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Magaldi: niente è come sembra, e in troppi stanno barando
Viviamo strani giorni, cantava Battiato. Prendi l’Italia: in soli cinque anni ha voltato le spalle al conducator Renzi, trionfatore alle europee con il 40%, per dare una chance all’alieno governo gialloverde. Ma non doveva regnare in eterno, il Fanfarone di Rignano? Com’è possibile che si sia letteralmente estinto, consegnando il paese (provvisoriamente) agli apprendisti stregoni grillini e ai vetero-leghisti già forcaioli, abilmente riciclati da Salvini? Esecutivo bifronte, in tutti i sensi: diviso ormai sul 90% del programma, e incagliato su troppi nodi difficili da sbrogliare. Tanto peggio per i 5 Stelle, i più esposti al vento contrario: facile alzare la voce coi migranti, grazie a una politica low-cost, tutta immagine e quasi senza stanziamenti. Più complicato esaudire il sogno costoso del reddito di cittadinanza sbandierato da Di Maio. Tutti colpevoli, in ogni caso. Il loro peccato? Uno: non aver osato assolvere al compito ricevuto dagli elettori, e cioè riscattare l’Italia liberandola dalla tagliola di un’Ue finita in mano a un potentissimo clan di oligopolisti prezzolati. Lo afferma Gioele Magaldi, il primo a cantare fuori dal coro neo-sovranista di fronte al cedimento del governo Conte sul deficit 2019. Il presidente del Movimento Roosevelt è stato anche il primo (oltre che l’unico) a smascherare il teatrino dell’austerity: dietro il rigore – ha spiegato nel saggio “Massoni” – c’è assenzialmente un club di supermassoni reazionari. Ecco perché, anziché sparare a casaccio contro “l’Europa”, sarebbe più utile fare nomi e cognomi.Lo stesso dicasi per l’altro tasto dolente, assai caro a tanta parte del popolo del web: l’odiato imperialismo yankee, il Deep State che trasforma la superpotenza egemone in uno strumento di violenza e guerra, sfruttamento e oppressione (tema in auge praticamente sempre, ora rinverdito dalle vistose pressioni Usa sul Venezuela di Maduro). A costo di ripetersi, Magaldi insiste: sono stato proprio io – dice, in web streaming su YouTube – a spiegare, più precisamente di altri, quale America ha fatto del male agli americani e al resto del mondo. Brutto spettacolo: le trame golpiste della superloggia “Three Eyes”, il neoliberismo a mano armata, i neocon. Ma erano americani anche i Roosevelt e i Kennedy, così come Martin Luther King. E se tutte le potenze mondiali hanno sempre e solo perseguito la logica mercantile del dominio, almeno – dice Magaldi, convinto atlantista – gli Stati Uniti restano la prima democrazia del mondo e la prima repubblica a essersi dotata di un governo parlamentare elettivo, sulla scorta di una Costituzione che proclamò l’estrema eresia del “diritto alla felicità”, per tutti, in un mondo allora retto soltanto da imperi e monarchie, senza diritti e senza suffragio universale. Questo ovviamente non assolve l’America dai suoi peccati, ma almeno – sottolinea Magaldi – dovrebbe imporre il sano esercizio dei distinguo: buoni e cattivi non sono mai la stessa cosa, anche se coabitano sotto la stessa bandiera.Viviamo strani giorni, inutile negarlo: i 5 Stelle sprofondano alle regionali in Abruzzo facendo impallidire il 40% incassato un anno fa dagli abruzzesi alle politiche, ma lo stesso Salvini – pensando a Renzi – farebbe meglio a non dormire sugli allori. E se il voto è diventato così volatile, ragiona Magaldi, è perché gli italiani sono veramente stufi di essere presi in giro: l’allora padrone del Pd aveva solo finto di sfidare Bruxelles, e i gialloverdi sembrano scivolare lungo la stessa china. Non avendo osato tener duro sul deficit per alimentare la crescita, saranno costretti – vista l’inevitabile flessione del Pil – a procedere con sanguinosi tagli lineari. Strani giorni, appunto: mentre diventano sempre più evanescenti le categorie del Novecento, destra e sinistra, visti soprattutto gli imbarazzanti portavoce del centrodestra e del centrosinistra, stenta ancora ad affermarsi una visione del presente più realistica, capace cioè di fotografare il vero scontro: da una parte l’apolide oligarchia del denaro, dall’altra i difensori della sovranità democratica (che non è né di destra né di sinistra, ma è stata confiscata dai poteri privatizzatori col servile contributo di entrambi gli schieramenti, che per tutta la Seconda Repubblica hanno solo e sempre fatto finta di combattersi, per poi eseguire i dettami neoliberali della medesima élite transnazionale).Strani giorni, questi, in cui Di Maio – in preda al panico pre-elettorale da sondaggi – organizza fuori tempo massimo uno sgangherato gemellaggio con frange dei Gilet Gialli, ottenendo uno scontro diplomatico con la Francia, in rivolta contro il supermassone Macron. Più che azzoppato, il ducetto dell’Eliseo: praticamente impresentabile, eppure capace di siglare il tragicomico Trattato di Aquisgrana con Angela Merkel, con la quale poi Giuseppe Conte si intrattiene amabilmente al bar, sparlando dei suoi “azionisti” politici, i 5 Stelle. Tanto teatro, e pochissima sostanza commestibile. Non è sul tavolo – su nessun tavolo – il cambio di paradigma, keynesiano, per il quale Gioele Magaldi si batte. In queste sabbie mobili, il Movimento Roosevelt annuncia inziative di sapore strategico nei prossimi mesi. A Londra il primo appuntamento, il 30 marzo: un’agenda da aggiornare con Nino Galloni, Guido Grossi, Ilaria Bifarini, Antonio Maria Rinaldi e altri cervelli dell’economia democratica, per chiarire che – obbedendo a questa Ue – non si va da nessuna parte.Poi in Sicilia è in arrivo un forum sui migranti, per ribadire che il Mediterraneo e l’Africa si possono (e si devono) abbracciare, con una visione strategica di partnership, nel segno del rispetto per la sovranità del terzo mondo. Una battaglia costata la vita a Thomas Sankara, cui il Movimento Roosevelt dedicherà un convegno a Milano, il 3 maggio. L’evento milanese vuol recuperare la memoria di Sankara ma anche di Carlo Rosselli, alfiere italiano del socialismo liberale «assassinato dai fascisti ma detestato anche dai comunisti». Due icone, per il fronte progressista universale che si richiama ai diritti dell’uomo, esattamente come lo svedese Olof Palme, altro massone progressista, ucciso a Stoccolma dai sicari dell’oligarchia euro-atlantica che progettava questa globalizzazione e questa Unione Europea. Globalizzazione che poi ha realizzato, sottolinea Magaldi, con il pieno contributo di supermassoni neo-aristocratici mediorientali, asiatici, cinesi e russi.Ecco perché è così difficile, oggi, “nazionalizzare” una geopolitica ormai interamente “privatizzata” da opachi comitati d’affari, che – all’occorrenza – si dedicano anche al terrorismo, alle “rivoluzioni colorate”, ai maxi-attentati come quello dell’11 Settembre per poi incassare i dividendi della “guerra infinita” (Iraq e Afghanistan, Libia e Siria), fino all’estrema propaggine dell’orrore, incarnata dall’Isis del supermassone Al-Baghdadi. Ci stanno sanguinosamente prendendo in giro? Esatto, ribadisce Magaldi. E la via d’uscita, insiste, è una sola: si chiama democrazia. Un’Ue non-democratica non può continuare a tiranneggiare il governo italiano, che sarà pieno di difetti ma è stato votato dai cittadini. E se Lega e 5 Stelle fingono di dormire, Magaldi scommette sul cantiere del “Partito che serve all’Italia”: un modo per dire che, prima o poi, il velo dovrà cadere. Obiettivo: smascherare il vero avversario e consentire allo Stato di tornare a spendere per i cittadini, mettendo fine allo scandalo silenzioso dell’avanzo primario, con gli italiani che – da troppi anni – versano allo Stato più denaro, sotto forma di tasse, di quanto il governo non ne spenda per loro.Viviamo strani giorni, cantava Battiato. Prendi l’Italia: in soli cinque anni ha voltato le spalle al conducator Renzi, trionfatore alle europee con il 40%, per dare una chance all’alieno governo gialloverde. Ma non doveva regnare in eterno, il Fanfarone di Rignano? Com’è possibile che si sia letteralmente estinto, consegnando il paese (provvisoriamente) agli apprendisti stregoni grillini e ai vetero-leghisti già forcaioli, abilmente riciclati da Salvini? Esecutivo bifronte, in tutti i sensi: diviso ormai sul 90% del programma, e incagliato su troppi nodi difficili da sbrogliare. Tanto peggio per i 5 Stelle, i più esposti al vento contrario: facile alzare la voce coi migranti, grazie a una politica low-cost, tutta immagine e quasi senza stanziamenti. Più complicato esaudire il sogno costoso del reddito di cittadinanza sbandierato da Di Maio. Tutti colpevoli, in ogni caso. Il loro peccato? Uno: non aver osato assolvere al compito ricevuto dagli elettori, e cioè riscattare l’Italia liberandola dalla tagliola di un’Ue finita in mano a un potentissimo clan di oligopolisti prezzolati. Lo afferma Gioele Magaldi, il primo a cantare fuori dal coro neo-sovranista di fronte al cedimento del governo Conte sul deficit 2019. Il presidente del Movimento Roosevelt è stato anche il primo (oltre che l’unico) a smascherare il teatrino dell’austerity: dietro il rigore – ha spiegato nel saggio “Massoni” – c’è essenzialmente un club di supermassoni reazionari. Ecco perché, anziché sparare a casaccio contro “l’Europa”, sarebbe più utile fare nomi e cognomi.
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Odiare lo straniero? Vecchi errori: Hitler lavora per l’élite
La globalizzazione ha travolto l’equilibrio del mondo. E non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello politico e morale. Lo sviluppo della scienza e della tecnica ha portato a così profondi mutamenti che, nel giro di pochi anni, le abitudini di vita e i rapporti fra le persone sono profondamente cambiati. Mestieri che da secoli venivano tramandati di padre in figlio sono spariti. I grandi centri commerciali fagocitano i negozi, scalzano i bottegai, e le grandi industrie scalzano i piccoli imprenditori, ridotti ormai quasi alla miseria dalle nuove macchine robotiche. Anche per i contadini questo sviluppo si è rivelato un boomerang: infatti questa agricoltura fortemente specializzata, e spesso addirittura in regime di monocultura, è totalmente dipendente dal fabbisogno dei pesticidi. Sì, proprio perché è cresciuta e si è modernizzata, ha portato alla perdita di posti di lavoro, mentre i guadagni sono quasi inesistenti. Per non parlare poi, ovviamente, dei danni che questo tipo di coltivazione produce all’ambiente. La verità è che questo modello economico, questo neoliberismo selvaggio, ha trasformato ogni manifestazione vitale in una sorta di parodia dell’incubo contabile. Con lavoratori che, ridotti a merci in concorrenza fra loro, sono costretti ad accettare spesso dei lavori disumanizzanti.Se si continua su questa strada, il tramonto dell’Occidente appare imminente. E non solo a causa della degenerazione interna: basta vedere in quali difficoltà si trovano oggi i nostri giovani. E come non vederlo, ad esempio, nel crollo demografico o nella degenerazione della nostra identità, della nostra civiltà europea, generata proprio da questa globalizzazione irresponsabile e predatoria. E non ci si accusi di catastrofismo, perché basta vedere e leggere cosa dicono e scrivono filosofi, sociologi, storici, medici, letterati e artisti. Ormai questo grido di dolore sale da ogni parte. Il denaro è divenuto il segno principale che classifica e distingue gli uomini. Il desiderio di arricchirsi ad ogni costo, la passione per gli affari, la verità del guadagno, la ricerca del benessere ad ogni costo paiono oggi, purtroppo, le passioni più comuni. Davanti a tanta alienazione, molti cercano rifugio nella natura, che vive spontanea e in qualche modo è in grado di farci ritrovare la strada, di farci riscoprire i veri valori. È in grado probabilmente di strapparci a questa follia, da cui siamo stati travolti. Una follia che corrompe e annienta.Perché la realtà è che questa grande trasformazione, questa globalizzazione, ha trovato le classi dirigenti assolutamente impreparate a fronteggiare le immense ineguaglianze che il nuovo modello economico sta causando nella popolazione. Con la conseguenza che la maggior parte delle misure prese in materia economica o finanziaria si sono rivelate delle vere e proprie catastrofi. Ad esempio, alla finanza – in mano a un gruppo di avidi, cinici e irresponsabili cosiddetti uomini d’affari – è stato permesso di lasciare sul lastrico migliaia di persone o di appropriarsi dei loro beni, lasciandole nella disperazione più totale o, molto più tragicamente, con la sola libertà di potersi suicidare. E tutto questo, guardate, è avvenuto con la complicità di un diritto astratto, freddo, distante dall’uomo e dalla società, dai problemi della società – in cui le norme, senza tenere in alcuna considerazione l’uomo, paiono piegate più alla volontà di pochi, e alla volontà di profitto di quei pochi. E se il diritto interno, nazionale, presenta evidenti criticità, il diritto internazionale, se vogliamo, è anche peggio: perché non è riuscito a limitare la violenza e l’avidità delle grandi potenze (che lo, lo vediamo, armate fino ai denti e sempre più impegnate a sviluppare armi micidiali e distruttive, si lanciano in guerra illegittime e si sfidano continuamente in azione di forza, in provocazioni).Questa è la situazione. E allora non ci si meravigli se, sopraffatto da queste forze, l’individuo, sentendosi impotente, reagisce. E reagisce in vari modi: molti purtroppo si suicidano, altri si lanciano in comportamenti eccentrici e stravaganti. Altri ancora rifiutano la globalizzazione, rifugiandosi in atteggiamenti nazional-patriottici, e altri ancora scelgono la via della violenza e del terrore. Infatti, uno dei tratti caratteristici di questa epoca è la paura dei terroristi: implacabili nemici della civiltà occidentale, già pronti e in agguato sul nostro territorio. Nessuno sa in realtà quanti terroristi siano attivi e quanto diffuse siano le loro reti. L’unica certezza è che purtroppo torneranno a colpire a loro discrezione, e la polizia pare non possa fare molto, per fermarli. Una situazione disastrosa, dunque, la nostra. Perché questa globalizzazione irresponsabile e predatoria ha fatto sì che i paesi deboli diventassero sempre più deboli e quelli più forti si rafforzassero ulteriormente. E guardate, non poteva essere altrimenti: perché alcune nazioni continuano ad appropriarsi delle risorse dei paesi del terzo mondo, e lo fanno nei modi più disparati, ad esempio avvalendosi di compagnie private, che predispongono in questi paesi contratti profondamente ingiusti, e si avvalgono dei mercenari (pardon, “sicurezza privata”), per garantire l’efficienza del mercato.Davanti a questo disastro, dunque, come sorprendersi se alcune nazioni, non trovando alcuna solidarietà da parte degli altri Stati, decidono di risolvere in proprio i problemi interni? E come? Ora