Archivio del Tag ‘deficit’
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Vietato stupirsi se gli Usa, popolo eletto, calpestano i diritti
Gli Usa, giovani come sono, quasi mai sono stati in pace e hanno una lunga storia di soprusi, di omicidi e di violazioni dei diritti dell’uomo nonché del diritto internazionale, il quale ultimo si dimostra, ancor più del diritto nazionale, pieghevole nella sua interpretazione ed effettività a seconda dei rapporti di forze in lizza. Nei libri di storia per le scuole non lo si racconta, ma durante la IIª Guerra Mondiale, gli Usa hanno violato le convenzioni internazionali in modo non sporadico, ma metodico. Bombardavano frequentemente quartieri residenziali e persino scuole (Gorla) e giostre (Grosseto). Eseguivano anche mitragliamenti di civili a volo radente. Me lo hanno confermato testimoni oculari e vittime. Ricordiamo i 300.000 civili circa bruciati vivi con un bombardamento al fosforo su Dresda, bersaglio strategicamente inutile; i circa due milioni di prigionieri tedeschi, dopo la fine della guerra, nei campi di concentramento, prigionieri che gli Usa ridefinirono giuridicamente Disarmed Enemy Forces onde esimersi dalla Convenzione di Ginevra del 1929 a tutela dei prigionieri di guerra e darsi così il diritto di ridurre le loro razioni sotto le soglie di sopravvivenza, negando loro anche i ripari contro le intemperie.
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Magaldi: sarà il 2020 a smascherare il governo dei bugiardi
Sapete che c’è, di bello, nell’anno nuovo? La verità, in dosi crescenti. Medicina amara, ma salutare. In altre parole: i burattini al governo, camerieri di ben altri poteri, riusciranno sempre meno a ingannare i cittadini con le loro chiacchiere. Ne è convinto Gioele Magaldi, che nel bestseller “Massoni” ha messo in piazza le trame di quelli che considera i veri burattinai, i signori delle superlogge massoniche reazionarie che hanno progettato la globalizzazione-canaglia, modellando un’Ue che ricorda il Sacro Romano Impero e un’Eurozona fondata sulla scarsità immaginaria di moneta, e quindi “obbligata” a imporre l’austerity. Il film sarebbe ai titoli di coda, se perfino un super-falco del rigore come Mario Draghi oggi ammette: non era vero niente, si può cambiare tutto. Basta la volontà politica, per “fabbricare” i soldi che servono a rilanciare economia e occupazione. «Il re è sempre più nudo, e io credo che nel 2020 ci sarà un salto di qualità in questa denudazione delle menzogne di chi ha detenuto il potere in questi ultimi decenni in modo improprio, abusivo e asservito a poteri elitari, antidemocratici e antipopolari», dice Magaldi, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”.Massone progressista e “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, il presidente del Movimento Roosevelt non ha dubbi: siamo a un punto di svolta. «Da un lato il 2020 non potrà ancora offrire niente di buono, all’Italia, ma – per contro – sarà sempre più difficile, per l’establishment, nascondere l’epocale cambiamento in atto, a livello globale, di cui parla ad esempio Federico Rampini nel volume “La nuova guerra fredda”, incentrato sullo scontro strategico tra Usa e Cina con cui farà i conti anche il sistema-Italia». Per Magaldi il 2020 non sarà risolutivo, ma sarà un anno preparatorio molto importante, dopo il deludente bilancio di un 2019 «segnato dal venir meno delle speranze suscitate dal governo gialloverde, il cosiddetto “governo del cambiamento” che in realtà non ha cambiato nulla e ci ha consegnato questo personaggio, Giuseppe Conte, buono per tutte le stagioni». Uno scenario «risibile e grottesco», quello illuminato dal discorso di fine anno pronunciato da Conte, visto che in concreto per gli italiani non cambia assolutamente nulla: «Le tasse sono sempre altissime, la disoccupazione giovanile dilaga, il divario nord-sud è sempre più drammatico, le infrastrutture sono fatiscenti. E poi non c’è più una politica estera, nemmeno per la Libia». In altre parole «non c’è una bussola, tirano tutti a campare e in più ligitano: l’unica cosa che tiene in vita il governo Conte è la paura delle urne».Quantomeno, secondo Magaldi, «il 2020 costringerà sia il governo che le opposizioni a superare la loro attuale retorica, perché a livello globale tutto si sta modificando rapidamente, al punto da lasciar sperare in una diversa evoluzione della globalizzazione, fin qui solo neoliberista». Per Magaldi, «l’ottimismo sta nel fatto che lo sguardo degli italiani è sempre più maturo, consapevole e disincantato». Lo è anche quello degli europei e degli abitanti di paesi lontanissimi: «La globalizzazione ha prodotto un’intensità inedita nello scambio di conoscenze». Per capirlo, basta uno sguardo alla clamorosa rivolta di Hong Kong «contro il sistema elitario della Cina, non certo democratico», a cui però il nostro establishment «non sa offrire nulla di concreto». Intendiamoci: anche i cinesi ci guardano. E noi cosa proponiamo loro? «Da parte nostra, non c’è neppure una seria autocritica sullo stato non certo esaltante della stessa democrazia occidentale». Che tutto stia per cambiare, assicura Magaldi, lo assicura anche il clamoroso riposizionamento di Mario Draghi: «Lui, il principe dell’austerity e delle pessime privatizzazioni, dell’egemonia neoliberista nella governance Ue, ora dice che è venuto il momento di cambiare tutto».Di fatto, aggiunge Magaldi, lo stesso Draghi «riconosce una cosa: che ci hanno mentito tutti, lui compreso, per decenni». Cioè: «Non è vero che dobbiamo rassegnarci al rigore perché non ci sono soldi. Basta cambiare le regole: creare gli eurobond, annullare lo spread, fare della Bce un motore di sviluppo». L’austerity, peraltro, non ha fatto che aumentare il debito. «Se invece investiamo, possiamo moltiplicare la ricchezza aumentando il Pil e riducendo il debito». I soldi oggi non sono un problema, perché ormai sono “moneta fiat”, creata dal nulla: basta emetterne a sufficienza. «Quello che manca, semmai, è la volontà politica». E a mancare sono anche le idee, nel caso di Conte, che Magaldi definisce «una comparsa di nessun rilievo, destinata a sparire». Del resto, «quanto è durato Renzi, ben più comvincente e più efficace di Conte nella capacità di comunicare?». L’attuale premier «ricorda, per grigiore, Enrico Letta e Paolo Gentiloni». Per aiutare l’Italia «servono coraggio e visione, che a Conte mancano: occorre spiegare cosa fare e come, dove prendere i soldi per fare cosa».Magaldi parla di 200 miliardi da chiedere subito, per resuscitare l’Italia: lavoro, infrastrutture, scuole. Come ottenere quei soldi? «Semplice: basta chiedere un piano speciale di investimenti, stralciabile dal computo del deficit». Chi lo propone? «Nessuno: non certo Conte, ma non lo chiese neppure Salvini quand’era al governo». La verità è che da trent’anni non abbiamo più una classe politica all’altezza dell’Italia: «Quella della Prima Repubblica, almeno, aveva una percezione chiara della vocazione italiana ad essere leader del Mediterraneo, facendo da cerniera col Medio Oriente e con paesi come l’Iran, la Cina, la Russia». Mai avrebbe accettato di rassegnarsi al rigore, al peggioramento costante delle condizioni dei cittadini, anno dopo anno. Ora siamo “sovragestiti” attraverso pallide mezze figure, «maggiordomi di poteri altri rispetto a quelli che si vedono». Ecco perché, chiosa Magaldi, nel 2020 gli italiani scopriranno in modo sempre più chiaro che «dietro ai discorsi fumosi e generici di Conte non c’è assolutamente nulla di utile per il paese». L’amara verità diverrà sempre più evidente: è l’unica consolazione, par di capire, in arrivo con il mediocre 2020.Sapete che c’è, di bello, in arrivo con l’anno nuovo? La verità, in dosi crescenti. Medicina amara, ma salutare. In altre parole: i burattini al governo, camerieri di ben altri poteri, riusciranno sempre meno a ingannare i cittadini con le loro chiacchiere. Ne è convinto Gioele Magaldi, che nel bestseller “Massoni” ha messo in piazza le trame di quelli che considera i veri burattinai, i signori delle superlogge massoniche reazionarie che hanno progettato la globalizzazione-canaglia, modellando un’Ue che ricorda il Sacro Romano Impero e un’Eurozona fondata sulla scarsità immaginaria di moneta, e quindi “obbligata” a imporre l’austerity. Il film sarebbe ai titoli di coda, se perfino un super-falco del rigore come Mario Draghi oggi ammette: non era vero niente, si può cambiare tutto. Basta la volontà politica, per “fabbricare” i soldi che servono a rilanciare economia e occupazione. «Il re è sempre più nudo, e io credo che nel 2020 ci sarà un salto di qualità in questa denudazione delle menzogne di chi ha detenuto il potere in questi ultimi decenni in modo improprio, abusivo e asservito a poteri elitari, antidemocratici e antipopolari», dice Magaldi, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”.
