Archivio del Tag ‘deficit’
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Monti sbaglia tutto: e da oggi, salvare l’Italia sarà illegale
Il pareggio di bilancio, di fatto, sancisce l’illegalità del keynesismo. Secondo John Maynard Keynes, nei periodi di recessione, con la “domanda aggregata” insufficiente, era lo Stato, tramite il deficit spending, a far ripartire l’economia. Secondo questo principio, il deficit si sarebbe poi ripagato quando la crescita fosse ripresa. Ora, impedendo costituzionalmente il deficit di bilancio dello Stato – se non per casi eccezionali e comunque per periodi di tempo limitati – tutto ciò sarà impossibile. Da oggi il nostro paese abbraccia ufficialmente l’ideologia economica per la quale la priorità è evitare il deficit spending, ossia che lo Stato possa finanziare parte della domanda indebitandosi. Questa cosa può sembrare apparentemente ragionevole per paesi indebitati come il nostro, ma in realtà è assolutamente folle. Così facendo, si stanno replicando gli errori drammatici degli anni ’30.
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Tutti contro Grillo: la nomenklatura ora teme gli elettori
«Con questi leader non vinceremo mai», disse anni fa Nanni Moretti, davanti agli attoniti Rutelli e Fassino. Sicuramente, finora, hanno vinto loro: i leader. Sempre lassù, inamovibili. E pronti, oggi, a firmare apertamente il patto definitivo coi poteri forti per sacrificare l’Italia, come comandano i signori di Bruxelles, di Berlino e di Francoforte: lacrime e langue per tutti, tranne che per loro. Rivista oggi, la coraggiosa invettiva di Moretti sembra quasi ingenua. Rispetto a ieri, però, sulla scena c’è un personaggio in più: la paura. I vecchi leader – sempre gli stessi – ora tremano: leggono i risultati dei sondaggi e si sentono sempre meno al sicuro. Temono addirittura un comico, Beppe Grillo, che li ha sfidati pubblicamente, facendo subito bingo: il “Movimento 5 Stelle” convince oltre il 7% dei futuri elettori. Senza contare tutti gli altri, cioè la vera grande incognita: quasi un italiano su due non ha più voglia di votare per i vecchi partiti, schiacciati tra la “cura Monti” e gli scandali del finanziamento pubblico che hanno travolto persino la Lega.
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Noi, “plebaglia europea” ingannata dai trattati-capestro
«Ma cosa crede, la plebaglia europea: che l’euro l’abbiamo creato per la loro felicità?». Parole, testuali, dell’economista francese Jacques Attali, gran maestro – insieme a Jacques Délors – di leader storici del centrosinistra italiano, come Massimo D’Alema. A raccontare lo sconcertante aneddoto è Alain Parguez, già consigliere di François Mitterrand. Il professor Parguez era presente al summit organizzato lo scorso febbraio a Rimini da Paolo Barnard con gli economisti neo-keynesiani della Modern Money Theory, gli uomini che hanno “resuscitato” l’Argentina. Tesi: chi è dotato di moneta sovrana non può temere il debito pubblico, che invece diventa un’autentica tragedia se gli Stati non possono più stampare moneta, ma sono costretti a prenderla in prestito, a caro prezzo. L’Europa? Praticamente, un caso unico al mondo di suicidio finanziario organizzato, pianificato all’insaputa di mezzo miliardo di persone, cioè noi.
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Tav, la talpa occulta della Casta che ci scava nelle tasche
Probabilmente non vincerà nessuno e perderemo tutti. Sulle grandi opere si sta scommettendo il futuro delle nostre economie, in particolare in Italia, perché le architetture finanziarie che si costruiscono su queste grandi opere sono meccanismi per scavare un debito pubblico occultato nella contabilità di società di diritto privato. Il cosiddetto project financing, del quale si riempiono la bocca molti politici quando le risorse pubbliche vengono a mancare, è esattamente il meccanismo che ha prodotto la crisi del 2009. In quel caso, il debito era costruito su finanziamenti privati; in questo caso, l’impacchettamento del debito è costruito sul debito pubblico. E il project financing è esattamente questo: una talpa, che provoca un debito pubblico futuro che prima o poi, inevitabilmente, emergerà. Questa talpa è già partita da molti anni – dall’inizio degli anni ’90, dal “dopo Tangentopoli” in poi – ed emergerà, prima o poi, perché è un debito occultato.
