Archivio del Tag ‘cultura’
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Rivoluzione all’Onu: basta carcere, legalizziamo la droga
“Legalize it”, cantava il grande Bob Marley. E adesso, tanti anni dopo, a dargli ragione è addirittura l’Onu. Fine della repressione: cinquant’anni di guerra alla droga hanno fallito e non resta che prenderne atto. Meglio dire basta alla criminalizzazione e trattare l’emergenza mondiale per quello che è: una questione sanitaria. Via d’uscita: legalizzare il commercio delle sostanze stupefacenti, a partire dalla cannabis. Firmato: l’ex presidente dell’Onu, Kofi Annan, uno dei responsabili dell’inutile crociata mondiale contro le droghe. Con lui ora si schierano i grandi della politica, dell’economia e della cultura: Ferdinando Cardoso, George Schultz, George Papandreu, Paul Volcker, Mario Vargas Llosa. Il nuovo slogan: “Trattare i tossicodipendenti come pazienti e non come criminali”. I criminali, quelli veri, fanno della droga – proibita – un business planetario, che sta mettendo in ginocchio interi Stati, dal Messico al Kosovo, con i “narcos” che ormai entrano nella finanza e fanno politica.
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Non siamo merce: ribelliamoci alla dittatura dei ricchi
Noi siamo gente comune. Siamo come te: gente che si alza ogni mattina per studiare, per lavorare o per trovare lavoro, gente che ha famiglia e amici. Gente che lavora duramente ogni giorno per vivere e dare un futuro migliore a chi ci circonda. Alcuni di noi si considerano più progressisti, altri più conservatori. Alcuni credenti, altri no. Alcuni di noi hanno un’ideologia ben definita, alcuni si definiscono apolitici… Ma tutti siamo preoccupati e indignati per il panorama politico, economico e sociale che vediamo intorno a noi. Per la corruzione di politici, imprenditori, banchieri … Per il senso di impotenza del cittadino comune. Questa situazione fa male a tutti noi ogni giorno. Ma se tutti ci uniamo, possiamo cambiarla.
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Se Milano licenzia finalmente gli impresari della paura
Circa un anno fa i riflettori mediatici si accesero sui fatti di via Padova, a Milano. Vi ricordate? Un ragazzo di 20 anni, egiziano e clandestino, morto accoltellato per strada. Non mi soffermo sulla tragedia infinita di un ragazzo morto – non un egiziano: un ragazzo morto, un ragazzo di Milano – perché sulle tragedie non si specula. Si sta zitti, si rispettano i morti e, soprattutto, si deve avere la consapevolezza che drammatici fatti di cronaca possono avvenire ovunque. Mi soffermo invece sulle reazioni della politica meneghina: «Fuori i clandestini», gridò l’indomito leghista Salvini. «Basta con il buonismo della sinistra», affermò il Vicesindaco della Paura De Corato, dimenticandosi che a Milano sono circa 20 anni che la sinistra non tocca boccino.
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Fassino ai Subsonica: tranquilli, non spegneremo Torino
C’era una volta la grigia tecnocity dell’Avvocato, la città industriale delle periferie operaie cresciute attorno ai mausolei risorgimentali del centro storico sabaudo. “Tutto era Fiat”, conferma Mimmo Calopresti in un documentario d’epoca, mentre Gianni Amelio, chiamato a dirigere il Torino Film Festival, in “Così ridevano” ricorda i tempi non gloriosi in cui la borghesia subalpina avvertiva: “Non si affitta ai meridionali”. Sembra un milione di anni fa. Prima di andarsene, l’Avvocato – sempre lui – patrocinò l’ultimo atto del suo regno: le Olimpiadi. Torino stava uscendo dal grigiore grazie al nuovo sindaco della società civile, Valentino Castellani, inaugurando una trasformazione spettacolare: da capitale dell’auto a “ville lumière” della cultura. Col successore Chiamparino, “il sindaco più amato dagli italiani”, dieci anni di trionfi. E ora, se vincesse Fassino? «Per favore, non spegnete Torino», raccomanda Max Casacci, facendosi portavoce del “popolo della movida”.
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Quest’inutile Europa in frantumi, che ormai litiga su tutto
Europa, aprile 2011. Le elezioni finlandesi potrebbero essere la pietra tombale sull’Unione Europea. La maggioranza dei finnici non vuol sapere di portare una parte del peso che dovrebbe servir a dar una mano a quei terroni dei portoghesi. Figurarsi che cosa si pensa, nel paese di Aalto e di Sibelius, di quegli altri terroni degli spagnoli, dei greci, degli italiani, anch’essi in difficoltà. Frattanto irlandesi, islandesi e svedesi danno a loro volta sfogo al loro malumore. I tedeschi, dal canto loro, mandano a dire di non aver alcuna voglia di accollarsi una parte del peso e dei costi per i tunisini che arrivano in Italia: e ricordano, poco generosamente ma molto realisticamente, che quando furono sommersi dai kosovari dovettero cavarsela da soli.
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Tiziana, la nazione del jazz e il mondo impazzito
“Era un mondo adulto, si sbagliava da professionisti”. Guerra, paura, disperazione: il pianeta fin qui visto dal 2011 fa letteralmente spavento, più di sempre. Crollano certezze, cadono vittime, naufragano speranze. La politica balbetta, le verità esplodono in un oceano in tempesta: è il tumulto della globalizzazione, che sveglia gli schiavi e li getta in mare aperto. Il futuro scioglie nuove lingue, che non abbiamo ancora imparato a riconoscere. A volte, più che la parola degli strateghi, conta quella degli artisti. Meglio ancora se vengono da un’arte antica, figlia del canto struggente dei primi deportati: c’è sempre un riverbero umano irriducibile, sotto le stelle del jazz. Dal primitivo spiritual alla rivoluzione dei bopper, fino ai nuovi talenti che continuano a fiorire.
