comodamente di complottismo chi osa rilanciarle, quelle domande. Attenzione: domande, non tesi dogmatiche. L’obiettivo non è propagandare verità prefabbricate, magari apocalittiche, ma raggiungere una verità ragionevolmente accertabile. E non è nemmeno questione di vaccinazioni e antenne: la vera posta in gioco è la trasparenza, su tutto. Dove finisce, la democrazia, se l’opinione pubblica non è innanzitutto informata dei fatti che la riguardano? Il lavoro dei tanti ricercatori che in questi anni hanno offerto analisi disponibili solo sul web, purtroppo, mina una volta di più il prestigio dell’informazione mainstream. E questa non è affatto una buona notizia.Messi finalmente da parte complottismi e negazionismi, simmetriche deformazioni della conoscenza, una quota accettabile di verità dovrebbe emergere dal terreno intermedio della vera informazione, laica, onesta, in buona fede. Avvertiva Indro Montanelli: guardatevi da chi dichiara di diffondere notizie “oggettive”; fidatevi invece di chi si limita a fornire narrazioni sincere (magari anche erronee, ma sbagliando in proprio). Sbagliare fa parte del mestiere: la stessa scienza deve il suo progresso proprio all’ammissione dei suoi errori. Torna in mente l’immagine usata dal filosofo Bertrand Russell: più cresce il fascio di luce che rischiara il buio, più cresce la consapevolezza della vastità delle tenebre, cioè dell’ignoto. Di fronte all’ignoto che oggi minaccia di colpo miliardi di individui – la strana comparsa del Covid-19 – forse è bene concludere che non esistono risposte semplici, e che le testi preconcette (complottiste e negazioniste) non aiutano a risolvere il problema. Se poi i decisori mostrano apertamente di temere la proliferazione di voci incontrollate, forse c’è di che preoccuparsi. Quanta strada avrebbero fatto, i peggiori complotti, se l’opinione pubblica non fosse stata ipnotizzata dai suoi incantatori? Il pifferaio più celebre, Hitler, riuscì a far credere ai tedeschi che le loro disgrazie fossero imputabili agli ebrei. Il film “Il tamburo di latta”, di Volker Schlöndorff, tratto dall’omonimo romanzo di Fassbinder, si conclude con queste parole: credevamo di aver aperto la porta a Babbo Natale, e invece era l’uomo del gas.(Giorgio Cattaneo, “5G, vaccini e Ministero della Verità: complottismo e negazionismo nell’Era del Coronavirus”, dal blog del Movimento Roosevelt del 14 aprile 2020).Vaccini e 5G sono di gran voga, in tempi di coronavirus, nella cosiddetta narrativa complottista. Ne parla anche Massimo Mazzucco, denunciando il “ministero della verità” allestito a Palazzo Chigi e la spettacolare, duplice manovra in atto da parte dell’establishment: da un lato si raccomanda la fruizione dei soli media ufficiali (spesso i primi a spacciare “fake news”) e dall’altro si criminalizzano le fonti alternative di informazione. Esemplare il caso del Patto per la Scienza di Burioni, che chiede addirittura ai magistrati di spegnere “ByoBlu”, reo di avere ospitato uno scienziato “eretico” come Stefano Montanari. L’allarme di Mazzucco è esplicito: c’è da temere che si approfitti del coprifuoco imposto dal coronavirus per poi magari limitare la nostra libertà di informazione anche domani, quando l’emergenza sarà finita. Motivo: social, video e blog vantano ormai milioni di visualizzazioni, dunque rappresentano una potenziale minaccia per chi volesse mentire agli italiani attraverso i canali ufficiali della comunicazione tradizionale.
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Lutto in casa Kennedy, e va a fuoco la casa di Mario Draghi