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Magaldi: la mafia dei media tace sulla massoneria che conta
Comodo, sparare a man salva sulle piccole massonerie regionali: funziona a meraviglia, come escamotage per non parlare mai dell’unica massoneria che conti davvero, quella sovranazionale, a cui Gioele Magaldi ha dedicato il bestseller “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere. Nomi e cognomi, indicazioni mai smentite: «E’ anche grazie a quel libro, citato in Parlamento dai 5 Stelle, se poi Napolitano s’è dovuto dimettere, dopo aver insediato Monti alla guida del governo su mandato delle aristocrazie massoniche più reazionarie». Magaldi presenta Napolitano come un esponente di spicco della superloggia “Three Eyes”, «di cui la P2 di Gelli era stata la succursale italiana». Precisa l’autore: «Posso documentare ogni mia affermazione: dispongo di 6.000 pagine di dossier». Nessuno, però, ha mai preteso di visionare quei documenti. E’ più facile, semmai, riesumare il fantasma di Gelli per parlare della massoneria in termini generici e persino criminologici, sulla scorta di inchieste molto mediatiche come quella sull’ipotetica connessione tra logge e ‘ndrangheta, in Calabria, attorno alla figura di Giancarlo Pittelli. In attesa che le indagini proseguano, Magaldi resta prudente: «Troppe volte, dopo l’iniziale polverone suscitato dai media, non è emerso nulla di sostanziale, per il paese: neppure l’indagine “Minotauro” condotta da Agostino Cordova pervenne ad alcunché di clamoroso».«Intendiamoci: la mafia è profondamente radicata nelle regioni del Sud», premette Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, in video-chat su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Ma attenzione: «Del contrasto a Cosa Nostra negli anni ‘90 beneficiò la ‘ndragheta calabrese, e tuttora vive indisturbata la potentissima mafia cinese, di cui nessuno parla mai». Singoli massoni implicati in trame malavitose in Calabria? Magaldi denuncia la ricorrente inclinazione dei media ad associare la massoneria alla mafia, nel Meridione, ogni volta che qualche massone risulta coinvolto in indagini. Un discriminazione che gli pare inaccettabile: «Se a essere indagato fosse un esponente cattolico, chi sarebbe così stupido da criminalizzare, solo per questo, tutti i cattolici?». Aggiunge Magaldi: «Se diciamo che ogni siciliano puzza di mafia e ogni calabrese puzza di ‘ndrangheta, allora demonizziamo tutti». Inutile aggiungere che «ci sono fior di siciliani e di calabresi che, oltre a essere ottimi cittadini, sono anche massoni». Non solo: «Erano massoni anche fior di giudici morti ammazzati, eroici combattenti antimafia». Insiste Magaldi: il connubio mafia-massoneria, presentato come qualcosa di fisiologico, «esiste solo nei sogni di qualche giornalista ignorante e di qualche magistrato che spesso prende lucciole per lanterne».Un ruolo decisivo, in questa deformazione ottica, sarebbe rivestito proprio da certa stampa: «Troppi articoli di giornale – afferma Magaldi – sono scritti da gente che di massoneria non sa e non capisce nulla. E forse (e questo è ancora più grave) di massoneria capisce poco o nulla anche la magistratura. O fa finta di non capire? Non lo so». Già “venerabile” della loggia Monte Sion del Grande Oriente d’Italia e ora “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, snodo italiano del network supermassonico sovranazionale di segno progressista, Magaldi si rivolge direttamente ai giudici: «Sono a disposizione per spiegare alla magistratura che, se vuole indagare su gravi danni arrecati alla collettività, allora bisogna che scavi tra le privatizzazioni fatte negli anni ‘90, in Italia: perché lì ci sono danni molto più grandi di quelli che possa procurare qualunque intreccio tra massonerie di “peones” e malavite scalcinate». Messa tra parentesi l’indagine in corso nel Vibonese, Magaldi attacca: «Provate a chiedere ai giornali che si parli dei livelli massonici che hanno consentito a Romano Prodi e a Mario Draghi di privatizzare in modo osceno importanti asset italiani, e di stabilire un rapporto svantaggiosissimo per l’Italia rispetto all’Eurozona e all’Unione Europea».Curioso: oggi, Prodi e Draghi stanno per contendersi la poltronissima del Quirinale, puntando a prendere il posto di Mattarella. Due opzioni decisamente opposte: con ostantato candore, il veterano Prodi (sabotatore dell’Iri e già presidente della Commissione Europea) fa allegramente il tifo per le Sardine, riducendo il problema-Italia alla “fenomenologia di Salvini”, mentre Draghi – al contrario – ammette di aver fatto, per trent’anni, il contrario dell’interesse nazionale. L’ex presidente della Bce si mostra “pentito” delle maxi-privatizzazioni imposte al paese quando era direttore generale del Tesoro. Da governatore di Bankitalia – aggiunge Magaldi – Draghi non vigilò sul Montepaschi quando la banca senese si stava avventurando in operazioni spericolate. Non solo: Anna Maria Tarantola, la titolare della vigilanza in Banca d’Italia, fu promossa alla guida della Rai «dal massone Monti, insediato a Palazzo Chigi con l’aiuto dei “fratelli” Napolitano e Draghi». Questa, ribadisce Magaldi, è la massoneria che conta: «Provate a dire una cosa del genere, e vedrete se i media oseranno parlare di certe reti massoniche neoaristocratiche, sovranazionali e potentissime (altro che i quattro boss di Vibo Valentia)».Vero: il sistema-media continua a ignorare gli avvertimenti di Magaldi. E persino quelli di Draghi: apprestandosi a lasciare la Bce, il super-banchiere europeo ha infatti rilasciato dichiarazioni clamorose, prefigurando la necessità di un cambio di rotta rivoluzionario. Fine del rigore, e della scarsità artificiosa di moneta. Draghi ha parlato di eurobond per azzerare lo spread e addirittura dell’eventualità di ricorrere alla Modern Money Theory, che – mediante emissione monetaria virtualmente illimitata – autorizzerebbe gli Stati a ricorrere a robusti deficit per rilanciare l’economia. «Inoltre, in privato – aggiunge Magaldi – lo stesso Draghi ha bussato ai circuiti massonici progressisti: chiede di essere appoggiato, per poter usare la sua autorevolezza (nazionale e internazionale) per rimediare al disastro che ha contribuito a creare, obbedendo ai diktat neoliberisti degli ultimi decenni che hanno provocato la grande crisi europea e il declino economico dell’Italia». E i giornali? Buio pesto: «Silenzio: omertà mafiosa, da parte dei media, su questi temi». Altro che titoloni sul binomio “mafia e massoneria” in Calabria. «Questa è la vera mafia», accusa Magaldi: «E’ l’omertà mafiosa dei media sui temi che riguardano davvero le dinamiche più importanti del potere».Comodo, sparare a man salva sulle piccole massonerie regionali: funziona a meraviglia, come escamotage per non parlare mai dell’unica massoneria che conti davvero, quella sovranazionale, a cui Gioele Magaldi ha dedicato il bestseller “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere. Nomi e cognomi, indicazioni mai smentite: «E’ anche grazie a quel libro, citato in Parlamento dai 5 Stelle, se poi Napolitano s’è dovuto dimettere, dopo aver insediato Monti alla guida del governo su mandato delle aristocrazie massoniche più reazionarie». Magaldi presenta Napolitano come un esponente di spicco della superloggia “Three Eyes”, «di cui la P2 di Gelli era stata la succursale italiana». Precisa l’autore: «Posso documentare ogni mia affermazione: dispongo di 6.000 pagine di dossier». Nessuno, però, ha mai preteso di visionare quei documenti. E’ più facile, semmai, riesumare il fantasma di Gelli per parlare della massoneria in termini generici e persino criminologici, sulla scorta di inchieste molto mediatiche come quella sull’ipotetica connessione tra logge e ‘ndrangheta, in Calabria, attorno alla figura di Giancarlo Pittelli. In attesa che le indagini proseguano, Magaldi resta prudente: «Troppe volte, dopo l’iniziale polverone suscitato dai media, non è emerso nulla di sostanziale, per il paese: neppure l’indagine “Minotauro” condotta da Agostino Cordova pervenne ad alcunché di clamoroso».
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Sardine e Gretini distraggono l’Italia dallo sfacelo del paese
Tutta l’attenzione mediatica è concentrata su Sardine e gretini. Lo scopo è fin troppo evidente. Portare l’antifascismo e l’antirazzismo nelle piazze, in assenza di fascismo e di razzismo, per criticare chi al momento è all’opposizione. L’esperimento è politicamente interessante per la sua originalità. Poiché la maggioranza è politicamente insistente, non resta altro per difenderla che scendere in piazza… contro l’opposizione. Il fatto che Alitalia, ex-Ilva e Popolare di Bari siano in bancarotta, che la manovra economica di bilancio sia nel caos e così la ratifica del Trattato del “Fondo SalvaStati” tutto questo è di secondaria importanza. Il Pil italiano è sempre a crescita zero (+0,1% secondo le stime) e così l’inflazione, per cui il Pil in euro aumenta di solo 4 miliardi da un anno all’altro e anche solo un piccolo deficit del 2,1% (35 miliardi), fa aumentare il debito di 30 miliardi circa. Ma il problema dei “nuovi partigiani” è fermare la feroce bestia fascista. Un linguaggio di vero amore e di pace. Del resto possono contare sul fatto che nonostante questo governo sia non il vuoto, ma il sottovuoto spinto non accade nulla di tragico, a parte gli operai in cassa integrazione per Natale, ma di questo non frega un cazzo a nessuno.Lo “spread”, nonostante il pagliaccio di turno ogni tanto provi a fare allarmismo, si comporta bene perché i Btp la settimana scorsa sono saliti di 4 punti, più di ogni altro bond al mondo e la borsa italiana è salita del 18% da agosto, migliore Borsa al mondo. Nel mondo di oggi se il mercato finanziario tira i politici si sentono al sicuro e viceversa, basta vedere Trump che saluta ogni rialzo del Dow Jones. Nonostante quindi la produzione industriale stia di nuovo calando, l’andamento del Pil italiano sia il peggiore dell’Ocse, Alitalia, Ilva e Popolare di Bari siano da salvare e la manovra sia nel caos più totale, il governo galleggia. Bisogna ricordare che il governo Berlusconi nel 2011 aveva di fronte una situazione economica migliore di quella di oggi e lo stesso fu costretto a dimettersi solo perché le quotazioni dei Btp erano scese sui mercati di 20 o 30 punti (lo spread consiste appunto in questo calo dei prezzi dei Btp). Il mercato finanziario per ora è benigno per cui il governo può tirare a campare. L’incognita è il M5S perché più di metà dei suoi parlamentari sa che non verrà rieletto stando ai sondaggi e sta cominciando quindi un esodo verso Salvini, che può invece farli rieleggere.Se il M5S lascia tutta la politica economica nelle mani di Gualtieri e del Pd si suicida del tutto, lentamente magari perché appunto lo “spread” al momento è sotto controllo, ma il caos su Ilva, Popolare di Bari, Alitalia, sul Mes e su una manovra di bilancio fatta di piccole tasse lo logoreranno anche se è al governo. In effetti ci sono segni di irrequietudine tra i parlamentari, tra i quali ad esempio la maggioranza di loro ha firmato un disegno di legge promosso da Pino Cabras per introdurre una “moneta fiscale” sotto forma di “certificati di compensazione fiscale” (cioè detrazioni fiscale che si possono scambiare, come abbiamo illlustrato in precedenti articoli). L’importo non è indicato nel disegno di legge, lasciandolo decidere al ministro dell’economia, ma in tutte le elaborazioni, si parla da un minimo di 20 miliardi ad un massimo di 60 miliardi l’anno, quindi qualcosa di rilevante. Assieme a Cabras a sostenere la proposta c’erano, del M5S, Mario Turco (sottosegretario della Presidenza del Consiglio con delega alla programmazione economica) e Steni Di Piazza (sottosegretario del ministero del lavoro). Inutile dire che la proposta è interessante e potrebbe essere fatta oggetto di discussione anche dalla Lega, ora che Salvini pare vestire i panni del responsabile pronto al dialogo nell’interesse del paese. Ma c’è da fidarsi?In questi giorni sulla piattaforma “Rousseau” c’è stata una votazione per decidere un team di “facilitatori” che affiancheranno Di Maio sui vari temi. Il Movimento doveva completare la sua trasformazione in partito ed ecco quindi la sua segreteria. Il vice di Di Maio è una donna di Casaleggio, Enrica Sabatini. Sappiamo che il tutto ha poco senso, perché basta un “belin” di Grillo per far cadere tutto. Ma sappiamo anche che a Grillo interessa solo portare al Quirinale Romano Prodi, per fare un dispetto a Renzi. Del resto non gliene frega più un cazzo. Ma soffermiamoci su un punto. Per l’economia c’erano 3 team e ha vinto quello del senatore Presutto che propone di ridurre il debito pubblico come priorità, mentre il team che proponeva la “moneta fiscale”, del tutto in linea con il disegno di legge presentato dal M5s, è stato bocciato. Il punto è sempre lo stesso. Il M5S sostiene tutto e il contrario di tutto. Come si fa a proporre un “comitato di salvezza nazionale” in queste condizioni? Mille sono i rischi e con quale guadagno?(Paolo Becchi e Giovanni Zibordi, “Sardine, gretini e 5 Stelle allo sbando, e intanto il paese va a picco”, da “Libero” del 17 dicembre 2019; articolo ripreso dal blog di Becchi).Tutta l’attenzione mediatica è concentrata su Sardine e gretini. Lo scopo è fin troppo evidente. Portare l’antifascismo e l’antirazzismo nelle piazze, in assenza di fascismo e di razzismo, per criticare chi al momento è all’opposizione. L’esperimento è politicamente interessante per la sua originalità. Poiché la maggioranza è politicamente insistente, non resta altro per difenderla che scendere in piazza… contro l’opposizione. Il fatto che Alitalia, ex-Ilva e Popolare di Bari siano in bancarotta, che la manovra economica di bilancio sia nel caos e così la ratifica del Trattato del “Fondo SalvaStati” tutto questo è di secondaria importanza. Il Pil italiano è sempre a crescita zero (+0,1% secondo le stime) e così l’inflazione, per cui il Pil in euro aumenta di solo 4 miliardi da un anno all’altro e anche solo un piccolo deficit del 2,1% (35 miliardi), fa aumentare il debito di 30 miliardi circa. Ma il problema dei “nuovi partigiani” è fermare la feroce bestia fascista. Un linguaggio di vero amore e di pace. Del resto possono contare sul fatto che nonostante questo governo sia non il vuoto, ma il sottovuoto spinto non accade nulla di tragico, a parte gli operai in cassa integrazione per Natale, ma di questo non frega un cazzo a nessuno.