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Piovani: in questa Italia, indignarsi non basta più
L’immagine che danno sia il premier sia i ministri più importanti è quella di persone che detestano la cultura e i libri che non siano i libri contabili da taroccare, deprecano il teatro che non sia quello con le gnocche e le chiappe al vento, la musica che non sia il piano bar dei festini. Infine, odiano la poesia in blocco, compresa quella di Bondi. Chi mal governa alza ogni giorno il tiro e chi si oppone rischia di perdere la bussola. Sento un gran bisogno di un parlare chiaro, di discorsi limpidi, rigorosi, di chiamare le cose col loro nome. Invece, mi imbatto continuamente nelle frasi fatte dell’aria fritta e della segatura zuppa: “qui il discorso è un altro”, “ci vuole una risposta politica”, “non è questione di destra e sinistra”, “la verità è una sola”, “la ragione sta nel mezzo” e fregnacce simili.
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Guerra giusta: l’eroe serbo che difese Sarajevo dai serbi
Guerra giusta? Termine pericoloso e spesso abusato, da chi brandisce l’uso della forza per soluzioni sbrigative e sanguinose, fino al genocidio. Ma in circostanze storiche eccezionali, dalla Resistenza partigiana contro il nazismo fino alla mattanza dell’ex Jugoslavia, c’è chi non ha trovato altra via d’uscita che imbracciare le armi, per non soccombere. E’ il caso del generale Jovan Divjak, eroe della difesa di Sarajevo. Lo hanno arrestato il 3 marzo a Vienna, per poi rilasciarlo cinque giorni dopo, su cauzione: i serbi non gli perdonano il ruolo assunto durante l’assedio della capitale bosniaca. Dettaglio decisivo: il generale Divjak era serbo, orgogliosamente membro della minoranza serba di Sarajevo.
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Cederna: mi vergogno di chi non si vergogna di questa Italia
Nella testa ho due voci, due musiche, due biglietti nel portafoglio: “mi vergogno” e “a testa alta”. Li leggo quasi sempre di seguito, li leggo ogni giorno. Mi vergogno di non riuscire a leggere i giornali; mi sforzo, ma non ci riesco più – be’, non tutti: qualcuno ovviamente lo leggo. Non riesco più a guardare la televisione, ma di questo non mi vergogno: mi vergogno dello schifo che mi fa questa politica; mi vergogno del Capo, mi vergogno dei servi, mi vergogno delle menzogne sulle facce, nelle voci; mi vergogno quando li vedo, mi vergogno quando li sento parlare, mi vergogno di non riuscire a pensare al mio paese senza vergogna.
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Gaber, illogica utopia: contro la dittatura della stupidità
Questo è un libro bellissimo. L’unico difetto che ha è il peso, più o meno 7/8 chili. Il rischio di slogarsi polsi e clavicole è assicurato. Ci si può però, anche e soprattutto, slogare la testa. Cioè il cervello. Troppi pensieri, dentro. Troppi palpiti del cuore e alambicchi della ragione. E provocazioni. E invettive. Tutto un navigare controvento. A bordo di una nave. Che essendo una nave è abbastanza normale che vada in mare (cit). “Gaber – L’illogica utopia” è il libro definitivo sul Signor G. Onore a Chiarelettere, che già aveva regalato anni fa un prodotto analogo su Fabrizio De André & Pfm.
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Fortini: come sottrarsi allo scempio che ci assedia
Cari amici, non sempre chiari compagni; cari avversari, non invisibili agenti e spie; non chiari ma visibili nemici. Sapete chi sono. Non sono mai stato né volteriano né liberista di fresca convinzione. Spero di non dover mai stringere la mano né a Sgarbi né a Ferrara né ai loro equivalenti oggi esistenti anche nelle file dei “progressisti”. Non l’ ho fatto per mezzo secolo. Perché dovrei farlo ora? Nessuna “unità” anni Trenta. Meglio la destra della Pivetti. Ognuno preghi i propri santi e dibatta con gli altrui. Tommaso d’Aquino, Marx, Pareto, Weber, Croce e Gramsci mi hanno insegnato che la libertà di espressione del pensiero, sempre politica, è sempre stata all’interno della cultura dominante anche quando la combatteva.
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Cultura civile per l’Italia, dalla valle che resiste alla Tav
Riattivare la cittadinanza, narcotizzata dalla televisione e dai media “disattenti”: è l’obiettivo della maratona culturale “Il Grande Cortile”, che in realtà si rivolge a una fetta di cittadini già da tempo iper-attivi: i valsusini che si battono contro il progetto Torino-Lione per l’alta velocità ferroviaria. Non solo con sfilate e convegni, cortei e presìdi territoriali, ma anche con l’arma civile della cultura: da Paolo Rumiz a Maurizio Pallante, da Marco Revelli a Guido Viale, da Salvatore Settis a don Nandino Capovilla, fondatore di Pax Christi. Dal 14 gennaio, “Il Grande Cortile” apre i battenti per ragionare sui temi-chiave di un presente, di una realtà che sembrava scomparsa dalle cronache: lavoro, ambiente, futuro.