Draghi e Kennedy: due nomi ora anche nelle pagine di cronaca nera, pochi giorni dopo l’uscita mondiale del brano “Murder Most Foul”, in cui Bob Dylan rievoca il complotto del Deep State costato la vita a John Kennedy, ucciso a Dallas nel 1963, mettendolo in qualche modo in relazione con l’attuale emergenza coronavirus. Una denuncia clamorosa, quella di Dylan, in contemporanea con quella di Mario Draghi sulle pagine del “Financial Times”, in cui l’ex presidente della Bce – richiamandosi al New Deal di Roosevelt – invoca la fine del rigore finanziario, se si vuole ricostruire l’economia disastrata dalla pandemia. Pochi giorni dopo le esternazioni di Dylan e Draghi, è scomparsa nel nulla Maeve Kennedy Townsend McKean, nipote quarantenne di Bob Kennedy, fratello di John, a sua volta assassinato (a Los Angeles, nel 1968). A una settimana dalla scomparsa – in mare – Maeve Kennedy è stata quindi ritrovata cadavere il 7 aprile, lungo le coste del Maryland. E in serata, a migliaia di chilometri di distanza – a Città della Pieve – i vigili del fuoco sono dovuti accorrere per spegnere lo strano incendio innescatosi nella residenza italiana di Mario Draghi. Le fiamme hanno intaccato il tetto dell’abitazione (sempre il tetto era stato incenerito dal rogo della cattedrale parigina di Notre-Dame, esattamente un anno fa, dando il destro a suggestive interpretazioni simbologiche tra chi sospetta l’origine dolosa del disastro).Secondo il “Corriere dell’Umbria”, i pompieri intervenuti a Città della Pieve, al confine con la Toscana, avrebbero rilevato nella canna fumaria l’origine dell’incendio che ha poi attaccato il tetto della casa italiana di Draghi. L’ex presidente della Banca Centrale Europea, ricorda il giornale, è anche «il potenziale candidato alla presidenza del Consiglio nella successione a Giuseppe Conte in caso di governo di unità nazionale». Secondo Gioele Magaldi, massone progressista e presidente del Movimento Roosevelt (nonché autore del saggio “Massoni”), Mario Draghi – fino a ieri militante nell’ala più reazionaria della massoneria sovranazionale, responsabile dell’austerity europea che ha sabotato l’economia – si sarebbe avvicinato al circuito della massoneria progressista, del quale (assicura Magaldi) fa parte lo stesso Bob Dylan, la cui canzone kennedyana – pubblicata non a caso in piena emergenza coronavirus – richiama l’attenzione su John Kennedy per ricordare la fine violenta delle speranze in un mondo migliore, imposta da un attentato particolarmente infame, che vide coinvolti la Cia, l’Fbi e tre diversi futuri presidenti americani (Johnson, Nixon e Bush senior).Sempre secondo Magaldi, Draghi sarebbe ora sceso in campo per sostenere la “controffensiva democratica” delle forze che – in tutto il mondo, in modo trasversale – tentano di opporsi alla “politica del coronavirus”, che in base al modello cinese sperimentato a Wuhan con la benedizione dell’Oms impone severe restrizioni alle libertà personali, che qualcuno spera diventino permanenti. Magaldi denuncia la “filiera del rigore” inaugurata nel 1975 dal manifesto “La crisi della democrazia” sollecitato dalla Commissione Trilaterale dominata da Kissinger, il potente “massone neoaristocratico” che per primo sdoganò la Cina con l’intento di farne un modello anche per un futuro Occidente post-democratico, quello che si intravede oggi sotto le legislazioni speciali introdotte grazie alla paura del virus. Nel suo lavoro editoriale, Magaldi fa risalire proprio all’uccisione di John Kennedy (seguita a ruota da quelle di Bob Kennedy e Martin Luther King) la fine della speranza in un Occidente migliore, prospero e libero dall’angoscia, patria dei diritti sociali e civili. Dopo di allora, a partire dal golpe cileno del 1973, il neoliberismo è andato direttamente al governo, fino a produrre in Europa la catastrofe socio-economica che ha schiantato l’Italia, fermandone la corsa (il Belpaese era la quinta potenza industriale del mondo, prima che Mani Pulite rottamasse la classe politica della Prima Repubblica).Fa impressione, intanto, l’ennesimo lutto in casa Kennedy ad appena una settimana di distanza dall’omaggio di Dylan a Jfk (oltre 2 milioni e mezzo di visualizzazioni su YouTube, in pochi giorni, per “Murder Most Foul”). Il corpo senza vita di Maeve Kennedy Townsend McKean è stato ritrovato in mare nella