inserendo i dazi, o chiudendo le frontiere. E non si parli di disumanità, per questo: sono le disastrose condizioni economiche a non permettere l’accoglienza. Sono i numeri, che non consentono l’accoglienza. Come poter integrare milioni di persone pronte ad arrivare nel nostro territorio? E poi, diciamocelo chiaramente: come poter integrare persone così differenti, per cultura e religione? Davanti a tante ingiustizie, davanti a tanta incertezza, la reazione era inevitabile. E l’Europa oggi si trova divisa in due schieramenti, tra loro opposti: l’alleanza dei popoli sfida apertamente quella dell’elite – quella élite “colta e preparata” sì, così preparata che non è stata in grado di porre un freno a questo disastro. E allora, forse, meglio il popolo: genuino, onesto, che conserva ancora quell’umanità che la finanza tanto irride e sfrutta. Meglio la nazione, quella per cui i nostri nonni sono morti. La nazione tradita e venduta da politici corrotti, da organismi sovranazionali ciechi, cinici e spietati. È finito il tempo dei mezzi termini, delle restrizioni mentali, di tutto ciò che è servilismo, di tutto ciò che è equivoco. Anche l’Italia deve pensare al proprio interesse, perché questo non è solo un diritto. È molto di più, è un dovere: il dovere di difendere la patria. Difenderla dai tecnici, e da tutti coloro che l’hanno trascinata in questo disastro.Bene. Tutto quello che vi ho detto sino ad ora riguarda l’oggi? Ho parlato della situazione odierna? No. Tutto quello che ho narrato sinora è avvenuto (e soprattutto, è stato detto) tra la fine del 1800 e la prima metà del 1900. Sorprendente, vero? Eppure, la globalizzazione – che alla fine dell’800 aveva travolto tutti i paesi europei – presenta profonde analogie con la situazione odierna. Infatti il balzo in avanti compiuto dalla globalizzazione del pianeta negli anni che precedettero il 1914 è paragonabile soltanto ai nuovi scenari mondiali che si sono aperti con la fine della guerra fredda. Perché dunque ho fatto questo video-intervento? Perché la storia insegna. E se la si conosce veramente, non a livello solo nozionistico, insegna a non ripetere gli stessi errori del passato, e soprattutto ci avverte dei pericoli. Nel secolo scorso, la politica interna e internazionale attuata dagli Stati per reagire alla globalizzazione a fine Ottocento, e quella straordinaria adesione popolare alla irresponsabile propaganda portata avanti da molti Stati, ha usato le stesse identiche parole. Quel tipo di politica attuata dagli Stati, e quel tipo di feroce propaganda, ci hanno portato due guerre mondiali.E allora, davanti a tutto ciò, davanti a questa consapevolezza, una domanda sorge spontanea: ma è mai possibile che noi si debba sempre commettere gli stessi errori? È mai possibile che si cada sempre nelle stesse identiche manipolazioni di una propaganda feroce e irresponsabile? Ma ancora di più: è possibile che gli errori commessi dai nostri nonni, e soprattutto il prezzo pagato in termini di dolore, di sangue, non ci abbiano insegnato nulla No, non è servito proprio a nulla. Non è servito, ad esempio, a non farci più ingannare da chi ha bisogno di nemici, dentro e fuori il paese, per accollare loro la responsabilità della propria incompetenza. Da chi evoca invasioni inesistenti e attacca i deboli perché è troppo debole per attaccare i forti. Da chi, come in passato, deve fare leva sulla propria frustrazione, sul risentimento della popolazione, per ottenere il consenso. È possibile che tutto quello che è accaduto non sia servito a comprendere tutto questo? Possibile che non sia servito a farci capire i meccanismi che usa la propaganda? E’ una propaganda feroce, che è sempre portata avanti da persone irresponsabili. E sempre nei periodi di caos, di confusione, di grande crisi. Le crisi economiche sono terreno estremamente fertile per questo tipo di propaganda. Perché è efficace. Perché quando gli individui tendono a perdere i loro punti di riferimento, una delle risposte più frequenti consiste nel ripiegarsi su quella che credono essere una identità comune, così da far fronte a una situazione che li disorienta.Guardate, è un meccanismo psicologico comune a tutti noi (e sfruttato infinite volte, nel passato). Questa pressione identitaria può diventare tanto più potente quando coloro che la incoraggiano, coloro che la usano per ottenere il potere, dispongono effettivamente di strumenti di potere. Perché a quel punto diviene azione politica da imporre alla società, alla società civile. Ma si tratta, ripeto – e su questo voglio essere molto chiara – di azioni irresponsabili, di persone irresponsabili che si servono del potere emozionale della identità per suscitare l’adesione del popolo. E dunque, conservare il potere (prima conquistarlo, e poi conservarlo). E’ una carta per manipolare le emozioni. E la usano indipendentemente dal fatto che si chiami nazionalismo, razzismo o appartenenza etnica. Queste persone ci sono sempre state – e sempre ci saranno: in ogni Stato e in ogni tempo. Ciò che però noi possiamo fare è impedire a questi irresponsabili – ripeto, sempre presenti in ogni Stato – di trascinarci in una marcia della follia. Basta, quindi, cadere sempre negli stessi inganni. Basta, commettere sempre gli stessi errori.Vi ho mostrato chiaramente come sia facile manipolare le emozioni, come sia facile alimentare la parte peggiore di noi con argomenti credibili ma non veri. E, sempre nella prima parte del mio intervento, vi ho mostrato come chi usa questo tipo di propaganda utilizzi sempre gli stessi meccanismi. È sempre dal caos, dei grandi periodi di crisi, che i manipolatori traggono la loro legittimità diventando i protettori del “noi”. Lo vediamo: noi italiani, noi francesi, noi ungheresi. Tutti fanno leva sulle stesse corde psico-affettive, che sono paura, risentimento e frustrazione. Sempre. Quando, poco fa, vi ho parlato degli immigrati, ho usato le stesse identiche argomentazioni che venivano usate contro gli ebrei – le stesse identiche: per rendervene conto, basta leggere il libro “Le origini culturali del Terzo Reich”. Ho ripetuto gli stessi slogan e, in alcuni punti, addirittura le stesse parole usate da Mussolini. È così che funziona la propaganda: ci illude e ci manipola fino alla fine, fino alle estreme conseguenze. Ora però sta a noi, conosciuti i meccanismi di condizionamento, evitare di venire ancora una volta trascinati nel sospetto, nell’odio, nella violenza. Perché, ricordiamocelo sempre, esiste sempre una soglia: superata la quale, va preso atto che è il nostro stesso agire, e non solo quello altrui, che ci minaccia.(Solange Manfredi, “Gli stessi errori”, video-editoriale pubblicato sul blog “Petali di Loto” il 3 febbraio 2019. Bibliografia: “Discorsi di Benito Mussolini dal 1914 al 1945” edizione Kindle; Wilhelm Reich, “Psicologia di massa del fascismo”, Kkien Pub. Int.; George Mosse, “Le origini culturali del Terzo Reich”, Il Saggiatore; Margaret MacMillan, “1914: come la luce si spense sul mondo di ieri”, Rizzoli; Emile Durkheim, “Il suicidio. Studio di sociologia”, Rizzoli; Simona Colarizi, “Novecento d’Europa: l’illusione, l’odio, la speranza, l’incertezza”, Laterza; Jacques Semelin, “Purificare e distruggere. Usi politici dei massacri e dei genocidi”, Einaudi).La globalizzazione ha travolto l’equilibrio del mondo. E non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello politico e morale. Lo sviluppo della scienza e della tecnica ha portato a così profondi mutamenti che, nel giro di pochi anni, le abitudini di vita e i rapporti fra le persone sono profondamente cambiati. Mestieri che da secoli venivano tramandati di padre in figlio sono spariti. I grandi centri commerciali fagocitano i negozi, scalzano i bottegai, e le grandi industrie scalzano i piccoli imprenditori, ridotti ormai quasi alla miseria dalle nuove macchine robotiche. Anche per i contadini questo sviluppo si è rivelato un boomerang: infatti questa agricoltura fortemente specializzata, e spesso addirittura in regime di monocultura, è totalmente dipendente dal fabbisogno dei pesticidi. Sì, proprio perché è cresciuta e si è modernizzata, ha portato alla perdita di posti di lavoro, mentre i guadagni sono quasi inesistenti. Per non parlare poi, ovviamente, dei danni che questo tipo di coltivazione produce all’ambiente. La verità è che questo modello economico, questo neoliberismo selvaggio, ha trasformato ogni manifestazione vitale in una sorta di parodia dell’incubo contabile. Con lavoratori che, ridotti a merci in concorrenza fra loro, sono costretti ad accettare spesso dei lavori disumanizzanti.
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Poteri oscuri, anche Salvini obbedisce al Tav Torino-Lione
Non basterebbe neppure Dan Brown. Ci vorrebbe almeno Tolkien, per svelare – attraverso una fiaba – il mistero del Tav Torino-Lione, cioè il sortilegio nero che vuole che si spendano 20-30 miliardi per costruire quella linea ferroviaria “maledetta”. Si tratta dell’inutile e faraonico doppione della ferrovia che esiste già, e che da 150 anni collega Torino a Lione attraverso la valle di Susa e il Traforo del Fréjus, riammodernato qualche anno fa (costo, 400 milioni di euro) per consentire il transito dei treni con a bordo i Tir e anche i grandi container “navali”, della massima pezzatura. L’unico problema è che non ci sono più merci da trasportare: l’asse strategico del terzo millennio è quello che unisce Genova e Rotterdam, mentre la direttrice Torino-Lione è ormai un binario morto, dal destino segnato. Secondo la Svizzera, incaricata dall’Ue di monitorare il traffico alpino, l’attuale Torino-Modane, semideserta, potrebbe incrementare addirittura del 900% il suo volume di trasporti. E allora che bisogno c’è di scavare – da zero – un nuovo traforo, lungo 57 chilometri, di cui non esiste ancora neppure un metro?L’unico mini-tunnel realizzato, quello di Chiomonte, è solo una galleria esplorativa accessoria, geognostica: non potrebbe mai passarci nessun treno, anche se Matteo Salvini arriva a sostenere – davanti alle telecamere, proprio a Chiomonte – che costerebbe meno “finire il lavoro” piuttosto che “tappare il buco”. Dichiarazione ingannevole: Salvini sa benissimo che il “lavoro” per il tunnel destinato al treno non è mai neppure cominciato. Pur di premere sui 5 Stelle, il leader leghista – come già Renzi – arriva a ipotizzare un progetto “low cost”, parlando di appena 4 miliardi (cioè il costo della parte italiana dell’ipotetico futuro traforo, non quello della linea ferroviaria fino a Torino). Di più: il ministro dell’interno aggiunge che, “risparmiando” (ad esempio, rinunciando alla surreale “stazione internazionale” di Susa), si potrebbero costruire finalmente anche opere utili, come la metropolitana di Torino. Su questo ha ragione: il capoluogo piemontese, a lungo amministrato dalla dinastia Castellani-Chiamparino-Fassino, dispone solo di un’unica, patetica linea.Torino, la metropoli più inquinata della penisola, è anche la grande città italiana peggio servita dai mezzi pubblici veloci: è l’unica a non disporre di una vera rete metropolitana. In compenso, i suoi ex sindaci sono tra i più fanatici sostenitori dell’inutile Tav Torino-Lione. Chiamparino, in particolare, è il capo degli hooligan pro-Tav. Un caso esemplare di mistero italico: dopo aver fatto il sindaco è passato senza colpo ferire alla guida di una potentissima centrale finanziaria come la Compagnia di San Paolo, per poi tornare tranquillamente alla politica. L’uomo di fiducia dei grandi banchieri è oggi presidente della Regione Piemonte, poltronissima da cui martella il governo gialloverde per ottenere a tutti i costi la grande opera “maledetta”. Ci sta riuscendo? Stando a Salvini, parrebbe di sì. Sulla maxi-torta dell’appalto alpino, il capo della Lega è perfettamente allineato al fantasma del Pd.A questo punto, la ragione vacilla. Per chi ha seguito i vent’anni di protesta popolare in opposizione alla Torino-Lione, i conti non tornano. Il movimento NoTav – ormai appoggiato da vasti strati dell’opinione pubblica nazionale – è stato il primo vero esempio, in Italia e non solo, di denuncia politica “glocal”. Dal particulare all’universale, dicevano gli umanisti rinascimentali. Agire localmente e pensare globalmente, ripetevano negli anni ‘80 i primi Verdi ispirati da Alex Langer. I valsusini – popolo sulle barricate, che nel 2005 riuscì a fermare il progetto con una spettacolare protesta nonviolenta guidata dai sindaci in fascia tricolore – per molti aspetti hanno come anticipato gli americani di Occupy Wall Street, adottando un metodo di lotta, dal sit-in fino al blocco stradale, che oggi i Gilet Gialli si limitano a replicare. L’intuizione: se il potere “bara” a casa nostra, sulla base di dati falsificati, è lecito sospettare che “imbrogli” ovunque. E’ lecito supporre che si limiti a eseguire gli ordini di un’oligarchia del denaro mossa da interessi inconfessabili.Sta barando da vent’anni, il potere che insiste – come un disco rotto – nel voler imporre quella super-linea inutile in valle di Susa, facendola pagare carissima all’Italia? Vedete voi, ma sappiate che la Torino-Lione non serve: lo dicono tutti i maggiori esperti di trasporti, tra cui il professor Marco Ponti del Politecnico di Milano, ora collocato dal ministro Toninelli nella scomodissima posizione di presidente della commissione incaricata di formulare un giudizio decisivo sul rapporto costi-benefici della grande opera. La Torino-Lione non serve: lo ribadirono ben 360 professori e tecnici dell’università italiana, in accorati e inutili appelli rivolti al Quirinale e a Palazzo Chigi. Costi immensi, e nessun risultato: perché le merci devono comunque viaggiare a bassa velocità, per motivi di sicurezza. Quanto alla Francia, spesso usata in Italia come alibi “europeo” per costruire a tutti i costi l’infrastruttura, ha deciso ufficialmente che di Torino-Lione, a Parigi, si riparlerà eventualmente solo dopo il 2030.Il progetto Torino-Lione è un relitto ormai obsoleto degli anni ‘80: era nato come sogno di collegamento veloce per passeggeri, ed è stato archiviato dall’avvento dei voli low-cost. Al che, è stato trasformato in Tac, treno ad alta capacità per le merci, fingendo di non sapere che i convogli commerciali devono viaggiare lentamente, e che la chiave del trasporto merci non è la velocità, ma la puntualità della logistica: il sistema più efficiente al mondo è quello degli Usa, fatto da treni che viaggiano a 60 miglia utilizzando tunnel dell’800 che valicano le Montagne Rocciose. I costi territoriali della Torino-Lione sarebbero folli: le montagne della valle di Susa sono piene di amianto e tuttora traforate dalle gallerie scavate dall’Agip negli anni ‘70, ai tempi del nucleare italiano, perché il Massiccio dell’Ambin è un immenso giacimento di uranio. Senza contare la devastazione ambientale e urbanistica (vent’anni di cantieri), l’incognita maggiore è quella idrogeologica: quei monti fra Italia e Francia, dicono i geologi, ospitano un enorme bacino sommerso. Bucarlo potrebbe comportare conseguenze impensabili, con ripercussioni sui fiumi fino alla Valle d’Aosta.Il compianto Luca Rastello, giornalista di “Repubblica”, in un saggio sul tema spiega che poi, una volta alle porte di Torino, la nuova linea potrebbe congiungersi alla Torino-Milano solo sbancando interi quartieri o procedendo per via sotterranea, e quindi perforando la falda idropotabile che alimenta l’area metropolitana torinese. Non se ne rendono conto, gli abitanti di Torino, perché nessun politico – prima di Chiara Appendino – si è mai premurato di spiegarlo chiaramente. Né si interrogano, i torinesi, sul motivo di tanta ostinazione, da parte dei valsusini, nell’opporsi al progetto. Non sospettano, i torinesi, che la criminalizzazione a reti unificate del movimento NoTav è servita a nascondere due verità imbarazzanti. La prima: in vent’anni, la politica non ha mai voluto o saputo dimostrare l’utilità della grande opera, neppure a fronte di una protesta così rumorosa. La seconda: il progetto Torino-Lione è nato sotto una cattiva stella, la peggiore di tutte: la strategia della tensione.Negli anni ‘90, appena si cominciò a insistere sull’opera come “inevitabile” prospettiva strategica, la valle di Susa fu terrorizzata da 12 attentati dinamitardi. Alcuni furono rivendicati in modo delirante: volantini firmati “Valsusa Libera” e “Lupi Grigi” contenevano farneticazioni “guerriere” contro l’alta velocità. I giornali, all’unisono, puntarono il dito contro gli “ecoterroristi” e gli “anarco-insurrezionalisti”. Poco dopo vennero arrestati tre giovani anarchici, di cui due – Edoardo Massari e Maria Soladed Rosas, “Sole e Baleno” – trovati morti (impiccati) mentre erano in stato di detenzione. Contro di loro, l’accusa aveva vantato “prove granitiche”, che poi al processo evaporarono: non erano stati loro a mettere quelle bombe. Chi, allora? Non s’è mai saputo: caso chiuso. I valsusini però non dimenticano. Sanno che quello di Bardonecchia, santuario del turismo bianco, vicino a Sestriere, è stato il primo Consiglio Comunale italiano – a nord del Po – a essere disciolto per mafia. E sanno che, sempre negli anni ‘90, la procura di Torino intercettò un traffico di armi che collegava l’armeria di Susa a una cosca calabrese, con il placet di settori del Sismi e del Sisde. Erano gli anni della “trattativa”, in cui Falcone e Borsellino saltavano per aria, in Sicilia.Si può immaginare lo stato d’animo dei valsusini, quando – dopo tutto questo – si sono visti arrivare, nel cortile di casa, anche lo spettro della maxi-opera più controversa della storia, al pari del Ponte sullo Stretto. A parlare è il buon senso della geografia: Moncenisio, Fréjus e Monginevro. Ovvero: statali, autostrada, ferrovia, trafori. Nessun’altra valle alpina è altrettanto collegata al resto d’Europa, attraverso valichi internazionali. Perché aggiungere anche l’assurda Torino-Lione? Quale mistero indicibile trasforma la valle di Susa in un oscuro crocevia di mafie e affari, bombe e appalti? E soprattutto: com’è possibile che, in vent’anni, la politica non si sia mai degnata di dare una risposta chiara? E’ evidente che, se l’utilità della Torino-Lione venisse finalmente dimostrata, le bandiere della protesta finirebbero per venir ammainate. Basterebbe spiegare per quale motivo l’opera è ritenuta indispensabile. La valle di Susa lo chiede da vent’anni. E la risposta non è mai arrivata. Perché?Visto che la politica tace, tanto varrebbe chiedere lumi ai romanzieri come Dan Brown o all’autrice di Harry Potter, non essendo più possibile interpellare il Signore degli Anelli. Magia? Se una verità viene palesemente taciuta da decenni, il minimo che possa accadere è che si scatenino anche i complottismi più fantasiosi. Ha suscitato sconcerto, nel 2016, l’inaugurazione teatrale del traforo del Gottardo, con l’inquietante coreografia dedicata a un Dio Caprone. Fausto Carotenuto, già analista strategico dell’intelligence ora passato al network “Coscienze in Rete”, sostiene che la Torino-Lione sarebbe una sorta di “attentato energetico” per violare la Linea di Michele, notissima ley-line che unisce Israele all’Irlanda attraverso i santuari dedicati all’arcangelo Michele, con epicentro proprio la Sacra di San Michele in valle di Susa. Paolo Rumor, nipote del più volte premier Mariano Rumor, nel libro “L’altra Europa” racconta una storia sconvolgente, rivelata a suo padre dall’europeista francese Maurice Schuman: il medesimo potere, di natura dinastica (denominato “La Struttura”) governerebbe il pianeta da 12.000 anni, e la stessa Unione Europea sarebbe opera sua.Non potendo interpellare Tolkien o scomodare la Rowling, non resta che tralasciare le suggestioni e attenersi ai fatti: sarebbe capace, Matteo Salvini, di spiegare il motivo per cui l’Italia, insieme alla Francia, dovrebbe scavare – da zero – un tunnel di 57 chilometri per costruire il doppione della ferrovia Torino-Lione che esiste già? Se la risposta la conosce, perché non la svela? Perché anche lui si limita, come tutti gli altri, a dire stupidaggini, sapendo che i media mainstream le ripeteranno con successo, confidando nell’ignoranza del grande pubblico? C’è davvero un grande potere-ombra che – per motivi ignoti e imperscrutabili – ha lanciato un’Opa misteriosa sulla stramaledetta Torino-Lione? Un grande affare finanziario, d’accordo, ma per pochi intimi (pochissimi i lavoratori coinvolti). E, secondo il giallista Massimo Carlotto, anche una virtuale “lavanderia” di denaro: un magistrato come Ferdinando Imposimato ha dimostrato che vasti tratti della rete Tav italiana sono stati costruiti proprio da aziende mafiose.Poi ci sarebbe il triste indotto politico della filiera, affidato ai soliti yesman che in realtà lavorano da sempre per le consorterie affaristiche che hanno costruito le loro carriere istituzionali. Ma non può essere tutto qui, il problema. Cos’altro può muovere i fili di una follia pubblica così estrema, e così potente da piegare persino i bulletti del “governo del cambiamento”? Lo spettacolo non è edificante: Salvini con l’elmetto a Chiomonte, ormai arruolato alla causa, mentre Di Maio e Toninelli non osano neppure lontanamente minacciare le dimissioni, nel caso dovessero perdere il braccio di ferro (e quindi la faccia). Li si può capire: dal canto suo, il primo ministro Conte cazzeggia beatamente al bar con Angela Merkel, l’amicona di Macron e dell’Italia, ridacchiando alle spalle di quei fessi dei 5 Stelle (e degli italiani che li hanno votati). Nel frattempo, l’inesorabile ecomostro finanziario e ferroviario avanza, passo dopo passo. E l’umorista Salvini pensa di cavarsela con le battute sui mitici “risparmi”: come se davvero si trattasse di tre o quattro miliardi, e non invece di un grottesco attentato alla sovranità democratica del paese, evidentemente organizzato – con tenacia impressionante – da poteri che possono mettersi in tasca qualsiasi politico, anche se indossa la maschera di cartone del sovranismo.(Giorgio Cattaneo, “Quale oscuro potere ha piegato anche l’ex sovranista Salvini alla teologia dell’inutile Tav Torino-Lione?”, dal blog del Movimento Roosevelt del 2 febbraio 2019).Non basterebbe neppure Dan Brown. Ci vorrebbe almeno Tolkien, per svelare – attraverso una fiaba – il mistero del Tav Torino-Lione, cioè il sortilegio nero che vuole che si spendano 20-30 miliardi per costruire quella linea ferroviaria “maledetta”. Si tratta dell’inutile e faraonico doppione della ferrovia che esiste già, e che da 150 anni collega Torino a Lione attraverso la valle di Susa e il Traforo del Fréjus, riammodernato qualche anno fa (costo, 400 milioni di euro) per consentire il transito dei treni con a bordo i Tir e anche i grandi container “navali”, della massima pezzatura. L’unico problema è che non ci sono più merci da trasportare: l’asse strategico del terzo millennio è quello che unisce Genova e Rotterdam, mentre la direttrice Torino-Lione è ormai un binario morto, dal destino segnato. Secondo la Svizzera, incaricata dall’Ue di monitorare il traffico alpino, l’attuale Torino-Modane, semideserta, potrebbe incrementare addirittura del 900% il suo volume di trasporti. E allora che bisogno c’è di scavare – da zero – un nuovo traforo, lungo 57 chilometri, di cui non esiste ancora neppure un metro?
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Savi di Sion e Terra Piatta: se il “fake” aiuta i negazionisti
“YouTube contro le teorie stravaganti”, titola “Repubblica”: “La Terra non sarà più piatta”. La video-piattaforma web annuncia che implementerà i filtri, a partire dagli Stati Uniti, per evitare suggerimenti di video «che reclamizzano cure miracolose o asseriscono notizie palesemente false su eventi storici, come l’11 Settembre». Tombola, commenta Massimo Mazzucco: visto a cosa “serve”, un’idiozia come la teoria della Terra Piatta? E’ perfetta, per fare di tutta l’erba un fascio: la barzelletta della Terra Piatta, stranamente strombazzatissima (e mai stroncata con decisione dai solerti “debunker”, normalmente prontissimi a demolire i “complottisti”) ora viene utilizzata per liquidare anche una storia, purtroppo serissima, come quella dell’11 Settembre, cui Mazzucco – regista e video-reporter – ha dedicato anni di studio, realizzando documentari come “Inganno globale” e “La nuova Pearl Harbor”, che smontano da cima a fondo la versione ufficiale, secondo cui le Twin Towers sarebbero crollate esclusivamente per via dell’impatto degli aerei. Manipolazioni infinite e verità a doppio fondo, come la madre di tutte le “fake news” – i Protocolli dei Savi di Sion – nel quale è appena “inciampato” Elio Lannutti, ora senatore 5 Stelle, sommerso dalle polemiche per aver preso per buona quella vecchissima teoria del complotto sionista. Però attenzione, avverte Mazzucco: i Protocolli sono un falso storico, ma il loro contenuto?Siamo così sicuri che sia peregrina, l’idea del “golpe” pianificato dai grandi banchieri per dominare il mondo? Mazzucco lo chiama “il falso del falso”. E spiega: a volte, se un gruppo di potere sa di essere al centro di pesanti sospetti, fa produrre del gossip contro se stesso. Estrema sottigliezza: fabbrichi un documento palesemente farlocco, sapendo già che la frode verrà scoperta. Risultato: liquidato come “fake” il documento, verrà archiviato come “fake” anche il suo contenuto di denuncia. Com’è noto, i Protocolli – presentati come antichi e profetici – vennero invece redatti solo all’inizio del ‘900 dall’Ochrana, la polizia segreta zarista, per poi essere “smascherati” già nel 1921 come un falso, costruito a tavolino. Da quel momento, “bruciati” i Protocolli di Sion, fu ridotto a puro “complottismo” qualsiasi retroscena inerente la scalata al potere da parte della finanza ebraica internazionale, incarnata ad esempio dalla dinastia Rothschild. Siamo certi – si domanda Mazzucco – che dietro a quella cartaccia ci fossero solo gli 007 dello zar, e non anche qualche acutissimo stratega del futuro Nuovo Ordine Mondiale in salsa sionista?Non sarebbe l’unico caso di “falso del falso”, apparente autogoal costruito per silenziare le polemiche, giocando d’anticipo. Un altro esempio perfetto, aggiunge Mazzucco, è quello della celebre “autopsia dell’alieno”, presentata come autentica in un video che fece epoca. «Chi girò quel filmato non poteva non sapere che sarebbe stato smascherato, col risultato di far declassare come “fake news” la notizia retrostante, cioè il misterioso incidente di Roswell». Per anni non si parlò d’altro, negli Usa: l’8 luglio del 1947 il “Roswell Daily Record” citò diversi testimoni che avrebbero visto un’astronave precipitare, in fiamme, nei cieli del New Mexico. L’aviazione si affrettò a mostrare al pubblico i rottami di un pallone sonda. Sì, dissero i testimoni: questo che ci mostrate è un pallone sonda, ma quello che abbiamo visto precipitare era proprio un disco volante. L’eco dell’avvistamento non si spense. Poi saltò fuori il video (troppo grossolano per essere credibile) della pretesa “autopsia dell’alieno” caduto a Roswell: il successivo smascheramento del trucco ebbe l’effetto di far dimenticare il mistero del presunto disco volante in avaria.Non manca chi fa notare che, proprio dopo i fatti di Roswell, furono depositati moltissimi brevetti arospaziali, al punto da far fare un balzo impensabile all’industria aeronautica statunitense. Siamo sempre lì? Al “falso del falso”? Dopo i Protocolli e Roswell, è la volta della Terra Piatta, utile per depennare anche l’11 Settembre? «Un grande ringraziamento – chiosa Mazzucco – a tutti quei fessacchiotti che promovono teorie stupide, perché poi vengono usate – esattamente come ripeto da mesi – per motivi molto diversi». Aggiunge Mazzucco, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”: «Ai tanti che mi chiedevano per quale motivo avessi perso tempo nel fare un video per smontare una scemenza come la teoria della Terra Piatta, ora rispondo: adesso il motivo lo sapete». Se cerchi un contenuto “eretico”, YouTube non porporrà più, in automatico, il collegamento con altri filmati “non ortodossi”, come appunto quelli sull’11 Settembre e sulle “cure miracolose”, vale a dire sulla medicina alternativa o complementare, cui moltissimi pazienti ormai si rivolgono, delusi dai fallimenti della medicina ufficiale.“YouTube contro le teorie stravaganti”, titola “Repubblica”: “La Terra non sarà più piatta”. La video-piattaforma web annuncia che implementerà i filtri, a partire dagli Stati Uniti, per evitare suggerimenti di video «che reclamizzano cure miracolose o asseriscono notizie palesemente false su eventi storici, come l’11 Settembre». Tombola, commenta Massimo Mazzucco: visto a cosa “serve”, un’idiozia come la teoria della Terra Piatta? E’ perfetta, per fare di tutta l’erba un fascio: la barzelletta della Terra Piatta, stranamente strombazzatissima (e mai stroncata con decisione dai solerti “debunker”, normalmente prontissimi a demolire i “complottisti”) ora viene utilizzata per liquidare anche una storia, purtroppo serissima, come quella dell’11 Settembre, cui Mazzucco – regista e video-reporter – ha dedicato anni di studio, realizzando documentari come “Inganno globale” e “La nuova Pearl Harbor”, che smontano da cima a fondo la versione ufficiale, secondo cui le Twin Towers sarebbero crollate esclusivamente per via dell’impatto degli aerei. Manipolazioni infinite e verità a doppio fondo, come la madre di tutte le “fake news” – i Protocolli dei Savi di Sion – nel quale è appena “inciampato” Elio Lannutti, ora senatore 5 Stelle, sommerso dalle polemiche per aver preso per buona quella vecchissima teoria del complotto sionista. Però attenzione, avverte Mazzucco: i Protocolli sono un falso storico, ma il loro contenuto?