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Basta fango: se tutti i partiti si unissero per salvare il paese
Fango su fango, per produrre altro fango, lungo un desolato orizzonte di fango. Tutto è uguale a niente, ormai? Buio sul povero Giulio Regeni, massacrato in Egitto: anni di parole contro il truce regime del Cairo, e silenzio assordante sugli elusivi committenti di Giulio, le ambigue e reticenti agenzie di Cambridge che probabilmente lo mandarono al macello, a sua insaputa. Fango su fango, anche se si vuole inquadrare il martirio dei migranti: tutto sembra risolversi nell’insulso derby violento all’italiana, pro o contro Salvini, senza uno sputo di analisi sull’immane tragedia dell’Africa. Solo maschere, per questo piccolo avanspettacolo nutrito di personaggi come Carola Rackete e Greta Thunberg (perfetta, la svedese, per eludere – con il suo dogma climatico – il vero dramma dell’avvelenamento terrestre). A vincere è il fango, declinato ovunque. Fango sulla Russia, anche in salsa olimpionica: tutto si esaurisce negli ipotetici Russiagate, senza che nessuno si interroghi sul ruolo di Mosca, di Bruxelles, di Berlino e di Washington. I media fotografano una società che, anziché pensare, insulta. Fango su Trump, per le presunte intrusioni in Ucraina, dopo che il paese fu travolto da una rivoluzione colorata, progettata a tavolino e finita con la consegna del gas ucraino al figlio di Joe Biden, allora vice di Obama. Fango su tutti, a turno: sui siriani e gli iracheni, sui palestinesi, sui curdi.Fango e morte per i libici, gli yemeniti, gli stessi europei fatti a pezzi nelle piazze dal sedicente Isis, sotto il naso di polizie distratte. Fango e botte, per buon peso: sprangate in faccia ai manifestanti di Hong Kong e a quelli di Parigi. C’è chi la chiama terza guerra mondiale a rate, a puntate, a geometria variabile. Con tanto sangue, e soprattutto fango, a ogni latitudine. La piccola Italia (non così piccola, ma rimpicciolita dagli stregoni dell’Ue) diventa addirittura microscopica, nella fanghiglia della sua non-politica di ieri e di oggi. Non un partito vero, che pensi al domani: tutto è fermo alle elezioni del giorno dopo. Sondaggi, telegiornali, talkshow. Il non-governo attanagliato dal terrore del voto, l’opposizione che non va oltre l’ovvio disgusto per le non-decisioni dei prestanome che occupano i palazzi. La cosiddetta crisi morde sempre di più: acciaierie in panne e banche sull’orlo del tracollo, viadotti che si schiantano, fabbriche che chiudono, industrie che scappano all’estero per pagare meno (sia il lavoro che le tasse). Politica assente: massima irrisione, la non-protesta delle Sardine. Una beffa grottesca: festicciole e canzoni, al funerale dell’Italia.Uno spettacolo surreale, offerto al mondo che ci guarda, e che osserva la nostra incapacità strutturale di leggere la crisi, di riconoscerne i mandanti e gli esecutori. Attaccano Salvini, i dimostranti ipnotizzati dalla disinformazione: se la prendono con un micro-leader che domani forse non esisterà nemmeno più, e che comunque (questa la sua colpa) non ha ancora fatto assolutamente niente per restituire al paese una visione precisa, nonché una strategia su come uscire dall’oceano di fango nel quale sta affondando. Quel che non si perdona, alla Lega, è di essere l’unico partito a suo modo vitale, legittimato dal consenso? In effetti sembra fuori posto, questa Lega – prontamente assediata dalle inchieste – nell’Italia dell’anonimo e cardinalizio Conte, dell’esanime Zingaretti, della caricatura Renzi, degli zombie un po’ cialtroni che fino a ieri promettevano un mondo a 5 stelle. Altro? Macché. Fango per tutti, a reti unificate, senza sforzarsi di capire perché siamo finiti così in basso. Cos’è il debito pubblico? Cosa sono l’Eurozona, il Mes, la Brexit, il Fiscal Compact, il pareggio di bilancio? Cos’è davvero l’avanzo primario, che da quasi trent’anni fa sì che lo Stato prelevi dai cittadini, sotto forma di tasse, più di quanto il governo non spenda, per gli italiani, in termini di servizi?Economia, questa sconosciuta: deve provvedere Mario Draghi, nientemeno, a suggerire che la via d’uscita può essere dalla parte opposta, rispetto al plumbeo rigorismo della Bce. Proprio lui, Draghi, è come se dicesse: ci si salva facendo l’esatto contrario di quel che ho fatto io, in tutti questi anni, prima al Tesoro e poi a Bankitalia, quindi a Francoforte. Modern Money Theory: emissione illimitata di liquidità, a costo zero. Altro che super-tasse, altro che austerity imposta per volere divino. Deficit positivo: vuol dire soldi da investire, lavoro, consumi, economia (e alla fine, risanamento del bilancio). Il “nuovo” Draghi, keynesiano e sovranitario, potrebbe essere l’eroe perfetto, per le Sardine – per loro, e per chiunque aspiri a recuperare il senso delle cose, il contatto con la realtà (cos’è lo Stato e a cosa serve, come deve funzionare). “Prestatore di ultima istanza”: parole divenute antiche solo qui, in questa Europa nanizzata dall’Ue, dai trattati intangibili che la recintano, deprimendola. Atroce, storicamente, per un continente dove – tra Parigi e Londra – nacque la democrazia moderna, già incubata in modo larvale nel medioevo italiano dei Comuni, e poi evocata tra le barricate della Repubblica Romana. Mazzini e Garibaldi: non volevano forse una democrazia europea, di popoli fratelli? Sappiamo com’è andata: due guerre mondiali. Poi la pace tra le rovine, la ricostruzione, la prodigiosa rinascita nel Belpaese. Fino a quando, lassù, non s’è deciso che potesse bastare, e che dovessimo tornare a soffrire.Modern Money Theory: massima eresia. La sventola Draghi, e nessuno fiata. Nessuno lo intervista, lo interroga, lo incalza. Sarebbe la notizia del secolo, in teoria, in materia finanziaria. Certo, non è merce maneggevole per l’insultificio. Meglio il fango, certo: è tanto più comodo. Nel fango si sguazza un po’ tutti, perché non è difficile trovare il bersaglio adatto, visto il livello dello zoo politico. Sarebbe bello vedere un altro film. Gente che accetta di sedersi allo stesso tavolo, a discutere. Fine del tifo, della gara di rutti. Tema: rimettere insieme i frantumi. Unirsi, con un obbligo: cancellare la lavagna delle prossime elezioni, e mettersi a pensare. Trovare, insieme, il gusto del bicchiere mezzo pieno. Ce ne sarebbe, da studiare. Prima, però, converrebbe archiviare le bandiere. Si fa così, da sempre, quando si vuole la pace. Si mettono da parte i vecchi rancori, le liturgie rituali, le identità solo formali. Destra e sinistra: che senso hanno, oggi? Cos’ha fatto, di buono, il centrodestra di governo? E in cosa si è distinto, il centrosinistra, rispetto ai tagli sociali dell’era berlusconiana? Entrambe le fazioni hanno obbedito a diktat. L’hanno votata insieme, la legge Fornero. Hanno mostrato il medesimo rispetto reverenziale per lo sciagurato Patto di Stabilità, che in capo a dieci anni ha ridotto le strade dei paesi italiani a campi minati, dove si fa lo slalom tra le buche perché il Comune non ha i soldi per l’asfalto.Hanno ragione, le Sardine, a reclamare una diversa estetica, gentile e dialogante. Mancano il bersaglio, certo: sparano all’orso di cartone, senza avvedersi che il luna park è recintato come un lager, dove tutto è proibito. Siamo prigionieri, ecco il punto. Beninteso, prigionieri europei del terzo millennio: privilegiati, senza nessuna guerra in casa da settant’anni. Siamo persino liberi di parlare, di insultarci allegramente, di vomitare fango contro gli orsetti di cartone. Ma è tutto qui, quel che sappiamo fare? Non ci viene il sospetto che le nostre animose divisioni siano l’habitat perfetto, per chi vuole continuare a portarci via tutto? Nei decenni della sovranità relativa, monetaria, l’Italia divenne la quarta potenza industriale del pianeta. E questo, nonostante le sue piaghe: mafia, evasione fiscale di massa, corruzione dilagante della politica. Eppure il paese cresceva, tutti stavano meglio e sapevano che i figli avrebbero avuto ancora più opportunità. Il deficit aveva fatto da motore, e il mastodonte Iri era il volano di un’economia che trascinava migliaia di aziende. Poi hanno fatto a pezzi tutto, dando la colpa a noi: al debito delle cicale, alla mafia, agli evasori, ai politici corrotti.Con queste miserabili menzogne hanno eretto il recinto spinato dell’attuale luna park, su cui sventola la bandierina blu-stellata della cosiddetta Europa. Mafia, evasione, corruzione? Esattamente come prima. La differenza? Non possiamo più spendere. Il risultato è una specie di catastrofe: meno servizi, meno welfare, meno sanità, meno pensioni. Meno soldi, meno consumi, meno futuro, meno tutto. Rigore, tasse, delimitazioni assurde come la suprema frode del famigerato tetto del 3% alla spesa pubblica: pura invenzione di un’ideologia maligna, spacciata per norma scientifica, per legge economica. Balordo imbroglio, grazie al caos organizzato a tradimento. Dopo decenni di cospicue regalie statali, la grande industria se la svigna in Serbia, in Romania e in Polonia, dove le maestranze costano di meno. La Fiat scappa in Olanda, lasciando a secco il fisco del paese che l’ha coperta di miliardi per decenni. E che dire dell’inflessibile Germania? Trucca i suoi conti pubblici, facendo dimagrire il debito di Stato depennando quello delle Regioni e la spesa pensionistica. E noi in piazza, valorosamente, a intonare gli inni dell’antifascismo di un secolo fa, mentre i predoni del 2019 ridono degli italiani, ingenui incorreggibili.Che bello, se qualcuno mettesse in produzione l’altro film: quello che manca. Tutti seduti allo stesso tavolo. Di Maio e Renzi, Salvini e Zingaretti, la Meloni. Conferenza a reti unificate, per dire: signori, c’è un problema. Le regole vanno cambiate. Siamo tutti d’accordo, finalmente. Vogliamo salvare gli italiani, tornare alla democrazia reale dello Stato. Lanciare una democrazia continentale. Far nascere qualcosa che ancora non esiste: una Unione Europea, di gente che si aiuta. Bello e impossibile? Soltanto un sogno, un’utopia? Pure, proprio da lì si parte: sono i sogni a dissipare il fango. Il resto, poi, viene da sé. Di fronte a un orizzonte nuovo, chi mai perderebbe ancora tempo a vomitare insulti? Molto sta nel crederci, all’orizzonte amico. Serve qualcuno che innanzitutto lo disegni, faccia vedere quanto sarebbe attraente, e spieghi anche quali passi, esattamente, sarebbe necessario compiere, verso la meta. Prima, però, deve tornare il sole almeno nei pensieri: per metter fine al fango, alla paura, alla stupidità dell’odio. Sta a noi, la prima mossa: se scoppia la pace, si mette male per gli sfruttatori. Lo sanno bene, i padroni del luna park. Gli unici a non saperlo ancora, a quanto pare, siamo noi?(Giorgio Cattaneo, “Basta fango: se tutti i partiti italiani si unissero, per salvare il paese”, dal blog del Movimento Roosevelt del 18 dicembre 2019).Fango su fango, per produrre altro fango, lungo un desolato orizzonte di fango. Tutto è uguale a niente, ormai? Buio sul povero Giulio Regeni, massacrato in Egitto: anni di parole contro il truce regime del Cairo, e silenzio assordante sugli elusivi committenti di Giulio, le ambigue e reticenti agenzie di Cambridge che probabilmente lo mandarono al macello, a sua insaputa. Fango su fango, anche se si vuole inquadrare il martirio dei migranti: tutto sembra risolversi nell’insulso derby violento all’italiana, pro o contro Salvini, senza uno sputo di analisi sull’immane tragedia dell’Africa. Solo maschere, per questo piccolo avanspettacolo nutrito di personaggi come Carola Rackete e Greta Thunberg (perfetta, la svedese, per eludere – con il suo dogma climatico – il vero dramma dell’avvelenamento terrestre). A vincere è il fango, declinato ovunque. Fango sulla Russia, anche in salsa olimpionica: tutto si esaurisce negli ipotetici Russiagate, senza che nessuno si interroghi sul ruolo di Mosca, di Bruxelles, di Berlino e di Washington. I media fotografano una società che, anziché pensare, insulta. Fango su Trump, per le presunte intrusioni in Ucraina, dopo che il paese fu travolto da una rivoluzione colorata, progettata a tavolino e finita con la consegna del gas ucraino al figlio di Joe Biden, allora vice di Obama. Fango su tutti, a turno: sui siriani e gli iracheni, sui palestinesi, sui curdi.