Baia di Chesapeake. Il cadavere di Maeve è stato localizzato a sette metri di profondità, quattro chilometri più a sud rispetto alla casa di sua madre a Shady Side, nel Maryland, dove giovedì sera la donna era uscita in canoa insieme al figlio Gideon, di 8 anni, che risulta ancora disperso. Madre e figlio sarebbero stati visti per l’ultima volta allontanarsi a bordo di un kajak: secondo fonti di stampa «stavano cercando di recuperare una palla, ma a causa della corrente non erano più riusciti a tornare a riva». Maeve è la figlia di Kathleen Kennedy Townsend, vice-governatrice del Maryland, a sua volta figlia di Robert Kennedy, fratello di John. Era sposata con David McKean, avvocato di diritti civili a Washington, ed era madre di quattro figli. Lavorava come dirigente alla Georgetown University di Washington, dove risiedeva con la famiglia.Inevitabilmente, i giornali riparlano della “maledizione” della famiglia Kennedy, dopo le perdite di John e Bob. Qualche mese fa era morta un’altra nipote di Robert Kennedy, Saoirse Hill, deceduta a 22 anni «in seguito a un mix letale di droga e farmaci». Un altro fratello di John e Bob, Joseph Kennedy, era morto nel ’44 durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre una sorella, Kathleen, aveva perso la vita nel ’48 in un incidente aereo. Risale al 1984 la morte di David Kennedy, figlio di Robert, ucciso «da un’overdose di farmaci», mentre nel ’97 è scomparso un altro dei figli, Michael, in un incidente sulle piste di sci. Ancora: nel ‘99 aveva perso la vita uno dei figli di Jfk, John, insieme alla moglie e alla cognata, in un incidente aereo lungo la costa di Martha’s Vineyard, in Massachusetts. Nel 2011, infine, ancora una morte prematura: quella di Kara, figlia di Edward Kennedy, «stroncata da un infarto». Lo stesso anno si sarebbe suicidata Mary Richardson, moglie di Robert Kennedy jr., notissimo avvocato, in prima linea – insieme all’attore Robert De Niro – contro gli abusi delle campagne vaccinali e la correlazione tra vaccini e autismo. Robert junior è l’ennesimo Kennedy che dà fastidio al potere (in questo caso, sanitario: quello che si sta affermando a livello modiale, grazie alla gestione “cinese” del coronavirus raccomandata dall’Oms). Un contesto sinistro, che fa da contorno anche alla morte di Maeve Kennedy?Draghi e Kennedy: due nomi ora anche nelle pagine di cronaca nera, pochi giorni dopo l’uscita mondiale del brano “Murder Most Foul”, in cui Bob Dylan rievoca il complotto del Deep State costato la vita a John Kennedy, ucciso a Dallas nel 1963, mettendolo in qualche modo in relazione con l’attuale emergenza coronavirus. Una denuncia clamorosa, quella di Dylan, in contemporanea con quella di Mario Draghi sulle pagine del “Financial Times”, in cui l’ex presidente della Bce – richiamandosi al New Deal di Roosevelt – invoca la fine del rigore finanziario, se si vuole ricostruire l’economia disastrata dalla pandemia. Pochi giorni dopo le esternazioni di Dylan e Draghi, è scomparsa nel nulla Maeve Kennedy Townsend McKean, nipote quarantenne di Bob Kennedy, fratello di John, a sua volta assassinato (a Los Angeles, nel 1968). A una settimana dalla scomparsa – in mare – Maeve Kennedy è stata quindi ritrovata cadavere il 7 aprile, lungo le coste del Maryland. E in serata, a migliaia di chilometri di distanza – a Città della Pieve – i vigili del fuoco sono dovuti accorrere per spegnere lo strano incendio innescatosi nella residenza italiana di Mario Draghi, proprio mentre a Bruxelles era riunito l’Eurogruppo. Le fiamme hanno intaccato il tetto dell’abitazione (sempre il tetto era stato incenerito dal rogo della cattedrale parigina di Notre-Dame, esattamente un anno fa, dando il destro a suggestive interpretazioni simbologiche tra chi sospetta l’origine dolosa del disastro).
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Virus, strage colposa: Taormina denuncia il governo Conte