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India, reddito universale in arrivo. L’Italia può sognarselo
In India sta partendo un esperimento di reddito universale da far impallidire il nostro misero reddito di cittadinanza: succede nello Stato himalayano del Sikkim. Si tratta della seconda più piccola entità statale della federazione indiana, al confine con la Cina. Nel Sikkim, all’avanguardia socialmente, tutti i 610.577 abitanti riceveranno un reddito-base universale, come riportato dal “Washington Post”. «Al posto di un insieme anche piuttosto confuso di contributi sociali, tutti riceveranno una somma di denaro», scrive Guido da Landriano su “Scenari Economici”. In questo, modo nessuno dovrà più preoccuparsi dei propri bisogni di base: saranno “stipendiati” tutti, indipendentemente dal reddito. Il Sikkim è un paese avanzato, per molti aspetti: «Con un tasso di alfabetizzazione del 98%, da diversi anni ha bandito completamente le borse di plastica: di recente è diventato il primo paese “biologico” al mondo, avendo messo al bando anche pesticidi e concimi chimici». Il piccolo Sikkim, aggiunge “Scenari Economici”, ha anche un tasso di povertà piuttosto basso, «soprattutto se comparato con il resto dell’India, in quanto solo l’8% della popolazione è in uno stato di indigenza, contro il 30% dell’India e il 10% dell’Italia».Il Sikkim ha un’economia basata sul un turismo di élite e sulla vendita dell’energia derivante dalle risorse idriche di cui dispone, alimentate dai ghiacciai dell’Himalaya. Lo Stato inolte garantisce la casa a tutti i cittadini, a cui ora darà anche un reddito. «La finalità della decisione è quella di accorciare il gap economico fra i cittadini, con la speranza che, almeno localmente, non segua il trend mondiale che vede i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri», spiega Guido da Landriano. “Scenari Economici” fa notare che esistono altri esperimenti in corso, nel mondo, sul reddito universale o reddito di cittadinanza: a Stockton, in California, tutti cittadini senza lavoro hanno ricevuto 630 dollari per 18 mesi. «Solo che nel Sikkim a ricevere il denaro saranno tutti i cittadini, indipendentemente dal fatto che ricevano un reddito o meno». Proprio la difficoltà nel dedurre l’identità degli aventi diritto ha invece paralizzato il governo italiano, a cui l’Unione Europea ha peraltro accorciato ulteriormente la “coperta” disponibile per soccorrere le fasce sociali più deboli.«A questo punto, viste le affermazioni dei politici italiani – chiosa “Scenari Economici” – ci sarà da attendere un boom di vendite della catena “Divani & Divani”, perché tutti i cittadini cesseranno di lavorare». Aggiunge, Guido da Landriano: «Tutti, poveri e ricchi, smetteranno di lavorare perché avranno un reddito minimo». C’è da sperare che, su quei divani, «si trasferiscano un po’ di deputati di Forza Italia e del Pd che, purtroppo, infestano il dibattito politico italiano». Se la cosiddetta opposizione spara a man salva sui provvedimenti sociali dell’esecutivo Conte, va però ricordato che gli stessi gialloverdi – dopo aver promesso un vero reddito di cittadinanza, nel “contratto di governo” – non hanno osato resistere al diktat neoliberista dell’Ue, votato al rigore più suicida: prima hanno proposto nel Def 2019 un timidissimo deficit al 2,4% (inferiore al tetto del 3% fissato arbitrariamente da Maastricht) e poi hanno rinunciato pure a quello, ripiegando sull’umiliante 2,04%. Tradotto: l’Italia non può fare come il Sikkim. Anche perché l’India è un paese sovrano, dotato di propria moneta: non deve rispondere a nessuna Ue, né tantomeno pagare per avere il denaro che le serve.In India sta partendo un esperimento di reddito universale da far impallidire il nostro misero reddito di cittadinanza: succede nello Stato himalayano del Sikkim. Si tratta della seconda più piccola entità statale della federazione indiana, al confine con la Cina. Nel Sikkim, all’avanguardia socialmente, tutti i 610.577 abitanti riceveranno un reddito-base universale, come riportato dal “Washington Post”. «Al posto di un insieme anche piuttosto confuso di contributi sociali, tutti riceveranno una somma di denaro», scrive Guido da Landriano su “Scenari Economici”. In questo, modo nessuno dovrà più preoccuparsi dei propri bisogni di base: saranno “stipendiati” tutti, indipendentemente dal reddito. Il Sikkim è un paese avanzato, per molti aspetti: «Con un tasso di alfabetizzazione del 98%, da diversi anni ha bandito completamente le borse di plastica: di recente è diventato il primo paese “biologico” al mondo, avendo messo al bando anche pesticidi e concimi chimici». Il piccolo Sikkim, aggiunge “Scenari Economici”, ha anche un tasso di povertà piuttosto basso, «soprattutto se comparato con il resto dell’India, in quanto solo l’8% della popolazione è in uno stato di indigenza, contro il 30% dell’India e il 10% dell’Italia».
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Manson: mi condannate a morte, ma siete più morti di me
Ho passato la mia vita in carcere. Ho sempre visto la gente del mondo libero come i buoni e la gente nelle prigioni come i cattivi. Sono sempre stato in galera e sono rimasto stupido, osservando il vostro mondo crescere, senza riuscire a capirlo, senza capire le cose che voi fate. Ho fatto del mio meglio per tirare avanti nel vostro mondo. Ho fatto tutto ciò che ho potuto per andare d’accordo con voi, e non ho ordinato a nessuno di voi di fare nulla di più di quello che voleva fare. Quello che voglio è essere in pace, qualunque cosa comporti. Ma questo non me lo permettete. Perché il vostro mondo è fatto di immondizia ai lati della strada, e io sono una delle vostre immondizie. Ora volete uccidermi. Ma io sono già morto, lo sono stato per tutta la mia vita. Io vivo nel mio mondo, e sono il re del mio mondo, anche se è un immondezzaio, se è nel deserto o da qualunque altra parte. Voi potete uccidere il corpo, ma non potete uccidere l’anima. L’anima è sempre là, all’inizio e alla fine: non potete fermarla, è più grande di me. Nella mia mente io vivrò per sempre, e nella mia mente io ho sempre vissuto. Sono solo quello che avete costruito. Vi aspettate di spezzarmi? Impossibile, mi avete spezzato anni fa. Stavo seduto in cella quando il tipo mi apriva la porta e diceva: vuoi uscire? Io lo guardavo e dicevo: e tu, vuoi uscire? Tu sei in prigione, tutti voi siete in prigione. La legge che è in voi è peggiore della legge che è in me.Voi avete reso i vostri bambini quello che sono. Questi bambini che vengono da voi con i coltelli sono i vostri bambini, glielo avete insegnato voi. Dite quanto sono cattivi e assassini i vostri bambini, ma glielo avete insegnato voi. Voi avete reso i vostri bambini quello che sono. Ai bambini spiegate che cosa non devono fare nella speranza che escano e lo facciano, cosicché voi possiate giocare il vostro gioco con loro. Ai soldati insegnate ad uccidere, e loro vanno e uccidono; poi li processate e li mettete in prigione perché hanno ucciso. Se un soldato va sul campo di battaglia ci va rischiando la sua vita, ma questo gli dà il permesso di prenderne una? Non ho niente contro nessuno di voi. Non posso giudicare nessuno di voi. Ma penso che sia il momento buono perché voi tutti cominciate a guardarvi, e giudichiate le bugie nelle quali vivete. Voi non siete voi, siete solo dei riflessi; siete riflessi di tutto ciò che credete di sapere, di tutto quello che vi è stato insegnato. I vostri genitori vi hanno detto che cosa siete, vi hanno costruito prima che voi aveste sei anni, e quando eravate a scuola e vi facevate il segno della croce e giuravate fedeltà alla bandiera, loro in realtà vi intrappolavano, perché a quell’età voi non conoscevate nessuna menzogna finché quella menzogna non fu riflessa su di voi.E’ sbagliato non avere denaro, è sbagliato pagare in ritardo le rate della macchina, è sbagliato rompere la Tv, è sbagliato, è sbagliato… voi continuate, lo ammucchiate nella vostra mente, voi siete bastonati da tutto ciò e dalla vostra confusione. Ognuno di voi è solo un riflesso degli altri. Voi non mi sembrate veri. Mi sembrate il composto di ciò che qualcuno vi ha detto che siete. Voi vivete per le opinioni degli altri: non siete sicuri di come siete, e vi chiedete se sembrate a posto. Prendete un’altra alka seltzer e un’altra aspirina, e sperate di non dover pensare alla verità. Perché? Perché? Perché? I vostri perché vengono da vostra madre, vostra madre vi insegna i perché. Voi continuate a chiedere, e lei continua a dirvi i suoi perché. E vi riempite il vostro piccolo cervello di perché. Voi proiettate paura, e cercate qualcosa su cui proiettarla. Quando siete piccoli tenete la bocca chiusa, e quando qualcuno vi dice “seduto” voi vi sedete, finché non capite che lo potete colpire. E se lo capite vi alzate, lo colpite e dite a lui di sedersi. L’ira che riflettete su di me è l’ira che avete nei vostri confronti. Io sono voi. Voi siete il mio sangue. Voi siete mio fratello: è per questo che non posso combattervi.Non mi interessa come vi sembro, non mi interessa cosa pensate di me. E non mi interessa sapere cosa farete di me. Non avete alcuna idea di quello che state facendo, e voi state facendo ciò che fate solo per denaro. Non passerà molto tempo prima che vi uccidiate tutti da soli, perché siete tutti pazzi. Siete tutti assassini: uccidete cose migliori di voi. L’essere umano non esisterà ancora per molto tempo. Dio vi chiederà di prendervi le vostre responsabilità. Dovreste tutti guardarvi attorno, affrontare i vostri bambini e cominciare a seguirli e ascoltarli. Ma siete troppo sordi, muti e ciechi, per fermare ciò che state facendo. Ma va bene. Va tutto bene. Non fa davvero nessuna differenza, perché comunque stiamo andando tutti nello stesso posto. Tutto è perfetto. Voi avete portato sul banco dei testimoni il tizio che è contrario ad uccidere. E gli state chiedendo di uccidervi, di giudicarvi: perché voi tutti sapete, e io so che voi sapete, e voi sapete che io so che voi sapete. Quindi, chiudiamo il cerchio.(Charles Manson, discorso pronunciato in tribunale poco prima della condanna a morte, il 29 marzo 1971, poi commutata in ergasolo).Manson era accusato della strage di Cielo Drive, a Los Angeles, quando – il 9 agosto 1969 – in una villa furono assassinati Sharon Tate e quattro suoi amici. A carico di Manson, per la legge americana, anche il doppio omicidio di Leno LaBianca e sua moglie. Nato a Cincinnati il 12 novembre 1934, Manson è morto il 19 novembre 1917 dopo aver trascorso 46 anni dietro le sbarre. Nel blog “Petali di Loto”, Paolo Franceschetti ricorda che non gli fu permesso di pronunciare davanti alla corte, ma solo di fronte al giudice, il suo celebre discorso di commiato – l’ultimo atto del processo, prima della sentenza. Aver negato all’imputato la possibilità di rivolgersi alla corte (forse nel timore che cambiasse idea sulla sua colpevolezza), secondo l’avvocato Franceschetti costituì un’irregolarità formale, nella procedura giudiziaria. La condanna di Manson è tuttora controversa, e le prove della sua colpevolezza sono tutt’altro che granitiche.Il saggista Gianfranco Carpeoro mette in relazione Manson, allora aspirante rocker, con l’ex produttore discografico dei Beatles, il geniale Phil Spector, amico del regista Roman Polanski. Al regista, sostiene Carpeoro, Spector raccontò la storia della sua vita: i suoi genitori, satanisti, lo avevano “consacrato al diavolo”. Polanski avrebbe ripreso la vicenda nel film “Rosemary’s baby”, facendo infuriare Spector: fino al punto da spingerlo a far assassinare la moglie di Polanski, Sharon Tate? Sempre secondo Carpeoro, lo stesso Spector (ora in carcere per un altro omicidio) sarebbe legato sia all’assassinio di John Lennon che a quello di Michael Jackson. Lennon, ucciso dal giovane Mark David Chapman (che dirà che fu “il demonio” a spingerlo a sparare), si era rifiutato di cedere a Spector i diritti delle canzoni dei Beatles. Più tardi, Spector chiese di avere quei diritti da Michael Jackson, che nel frattempo li aveva acquistati. Jackson morì per l’iniezione letale praticatagli dal dottor Conrad Murray (condannato per l’omicidio). «Era stato proprio Spector – sostiene ancora Carpeoro – a fare in modo che Murray diventasse il medico di Michael Jackson».Secondo la ricostruzione di Carpeoro, è possibile che qualcun altro – non Manson – abbia commesso la strage di Cielo Drive nel ‘69. Ed è probabile che il mandante abbia chiesto a Manson e alla sua banda di inoltrarsi nella villa (lasciando impronte digitali ovunque) dopo che gli omicidi erano stati compiuti. E’ noto che Spector conosceva Manson, e che gli aveva promesso di aiutarlo a emergere, come musicista. Una volta in carcere, Manson non ha mai ammesso di aver compiuto la mattanza di Los Angeles, dando però la sensazione di non dire tutto quello che forse sapeva, al riguardo. Negli ultimi anni, dal carcere, ha chiesto di incontrare Spector – che però si è rifiutato di vederlo. Nel 2014, il legale di Spector ha annunciato che l’ex produttore musicale, ormai quasi ottantenne, ha perso definitivamente l’uso della parola.Ho passato la mia vita in carcere. Ho sempre visto la gente del mondo libero come i buoni e la gente nelle prigioni come i cattivi. Sono sempre stato in galera e sono rimasto stupido, osservando il vostro mondo crescere, senza riuscire a capirlo, senza capire le cose che voi fate. Ho fatto del mio meglio per tirare avanti nel vostro mondo. Ho fatto tutto ciò che ho potuto per andare d’accordo con voi, e non ho ordinato a nessuno di voi di fare nulla di più di quello che voleva fare. Quello che voglio è essere in pace, qualunque cosa comporti. Ma questo non me lo permettete. Perché il vostro mondo è fatto di immondizia ai lati della strada, e io sono una delle vostre immondizie. Ora volete uccidermi. Ma io sono già morto, lo sono stato per tutta la mia vita. Io vivo nel mio mondo, e sono il re del mio mondo, anche se è un immondezzaio, se è nel deserto o da qualunque altra parte. Voi potete uccidere il corpo, ma non potete uccidere l’anima. L’anima è sempre là, all’inizio e alla fine: non potete fermarla, è più grande di me. Nella mia mente io vivrò per sempre, e nella mia mente io ho sempre vissuto. Sono solo quello che avete costruito. Vi aspettate di spezzarmi? Impossibile, mi avete spezzato anni fa. Stavo seduto in cella quando il tipo mi apriva la porta e diceva: vuoi uscire? Io lo guardavo e dicevo: e tu, vuoi uscire? Tu sei in prigione, tutti voi siete in prigione. La legge che è in voi è peggiore della legge che è in me.