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Magaldi: se rimane nel centrodestra, Salvini non ha futuro
«Non scherziamo, sul fascismo: è stato un fatto storico, serio e tragico. Evocarlo a casaccio, oggi, significa mancare di rispetto a chi lo ha subito davvero». Gioele Magaldi attacca «l’analfabetismo funzionale» degli slogan delle Sardine, che riempiono le piazze grazie all’odio per Salvini ma senza proporre niente: «Non vanno oltre le generiche dichiarazioni di principio, il livello è quello del concorso di Miss Italia». Vuoi un mondo migliore? Bene, ma allora perché non riesci a formulare una sola proposta? «L’Italia ha bisogno di investimenti per 200 miliardi, da non computare nel deficit: possibile che dalle Sardine non arrivi nemmeno un’idea?». Possibile, sì: a loro basta vomitare disprezzo su Salvini, cui rimproverano persino l’uso dei social media. «Mi vorrebbero proibire Facebook?», si domanda l’Uomo Nero, che ha appena festeggiato il trionfo di Boris Johnson. Male, prende nota il presidente del Movimento Roosevelt: «E’ ora di finirla, con la politica tribale. Non ha senso esultare perché a Londra ha vinto la destra», sostiene Magaldi. «Lo stesso Johnson ammise si avere mentito, al referendum, garantendo che la Brexit avrebbe regalato chissà cosa, agli inglesi». Per inciso: «Il leader del Brexit Party, Nigel Farage, tutela gli interessi dei suoi amici affaristi. E il primo “regalo” della Brexit, infatti, sarebbe la privatizzazione della sanità britannica».Cosa c’è da festeggiare? Proprio niente, dice Magaldi, in web-streaming su YouTube. Per contro, non è il caso di commettere i soliti errori ottici: «Johnson non è affatto “un fascista”, intendiamoci: come conservatore inglese è anzi antifascista. Certo è un neoliberista radicale, mentre Blair e Clinton erano per il neoliberismo “soft” della cosiddetta Terza Via teorizzata da Anthony Giddens, poi imitati da epigoni italiani come D’Alema e Renzi». Variazioni cosmetiche sul tema, e medesimo risultato: privatizzazioni selvagge. «In questi decenni – dice Magaldi – il finto scontro fra centrodestra e centrosinistra, a colpi di insulti tribali, è servito solo a proteggere i manipolatori: gli stessi poteri hanno imposto la loro agenda, sia alla destra che alla sinistra». Non l’ha ancora capito, Salvini? «Se resta ancorato al centrodestra, il leader della Lega non ha futuro», afferma Magaldi. «La Lega – aggiunge – avrebbe persino qualcosa da imparare, dai conservatori inglesi: con Cameron hanno varato i matrimoni gay quando in Italia non s’era ancora arrivati nemmeno alle “unioni civili” volute da Renzi». Altro capitolo del classico trazionalismo della destra italiana, la criminalizzazione della droga: «Salvini è riuscito a fare una crociata persino contro i negozi di cannabis terapeutica, in un paese dove tutti si possono drogare in barba alla legge, facendo la felicità del narcotraffico mafioso».Magaldi è antiproibizionista: «Legalizzare le droghe vorrebbe dire controllarne il mercato, sottraendolo alla criminalità. Accadde la stessa cosa negli Usa, quando Roosevelt mise fine all’ipocrisia del proibizionismo sull’alcol». Un consiglio al leader della Lega: prosegua nel cammino intrapreso per trasformare l’ex Lega Nord in un soggetto diverso, non più ancorato al centrodestra, capace di opporsi agli abusi di questa Ue presidiata da finti europeisti come Merkel e Macron. Quanto alle Sardine, c’è poco da aggiungere: «Anche a me piace cantare Bella Ciao, senza dimenticare però che a cantarla non erano solo i partigiani artefici della futura democrazia, ma anche i comunisti che sognavano di trasformare l’Italia in un incubo come la Jugoslavia, l’Albania, l’Ungheria». Se la Lega può stonare e la Gran Bretagna si affida agli squali del neoliberismo che nuotano all’ombra di Boris Johnson, certo non brilla la sinistra inglese: «Sono contento che abbia perso, Jeremy Corbyn. Comunque, non poteva vincere: troppo estremista sulle nazionalizzazioni». Magaldi cita l’esempio virtuoso del socialista svedese Olof Palme: impegnava lo Stato come partner delle aziende in crisi, per salvare il lavoro. «Corbyn poi ha insistito solo sulle tasse: ma persino Draghi ha appena evocato la Modern Money Theory, cioè la via ultra-keynesiana per finanziare lo Stato (emettendo moneta) senza per forza inasprire il carico fiscale».Magaldi cita un saggio dei Premi Nobel per l’Economia, la francese Esther Duflo e l’indiano Abhijit Banerjee, marito e moglie, presentato da Goffredo Buccini sul “Corriere della Sera”. Titolo: “Good economics for hard times”. In uscita da Laterza, questa “buona economia per tempi duri” ha una premessa: vaccinarsi dall’odio politico quotidiano, fatto solo di slogan e insulti. Primo: tornare a riconoscere la dignità dell’avversario. Viceversa, se prevale la rissa, vincono i soliti poteri invisibili e ci rimettono gli elettori, tutti insieme. «La sinistra “illuminata” parla in termini “millenaristici” dell’ascesa mondiale della nuova destra, la quale ricambia i pregiudizi», scrive Buccini. «I punti di vista sono “tribalizzati”, non solo sulla politica ma anche sui problemi sociali: tutte questioni che richiederebbero qualcosa più di un tweet». L’Italia agonizza, vaso di coccio tra vari di ferro, mentre la politica balbetta. Il Mes, l’Ilva, i mille fronti aperti. Il Conte-bis sembra già morto, i 5 Stelle sono allo sbando e il Pd spera nelle Sardine, che si limitano a sparare su Salvini: il quale, ora, tende la mano per un possibile patto di salvezza nazionale, viste le troppe emergenze concomitanti. Sarà tattica, ma è sempre meglio dei latrati che salgono dalle piazze dei giovani odiatori.«Non scherziamo, sul fascismo: è stato un fatto storico, serio e tragico. Evocarlo a casaccio, oggi, significa mancare di rispetto a chi lo ha subito davvero». Gioele Magaldi attacca «l’analfabetismo funzionale» degli slogan delle Sardine, che riempiono le piazze grazie all’odio per Salvini ma senza proporre niente: «Non vanno oltre le generiche dichiarazioni di principio, il livello è quello del concorso di Miss Italia». Vuoi un mondo migliore? Bene, ma allora perché non riesci a formulare una sola proposta? «L’Italia ha bisogno di investimenti per 200 miliardi, da non computare nel deficit: possibile che dalle Sardine non arrivi nemmeno un’idea?». Possibile, sì: a loro basta vomitare disprezzo su Salvini, cui rimproverano persino l’uso dei social media. «Mi vorrebbero proibire Facebook?», si domanda l’Uomo Nero, che ha appena festeggiato il trionfo di Boris Johnson. Male, prende nota il presidente del Movimento Roosevelt: «E’ ora di finirla, con la politica tribale. Non ha senso esultare perché a Londra ha vinto la destra», sostiene Magaldi. «Il leader del Brexit Party, Nigel Farage, ammise si avere mentito, al referendum, garantendo che la Brexit avrebbe regalato chissà cosa, agli inglesi». Per inciso: «Farage tutela gli interessi dei suoi amici affaristi. E il primo “regalo” della Brexit, infatti, sarebbe la privatizzazione della sanità britannica».