Il coronavirus potrebbe scatenare anche un Armageddon giudiziario. Avvocati e semplici cittadini, con la Rete a fare da cassa di risonanza, hanno innescato una valanga pronta ad abbattersi sul governo, reo (a loro dire) di non aver tutelato abbastanza gli italiani dall’implacabile virus che continua a mietere vittime. A capo della protesta è il legale Carlo Taormina, già viceministro dell’interno nel governo Berlusconi, nel 2001. L’avvocato annuncia il terremoto legale che attenderebbe il premier, perché dietro la sua iniziativa c’è un esercito di italiani: «Ringrazio le oltre 700.000 persone che mi hanno, in un solo giorno, voluto sostenere nella denuncia da me presentata alla Procura di Roma contro i responsabili di questa autentica strage colposa di Stato». Il tema, ovviamente, è il Covid-19: il numero dei morti sarebbe legato, secondo Taormina, «ai 40 giorni di ritardo nel chiudere tutto». Nella denuncia, il legale parla di «gravissime condotte omissive messe in atto dai nostri governanti e dai consulenti che li hanno assistiti». E così, aggiunge, «una massa di contagiati si è trasformata in una massa di morti».Tra post e video pubblicati sul social – osserva il “Tempo” – il giurista spara a zero, definendo non solo «cialtroni» i governanti e «tromboni» i medici che stanno affrontando l’urgenza, ma minaccia di denunciare anche i magistrati che non dovessero riconoscere la responsabilità del governo Conte-bis e delle autorità sanitarie. In sostanza, Taormina collega il numero dei morti all’iniziale indecisione dell’esecutivo: c’è voluto oltre un mese, prima di arrivare alla decisione di mettere in quarantena l’intera Italia. L’avvocato si riferisce al periodo compreso tra il 31 gennaio e i primi di marzo, in cui «nessuna forma di tutela è stata assunta». Secondo Taormina, troppi contagiati «muoiono perché non assistiti o non assistibili, per mancanza di respiratori e letti di terapia intensiva». Famoso “principe del foro”, l’ex sottosegretario spiega il senso della denuncia che ha depositato presso la magistratura inquirente della capitale: il mandato all’autorità giudiziaria, in sostanza, è per capire se – di fronte alle migliaia di vittime – ci siano state omissioni gravi, imputabili a incompetenza delle autorità.Lo stesso Taormina – scrive il quotidiano “Libero” – chiede alle autorità di «comunicare quante sono state le persone morte in casa, nonostante una richiesta di soccorso medico», e quante altre sarebbero morte fuori degli ospedali, ovvero «fatte rimanere a crepare nelle autoambulanze perché non c’erano respiratori o letti di terapia intensiva». Altri pazienti ancora, infine, secondo Taormina satebbero deceduti negli ospedali «perché si è scelto di farli morire per salvare altre vite», magari più giovani. Per il giornale di Feltri, l’iniziativa di Taormina rischia di trasformarsi «in una bomba giudiziaria sul governo». La premessa principale è che il “coprifuoco” sarebbe una diga contro il contagio, o comunque gli effetti patologici del virus. Non tutti, nella comunità scientifica, condividono questa visione: in Svezia, ad esempio, si lascia ai cittadini ampia facoltà di circolazione. Se poi risultasse – come ipotizzato – che il virus può diffondersi “nell’aria, sotto forma di aerosol”, è ovvio che le misure restrittive si rivelerebbero un sacrificio inutile. Tuttavia, la linea del “coprifuoco” è quella adottata dal governo, con conseguenze catastrofiche per l’economia. Linea che, secondo Taormina (e i 700.000 firmatari della denuncia) sarebbe stata imposta in ritardo e con troppe incongruenze.Il coronavirus potrebbe scatenare anche un Armageddon giudiziario. Avvocati e semplici cittadini, con la Rete a fare da cassa di risonanza, hanno innescato una valanga pronta ad abbattersi sul governo, reo (a loro dire) di non aver tutelato abbastanza gli italiani dall’implacabile virus che continua a mietere vittime. A capo della protesta è il legale Carlo Taormina, già viceministro dell’interno nel governo