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La verità sul debito italiano: siamo stati “rapinati” nel 1981
Spread e debito pubblico: fanno ormai parte delle nostre vite, ne sentiamo parlare continuamente, ossessivamente, tanto da preoccuparcene più della disoccupazione giovanile a livelli inverosimili e di una mancata crescita che ormai ci sta traghettando dalla crisi alla recessione. Eppure l’opinione pubblica ha talmente interiorizzato la narrazione mercato-centrica del mainstream che non sembra credere ad altro: siamo stati spendaccioni e irresponsabili (Piigs) e dobbiamo dunque espiare le nostre colpe con una giusta dose di rigore e disciplina. Dunque l’austerity è la giusta – nonché unica – strada da percorrere, così come vuole l’approccio dogmatico del modello economico neoliberista, il tatcheriano Tina, “there is no alternative”. Abbiamo un debito pubblico intorno al 130% del Pil, secondo in Ue solo a quello della Grecia, per cui meritiamo la condizione di sorvegliati speciali di Bruxelles e di essere dunque defraudati di una nostra politica fiscale autonoma (di quella monetaria siamo già stati privati). È la strada indicata dalla “virtuosa” Germania, esempio di disciplina e rispetto delle regole per noi italiani, così dissoluti e un anche un po’ scostumati. Ma quando si è creato il fardello del debito pubblico italiano? Tutto parte nel 1981, in cui accade un evento epocale, che fa da spartiacque nella storia della sovranità economica italiana: il famoso divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro.Con un atto quasi univoco, cioè una semplice missiva all’allora governatore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi, Andreatta mette fine alla possibilità del governo di finanziare monetariamente il proprio disavanzo. Rimuovendo l’obbligo allora vigente da parte di Palazzo Koch di acquistare i titoli di Stato emessi sul mercato primario, la Banca d’Italia dismette il ruolo di prestatrice di ultima istanza. D’ora in poi, per finanziare la propria spesa pubblica, l’Italia deve attingere ai mercati finanziari privati, con la conseguente esplosione dei tassi d’interesse rispetto a quelli garantiti in precedenza. Ma non solo: viene rivisto il meccanismo di collocamento dei titoli di Stato, introducendo il cosiddetto “prezzo marginale d’asta”, che consente agli operatori finanziari di aggiudicarsi i titoli al prezzo più basso tra quelli offerti e, quindi, al tasso di interesse più alto. Ad esempio, se durante un’emissione di 50 miliardi di Btp, 40 vengono aggiudicati a un rendimento del 3%, mentre il restante al 5%, alla fine tutti i 50 miliardi saranno aggiudicati al 5%! Gli effetti sono tanto disastrosi quanto immediati: l’ammontare di debito, che nel 1981 era intorno al 58,5%, dopo soli tre anni raddoppia e nel 1994 arriva al 121% del Pil.Come riportato dallo stesso Andreatta alcuni anni dopo, questo stravolgimento strutturale era necessario per salvaguardare i rapporti tra Unione Europea e Italia, e per consentire al nostro paese di aderire allo Sme, ossia l’accordo precursore del sistema euro. Quando l’Italia fa il suo ingresso nell’euro non risponde ai parametri del debito pubblico richiesti da Maastricht, ma l’interesse politico e l’artefatto entusiasmo generale per la sua partecipazione hanno la meglio. Sarà la crisi del 2008 a far emergere tutti i limiti e la fallimentarietà di un’area valutaria non ottimale e insostenibile come l’Eurozona: l’Italia, come altri paesi, senza la possibilità di ricorrere alla svalutazione del cambio, non riesce a recuperare terreno. Il debito pubblico, che finora era rientrato in una fase discendente, passa dal 102,4% al 131,8% del 2017. Una crescita notevole, ma di gran lunga ridimensionata se paragonata all’incremento del debito pubblico di altri paesi dell’area euro, come Spagna, Portogallo e la stessa Francia.Nello stesso arco temporale, infatti, Madrid ha visto il suo debito pubblico schizzare dal 38,5% al 98,3%, il che significa un tasso incrementale di circa il 150%! La crisi non ha risparmiato neanche il vicino Portogallo, che è arrivato lo scorso anno a un livello del debito molto vicino al nostro (125,7%), partendo da un “contenuto” 71,7% del 2008. Eppure i due paesi iberici hanno sforato ripetute volte il famigerato vincolo del 3% – parametro tanto assiomatico quanto infondato – permettendo così all’economia di tornare a crescere, a differenza di quella italiana che si è incamminata nel percorso distruttivo dell’austerity. Situazione analoga per la Francia, con un valore del debito pubblico allo scoppiare della crisi inferiore del 70% e che oggi si aggira intorno al 100%, ma senza che ciò le abbia impedito di aumentare la spesa pubblica e il deficit di bilancio, assicurando in questo modo la crescita del Pil.Dunque, sintetizzando, il nostro famigerato debito pubblico è sì più elevato, ma è partito da una situazione di evidente svantaggio, ed è cresciuto in termini percentuali del tutto in linea con l’andamento degli altri paesi dell’euro a seguito della crisi; anzi, anche meno di altri, come abbiamo visto, e aggravato dalle politiche di austerity, i cui effetti deprimenti sull’economia sono conclamati. Rimane il problema dei tassi d’interesse (da cui il famigerato spread), da noi più elevati che altrove, proprio a causa delle modalità dei meccanismi di collocamento dei titoli di Stato introdotte a seguito dell’epocale divorzio tra i due istituti finanziari italiani. È stato stimato che in trent’anni abbiamo pagato la colossale cifra di 3mila miliardi di interessi sul debito pubblico! In queste circostanze a nulla valgono gli sforzi fiscali dell’Italia, che registra da quasi trent’anni avanzo primario, ossia quella situazione, del tutto antisociale, per cui lo Stato incassa più di quanto spende, esclusi gli interessi sul debito pubblico. Per onorare il costo del debito, ossia quell’assurda creazione del denaro dal denaro, vengono sottratte risorse finanziarie per servizi pubblici e sostegno alla popolazione in difficoltà. Dunque, una redistribuzione al contrario, dai cittadini ai mercati finanziari. Il tempo delle riforme è ormai improcrastinabile.(Ilaria Bifarini, “Tutta la verità sul debito pubblico, contro le menzogne di Bruxelles”, da “Il Primato Nazionale” del 10 gennaio 2019).Spread e debito pubblico: fanno ormai parte delle nostre vite, ne sentiamo parlare continuamente, ossessivamente, tanto da preoccuparcene più della disoccupazione giovanile a livelli inverosimili e di una mancata crescita che ormai ci sta traghettando dalla crisi alla recessione. Eppure l’opinione pubblica ha talmente interiorizzato la narrazione mercato-centrica del mainstream che non sembra credere ad altro: siamo stati spendaccioni e irresponsabili (Piigs) e dobbiamo dunque espiare le nostre colpe con una giusta dose di rigore e disciplina. Dunque l’austerity è la giusta – nonché unica – strada da percorrere, così come vuole l’approccio dogmatico del modello economico neoliberista, il tatcheriano Tina, “there is no alternative”. Abbiamo un debito pubblico intorno al 130% del Pil, secondo in Ue solo a quello della Grecia, per cui meritiamo la condizione di sorvegliati speciali di Bruxelles e di essere dunque defraudati di una nostra politica fiscale autonoma (di quella monetaria siamo già stati privati). È la strada indicata dalla “virtuosa” Germania, esempio di disciplina e rispetto delle regole per noi italiani, così dissoluti e un anche un po’ scostumati. Ma quando si è creato il fardello del debito pubblico italiano? Tutto parte nel 1981, in cui accade un evento epocale, che fa da spartiacque nella storia della sovranità economica italiana: il famoso divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro.
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Mazzucco: che pena, se Grillo si allinea anche sui vaccini
Bei tempi, quando Grillo era ancora Grillo. Da parte sua, dire che non è favorevole all’obbligo vaccinale «è un modo vile per togliersi dal pasticcio nel quale si è cacciato», dopo aver firmato – con Renzi – l’appello di Roberto Burioni che di fatto invita lo Stato a emanare leggi «che impediscano alla scienza di fare il suo mestiere, cioè di non smettere mai di porre in discussione le certezze apparenti, anche in tema di vaccini». Per Masssimo Mazzucco, è devastante il danno che Grillo ha inferto al vasto movimento (fatto di medici e genitori) che rivendica il diritto di essere informato, sulle vaccinazioni. Prescrizioni ormai obbligatorie, con l’introduzione della legge Lorenzin: «Era la prima norma che il governo gialloverde avrebbe dovuto eliminare, come peraltro annunciato in campagna elettorale, e invece non l’ha fatto». Strano? No, ma triste: «Più ti avvicini al potere – dice Mazzucco – e più trovi qualcuno che ti batte la mano sulla spalla, per dirti che certi interessi non li puoi toccare. Lo stesso Salvini, ieri contrario all’obbligo vaccinale, oggi tace. Se non altro – aggiunge Mazzucco – almeno, Salvini ha la decenza di non schierarsi apertamente, come fa Grillo, dalla parte di quelli che fino a ieri erano gli avversari dichiarati, cioè Burioni e Renzi».Roberto Burioni è l’immunologo che fa fatto della crociata-vaccini una ragione di vita. Grillo ha detto di non conoscerlo neppure. «Curioso, non vi pare?». Povero Beppe: «Che fa, firma un documento come quello senza accorgersi che, tra le righe, propone di silenziare – per legge – anche scienziati come il presidente dei biologi, Vincenzo D’Anna, che ha scoperto vaccini “sporchi” e inefficaci? Non si rende conto, Grillo, che così facendo sdogana il pensiero unico di Big Pharma come il solo ammissibile, negando agli italiani il diritto democratico di essere innanzitutto informati sulla sicurezza dei vaccini che vengono iniettati ai neonati?». Porta lontano, l’amarezza che Mazzucco esprime nella diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Per principio – sottolinea – non escludo mai la buona fede di nessuno, quindi neppure quella di Grillo: che in ogni caso è ancora in tempo a prendere le distanze da quel documento, se l’ha firmato incautamente, ritirando la sua firma». Certo però che siamo di fronte all’ennesima retromarcia tattica: uno dopo l’altro, tutti i cavalli di battaglia del Movimento 5 Stelle finiscono in soffitta. Al punto da far dilagare il sospetto che Grillo non sia mai stato altro che un abile “gatekeeper”, un dirottatore del dissenso, da “addormentare” poi con calma, affidando a personaggi come Di Maio il pensionamento progressivo, e sempre più sbiadito, delle dirompenti denunce di un tempo.C’era una volta il Beppe Grillo rampante, il trascinatore dei teatri: tuonava contro i vaccini e gli abusi di Big Pharma, contro l’acquisto degli inutili F-35, contro l’euro e contro il bieco signoraggio bancario. «Tutti temi mai più riproposti, ora che ci sarebbe la possibilità – coi 5 Stelle al governo – di affrontarli in modo finalmente incisivo». Su un tema, dice Mazzucco, Grillo non si era scatenato nemmeno prima, quand’era ancora un battitore libero: «Lo avvicinai per chiedergli supporto, riguardo ai miei documentari e ai libri di Giulietto Chiesa, ma lui mi disse che, se si fosse messo a parlare anche di 11 Settembre, il suo pubblico non l’avrebbe più seguito». Fabio Frabetti conferma: in uno dei suoi spettacoli, una sera, Grillo citò la denuncia di Thierry Meyssan: interamente falsa la versione ufficiale, secondo cui le Torri Gemelle sarebbero crollate per via dell’impatto con gli aerei. «La sala praticamente ammutolì», segno che il timore di Grillo era fondato: sarebbe stato troppo, per quel pubblico, accettare anche quella verità. Grillo “gatekeeper”? «Mi rifiuto di crederlo – taglia corto Mazzucco – anche perché parliamo di spettacoli di molti anni fa».Piuttosto, ragione l’autore di “Inganno globale” e “La nuova Pearl Harbor”, il più delle volte la realtà è più semplice. «Succede che arrivi nella stanza dei bottoni, e quel giorno “qualcuno” ti spiega che devi rinunciare a molte delle tue idee. Accade per gradi, senza che vi sia per forza chissà quale complotto, già in partenza». E’ uno schema che si ripete sempre, insiste Mazzucco, citando gli anni di piombo: «Le Brigate Rosse non le avevano inventate i servizi segreti che poi le hanno infiltrate. All’inizio, erano un fenomeno spontaneo. Poi, un giorno, i fondatori delle prime Br – Curcio e gli altri – sono finiti tutti in galera. Da quel momento le nuove leve hanno comiciato a sparare e uccidere, fino alla tragedia di Aldo Moro». E oggi rieccoci qua, con i due Grillo all’opera: la ministra Giulia, che si guarda bene dal bocciare la legge Lorenzin, e l’ex mattatore Beppe, che si mette a tifare per i Talebani della vaccinazione universale, da imporre per legge e a scatola chiusa. Il governo gialloverde? «Non si capisce in cosa si differenzi dai precedenti, visto il poco o nulla che sta combinando, allineato com’è al volere dei soliti poteri forti». Elettori ingannati fin dall’inizio o traditi da politici non all’altezza della situazione? Mazzucco propende per la seconda ipotesi: al di là delle ciance, a Lega e 5 Stelle mancano “gli attributi” per imporsi, e difendere – davvero – gli italiani.Bei tempi, quando Grillo era ancora Grillo. Da parte sua, dire che non è favorevole all’obbligo vaccinale «è un modo vile per togliersi dal pasticcio nel quale si è cacciato», dopo aver firmato – con Renzi – l’appello di Roberto Burioni che di fatto invita lo Stato a emanare leggi «che impediscano alla scienza di fare il suo mestiere, cioè di non smettere mai di porre in discussione le certezze apparenti, anche in tema di vaccini». Per Masssimo Mazzucco, è devastante il danno che Grillo ha inferto al vasto movimento (fatto di medici e genitori) che rivendica il diritto di essere informato, sulle vaccinazioni. Prescrizioni ormai obbligatorie, con l’introduzione della legge Lorenzin: «Era la prima norma che il governo gialloverde avrebbe dovuto eliminare, come peraltro annunciato in campagna elettorale, e invece non l’ha fatto». Strano? No, ma triste: «Più ti avvicini al potere – dice Mazzucco – e più trovi qualcuno che ti batte la mano sulla spalla, per dirti che certi interessi non li puoi toccare. Lo stesso Salvini, ieri contrario all’obbligo vaccinale, oggi tace. Se non altro – aggiunge Mazzucco – almeno, Salvini ha la decenza di non schierarsi apertamente, come fa Grillo, dalla parte di quelli che fino a ieri erano gli avversari dichiarati, cioè Burioni e Renzi».