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Licenziare per crescere? Barnard: siete bugiardi e criminali
Licenziare per crescere? Follia, ossimoro. Ma attenti: il nuovo dogma riciclato dal club di Mario Monti in realtà è roba vecchia. La coniò cent’anni fa l’economista inglese Arthur Cecil Pigou, alfiere della scuola “neoclassica” europea, nemica dell’economia democratica fondata sulla condivisione progressiva della ricchezza prodotta. Quello di Pigou non era un errore, ma un calcolo: impoverire milioni di lavoratori significa innanzitutto concentrare fortune inaudite nelle mani di pochissimi “rentiers”, veri eredi dei nobili che in Francia nel 1789 esasperarono il paese fino a far scoppiare la Rivoluzione. Come può un lavoratore amputato nel reddito essere poi colui che consuma abbastanza da sorreggere l’economia a cui l’azienda stessa si rivolge? E, come disse Keynes: in un’economia che soffre per il calo dei consumi, a loro volta come fanno le aziende ad assumere lavoratori?
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Via banchieri e cialtroni, riprendiamoci il nostro denaro
Perché l’Eurozona è in crisi? Come si può uscire da questa situazione? Ci sono alternative alle teorie dominanti che ci hanno trascinati in questa voragine? Sì, eccome. Lo hanno spiegato, al meeting di Rimini promosso da Paolo Barnard e totalmente auto-finanziato dai partecipanti, i super-economisti “eretici” che la soluzione giusta l’hanno già confezionata, con grande successo, per la spettacolare rinascita dell’Argentina. Una sola strada: archiviare l’euro e tornare a una moneta sovrana creata per i cittadini e non contro di loro. Piccolo problema: l’attuale classe dirigente, italiana ed europea. Da spazzare via al più presto, con nuove elezioni capaci di selezionare idee utili e democratiche, per un futuro di speranza. Passaggio intermedio: diventare «il peggior incubo dei banchieri», per dirla con il professor William Black, uno degli economisti neo-keynesiani che hanno accettato la scommessa di Barnard.
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Siamo in recessione, Draghi: scordatevi la pace del welfare
L’Europa scivola verso la recessione, e Mario Draghi è contento: vede «buoni segnali», beato lui. E’ impazzito? Tutt’altro: si limita a constatare che l’inaudito piano di sequestro della sovranità nazionale dei paesi europei a beneficio delle potentissime lobby finanziarie di Bruxelles procede a tappe forzate. Prima mossa: dare ossigeno alle banche ma non alle aziende, per indebolire l’Europa del Sud. Seconda: impedire agli Stati, attraverso il “Fiscal Compact”, di spendere a deficit per i propri cittadini, rilanciando l’occupazione. Obiettivo finale, testualmente: «Riforme strutturali per liberalizzare il settore dei beni e dei servizi e rendere il mercato del lavoro più flessibile». L’unica soluzione parrebbe dunque la privatizzazione dei beni comuni: quelli che gli italiani hanno tentato di difendere coi referendum del giugno scorso.
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Debito in euro, moneta straniera: noi come il Terzo Mondo
Le persone come il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble non sembrano capire che paesi fortemente indebitati sono in una posizione di grave svantaggio perché sono praticamente diventati fortemente indebitati in una valuta estera, l’euro. Non lo controllano, e quindi si trovano nella stessa posizione in cui erano i paesi del terzo mondo dell’America Latina agli inizi degli anni ‘80, quando quei paesi cominciarono ad indebitarsi in dollari. Una situazione che è durata per decenni. L’Europa deve affrontare un decennio perduto. Questo è il motivo per cui abbiamo bisogno di obbligazioni in euro e di un nuovo patto fiscale dell’Ue. La Germania ha gestito male l’operazione di salvataggio, fornendo aiuti a tassi di interesse penali che hanno portato all’aumento dell’indebitamento greco. Ecco perché oggi la Grecia non può essere salvata.