Berlusconi, nel 2001. L’avvocato annuncia il terremoto legale che attenderebbe il premier, perché dietro la sua iniziativa c’è un esercito di italiani: «Ringrazio le oltre 700.000 persone che mi hanno, in un solo giorno, voluto sostenere nella denuncia da me presentata alla Procura di Roma contro i responsabili di questa autentica strage colposa di Stato». Il tema, ovviamente, è il Covid-19: il numero dei morti sarebbe legato, secondo Taormina, «ai 40 giorni di ritardo nel chiudere tutto». Nella denuncia, il legale parla di «gravissime condotte omissive messe in atto dai nostri governanti e dai consulenti che li hanno assistiti». E così, aggiunge, «una massa di contagiati si è trasformata in una massa di morti».
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Il massone Bob Dylan, Kennedy e i golpisti del coronavirus
Vide il corpo di Kennedy sobbalzare in avanti, e capì che Chuck Nicoletti lo aveva colpito alla schiena, sparando dal palazzo accanto a quello in cui era appostato il futuro capro espiatorio Lee Oswald. Il presidente era ferito, ma in modo non mortale. Un’intuizione millimetrica, lo spazio di un secondo: poi la limousine si sarebbe allontanata dalla fatale collinetta dell’agguato. Fu in quel preciso istante che il secondo killer sparò a sua volta, con il suo Fireball, facendogli saltare il cervello e ribaltando all’indietro il corpo di Jfk. «Sono stato, io a esplodere il colpo mortale», dice James Files – detenuto negli Usa per altri reati – nel documentario (mai distribuito nel circuito televisivo) che svela la vera storia dell’omicidio, realizzato in mondovisione il 22 novembre 1963 a Dallas. Versione confermata in punto di morte da Howard Hunt, allora numero due della Cia. Per l’assassinio del secolo, gli 007 reclutarono la mafia di Chicago. Se ne accorse Zack Shelton, agente dell’Fbi, subito messo a tacere. Altra fonte, un “pentito”: il criminale Chaucey Holt. Conferma Tosh Plumlee, pilota della Cia: fu lui a trasportare a Dallas i gangster incaricati di eliminare Jfk.Alla vigilia, in un drammatico summit nella città texana, il piano venne convalidato dal Deep State: con lo stesso Howard Hunt, nella villa del petroliere Clint Murchinson c’era Edgar Hoover (Fbi) insieme al vice di Kennedy, Lyndon Johnson, e ad altri due futuri presidenti degli Stati Uniti, Richard Nixon e George Bush. Potere criminale: ma perché riparlarne oggi, come fa Bob Dylan, suggerendo un collegamento tra quell’atroce mattanza e il coronavirus? «State attenti e mettetevi al riparo», ha scritto Dylan sul suo sito, il 27 marzo, presentando l’esplosiva “Murder Most Foul”, regalata al pubblico “worldwide”, in modo sorprendente e spettacolare. Una strepitosa ballad lunga 1016 secondi (quasi 17 minuti) che ripercorre “l’omicidio più ignominioso”, facendo di Kennedy il simbolo di un’America che si stava svegliando, anche sulle ali della musica, per uscire dall’incubo della guerra fredda e della segregazione razziale, del terrore nucleare, del Vietnam.Perché farlo proprio adesso? Perché diventa così loquace, un solitario come Dylan, sempre ultra-reticente con la stampa? Probabilmente, la domanda contiene già la risposta: era indispensabile lanciare un avvertimento, sia pure filtrato dall’eleganza del linguaggio artistico. Un messaggio però anche esplicito, con indizi messi lì apposta per lasciarsi decodificare: l’invito a “suonare il numero 3, il numero 9″, cioè la perfezione dell’armonia. Roba da esoteristi: come il massonico 33, evocato a proposito dei “fratelli” che avrebbero organizzato “l’inferno”, a Dallas. «Nessun mistero: Bob Dylan è, da sempre, un massone radicalmente ultra-progressista», afferma – clamorosamente – Gioele Magaldi, evidentemente autorizzato a dare ufficialmente la notizia. «Dylan milita nei medesimi circuiti massonici progressisti ai quali appartengo anch’io», aggiunge Magaldi, che nel 2014 – nel saggio “Massoni”, edito da Chiarelettere – ha denunciato le trame anche