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Wall Street Journal: i soldi per i poveri restano in Vaticano
Mentre Papa Francesco predica contro i mali della disuguaglianza economica e i peccati del capitalismo, la Chiesa cattolica sottrae all’Obolo di San Pietro oltre 50 milioni di dollari l’anno per tappare i buchi del proprio bilancio ormai fuori controllo. E tutto questo, scrove Tyler Durden su “Zero Hedge”, dopo aver pagato, in diversi decenni, oltre 3 miliardi di dollari di risarcimenti nei processi contro i preti pedofili in tutto il mondo. Secondo il “Wall Street Journal”, la maggior parte dei circa 55 milioni di dollari che la Chiesa riceve ogni anno va a «colmare il buco nel bilancio amministrativo del Vaticano, mentre solo il 10% viene speso per opere di beneficenza». Questa assai poco pubblicizzata indiscrezione su come la Santa Sede spenda l’Obolo di San Pietro, «conosciuta solo da alcuni alti funzionari vaticani», secondo il quotidiano statunitense «sta suscitando tra alcuni leader della Chiesa cattolica il timore che i fedeli si sentano ingannati sull’utilizzo delle loro donazioni, cosa che potrebbe danneggiare ulteriormente la credibilità della gestione finanziaria vaticana di Papa Francesco». Eppure, l’Obolo di San Pietro – che raccoglie fondi ogni anno, a fine giugno – viene definito come una iniziativa per i bisognosi: un «gesto di carità, un modo per sostenere l’attività del Papa e della Chiesa Universale per favorire soprattutto i più poveri e le Chiese in difficoltà». È anche «un invito a conoscere e ad essere vicini alla nuove forme di povertà e fragilità».Una sezione del sito web, dedicata alle “opere realizzate” descrive l’utilizzo delle sovvenzioni individuali. Esempio: 100.000 euro in aiuti di prima necessità ai sopravvissuti al terremoto del mese scorso in Albania, 150.000 euro per le persone colpite nel mese di marzo dal ciclone Idai nell’Africa sud-orientale. «Lo scopo della raccolta dell’Obolo di San Pietro è quello di fornire al Santo Padre i mezzi finanziari per rispondere a coloro che soffrono a causa di guerre, oppressioni, calamità naturali e malattie», secondo il sito web della Conferenza Episcopale statunitense. Solo che, negli ultimi cinque anni – scrive Durden, in un post tradotto da “Come Don Chisciotte” – solo il 10% del denaro raccolto (oltre 55 milioni di dollari nel 2018) è stato realmente destinato alle varie cause benefiche pubblicizzate per sollecitarne la raccolta. Lo affermano «persone che hanno familiarità con la questione», secondo cui «circa i 2/3 dei fondi vengono utilizzati per contribuire a colmare il deficit di bilancio della Santa Sede, in pratica l’amministrazione centrale della Chiesa Cattolica e la rete diplomatica mondiale della stessa Santa Sede». Per il 2018, si parla di un disavanzo di circa 78 milioni di dollari, su una spesa totale di circa 334 milioni.La “riallocazione” delle donazioni di beneficenza – aggiunge Durden – arriva nel momento in cui la Santa Sede sta affrontando un deficit di bilancio in forte espansione che, nell’ammonimento del Papa ai cardinali, potrebbe avere un «grave impatto» sul futuro economico della Chiesa. Papa Francesco era stato eletto nel 2013 anche con il mandato di revisionare le finanze vaticane, «dopo le accuse di corruzione, sprechi e incompetenze», secondo il “Wall Street Journal”. La notizia della cattiva gestione finanziaria del Vaticano «non potrebbe arrivare in un momento peggiore», visto che la Chiesa è alle prese «con uno scandalo legato a dubbi investimenti immobiliari londinesi che hanno portato, nel mese di novembre, al licenziamento del suo principale gestore finanziario, René Brülhart». Scoppiato per la prima volta a ottobre, quest’ultimo scandalo è imperniato sui tentativi della Santa Sede di ottenere un prestito di 110 milioni di dollari) per l’acquisto di proprietà di lusso nel quartiere londinese di Chelsea. Per contro, «i regolamenti vaticani consentono al Papa di usare le donazioni come ritiene più opportuno, anche per sostenere la propria amministrazione». Il patrimonio dell’Obolo ammonta attualmente a circa 600 milioni di euro, «in calo rispetto ai circa 700 milioni dell’inizio dell’attuale pontificato», secondo Durden «in gran parte a causa di investimenti sbagliati».Mentre Papa Francesco predica contro i mali della disuguaglianza economica e i peccati del capitalismo, la Chiesa cattolica sottrae all’Obolo di San Pietro oltre 50 milioni di dollari l’anno per tappare i buchi del proprio bilancio ormai fuori controllo. E tutto questo, scrive Tyler Durden su “Zero Hedge”, dopo aver pagato, in diversi decenni, oltre 3 miliardi di dollari di risarcimenti nei processi contro i preti pedofili in tutto il mondo. Secondo il “Wall Street Journal”, la maggior parte dei circa 55 milioni di dollari che la Chiesa riceve ogni anno va a «colmare il buco nel bilancio amministrativo del Vaticano, mentre solo il 10% viene speso per opere di beneficenza». Questa assai poco pubblicizzata indiscrezione su come la Santa Sede spenda l’Obolo di San Pietro, «conosciuta solo da alcuni alti funzionari vaticani», secondo il quotidiano statunitense «sta suscitando tra alcuni leader della Chiesa cattolica il timore che i fedeli si sentano ingannati sull’utilizzo delle loro donazioni, cosa che potrebbe danneggiare ulteriormente la credibilità della gestione finanziaria vaticana di Papa Francesco». Eppure, l’Obolo di San Pietro – che raccoglie fondi ogni anno, a fine giugno – viene definito come una iniziativa per i bisognosi: un «gesto di carità, un modo per sostenere l’attività del Papa e della Chiesa Universale per favorire soprattutto i più poveri e le Chiese in difficoltà». È anche «un invito a conoscere e ad essere vicini alla nuove forme di povertà e fragilità».
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Il Mes e i Miserabili: come siamo caduti in basso, e perché
Ma che razza di paese siamo? Si sprecano commenti sul look del conducente, mentre qualcuno ha manomesso i freni del pullman, e non da oggi. Ancora stiamo lì a disputare sulle briciole miserabili del Mes, anziché rovesciare finalmente il banco? E’ un tavolo truccato, dove i bari si giocano a dadi il futuro dei popoli, parlando abusivamente a loro nome. Un teatro dell’assurdo, questa Unione Europea spacciata per Europa. Il club ha reclutato tra le sue comparse anche Giuseppe Conte, l’ex avvocato del popolo gialloverde: ricondotto all’ovile sorvegliato da figuranti di lungo corso come Paolo Gentiloni e David Sassoli, uno commissario Ue e l’altro presidente del Parlamento Europeo. Esponenti dell’immortale Pd, premiati dopo aver perso le elezioni e messi lì per assicurare ai dormienti l’eterno riposo. Finito nella bufera, e subito smentito dall’Eurogruppo (il Mes è già stato approvato, dicono i tecnocrati), il povero Conte ha balbettato in aula la sua tiepida versione sull’ultimo trattato-capestro, vendendolo come ancora negoziabile, e comunque nient’affatto “segreto” nella sua gestazione. Falso, lo smentisce il leghista Claudio Borghi: la scorsa estate, rivela, il testo è stato visionato solo di sfuggita, a Palazzo Chigi, da tre parlamentari leghisti e un emissario del grillino Fraccaro.«Non firmiamo niente», conclusero, dopo aver solo potuto guardare da lontano quelle 40 pagine, scritte in inglese, senza la possibilità di fotocopiarle. Alla faccia della sovranità parlamentare. L’ha ripetuto, Borghi, nella diretta web-streaming su ByoBlu con Claudio Messora e Francesco Toscano, poche ore dopo l’infuocata assise delle Camere: la bozza di revisione del micidiale Mes, i cui funzionari si pongono al di sopra di qualsiasi legge, non punibili in nessun caso, ha seguito la stessa procedura clandestina del Ttip, il trattato-fantasma concepito per scavalcare i governi e lasciare alle multinazionali l’ultima parola sui contenziosi con gli Stati. Qui è ancora peggio, rincara Borghi: almeno, l’accesso formale al testo del Ttip (sempre in inglese, non fotografabile neppure con lo smartphone) era previsto dall’agenda. Invece, quei 40 fogli del Mes-2 sarebbero stati esibiti la scorsa estate solo per gentile concessione di Conte, in imbarazzo con i suoi azionisti di riferimento, Lega e 5 Stelle. Uno strappo alla regola: in base al rigido protocollo, le informazioni riservatissime sul rinnovato Meccanismo Europeo di Stabilità, in teoria, si sarebbero dovute limitare unicamente al premier, assistito d’ufficio dal solo ministro dell’economia (all’epoca, Giovanni Tria).Citato da Salvini nella sua requisitoria in aula contro Conte, l’esperto Guido Salerno Aletta, di “Milano Finanza”, conferma l’allarme già lanciato da Antonio Patuelli dell’Abi e, ancor più autorevolmente, dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. E cioè: se l’Italia fosse costretta a ricorrere al Mes, il nuovo Fondo potrebbe chiedere in cambio pesantissime “condizionalità”, inclusa la “ristrutturazione” del debito. Tradotto: le banche, detentrici dei titoli di Stato, potrebbero attingere direttamente ai conti correnti degli italiani. In alternativa, il governo dovrebbe imporre una patrimoniale. Lo conferma, sempre a “ByoBlu”, un tecnocrate come Carlo Cottarelli: per l’Italia il rischio è serio, visto l’attuale sistema di finanziamento (titoli di Stato, con moneta non sovrana) e un debito che galleggia oltre il 130% del prodotto interno lordo. Il documento, infatti, prevede che tutto vada liscio solo per i paesi con un debito non superiore al 60% del Pil, in linea con la “teologia” di Maastricht. Problema: le regole del rigore, pensate trent’anni fa per un’Europa in crescita, si sono scontrate con la realtà della stagnazione, riuscendo solo ad aggravare la crisi e condannare intere economie. E oggi, nel 2019, ancora si insiste con una ricetta perversa e socialmente devastante, votata alla rovina generale?“Non venitemi a dire che non lo sapevate”, è la fragile autodifesa di Conte, che tenta di coinvolgere Salvini e Di Maio, entrambi vicepremier all’epoca dell’incubazione del Mes-2. Vero a metà, a quanto pare: da un lato, il capo della Lega e il portavoce dei 5 Stelle non hanno mai rigettato, a prescindere, la prospettiva dell’ex Fondo salva-Stati. Dall’altro, però, si erano riservati di analizzarlo in modo approfondito. Salvo scoprire, oggi, che il Mes avrebbe viaggiato in clandestinità: un piatto avvelenato, da servire ai Parlamenti solo a cose fatte. E qui, Conte traballa. Accusato frontalmente da Salvini e Giorgia Meloni, è isolato dalla freddezza di Di Maio: i 5 Stelle potrebbero ribellarsi e staccare la spina al governo, pur di bloccare il fondo “ammazza-Stati”? Se il Pd e i renziani fanno quadrato attorno all’attuale titolare dell’economia, cioè il tecnocrate Roberto Gualtieri (creatura di Buxelles), dalla sinistra si sfila “Liberi e Uguali”: per Stefano Fassina, già viceministro di Enrico Letta, l’Italia deve rispedire al mittente, rifiutandosi di approvarlo, questo pericoloso congegno a orologeria.Conte avrebbe già dato il suo ok, all’insaputa di tutti? Malissimo: proprio su questo sembra giocarsi la sopravvivenza del professor-avvocato a Palazzo Chigi, incalzato dalla Lega che si prepara alla mobilitazione popolare, a suon di firme, prima ancora di valutare una mozione di sfiducia, nel caso in cui una frangia dei 300 parlamentari grillini prendesse le distanze da quello che, sulla carta, si presenta come il più insidioso attentato alle tasche degli italiani. Mesi fa, un ex analista dell’intelligence come Fausto Carotenuto aveva confessato: «Temo il Conte-bis, la sua debolezza politica ne farà lo strumento perfetto per l’élite europea intenzionata a farci del male». Oggi, di fronte alla rissa parlamentare sull’ipotetico Fondo Monetario Europeo, un osservatore privilegiato come Gioele Magaldi, massone progressista e presidente del Movimento Roosevelt, allarga decisamente l’orizzonte: ma ci rendiamo conto, dice, di cosa stiamo parlando? Lo capiamo, per quale motivo siamo finiti così in basso? Vogliamo deciderci a vederlo, il problema? Alzi la mano chi sa spiegarsi, precisamente, per quale motivo la moneta (europea) è diventata qualcosa da mendicare, da prendere in prestito a caro prezzo, lasciando in pegno interi paesi (e ora, magari, anche il patrimonio di milioni di cittadini).Chiarisce l’economista Nino Galloni, che del Movimento Roosevelt è vicepresidente: ci rendiamo conto che l’Italia ha sì un enorme debito pubblico, ma in compenso vanta un debito privato irrisorio e un ingentissimo patrimonio fatto di risparmi, di capitali e immobili, a garanzia del sistema economico nazionale? E perché allora il rating delle agenzie, adottato