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Atene e l’Europa: smascheriamo il fantasma della paura
Lo dico da anni. La fine del ventesimo secolo ha visto la nascita di un modo osceno di dominare le masse, si chiama ‘la politica della paura’. Cioè, le masse vengono costantemente distratte dall’impegno nella lotta per i loro diritti da fantasmi tanto terrifici quanto inesistenti e/o inconsistenti: il pericolo rosso (gli Usa di Nixon sapevano benissimo che l’Urss era alla bancarotta sia finanziaria che militare); l’Islam radicale, la Sars, la mucca pazza, l’Aviaria, il debito pubblico, il deficit, l’inflazione. E le masse ci cascano, ci caschiamo, perché siamo noi le masse. La “politica della paura” in queste ore sta costringendo un intero popolo, i greci, a regredire al medioevo, nei redditi, nei diritti, nella dignità.
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Giulietto Chiesa: difendiamoci insieme, o ci fanno a pezzi
L’Italia sta male, e domani starà malissimo? Niente paura: il presidente americano applaude. Barack Obama, premio Nobel per la pace reduce della guerra in Libia e attualmente impegnato a preparare in Siria la prossima grande guerra, quella contro l’Iran, plaude allo stratega Mario Monti. E’ il suo uomo, ha le carte in regola: Goldman Sachs, Trilaterale, Bilderberg, Commissione Europea. Il popolo italiano è in buone mani: nessun pericolo che possa far pesare la propria volontà democratica. Nel giugno 2011, coi referendum, avevamo votato per i beni comuni? Perfetto: con Mario Monti, si privatizzerà tutto. Gli italiani volevano la testa di Berlusconi? Be’, l’hanno avuta. E adesso, per favore, subiscano in silenzio il nuovo programma terminale: la fine della sovranità democratica, motivata ovviamente dall’emergenza del debito. Risultato già scritto: declino e crisi infinita.
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L’ultimo diktat: lo Stato sarà condannato a impoverirci
Coventrizzazione: bombardamento a tappeto. Solo che ad essere rasa al suolo non sarà la cittadina inglese di Coventry, spianata nel 1940 dalle bombe della Luftwaffe, ma il Belpaese straziato dai “signori del debito”, i titolari palesi e occulti dell’esposizione italiana: gli stessi che “nominano” i dirigenti della Commissione Europea, del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Centrale Europea e, ultimamente, degli stessi governi nazionali: Mario Monti e Lucas Papademos, entrambi “allevati” dalla Goldman Sachs, ora alla guida di Italia e Grecia, mentre in Spagna il neo-premier Mariano Rajoy rivela l’esistenza di un diktat della Bce, l’Ungheria ribelle deve piegarsi alla tecnocrazia di Bruxelles e persino per la Romania in crisi si profila un altrettanto inquietante “governo tecnico”.
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Terra, acqua e fame: uccidere la Grecia azzerando lo Stato
Richieste due grandi privatizzazioni subito, licenziamenti di massa nel settore pubblico, enorme flessibilità del lavoro nel settore privato, un nuovo taglio di pensioni e stipendi e altre montagne di soldi per le banche. «Terra e acqua», come nell’antichità, ha chiesto ieri la troika (Fmi-Bce-Ue) per concedere il nuovo maxi prestito al governo tecnico di Lucas Papademos, mentre ancora è in trattative con i creditori privati per il taglio del debito dei bot greci. In dodici fitte pagine la troika ha avanzato dure condizioni alla Grecia per la concessione del secondo prestito (130 miliardi di euro), che suonano come un chiaro avvertimento per gli altri “maiali”, i piigs della eurozona che aspettano un secondo prestito, come Portogallo e Irlanda, o i paesi che hanno problemi a finanziare i loro debiti, come Spagna, Italia e più a lungo il Belgio.