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L’astrologia demenziale che (non) spiega i delitti rituali
Quando un omicidio viene considerato dai media, molti astrologi si dedicano alla cosiddetta “astrologia giudiziaria”, cercando nel tema natale del soggetto coinvolto tracce di colpevolezza o innocenza. Guarda caso, però, il verdetto è sempre lo stesso: colpevole. Bossetti? Colpevole, naturalmente. Da cosa lo si deduce? Ha ben due stellium di 4 pianeti ciascuno, in casa 4 e 3, ove spicca una magnifica opposizione Giove-Saturno. Rosa Bazzi e Olindo Romano? Colpevoli, inequivocabilmente (tranne da quando qualcuno ha iniziato a dubitare della loro colpevolezza e “Le Iene” hanno mandato un servizio al riguardo). Rosa Bazzi ha uno stellium di ben 4 pianeti in casa 12, per giunta tutti nel segno dello Scorpione (come dire che aveva delle energie psichiche praticamente incontrollabili, e c’è da domandarsi come abbia fatto ad arrivare tranquilla a quell’età); Olindo Romano ha uno stellium in casa 7, meno pericoloso in teoria della moglie, sennonché tale stellium è collegato alla casa 1 (quella della personalità) con Urano in opposizione.Pacciani? Colpevole. Non ha evidenti stellium in case sensibili per la psiche, ma una magnifica Luna sull’ascendente, con Venere e Mercurio sul discendente; Urano in casa 8 (forti pulsioni psichiche, che favorisce attività paranormali) e Plutone in casa 1 (che darebbe forti pulsioni anche sessuali, e possibili perversioni, confermate dal Sole in casa 8). Charles Manson? Colpevole, senza dubbio. Francamente, qui, il discorso di alcuni astrologi a me pare una supercazzola, perché io non ci vedo proprio nulla di tremendo nel suo tema natale. A parte un pericoloso Urano in casa 12 opposto a Giove (che favorisce le attività psichiche dei medium), la cui pericolosità dipende da come è gestita, io vedo invece molteplici tracce di una personalità positiva e dedita al bene (Giove sul discendente, Sole e Venere congiunti in casa 7). Cercherò ora di spiegare perché questo modo di procedere nell’astrologia è semplicemente demenziale. Una carta natale dal punto di vista oggettivo è una cosa morta. E’ una sorta di mandala, che ci dice le potenzialità energetiche dell’individuo, ma non ci dice nulla della sua anima, poco del suo karma, e nulla delle condizioni in cui è vissuto ed è stato educato il soggetto, e quindi di come abbia sviluppato le sue potenzialità.Il giorno in cui è nato Bossetti, alla stessa ora, sono nati in tutto il mondo centinaia di bambini con il suo stesso tema natale. Ma non tutti sono stati accusati di omicidio. E tra quei bambini, oltre ad operai, troveremo imprenditori, veggenti, professionisti, disoccupati, mendicanti, ecc. Bambini con carte natali identiche verranno inseriti in contesti differenti: uno vivrà la sua vita in una reggia coi genitori re o principi, l’altro in una modesta casa di periferia coi genitori operai, e l’altro sarà adottato da una comunità di zingari; se nel loro tema natale sono previsti viaggi, lo zingaro viaggerà sempre, il figlio di operai farà il rappresentante di commercio, il principe ereditario farà l’ambasciatore per il mondo; si sposeranno probabilmente alla stessa età, si ammaleranno contemporaneamente, e al culmine della loro carriera il principe sarà fatto re, il rappresentante di commercio aprirà un’azienda in proprio, lo zingaro diventerà il capo riconosciuto della comunità. Tre bambini Scorpione ascendente Scorpione, con uno stellium di pianeti in dodicesima casa, cresceranno in tre case diverse: uno in una famiglia di maghi, l’altro in una famiglia di fricchettoni, e l’altro in una famiglia di operai; il primo diventerà un mago nero, il secondo un maestro spirituale, il terzo potrebbe impazzire ed essere rinchiuso in manicomio, non riuscendo ad adattare le proprie energie interne a quelle esterne.Nel momento in cui Urano transiterà nel segno dello Scorpione e una congiunzione di Nettuno sarà in opposizione allo stellium, proprio il giorno in cui Saturno transiterà sullo stellium avverrà che il mago nero farà un potente rituale per uccidere alcuni suoi nemici, il maestro avrà delle visioni che comunicherà ai suoi adepti, la metà dei quali lascerà l’ashram ritenendolo impazzito, l’altra metà lo venererà ancora di più come maestro, mentre il terzo farà una strage in famiglia. Ma molti di coloro che sono nati nello stesso momento non faranno nulla di eclatante; non saranno re, imprenditori, maghi, non faranno stragi, riti, o avranno migliaia di adepti; semplicemente, avendo una vita interiore molto intensa, per placare le loro ansie, i loro sbalzi di umore, e il loro male di vivere, affogheranno nell’alcool, nella droga, o semplicemente prenderanno psicofarmaci per far tacere i loro fantasmi interni, o se la prenderanno con i propri familiari sfogando le loro energie psichiche con scatti d’ira frequenti e incazzature a go go coi vicini.In altre parole, gli astrologi dimenticano che lo stesso identico tema natale di Bossetti, Pacciani, Olindo e Rosa, nonché Manson, sono condivisi da migliaia di persone, e nessuna di loro ha commesso omicidi rituali. Una cosa molto interessante, nei delitti rituali, è calcolare i transiti di queste persone nel momento in cui avviene il delitto. Ora, se analizziamo i transiti di Olindo e Rosa nel momento del delitto, sopra allo stellium di Olindo transitava un’allegra compagnia di pianeti cosiddetti “malefici” nella tradizione, tale da rendere evidente, a chiunque abbia anche solo poche nozioni di astrologia, che in quei giorni succedeva qualcosa di eclatante (al contrario, non ho individuato nessun transito particolare sopra al cielo di Rosa, ma probabilmente per mia inesperienza). Il punto è che non è detto che questo qualcosa di eclatante significasse “strage”. I transiti indicano solo una potenziale energia che si smuove, e che va a toccare il punto sensibile di un tema natale, smuovendo le energie; in questo caso le energie erano potentissime, ma da qui a dire che gli assassini sono loro c’è una forbice decisamente troppo larga.Mi colpisce, invece, il fatto che nel caso Manson, il giorno del delitto, non c’erano transiti particolarmente negativi; a intuito direi che Manson fosse sereno, tranquillo, e non sospettasse nulla. Tra l’altro, dal punto di vista astrologico, questo confermerebbe la sua innocenza, non la sua colpevolezza. E’ il giorno dell’arresto che si scatena invece una specie di inferno in cielo, sulla sua testa; e poi altri due momenti critici li individuiamo il primo giorno del processo e il giorno della condanna. In particolare, a livello astrologico, il caos si scatena con l’arresto, quando Saturno transita pericolosamente attorno a Urano radicale. E successivamente un caos ancora peggiore si scatena con l’inizio del processo, quando Saturno entra in opposizione al suo Giove radicale e, a marzo, Marte in transito si congiunge a Saturno in transito, entrambi in opposizione al suo Giove. Manson morirà quando Giove in transito si congiungerà a Giove radicale, Saturno in transito al suo Saturno radicale, e Venere in transito alla sua Venere radicale (una particolare configurazione che ricorre in molte morti). Non ho consultato i transiti degli altri delitti, ma non ho dubbi che, nel cielo, troveremo un affollamento di pianeti simili.Il succo del discorso è che l’astrologia è una scienza esatta, e di questo sono convinto da sempre. Ma è una scienza esatta nell’indicare le energie in movimento, non nell’indicare precisi avvenimenti. Talvolta, con un certo intuito, con la logica e con l’esperienza, si riescono a individuare eventi con molta certezza. Ma quando l’astrologo, a digiuno di esoterismo, e a digiuno di qualsiasi cognizione giudiziaria e investigativa, fa diagnosi di colpevolezza su un soggetto, sconfina nel ridicolo. Infatti, non occorre un esperto astrologo, ma è sufficiente anche essere dei semplici interessati alla materia, per capire che una persona che viene coinvolta in un delitto rituale non avrà certo un quadro natale appagante, semplice, pieno di trigoni e sestili, e con tutti i pianeti posti in posizioni favorevoli. Se avesse avuto questo tema, non sarebbe mai stato accusato di un delitto del genere. Se una persona è stata coinvolta in una vicenda di questo tipo, a livello energetico deve essere compatibile con queste vicende, ma non è detto che ciò faccia di lui un assassino, o meglio l’assassino.Ora faccio un esempio tratto dalle mie vicende personali per far capire come funziona l’astrologia in rapporto al tema natale. Negli anni, avevo analizzato il tema natale di molti miei amici maghi, veggenti e sensitivi. Quindi avevo capito cosa rende una persona un sensitivo almeno potenziale o no. Dopo i primi articoli mi hanno scritto molte persone con poteri del genere. Il tempo medio per individuare le loro caratteristiche, per me, varia da un minuto ai quindici, nei casi più complessi. Perché questo? Perché ogni tema natale dei sensitivi è accomunato da alcune caratteristiche. Ma questi stessi temi natali sono anche di potenziali serial killer, qualora le loro energie fossero mal indirizzate, o potenziali santi. O anche di potenziali malati di mente. Cosa, allora, mi fa capire immediatamente che si tratta di persone speciali, provviste di un dono? Il fatto che mi abbiano scritto. Infatti, se la persona mi ha scritto, escludo sia un serial killer, ed escludo che sia ricoverata in ospedale psichiatrico. Escludo anche sia un santo, altrimenti non mi avrebbe scritto e avrebbe da tempo saputo qual è la sua missione in questa vita. Opto quindi per una via di mezzo. E tuttavia, se non ho questo semplice dato (il fatto che mi abbia scritto) non posso fare alcuna diagnosi.Senza rendersene conto, l’astrologo di turno che fa una diagnosi di colpevolezza, non solo dimentica che, qualora gli sottoponessero un tema natale identico di un’altra persona, scambiandolo con quello di Bossetti, darebbe identico verdetto di colpevolezza (e non potrebbe essere diversamente, stante l’identità di temi natali); ma dimentica che non ha operato oggettivamente, come dovrebbe essere per una “scienza” che si definisce esatta, ma ha operato partendo da un dato di base che ha condizionato tutto il giudizio: il fatto che questi personaggi siano stati coinvolti in un omicidio. A conferma di quanto dico racconterò di un’altra vicenda. Tempo fa (molto tempo prima che scrivessi gli articoli di astrologia) mi scrisse una persona mandandomi il tema natale. Non mi scrisse nulla, mi mandò il tema dicendomi solo: «Puoi vedere perché sono in questo periodo di merda? Sento che sei la persona che può aiutarmi». Capii che era un sensitivo, non solo per il fatto che mi aveva scritto “sento che puoi aiutarmi” (sento: non credo, spero, o altro), ma anche perché nel suo tema la cosa era evidente, dato uno stellium in casa 12 di Sole, Luna e Urano; facendogli i transiti, questo “periodo di merda” non risultava. Nel tema risultava buona predisposizione al successo, al denaro, e una personalità amorevole…Provai a dirgli che l’ora di nascita forse era sbagliata. Ma lui insisteva che aveva davanti a sé l’estratto di nascita. Ho impiegato settimane a capire. Guardavo il tema, lo riguardavo. Riflettevo. Lo rimettevo via. Poi lo ritiravo fuori. E pensavo fossi io che, non essendo un esperto, non riuscivo a capire. Feci vedere il tema a un mio amico esperto di astrologia, ma mi disse la stessa cosa che dicevo io. Quadro positivo, transiti positivi. Un giorno ebbi l’illuminazione e gli scrissi: «Scusa, puoi dirmi esattamente che lavoro fai, e in questo momento dove abiti?». Mi rispose: «Sono in un ospedale psichiatrico, sotto psicofarmaci». E così si spiegò tutto. Considerato pazzo, era stato imbottito di psicofarmaci. La sua volontà aveva ceduto. E si era rotto quel confine, rappresentato dalla carta natale, tra destino e libero arbitrio. Venuta meno la forza di volontà (piegata dagli psicofarmaci) tutte le potenzialità di successo della carta erano venute meno. Ma in passato era stato un imprenditore ricco e di successo. Se avessi avuto quel semplice dato (il ricovero) avrei impiegato qualche secondo a vederci la malattia mentale.L’astrologia è una scienza esatta. Ma per essere davvero esatta deve tenere conto di un dato, che sfugge a molti degli astrologi atei; è un dato fondamentale, per inquadrare un tema natale: l’anima e il percorso evolutivo dell’anima in quel determinato momento. Se manca quello, il tema natale è un mandala, ma morto. E’ un pezzo di carta senza anima e senza significato. In altre parole, e per finire: quando un astrologo ateo, che non sa cosa sia la spiritualità e probabilmente neanche crede che esista l’anima, vede il quadro natale di Manson, vi vede sicuramente un colpevole. Senza sapere che, in realtà ha utilizzato un dato fondamentale, ed è il livello evolutivo dell’anima di Manson. Cioè: l’astrologo, senza saperlo, si è basato sul percorso dell’anima, così come descritto dai giornali. Io, che lo ritengo innocente e che individuo il suo percorso animico da altri dati processuali, considero il suo tema natale perfettamente coerente con il suo discorso al processo (“I vostri bambini”: la dichiarazione processuale di Charles Manson). Leggetelo, e ditemi se vi quadra di più con il suo Urano da potenziale serial killer, o se lo inquadrereste nel suo Sole congiunto a Venere in casa 7.Quando un omicidio viene considerato dai media, molti astrologi si dedicano alla cosiddetta “astrologia giudiziaria”, cercando nel tema natale del soggetto coinvolto tracce di colpevolezza o innocenza. Guarda caso, però, il verdetto è sempre lo stesso: colpevole. Bossetti? Colpevole, naturalmente. Da cosa lo si deduce? Ha ben due stellium di 4 pianeti ciascuno, in casa 4 e 3, ove spicca una magnifica opposizione Giove-Saturno. Rosa Bazzi e Olindo Romano? Colpevoli, inequivocabilmente (tranne da quando qualcuno ha iniziato a dubitare della loro colpevolezza e “Le Iene” hanno mandato un servizio al riguardo). Rosa Bazzi ha uno stellium di ben 4 pianeti in casa 12, per giunta tutti nel segno dello Scorpione (come dire che aveva delle energie psichiche praticamente incontrollabili, e c’è da domandarsi come abbia fatto ad arrivare tranquilla a quell’età); Olindo Romano ha uno stellium in casa 7, meno pericoloso in teoria della moglie, sennonché tale stellium è collegato alla casa 1 (quella della personalità) con Urano in opposizione.