da Bruxelles come unico parametro, considera solo il debito contabile dello Stato? Chiedetelo a Prodi, taglia corto un altro “rooseveltiano” come Gianfranco Carpeoro: fu il professore di Bologna, osannato come salvatore della patria dopo aver sfasciato l’Iri che sorreggeva l’industria italiana, a genuflettersi ai signori dell’euro, rinunciando a far pesare il valore reale dell’Italia. Quanto agli eurocrati, un grande imprenditore come Fabio Zoffi, che opera in Germania, ha avuto il coraggio di sbugiardare i guardiani dell’austerity altrui: al “Giornale” ha ricordato che Berlino, mediante svariati artifici contabili, omette enormi cifre nel computo del deficit. Il debito tedesco (quello reale) sarebbe il doppio di quello italiano. Attenzione, avverte Zoffi: proprio grazie al super-debito, sia pure occulto, la Germania funziona meglio dell’Italia. Ergo: anziché tagliare la spesa, perché non allargarla? Il famoso tetto del 3% non è certo una legge economica: è solo un diktat politico-ideologico, che ha finora depresso l’economia.Né si creda che sia intelligente prendersela col signor Franz, dice da parte sua il comunista Marco Rizzo, consultato sempre da Messora: il popolo tedesco non ha idea di quello che combina, alle sue spalle, l’élite che lo governa. Vale per tutti gli altri, inclusi i francesi. La soluzione? Sincronizzare i popoli, coalizzarli contro questa oligarchia che ha privatizzato la moneta. Da tutt’altro versante, quello social-liberale, Gioele Magaldi (in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”), punta il dito contro lo scandaloso dumping fiscale, su cui nessuno fiata: «Che Europa è mai questa, dove si consente che in paesi come l’Olanda e il Lussemburgo sia più conveniente pagare le tasse?». Risultato: l’emorragia di entrate fiscali (Fiat docet), grazie alla fuga delle grandi aziende. Su questo, niente da ridire? Meglio la piccola crociata, vagamente infame, contro l’idraulico che lavora in nero? E i media che fanno, continuano a dormire? Marco Travaglio, addirittura, s’è messo ad incensare Conte: «Saprebbe indicare, Travaglio, un solo illuminante atto di governo che abbia contraddistinto il premier, da quando è a Palazzo Chigi, con l’unica evidente intenzione di restarvi il più a lungo possibile, non importa come, obbedendo ai politici che contano in Europa, anche a scapito degli italiani?».Mai stato tenero, Magaldi, nemmeno con Lega e 5 Stelle. L’accusa: dovevano almeno avviare il cambiamento promesso. «Invece si sono limitati alle chiacchiere: esattamente come Renzi, proprio per questo scaricato a suo tempo dagli elettori». Renzi s’era rimesso in pista, ma ora è stato speronato dalle inchieste sul finanziamento della fondazione Open. «Giusto che la magistratura indaghi, ma senza far politica su questo: ipocrita pensare che i partiti vivano d’aria. Ma sopprattutto: Renzi va bocciato politicamente, perché per l’Italia non ha fatto nulla». Oggi, il mostro ha le sembianze del Mes. E prima ancora: Trattato di Maastricht e Trattato di Lisbona, Fiscal Compact, pareggio di bilancio in Costituzione. «Io sono ultra-europeista», dice Magaldi, «ma intendiamoci: un’Unione Europea non è mai esistita». Chi l’ha detto, ad esempio, che a decidere tutto sia la Bce, non controllata da politici, a loro volta tenuti a rispondere agli elettori? Ora siamo all’apice dell’aberrazione: anziché un ente prestatore di ultima istanza, deputato a finanziare gli Stati in modo virtualmente illimitato, si darebbe vita allo strozzinaggio istituzionale di un organismo ancora meno democratico, super-bancario, abilitato a ricattare popoli scavalcando definitivamente i governi.Al di là di come andrà a finire la miserabile vicenda Mes, incluso lo scaricabarile tra politici, Magaldi sintetizza: tutta quella robaccia va stracciata e riscritta da zero. E’ che ora di svegliarsi, tutti, ma per davvero. Le piccole Sardine? Si decidano: chiedano conto della situazione a chi comanda davvero, in Italia. I sovranisti? Vicolo cieco: a che serve trincerarsi entro i confini, quando è Bruxelles che detiene le leve strategiche, le regole che condizionano l’economia? Vale anche per i rossobruni di Vox Italia: l’oligarchia non ha nulla da temere, da chi rifiuta la battaglia continentale. La risposta? Democrazia, da imporre ai gerarchi dell’Ue. In pillole: «L’Italia sta crollando: viadotti che cadono, scuole a pezzi. Disoccupazione, tasse altissime, aziende che non vengono pagate. Servono 200 miliardi, per rimettere in corsa il paese». E si pensa di elemosinarli al Mes, mettendosi al collo il cappio degli usurai? Non è questione di virgole o di percentuali, insiste Magaldi: c’è da far saltare tutto. Cambiare le regole, da cima a fondo. Primo: «Un’Europa democratica, con la sua Costituzione, e un governo federale finalmente eletto dal Parlamento Europeo». Secondo: «Una banca centrale che emetta eurobond, e sostenga in modo illimitato i debiti pubblici, mettendo fine al ricatto dello spread». O così, o moriremo: malati di Mes, o si qualsiasi altro morbo letale fabbricato in provetta, nei laboratori segreti che hanno sabotato la democrazia per dare vita a questo morto vivente, questo zombie travestito da Sacro Romano Impero, senza più cittadini ma soltanto sudditi.Ma che razza di paese siamo? Si sprecano commenti sul look del conducente, mentre qualcuno ha manomesso i freni del pullman, e non da oggi. Ancora stiamo lì a disputare sulle briciole miserabili del Mes, anziché rovesciare finalmente il banco? E’ un tavolo truccato, dove i bari si giocano a dadi il futuro dei popoli, parlando abusivamente a loro nome. Un teatro dell’assurdo, questa Unione Europea spacciata per Europa. Il club ha reclutato tra le sue comparse anche Giuseppe Conte, l’ex avvocato del popolo gialloverde: ricondotto all’ovile sorvegliato da figuranti di lungo corso come Paolo Gentiloni e David Sassoli, uno commissario Ue e l’altro presidente del Parlamento Europeo. Esponenti dell’immortale Pd, premiati dopo aver perso le elezioni e messi lì per assicurare ai dormienti l’eterno riposo. Finito nella bufera, e subito smentito dall’Eurogruppo (il Mes è già stato approvato, dicono i tecnocrati), il povero Conte ha balbettato in aula la sua tiepida versione sull’ultimo trattato-capestro, vendendolo come ancora negoziabile, e comunque nient’affatto “segreto” nella sua gestazione. Falso, lo smentisce il leghista Claudio Borghi: la scorsa estate, rivela, il testo è stato visionato solo di sfuggita, a Palazzo Chigi, da tre parlamentari (di cui due leghisti) e un emissario del grillino Fraccaro.
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Sapelli: all’Italia servono l’Ilva e una Lega non più anti-Ue
Mai come in questo momento l’Italia ha bisogno della produzione di Taranto. Perché quegli acciai piani sono, qualitativamente, tra i migliori al mondo. Perché, in un paese fatto di piccole e medie imprese, coprono il 70% del fabbisogno nazionale a un prezzo inferiore rispetto all’oligopolio internazionale. E perché servono a costruire i rapporti con la Mesopotamia, ossia la Siria e l’Iraq ma anche la Libia, e per ricucirci un nuovo ruolo in Europa. Il problema più urgente sembra che per Mittal sia il cattivo affare di un’azienda che perde 2 milioni al giorno? E per il governo quello di arrivare a un compromesso (l’entrata di Cdp, l’accettazione di una parte degli esuberi)? Il governo non mi pare che sia all’altezza. Perché non ha le competenze, e perché nel suo stesso interno ha una forte componente antiindustriale, a sua volta divisa in un’ala esoterica dei 5 Stelle, che vede qualunque elemento d’industria come una connotazione del male, e in un’altra, non necessariamente ambientalista ma legata a certa concezione ideologica del capitalismo.Dati i suoi stabilimenti nel resto d’Europa, Mittal si è buttata su Ilva non per salvarla, ma per chiuderla? Finora, questo tipo di strategia, i grandi investitori tendono raramente a perseguirla. In molti casi, come General Electrics e Avio, si sono sempre mantenuti gli impianti produttivi. E, a dirla tutta, nel lungo periodo, non vedo in giro una sovracapacità produttiva dell’acciaio, anzi. E se ne ha bisogno anche per ragioni strategiche industriali verso l’Africa. Ma di cosa ci stupiamo ora, quando a Venezia assistiamo tranquillamente ogni giorno al transito delle grandi navi a due passi da piazza San Marco? È un atteggiamento italiano. Come il fatto che continuiamo a non avere la separazione delle carriere in magistratura, una giustizia che è quello che è, un apparato tecnocratico abnorme. Dovremmo finirla di fare gli ipocriti. Si parla tanto di investimenti in infrastrutture. Ma se si esclude un accenno alla “golden rule” (lo scorporo dal calcolo del deficit, appunto, degli investimenti pubblici), il governo, almeno sulla carta, ci sta mettendo meno di 1 miliardo. Si cresce, così? Paolo Savona, che è un tecnico inoppugnabile, parla di un alto numero di opere pubbliche già cantierizzate. Mi domando, dato che per esse i soldi sono già stati stanziati, perché non vadano avanti.Il ministro dell’economia Gualtieri conta molto sul decreto fiscale, sulle tasse ecologiche e sul fatto che l’Europa ci dia flessibilità per 12-14 miliardi. Troppo timido e ottimista? Gualtieri è persona molto competente, è uno storico che ha scritto una bella tesi sull’Europa e ha la fortuna di non essere un economista con la testa riempita di sciocchezze. Ma rischia di avere una spiccata visione della manovra influenzata da ideologie del passato, diciamo così. Cos’ho pensato quando si è tornato a parlare di Alitalia? Con Alitalia la situazione non è inedita. Eppure si era arrivati, fondamentalmente, ad un ottimo contratto. Ma i sindacati hanno fatto votare anche i non iscritti (ma come si fa?) e quel contratto è stato respinto. A questo punto bisognerebbe aprire un dibattito pubblico su domande fondamentali: interessa davvero conservare l’italianità? O meglio, un rilancio di proprietà straniera in cui solo la sede legale e produttiva rimangano in Italia? E le risposte non sono semplici, specie considerando che siamo il paese in cui l’alta velocità sulla tratta ferroviaria Milano-Roma ha, di fatto, distrutto la tratta aerea; o dove s’ è scelto di usare Malpensa invece di optare per l’aeroporto di Verona. E posso andare avanti…Una notte, nel 2018, mi proposero di fare il presidente del Consiglio. Semplicemente, un amico mi chiese di mettermi a disposizione per Palazzo Chigi. Siccome io sono piemontese, con un alto senso dello Stato, l’ho fatto. La prospettiva di impedire che Di Maio diventasse premier mi avrebbe spinto a fare qualunque cosa. Il governo reggerà fino alla legge di bilancio? Della manovra interessa a pochi. In realtà i partitelli appena nati, ma anche tutti gli altri, stanno aspettando le nomine degli enti pubblici (circa 500) per applicare lo spoil system e “bassaninizzare” la pubblica amministrazione. E la Lega? Penso che Lega abbia degli ottimi amministratori locali e lavori egregiamente sul territorio. Ma la sua vera strategia per fare la differenza è quella di liberarsi dei suoi estremismi e abbracciare l’Europa. Deve parlare con la Merkel e con quelli che lì contano. Io non concepisco l’idea di sovranismo se non nell’ottica filosofica di Jean Bodin («potere assoluto e perpetuo dello Stato» nell’ambito della tolleranza e della libertà religiosa).(Giulio Sapelli, dichiarazioni rilasciate nell’ambito dell’intervista “La profezia sull’Ilva: salvarla è vitale, ma il governo non è all’altezza”, realizzata da Francesco Specchia per “Libero” il 19 novembre 2019).Mai come in questo momento l’Italia ha bisogno della produzione di Taranto. Perché quegli acciai piani sono, qualitativamente, tra i migliori al mondo. Perché, in un paese fatto di piccole e medie imprese, coprono il 70% del fabbisogno nazionale a un prezzo inferiore rispetto all’oligopolio internazionale. E perché servono a costruire i rapporti con la Mesopotamia, ossia la Siria e l’Iraq ma anche la Libia, e per ricucirci un nuovo ruolo in Europa. Il problema più urgente sembra che per Mittal sia il cattivo affare di un’azienda che perde 2 milioni al giorno? E per il governo quello di arrivare a un compromesso (l’entrata di Cdp, l’accettazione di una parte degli esuberi)? Il governo non mi pare che sia all’altezza. Perché non ha le competenze, e perché nel suo stesso interno ha una forte componente antiindustriale, a sua volta divisa in un’ala esoterica dei 5 Stelle, che vede qualunque elemento d’industria come una connotazione del male, e in un’altra, non necessariamente ambientalista ma legata a certa concezione ideologica del capitalismo.