golpiste e terroristiche della supermassoneria reazionaria.L’accusa: è stata la superloggia “Hathor Pentalpha”, fondata dai Bush, ad architettare l’11 Settembre e il crollo delle Torri Gemelle, per poi inventarsi anche l’Isis. Se qualche sprovveduto crede ancora alla storiella degli aerei che avrebbero abbattuto le Twin Towers (cadute per “demolizione controllata”, come ormai dimostrato da oltre tremila architetti e ingegneri americani), proprio l’omicidio Kennedy – giudiziariamente irrisolto, dopo oltre mezzo secolo – sta lì a ricordare a tutti che, a volte, “l’impossibile” diventa possibilissimo. Tant’è vero che qualcuno ci lascia la pelle: anche in modo inimmaginabile, persino se si tratta di un intoccabile come il presidente degli Stati Uniti. Magaldi mette in fila gli eventi: la stessa élite reazionaria, che nel 1975 usò la Trilaterale di Kissinger per dichiarare guerra alla democrazia sociale, oggi sovragestisce la crisi planetaria della pandemia secondo il modulo Wuhan, fondato sulla sospensione della libertà costituzionale.Attenti, avverte Magaldi: fu proprio il club di Kissinger a sdoganare la Cina, aprendola al mercato globale, per farne una specie di Frankenstein: formidabile efficienza economica, ma niente democrazia. Un modello perfetto da trapiantare in un futuro Occidente distopico, raggelante, oggi con il pretesto psico-sanitario del coronavirus, il coprifuoco imposto a tutti (provvisorio, ma con la prospettiva che le libertà di ieri non tornino mai più). Ed ecco, allora, Bob Dylan. «La sua uscita – sottolinea Magaldi – è perfettamente sincronizzata con l’altrettanto clamorosa lettera di Mario Draghi al “Financial Times”, in cui l’ex presidente della Bce (fino a ieri massone neoaristocratico, e oggi tornato ai lidi keynesiani delle origini) dichiara guerra alla “teologia” del rigore neoliberista, evocando addirittura il New Deal rooseveltiano: cioè la necessità di ricorrere a massicci aiuti di Stato per svincolare l’economia dal ricatto della finanza speculativa. Un regime che tuttora strangola l’Italia nella morsa dell’Ue, proprio adesso che il paese ha un bisogno drammatico di fondi che non si trasformino in debito».Draghi e Dylan, strano tandem: in modo diverso paiono dire la stessa cosa. Ovvero: siamo ormai giunti a un bivio esiziale, messi di fronte – con l’accelerazione planetaria della pandemia – a una scelta di campo ormai ineludibile: se la globalizzazione solo finanziaria porta dritti a Wuhan, l’alternativa sta nel riscrivere da zero le regole del mondo. E chi, meglio di John Kennedy, riuscì a esplicitare questo concetto? Era il sogno della New Frontier: un mondo unito, pacificato e libero. Di recente, s’è scoperto un carteggio segreto con Nikita Krushev: i due leader impegnavano Usa e Urss a mettere fine alla guerra fredda entro il 1970. Ma a costare la vita a Kennedy, probabilmente, fu altro: per esempio, la decisione di stampare direttamente banconote di Stato, svincolate dal sistema bancario. Ed ecco che Jfk, riletto oggi, sembra parlare direttamente a noi, alle prese con le maschere dell’euro-rigore “tedesco”. Ma chi era, veramente, Kennedy?«Tra le altre cose, il presidente assassinato a Dallas era un inziato eleusino», rivela lo storico fiorentino Nicola Bizzi, che nel sorprendente libro “Da Eleusi a Firenze” mette a fuoco l’ascendenza “eleusina” del Rinascimento italiano. Ovvero: la regia occulta, nel potere della signoria medicea, della tradizione misterica risalente al 1300 avanti Cristo, quando – secondo la narrazione – la dea Demetra avrebbe rivelato ai fedeli di Eleusi, alle porte di Atene, l’origine “atlantidea” della nostra specie, “creata” dagli dei Titani come Poseidone, signore dei mari. Kennedy eleusino? «Di più: era anche un templare, direttamente collegato a Dante Alighieri». Lo sostiene Luca Monti, autore del volume “Firenze, città santa dei templari”, pubblicato da Aurora Boreale, editrice di cui è titolare lo stesso Bizzi. Collegato