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Benvenuti nel nuovo medioevo della religione scientista
La scienza è fondata sul dubbio. Senza il dubbio, saremmo ancora tutti convinti che il sole giri intorno alla terra. I primi a introdurre il metodo scientifico furono considerati dei matti e perseguitati come eretici, perché mettevano in discussione le “verità consolidate” al tempo vigenti. Furono ridicolizzati, emarginati, perseguitati, condannati e non di rado anche uccisi, nel roboante applauso delle folle. Mille anni più tardi, abbiamo gli “scientisti”: persone di ogni età, estrazione sociale e livello di cultura formale che riducono la scienza ad una religione, una patologica caricatura di se stessa. Condividono e promuovono una fede cieca in qualcosa che definiscono “verità scientifica”, considerano matti e perseguitano come eretici tutti coloro che su di essa avanzano dei dubbi e li mettono in discussione. In questa nuova e triste religione, i medici e gli scienziati che difendono l’ortodossia diventano altrettanti profeti e vescovi, con masse di penitenti che demandano a questi loro nuovi sacerdoti la salvezza dei loro corpi e delle loro anime. Dai pulpiti televisivi i nuovi predicatori annunciano le pestilenze infernali: «L’aviaria vi colpirà, la peste suina cadrà su di voi, il morbillo ucciderà i vostri figli partendo da Disneyland e arrivando fino a Gardaland!».E in coro rispondono le masse: «Difendici dall’epidemia, oh gloriosa Scienza Ufficiale! Dacci oggi le nostre pillole colorate, allontana da noi queste terribili malattie, vaccina i nostri figli appena nati prima che il batterio luciferino entri in loro». Ora come allora, i medici e gli scienziati che pongono dubbi all’ortodossia vengono considerati traditori ed eretici; radiati, emarginati, derisi nel roboante applauso delle folle esattamente come mille anni or sono. Non è un mistero perché la scienza sia stata corrotta fino a trasformarsi in questa triste religione: pochissime persone hanno il coraggio di affrontare la responsabilità di esistere. L’idea che ci sia qualcuno, qualcosa, che dia un ordine all’esistenza è una consolazione enorme, archetipica. I bambini la cercano fisiologicamente nei genitori e, benché crescendo anagraficamente, la maggior parte degli individui non riesce a superare tale condizione. Per questo le religioni accompagnano da sempre la nostra specie, forniscono il surrogato necessario: un genitore celeste, estraneo ad errori e fraintendimenti, che ci rassicuri in massa dal terrore del vuoto.Quando però le religioni sfumano, le credenze si sgretolano, come è avvenuto negli ultimi mille anni, ecco che lo “scientismo” offre nuove sponde cui aggrapparsi. Un nuovo, freddo e rigoroso – ma perlomeno apparentemente solido – ordine esistenziale che plachi il terrore dello smarrimento. Il medioevo ci ha raggiunti di nuovo, sostituendo il saio con un camice da laboratorio, la gogna fisica con quella mediatica, la bibbia con i “dati ufficiali”, le chiese con i media. I nuovi sacerdoti e inquisitori, medici e scienziati “di sistema”, difendono l’ortodossia scientista con la stessa arroganza, la medesima ottusa spietatezza dei loro predecessori, ma con regole e liturgie rinnovate. Le masse di spaventati, furiosi, manovrati, sfruttati e del tutto inconsapevoli fedeli, invece, sono sempre le stesse.(Stefano Re, “Benvenuti nel nostro glorioso neo-medioevo scientista”, dalla pagina Facebook di Re del 29 giugno 2017).La scienza è fondata sul dubbio. Senza il dubbio, saremmo ancora tutti convinti che il sole giri intorno alla terra. I primi a introdurre il metodo scientifico furono considerati dei matti e perseguitati come eretici, perché mettevano in discussione le “verità consolidate” al tempo vigenti. Furono ridicolizzati, emarginati, perseguitati, condannati e non di rado anche uccisi, nel roboante applauso delle folle. Mille anni più tardi, abbiamo gli “scientisti”: persone di ogni età, estrazione sociale e livello di cultura formale che riducono la scienza ad una religione, una patologica caricatura di se stessa. Condividono e promuovono una fede cieca in qualcosa che definiscono “verità scientifica”, considerano matti e perseguitano come eretici tutti coloro che su di essa avanzano dei dubbi e li mettono in discussione. In questa nuova e triste religione, i medici e gli scienziati che difendono l’ortodossia diventano altrettanti profeti e vescovi, con masse di penitenti che demandano a questi loro nuovi sacerdoti la salvezza dei loro corpi e delle loro anime. Dai pulpiti televisivi i nuovi predicatori annunciano le pestilenze infernali: «L’aviaria vi colpirà, la peste suina cadrà su di voi, il morbillo ucciderà i vostri figli partendo da Disneyland e arrivando fino a Gardaland!».
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Tav, la strana guerra contro i palestinesi della val di Susa
Ormai, parlare dell’orrido Tav che incombe sulla valle di Susa è gradevole quanto lo è inoltrarsi tra il filo spinato del conflitto israelo-palestinese, degenerato in cancrena da decenni e trasformato in tumore fisiologico, incurabile. Di qua i buoni, di là i cattivi. Nemici, odio: il banchetto che qualcuno sperava di allestire fin dall’inizio? Non che ci tenessero, i palestinesi della valle di Susa: ne avrebbero fatto volentieri a meno, dell’intifada che li ha opposti periodicamente ai reparti antisommossa. Una sfida costata moltissimo in termini di conseguenze giudiziarie, tra arresti in massa e processi. Contro Golia, il piccolo Davide brillò nel 2012, quando rinunciò alla fionda: emozionò l’Italia (obbligando ad accorrere sul posto persino le telecamere di Santoro) il drammatico volo dell’acrobata Luca Abbà, che sfiorò la morte precipitando dal traliccio dell’Enel sul quale si era arrampicato, per protesta – lui anarchico, alle prese con una classica dimostrazione di resistenza nonviolenta. Ma durò poco: le cariche dispersero i manifestanti scesi a bloccare l’autostrada, messi in fuga e rincorsi casa per casa, dopo giorni di tensione. Tutto doveva tornare all’ordine fisiologico delle cose, cioè a come si presume che il pubblico s’immagini sia la realtà: un’aspra lotta tra opposti che si detestano, una partita feroce in cui difficilmente vincerà il migliore.Nemmeno l’umorismo iperbolico di Paolo Villaggio, forse, sarebbe riuscito a dipingere il carattere lunare, gaglioffo e cialtrone del fantasma ferroviario che insidia da più di vent’anni l’estremo nord-ovest italiano: un ipotetico super-treno pensato negli anni ’80 del secolo scorso per i passeggeri, surclassato in capo a un decennio dall’avvento dei voli low-cost e infine umiliato anche dal traffico merci, defunto pure quello. La globalizzazione “cinese” sbarca a Genova e punta verso Rotterdam, snobbando il Piemonte e le Alpi del Rodano. Dalla Fortezza Bastiani del Tav, a lungo presidiata dall’ineffabile Pd con la collaborazione del centrodestra (leghisti compresi), ormai si guarda con malinconia ai dati, impietosi, sciorinati ufficialmente anche a Palazzo Chigi: il flusso di merci è crollato, e la ferrovia internazionale che già collega Torino a Lione attraversando l’infelice valle di Susa (via Modane, traforo del Fréjus) potrebbe tranquillamente reggere un incremento di traffico del 900%, se solo ci fossero merci da trasportare. Bel guaio: cosa bisognerà inventare, ancora, per spillare soldi euro-italiani da spalmare su appalti e subappalti? Avverte il giallista Massimo Carlotto, vicino ai NoTav: le grandi opere sono perfette per riciclare denaro, nell’immensa “lavanderia a cielo aperto” chiamata Europa. Business is business: non è che si possa smontare così, su due piedi, un grande affare destinato a pompare milioni (miliardi) in una filiera che include industria e indotto cantieristico, studi e consulenze, progettisti, banche e partiti.Se sento ancora parlare di Tav Torino-Lione, scrisse Giorgio Bocca nel 2005, vado a ripescare il mio vecchio Thompson dal pozzo in cui l’avevo gettato alla fine della guerra partigiana. Si era documentato, l’ultimo grande vecchio del giornalismo italiano: aveva capito che i palestinesi inermi le avevano buscate in modo selvaggio, riempiti di botte – uomini e donne, ragazzi e anziani – dai robocop venuti da lontano, in piena notte, per sgomberare il prato di Venaus occupato dalle famiglie impegnate in una sorta di sit-in permanente. Ne seguì una sommossa popolare a carattere insurrezionale: qualcosa che in Italia s’era visto soltanto nei moti di Reggio Calabria del 1970. Un popolo sulle barricate, armato solo di indignazione. Scudi umani, i sindaci in fascia tricolore (e le loro auto, quelle dei vigili urbani, spedite a sbarrare le strade, coi lampeggianti accesi). Due giorni di follia collettiva, dopo il pestaggio notturno, fino alla paralisi della tangenziale di Torino e alla capitolazione del governo: progetto sospeso, ritirato, archiviato. Clamorosa vittoria dei palestinesi, che da quel momento cominciarono a credersi invincibili. O meglio: ritennero invincibile la forza della ragione, la sovranità democratica del cittadino, la legittimità della protesta di una comunità coesa e fasciata di tricolore.Durò anni, l’illusione. Una speranza radicata: il governo centrale si sarebbe deciso a cestinare il dossier – poi bocciato anche da 360 tecnici universitari – per concludere che sì, avevano ragione i palestinesi della valle di Susa: quella ferrovia andava dimenticata, gettata nella spazzatura della storia. Ma le trivelle tornarono, dopo un quinquennio di silenzio. Era il 2010. La tensione emotiva era scemata, molti sindaci erano spariti – non rieletti, o semplicemente rimasti a casa, non più disposti a fare da caschi blu. Fu allora che cominciò l’accerchiamento, lento e inesorabile. Senza più i sindaci in prima fila, i NoTav erano nudi. “Siete finiti”, li avvertì cordialmente il sindaco di Torino, Chiamparino. Risposero in quarantamila, con una marcia sotto la neve. I piani di Roma, intanto, erano cambiati: il cantiere per la prima galleria esplorativa, inizialmente programmato nel prato poi “espugnato” a Venaus nel 2005, sarebbe stato reimpiantato a Chiomonte, sopra le gole della Dora Riparia, in posizione militarmente difendibile. I NoTav risposero asserragliandosi proprio lì, tra le loro Termopili. Nacque la Libera Repubblica della Maddalena, il villaggio di Asterix attrezzato – con barricate – per tentare di resistere all’esercito imperiale. I reparti antisommossa, duemila uomini, si presentarono puntuali all’alba del 27 giugno 2011. Agirono con calma, minimizzando la loro forza d’urto. In cabina di regia il ministro Maroni e il capo della polizia Manganelli. Niente più cariche, solo lacrimogeni.Ci rimasero malissimo, i palestinesi: avevano sperato di ripetere il “miracolo” del 2005, quand’erano riusciti – sciamando in 80.000 attraverso i boschi – a sfrattare la polizia da Venaus. Una settimana dopo lo sgombero della “Libera Repubblica”, il 3 luglio 2011 tentarono di riprendersi Chiomonte. Erano in centomila: un corteo lungo chilometri. Pullman da tutta Italia, decine di migliaia di valsusini. E anche giovani dei centri sociali: quelli che poi, nel pomeriggio, avrebbero contribuito a trasformare la protesta in guerriglia. “Volevano il morto”, dichiarò Maroni. Bilancio ufficiale: 200 feriti per parte. E fine di una lunga, gloriosa anomalia: la lotta popolare esclusivamente nonviolenta, nata e cresciuta in mezzo ai monti, che tanto aveva spaventato la politica. Inammissibile che una comunità di sessantamila valligiani riuscisse a fermare le ruspe. Intollerabile, che lo facesse in modo pacifico. Inaccettabile, che imponesse al governo di lasciarsi ascoltare, e lo costringesse a prender nota del fatto che, secondo tutti gli esperti, la linea Tav Torino-Lione era (ed è) una pazzia completamente inutile, destinata a pesare per decine di miliardi sul debito pubblico dopo aver reso invivibile il territorio, cioè i 50 chilometri che separano Torino dalla Francia. Rocce piene di amianto, montagne dove l’Agip scavò decine di gallerie per estrarre l’uranio al tempo del nucleare italiano. Falde acquifere a rischio, salute in pericolo e addio agricoltura. Dissesto idrogeologico irrimediabile, apocalisse urbanistica, catastrofe idrica incombente sulla stessa area metropolitana torinese. Ma perché, di grazia? A beneficio di chi?“Diteci almeno a cosa servirebbe, tutto questo”. Domanda rimasta sempre inevasa. Lo vuole l’Europa, c’è un impegno con la Francia. Davvero? Sì e no. L’Europa ha cambiato idea: ha archiviato l’originaria, fantascientifica direttrice Kiev-Lisbona, di cui la Torino-Lione sarebbe stata il passante alpino. Quanto alla Francia, varie istituzioni parigine hanno via via intiepidito la loro posizione. Analoga retromarcia tattica dal governo Renzi: è vero, la nuova linea costa troppo; meglio limitarsi al solo traforo, facendo poi passare i treni sull’attuale linea (perfettamente idonea, dunque – percorsa, già oggi, dal Tgv francese). Nel frattempo, sui NoTav si è scatenata una campagna di demonizzazione parossistica, da parte della politica istituzionale e dei grandi media. E il movimento valsusino, senza più la tutela diretta dei sindaci, ha fatto miracoli per arginare il pericolo di infiltrazioni da parte delle frange virtualmente violente (un conto è gestire un corteo, un altro controllare manifestanti in ordine sparso, nei boschi). Anni durissimi, rischiosi, in bilico, ma durante i quali – nonostante tutto – la resistenza dei palestinesi ha conquistato piena cittadinanza in larghi strati del paese, anche grazie al generoso impegno di opinion leader di prima grandezza, scrittori e artisti, cantanti, giuristi, intellettuali. Senza con questo riuscire minimamente a scalfire il muro di omertoso silenzio che ancora protegge, misteriosamente, il progetto della grande opera: un dogma marmoreo, quasi mistico, che sembra imposto da una religione sconosciuta, alla quale gli stessi politici (ministri, premier) appaiono sottomessi.C’è altro, poi, che i valsusini sanno e gli altri italiani per lo più ignorano. E’ una storia complicata, tra loro e il governo. Una storia tormentata e opaca, per molti aspetti, che risale addirittura alla Liberazione, quando molti partigiani – in maggioranza comunisti – rifiutarono di consegnare le armi agli alleati, per poi tirarle fuori, occupando fabbriche, in risposta all’attentato a Togliatti. Ha radici antiche, il ribellismo della valle di Susa, industriale e operaia già alla fine dell’800. Dopo il Sessantotto, mentre i padri issavano bandiere rosse sui cotonifici, decine di figli cedettero alla tentazione della lotta armata. La valle di Susa è stata l’unica area non metropolitana, in tutta Italia, ad allevare una colonna di terroristi, arruolati tra le file di Prima Linea. Poi vennero gli anni ’80, con l’autostrada del Fréjus che la valle non voleva. Le solite mazzette e, a seguire, la relativa Tangentopoli, con arresti eccellenti, mentre la commissione parlamentare antimafia denunciava il radicamento della ‘ndrangheta nell’alta valle, il paradiso sciistico che a Sestriere avrebbe ospitato i Mondiali di sci e poi le Olimpiadi Invernali. Quello di Bardonecchia è stato il primo Consiglio comunale italiano, a nord del Po, a essere disciolto per mafia.L’onorata società tornò a occupare la cronaca della valle di Susa poco dopo gli attentati siciliani costati la vita a Falcone e Borsellino, quando la magistratura di Torino scoprì che erano finite a una cosca calabrese le pistole uscite illegalmente, a centinaia, da un’armeria di Susa. Chi avrebbe dovuto vigilare non l’aveva fatto: emerse l’ombra dei servizi segreti. Gli inquirenti avevano scoperto il traffico di armi grazie a un pentito della ‘ndrangheta, che smise di parlare (di colpo) dopo che gli fu ucciso il fratello, proprio in valle di Susa, da un ex agente del Sismi, reo confesso. Uno stillicidio di notizie inquietanti, che il valsusino medio – non ancora palestinese – apprendeva con sgomento, a metà degli anni ’90. A seguire, cominciarono a esplodere bombe: una dozzina di attentati dinamitardi, notturni e devastanti ma tutti incruenti, colpirono le prime trivelle del futuro Tav ma anche centraline Enel, tralicci telefonici, ripetitori televisivi. I giornali, in coro, parlarono di eco-terrorismo anarco-insurrezionalista. Comparve una sigla, “Lupi Grigi”, con rivendicazioni deliranti contro le grandi opere. Finirono in manette tre giovani anarchici, due dei quali (“Sole e Baleno”) poi trovati morti in stato di detenzione, impiccati. L’accusa: banda armata e associazione sovversiva. Lui, Edoardo Massari, un anarchico piemontese. Lei, Maria Soledad Rosas, argentina, giovanissima, venuta in Europa in vacanza premio, dopo il liceo, e poi rimasta in Italia perché innamoratasi del suo “Edo”. Il pm annunciò di avere “prove granitiche”, contro di loro. Salvo poi ammettere il tragico errore, fuori tempo massimo. Scagionati post mortem, alla fine del processo: non erano stati quei ragazzi, a far saltare in aria mezza valle di Susa. Chi, allora?Aveva in testa anche questi pensieri, il valsusino medio (mediamente colto e informato, mediamente scettico) quando cominciò a diventare un po’ palestinese, trascinando la famiglia nei prati di Venaus dove, nel 2005, si era accampata la polizia, spedita lassù da un governo che sosteneva fosse fondamentale far passare proprio di lì, spianando l’intera vallata, la famosa super-ferrovia miliardaria destinata a collegare il Portogallo all’Ucraina. Non può essere, si dicevano i valligiani: avranno capito male, a Roma. E così studiarono, si documentarono, mobilitarono i migliori specialisti. Non sta né in cielo né in terra, conclusero: è un’opera faraonica e devastante, tragicamente inutile. Ne parlavano anche coi poliziotti infreddoliti, inviati a Venaus a presidiare il prato prescelto per accogliere il primo cantiere. Dai NoTav, una protesta formato famiglia: bambini, polenta, bicchieri di tè caldo offerti agli stessi agenti – non quelli che li avrebbero sgomberati (per l’operazione, il reparto presidiario fu avvicendato). Gli incursori notturni colpirono alla cieca, travolgendo tende e sacchi a pelo. Una gradine di manganellate, al buio. Le ambulanze, le urla, i feriti. L’inizio della saga, già l’indomani: i valsusini, a migliaia, nelle strade. La circolazione paralizzata, i treni fermi. Il ministro dell’interno, Pisanu, scomparso dai radar. Imbarazzo, fra i palazzi romani. I palestinesi in rivolta ospitati per la prima volta in televisione, da Gad Lerner, per poi ricevere i primi rumorosi endorsement a reti unificate: Beppe Grillo, Dario Fo. E quei benedetti sindaci, avvolti nel tricolore, a ripetere che la legalità comincia dal rispetto del cittadino, democraticamente sovrano e tutelato da diritti costituzionali.Era solo il 2005, ma sembrano passati cent’anni. Le famiglie di allora avevano una luce particolare, negli occhi. La crisi era ancora lontana. C’era lavoro per tutti, i negozi non avevano ancora cominciato a chiudere, uffici e fabbriche funzionavano. All’ora dell’aperitivo i bar tracimavano di giovani – tutti palestinesi, naturalmente, tra svolazzi di bandiere NoTav. Un clima festoso, di fiducia. “Capiranno, a Roma. Si decideranno a ragionare”. I valsusini: riscopertisi comunità, proprio grazie allo scampato pericolo. Idee politiche forse rudimentali, antiche: la destra, la sinistra. A dire il vero, nella valle ribelle non s’era visto nessuno dei big: tutti spariti, i grandi partiti. La parte del cattivo era toccata a Berlusconi, ma poi Prodi (frenato dai ministri filo-valsusini Paolo Ferrero e Alfonso Pecoraro Scanio) non aveva comunque mai mostrato entusiasmo, per il fervore democratico dei palestinesi garibaldini, alle prese con quello strano risorgimento alpino, montanaro, periferico ma non provinciale. E’ come se si fosse laureato honoris causa, il valsusino medio, in questi anni grami: si è probabilmente conquistato il suo diploma di cittadino di prima classe, quanto a consapevolezza, mentre buona parte dell’Italia dormiva ancora sugli allori, prima di essere svegliata nel peggiore dei modi dal professor Monti, dalla professoressa Fornero.Si racconta che dal massiccio dell’Ambin, nel quale si è andato scavando il dannato tunnel esplorativo, sia disceso Annibale coi suoi elefanti. In direzione opposta avanzò Giulio Cesare alla conquista delle Gallie, facendo base a Susa, dove poi l’imperatore Costantino assediò Massenzio. Poco più a valle, Carlomagno sbaragliò i Longobardi manzoniani di Adelchi e Desiderio per poter fondare il Sacro Romano Impero, il cui erede Barbarossa mise a soqquadro Susa. Napoleone aprì la strada del Moncenisio, Cavour fece scavare il traforo del Fréjus. Quasi ogni sasso, in valle di Susa, ha molti secoli da raccontare, all’ombra dell’imponente Sacra di San Michele, monumento simbolo del Piemonte, eretto prima dell’anno Mille. Sul versante opposto, da una roccia emerge il Giove Dolicheno, scolpito dai soldati mediorientali arruolati da Roma nella Legione Siriana, di stanza nella valle conquistata dai Cesari. I valsusini amano le loro montagne, le frequentano con devozione. Le guardano diventare rosse, e poi viola, quando il tramonto illanguidisce nel crepuscolo lungo la cordigliera transalpina, dalla piramide del Rocciamelone alla mole nevosa del Niblè. Prima di altri, a loro spese, hanno imparato che il nuovo impero ha un’unica legge davvero sacra, quella dei soldi. A loro modo, da palestinesi, sono stati tra gli ultimi difensori di una repubblica di cui tutti gli italiani, oggi, hanno nostalgia.(Giorgio Cattaneo, “Tav, la strana guerra contro i palestinesi della valle di Susa”, dal blog “Petali di Loto” dell’11 dicembre 2018).Ormai, parlare dell’orrido Tav che incombe sulla valle di Susa è gradevole quanto lo è inoltrarsi tra il filo spinato del conflitto israelo-palestinese, degenerato in cancrena da decenni e trasformato in tumore fisiologico, incurabile. Di qua i buoni, di là i cattivi. Nemici, odio: il banchetto che qualcuno sperava di allestire fin dall’inizio? Non che ci tenessero, i palestinesi della valle di Susa: ne avrebbero fatto volentieri a meno, dell’intifada che li ha opposti periodicamente ai reparti antisommossa. Una sfida costata moltissimo in termini di conseguenze giudiziarie, tra arresti in massa e processi. Contro Golia, il piccolo Davide brillò nel 2012, quando rinunciò alla fionda: emozionò l’Italia (obbligando ad accorrere sul posto persino le telecamere di Santoro) il drammatico volo dell’acrobata Luca Abbà, che sfiorò la morte precipitando dal traliccio dell’Enel sul quale si era arrampicato, per protesta – lui anarchico, alle prese con una classica dimostrazione di resistenza nonviolenta. Ma durò poco: le cariche dispersero i manifestanti scesi a bloccare l’autostrada, messi in fuga e rincorsi casa per casa, dopo giorni di tensione. Tutto doveva tornare all’ordine fisiologico delle cose, cioè a come si presume che il pubblico s’immagini sia la realtà: un’aspra lotta tra opposti che si detestano, una partita feroce in cui difficilmente vincerà il migliore.
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Cadaveri in aula, processi post-mortem: uccise anche suore
Singolare è stato scoprire come il mondo ecclesiale non sia stato indenne dalle accuse di eresia e stregoneria, anche le monache hanno dovuto scontare le loro colpe al pari delle streghe. Nei conventi, in particolar modo in quelli di clausura dove la disciplina gerarchica imponeva l’obbedienza assoluta, per le suore era ammesso un unico comportamento: trascorrere l’intera esistenza sottomesse alle regole monastiche cancellando la propria identità e sottostando al controllo psicologico totale. Frequenti furono anche i casi di misticismo religioso portato all’estremo, come nel caso di Suor Maria Margherita Alacoque (1647- 1690) che arrivò a leccare il vomito di una malata dal pavimento in segno di devozione a Gesù Cristo. Così scrisse nella sua biografia: «Una volta, volendo pulire il vomito d’una malata, non riuscii a impedirmi di farlo con la lingua e di mangiarlo, dicendogli: Se avessi mille corpi, mille amori, mille vite, io li immolerei per esservi schiava». Proprio in virtù di certe esternazioni di fede, molte suore vennero proclamate sante. A fronte di tutto ciò, molte religiose crollarono sotto il muro di una disciplina assoluta che snaturava ogni forma di individualità.Esaurimenti nervosi e crisi isteriche, umana conseguenza di tanta sottomissione, furono il pretesto per tacciarle di collusione con il demonio. L’Inquisizione non si fece alcuno scrupolo nel condannarle al rogo senza pietà. Come scrive Gian Paolo Prandstraller per la rivista “Etruria Oggi” in un articolo intitolato “L’edonismo organico e il crollo dello spirito ascetico”, «il convento è una tipica istituzione totale, oltre il convento sono esempi di questa organizzazione le prigioni, i campi di concentramento, i manicomi, varie forme di organizzazione militare nelle quali le attività delle persone che vi sono ospitate sono strettamente controllate in ogni ora della giornata». Per capire la ferocia delle istituzioni religiose contro le suore, guardiamo cosa successe a Suor Francesca Fabbroni, la cui vita era legata a un sottile filo che la divideva tra la santità e l’accusa di essere un’invasata. Il suo cadavere fu riesumato per un processo post mortem e quindi bruciato, una prassi piuttosto comune nel medioevo.La stessa sorte era toccata ai resti di Papa Formoso (816 – 896), accusato di ambizione smodata, il cui cadavere venne dissotterrato dopo circa otto mesi dalla sua morte. Fu poi rivestito con i paramenti pontifici, collocato su un trono per essere processato e per rispondere a tutte le accuse che erano state avanzate da Giovanni VIII. Un diacono fu incaricato di porre le domande al cadavere che, per ovvi motivi silente, ammetteva tutte le sue colpe. Non dimentichiamo mai che la Chiesa, santa e infallibile fautrice di verità e della parola del Signore, è stata anche questo. Si arrivò infine al verdetto: il deceduto era stato indegno del pontificato. Così, per seguire un copione di divina sentenza, le vesti papali gli vennero strappate di dosso, le tre dita della mano destra, utilizzate per le benedizioni, gli vennero tagliate. Il cadavere fu infine gettato nel Tevere dopo aver attraversato in bella mostra la città di Roma: ciò accrebbe l’autorità del neo-eletto Papa Stefano VI. Lo stesso trattamento riservato a Papa Formoso toccò in sorte ai resti di Suor Francesca Fabbroni la quale, dopo aver trascorso la sua vita in odore di santità, vide le sue doti mistiche trasformarsi in un’accusa di stregoneria.Le ragioni sono ignote, probabilmente generate da un moto di invidia; questo non ci è dato saperlo. Il cambiamento di vedute, all’epoca, era molto frequente. La suora fu ossequiata in vita e resa consigliera da alcuni regnanti del tempo, vista come guaritrice e santona dal popolo poiché asseriva di parlare direttamente con Dio, i Santi e gli Angeli. Allontanata dal monastero di S.Benedetto di Pisa di cui era badessa, venne spogliata della veste e mandata in esilio nel convento di Santa Caterina a San Gimignano, dove morì nel 1681 senza rinnegare le manifestazioni mistiche di cui era protagonista. Fu perciò seppellita in terra sconsacrata. Ricorre anche qui lo storico pensiero misogino della Chiesa: l’“esibizione” di santità era un concetto in linea generale non ammesso, la presunzione che Dio potesse avere un filo diretto con un’umile suora, anziché con gli alti prelati, assolutamente intollerabile. Il corpo putrefatto della religiosa fu riportato in chiesa una domenica mattina, tre frati lessero a turno i capi di imputazione. Terminata questa ignobile farsa, i suoi resti furono bruciati sulla pubblica piazza come da copione.Vi segnalo adesso una storia che mi ha sconvolto, non troppo nota poiché opportunamente relegata nei polverosi libri delle antiche biblioteche. Mi riferisco al caso di Agueda Azzolini, appartenente a una facoltosa famiglia siracusana, la quale prese i voti giovanissima, come Suor Gertrude di Gesù e Maria. La sua imputazione scaturì da presunti comportamenti immorali e si generò in merito alla sua adesione a un gruppo religioso che si riuniva nel cosiddetto “Fondaco dell’Abate”, nel convento di San Nicolò da Tolentino a Palermo. I religiosi si radunavano in un cenacolo costituito principalmente da frati mistici agostiniani, fra i membri della congregazione erano presenti anche delle suore. Fu rinchiusa nelle carceri del Sant’Ufficio perché avrebbe preso troppo spesso la comunione e abbracciato con calore i suoi confratelli. Comportamento sessualmente illecito, questa fu l’accusa. Non venne giudicato colpevole di alcuna nefandezza l’amministratore del carcere, fra’ Pedro Cicio, il quale tentò più volte di violentarla. Agueda riuscì a salvarsi grazie all’ intervento di una compagna di cella, ma non riuscì a evitare una morte per stenti. La famiglia della suora pagò due tarì al giorno per il suo mantenimento in cella, diaria che scomparve misteriosamente. Fu magari Pedro Cicio, padrone dei registri carcerari, a far sparire quel denaro? Il dramma finale di questa suora innocente, giovane e carina, avverrà perciò in carcere e non su una pira.La fine di Agueda Azzolini, seppur con modalità diverse, ricorda quella di Caterina Medici e del capitano Vacallo: la “suorina”, che si era ribellata allo stupro, morirà di fame. Caterina, che non volle cedere alle insidie del suo padrone, bruciata viva. Uno dei casi più eclatanti, anche perché rappresentò l’ultimo rogo in Baviera e nella stessa Germania, fu quello di suor Maria Renata, accusata di aver evocato il demonio allo scopo di fargli possedere le consorelle nel proprio convento. Davanti al rogo, il gesuita Padre Gaar pronunciò un monito caustico contro la condannata a morte e le sue consorelle. Non ancora pago, pubblicò il libro “Ragionamento” che fu tradotto e diffuso anche in Italia. Accusare un uomo di praticare la stregoneria, in particolar modo un sacerdote, era una pratica piuttosto rara. Nonostante ciò, nei pressi di Pruem – nel Palatinato – il parroco cattolico Michael Campensis fu incriminato e giustiziato per impiccagione. Tutti i battesimi da lui amministrati furono considerati nulli, il rito replicato da altri officianti. In Germania, in Svizzera e nel nord Italia la repressione contro le streghe e gli stregoni fu molto più efferata rispetto ad altre regioni. La casistica è nota perché gran parte della documentazione non è andata perduta.(“Anche le monache erano accusate di eresia e stregoria”, estratto dal volume “Inquisizione” di Fabio Fornaciari, ripreso dal blog di Mauro Biglino. Il libro: Fabio Fornaciari “Inquisizione. Un crimine contro l’umanità”, UnoEditori, 220 pagine, euro 13,90).Singolare è stato scoprire come il mondo ecclesiale non sia stato indenne dalle accuse di eresia e stregoneria, anche le monache hanno dovuto scontare le loro colpe al pari delle streghe. Nei conventi, in particolar modo in quelli di clausura dove la disciplina gerarchica imponeva l’obbedienza assoluta, per le suore era ammesso un unico comportamento: trascorrere l’intera esistenza sottomesse alle regole monastiche cancellando la propria identità e sottostando al controllo psicologico totale. Frequenti furono anche i casi di misticismo religioso portato all’estremo, come nel caso di Suor Maria Margherita Alacoque (1647- 1690) che arrivò a leccare il vomito di una malata dal pavimento in segno di devozione a Gesù Cristo. Così scrisse nella sua biografia: «Una volta, volendo pulire il vomito d’una malata, non riuscii a impedirmi di farlo con la lingua e di mangiarlo, dicendogli: Se avessi mille corpi, mille amori, mille vite, io li immolerei per esservi schiava». Proprio in virtù di certe esternazioni di fede, molte suore vennero proclamate sante. A fronte di tutto ciò, molte religiose crollarono sotto il muro di una disciplina assoluta che snaturava ogni forma di individualità.