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Care Sardine, perché non vi rivolgete ai padroni dell’Italia?
Care Sardine, volete decidervi a dire qualcosa di importante? Ovvero: «Perché non vi rivolgete ai veri padroni delle cose italiane, a quelli che decidono cosa si fa in Italia, invece di polemizzare con questo o quello, come se il problema nostro fosse l’immigrazione o le eventuali tendenze neofasciste?». Per la cronaca: oggi le frange “nere” sono relegate in «minuscoli raggruppamenti dello 0,0%, che non esprimono nemmeno un parlamentare». Secondo Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, «pensare di liquidare la Lega parlando di xenofobia e neofascismo è un’idiozia: la Lega non è né fascista né xenofoba, e il tema dell’immigrazione Salvini l’ha posto in termini democratici». Al movimento delle Sardine, piuttosto, una domanda netta: «Perché non scendete in piazza per chiedere una Costituzione politica europea, l’emissione degli eurobond per far sparire il ricatto dello spread e 200 miliardi di investimenti per l’Italia?». Servirebbero giusto per «rilanciare l’occupazione, fare manutenzione del territorio e riammodernare i trasporti». Insiste Magaldi: «Consiglierei alle Sardine di puntare il dito verso che coloro che davvero, dall’Europa e dalle grandi centrali della globalizzazione, hanno deciso politiche neoliberiste, mortificatrici dell’interesse collettivo italiano».Parlando a ruota libera in diretta web-streaming su YouTube, Magaldi vede con favore la mobilitazione giovanile delle piazze: sarebbe un peccato, dice, se tanta energia venisse sprecata solo in termini di interdizione contro la Lega, in vista delle regionali emiliane. Per inciso: «Non credo che la Lega possa vincere, in Emilia, una Regione peraltro governata piuttosto bene dagli amministratori locali del centrosinistra». Clamoroso, se Lucia Borgonzoni riuscisse a battere Stefano Bonaccini: «Sarebbe come se il Pd conquistasse il Veneto, o la Lombardia». Consultazioni irrilevanti, dunque? Tutt’altro: la posta in gioco, secondo Magaldi, non è la presidenza della Regione, ma il trend elettorale che emergerà. «E’ sull’aumento della Lega in Emilia Romagna che si misura il tipo di mutamento che sta avvenendo nella politica italiana», di cui non si potrà non tener conto. Alle ultime regionali, nel 2014, in Emilia la Lega ottenne il 19%. Stesso risultato alle politiche del 2018. Poi, un anno di governo ha “miracolato” Salvini agli occhi degli elettori emiliano-romagnoli: alle europee di maggio, la Lega è volata al 33,7%. Per questo, oggi – anche se Magaldi resta scettico – i sondaggi la accreditano addirittura come possibile vincitrice della gara.Partita chiusa, invece, per il Movimento 5 Stelle, su cui Grillo ha fatto calare il sipario commissariando Di Maio e zittendo chiunque non gradisca il menù imposto dall’Elevato. «Requiem per Grillo, a meno che una mattina non si svegli e dica ai suoi: abbiamo sbagliato tutto». Quello che doveva fare, secondo Magaldi, era una cosa sola: «Cambiare l’Europa in senso democratico, invocare politiche keynesiane e chiedere di stralciare gli investimenti dal computo del deficit». Ma non creda, Grillo, di cavarsela così, cioè emarginando l’inconsistente Di Maio: «Riorganizzare la dirigenza? Ai cittadini non importa se accanto a Di Maio ci sarà una cabina di regia. Per fare cosa, poi? Si continua a non dirlo». Per il presidente del Movimento Roosevelt, a certificare ulteriormente il fallimento dei penstastellati è la grottesca “santificazione” che Grillo fa dell’attuale premier: «Conte non ha un’idea di paese, e intanto l’Italia è in pieno declino: disoccupazione e consumi in calo, aziende che chiudono, infrastrutture e scuole fatiscenti, professionisti che faticano a farsi pagare». Se in Emilia la Lega crescerà ancora, è evidente che per Conte saranno guai.Care Sardine, volete decidervi a dire qualcosa di importante? Ovvero: «Perché non vi rivolgete ai veri padroni delle cose italiane, a quelli che decidono cosa si fa in Italia, invece di polemizzare con questo o quello, come se il problema nostro fosse l’immigrazione o le eventuali tendenze neofasciste?». Per la cronaca: oggi le frange “nere” sono relegate in «minuscoli raggruppamenti dello 0,0%, che non esprimono nemmeno un parlamentare». Secondo Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, «pensare di liquidare la Lega parlando di xenofobia e neofascismo è un’idiozia: la Lega non è né fascista né xenofoba, e il tema dell’immigrazione Salvini l’ha posto in termini democratici». Al movimento delle Sardine, piuttosto, una domanda netta: «Perché non scendete in piazza per chiedere una Costituzione politica europea, l’emissione degli eurobond per far sparire il ricatto dello spread e 200 miliardi di investimenti per l’Italia?». Servirebbero giusto per «rilanciare l’occupazione, fare manutenzione del territorio e riammodernare i trasporti». Insiste Magaldi: «Consiglierei alle Sardine di puntare il dito verso coloro che davvero, dall’Europa e dalle grandi centrali della globalizzazione, hanno deciso politiche neoliberiste, mortificatrici dell’interesse collettivo italiano».