alla rete odierna del templarismo, Monti spiega: l’autore della Divina Commedia ereditò la guida segreta dell’Ordine del Tempio dopo il rogo in cui fu arso vivo l’ultimo gran maestro ufficiale, Jacques de Molay. E il collegamento con il presidente assassinato a Dallas? «Il successore dell’Alighieri-templare fu Gherarduccio dei Gherardini, antenato di John Fitzgerald Kennedy», nientemeno.Stupefacente? Be’, sì. Ma questo aiuta a leggere un po’ meglio tra le righe, persino nei riferimenti simbolico-esoterici di cui è gremito l’amletico testo del massone Dylan, “Murder Most Foul”. Va preso sul serio, Luca Monti? Fate voi. Nel 2016, intervistato da Paolo Franceschetti, si sbilanciò con questa previsione: «Nel 2020 succederà qualcosa di inaudito, a livello mondiale». La fonte? Numeri, ancora: nella Commedia di Dante, ricorre il 515. Le profezie contenute nel poema sono intervallate dal medesimo numero di versi, “centodieci e quinque”. «Io penso che questo 515 arriverà verso il 2020», disse Monti, spiegando: «Questo numero rappresenta anche la riunificazione; noi siamo tutti in potenza parti di Dio, particelle divine, e il 515 rappresenta la riunione di noi stessi col divino». Suggestioni da brividi? Certo, si tratta di materiale con cui Bob Dylan ha sempre dimostrato un’estrema confidenza: nessuno come lui ha saputo maneggiare – e con uno slang “pop”, per giunta – la stessa Bibbia e i simboli pescati nei territori dell’alchimia, dell’astrologia, dei tarocchi, della mitologia. Se Kennedy era anche un neo-templare e un iniziato “eleusino”, oltre che un celebrato campione della democrazia, suona sempre meno strano l’omaggio che il grande cantautore gli tributa, in mezzo al panico da coronavirus, come se “Murder Most Foul” fosse anche una dichiarazione di guerra, oltre che un esercizio di pietà.Cade dall’alto, il guanto di sfida lanciato dall’ex ragazzo di Duluth, con alle spalle sessant’anni di carriera, oltre 50 dischi e anche l’Oscar cinematografico per la colonna sonora di “Things have changed”. Il prestigio culturale di Bob Dylan è già scritto nella storia: Premio Pulitzer, Nobel per la Letteratura, Legion d’Onore francese, Premio Principe delle Asturie. Risale al ‘97 il riconoscimento dei Kennedy Center Honors, e al 2012 la Medaglia Presidenziale della Libertà (massimo “award” civile, negli Stati Uniti). Neppure il Dylan politico è una sorpresa, dai tempi di “Blowin’ in the wind” e “Masters of war”. Suo il primo atto d’accusa, frontale, contro la globalizzazione: “Union Sundown”, nel 1983, anticipa profeticamente la tragedia delle delocalizzazioni, in un mondo che sarebbe stato devastato dallo strapotere delle multinazionali. Forte l’attitudine a scendere in campo direttamente, in modo anche spericolato: l’affarista William Zantzinger dichiarò di essere stato rovinato, da Dylan, per la canzone “The lonesome death of Hettie Carroll”, domestica nera uccisa a bastonate. Il pugile afroamericano Rubin Carter, vittima di un caso giudiziario condizionato dal razzismo, fu letteralmente scarcerato in seguito alla campagna per la sua liberazione lanciata da Dylan con il brano “Hurricane”.«Siamo un paese costruito sulla schiena degli schiavi», disse, in prossimità dell’uscita dell’album “Tempest”, pubblicato nel 2012, in cui riecheggia la guerra civile americana nell’interpretazione del poeta Herny Timrod. Sempre rarissime, le interviste, ma quasi tutte memorabili. «Come spiegare la mia longevità artistica? Be’, da giovane ho fatto un patto con il “comandante in capo”». Tradotto: consacro la mia arte alla maggiore delle cause. Obiettivo: far fermentare il talento, alchemicamente, al servizio dell’umanità. Un modo per “tendere al divino”, per citare il 515 dantesco? Più esplicitamente: «Pensate alla trasfigurazione di Cristo, nel Getzemani». Simboli, certo. Positivi e negativi: «Ha vinto Walt Disney», sentenziò anni fa: «Quindi abbiamo perso tutti». Prigioneri della Matrix, in un mondo di plastica? Ecco, forse il velo potrebbe squarciarsi, oggi, di fronte al dramma del coronavirus che sembra distruggere ogni certezza. A patto però – e qui è il “templare” kennedyano che riemerge, il “massone progressista” – che si abbia il coraggio di metterci la faccia. Per esempio regalando ai senzatetto milioni di dollari, ricavati dal disco natalizio “Christmas in the heart” pensato nel 2009 per sfamare gli homeless d’America (gesto di liberalità squisitamente massonico, se non addirittura rosacrociano).A proposito: tra i leggendari Rosa+Croce, elusiva confaternita iniziatica capitanata nel secondo ‘900 dal pittore Salvador Dalì, un simbologo italiano come Gianfranco Carpeoro include il grande Freddie Mercury. E il suo gruppo – i Queen – è l’unico citato da Dylan nella sequenza finale di “Murder Most Foul”, in cui si dispiega lo splendore della colonna sonora degli irripetibili anni Sessanta. Un indizio rivelatore: siamo di fronte a una stretta parentela, non solo artistica? In recenti conferenze, insieme allo stesso Magaldi, Carpeoro ha svelato la cifra massonica di artisti come David Bowie e, in particolare, l’identità anche rosacrociana del massone progressista Michael Jackson, cresciuto nella Prince Hall Freemasonry, l’obbedienza dei neri americani. A costargli la vita, a quanto pare, sarebbe stata la canzone “They don’t care about us”, contro gli abusi del grande potere globalista. Un verso recita: «Tutto questo non succederebbe, se Roosevelt fosse ancora qui». Alla moglie di Franklin Delano, Eleanor, madrina della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, il giovanissimo Bob Dylan dedicò “Dear Mrs. Roosevelt”, scritta dal suo antico maestro Woody Guthrie.Sempre Dylan fu tra le star che risposero all’appello di Michael Jackson, autore con Lionel Richie del brano corale “We are the World”, destinato a raccogliere fondi (campagna “Usa for Africa”) per assistere la popolazione dell’Etiopia colpita dalla spaventosa carestia del 1985. Oggi, a quanto sembra, siamo all’ennesimo appuntamento con la storia: si tratta di disseppellire John Kennedy, per aiutare il mondo a ritrovare il suo stesso coraggio. Cambiare tutto, senza paura: né del coronavirus, né nei suoi ipotetici “sovragestori”, che probabilmente sognano un pianeta di neo-sudditi, schiavizzati dal terrore dei virus (oggi il “corona”, domani chissà), e sottoposti alla dittatura orwelliana di una polizia sanitaria capace di imporre vaccini e microchip, azzerando la privacy e la libertà. Messaggio: il momento è cruciale. La sfida è lanciata: “Murder Most Foul” è nell’aria, ne sta parlando il mondo intero. «State al riparo, e state attenti», si congeda il quasi ottantenne Dylan. «E che Dio sia con voi».(Giorgio Cattaneo, 5 aprile 2020).Vide il corpo di Kennedy sobbalzare in avanti, e capì che Chuck Nicoletti lo aveva colpito alla schiena, sparando dal palazzo accanto a quello in cui era appostato il futuro capro espiatorio Lee Oswald. Il presidente era ferito, ma in modo non mortale. Un’intuizione millimetrica, lo spazio di un secondo: poi la limousine si sarebbe allontanata dalla fatale collinetta dell’agguato. Fu in quel preciso istante che il secondo killer sparò a sua volta, con il suo Fireball, facendogli saltare il cervello e ribaltando all’indietro il corpo di Jfk. «Sono stato, io a esplodere il colpo mortale», dice James Files – detenuto negli Usa per altri reati – nel documentario (mai distribuito nel circuito televisivo) che svela la vera storia dell’omicidio, realizzato in mondovisione il 22 novembre 1963 a Dallas. Versione confermata in punto di morte da Howard Hunt, allora numero due della Cia. Per l’assassinio del secolo, gli 007 reclutarono la mafia di Chicago. Se ne accorse Zack Shelton, agente dell’Fbi, subito messo a tacere. Altra fonte, un “pentito”: il criminale Chaucey Holt. Un pilota della Cia, Tosh Plumlee, conferma di aver trasportato a Dallas i gangster incaricati di eliminare Jfk.