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Carpeoro: grillini ko, governo Draghi o elezioni anticipate
«Se la candidatura Draghi si profila nel modo giusto, spacca i 5 Stelle e nasce il governo Draghi». Se invece l’ex presidente della Bce non riuscirà a “profilarsi nel modo giusto”, a quel punto «si andrà alle elezioni». E Draghi è più probabile che faccia il presidente del Consiglio o della Repubblica? «Prima l’uno e poi l’altro, direi». Parola di Gianfranco Carpeoro, saggista e acuto osservatore della politica italiana. Era stato il primo, l’8 settembre scorso, a scommettere sulla vita brevissima del Conte-bis, destinato a cadere «entro 90 giorni». Sostituito da un altro esecutivo, dominato da una figura di garanzia per l’establishment? Già allora, Carpeoro non escludeva neppure il voto anticipato: a certe condizioni, disse, «lo scenario-elezioni diventerà probabile al 99%». Ci siamo? «La fibrillazione dei 5 Stelle è molto importante, per cui non so se reggono: credo che la mia previsione sui 90 giorni si avvererà», conferma oggi a Fabio Frabetti di “Border Nights”, in web-streaming su YouTube. «Col tipo di contrapposizione che ha avuto col Pd in tutti questi anni, il Movimento 5 Stelle non poteva reggere un’alleanza».Mentre il governo annaspa tra Ilva, Mes ed emergenza-Venezia, i 5 Stelle (umiliati in Umbria) ora vengono dati al 5% in Emilia, ma sulla piattaforma Rousseau sconfessano Di Maio, che proponeva di non partecipare alle regionali emiliane, per evitare l’ennesima débacle. La scadenza dei “90 giorni” per il Conte-bis, insediato a inizio settembre, ormai è vicinissima. Superata la manovra finanziaria (riallineata all’Ue), si accettano scommesse sulla longevità politica di Conte: che cada prima o dopo Natale, poco cambia. A spaventare i “giallorossi” è il voto regionale in Emilia, il 26 gennaio, col rischio che la Lega possa strappare la Pd la storica roccaforte “rossa”. In ogni caso, i grillini si avvicinano alla meta sconfitti in partenza: sondaggi impietosi, per loro, a prescindere dal nome del futuro presidente della Regione. Dal quasi 33% ottenuto alle politiche del 2018, un anno dopo i penstellati erano precipitati al 17% alle europee, dimezzando i voti. E ora, dopo soli tre mesi al governo col Pd, stanno letteralmente sparendo insieme al loro portavoce, Di Maio.Colpa essenzialmente di un colossale flop politico: il reddito di cittadinanza ridotto a parodia di welfare, e il tradimento (spettacolare) di tutte le promesse elettorali. Ilva e Tap, trivelle in Adriatico, Muos e F-35, Tav Torino-Lione. Capitolo pietoso, i vaccini: confermato l’obbligo vaccinale istituito da Beatrice Lorenzin. Peggio: in primavera, lo stesso Grillo firmò (con Renzi) il “patto per la scienza” redatto dal vaccinista Claudio Burioni, per tagliare le gambe alla libera ricerca sui danni da vaccino. Sempre da Grillo, in agosto, il via libera all’accordo col nemico storico dei 5 Stelle, il Pd, siglato con la benedizione di Renzi. All’ex rottamatore, secondo Carpeoro, i grandi poteri hanno proposto un accordo: se ci aiuti a mettere in piedi il Conte-bis, ti faremo finalmente entrare nel salotto buono. Indizio: l’invito al meeting 2019 del Bilderberg, che pure resta una semplice vetrina. «In realtà – afferma Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” – Renzi aveva ripetutamente bussato, ma senza esito, alla superloggia internazionale Maat, quella di Barack Obama». Sul suo rientro in campo, prudenza: Italia Viva è ferma al 5%. «Improbabile che i grandi gestori supermassonici del consenso intendano investire davvero su di lui», dice Magaldi.Altro attore in primo piano sulla scacchiera italiana, il premier Conte: non è affatto “venuto dal nulla”, ma «è l’espressione dello stesso potere vaticano a lungo incarnato dal cardinale Achille Silvestrini», sostiene Fausto Carotenuto, già analista dell’intelligence Nato: «E’ il network che garantì per decenni il potere di Giulio Andreotti». Ma il vero convitato di pietra è Mario Draghi, più che controverso protagonista della storia italiana recente: tecnocrate di prima grandezza, già dirigente della Goldman Sachs e poi di Bankitalia, prima ancora che della Bce. Da direttore generale del Tesoro, dopo la visita al panfilo Britannia il 2 giugno 1992 (dove il gotha della finanza anglosassone progettò la svendita di un’Italia terremotata da Mani Pulite e minata dallo smembramento dell’Iri affidato a Prodi), Draghi “lubrificò” la grande privatizzazione del paese, che raggiunse il suo culmine col governo D’Alema. Nel suo saggio, Magaldi presenta il super-banchiere come affiliato a 5 influenti Ur-Lodges, tutte di stampo reazionario: punta di lancia del potere neoliberista, post-democratico e neo-feudale che ha varato la spietata austerity europea.Ora, la sorpresa: insieme a Christine Lagarde, che ne ha preso il posto alla Bce (invocando il ritorno alla “moneta del popolo”), lo stesso Draghi ha evocato la Modern Money Theory, cioè il ritiorno alla piena sovranità monetaria, senza più vincoli al deficit. Per Magaldi si tratterebbe di un segnale preciso: Draghi e Lagarde, «già massoni neoaristicratici», avrebbero addirittura «chiesto di entrare nei circuiti della massoneria progressista, rooseveltiana e post-keynesiana, che preme per la riconquista della democrazia sostanziale», anche restituendo agli Stati il loro potere illimitato di spesa a beneficio di cittadini e aziende. Sarà questo il “modo giusto” in cui potrebbe “profilarsi” l’eventuale candidatura di Draghi, cui allude Carpeoro? Un Draghi “pentito” del rigore finora inflitto, dal massacro sociale impartito alla Grecia fino al pareggio di bilancio rifilato all’Italia, tramite Monti e Napolitano? Un Super-Mario dalle mille vite, capace di convincere persino gli smarriti grillini a evitare le elezioni anticipate, di cui peraltro hanno il terrore?Un conto però è profilare ipotesi, un altro è schematizzare impropriamente un quadro che resta fluido e contraddittorio. Sulla carta, l’alternativa è rappresentata dalla Lega di Salvini, che però – tramite Giorgetti – avrebbe fatto sapere di essere pronta ad appoggiare Draghi al Quirinale, dopo Mattarella, se l’ex capo della Bce (pezzo da novanta dell’establishment che “sovragestisce” l’Italia) non si opponesse a un governo Salvini, nel caso in cui la situazuione, magari dopo il voto emiliano, precipitasse verso le elezioni anticipate. Fabio Frabetti annota: Salvini, come un tempo Berlusconi, ha presenziato al rito della presentazione ufficiale dell’ultimo libro di Bruno Vespa. Carpeoro invita a non enfatizzare l’episodio: è vero, «Vespa è il cerimoniere di un certo establishment, che sfrutta il cavallo che più gli conviene al momento, per poi buttarlo via». Ma intanto «è interessato innanzitutto a vendere i suoi libri, utilizzando allo scopo il politico più à la page». Se proprio c’è da spendere un nome, per il futuro immediato, non c’è storia: Carpeoro indica Mario Draghi.«Se la candidatura Draghi si profila nel modo giusto, spacca i 5 Stelle e nasce il governo Draghi». Se invece l’ex presidente della Bce non riuscirà a “profilarsi nel modo giusto”, a quel punto «si andrà alle elezioni». E Draghi è più probabile che faccia il presidente del Consiglio o della Repubblica? «Prima l’uno e poi l’altro, direi». Parola di Gianfranco Carpeoro, saggista e acuto osservatore della politica italiana. Era stato il primo, l’8 settembre scorso, a scommettere sulla vita brevissima del Conte-bis, destinato a cadere «entro 90 giorni». Sostituito da un altro esecutivo, dominato da una figura di garanzia per l’establishment? Già allora, Carpeoro non escludeva neppure il voto anticipato: a certe condizioni, disse, «lo scenario-elezioni diventerà probabile al 99%». Ci siamo? «La fibrillazione dei 5 Stelle è molto importante, per cui non so se reggono: credo che la mia previsione sui 90 giorni si avvererà», conferma oggi a Fabio Frabetti di “Border Nights”, in web-streaming su YouTube. «Col tipo di contrapposizione che ha avuto col Pd in tutti questi anni, il Movimento 5 Stelle non poteva reggere un’alleanza».
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Galloni: il Mes è una follia, ma il tradimento risale al 1981
Alto tradimento, da parte di Giuseppe Conte, se ha firmato un accordo segreto sul Mes che espone gli italiani al rischio di dover sostenere di tasca propria l’eventuale “ristrutturazione” del debito pubblico? «Se Conte avesse stipulato un patto segreto contro il suo paese, il reato di alto tradimento dovrebbe essere accertato dai magistrati competenti». Lo afferma l’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, richiamando l’allarme lanciato da Paolo Becchi. Per Galloni, «Becchi ha sollevato una questione reale, ma il problema – sottolinea – è dimostrare che questi accordi ci siano stati». In ogni caso, aggiunge, «le grandi decisioni di politica economica, come il divorzio del 1981 tra Tesoro e Bankitalia, non sono mai passate per il Parlamento». Galloni sgombra il campo da un equivoco: non è stata “l’Europa” a mettere nei guai l’Italia. E’ stata la classe dirigente italiana a smontare l’industria pubblica e svendere quella privata. «A quel punto, Francia e Germania hanno fatto dell’Italia una colonia a vantaggio dei loro interessi», ma solo dopo la decisione dell’Italia di rinunciare a valorizzare il proprio grande potenziale economico.A Galloni, il Mes sembra «una follia», letteralmente: «Dato che il credito privato è più elevato del debito pubblico, allora i privati pagheranno la differenza?». Assurdo, visto che «chi compra i titoli di debito sta dando risorse allo Stato». Quanto ex Fondo salva-Stati, ora Meccanismo Europeo di Stabilità (creato per assicurare fondi ai governi, nel caso il mercato non comprasse i bond), Galloni è netto: «Non si può decretare la depenalizzazione per un istituto come il Mes», i cui funzionari non rispondono alle leggi dei paesi membri. «Casomai, gli Stati avrebbero dovuto accordarsi sull’istituzione di un tribunale penale europeo per le questioni monetarie, finanziarie e tributarie», sostiene l’economista. «Sarebbe stato coerente con la Costituzione italiana, laddove parla di limitazioni della sovranità (ma certo non contro la logica del diritto, depenalizzando reati commessi da qualcuno che è al di sopra della legge)». Aggiunge Galloni: «Se tutta questa manfrina sul Mes serve a introdurre nel sistema la categoria del “legibus solutus”, cioè del sovra-sovrano, è chiaro che siamo tornati indietro dal punto di vista della civiltà».Il problema però non è di oggi, ricorda Galloni: innanzitutto, «i partner Ue hanno sottoscritto accordi basati su parametri che non tenevano conto del fatto che l’economia potesse andare male: si riteneva che l’Ue e l’euro, di per sé, avrebbero garantito una crescita costante, attorno al 2% annuo». Poi c’è stata la doccia fredda del 2009, eppure le premesse allarmanti non mancavano: i tassi di sviluppo negli anni ‘70 erano altissimi, ma sono calati già negli anni ‘80. Negli anni ‘90 sono ulteriormente scesi, e così negli anni duemila, fino a crollare negli ultimi anni. L’economia è in crisi, ma i parametri Ue sono ancora quelli della crescita presunta. «In base al principio “ad impossibilia nemo tenetur”, questi parametri sono annullabili». In una situazione recessiva, che senso ha limitare ancora il deficit al 3% del Pil, e il debito pubblico al 60% del prodotto interno lordo? «Non si era prevista una situazione di crisi e recessione? Male: allora l’accordo era mal fatto, quindi bisogna modificarlo».Comunque, ragiona Galloni, «riguardo al parametro debito-Pil, quelli che firmarono per l’Italia ai tempi di Maastricht non lo sapevano, che il debito italiano aveva superato il Pil già da anni? Perché sono andati a firmare che il debito pubblico doveva scendere sotto il 60%, quando già era al 115%?». Secondo l’economista, «sarebbe stato meglio dire: debito pubblico e debito privato non possono superare il 400%». In quel caso, oltretutto, noi italiani «saremmo “virtuosi” insieme alla Germania, mentre oggi tutti gli altri paesi sono oltre il 400%, se si somma il debito dello Stato a quello delle famiglie e delle imprese». In altre parole, «noi siamo le pecore nere solo per il debito dello Stato, ma si sa che grossomodo il debito pubblico corrisponde alla ricchezza privata». Vie d’uscita, a parte le polemiche sul Mes? Per Galloni, «qui bisogna mettersi intorno a un tavolo seriamente – Italia, Francia e Germania in primis – e dire: rispettiamo solo i parametri che abbiano un senso (e questi non ne hanno: lo sanno pure i sassi). E che siano parametri espressi da organi che sanno di cosa stanno parlando, e non da politici che vanno a svendere i loro paesi».(Fonte: video-intervento di Nino Galloni su YouTube registrato con Marco Moiso il 20 novembre 2019).Alto tradimento, da parte di Giuseppe Conte, se ha firmato un accordo segreto sul Mes che espone gli italiani al rischio di dover sostenere di tasca propria l’eventuale “ristrutturazione” del debito pubblico? «Se Conte avesse stipulato un patto segreto contro il suo paese, il reato di alto tradimento dovrebbe essere accertato dai magistrati competenti». Lo afferma l’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, richiamando l’allarme lanciato da Paolo Becchi. Per Galloni, «Becchi ha sollevato una questione reale, ma il problema – sottolinea – è dimostrare che questi accordi ci siano stati». In ogni caso, aggiunge, «le grandi decisioni di politica economica, come il divorzio del 1981 tra Tesoro e Bankitalia, non sono mai passate per il Parlamento». Galloni sgombra il campo da un equivoco: non è stata “l’Europa” a mettere nei guai l’Italia. E’ stata la classe dirigente italiana a smontare l’industria pubblica e svendere quella privata. «A quel punto, Francia e Germania hanno fatto dell’Italia una colonia a vantaggio dei loro interessi», ma solo dopo la decisione dell’Italia di rinunciare a valorizzare il proprio grande potenziale economico.